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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA DIPARTIMENTO D’INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE MASTER O.S.C.U.A.I. ORGANIZZAZIONE E SVILUPPO DEL CAPITALE UMANO IN AMBITO INTERNAZIONALE Relazione finale Titolo Strumenti di Selezione: Colloquio e Assessment Center Relatore: Maria Pia Pagliuso

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Page 1: Master OSCUAI - Risorse Umane€¦ · Web viewQuesta modalità di conduzione del colloquio, attenta alla relazione, permette di identificare il tipo di motivazione (affiliazione,

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA

DIPARTIMENTO D’INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE

MASTER O.S.C.U.A.I.

ORGANIZZAZIONE E SVILUPPO DEL CAPITALE UMANO IN AMBITO INTERNAZIONALE

Relazione finale

TitoloStrumenti di Selezione: Colloquio e Assessment

Center

Relatore: Maria Pia Pagliuso

Candidata: Gaia Russo

A. A. 2015/16

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Introduzione

Il presente lavoro è volto ad indagare il processo di selezione del

personale, in particolare riferendosi ad alcuni degli strumenti tramite cui il

processo di selezione si compie: il Colloquio di Selezione e l’Assessment Center.

L’elaborato comprenderà due capitoli, dove nel primo si tratterà uno dei principali

metodi utilizzati nella selezione: l’intervista tradizionale e nel secondo capitolo si

parlerà del metodo

dell’Assessment Center.

L’intervista è la tecnica di valutazione più diffusa e che maggiormente

influenza le decisioni di selezione tuttavia è molto impegnativa in termini di costi

e tempi.

Il processo di selezione tradizionale, attraverso l’intervista, si affianca al più

innovativo metodo dell’Assessment Center, si tratta di un processo di valutazione

in cui vengono utilizzati più osservatori e tecniche di osservazione.

La fase descritta nell’elaborato (quella in cui vengono utilizzati gli

strumenti applicativi della selezione) implica che siano già avvenuti alcuni

principali momenti del processo di

selezione del personale.

Per l’importanza di tali fasi si rende opportuno farne un breve resoconto prima di

esaminare i due principali metodi scelti.

Ogni processo di selezione si apre con l’Analisi del Contesto Organizzativo

esaminando cioè la situazione organizzativa che fa da cornice alla richiesta, capire

il contesto è un passo fondamentale per poter orientare un processo di selezione

mirato e scegliere candidati che possano essere facilmente integrati nel contesto

organizzativo, in questo senso ha importanza fondamentale l’analisi dei valori

dell’azienda insiti nella cultura organizzativa.

Dopo aver compreso il contesto organizzativo in cui la persona verrà introdotta, si

procede con l’Analisi della Posizione, per capire il ruolo esatto che la persona sarà

chiamata a ricoprire, attraverso quali attività e quali responsabilità dovrà

assumersi.

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Si procede poi con la Definizione del Profilo Professionale, cioè la definizione di

caratteristiche oggettive (titolo di studio, età, residenza) e soggettive

(caratteristiche personali, attitudini, motivazione) che il candidato dovrebbe

possedere per ricoprire adeguatamente una determinata posizione in uno specifico

contesto.

Concluse queste fasi preliminari si inizia con le fasi di selezione vere e proprie

che prendono vita con il Reclutamento, vale a dire la ricerca dei candidati più

idonei attraverso

diversi tipi di canali informativi, tali canali si differenziano a seconda che la

selezione sia indirizzata all’interno o all’esterno del contesto organizzativo.

Si procede poi con lo Screening dei curricula, ovvero la fase di selezione dei

profili

più attinenti con lo scopo di filtrare le candidature per effettuare la selezione su un

numero di candidati più ristretto e preciso.

Una volta individuati i potenziali candidati da convocare, si sceglierà come

procedere nell’attività di selezione, scegliendo quali prove utilizzare, scelta che

dovrà però tenere in considerazione i tempi e le risorse che si hanno a

disposizione.

Solitamente si procede con il Testing Psicologico, si preferisce in questo contesto

utilizzare test specifici, che misurano alcune aree della personalità o fenomeni

psichici o l’intelligenza, attraverso una somministrazione standardizzata al fine di

misurare il medesimo fenomeno in un campione di persone.

Si utilizzeranno in questa fase il Colloquio di Selezione e l’Assessment Center che

verranno descritti più accuratamente nei prossimi capitoli.

A conclusione delle prove il selezionatore elabora un Rapporto per ciascun

candidato esaminato al fine di sintetizzare tutte le informazioni raccolte e fornire

al committente i dati utili per prendere una decisione.

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Capitolo Primo

IL COLLOQUIO DI SELEZIONE

Nel corso di questo capitolo si affronterà il tema del colloquio di selezione.

Esso rappresenta lo strumento maggiormente utilizzato per individuare la persona

più appropriata per ricoprire un determinato ruolo in uno specifico contesto

organizzativo.

Parlare di colloquio di selezione non è affatto semplice, dal momento che

è uno strumento che si presta a diversi utilizzi in base agli obiettivi che si pone.

Esso può avere l’obiettivo di: raccogliere informazioni per accertare

l’appropriatezza del percorso professionale svolto; verificare la presenza di

conoscenze e attitudini necessarie allo svolgimento del ruolo occupazionale in

oggetto; oppure conoscere ed analizzare dimensioni quali personalità, capacità e

motivazione.

