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SILVIA ANGLANI, Nuovo cd featuring Michael Rosen Magazine n n r r 2 2 F4A TV F4A TV Tv e arte non sono mai state così “amiche” FOTOGRAFIA FOTOGRAFIA Mediterraneo: Gianluca Roncone

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Mensile di arte e spettacolo

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F4A TVF4A TVTv e arte non sono mai state così “amiche”

FOTOGRAFIAFOTOGRAFIAMediterraneo: Gianluca Roncone

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SOMMARIOSOMMARIO

MMaaggaazziinneennrr 22MENSILE DI ATTUALITA’ COSTUME, ARTE E CULTURA

FRIENDS4ARTS SRL EDITOREvia arrigo boito 320900 monza - tel +39 0392622470

Testata in fase di registrazione presso il Tribunale diMonza, Direttore Responsabile Natale Caccavo; hanno collaborato alla realizzazione di questo nu-mero: Manuela Belli, Tazio Tenca, R. Del Grande,Guido Magrin, Claudia Ronchetti, Giovanna Motta,Luigi Melzi, Mario Montella, Gianluca Roncone, An-namaria Salinari, Marco Bottani, Carina Aprile.

EDITORIALE EDITORIALE PAG.3PAG.3

CLAUDIA RONCHETTICLAUDIA RONCHETTI PAG.4PAG.4

SILVIA ANGLANI SILVIA ANGLANI PAG.6PAG.6

OVERCLOUDS OVERCLOUDS PAG.8PAG.8

AUDIOBIOGRAFIA MARYLINAUDIOBIOGRAFIA MARYLIN PAG.10PAG.10

TAVOLA ROTONDA SULL’ARTETAVOLA ROTONDA SULL’ARTE PAG.12PAG.12

F4A TVF4A TV PAG.18PAG.18

GARY HARVEYGARY HARVEY PAG.20PAG.20

GIANLUCA RONCONEGIANLUCA RONCONE PAG.22 PAG.22

MASYAMASYA PAG.26PAG.26

IDA MATILDEIDA MATILDE PAG.27PAG.27

GIOVANNA MOTTAGIOVANNA MOTTA PAG.28PAG.28

AFORISMIAFORISMI PAG.29PAG.29

RICETTE STORICHERICETTE STORICHE PAG.30PAG.30

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Friends 4 Arts Magazine numero 2: che bello iniziare a sentirci davvero "Friends4 Arts" e percepire chiaramente che questo nome significa qualcosa per tutti noi.Mentre la community cresce e altri amici arrivano, per un numero sempre maggiore di persone,artisti e amici delle arti, Friends 4 Arts è già sinonimo di tanti eventi organizzati, concerti, pre-sentazioni di artisti, edizioni musicali, di un magazine, un portale con migliaia di accessi algiorno, contenuti sempre più allargati e interessanti; e tutto questo in solo 2 mesi di attivitàGa pensarci sembra quasi impossibile. Proprio per questo sentiamo il piacere e il dovere di rin-graziare tutti voi: grazie davvero!Nel precedente editoriale abbiamo parlato di un fotografo dilettante, Gianluca, che con i suoiscatti ha svelato a tanti amici che sono nati “in un Paese bellissimo a loro insaputa”, e in re-

dazione sono arrivate tante domande su chi fossequesto Gianluca dall’obiettivo “miracoloso”. Cosìin questo numero di Friends 4 Arts Magazine ab-biamo voluto dedicare uno spazio a questo foto-grafo dilettante, con una intervista.

Un’intervista a un dilettante? Qualcuno starà pen-sando: quale assurdità!Già, “dilettante”, una bellissima parola che è

spesso utilizzata in modo dispregiativo, contrapposta al ben più altisonante e serio termine“professionista”.Del resto, se è evidente che mai accetteremmo di farci curare da un medico “dilettante”, que-sto concetto vale anche in campo artistico?Ricordo una chiacchierata con il Maestro Beppe Vessicchio, che avevo incontrato a Piacenzain occasione delle prove dell’Italian Gospel Choir (quel bellissimo progetto italiano che a set-tembre 2011 ha riempito piazza Duomo a Milano con 40.000 persone, che ascoltavano i 500 co-risti sul sagrato).Beppe Vessicchio, a tutti i coristi, in buona parte “dilettanti”, ricordava che la parola “dilet-tante” significa che tutti loro erano lì per “diletto”, cioè per il “piacere” puro di cantare e di farlobene, per questo studiavano i pezzi, facevano prove settimanali, ci credevano e si perfeziona-vano con passione e continuità eG gratis.Ecco che, vista così, la parola “dilettante” svela tutt’altra visione: ci sono tanti artisti dilettantiche vivono l’arte per il piacere puro di suonare, dipingere, scrivere, fermare una storia in unafoto. Tutti questi artisti “dilettanti” non possono pagarsi di che vivere con la loro “arte da di-lettanti” anzi probabilmente fanno altri lavori e con quelli si pagano la possibilità di suonare,dipingere o fare fotografieGma sicuramente tutti loro vivono quella espressione artistica conpassione, piacere, dedizione: insomma molti di loro ci credono più dei “professionisti”.Tra i dilettanti, a volte ci sono grandi talenti che a volte emergono e altre volte rimangono sco-nosciuti, così le loro opere non passeranno ai posteriGNon abbiamo la presunzione di poter scoprire tutti i talenti nasco-sti, ma da noi di Friends 4 Arts, anche per i “quei dilettanti”, unospazio c’è.

FRIENDS4ARTS

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claudia RONCHETTISS oo nn oo uu nn aa MMAADD RR EE cc rr uu dd ee ll ee pp ee rr ii

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Claudia Ronchetti è nata a Tortona (AL), ma ha studiato a Pavia, dove si èlaureata in Filosofia. Vive a San Martino Siccomario (PV). Ha insegnato per al-cuni anni e ha collaborato con varie riviste e giornali. Ha pubblicato Poesie d’una estate, Zucchero e sale, Il ladro d’anime e altrestorie, Il gioco di Claude e altri racconti, La pillola dell’oblio, Sangue del miosangue, Delirio di padre, I venti.Alla luce delle nostre lune è il suo ultimo romanzo. Claudia sta anche lavo-rando ad una voluminosa raccolta di racconti che dimostrano tutte le sue variefonti di ispirazione e le sue vaste possibilità di stili.

La Redazione di Friends4Artsha incontrato Claudia Ronchetti,scrittrice italiana affermata,amante non solo della lettera-tura ma di tutte le arti, perchèl'artista deve essere vigile, eavere sempre fame di cono-scenza.

-Descrivici il lavoro di scrittrice. Come ti comporti nei confronti di un lavoro non convenzionale?Innanzitutto i tempi. Può apparire un corollario, ma sono fondamentali. Il lavoro di scrittore è a tempopieno, non si smonta mai insomma. Questo non vuol dire rinunciare a un approccio quotidiano allavita, come all’opposto non significa appollaiarsi sull’albero più alto in assoluta autarchia. Neppure com-porta una costante e compulsiva ricerca di ispirazione. In pratica, la necessità è quella di accettare loscotto di filtrare le esperienze attraverso un punto di vista, non assoluto, come niente lo è, ma definito

