mdh124 sogno che diventa realta

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Immagine di copertina: Gettyimages © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony febbraio 2003, novembre 2004, aprile 2005 Seconda edizione Il Meglio di Harmony gennaio 2010 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano Questo volume è stato impresso nel dicembre 2009 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. 1 9 10 11 12 13 14 15 16

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Immagine di copertina: Gettyimages

Titoli originali delle edizioni in lingua inglese:

Liam's Secret Son His Cinderella Mistress

His Bid for A Bride Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Modern Romance

© 2001 Carole Mortimer © 2003 Carole Mortimer © 2004 Carole Mortimer

Traduzioni di Giacomo Boraschi, Paola Ingenito e Maria Elena Vaccarini

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony

febbraio 2003, novembre 2004, aprile 2005 Seconda edizione Il Meglio di Harmony gennaio 2010

Questo volume è stato impresso nel dicembre 2009

da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

IL MEGLIO DI HARMONY ISSN 1126 - 263X

Periodico mensile n. 124 del 16/1/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 777 del 6/12/1997 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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«Dev'esserti caduta una lente a contatto nel tè.» Mentre Laura si portava la tazza alle labbra, soltan-to un tremito quasi impercettibile della mano rivelò la sua sorpresa per quella voce profonda dal languido accento irlandese che si era levata alle sue spalle. Dejà vu... A parte il fatto che, in quel particolare caso, non si trattava di una sensazione... no, ricordava bene quan-do aveva sentito quelle parole per la prima volta! Da dov'era venuto? Era seduta nel salone di un lussuoso albergo in un angolo da cui poteva tenere d'occhio la porta principa-le e quella posteriore, eppure Liam era riuscito a en-trare senza che lei se ne accorgesse. E ora era alle sue spalle. Depose la tazza sul tavolino con deliberata lentez-za. «Prima di tutto, questo è caffè, non tè. Non bevo tè» mise in chiaro, cercando di ritardare il momento in cui si sarebbe dovuta girare per affrontarlo. «In se-condo luogo, non porto lenti a contatto!» «Be', allora...» Lui era vicinissimo e il suo respiro le mosse i riccioli bruni sul collo. «Hai gli occhi più straordinari che abbia mai visto!» «Come puoi saperlo, se sei alle mie spalle?» do-

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mandò a quel punto lei, senza accennare a voltarsi. «Ah, Laura, hai rovinato tutto» la stuzzicò Liam. «La tua replica avrebbe dovuto essere molto diversa!» Forse otto anni prima lo sarebbe stata, ma questa era un'altra vita... un'altra Laura. Non era più un'inge-nua studentessa al terzo e ultimo anno del corso di laurea in lettere. E Liam non era un famoso scrittore venuto a tenere una conferenza. Trasse un sospiro per calmarsi, poi si volse a fronteggiarlo, felice di riuscire a mantenersi impassibile, nonostante l'impatto con il suo bel volto sorridente. Non era cambiato affatto! Chiunque guardasse Liam O'Reilly, rimaneva in-nanzitutto colpito dalla sua statura, un metro e novan-ta, poi dal suo corpo atletico che sprizzava energia. Anche quel giorno, come sempre, il suo abbigliamen-to sembrava fare a pugni con l'ambiente circostante: un paio di jeans scoloriti, una maglietta blu e una... vissuta giacca di pelle. Laura rivide i capelli corvini che gli sfioravano le spalle, la luce vivida degli intensi occhi azzurri, il bel volto che sembrava tagliato con l'accetta. Riuscì a non tradire il suo batticuore per quell'appa-rente mancanza di cambiamenti nell'aspetto di Liam mentre continuava a guardarlo con i suoi occhi... stra-ordinari, uno azzurro come il cielo, l'altro verde co-me uno smeraldo. Ecco perché, otto anni prima, lui a-veva creduto che le fosse caduta una lente a contatto colorata. Quando andava a scuola, Laura era stata impietosa-mente schernita per il fatto di avere gli occhi di colore diverso. Con il passare degli anni, tuttavia, aveva cessato di preoccuparsene, anche perché aveva scoperto che gli