Il capitolo è pertanto orientato ad approfondire le varie sfaccettature del

colloquio di selezione, i suoi obiettivi, le diverse fasi che lo compongono e le

dinamiche personali e relazionali che all’interno di esso emergono.

1.1 Intervista e Colloquio di selezione: quali differenze?

Prima di iniziare a parlare nello specifico del colloquio di selezione è bene

sottolineare la differenza che intercorre tra questa e il colloquio, dato che spesso i

due termini sono usati spesso alternativamente, come fossero sinonimi, ma non

esprimono esattamente lo stesso concetto.

Se entrambi i soggetti hanno voluto e chiesto il contatto si parla più

appropriatamente di colloquio, se, al contrario, uno dei due subisce il contatto si

parla di intervista (Trentini, 1995).

La fondamentale differenza risiede nella motivazione del soggetto: per

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quanto riguarda il colloquio, si tratta di un contatto che avviene sulla base di una

motivazione propria dell’intervistato e presuppone la consapevolezza del soggetto

di incontrarsi con il selezionatore, potremmo quindi parlare di motivazione

intrinseca; il termine intervista si riferisce invece ad un incontro a cui

l’interlocutore è chiamato al di là delle sue convinzioni, si parlerà quindi di

motivazione estrinseca. Un esempio è dato dal fatto che, essendo l’azienda ad

invitare il candidato per un’intervista, questa è un passaggio imprescindibile per

ottenere un’eventuale assunzione, la motivazione sottostante diviene dunque

estrinseca.

Tuttavia, in questo contesto, si è scelto di parlare di colloquio di selezione,

dal momento che, nell’ambito della selezione, una domanda c’è sempre ed è

quella che permette di iniziare tutto il processo di selezione di cui si è parlato: la

domanda di assunzione in risposta ad un annuncio di lavoro. Si potrebbe in questo

senso affermare che, il soggetto, una volta inviata candidatura, fa domanda di un

colloquio per scoprire insieme al selezionatore se è adatto o meno al ruolo in

oggetto.

Esistono inoltre altre differenze tra colloquio e selezione, ed è anche su

questa base che si è scelto in questa sede di parlare di colloquio.

Nell’intervista, il focus è orientato ai contenuti, più che alla relazione e

l’intervistatore garantisce la massima oggettività nella raccolta dei dati evitando

qualsiasi tipo di interpretazione, il setting dunque non assume particolare

importanza.

Nel colloquio invece, i due soggetti coinvolti perseguono un medesimo

obiettivo e, per raggiungerlo, l’interlocutore si rende disponibile a farsi conoscere,

anche lui è dunque parte attiva del processo, il contesto qui ha una specifica

rilevanza in quanto influenza la relazione, che a sua volta è oggetto di analisi. In

questo caso si procede dunque ad una lettura delle dinamiche e dei comportamenti

che prendono vita nel corso del colloquio, influenzati dalla relazione, è ciò che

distingue ulteriormente il colloquio dall’intervista, che si focalizza invece più su

contenuti e dati oggettivamente rilevati.

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1.2 Obiettivi del colloquio

Il colloquio permette una lettura integrata di aspetti relativi al candidato,

alla relazione e al contesto.

In linea generale si può affermare che lo scopo sia quello di raccogliere

informazioni sul candidato, attraverso uno scambio comunicativo reciproco, al

fine di valutarne l’idoneità o meno ad uno specifico ruolo lavorativo.

Il selezionatore deve raccogliere informazioni sul candidato per verificare che egli

sia in linea con il ruolo che dovrebbe ricoprire, attraverso una verifica

dell’attendibilità e validità delle informazioni in precedenza fornite.

E’ un momento di scambio bidirezionale, poiché anche il candidato riceverà

informazioni sulla posizione e sull’azienda, al fine di valutare, dati alla mano, la

sua affinità con il ruolo proposto e la mission aziendale.

Tuttavia, il colloquio di selezione, non si limita ad accertare la

compatibilità tra le caratteristiche del candidato e il job profile, ma deve anche

appurare che, tra il candidato e azienda possa esserci un’affinità al fine di creare

una collaborazione duratura soddisfacente per entrambe le parti.

Per fare questo, assume particolare importanza l’aspetto psicologico del

colloquio di selezione, cioè la consapevolezza che, le dinamiche nel colloquio,

vengono costruite da tre elementi agenti: chi conduce il colloquio (il

selezionatore), l’altro (inteso sia come committente che come candidato), la

relazione tra i protagonisti della situazione e il contesto che rende significativa

questa relazione (Carli, 1980). In questa ottica dunque, il colloquio di selezione,

deve tenere conto del contesto in cui avviene e grazie al quale si definisce e

assume significato. L’analisi del contesto, infatti, è imprescindibile in quanto

determina il motivo dell’interazione, e influenza la dinamica relazionale tra gli

interlocutori.

Alla luce di ciò, bisognerebbe considerare il colloquio di selezione uno

strumento con potenzialità ben più profonde, che va oltre la mera identificazione

di candidati con maggior similitudine con il modello atteso. Esso permette di

sviluppare un pensiero profondo sulle persone che va oltre il mito “dell’uomo

giusto al posto giusto” (Borgogni, 2008). Se viene orientato in questo senso, può

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dunque fornire importanti informazioni riguardo il rapporto tra una specifica

persona e un determinato contesto lavorativo, prevenendo quindi situazioni di

malessere e ottimizzando lo sviluppo delle persone nelle organizzazioni.