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e in divenire: la propria prospettiva. Quello chedeve essere chiaro è: io vi racconto le mie sto-rie da qui, dove sono io, chiacchierando lungoil percorso della mia vita. Richiede un sensodella priorità irrinunciabile: lo scrittore non puòessere altro che in quel suo piccolo-grandespazio, che in qualche modo cattura per unbreve periodo l’attenzione di chi legge e gli la-scia nell’animo un residuo di sé; il lettore lometterà in incubatrice e poi, probabilmente, na-scerà in lui un pensiero inedito. Ma sarà il suo.A fare il lavoro di scrittore si impara, non credoai corsi di scrittura creativa e simili, in ogni casodeve esistere il talento, altrimenti si impara soloa comporre; scrivere è una ricerca costantedella tecnica più efficace per affinare gli stru-menti, per acuire la percezione. Una strada impegnativa, magiocata secondo una dinamica personale. Un atto di coraggionello scoprirsi e scoprire ciò che sarebbe più comodo non ve-dere.-Qual è lo scrittore o quali sono gli scrittori a cui ti ispiri mag-giormente? A chi vorresti assomigliare? Con quale scrittorescomparso vorresti far una chiacchierata?Difficile dire quale scrittore mi ispira, preferisco affermare chemolti degli scrittori amati nel passato, hanno deposto uno o piùmattoni su cui si è costruita la scrittrice. Da Mann a Dostoev-skij, da Melville a Kerouak, Conrad, Chatwin e tanti altri. Daognuno ho assorbito atmosfere e da ognuno mi sono allonta-nata. Ognuno mi è rimasto dentro. Alla fine mi sono trovata vi-cina alla letteratura nord-americana degli ultimi decenni. E’stato un percorso autonomo, non imitativo, che mi ha fatto ap-prodare sulle sponde d’oltreoceano. Sono cresciuta su lette-ratura e filosofia europea, prevalentemente mittel-europea, lavita e le mie origini intellettuali si sono mischiate e, con unbalzo, mi sono trovata catapultata in un altro mondo: narra-tiva-cinema- musica- cultura orientale. E’ stato bello sentirel’esigenza di scoprirlo poco alla volta e trovarmici a casaTtut-tora mi domando perché, con origini così diverse, una vita re-lativamente sedentaria, in un angolo d’Europa ormai in“disuso” quale purtroppo sembra essere il nostro paese, ioabbia sviluppato una struttura narrativa così simile alla loro.A chi vorrei somigliare? A un De Lillo per esempio, e più ge-nericamente, alla letteratura post-moderna, ma, tutto som-mato, voglio somigliare prevalentemente a me stessa. Nonamo comunque considerare la narrativa come un settore a sestante, che dialoga sempre e solo con il passato in un solipsi-smo aristocratico, vorrei unirmi alla voce del cinema, tradurrela musica in racconti dell’oggi.Prendere un tè con uno scrittore scomparso? Sarebbe inte-ressante chiacchierare con un raffinato rappresentante del-l’onirico come Ernst Hoffmann ( “L’uomo della sabbia”),scambiare qualche parola con Edgard Allan Poe, ma mi tro-verei sulla mia terra e allora, visto che mi piace osare, perchénon Tolstoi? Mi sono cimentata e ho amato “la ricerca” diProust ho divorato “L’uomo senza qualità” di Musil, legata manie piedi all’espressionismo, alla logica, alla filosofia e poi ungiorno, che ritengo fortunato, ho detto“Grazie, ma ora basta, me ne vado!” almeno con la forza dellapsiche, vado a correre nelle immense praterie dei Navaho,dove le giovani donne compivano il loro rito iniziatico correndo,senza mai voltarsi indietro. Sono stata feliceT ma ammetto,non ho mai superato le prime pagine di “Guerra e pace”. Forsenon ci siamo mai incontrati nel momento giusto, io e Tolstoi.Certo, il romanzo storico è molto lontano dalla mia narrativa,ma ho letto e amato SthendalT vorrei trovare in Tolstoi un mo-

tivo per compenetrare le sue pagine, ma infondo non è così indispensabile, rimane e ri-marrà sempre una mia lacuna, quando si im-bocca una strada è quella, solo quella. Escrivere non significa essere un erudito.-Cosa ne pensi dello stato attuale della narra-tiva in Italia?Devo dare una risposta diplomatica? Non mi èpossibile, se non nel dire che mi rendo conto dicome l’Italia sia allo sfacelo, tutta da rifare.L’editoria rappresenta molto bene la situazioneitaliana. Piccoli-medi editori, sono, nella miaesperienza, degli imbonitori. Vogliono imboc-care un giro ristretto di persone, con il solitocibo, ormai avariato. Se il prodotto è diverso, loconsiderano destinato alla polvere delle biblio-

teche. Non si legge in Italia? Proviamo a offrire prodotti sti-molanti, che escano da clichè triti e ritriti, con la logica diaccontentare il vicino di casa, ma cercare per “muovere esmuovere”. Anche il libro è un prodotto destinato al mercato,ma non devono esistere solo una miriadi di prodotti anonimi;qui da noi si inorridisce a parlare d’avanguardia perchéanche di questa si fa un settore a parte, ma non è così, avan-guardia vuol dire, in due parole, guardare avanti, percepireoltre e cercare i linguaggi adatti ad esprimere un contesto inevoluzione. Lo diceva Steve Jobs, animo d’artista diventatogenio dell’informatica, “ l’artista ha il compito di sentire ciòche gli altri sono costretti a trascurare, perché impegnati inaltri lavori”, vedere l’invisibile, ascoltare il non detto, rivelareoltre l’apparenza E’ necessario quindi trovare al libro unnuovo tipo di diffusione, che lo metta in relazione alle altrearti, dal cinema, alla musica e che non venga svilito daimedia. Io trovo molto fruibile, ad es, l’idea dell’audio libro,ascoltare una lettura mentre si guida come si ascolta la mu-sica.-Stai lavorando a un nuovo libro? A quale dei tuoi scritti seipiù affezionata? Quanta "Claudia Ronchetti" c'è nei tuoi per-sonaggi?Si, sto lavorando a un altro libro. Ogni volta mi dico “questoè l’ultimo” e ogni volta ricomincio a scrivere. Ho vere e pro-prie crisi d’astinenza, se cerco di interrompere questa sim-biosi tra me e le mie storie. E’ un progetto di due raccontilunghi, connessi fra di loro, penso che i titoli siano indicativi“La mappa” e “Senza coordinate”.Il mio rapporto con quello che scrivo è conflittuale, lo amofollemente e non vedo l’ora di rinnegarlo, cosa che regolar-mente faccio alla conclusione. Per me sono tutti figli da rin-negare; sono una madre crudele, per i miei libri. Un raccontoperò mi rimane sempre dentro, è un inedito, anche se diprossima pubblicazione, non recente, scritto penso 12 annifa: “L’appartamento”. L’antitesi della fuga nelle grandi prate-rie di cui ho parlato, ma ugualmente un grande momento pri-vato: la segregazione volontaria della protagonista in unappartamento per il tempo delle vacanze estive, e i luoghisimbolici del suo viaggio psichico. Le considero due tappe(fuga-isolamento) del mio “inselvatichimento” rispetto alla vitadi relazione, un atto di profonda e totale libertà. La mia nar-razione è Claudia, ma penso che sia così per molti scrittori,solo per il fatto che comunicare in senso artistico significausare un filtro soggettivo che si dilata agli altri. Io sono in tuttii miei personaggi e in nessuno di loro. Nascono da me, mahanno una vita totalmente autonoma che spesso contrad-dice anche il mio progetto su di loro. Costretta ad accettareche agiscano anche contro il mio volere, mettano in discus-sione le mie ipotesi e mi conducano a un finale inaspettato.

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“Complice”, il CD di esordio di“Complice”, il CD di esordio di

SS II LLVV IIAA AANNGGLLAANNIIRiceviamo in redazione di Friends 4 Arts “Complice”, il primo lavoro discografico di Silvia Anglani,giovane cantante ostunese di nascita e milanese di adozione.Ben nota al pubblico lombardo e pugliese per la sua intensa attività di concerti con varie forma-zioni pop, jazz e lounge (Das, Zerogravity, ecc.), in questo disco l'Anglani si conferma cantante raf-finata e versatile, con una personalità caratteristica che firma in modo originale e piacevolmentericonoscibile ogni interpretazione.

