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Atlante digitale del '900 letterario www.anovecento.net Medea nella letteratura MEDEA IN EURIPIDE (485 a.C. – 406 a.C.) La Medea di Euripide , rappresentata per la prima volta nel 431 a.C., è sicuramente la più famosa trattazione di questo mito ma non la più antica. Presenta diversi elementi di novità rispetto alle trattazioni precedenti, primo fra tutti la focalizzazione da parte di Euripide su un momento fondamentale della vicenda: l’infanticidio, mai trattato in passato in modo così coinvolgente, e che diverrà l’asse centrale intorno al quale ruoteranno tutte le successive trattazioni del mito di Medea. L’infanticidio rimane determinante nella storia del personaggio: l’uccisione dei figli costituisce infatti un punto di non ritorno, per cui Medea non potrà più essere raccontata al di fuori di questo gesto. La caratteristica più rilevante che Euripide conferisce alla sua Medea resta però la determinazione ad agire: non è più soltanto la donna barbara e la maga capace di azioni disumane; diventa un personaggio eroico, temibile come un guerriero omerico. Medea, nel momento in cui è completamente sopraffatta dal furor, si rende conto della sua situazione e ne è lucidamente consapevole. Di fronte a questa presa di coscienza, cerca di affermare la sua volontà, di realizzare i suoi propositi, contrastando razionalmente la sua debolezza. È proprio la razionalità che porta la protagonista al tragico finale. Medea quindi lucidamente, tuttavia la sua figura risulta divisa in due parti. Nella prima il proposito di vendetta è già apparso nella mente di Medea, ma il suo disegno non è ancora chiaro; è offuscato da una forte emotività che si evidenzia anche nello stile con frasi brevi e spezzate. Solo dopo l’incontro con Egeo inizia a profilarsi il tragico progetto che la donna esprime attraverso un discorso chiaro e strutturato. Solo nel momento in cui parla dell’assassinio dei suoi figli, Medea manifesta piangendo il suo amore per loro, ma nonostante questo la sua determinazione non vacilla neanche per un attimo. Fra le motivazioni che spingono Medea a uccidere i suoi figli domina il desiderio di vendicare il tradimento di Giasone, segue il timore di essere derisa da parte dei nemici. Un’ulteriore fonte di sofferenza per Medea è il conflitto tra il suo essere ‘straniera’ e la pólis che la ospita, la quale non riesce a comprendere il suo mondo, la sua cultura profondamente diversa da quella greca. MEDEA IN APOLLONIO RODIO (295a.C.- 215a.C.) E VALERIO FLACCO (I-II secolo d.C) Sia l’autore dell’età ellenistica, sia l’autore dell’età flavia, nell’affrontare la vicenda degli argonauti ci presentano la figura di Medea e analizzano, entrambi, il conflitto psicologico della giovane innamoratasi di Giasone e lacerata del suo conflitto tra il dovere verso il padre e l’amore per il giovane straniero. Le Argonautiche di Apollonio Rodio sono un costante punto di riferimento per Valerio Flacco, il quale le reinterpreta in modo totalmente nuovo. Rispetto all’autore greco, Flacco talvolta amplifica e talvolta riduce. Soprattutto nell’introspezione psicologica, Valerio Flacco si stacca da Apollonio, www.anovecento.net

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Atlante digitale del '900 letterario

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Medea nella letteratura

MEDEA IN EURIPIDE (485 a.C. – 406 a.C.)

La Medea di Euripide , rappresentata perla prima volta nel 431 a.C., è sicuramente lapiù famosa trattazione di questo mito ma nonla più antica. Presenta diversi elementi dinovità rispetto alle trattazioni precedenti,primo fra tutti la focalizzazione da parte diEuripide su un momento fondamentale dellavicenda: l’infanticidio, mai trattato in passatoin modo così coinvolgente, e che diverràl’asse centrale intorno al quale ruoterannotutte le successive trattazioni del mito diMedea. L’infanticidio rimane determinantenella storia del personaggio: l’uccisione deifigli costituisce infatti un punto di non ritorno,per cui Medea non potrà più essereraccontata al di fuori di questo gesto. Lacaratteristica più rilevante che Euripideconferisce alla sua Medea resta però ladeterminazione ad agire: non è più soltantola donna barbara e la maga capace di azionidisumane; diventa un personaggio eroico,temibile come un guerriero omerico. Medea,nel momento in cui è completamentesopraffatta dal furor, si rende conto della suasituazione e ne è lucidamente consapevole.Di fronte a questa presa di coscienza, cercadi affermare la sua volontà, di realizzare isuoi propositi, contrastando razionalmente lasua debolezza. È proprio la razionalità cheporta la protagonista al tragico finale. Medeaquindi lucidamente, tuttavia la sua figurarisulta divisa in due parti. Nella prima ilproposito di vendetta è già apparso nellamente di Medea, ma il suo disegno non è