Il colloquio avrà dunque l’obiettivo di formulare dei giudizi su alcune

caratteristiche profonde del candidato al fine di dare una spiegazione ai

comportamenti “agiti” dal soggetto e fare una previsione sui comportamenti

“agibili” in futuro dalla persona in quello specifico contesto organizzativo

(Borgogni, 2008).

Un obiettivo fondamentale del colloquio è inoltre la lettura della tipologia

di relazione, che rappresenta uno strumento privilegiato di conoscenza del

candidato, nel contesto di colloquio di selezione. In un’ottica prettamente

psicologica, la comprensione della tipologia di relazione agita durante il

colloquio, permette di comprendere meglio le modalità relazionali che il candidato

ha instaurato con le sue figure significative. Tali modalità relazionali sviluppatesi

durante l’infanzia tendono ad essere stabili e si ripresentano in maniera continua

nelle relazioni future, ad esempio con l’autorità che può rintracciarsi in un capo

(Borgogni, 2008).

Questa modalità di conduzione del colloquio, attenta alla relazione,

permette di identificare il tipo di motivazione (affiliazione, potere o riuscita), che

traspare dalle dinamiche relazionali del colloquio (McClelland, 1985).

1.3 Realizzazione del colloquio di selezione

Questa fase che si va descrivendo è la realizzazione pratica del colloquio,

che porta con sé l’esigenza di una metodologia efficace. L’importanza di un

metodo adeguato, sta nel voler evitare una focalizzazione su dimensioni troppo

generali che tralasci molti dettagli, oppure al contrario acquisire informazioni

eccessivamente dettagliate e tecniche tralasciando la loro cornice di riferimento.

La realizzazione del colloquio di selezione prevede una serie di fasi, che

garantiscano l’acquisizione di aspetti chiave irrinunciabili. Tali fasi si aprono con

la preparazione preliminare e l’allestimento di un setting adeguato, va inoltre

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affrontata con delicatezza la fase di apertura, la ricognizione e assume notevole

importanza anche la fase conclusiva.

1.3.1 La preparazione preliminare

L’accoglienza vera e propria del candidato e l’inizio del colloquio,

richiedono che a monte ci sia una meticolosa preparazione, basata su una

ricognizione delle informazioni che si possiedono e di quelle che si

vogliono avere. A tal proposito un primo elemento basilare è l’analisi del

curriculum del candidato, per acquisire determinate informazioni,

individuare aspetti mancanti sui quali è utile soffermarsi in sede di

colloquio per esplorarli, questo permette dunque di formulare delle ipotesi

di lavoro, che nel corso del colloquio andranno via via riviste.

Sulla base delle conoscenze acquisite e sulla consapevolezza di

quelle che si vogliono acquisire, si prepareranno in questa fase alcune

domande ipotetiche volte ad esplorare aree mancanti.

1.3.2 Il setting

Con questo termine si fa riferimento alla cornice del colloquio,

costituito da regole e parametri fissi che delineano la situazione in cui il

colloquio prende vita. Tali parametri sono fissi per garantire una

standardizzazione della struttura del colloquio che garantisca il medesimo

trattamento a tutti i candidati. Tale cornice è spesso definita dalla durata

del colloquio, dagli spazi in cui esso si realizza, i ruoli reciproci e gli

obiettivi prefissati. Il setting garantisce dunque che si realizzino una serie

di agiti significativi per esplorare delle dimensioni irrinunciabili, dal

momento che esso influenza in maniera preponderante le modalità

relazionali. Senza setting dunque, verrebbero meno le regole primarie del

colloquio di selezione che lo definiscono come tale e si trasformerebbe in

uno scambio di informazioni privo delle dimensioni di contesto e

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relazione.

La rigidità e la strutturazione del setting permette di rilevare il

modo in cui il candidato reagisce ad esso attraverso i comportamenti messi

in atto. Alcuni esempi sono: ritardi, evitamento di temi importanti, utilizzo

del cellulare. Tali comportamenti rappresentano il voler venir meno alle

regole del setting attraverso trasgressioni che rivelano una scarsa

sopportazione alle regole proposte; questo elemento può fornire importanti

informazioni sul candidato.

1.3.3 L’apertura

La fase iniziale è abbastanza più delicata si tratta del momento in

cui i soggetti coinvolti, fino a quel momento estranei, si apprestano a

conoscersi, è questo dunque il momento della presentazione reciproca.

In questa fase assume particolare importanza l’accoglienza, in termini di

valenza relazionale. Essa viene messa in atto dal selezionatore attraverso

l’orientamento verso l’altro, cercando di metterlo a proprio agio e cercare

di creare un clima di fiducia. Questo permette di creare l’atmosfera giusta

per una conoscenza reciproca, in cui il selezionatore rappresenta l’azienda

e spiegherà il contesto organizzativo e il ruolo professionale in oggetto; il

candidato dal canto suo dovrebbe mettersi nelle condizioni di farsi

conoscere, soprattutto per il suo interesse.

Questo interesse reciproco fa nascere una sorta di alleanza

funzionale, che permette una comunicazione funzionale e mette al riparo

da situazioni in cui uno dei due soggetti si dimostra restio alla

comunicazione. Ciò può esplicitarsi attraverso comportamenti di attiva

opposizione da parte del candidato o atteggiamento ineducato e ostile da

parte del selezionatore.