“Complice” è una collezione di 11 brani originalidi Gabriele Rampino, autore, compositore e ar-rangiatore salentino, e un omaggio a Mina, conun “trasgressivo” rifacimento del vecchio brano“Conversazione”: in totale 49' 31” di musica.

Per la grande varietà dei generi, il lavoro è quasi una “sfida” in cui l'Anglani si dimostra sempre asuo agio, spaziando dalle atmosfere cool dance di “Odio Dicembre”, con incisiva componente rit-mica, loop di batteria e percussioni, fino al pop ricercato di “Complice”, “Bassamarea”, “Demo-nangel”, e poi alle atmosfere ballad e soul, strizzando sempre un occhio al jazz.Pur abbracciando generi così diversi tra loro, il CD è tutt'altro che “discontinuo” nella sua fruibilità,e questo proprio grazie alla voce dell'Anglani, che porta in secondo piano le differenze di atmo-sfera e sonorità e si muove con disinvoltura, come un'attrice che cambia abito in ogni scena, maconserva sempre la sua forte personalità, caratteristica ed espressiva.Eccezionale il gruppo dei musicisti, primo tra tutti il grande sassofonista americano Michael Rosen,che rende ancor più prezioso questo lavoro, con contrappunti e assoli di grande valore, sia al saxtenore che al sax soprano.Un grandissimo Gianni Iorio al bandoneon caratterizza due dei brani che preferiamo, con atmo-

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sfere jazz-tango alla Astor Piazzolla, nelle originali “Lepantofole col Marabù” e “Il Rimedio”.Tutti i musicisti meritano di essere citati: l'armonicacromatica di Marco Tuma, le chitarre di Maurizio Biz-zochetti, Pierluigi Balducci al basso elettrico e acu-stico, Pierluigi Villani alla batteria, i cori di SerenaSpedicato, le tastiere (pianoforte, fender rhodes,hammond) di Giuseppe Magagnino, che ha parteci-pato a molti degli arrangiamenti insieme a GabrieleRampino.L'elettronica, usata sempre in modo interessante eoriginale, è opera dello stesso Rampino, che è ancheil “soundesigner” del CD, e trova il suo momento piùsignificativo in “Essere normale”, con arpeggi e loops che creano un tappeto armonico in cui la vocedell'Anglani e il sax soprano di Rosen duettano con grande naturalezza e incisività.

Molto curata anche la confezione, il libretto con tuttii testi e le bellissime fotografie di Daniela Cardone.

“Complice” è già piacevolissimo al primo ascolto,ma sicuramente affascina e colpisce ancor di piùagli ascolti successivi, che permettono di coglieretutte le sfumature espressive della voce di SilviaAnglani, che sa essere sensuale, romantica e grin-tosa dove serve, senza mai eccedere in forzati au-tocompiacimenti ma, come sottolineato anche inseconda di copertina: “... niente affatto postmo-derna, vagamente un po' retro...”.

Il CD, pubblicato da Controvento by Dodicilune edistribuito da Ird, è promosso con il sostegno diPuglia Sounds – P.O. FESR Puglia 2007-2013Asse IV.

Link di pre-ascolto e digital download :http://www.dodiciluneshop.it

La cantante si e’ potuta avvalere, tra le diversecollaborazioni, della performance al sax di

MMIICCHHAAEELL RROOSSEENN

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OVERCLOUDS “ANNI 80”

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Metti una serata estiva, trascura un po di acqua (un classico tem-poralone estivo, e mescolare per bene...il cocktail e’ ua serata dimusica e divertimento di pubblico e band: gli Over Clouds, Can-dido al sassofono (jazzista con licenza di sconfinare nel pop enella dance) e Antonello tastiera e voce, hanno terascinatol pub-blico presente al Cattaneo's con la loro musica revival pop danceanni '70, '80 e '90.Canzoni tratte dal repertorio italiano e straniero che hanno se-gnato gli anni della giovinezza di molti dei presenti che hanno as-sistito allo spettacolo con coinvolgimento e partecipazione.

Gli stessi Over Clouds sono stati disponibili ed entusiasti, accet-tando anche le proposte che venivano dal pubblico, scherzando eimprovvisando improbabili cori e karaoke.

Un salto nel passato con un pizzico di nostalgia etantissimo divertimento!

eventi F4Aeventi F4A

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EVENTI F4A

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Marilyn Monroe celebrata in mostre, film, libri e non solo.Il 2012 è “L’Anno Marilyn” ed in occasione dei 50 anni del-l’attrice, ALFAUDIOBOOK AUDIOLIBRI ha pubblicato:MARILYN, UN’AUDIO-BIOGRAFIA“Greenson (lo psicanalista di Marilyn) fece ascoltare aMiner -uno degli agenti- un nastro di quarantacinque mi-nuti inciso da Marilyn. Non si trattava della registrazione diuna seduta di terapia (Greenson non aveva l'abitudine diregistrare i colloqui con i pazienti), l'unica voce incisa eraquella di Marilyn. E' possibile che Marilyn, che aveva com-prato un registratore poche settimane prima di morire, in-tendesse offrire uno sfogo privato al suo psichiatra”, scriveAnthony Summers biografo di Marilyn Monroe. Traendo ispirazione da questa dichiarazione, CinziaSpanò ha scritto e letto un’audio-biografia di Marilyn Mon-roe ricostruita a partire dai frammenti dei diari ritrovati del-l’attrice.Nelle registrazioni di quelli che sarebbero potuti essere inastri lasciati da Marilyn al suo psicanalista, l’autrice rian-noda i fili della vita della più grande icona femminile delXX secolo, dall’infanzia trascorsa tra famiglie adottive,abusi e sofferenze, al glamour della Hollywood degli anni’50 fino alla notte del 5 agosto 1962 che l’ha consacratamito eterno del cinema. Un modo nuovo per avvicinarsi alla diva. Marilyn Monroe,la donna più fotografata al mondo, abbandona l’immagineper restituirci il racconto della sua vita nella voce di CinziaSpanò. Un audiolibro per rivivere insieme alla star i pas-saggi più importanti della sua vita in ogni momento dellanostra giornata: mentre andiamo in macchina, in metro-politana, in palestra, in casa. In ogni momento accanto aMarilyn Monroe.

http://www.alfaudiobook.com/?q=node/82

http://www.youtube.com/watch?v=eTwxzErjYKc

marylinun audiobiografiaNARRATa DA FABIO BEZZI

19622012

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friends4arts ....surveyma oggi...cosa e’ definibile come Arte?

tra i membri della community hanno risposto Rossella del Grande, giornalista e musicista, Annamaria Salinari, artista e curatrice di mostre, Claudia Ronchetti, scrittrice, Carina Aprile, pittrice e musicista.