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uomini sembravano trovare interessante quell'insolita particolarità. Come Liam, una volta... Gli rivolse un gelido sorriso. «Credo che dovrei sentirmi lusingata per il fatto che ti ricordi ancora di quella conversazione» dichiarò, scrollando le spalle. I profondi occhi azzurri si socchiusero leggermente. «Ma non lo sei, vero?» osservò lui. Lusingata dal fatto che lui ricordasse dopo tanti an-ni la loro prima conversazione? Nemmeno per sogno. Dopo ciò che era successo in seguito, perché si sareb-be dovuta sentire lusingata? No! Laura si affrettò a dominarsi. L'ira non serviva a niente. Meglio non rispondere, piuttosto che abban-donarsi a uno sfogo emotivo. Liam inclinò la testa di lato e la considerò con aria meditabonda. «Ti sei accorciata i tuoi meravigliosi capelli» os-servò, accigliandosi un poco. «Così posso pettinarmi più facilmente» spiegò lei, sapendo che quella corta zazzera scura faceva risaltare il perfetto ovale del suo viso, gli occhi di colore diver-so, il profilo delizioso, la bocca generosa e il mento ri-soluto. I riccioli sulle tempie e sul collo, poi, attenuavano l'austera semplicità dell'acconciatura. «Mi piace» approvò, annuendo. Lei sentì rimontare la rabbia. Che i suoi capelli gli piacessero o meno, non le in-teressava un fico secco. Per la verità, a essere sincera, se ne infischiava alta-mente dei gusti di Liam O'Reilly! Si costrinse a scacciare quei pensieri e a rivolgergli un educato sorriso. «Vuoi farmi compagnia?» gli propose, accennando

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al vassoio. «Potrei chiedere un'altra tazza.» Liam sbirciò l'orologio che portava al polso sini-stro. Era mancino, ricordò Laura. Come molti artisti. «O forse hai appuntamento con qualcuno?» aggiun-se, notando quell'occhiata. «Se devo essere sincero... sì» ammise lui. «Ma è ancora presto» dichiarò, quindi girò attorno alla pol-trona di Laura e si sprofondò in quella di fronte sten-dendo le lunghe gambe. Con un metro e settantadue senza tacchi, anche Laura era tutt'altro che piccola e da tempo aveva im-parato a valorizzare quell'aspetto del suo fisico indos-sando preferibilmente tailleur e camicette. Quel giorno aveva scelto un completo color antraci-te con una camicetta sui toni del verde. Fu felice di avere curato la sua immagine, perché in passato Liam era sempre riuscito a farla sentire piccola... e molto femminile. «Caffè?» chiese, guardandolo. «No, grazie» declinò lui. «Mi sembra quasi una droga, un po' come le sigarette che fumavo una volta» spiegò con una smorfia disgustata. «Hai smesso di fumare?» si stupì Laura. Otto anni prima, Liam fumava trenta sigarette al giorno... e anche di più, quando lavorava. «Incredibile, vero?!» esclamò a quel punto lui, sor-ridendo del suo stupore. «Liam O'Reilly, fumatore in-callito e bevitore inveterato, è diventato un modello di temperanza.» «Chi lo avrebbe mai detto» commentò lei, ironica. Liam rise e la guardò con gli occhi sfavillanti. «Sei cresciuta, mia piccola Laura» osservò con ine-quivocabile ammirazione. «Be', lo spero bene... ho ventinove anni!» E lui doveva averne trentanove, calcolò Laura.