La creazione di un clima di accoglienza permetterà di creare le

condizioni per una reale conoscenza dell’altro, finalizzata al

raggiungimento di un obiettivo reciproco, che non può prescindere da una

comunicazione autentica e veritiera.

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1.3.4 La ricognizione

E’ questa la fase in cui vengono esplorati gli elementi di natura

contenutistica e si passa dunque al cuore del colloquio di selezione.

Durante la fase definita di “ricognizione” vengono indagate aree

che riguardano ad esempio le capacità e le attitudini, la personalità, le

credenze e la motivazione lavorativa (Argentero, 2001).

Le aree da indagare a tal fine sono le seguenti:

motivi della candidatura: in questo senso si andrà ad indagare la

continuità o meno di tale richiesta con il percorso formativo e

lavorativo del candidato

curriculum scolastico: da intendersi non solo come inchiesta su voti

e prestazioni, l’attenzione è rivolta piuttosto ai rapporti instaurati in

quel periodo, materie predilette e eventuali ostacoli o blocchi

vissuti in questo periodo

curriculum professionale: se presente, in questa parte verrà

indagato il vissuto professionale, cioè le esperienze lavorative

maturate, le aziende in cui ha operato, conoscenze acquisite ed

eventuali problemi riscontrati; indagare anche sulla frequenza dei

cambiamenti e sui motivi. In questa fase è inoltre utile rilevare ed

indagare eventuali periodi di vuoto, sarà importante inoltre capire

la consapevolezza della persona circa il suo percorso.

motivazioni ed aspirazioni: rilevare quali sono gli aspetti di un

ruolo professionale che per il candidato possono essere più o meno

gratificanti, che posto occupa il lavoro nella sua scala di valori;

indagare inoltre la tipologia di motivazione del candidato in

rapporto alle relazioni sociali (McClelland, 1985).

immagine di sé: ottenere un’immagine di come il soggetto si vede,

e indagare la sua consapevolezza circa i suoi punti di forza e i suoi

limiti, ha come fine ultimo quello di mostrare l’idoneità rispetto al

ruolo professionale in oggetto

rappresentazione del ruolo: farsi un’idea di come il soggetto si

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immagina il ruolo che dovrà ricoprire, di quali pensa siano gli

obiettivi e le competenze necessarie e di quali potrebbero essere i

principali ostacoli; su quest’ ultimo aspetto vale la pena soffermarsi

per proporre al soggetto di confrontarsi concretamente con un

ipotetico problema e vedere le strategie messe in campo per

superarlo

Gli obiettivi del colloquio devono essere chiari, ma essi devono essere

compatibili con il tempo che si ha a disposizione, e monitorare

costantemente il tempo può aiutare ad ottimizzare gli strumenti per rrivare

agli obiettivi.

E’ importante avere un metodo ben preciso nel condurre il colloquio e

porre le domande, questo per raccogliere tutte le informazioni di cui si ha

bisogno ed evitare di passare a punti successivi quando senza aver esaurito

le tematiche della domanda precedente.

Tale metodo può essere ricondotto ad una vera e propria “tecnica delle

domande” (Birkenbhil, 1990), che si basa su tre fasi:

0. Accoglienza: domande aperte che stimolano il dialogo e

l’apertura, servono a rompere il ghiaccio

1. Esplorazione: raccogliere informazioni con domande aperte, al

fine di indagare esperienze, opinioni valori e motivazioni altrui. Si

stimola così una risposta libera che permetta di raccogliere

informazioni sulla storia personale e professionale del candidato

2. Riflessione: serve al selezionatore per crearsi un momento di

ricognizione mentale sulle informazioni ottenute e capire se vi

siano tematiche mancanti da esplorare o temi che valga la pena

approfondire e attraverso quali strategie.

3. Approfondimento: in questa fase si procede ad approfondire temi

già trattati nella fase esplorativa, ma sui quali il selezionatore vuole

ottenere informazioni in più per completare il quadro. Si utilizzano

a tal fine domande sia aperte che chiuse. In questa fase si possono

utilizzare due tecniche specifiche (Semi, 1985): la “chiarificazione”

(per approfondire aspetti non chiari del problema) e la

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“riformulazione” (il selezionatore riformula ciò che il candidato ha

detto per verificarne la corretta comprensione)

1.3.5 La conclusione

Il colloquio di selezione deve essere sia aperto che concluso in

maniera chiara e delicata. Questo perché il soggetto che si presta al

colloquio si mette a disposizione del selezionatore ed entra in relazione

con lui per un determinato periodo di tempo, creando aspettative e

coinvolgimento e il selezionatore al tempo stesso si prende in carico questa

persona per la durata del colloquio. In questo senso è importante evitare di

concludere l’incontro con toni bruschi e sbrigativi, e preparare la

conclusione del colloquio in senso sia logico che relazionale.

1.4 Modalità difensive del candidato

La situazione del colloquio può essere percepita come valutativa,

stressante e minacciosa, a ciò, alcuni individui possono reagire con modalità di

controllo e difesa volte a proteggersi da tale situazione (Ancona, 1995).

Attraverso questi comportamenti la persona tende cioè ad influenzare l’altro

agente della comunicazione, ma, tramite questi agiti egli dà informazioni su di sé,

sulle sue motivazioni e sul suo modo di interagire.