Rossella del Grande: La linea di demarcazione tra arte contemporanea equello che arte non è ma si spaccia per tale, non èfacile da definire. Innumerevoli sono state le disser-tazioni che ho fatto negli anni con insegnanti, colle-ghi, amici, esperti, musicisti ed anche con mia figliache si occupa di design. In passato ero fermamenteconvinta che prima di "trasgredire" le regole, biso-gnasse almeno conoscerle, averle praticate, averdimostrato di esserne padroni, per poi concedersi illusso di abbandonarle e creare qualcosa di nuovo,anche al di fuori dei canoni consueti (un esempioper tutti: Pablo Picasso). Però mi sono anche tro-vata talvolta di fronte a (rari) casi di artisti che nonhanno alcun background accademico, ma chehanno comunque partorito idee geniali ed innova-tive. Al che ho dovuto rivedere la mia teoria... edora sono tra le persone che si stanno ponendotante domande a cui non sanno darrisposta.Un'idea geniale ed innovativa di solito nonscaturisce dal nulla, però. Solitamente è frutto dielaborazione (anche inconscia) di qualcosa di pre-gresso. Oppure di una grande capacità di osserva-zione, ragionamento, studio, conoscenza. Oppureproviene da culture diverse dalla nostra, lontane,che hanno fatto il proprio percorso e del quale noinon sappiamo niente o quasi.... e come le sco-priamo ci appaiono come la novità delsecolo....semplicemente perchè sono davvero lon-tane dal nostro background (e magari sono real-mente idee sensazionali a cui "noi" qui nonavevamo maipensato).... In campo arti-stico è ancora più difficile,rispetto ad altri campi, per-chè entra in gioco la fanta-sia e la libertà espressivadel soggetto. Per para-dosso, essere liberi dalpunto di vista creativo si-gnifica non avere alcun pa-letto. Nell'artecontemporanea ci sono in-fatti stati tanti casi estremi(dalla merda d'artista aibambolotti impiccati agli al-beri) che hanno suscitato polemiche infinite. Rifa-

cendoci all'arte classica, secondo me, un elementofondamentale era il senso del "bello". La bellezza as-soluta dei Greci... l'armonia, l'equilibrio, la perfezione.Nell'arte contemporanea cosa è "bello" e cosa è"brutto"? Non penso che questo possa più essereconsiderato un parametro di riferimento. L'arte oggispesso evidenzia le contraddizioni (per altro già suffi-cientemente esasperate!) della nostra società. E nonsono mai cose "belle": sono nevrosi, sono stati di ma-lessere, sono "urla"... Anche in fotografia, non si ri-cerca più solamente la bellezza perfetta, anzi. Le fotopiù impattanti sono spesso dure, sgradevoli, un pugnonello stomaco. Ed è sicuramente Arte anche que-sta.Poi se passiamo alla creatività pura, pensiamo al

design, talvolta decade persino il senso pratico, l' "uti-litià" dell'oggetto in sè (altre volte no, certamente!!

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anzi ci sono cose che ci facilitano la vitain mille modi!!). Ma molti oggetti di designsono tremendamente scomodi dausare.... eppure ci colpiscono ugual-mente! sicuramente non sono nati percaso nemmeno loro. E la musica? me-desimo discorso: imparare le regole e poitrasgredirle. Ma la musica, anch'essa, èuna delle espressioni più antiche del-l'uomo. Tutt'oggi, nel mondo, non tutti imusicisti sono usciti dai conservatori. Lamusica è originariamente un'espressionespontanea che via via è stata imbrigliatain regole precise. Il free jazz era nato in un momentostorico e politico ben preciso, ad opera di personecoinvolte in prima persona in movimenti sociali e diprotesta non casuali. Poi è diventato "un genere" alquale si sono rivolti anche artisti di altra provenienzae cultura, come ci si accosta a qualunque altro ge-nere musicale. Lo si è "studiato", si è cercato di ca-pire come funziona, e anche chi non era black e nonera rabbioso nei confronti di una società sbagliata,ha iniziato a suonare free jazz. Con "consapevo-lezza", il più delle volte passando attraverso il per-corso canonico dellamusica accademica, deiconservatori, del jazz tradi-zionale, per approdarecome ultima esperienzaanche al free. Premessotutto questo, bisogna oraparlare di "serietà". Parolache è molto sgradita a tantispiriti liberi. Eppure ritengoche sia fondamentale pren-derla in considerazione.Serietà non significa para-lisi intellettuale o creativa.Serietà significa onestà in-teriore. E tiro in causaanche i critici. Anche un cri-tico dev'essere "serio",anzi, onesto! E' evidenteche in un contesto nelquale ad esempio un millantatore viene portato inpalmo di mano da un critico disonesto, questa si-nergia negativa può generare il mostro..... il "dise-gno di tua sorella", presentato come arte somma!Dimenticavo un ultimo ma fondamentale elemento:il gusto personale, la nostra sensibilità, quella cosaindefinibile che ci permette di "recepire" o meno ilmessaggio di un dato artista (o non artista). Mi fermoqui. Vi ho illustrato le tante considerazioni che neglianni ho fatto al riguardo. E soprattutto i dubbi an-cora più numerosi che sono nati dentro di me. Gra-zie se avete avuto la pazienza di leggere fin qui e dicondividere con me queste considerazioni e le mie"non risposte". (RdG)

Annamaria Salinari Buongiorno a voi.Senza lasciarmi an-dare "all'arte dello scrivere" che tantoapprezzo e molto mi cattura ma chemagari poco so trattare....faccio al-cune mie considerazioni sull'argo-mento da voi proposto, e le faccio nelmodo più semplice e sintetico possi-bile.....Cosa considero sia Arte?Tutto ciò che l'uomo crea per pas-sione e che emoziona per la sua

estetica e/o invita a riflettere....Ma le emozioni fortuna-tamente sono parte di noi stessi e non tutti proviamo lemedesime emozioni per gli stessi motivi....di qui la sog-gettività di ognuno di noi nel considerare Arte o NonArte.....quindi tanti cassetti e non un solo cassetto"Arte", piuttosto un solo cassetto "Arte del Mercato del-l'Arte" al cui interno solo insigniti decidono cosa metteree a volte mettono ciò che prima altri o loro stessi ave-vano deciso di non mettere....Da non dimenticare inol-tre che le nostre emozioni sono soggette ad influenzeesterne e laddove l'estetica non è riconducibile a canoni

ufficiali il nome dell'artista influenza se conosciuto o sco-nosciuto...eccome... Di una cosa sono certa che l'Arte èuna cosa e le arti un'altra e che quest'ultima non è il plu-rale della prima....perchè la prima non ha un plurale: èUnica. Le arti, infatti, sono solo un mezzo per esprimerel'Arte..... (AS)

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Claudia Ronchetti: Domanda da pelle d’oca, fatta a brucia-pelo. Restringerei il campo della mia ri-sposta, lasciando ai critici e alla loroarena il compito di cestinare o metteresull’altare, quello che dalla polvere pas-serà all’altare o dall’altare allapolvere. Non è una provocazione, ma unsorridente paradosso che mi consente diparlare, in una certa misura, da sempliceaddetta ai lavori artistici. Innanzitutto, inun assunto generalizzabile, arte è tuttociò che “muove”. Stimolare pensiero, do-mande, sensazioni, appagamenti e, per-ché no, conflitti, nell’animo di chi nefruisce. L’arte è l’antidogma. Molto sem-plice fin qui, ma anche fraintendibile. Al-lora arriva la constatazione impopolare.Fare arte non è di tutti e per tutti, comenon lo è nessuna attività richieda co-stanza, impegno, attenzione, tenacia especificità. Tutti possono scrivere, dipin-gere, suonareT anch’io disegno, mentrelavoro, ma non sono prove d’autore, ep-pure avevo una notevole attitudine al-l’arte figurativa, ma non l’ho coltivata eora il talento si è disperso. Mi sembraquindi molto consequenziale affermareche la tecnica, il linguaggio, il mezzo concui si comunica, sia fondamentale nel di-stinguere ciò che è arte da ciò che non lo è.Tor-nando all’affermazione per cui il prodotto artisticodeve smuovere, possiamo aggiungere un gra-dino fondamentale: deve conquistare,sedurre e accompagnare chi ne fruisceverso una meta intima, profonda. Indi-menticabile. Sedimento di un’espe-rienza di crescita e di vita. Perché l’artevive dei mezzi che la cultura passata haprocurato, ma si nutre dell’oggi, dell’in-certezza, della ricerca di qualcosa chevada oltre la singola individualità.L’edi-tore del mio ultimo libro, “Alla luce dellenostre lune”, ha fatto un’affermazioneche identifica quello che io chiamoormai “il gene dell’arte”: “Lei possiede,per inspiegabili motivi, il dono di dare a molti, at-traverso le strade più segrete.” Direi che è unabuona definizione di ciò che è arte, e la uso nonperché riferita al mio lavoro ( solo ai lettori spettail diritto di amarlo o cestinarlo), ma perché sem-plice ed efficace. Lo stesso Freud si arrestavanell’analisi di fronte al prodotto artistico, incon-sciamente per non violarne la “magia”, anche seaborriva questo termine. Spasmodico desideriodi raggiungere l’altro nel profondo, questa è la