ancora chiaro; è offuscato da una forteemotività che si evidenzia anche nello stilecon frasi brevi e spezzate. Solo dopol’incontro con Egeo inizia a profilarsi il tragicoprogetto che la donna esprime attraverso undiscorso chiaro e strutturato. Solo nelmomento in cui parla dell’assassinio dei suoifigli, Medea manifesta piangendo il suoamore per loro, ma nonostante questo la suadeterminazione non vacilla neanche per unattimo. Fra le motivazioni che spingonoMedea a uccidere i suoi figli domina ildesiderio di vendicare il tradimento diGiasone, segue il timore di essere derisa daparte dei nemici. Un’ulteriore fonte disofferenza per Medea è il conflitto tra il suoessere ‘straniera’ e la pólis che la ospita, laquale non riesce a comprendere il suomondo, la sua cultura profondamente diversada quella greca.

MEDEA IN APOLLONIO RODIO (295a.C.-215a.C.) E VALERIO FLACCO (I-II secolod.C)

Sia l’autore dell’età ellenistica, sia l’autoredell’età flavia, nell’affrontare la vicenda degliargonauti ci presentano la figura di Medea eanalizzano, entrambi, il conflitto psicologicodella giovane innamoratasi di Giasone elacerata del suo conflitto tra il dovere verso ilpadre e l’amore per il giovane straniero. LeArgonautiche di Apollonio Rodio sono uncostante punto di riferimento per ValerioFlacco, il quale le reinterpreta in modototalmente nuovo. Rispetto all’autore greco,Flacco talvolta amplifica e talvolta riduce.Soprattutto nell’introspezione psicologica,Valerio Flacco si stacca da Apollonio,

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inserendo complessi turbamenti religiosi, statid’animo intricati e morbosi. Di Apollonio,intensifica le suggestioni, in un disegno chesembra poco organico. Nonostante ledifferenze, è impossibile leggere ValerioFlacco senza conoscere Apollonio: spessoinfatti il suo testo di risulta illeggibile senzaconoscere i piccoli riferimenti al poeta greco.Flacco filtra la natura, la realtà, la vita,attraverso il modello greco. La straordinariaimmagine di Medea – inventata da ApollonioRodio –, colta nelle sue vibrazionipsicologiche e nei mutamenti d'animo,ricorda le eroine euripidee e nello stessotempo precorre la Didone virgiliana eaddirittura le figure femminili dei romanziottocenteschi: accomunate dal fatto di vivereun lacerante conflitto tra passioni econvenzioni sociali, tra un amore incerto edifficile e le certezze della propria famigliad'origine. Diversamente dagli eroi omerici,Medea è un personaggio in continuaevoluzione: ancora fanciulla, scopre l'amoreper Giasone, impara ad ascoltare il suosentimento e finisce con l'accettare chedivenga passione incontrollabile tanto dacondurla alle conseguenze più estreme:l'uccisione del fratello Aspirto. Valerio Flacco dà rilievo alla figura dellaMedea innamorata che, fin dal primo incontrocon Giasone, instaura con il giovane unrapporto di stima. Ciò richiama le figurevirgiliane di Didone ed Enea.

MEDEA IN OVIDIO (43 a.C.-18 d.C) ESENECA (4 a.C.-65 d.C.)

Si deve ad Ovidio, che non fu undrammaturgo come Euripide e Seneca, unaintelligente riscrittura del destino esistenzialedel personaggio mitologico di Medea. NellaXII lettera delle sue Heroides, quella appuntodi Medea a Giasone, il poeta di Sulmona