I comportamenti che danno indicazioni sulle misure di sicurezza adottate sono:

evasione: il candidato tende a divagare, mantenersi distaccato e non

focalizzarsi sul problema in oggetto, con l’obiettivo di mantenersi su un

piano superficiale e non andare in profondità riguardo uno specifico tema

seduzione: nel parlare, il candidato tenderà ad essere eccessivamente

compiacente e accomodante, al fine di cercare conferme e approvazione

aggressione: il candidato apertamente esprime una non collaborazione, si

mostra disinteressato e addirittura esprime ribellione e scontro nei

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confronti del selezionatore

Le difese danno molte informazioni circa le competenze psicologiche attivate

nell’ambito del colloquio di selezione e la loro lettura permette di comprendere il

modo in cui il soggetto gestisce situazioni di giudizio o stressanti e di come questo

si esprime nelle relazioni interpersonali.

1.5 Caratteristiche del selezionatore

L’obiettivo del colloquio è dunque conoscere il candidato sotto il

profilo delle caratteristiche soggettive, di personalità e di motivazioni. A tal fine,

il selezionatore, non seguirà rigidi schemi definiti a priori tuttavia cercherà

sempre di dare al colloquio una flessibilità, per garantire la raccolta di tutte le

informazioni di cui egli necessita per gli obiettivi sopra citati.

La figura del selezionatore dunque, assume un’importanza centrale per

l’andamento del colloquio; di seguito si delinea un profilo delle caratteristiche che

un buon selezionatore dovrebbe possedere:

· cultura generale e curiosità conoscitiva

· abilità nei rapporti sociali

· maturità e stabilità emotiva

· capacità logiche, analitiche e di valutazione

· tendenza all’ascolto, pazienza, intuito

· capacità autocritica, tendenza a mettersi in discussione

· onestà intellettuale, scarsa propensione a smanie di potere

· capacità di mantenere calma e lucidità al fine di gestire al meglio

il rapporto interpersonale con il candidato, pur evitando situazioni

di tensione e sovraffaticamento mentale (Castiello D’Antonio, 1989).

In sintesi, il profilo professionale di buon selezionatore è determinato da:

qualità soggettive: conoscenze e coscienza di sé; sufficiente equilibrio

emotivo; intelligenza-curiosità; motivazione e interesse; autocritica.

Qualità tecniche teoriche e metodologiche: conoscenza mondo del lavoro;

teorie motivazionali (motivazioni,interessi e aspettative); ruolo

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professionale; capacità di risposta aziendale.

Personalità: cultura, interessi, curiosità, onestà intellettuale, rapporti

sociali (micro e macro), maturità e stabilità emotiva, ascolto, intuito,

autocritica, adattamento, capacità di attenzione.

1.5.1 Distorsioni cognitive del selezionatore

Il selezionatore, per quanto sia un ottimo professionista e rispetti

puntualmente le regole, può essere pur sempre vittima dell’errore umano e

compiere inconsapevolmente alcune distorsioni.

E’ possibile porre rimedio a tali errori nel momento in cui il selezionatore riesca a

percepirli come tali; questo non è un aspetto scontato dal momento che sono

processi inconsapevoli e, in quanto tali, potrebbe essere molto difficile riuscire ad

accorgersene.

Un primo pericolo è connesso all’ ansietà che il suo ruolo comporta, il

pericolo, in questo caso, consiste nel fatto che l’intervistatore potrebbe non volersi

sbilanciare circa il profilo del candidato e limitarsi alla stesura di un giudizio

superficiale, tralasciando gli aspetti più profondi e significativi.

Viceversa la pressione esercitata dal ruolo stesso di selezionatore potrebbe

spingerlo ad essere eccessivamente rigido ed orientato al controllo della

situazione, facendo sentire il candidato sotto pressione e inibendone il

comportamento spontaneo.

Per quanto riguarda invece la “prima impressione” che il selezionatore si

fa incontrando per la prima volta una persona, si rileva che, a questa sono quasi

sempre associati tutta una serie di altri meccanismi pericolosi dai quali il

selezionatore deve guardarsi bene.

Di seguito si riportano una serie di distorsioni rilevate più frequentemente (De

Vito Piscicelli, 1991):

prima impressione: impressione di base che influenza tutte le impressioni

successive;

pregiudizio: idea preformata che spinge l’esaminatore a porre le domande

in un certo modo per ottenere conferma alle proprie opinioni preconcette,

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va dunque alla ricerca dei soli indizi che confermano la sua ipotesi

preconcetta tralasciando gli altri

stereotipo: pregiudizio derivante dalla cultura e dal contesto di

provenienza del selezionatore

ordine di informazione: le prime e le ultime informazioni raccolte durante

il processo di selezione sono quelle che maggiormente influenzano

effetto alone: una singola caratteristica del soggetto, se considerata in

modo molto positivo o molto negativo può gettare intorno a sé una luce di

positività o negatività coprendo altre caratteristiche, magari anche più

significative, della persona esaminata

effetto di contrasto: porta a sovrastimare qualità positive dopo una lunga

serie di qualità negative, e viceversa

ancoraggio: l’esperienza passata, privata e lavorativa del selezionatore

spesso può condizionare la sua capacità di giudizio, Può allora capitare

che, quando si conosce un candidato lo si associ con altri soggetti

esaminati in precedenza, questo comporta che il candidato reale venga

sostituito dal candidato immaginario

informazioni insufficienti: quando non si riesce ad indagare in maniera

esaustiva e con pochi elementi si decide comunque di azzardare una

valutazione

Queste ipotesi si verificano spesso e un buon selezionatore dovrebbe essere in

grado di riconoscerle e gestirle per non invalidare in qualsiasi modo il colloquio.