spinta dell’artista, che si placa nell’uso perfezionisticodel suo mezzo espressivo, che sia linguaggio o coloreo suono. Una breve incursione nel mio campo. Il lin-guaggio- la parola- il concetto, usati, abusati, storpiati,

umiliati, degradatiTda qui una ricerca di narrazione al-ternativa fatta di immagini, suoni, musica e ritmo. Unascrittura cadenzata, guizzante, improvvisa o improvvi-samente riflessiva, immaginifica o cruda, in modo cheil lettore, se mi vuole leggere, sia dolcemente-violen-temente costretto a un gioco diverso con se stesso e lasua mente.L’intervento su un tema tanto “immenso” po-trebbe non finire mai, per questo, per ora, mi fermo,aspettando insieme a voi il dispiegarsi della matassa;ogni soluzione singola sarebbe ingiustamente parziale.(CR)

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Carina Aprile:Premesso che le immagininon permettono di valutarela tecnica utilizzata nel-l’opera "cazzeggio di miasorella" e che a prima vistasi notano delle profondedifferenze, si può altresìnotare ciò che le acco-muna: l'informale. L’arte in-formale si manifesta inEuropa intorno agli anni 50‐60 come negazione aquello che produce la razionalità, quindi nega ogniforma sia essa figurativa o astratta, conseguente-mente allo strazio causato dalla seconda guerramondiale. Quindi, inserita in questo contesto èun’arte di reazione, dove il pilastro non è il risultatopittorico ma lo sono il gesto e la materia impiegatache diventano i veri protagonisti dell’opera d’arte.Da questo momento, non essendoci più una veradistinzione tra il MODO di esecuzione o MEZZO eil RISULTATO artistico, IL GESTO può essere pro-vocatorio, simbolico, o di protesta.La gestualità nonè più un tramite per creare ma E’ ARTE. Di conse-guenza, dal momento che il gesto non è più servodi un’idea preesistente, ma il gesto diventa ideacreativa, qualunque gesto (quindi anche non ne-cessariamente pittorico, scultorio, ecc) realizzatocon qualunque mezzo o materiale può diventare-arte. In Nord America, “l’arte in azione” di Pollock èun chiaro esempio di come il gesto inconscio pre-varichi su quello razionale, e il suo agire è coerentecon la sua vita tormentata: è il suo disagio materia-lizzato. D’altronde lui stesso diceva "ogni buon ar-tista dipinge solo ciò che è".Questi presupposti miportano a pensare che l’azione degli artisti informaliabbia un significato se collocata nel contesto sto-rico. Se per gli artisti che hanno creato, in modi di-versi, quello che viene denominato arte informaleera una rivoluzione proprio il fatto di ricercare gestiirrazionali in grado di sostituirsi all’arte formale, oggila vera rivoluzione non sta nel continuare a emu-lare questi gesti per quello che essi rappresenta-vano, ma nel provare a crearne di propri, coerenticon un proprio percorso artistico. Una gestualitàemulata non è che uno stile catalogato che vienereiterato fino a perdere di significato. Da sempre ilgesto è l’impronta dell’artista, è come se fosse lasua calligrafia che ci racconta chi c’è dietro a quelgesto, se lo separiamo dall’artista perde l’emozioneche lo contraddistingue. Ed è per questo che, no-nostante i gusti personali, l’opera di Pollock vieneconsiderata ancora arte e magari una simile realiz-zata oggi non è detto che lo sia. Credo che, seb-bene non possiamo togliere la denominazione diartisti a coloro che ormai in un modo o nell’altro sela sono conquistata, anche se magari non per forza

meritata, l’artista che voglia considerarsi tale, non perun suo personale giudizio di qualità su quello che rea-lizza ma perché decide di dedicarsi appieno a questaattività in modo professionale, in primis debba pren-dersi delle responsabilità invece che continuare a ri-percorre percorsi già creati o precedentementesviluppati da altri, e nemmeno continuare ad andare a“caccia” di idee da colleghi o “amici” cercando magaridi vincere sul tempo nella notorietà. E dico questo per-ché mi è capitato di recente di vedere progetti da merealizzati una decina di anni prima riproposti come“nuovi ed inconsueti”. In sintesi, essere artisti per mesignifica evolvere la propria ricerca verso una rinascitacontinua, un percorso costante e tortuoso come quellodi una spirale, fatto di fatiche e di sfide. Sono ferma-mente convinta che la creatività non abbia limiti e chenon sia vera quella frase che spesso si sente ripeterenell'ambiente dell'arte: “tutto è già stato fatto in arte”.Inconclusione, alla domanda rispondo che, a mio avvisoNON E’ ARTE: COPIARE, PLAGIARE, O RIPER-CORRERE NELLO STESSO MODO TENDENZEGIA’ CONSOLIDATE. Questa è normale manovalanzastilistica, inglobabile solo in alcune delle fasi del pro-cesso creativo, che possono essere la decorazione,l’arredo o l’artigianato. NEMMENO considero sia arteUN’IDEA CONCETTUALE SENZA UN’ESECUZIONETECNICA COERENTE. Per me l’opera d’arte è quellache riesce a trascendere perchè vi è il giusto equilibriotra pensiero e tecnica. Penso che nell’arte “la verità”stia nella capacità di essere noi stessi, tutto il restoverrà recepito come una falsità. In altre parole, ungesto privo della sua originalità non può non avereconseguenze sul livello di comunicazione emotiva. Aquesto punto vi invito a considerare un'ipotesi: sel'opera "cazzeggio di mia sorella" fosse stata realiz-zata precedentemente a quella di Pollock, (o sel'opera n.5 non fosse stata realizzata da Pollock masuccessivamente alla sua morte), varrebbe ancoraquesto discorso? Lascio a voi le considerazioni del caso e vi allego ilseguente link: /bioephemera.com/2007/02/07/pol-locks‐bollocks/

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AALLDDAA MMEERRIINNIIAALLDDAA MMEERRIINNIILaura Bagarella legge la poetessa dei Navigli

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IL MAGAZINE MENSILE CONSENTE DI PRESENTARE AD UNA COM-MUNITY DI ARTISTI, OPERATORI, CRITICI E AMICI DELL’ARTE, UNA SE-LEZIONE DELLE MIGLIORI PERFORMANCE E DEI MIGLIORICONTRIBUTI ARTISTICI DEL MOMENTO, CON INFORMAZIONI, RE-CENSIONI, BIOGRAFIE, CONSIGLI DA E PER IL MONDO DELL’ARTE EDELLE SUE MOLTE SFACCETTATURE.UNA SINTESI COMMENTATA DA ESPERTI E AMATORI, DESCRITTADAGLI ARTISTI IN UN’OTTICA ESPRESSIVA CHE FOTOGRAFA PER ILPUBBLICO IL PUNTO DI VISTA DELL’AUTORE. UNO SCAMBIO DI ESPE-RIENZE INFORMALE, MA NON PER QUESTO MENO PROFESSIONALEE PATINATA RISPETTO AI MAGAZINE DELL’EDICOLA, CON IL VANTAG-GIO DI ESSERE REALIZZATA DALL’INTERNO, COME UN MODERNOWORKSHOP DEDICATO AGLI OPERATORI, AGLI ARTISTI ED AGLI OR-GANIZZATORI DI EVENTI E GESTORI DI LOCATION DOVE REALIZZAREEVENTI E PERFORMANCE.