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Ecco... ora che lo guardava meglio, poteva notare qualche cambiamento. Sì, quegli otto anni avevano la-sciato il segno. Agli angoli degli occhi e della bocca c'erano picco-le rughe e, sulle tempie, i capelli neri apparivano spruzzati d'argento. «Ventinove» ripeté Liam, meditabondo, socchiu-dendo leggermente gli occhi azzurri. «Che cosa hai fatto in questi otto anni, Laura?» domandò, fissandole l'anulare della sinistra. Pur essendo nudo, il dito rivelava chiaramente il se-gno di un anello. «Un po' di tutto» rispose lei, evasiva, decisa a non parlargli di se stessa. «E tu?» «Evidentemente non ho scritto» rispose lui con un sorriso amaro. «Davvero?» chiese Laura, guardandosi bene dal ri-velare che sapeva benissimo che da oltre otto anni nessun nuovo romanzo di Liam O'Reilly era comparso nelle librerie. «Ma forse non hai più bisogno di scrive-re, dopo il folgorante successo di Bomba a Orologe-ria» aggiunse. «Non ho più bisogno di scrivere?» ripeté Liam in tono d'accusa. «Dal punto di vista economico, naturalmente» con-tinuò Laura, sostenendo il suo sguardo. «Devi avere guadagnato un bel po', con Bomba a Orologeria. So-lamente i diritti cinematografici...» «A che cosa mi servono i soldi, se da allora non ho più scritto una parola?» domandò lui con voce roca. «Be', forse a mantenerti confortevolmente per i prossimi otto anni, anche senza alcol e sigarette!» lo stuzzicò. «L'ultima volta che ti ho visto, avevi proprio l'aria di goderti la vita» non resistette alla tentazione di aggiungere.

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«Dev'essere passato molto tempo» replicò lui, guar-dandola con un'espressione imperscrutabile. «Può darsi.» Un'altra vita, riconobbe Laura in cuor suo. «Be', che cosa ti ha indotto a lasciare il sole della California per il gelido inverno inglese?» domandò, cambiando argomento. Liam si costrinse a rilassarsi e si appoggiò nuo-vamente allo schienale della poltrona. «Non vengo dalla California» la corresse. «Cinque anni fa sono tornato in Irlanda.» Probabilmente era per questo che il suo accento ir-landese le sembrava più marcato di otto anni prima, decise Laura. Non era a conoscenza del suo ritorno in Irlanda, na-turalmente. In effetti, dopo avere saputo che Liam si era sposato, non si era più interessata dei suoi movi-menti. «Per tua moglie dev'essere stato un notevole shock culturale» osservò pigramente. «Non c'è stato nessuno scontro di culture, così non conosceremo mai la sua reazione» replicò lui, ironico. «Diana ha chiesto il divorzio sette anni fa. Il matrimo-nio è durato soltanto sei mesi» spiegò. «E a causa dei rispettivi impegni di lavoro, abbiamo passato insieme soltanto un mese e mezzo di quei sei mesi» aggiunse con amarezza. «Per quanto mi riguarda, il matrimonio lo concepisco in modo diverso.» Così Liam era stato sposato solamente per sei mesi! Sei mesi! Se soltanto lo avesse saputo... Si sarebbe comportata in modo diverso, se lo aves-se saputo? No, fu la risposta. Liam aveva fatto le sue scelte, lei le proprie. Niente e nessuno avrebbe potuto cambiarle. Liam sbirciò di nuovo l'orologio. «Fra poco devo

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incontrare qualcuno. Anzi...» Si guardò intorno nel salone affollato di gente. «Devo incontrarlo subito» aggiunse, mentre un uomo alto e biondo appena entra-to incrociava il suo sguardo. «Ma vorrei rivederti, Laura...» «Temo che non sia una buona idea» ritorse lei, sbir-ciando a sua volta il nuovo arrivato e contraccam-biando il suo cortese cenno di saluto. «Mi ha fatto... piacere rivederti, Liam» continuò dopo una breve esi-tazione. «Ma adesso devo andare anch'io.» Si alzò. «Laura!» esclamò Liam, afferrandole il braccio mentre lei gli passava accanto. «Vorrei rivederti, dav-vero» insistette, risoluto. «Per parlare dei vecchi tempi? No, grazie.» Gli sorrise senza allegria. «Devo restare qui ancora due giorni» la informò lui. «Telefonami, altrimenti rimarrò a Londra finché non ti avrò ritrovata» aggiunse. A quel punto, Laura capì perché non lo avesse visto arrivare. Liam era in quell'albergo. Ecco perché non e-ra passato dalla porta. Ma questo non cambiava il fatto che le sue parole fossero suonate vagamente minacciose, e nemmeno che lei non volesse rivederlo. Non ancora, comunque. «Non sapevo che fossi diventato così melodramma-tico» replicò, ironica. «Se ci tieni tanto, più tardi ti da-rò un colpo di telefono.» Lui la guardò un momento, poi le lasciò il braccio. «Sì, ci tengo» confermò. Lei inarcò le sopracciglia con aria scettica. «Be', scusami, ma adesso devo proprio andare» lo informò con freddezza. Mentre attraversava il salone, si sentì seguita dal