Conclusioni

Ciò che si è cercato di comunicare nel corso di questo capitolo è che, il

colloquio di selezione non ha il mero scopo di seguire il criterio dell’adeguatezza;

non si tratta cioè solo di rintracciare il candidato migliore in termini di

somiglianza con il profilo atteso. Esso è uno strumento che, se utilizzato in una

prospettiva psicosociale, può permettere di andare più in profondità, nella

complessità della mente umana, sviluppando analisi sulle relazioni con i contesti.

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Questo permette dunque di individuare dimensioni più complesse, come ad

esempio il rapporto tra le persone e i contesti lavorativi, se si riesce a fare cioè si

avrà la possibilità di diagnosticare e prevenire situazioni di disagio e

insoddisfazione per uno dei due lati o per entrambi e, al contrario favorire e

ottimizzare lo sviluppo delle persone in una specifica organizzazione e quindi lo

sviluppo dell’organizzazione stessa.

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Capitolo Secondo

ASSESSMENT CENTER

Nel corso del presente capitolo si delineeranno le caratteristiche dell’AC,

una particolare metodologia per l’analisi e la valutazione delle risorse umane.

Esso è uno strumento predittivo, per l’analisi e la valutazione del potenziale

durante il processo di selezione, ha come finalità quella di capire se una persona

può occupare un determinato ruolo e soddisfarlo in termini di prestazioni.

L’AC è una situazione costruita, come una sorta di contenitore, nel quale

vengono inseriti degli input tali da indurre determinate tipologie di risposte

comportamentali che vengono analizzate secondo alcuni parametri specifici.

Sostanzialmente dunque l’AC è una situazione costruita in modo da

permettere l’espressione e quindi l’osservazione di comportamenti rispetto ad

obiettivi prefissati.

2.1 Obiettivi e metodologia

Concettualmente lo scopo degli AC è quello di “individuare il complesso

di caratteristiche attitudinali e comportamentali che rappresentano il sostrato

personale di un individuo rispetto alla copertura ottimale di un ruolo

organizzativo” (Levati; Saraò, 1993).

Il presupposto degli AC è che, ponendo la persona di fronte a situazioni

concrete che ripropongono problemi effettivamente riscontrabili ricoprendo una

determinata posizione lavorativa, è possibile rilevarne il comportamento e

valutare l’attitudine a ricoprire quel determinato ruolo.

La metodologia di valutazione è basata sull’osservazione del

comportamento, per questo si cerca di limitare tutte le eventuali fonti di errore,

servendosi di più prove e più valutatori. Nel corso dell’AC infatti, vengono

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utilizzate diverse tipologie di strumenti, che vengono osservate e analizzate da un

team di esperti. Gli AC prevedono dunque prove di diverso tipo, gli strumenti più

rilevanti sono sicuramente le prove situazionali, cioè una serie di esercizi

appositamente costituiti per stimolare comportamenti specifici ritenuti importanti

per un determinato ruolo e che quindi vengono prontamente osservati e analizzati

dai valutatori.

La messa in atto di un AC è necessariamente preceduta dalla fase di

progettazione, che solitamente è costituita da 5 step principali:

1. La definizione del profilo: definire le competenze chiave del ruolo, che

saranno le dimensioni da valutare nell’AC

2. Macroprogettazione dell’AC: decidere la quantità e la tipologia di prove

da utilizzare

3. Scelta e costruzione delle singole prove e messa a punto delle griglie di

osservazione

4. Progettazione operativa: organizzazione delle giornate, definizione degli

assessor, scelta degli spazi da utilizzare e preparazione dei materiali

5. Formazione degli assessor, a cui vengono illustrati obiettivi e modalità di

attuazione del progetto

A seguito della progettazione avviene la vera e propria realizzazione dell’AC in

una o più sessioni, al termine delle quali i valutatori si confrontano per

condividere le informazioni raccolte sul candidato e arrivare ad una valutazione

condivisa.

La fase conclusiva prevede poi la compilazione di un report, che delinea le

aree di forza e le criticità rispetto al profilo ideale espresso nella definizione del

profilo (Borgogni, 2008).

2.2 Prove di Gruppo

Le prove situazionali che permettono nel modo migliore di analizzare le

competenze del candidato sono sicuramente quelle di gruppo e per questo sono

quelle più largamente diffuse. Tali prove permettono infatti di rilevare

18

Page 19: Master OSCUAI - Risorse Umane€¦ · Web viewQuesta modalità di conduzione del colloquio, attenta alla relazione, permette di identificare il tipo di motivazione (affiliazione,

competenze che riguardano l’aspetto relazionale, comunicativo e lo stile di

leadership, aspetti che altre tipologie di prova non riuscirebbero a far emergere.

Esistono diversi tipi di prove, in base agli obiettivi da raggiungere e alla

lunghezza della prova.