FRIENDS 4 ARTS, UN MAGAZINE che e’ FRIENDS 4 ARTS, UN MAGAZINE che e’ UNA COMMUNITY, che diventa UN CLUB, UNA COMMUNITY, che diventa UN CLUB, che e’ UN PORTALEche e’ UN PORTALE, cchhee ddiivveennttaannoo UUNN MMAAGGAAZZIINNEE......

EVENTI : Agenzia Concerti e SpettacoliOrganizzazione e PRMostre d’arte e rassegneConvention aziendali

EDITORIA: Multimedialita’MagazineCataloghiApplicazioni I-PAD

PRODUZIONE: Discografica e musicaleTelevisiva, videoclip e spotWeb, streaming, broadcasting

EDIZIONI : Arrangiamenti e pubblicazioneMUSICALI Spartiti e cataloghi repertorio

Pratiche Siae e diffusioneCREATIVITA’: Agenzia Comunicazione e

promozioneCampagne pubblicitariee comunicazione multimediale

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F4a TV e’ un progetto di comunicazione video, un programma televisivo, si sarebbe detto negli anni 60,quelli del Signore e signori, ecco a voi....

oggi l’arte e’ comunicazione, ed il video e’ la sintesi piu’efficace della comunicazione.il progetto e’ in partenza, da settembre vedrete il primostep, e molte emittenti sono anche interessate ai conte-nuti dei nostri artisti, alla trasmissione, per i loro palin-sesti. e nella logica del network, quale e’ il nostro,sicuramente non chiuderemo le porte ai partner interes-santi e qualificati.

Come dice giustamente il Direttore, lezioni non nediamo...e non ne prendiamo. la professionalita’ si co-struisce e non si inventa, la passione e la creativita’ in-vece sono nel dna dello staff e degli artisti che ognigiorno animano la nostra community...

Aspettiamo proposte (mi raccomando...non indecenti) econtributi da tutti. Friends4 arts e’ una risorsa, a disposi-zione degli amici. buone vacanze e buon lavoro...ci rivediamo a settembre.

F4A TV A Settembre 2012PARTE LA “NOSTRA”

“TELEVISIONE”

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Le conduttrici Manuela e Irene, e nei frames alcuni deiservizi del programma, che si articolera’ sui temi dell’arte,con spazio ad eventi e interviste.

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“Immaginate una sfilata di moda, ma ecosostenibile...imma-ginate una passeggiata in centro, e uno scroscio di pioggiache inzuppa il vostro abito...di carta. tra le mille curiosita’ diquesto 2012, Le creazioni di Gary Harvey, stilista inglese di-rettore creativo per Top Shop, Top Man, French Connection,Dockers e Levi’s. che in segno di protesta contro i grossi spre-chi quotidiani nel mondo della moda, ha pensato bene di uti-lizzare materiali da riciclo, sono davvero uniche. Gli originaliabiti, presentati all’ultimo Festival del design di Tokyo, sonocostituiti da ritagli di giornali, sacchetti di plastica e vecchijeans.

“Mi piace prendere un prodotto iconico come i jeans, ideati eaffermatisi in un certo contesto, ed astrarlo dall’idea di un usoquotidiano per farne un abito da sera.

Prendo dei quotidiani e ne faccio un abito che si muove comeuna medusa o un’anemone” ha dichiarato lo stilista.Davvero originale, e mentre si viaggia ci possiamo anche leg-gere il soprabito.

FASHION: Gary HarveyINDOSSERESTE un VESTITO riciclato?

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1 Le luci, i porti, le imbarcazioni. Da cosa nasce una passionecosì radicata per l'ambiente marittimo?Le luci, i porti, le imbarcazioni. Da cosa nasce una passione cosìradicata per l'ambiente marittimo?Vela e windsurf praticati a vent'anni hanno accresciuto l'amore peril mare facendo maturare dentro di me una sensibilità che prima nonconoscevo e/o che non mi sognavo di avere. La necessità di condividere con gli altri il meraviglioso mondo ma-rino che mi circondava è stata la scintilla che ha messo in moto oforse accelerato (visto che fotografavo già da ragazzino) la passioneper la fotografia. La mia Santo Spirito è stata sempre li dov'era, per tutti era un bel paesinodi mare e nulla di più, fino a quando non iniziai a passare intere giornatea scattare foto con cavalletto e due macchine fotografiche a seguito, sottogli sguardi "quasi divertiti" degli amici e dei residenti. Studiavo i momentimigliori per ottenere le luci più spettacolari, i colori più intensi...le emozionipiù forti.Ci sono riuscito a quanto pare, diversi i riconoscimenti, tra cui l'ul-timo ricevuto dei tecnici RAI durante le riprese del programma MIX ITALIA,presso un noto ristorante del borgo in cui vi è una mia foto stampata su teladi 5 x 1 metri, raffigurante proprio Santo Spirito vista nella sua meravi-gliosa completezza. Posso prendermi il merito di averla fotografata e fattaconoscere in tutto il mondo per primo, grazie anche ai social network e sitivari.In tanti oggi sono quelli che hanno iniziato a farlo...Quanto tempo dedichi alla fotografia? Porti sempre la macchina fo-tografica con te?Mio fratello un tempo musicista proprio nella tua Milano, era un batteristadi discreto successo negli anni 80, portava sempre con sé un paio di bac-chette con le quali battendo su qualsiasi superfice riusciva a fare miracoli,la musica la sentiva dentro, lo rigenerava e lo divertivaT anche di nottepurtroppo. Come lui anche io porto nella mia borsa la mia fotocamera, unacompatta semi-pro che amo davvero tanto. Lei è la mia compagna di viag-gio, quella a cui mi aggrappo quando devo "rubare" a tutti i costi una fotoda non perdere e non solo, essendo completamente manuale, diventa ilmio strumento di studio quotidiano con cui fare nuovi esperimenti e ac-crescere le mie qualità di fotografo.Come ti definisci: dilettante o professionista?Né uno e né l'altro. Da ragazzino e durante le vacanze estive, accompagnavo un fotografo professionista esperto diwedding durante i suoi lavori. Il mio compito era di aiutarlo con le luci,per questo lui condivideva con me le sue tecniche, senza riserve. Egliinfatti pensava che avessi un grande "occhio" e scatto dopo scatto,l'amore per la fotografia cresceva dentro me. Negli ultimi 15 anni hostudiato fotografia, ho condiviso le mie foto, mi sono confrontato condilettanti e professionisti con un unico obiettivo: migliorarmi sempre ecomunque. Le mie foto dovevano far viaggiare con la mente chi leosservava, dovevano lasciare il segno.L'unica differenza tra me è un professionista sta nel fare questa atti-vità per lavoro o per diletto. Non nascondo che sto pensando seriamente di trasformare questamia grande passione in una vera attività lavorativa.

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......Vivo da più di 40 anni in un borgo di mare bellocome una bomboniera e per questo il mare rap-presenta un elemento imprescindibile di vita.