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suo sguardo. Ritirò il cappotto e uscì nel gelido vento di novembre. Non che si accorgesse del vento. Sembrava che lo shock per l'imprevisto incontro con Liam l'avesse privata di ogni sensibilità. Davanti a lui era riuscita a mantenere una parvenza di calma, ma adesso era cominciata la reazione. Otto anni prima aveva sognato di rivedere Liam... almeno una volta, almeno per qualche minuto. Una parte di lei anelava a rivederlo, un'altra parte era furibonda per il suo crudele abbandono. «Signora Shipley...» Paul, l'autista, la stava aspettando presso la portiera spalancata della macchina. «Grazie» rispose distratta, quindi si accomodò con sollievo nel tiepido interno della limousine mentre l'autista richiudeva la portiera. «Torna in ufficio, signora Shipley?» chiese Paul, quando si fu seduto al volante. «No. Sì... Be', ecco...» Avanti, Laura, riprenditi!, si ordinò con fermezza. D'accordo, hai rivisto Liam. E allora? Certo, lui è an-cora l'affascinante canaglia di otto anni fa, ma tu non sei più l'ingenua Laura Carter di allora. Era Laura Shipley, adesso. Possedeva un'azienda, una casa a Londra, una splendida villa a Majorca e viaggiava in macchine di lusso con tanto di autista. Un incontro con Liam O'Reilly non avrebbe cam-biato la realtà. «Sì, Paul, in ufficio.» Aveva parlato con maggior fermezza, appoggian-dosi allo schienale mentre la macchina si immetteva lentamente nel traffico. Non aveva nessuna fretta di tornare a casa.

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Bobby non sarebbe rientrato prima di un'ora e mez-zo... e lei aveva detto a Perry che lo avrebbe aspettato in ufficio per ascoltare il suo rapporto. Si chiese come stesse procedendo la conversazione di Perry con Liam!

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«Mi trovavo a Parigi, in uno dei ristoranti più famosi del mondo quando il virus dell’influenza intestinale decide di col-pirmi tra una portata di pigeons aux olives e di baba au rhum.» «Che sfortuna» commentò Hannah O’Reilly sorseg-giando lo champagne caldo e lanciando un’occhiata di-sperata alle spalle dell’allampanato e pallido Frank che da una decina di minuti le stava imponendo la sua presenza. Alla festa dell’ultimo dell’anno nella pomposa residenza alle porte di Philadelphia, con un abito da sera acquistato per l’occasione, si sarebbe dovuta trovare tra le braccia di un affascinante estraneo, impegnata in un ballo sfrenato. Se avesse voluto annoiarsi sarebbe rimasta a casa. Un cameriere passò loro accanto reggendo un vassoio carico di stuzzichini. Hannah ne prese uno ignorando che ingredienti contenesse, ma certa che fosse costato più di quanto lei spendesse per un intero pasto. Gerard Banks, il proprietario della villa e del Philadelphia Sentinel, il giornale per cui lei lavorava, organizzava ogni anno una festa per i suoi dipendenti, i loro amici e le loro famiglie. Hannah non aveva ancora capito a quale categoria Frank appartenesse, ma avrebbe preferito che infliggesse la sua presenza e i suoi tristi aneddoti a qualcun altro. «Un’altra volta, a Londra, mentre gustavo un’ostrica sentii qualcosa muoversi in bocca. Scoprii che si trattava di un verme. Da quella volta non ho più mangiato ostriche.» «Non ti biasimo» commentò lei appoggiandogli una mano sul braccio. «Vado a cercare un altro goccio di champagne. È stato un piacere parlare con te.» «Buon anno» le augurò lui sospirando e sollevando il bicchiere di cristallo in un brindisi. «Auguri anche a te, Frank» mormorò Hannah, allon-