Si descriveranno di seguito le prove di gruppo più diffuse:

Leaderless Group Discussion: ai candidati (gruppo di 6-8 persone) viene

proposta la discussione su un tema oppure vengono invitati alla risoluzione

di un problema sulla base di alcune informazioni uguali per tutti. Non c’è

l’assegnazione preventiva di un leader, per cui i candidati dovranno

autogestirsi in 30 minuti. I valutatori avranno la possibilità di osservare lo

stile comunicativo dei candidati, il loro grado di ascolto degli altri e la

tendenza da parte di qualcuno ad assumere ruoli di leadership.

Business Game: è una simulazione di gruppo che si incentra su tematiche

di gestione aziendale. Si simula una riunione che si basa su informazioni

relative a dati organizzativi e lo scopo comune è quello di interpretare

questi dati e orientarsi verso la soluzione ad un problema, questo obiettivo

comune deve essere portato a termine in 45 o 90 min. In questa prova

viene data la possibilità di creare situazioni lavorative realistiche, per cui,

oltre all’analisi relazionale e di leadership, i valutatori raccolgono anche

dati relativi alle capacità del candidato di analizzare i dati forniti e le sue

capacità di problem solving.

Role-playing di gruppo: è un tipo di simulazione di gruppo in cui ogni

candidato ha un ruolo diverso dagli altri, che solitamente è un ruolo

organizzativo specifico da agire durante una riunione di lavoro. Ad ogni

partecipante vengono date informazioni diverse dagli altri e parziali,

l’obiettivo da raggiungere è tuttavia uguale per tutti. In questo caso dunque

si ha la possibilità di osservare capacità relazionali, di condivisione delle

informazioni, l’apertura agli altri e capacità di negoziazione.

Giochi di cooperazione: questa tipologia di prova può non riguardare

strettamente tematiche organizzative, i partecipanti hanno informazioni

diverse e parziali ma un unico obiettivo da raggiungere. In una prima fase

ognuno cercherà di portare a termine il compito individualmente, finchè

19

Page 20: Master OSCUAI - Risorse Umane€¦ · Web viewQuesta modalità di conduzione del colloquio, attenta alla relazione, permette di identificare il tipo di motivazione (affiliazione,

non si renderanno conto che solo mettendo in comune le informazioni

potranno raggiungere l’obiettivo.

Queste tipologie di prova hanno il vantaggio di dare informazioni su aspetti

relazionali e di evidenziare aspetti non rintracciabili belle prove individuali come

ad esempio: il ruolo che i partecipanti sono inclini ad assumere all’interno di un

gruppo; le modalità con cui un soggetto tende ad integrarsi ed adattarsi nelle

situazioni sociali; le reazioni e le difese messe in atto di fronte a situazioni

conflittuali; le modalità comunicative e relazionali prevalenti. Un altro vantaggio

è sicuramente quello di ottimizzare i tempi e i costi, dal momento che queste

prove consentono di osservare e raccogliere informazioni su più partecipanti

contemporaneamente.

Tuttavia esistono anche dei limiti per questa tipologia di prove: l’influenza che

l’osservatore può avere sui candidati che sanno di essere osservati e valutati da lui

fa sì che possano mettere in atto comportamenti diversi da quelli che

generalmente assumerebbero; l’incidenza che la composizione del gruppo può

avere sui comportamenti e sulle performance di una persona e sulla valutazione

dell’assessor, è importante perciò che egli tenga sempre in considerazione

l’influenza che il tipo di gruppo ha sul candidato; l’impatto sull’eventuale

conoscenza pregressa dei partecipanti, è dunque preferibile evitare di avere dei

partecipanti che si conoscono poiché potrebbero attivarsi dinamiche che

riguardano il loro rapporto pregresso e non la situazione in sé.

2.3 Prove Individuali

Ci sono molteplici tipologie di prove individuali, più genericamente

possono essere suddivise in scritte, orali ed esercizi con l’assessor. Gli esercizi

scritti sono per lo più orientati al compito e alla risoluzione di problemi, quelli

orali invece sono variegati e possono indagare sia dimensioni relazionali sia di

contenuto.

Si descriveranno di seguito le prove individuali più diffuse:

In-tray (o in basket): il candidato è chiamato a ricoprire il ruolo del

20

Page 21: Master OSCUAI - Risorse Umane€¦ · Web viewQuesta modalità di conduzione del colloquio, attenta alla relazione, permette di identificare il tipo di motivazione (affiliazione,

manager e ha a disposizione dei materiali disorganizzati, il candidato in un

limite di tempo da 1 a 3 ore, dovrà riorganizzare la documentazione e in

più completare una serie di compiti. Tali compiti dovranno essere messi

per iscritto, tutto questo al fine di valutare il metodo di lavoro, la capacità

di organizzarsi e il problem solving. Questa prova viene utilizzata durante

l’AC per ruoli di responsabilità, ma può essere riadattata per adeguarsi

anche a ruoli più operativi.

Pensiero produttivo: in questo esercizio si chiede al candidato di proporre

idee originali e soluzioni inedite ad alcuni problemi organizzativi. Mira ad

analizzare le attitudini creative, perciò è maggiormente utilizzato per ruoli

che riguardano pubblicitari, grafici, ricercatori.

Presentazione: in questa prova al candidato viene fornita una

documentazione ampia da analizzare in poco tempo, e sulla base di ciò che

ha letto deve preparare una presentazione formale da esporre in pubblico.