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Colore o bianco e nero?I miei scatti sono vividi, perché amo il colore, amo la vita e tutto ciòche mi circonda, Raramente ho utilizzato il bianco e nero e se così èstato è perché durante lo scatto ho provato una sensazione moltoforte, vicina alla malinconia, quasi un dolore e, non essendo bravocon le parole, lascio all'immagine il compito di farlo per me.Fotoritocco: si o no?Odio le elaborazioni sulle fotografie a meno che non siano indispen-sabili e se proprio lo sono, devono essere minime.Questo potrebbe suonare distorto a molti appassionati come me, maè il mio punto di vista ed è indiscutibile: non mi piacciono i fotoritoc-chi e le modifiche estreme, che da un po’ di tempo vedo sempre di piùnei lavori di altri. In tutti i miei scatti c'è la sacrosanta originale verità di un attimo irri-petibile vissuto nella quotidiana normalità.Quali sono i tuoi fotografi professionisti preferiti? Cosa ti emo-ziona dei loro scatti?Amo il surrealismo di Franco Fontana, la profondità di Steve McCurrye le provocazioni di Oliviero Toscani. La fotografia va vista sì come forma d'arte ma anche come mezzo perraccontare e documentare la realtà, la stessa che spesso ci sfuggeper via della frenesia con cui viviamo la nostra vita. Prendiamoci deltempo, sediamoci e lasciamoci incantare dalle maestosità di questomondo tutto a colori.

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Lazzaro Santandrea è un trentenne alla ricerca di se stesso e du-rante le sue rocambolesche giornate si finge il Dottor Totem, un po'psicologo, un po' sessuologo, un po' astrologo, molto cialtrone.

Fa questo per poter conoscere molte persone diverse, una variegataumanità, e un giorno trova proprio quello che cerca. Nella casa della nonna in via Washington, a Milano, Lazzaro riceve una coppia di anziani signori di straordi-naria bellezza, preoccupati per il repentino cambiamento di carattere della loro bambina, Branka, la qualedopo aver vinto un premio di bontà è diventata una "carogna pazzesca": uccide i piccioni in Piazza del Duomo.Lazzaro chiede allora di conoscere la piccola ma rimane agghiacciato dalla sua conoscenza: Branka, all'ap-parenza adorabile e carina è in realtà un mostro depositaria di un atroce segreto, i piccioni non saziano piùla sua fame di delitto, vuole presto giungere a una vittima di più alto spessore, l'uomo.

Ecco in breve la trama del secondo romanzo di Andrea Pinketts maestro delnoir all'italiana. Un dettato rapido e privo di retorica, incalzante ad ogni riga,mai banale.La storia assorbe completamente il lettore che viene letteralmente scara-ventato all'interno della scena, partecipe delle scorribande di Lazzaro e delsuo entourage. Incredibilmente interessante la descrizione della Milano allucinata dei primianni '80, quasi sempre rappresentata di notte in accordo con il genere giallodi tutta la narrazione.I personaggi, Lazzaro compreso, tendono ad essere stereotipati: il protago-nista è un giovane samurai, giustiziere, guerrafondaio, alcolizzato, guidatoda una morale totalmente arbitraria, lontana da schemi e regole socialmentericonosciuti. Gli altri personaggi sono talvolta caricature di loro stessi, chiusiin un ritratto sarcastico che lascia il lettore a metà strada tra il riso e il disgu-sto.Di certo un libro che non lascia indifferenti. Da divorare!

UN LIBRO, UN CAMINO E UN COGNAC (o una Tisana, va bene anche un succo ACE)...UNA STORIA PER EMOZIONARSI

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Come ti definisci artisticamente parlando?

Mi definisco una musicista entusiasta. E' soltanto abbandonandosi al-l'entusiasmo che riesco a proseguire in questa strada di creare canzonie melodie, una strada comunque non facile se la si vuole fare bene.Concretamente mi piace approfondire vari stili musicali, ascoltarli ecercare di coglierne l'unicità, quello che ognuno ha di particolare. Mifaccio una mia percezione. Creare canzoni non è sempre una que-stione agevole, a volte implica anche delle scelte

Parlaci un po' del tuo percorso artistico. Che progetti hai in que-sto momento?

Il mio percorso artistico è iniziato circa dieci anni fa con lo studio delcanto. Venivo da un'esperienza di canto corale e proprio attraversoquesta esperienza ho capito l'importanza dell'uso della voce, che puòsciogliere tensioni se usata al meglio. E così ho scoperto un mondo bellissimo, un mondo dove lavoce individuale è unica, il timbro è unico, non si possono trovare due voci identiche e quindi ho ini-

ziato a lavorare sulla voce e a scrivere musica, soprattuttotesti di canzoni su basi musicali di musicisti più dotati di me.Soprattutto scrivo canzoni per il genere lounge e chill out chesono i generi in cui riesco a esprimermi meglio.Di questi generi amo la malleabilità e la versatilità, perchè suuna base, ad esempio latina, si possono creare melodie lon-tanissime.I progetti di questo momento sono sicuramente quelli d con-tinuare su questa strada, continuare a scrivere canzoni, sonosolo all'inizio mi piace pensarla così. Poi ho in progetto deilive con un gruppo blues e un gruppo reggea dove suonanodei musicisti davvero di alto livello.

Cosa pensi dello stato culturale e artistico di Milano?

Milano è una città che offre e ha sempre offerto varietà, aper-tura verso tante arti, vari modi di esprimersi, generi musicali.

Personalmente penso che però gli spazi sono ancora pochi, poco sfruttati, e la cultura sia ancoraun tantino accademica. E credo che le persone che gestiscono la cultura dovrebbero provare ve-ramente ad avvicinarsi ai giovani, per poterli incoraggiare, perchè i giovani comunque sono quelliche hanno più da dare, vanno indirizzati in modo giusto, vanno spronati e incoraggiati.

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La vita di Elettra-Violetta-Artemisia è costellatadi eventi dolorosi e traumatici: un'infanzia eun'adolescenza costrette in convenzioni socialirigide e opprimenti, una giovinezza segnatadalla morte prematura del marito, da unoscandalo con un camorrista, la maturità afflittada un secondo matrimonio con un uomo cheben presto si rivelerà geloso e violento.Attraverso l'amore per se stessa e per i suoifigli, EVA riesce a sottrarsi a tutto questo, ascappare dall'inferno che l'ha quasi condottaal suicidio, a ripercorrere le tappe della suatormentata vita per rinascere come donna e,finalmente, riuscire a volare.

"EVA voleva volare", primo libro di Ida Matilde,racconta attraverso l'esperienza romanzata diuna ragazza, nata e cresciuta nell'entroterracampano, la vita di moltissime donne che indiverse fasi della loro esistenza si sono tro-vate nelle stesse condizioni disperate dellaprotagonista.

Frustrazione, delusione, senso di colpa,paura, vergogna, senso di inadeguatezzasono i sentimenti con cui EVA è costretta a vi-vere quotidianamente e a cui però non vuolesoccombere.Infatti "Eva voleva volare" non è un raccontodrammatico, è un racconto di speranza, di vo-glia di vivere sopra ogni cosa, di riuscire a rea-lizzare i propri sogni a dispetto delleavversità. La protagonista manda un messag-gio forte, di ostinata caparbietà: è diventandopadrona del proprio tempo, attraverso un per-corso di espiazione e sofferenza rappresen-tato da un viaggio in treno attraverso ipaesaggi di tutta la penisola italiana, che EVAsi riappropria della sua femminilità, della suaidentità di donna e madre, conquistando l'ago-gnata libertà. Senza mai dimenticare la bambina che è in lei.