tanandosi in fretta alla ricerca di un soggetto più interes-sante, decisa a dare una svolta alla sua vita. Aveva individuato un cameriere che serviva lo champa-gne e stava per raggiungerlo quando una voce la bloccò. «Hannah, come vanno le cose?» Il suo capo, Lester Wanefield che non era single e non aveva un bicchiere ex-tra di champagne per lei, le si parò tragicamente davanti. «Ehi, quel vestito ti sta benissimo.» «Grazie.» In effetti l’abito rosso le donava, ma l’idea di aver destato l’interesse del suo capo la fece pentire di non essersi presentata al veglione coperta da un telo di iuta. «Bella festa, non è vero?» «Sì.» Se si riusciva a evitare di pensare che tutto quel denaro sprecato avrebbe potuto essere usato per qualche buona causa. Hannah non perse di vista il cameriere. Se solo fosse riuscita a spostarsi a destra di un paio di... «Ho pensato di affidarti il compito di scrivere una sto-ria per la prima pagina.» A quel punto Lester si guadagnò la sua più completa attenzione. Hannah lavorava al gior-nale da più di un anno e da qualche mese lo assillava con la richiesta di affidarle incarichi più interessanti di quelli che aveva svolto fino a quel momento. «Sarebbe fantasti-co, Lester. In effetti sto svolgendo delle ricerche su uno psicofarmaco i cui effetti collaterali sono...» «No, io pensavo a un articolo sulle tette.» Se lo avesse colpito alla bocca dello stomaco avrebbe grugnito come un maiale quale sembrava essere? «Per la precisione pensavo a una storia sulle donne che hanno il seno grosso, su come avere una carrozzeria modificata può influenzare la vita sessuale di una perso-na, la capacità di attirare gli uomini e se gli uomini che si riescono a conquistare appartengono a una categoria diversa rispetto a quelli che si frequentavano prima.» «Be’, è interessante.» Stava scherzando, vero? «Io però speravo di...» «L’articolo sarà corredato di molte fotografie» ag-giunse spostando lo sguardo su una ragazza dal seno pro-

speroso che gli stava passando accanto. «Io preferirei...» «Lo so O’Reilly, ma fino a quando non avrai più espe-rienza dovrai accontentarti.» «Sì, è una frase che ho già sentito.» Ad nauseam. «Ma io...» «Niente ma» la zittì lui e posando lo sguardo sulle sue spalle scoperte le strizzò l’occhio. «Solo tette.» Maledizione. Hannah sorrise, consapevole che qualsiasi ulteriore obiezione non avrebbe fatto altro che confermare le con-vinzioni di Lester. Accidenti! Voleva scrivere una storia interessante, trovare un argomento che nemmeno Lester il Maiale avrebbe potuto cestinare. Uno scoop di portata nazionale che le avrebbe permesso di avanzare nella car-riera e che avrebbe fatto lievitare il suo conto in banca. Come... Come... Sospirando Hannah individuò un altro cameriere, au-gurò al suo capo un felice anno nuovo che suonava un po’ come maledizione a te e a tutta la tua famiglia e partì alla carica, decisa ad annegare la frustrazione nell’alcol. Una storia di tette. Accidenti! Di lì a un quarto d’ora l’anno vecchio sarebbe finito e i suoi progetti per il nuovo sem-bravano non voler andare in porto. Tanto per cambiare. Proprio come non era andata in porto la decisione di per-dere cinque chili. Aveva ventinove anni e non era anco-ra riuscita a raggiungere nessuno dei traguardi che si era prefissata di ottenere per il suo trentesimo compleanno. Meno male che per i suoi genitori le cose andavano meglio perché se avessero dovuto aspettare che lei fosse in grado di aiutarli, campa cavallo! Il cameriere si fermò per servire un trionfo di stuzzi-chini. Quella era la sua occasione.

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