Ciò consente di valutare capacità di comunicazione in pubblico e sintesi.

Role playing individuale: si tratta di una simulazione in cui il candidato

ricopre un ruolo in una situazione complicata e l’assessor ricopre il ruolo

di interlocutore. Il candidato dovrà gestire una situazione difficile

(conflitti, malcontenti, etc), ciò al fine di valutare, l’apertura e l’ascolto nei

confronti dell’altro, la capacità di mediare e negoziare e di proporre

soluzioni. Tale prova viene utilizzata per ruoli che richiedono la gestione

di clienti e collaboratori.

Situational interview: è un’intervista strutturata, affine al colloquio di

selezione, ma a differenza di quest’ultimo, le domande sono rigidamente

standardizzate. Il fine è quello di indagare le intenzioni comportamentali

che sono alla base di azioni future attraverso l’esposizione al candidato di

un dilemma, e la richiesta di raccontare una sua ipotetica reazione e azione

(Latham, Saari, Pursell, Campion, 1980).

Anche in questo caso possiamo scontrarci con alcuni limiti delle prove

individuali: il candidato può avere difficoltà nel gestire il tempo a disposizione

rispetto al compito; scarsa comprensione dei contenuti dell’esercizio; scarsa

familiarità del candidato con contesti organizzativi; problema di ansia legato sia a

21

Page 22: Master OSCUAI - Risorse Umane€¦ · Web viewQuesta modalità di conduzione del colloquio, attenta alla relazione, permette di identificare il tipo di motivazione (affiliazione,

contesto nuovo che al fatto che le prove siano a tempo; infine le prove individuali

sono molto impegnative da un punto di vista organizzativo e di tempo.

2.4 Griglie di osservazione

Le griglie di osservazione sono fondamentali per una giusta valutazione

dell’AC, dal momento che forniscono ai valutatori delle linee guida per orientarsi

su cosa osservare e come registrare i comportamenti dei partecipanti e ricondurlo

ad una specifica dimensione.

Le griglie si suddividono in base al loro grado di strutturazione:

Nessuna strutturazione

Strutturazione per categorie

Strutturazione per singoli comportamenti

L’osservazione priva di strutturazione prevede di prendere nota in modo libero di

tutti i comportamenti osservati e poi, solo successivamente, ordinarli e classificarli

per dimensioni e competenze. Il rischio di questo tipo di osservazione è che,

l’assessor, potrebbe rilevare solo le informazioni che gli sembrano più rilevanti

ma che magari non sono utili ai fini della valutazione. Questo aspetto è reso più

pericoloso dal fatto che, gli assessor, devono osservare contemporaneamente più

candidati dovendo perciò decidere velocemente quali elementi rilevare e quali

tralasciare e in questo modo spesso gli elementi rilevati non sono quelli utili ai fini

della valutazione.

Le griglie in assoluto più strutturate sono le Behavioural Ancorated Rating

Scales (BARS), cioè le scale ad ancoraggio comportamentale in cui ogni

comportamento viene classificato in base ad un livello. La strutturazione di questa

scala aumenta la coerenza tra le diverse valutazioni degli assessor, dando

maggiore attendibilità all’AC. Prima di utilizzare le griglie è opportuno che essa

sia strutturata in modo adeguato rispetto al profilo ricercato per sondare le

competenze effettivamente rilevanti a tal fine.

Ci sono diversi errori di giudizio nei quali l’assessor può incorrere, i più comuni

sono:

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L’errore di tendenza centrale, cioè la tendenza a dare punteggi

prevalentemente intermedi, in questo modo si riduce notevolmente la

differenza tra dimensioni dei candidati

L’indulgenza o al contrario la severità del giudizio, cioè la propensione a

valutare prevalentemente positivamente o negativamente il

comportamento dei candidati

L’effetto alone, cioè la tendenza a generalizzare un aspetto rilevato a tutte

le altre dimensioni del medesimo soggetto

La coerenza, cioè la propensione a cogliere in maniera selettiva le

informazioni coerenti con elementi che sono stati raccolti avvalorando

dunque l’ipotesi precostituita

Per evitare questo, è importante dedicare un momento formativo agli assessor, con

la finalità di esplicitare gli eventuali errori di giudizio e renderli capaci di

difendersi da essi.

Le griglie di osservazione vengono compilate per ciascuna prova da ogni

osservatore, viene assegnato un punteggio ad ogni dimensione e, al termine

dell’AC, gli assessor si riuniranno per condividere le proprie valutazioni, discutere

le divergenze di opinione e, infine, produrre un report complessivo con punti di

forza, criticità e prospettive di sviluppo del candidato (Borgogni, Consiglio,

2008).

Conclusioni

L’AC è uno strumento molto importante ai fini di una valutazione, e porta

in sé dei vantaggi e dei limiti. Per essere considerato affidabile deve garantire una

valutazione coerente e predittiva, e deve garantire la valutazione di competenze

che siano effettivamente rilevanti per quella determinata posizione.

I vantaggi sono indubbi e fanno riferimento all’ottimizzazione di tempi e costi,

alla possibilità di vedere la persona in situazioni concrete e diverse; i valutatori

hanno, dal canto loro, la possibilità di confrontarsi e raccogliere più punti di vista,

limitando al minimo le distorsioni cognitive individuali.

Bibliografia

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