descrive una Medea che oscilla tra ladimensione elegiaca, provvisoria, e quelladrammatica, costituzionale, tanto che allafine si toglie i panni della donna innamorata,subordinata all’uomo, per indossare quellidell’eroina tragica che noi conosciamoattraverso il mito. Se Medea fosse stata unpersonaggio elegiaco fino in fondo, avrebbeagito diversamente, avrebbe cercato diriconquistare il proprio uomo, supplicandolo,magari minacciando di suicidarsi, per amoresi sarebbe uccisa, non avrebbe ucciso. Ecome non è del tutto tragica, così la Medeadi Ovidio si allontana dal cliché della donnadei poeti elegiaci, Catullo e i poeti augustei:capricciosa, perfida, ingannatrice, per tornaread essere, anche se momentaneamente,vittima della passione d’amore. In realtà èsolo apparenza, perché la delusione simulatada Medea per il comportamento di Giasone,ingrato nei confronti di tutti i benefici ricevutida lei, non è che un velo di ipocrisia che leserve per mascherare le sue vere intenzioniomicide. Ovidio, quindi, pur muovendosinell’ambito dell’elegia, riserva a Medea lapossibilità di tornare ad essere la veraMedea, quella del paradigma mitico, e ciriesce usando tecniche affini a quelledrammaturgiche, che saranno poipienamente sfruttate da Seneca.Contrariamente a quanto si usava neldramma antico, in cui i fatti luttuosi, anzichéessere rappresentati, venivano narrati da unnunzio, la tragedia di Seneca presental'uccisione dei figli da parte della protagonistadirettamente sulla scena e davanti agli occhidegli spettatori. Se l'introspezione creata daEuripide aveva portato a capire le ragioni delpersonaggio e del suo conflitto interiore, inSeneca Medea è condannata con ferociaperché si è fatta guidare dalle passioni,comportamento imperdonabile per uno stoicocome Seneca).

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Già nel prologo la figura della protagonista èdelineata non come una donna tradita eabbandonata dallo sposo, quanto come unamaga dal carattere demoniaco, desiderosa diuna tremenda vendetta: ciò costituisce unatra le principali differenze con il modello diEuripide. Diverso è anche l'atteggiamento diGiasone: mentre in Euripide Giasone èconvinto delle sue azioni e disprezza Medeasupplice, comportamento che sarà ammonitodal coro, in Seneca l'eroe appare angosciatoe si dichiara costretto a prendere taledecisione per amore dei figli. Il coro inquesto caso approva la figura di Giasone evede le sue nuove nozze come la sualiberazione da Medea, per la quale non provapietà.

MEDEA IN JEAN ANOUILH (1910–1987)

Nel 1946 la figura di Medea si pone ancora alcentro della rappresentazione teatrale di JeanAnouilh. Sola, barbara e straniera, votata adun amore che non conosce limiti, amantepassionale e madre tenerissima, la Medea diAnouilh, pur mantenendo i contorni possentidel personaggio antico, pur rimanendocapace di evocare ed esprimere riflessioni eimmagini universali e sempre moderne,diviene soprattutto un individuo schiacciatodall’azione tragica. Anouilh la rende unadonna che sa piegarsi al dubbio, alladebolezza, alla tenerezza, così come rendeGiasone un uomo improvvisamente stancodegli eccessi della sua giovinezza e del pesodi una passione troppo grande. Eroina digrande fierezza, e di grande solitudine,Medea, che pure si macchia del più infamedei delitti, quello dell’uccisione dei suoi figli,emerge dal dramma di Anouilh comeun’indimenticabile figura femminile: la suatragedia parla alla nostra coscienza deldramma dell’isolamento, degli amori

incompiuti, del fallimento delle relazioni, dellaresa dei conti tra un uomo e una donna chesi sono amati. La tragedia risulta, inoltre, avere una formasnella, poiché sulla scena si muovono soloMedea, Giasone, Creonte e la nutrice. Proprioquest’ultima assume maggior spessore. Essava letteralmente a sostituire il coro, quindiesprime le reazioni collettive di fronte a ciòche viene rappresentato. Appartieneevidentemente alla prima categoria dipersonaggi “da testo nero”: appareantieroica, affettuosamente legata a Medea,ma ancora capace di cogliere le piccole gioiedella vita: «Medea, sono vecchia, non vogliomorire! Ti ho seguita, ho lasciato tutto perte. Ma la terra è ancora piena di cose buone,(…) la minestra calda a mezzogiorno, (…) ilgoccio che riscalda il cuore prima di prendersonno». Il lettore non se la sente dicondannarla o di giudicarla negativamente,considerato che la passionalità di Medeaavrebbe stimolato le medesime reazioni inquasi tutti.