RREECCEENNSSIIOONNII:: UUnn lliibbrroo aall ffeemmmmiinniilleeUUnn lliibbrroo aall ffeemmmmiinniillee

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Si, amore dell'ArteTe non solo perché questo tipo di formaggio èun'Arte, nato con l'aiuto della Grande Matilde, ma anche perché aiu-teremo chi ha subito il terremoto, chi non si rassegna e vuole rico-minciare a lavorare.Fra le immagini del terremoto, con le quali i media ci hanno bom-bardato, quelle che mi hanno colpito maggiormente sono state quelledelle opere d'Arte; sconsolate, sole come e più degli umani. E poi la inquadratura della fortezza dellaStellata, crollante ma orgogliosa, come se le ombre degli Estensi non volessero essere messe da parteda un banale terremoto, loro, che appartengono alla Storia. Quella con la S maiuscola,però,non quellache insegnanti annoiati ci hanno scaricata sulle spalle: solo date,battaglie, e tanta noia.Ma come non tutti gli insegnanti di Storia sono noiosi e demotivati, così la Storia non è tutta battaglie:quella del nostro Paese, poi, ci è rimasta nel DNA,è dentro di noi. E non possiamo dimenticarla, perchégli Italiani sono così,irripetibili, proprio perché QUEL passato è nel loro DNA. E possiamo aiutare, ed aiu-tarci a non dimenticare le nostre origini, ANCHE comprando il parmigiano "terremotato".Non che queste temperature estive siano propizie all'appetito:verrebbe mangiando, ma non si fa pro-prio sentire. Che fare? I maniaci della dieta fanno spallucce: un bel beverone di frutta o verdura e sei apostoTfino ad un certo punto, però! Provate un po' il parmigiano in modo inedito, ossia NON solo neipiatti salati: potete usarlo nel gelato.

INGREDIENTI:Gr.300 di parmigiano finemente grattugiato(e non troppo stagionato)Ml.250 di latte fresco interoMl.150 di yogurt interoMl 300 di panna3 tuorli1 pizzico di cannella e di coriandolo trito1 pizzico di sale1 cucchiaio di zucchero a velo(facoltativo)

Come vedete,gli ingredienti danno una dose di nutrienti tutt'altro che trascurabile: se non avete appe-tito,questo gelato vi darà quanto serve a sostituire un pasto.Lasciate il parmigiano in infusione in circa metà del latte per circa 1 ora. Trascorso questo tempo, fatebollire il resto del latte ed aggiungete il mix di parmigiano e latte freddo. Fate cuocere per 2 minutia fuoco basso, sempre mescolando, finchè il grana si scioglie. Appoggiate un colino su una ciotola, ver-sateci il tutto e lasciatelo riposare finchè sia tutto ben filtrato, gettando i residui rimasti. Fate bollire dinuovo il filtrato, unite poi lo yogurt, la panna, il sale, le spezie e (se piace) lo zucchero.Nel frattempo montate i tuorli sino a che diventino spumosi e sodi, versate poi la crema calda e amal-gamate bene; rimettete di nuovo a fuoco basso, e non smettete mai di mescolare. Sarà pronta quando,leggermente densa, velerà il retro del cucchiaio.Passatela in gelatiera, o mettetela direttamente a gelare nel freezer. Potrete servirla dopo circa 8 ore.

di giovanna motta

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cucina

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Il cinema non morirà mai, ormai è nato e nonpuò morire: morirà la sala cinematografica,forse, ma di questo non mi frega niente

Mario Monicelli

L’arte imita la vita piu’ di quanto la vitaimiti l’arte

Oscar Wilde

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Ogni bambino e’ un artista,il difficile e’ restare artisti mentre si cresce

Pablo Picasso

Le donne sono dotate di due armi formidabili: il trucco e le lacrime. Fortunatamente per gli uomini,non possono essere utilizzate contemporaneamente

Marylin Monroe

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Circa 3000 anni fa,cominciò un certo signor Omero,di professione poeta benché fosse cieco (sidice), a raccontarci dei compagni di viaggio di Ulisse: avevano talmente fame che si mangia-rono.Til piatto! Era un’abitudine greco-romana (Fenicia,Egizia,eccT) quella di mettere, sulle ta-vole dei meno abbienti, un piatto fatto di pasta di pane nel quale servire il T”companatico”: carnestufata,pesce, oppure un misto di legumi (se non c’era altro). E,alla fine,ci si mangiava davveroanche il piatto!Proseguirono l’uso i cosiddetti “barbari”: i Longobardi diedero un nome a questo piatto di pasta.Lo chiamarono “brìssen”, che significa qualcosa come “pezzo-di-pasta-condito”, e non è detto chenon ci mettessero la romanissima “salsa di pesce”, di cui erano ghiottissimi.C’è comunque un primo indizio che ci porta in Campania: un documento redatto a Gaeta,datato997, e scritto in basso latino. Si andò avanti così (mangiandosi il piatto) per tutto il medioevo edil rinascimento. Fu nel ‘700 che si nobilitò il piatto povero facendolo entrare ufficialmente in un ri-cettario, quello del nobiluomo Vincenzo Corrado: il popolo di Napoli, si afferma, condisce pizzae maccheroni col pomodoro. Peccato che il grasso aggiunto non fosse l’olio, ma lardo/sugna!Si arriva così al giugno 1889, quando un certo Raffaele Esposito (nome più napoletano di così!)preparò per la regina d’Italia, Margherita di Savoia, una pizza “tricolore”: pomodoro,mozzarella ebasilico. Fu il primo ad aggiungere il formaggio !E oggi?Basta guardarsi intorno per accorgersi che il Verbo Napoletano si è incarnato in preparazioni a dirpoco assurde! Che ne pensate di una pizza “per bambini”, con formaggio fresco, cacao, fragolee gocce di cioccolato al latte? E’ l’idea di una casalinga americana di origine italiana,tale DonnaPilato. C’è poi chi, industrialmente, produce e vi consegna una Halloween Pizza, di puro ciocco-lato al latte su cui viene disegnata una ragnatela col cioccolato bianco: si mettono poi, qua e là,

figurette di zucchero (ragnetti,mostriciattoli,eccT).C’è poi la Pizza del Tifoso: cioccolato di tutti i colori, fra cuiquelli della vostra squadra del cuore.E che ne dite di una bella pizza fatta al momento, magari peruna rapida merenda in ufficio? No problem: hanno inventatoanche la macchina distributrice di pizze, la Tombstone PizzaVending Machine. Si inseriscono le monete, si aspetta 5 mi-nuti che la pizzetta surgelata cuocia, e vi viene servita calda-calda in un contenitore di alluminio. Se c’è lì vicino unamacchina distributrice di birra frescaTè fatta!

Del resto, basta andare in Giappone per accorgersi dei cambiamenti nell’educazione alimentare:lì ci sono macchine per distribuire vivande di tutti i generi, zuppe, pinne di squalo, sushi, sashimi,etcTBastano solo poche moneteT.e buon appetito (si fa per dire!).

rice�e storiche:

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cucina

di giovanna motta

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LA PIADINA "LONGOBARDA"Che centra la piadina?Beh,se volete farvi qualcosa di buono e che assomigli al "brissen", questo èquanto di più rapido potrei consigliarvi!Premesso che Liutprando e parenti non ci hanno lasciato la "loro" versione del brissen,questo è peròstoricamente compatibile con le loro abitudini ed i loro gusti:basterebbe procurarsi il "GARUM", lasalsa di pesce che i Romani consumavano come il pane e che tanto piaceva al Longobardi. Si, fuuna delle prime abitudini "mediterranee" che adottarono: tanto che persino le tasse potevano es-sere pagate "in natura", ossia in anfore di garum. Se non ve lo fate da soli tutte le estati (come me),potete acquistare la cosiddetta "spremuta di acciughe":è una delizia di produzione campana (e nonsolo), venduta alla modica (sic!) cifra di 14 Euro (circa) per 2 decilitri. Se invece non ci state proprioa queste condizioni, acquistate unT.tubetto di pasta d'acciughe. Tagliate poi una bella piadina ametà, e spalmatela con un poco di pasta d'acciughe: a parte fate soffriggere un poco (POCO!) d'oliodi oliva con un pizzico di pepe nero. Fateci rosolare qualche fettina (sottilissima, quasi trasparente)di cipolla e di porro: mettete il tutto sulla parte inferiore della piadina, ricoprite con l'altra metà, e fateriscaldare in forno caldo per qualche minuto. Consumate con vino secco e fermo.

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