Per concludere, l’epilogo: nella versione diAnouilh, Medea muore nel rogo da lei stessaappiccato al carrozzone, non vola via su uncarro alato di natura divina; il pubblico hacosì la possibilità di sentirsi più vicino aquesta madre suicida rispetto alla stregaonirica e quasi immortale dipinta da Euripide.Il lettore/spettatore si trova a condividere lagioia insensata che accompagna gli ultimiistanti di vita di Medea e contempla conmestizia la figura di una donna dilaniatanell’animo, privata della propria dignità eresa folle dall’amore.

MEDEA IN CHRISTA WOLF (1929-2011)

Medea è una donna forte, dotata di uncarisma eccezionale, conscia delle propriedoti e nello stesso tempo racchiusa nel

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proprio fulgore, a volte a scapito dellepersone a lei vicine. Christa Wolf si basa sullareale, o presunta tale, scoperta che Euripideavrebbe percepito quindici talenti d'argentoper riscattare la memoria di Corinto,attribuendo a Medea il brutale omicidio deisuoi bambini. Secondo tale versione ripresada Christa Wolf, e attestata, sembra, inApollonio Rodio, Medea sarebbe statapiuttosto il capro espiatorio di una cittàabbarbicata ai suoi segreti e ai suoi usireazionari e maschilisti. Giunta dalla lontanaColchide al fianco di Giasone, che aiutò,tradendo il padre, nel recupero del famosoVello d'oro, Medea rappresenta per Corintouna pericolosa alterità culturale, per di più distampo matriarcale, che si oppone allamedicina dei greci, alla loro oppressionefemminile, ai loro riti sanguinari,semplicemente con la sua presenzasovversiva. Ammirata e temuta, Medea siaggira tra i Corinzi divisa tra l'amorepersistente verso un uomo, il padre dei suoifigli, che, tornato in patria, si è allontanatoda lei cui pure deve tutto, e il disgusto versoun popolo barbaro che a sua volta ladisprezza. La sua figura è restituita da unfuoco incrociato di voci a lei vicine e lontane:Giasone, ancora affascinato dal suo corpo edal suo spirito, ma allontanato da lei dalritorno alla sua patria e ai suoi pari;Agameda, giovane donna rosa dall'invidiavenuta via con lei dalla Colchide e desiderosadi distruggerla; Acamante, primo astronomoe consigliere del re Creonte, come moltisoggiogato dalla sua forza e dal suo saperema conscio di quale pericolo rappresenti perCorinto; Glauce, figlia di Creonte e promessasposa di Giasone, traumatizzata da un eventodella sua infanzia il cui segreto Corintocustodisce gelosamente nei suoi sepolcri;Leuco, secondo astronomo, simpatizzante dei

colchici; e naturalmente la voce di Medeastessa, che interviene ben quattro volte adaprire e chiudere la narrazione, come tutticonsapevole della propria inevitabile rovinache lentamente si approssima a lei e ai suoiprofughi. Medea è il tentativo di riscatto di unpersonaggio femminile cui è stata negata unaversione dei fatti, ma rappresenta anche ilgrido di protesta di una scrittrice che a suavolta fu diffamata dalla stampa tedesca perla sua vicinanza al regime di Honecker. Operasentitissima, dunque, pienamente riuscita perla forza con cui i suoi personaggi s'imprimononel lettore e per lo stile prezioso che rende lalettura memorabile. Catone ci ha lasciato questa perla: «Appenale donne saranno equiparate a noi ci sarannosuperiori.» Parla così la Wolf riferendosi alsuo libro: «Ho cominciato a interessarmi aMedea nel 1990. Lo stesso anno in cui laDDR stava sparendo dalla storia. Hocominciato a domandarmi perché nella nostrasocietà tutto viene consumato e nello stessotempo si va sempre alla ricerca di un caproespiatorio».

Contributo

Lidia Maria Altobello, Chiara Bozzo, ErminiaFrancesca Calabrese, Serena Calvelli, FedericaCoco, Fabrizio Cozza, Gaia Falbo, Michele Falcone,Valentina Falcone, Teresa Filice, RobertoGrandinetti, Francesco Guido, Giulia Palermo,Giovanna Paletta, Martina Porco, Gaetano PaoloSapia (VH, L. Sc. Fermi, Cosenza)

Alessandro Bastone, Paulina Borowiec, LarisaChistol, Giada Ciardullo, Maria Pia Ciardullo,Marianna Cozza, Iole,Francesca Falcone, LivioGaglianese, Klaudia Malincjan, Maria Ester Malizia,Antonella Marrello, Federico Perri, Marina Perrusi,Adele Chiara Samueli

(VL, L. Sc. Fermi, Cosenza)

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