l'uomo buono

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Breve apologo sui buoni propositi, tratto dal libro Il Paese della Fabbrica dei bignè

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Tratto dal libro IL PAESE DELLA FABBRICA DEI BIGNE’(Nuovedizioni)di Alberto Gianfranco Baccelli©1996-2014

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L’UOMO BUONO

Nella stanzetta appartata, dell’antico bar, nel centro storico della piccola città, sedevano due vecchi amici: Gustavo e Oreste. I due erano soliti, da prima che andassero in pensio-ne, praticare quel locale di lusso, ma poco frequentato, quieto e ben pulito.Le vetrate lustre, i mobili in stile classico ben lucidati ed il servizio efficientissimo e garbato, erano per loro le maggiori qualità di quel posto, in cui trascorrevano gran parte della loro vita a chiacchierare di mille argomenti, futili o profondi che fossero.Quel giorno davanti a due cioccolate calde e a mezza dozzina di piccoli cornetti ripieni di crema, stavano discutendo del-la difficoltà, nella società odierna, di poter compiere buone azioni da parte dei cittadini bene intenzionati.- Guarda: io, per esempio, ieri ho incontrato una mia vicina

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di casa lungo le scale del condominio ed avrei voluto, come impulso istintivo, prenderle le borse pesanti della spesa e por-tarle fino al suo appartamento... Ma poi mi sono detto: “E se lei crede che voglia derubarla?”- Iniziò Gustavo...- Così hai desistito?- Lo incalzò Oreste.- Certo, tu che avresti fatto? Magari avrebbe cominciato ad urlare... Poveretta, non che la biasimi, con i tempi che corro-no!-- Be’, certo, hai ragione! Eh, anch’io ti devo confessare che a volte incrociando alcune vecchiette intente a cercare di at-traversare una strada, provo un moto di stizza nel non poterle aiutare...-- Sicuro! Immaginati la reazione di una persona indifesa ed anziana che si vede inaspettatamente avvicinare da uno sco-nosciuto che, con modi gentili ed affabili, vuol prenderla sot-tobraccio... Una cosa inaudita per la nostra società moderna!-Intanto i due amici mangiavano e bevevano avidamente, co-modamente seduti al caldo in quell’esclusivo bar d’altri tem-pi. Di tanto in tanto spolveravano gli abiti dello zucchero ca-duto dai loro dolciumi e con fare meditato si asciugavano gli angoli della bocca e le labbra umide di cioccolata.- Caro Oreste, qui non c’è più spazio per i sentimenti e le buone azioni!-- Vero, Gustavo, vero!-- Pensa che ci sono giorni in cui vorrei compiere anche sette

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od otto azioni a fin di bene, ma vengo ripetutamente trattenu-to dal sospetto che la tal signora o quella certa vecchietta, mi possano sbattere l’ombrello od il bastone sulla testa e che per di più si possano mettere ad urlare contro di me... Contro me che le vorrei aiutare, è pazzesco... In che mondo viviamo!-- E’ proprio vero, ci stanno castrando i sentimenti!-- E’ tutta colpa di quei filmacci in tivù!-- Hai ragione, tutte quelle scene di violenza... Eppoi i droga-ti!-- Vero, i drogati sono la rovina della società!-E giù con l’ultimo cornetto.Poi, finita la tazza di cioccolata fumante, si ricomposero, spolverandosi ed accomodandosi meglio sulle poltroncine imbottite. - Quando penso che a me hanno insegnato a cedere il posto ad una signora ed ora non posso, grazie alla dissuetudine delle buone maniere, essere buono come vorrei... mi prende uno sconforto, credi una rabbia...- Piagnucolò Gustavo.- Non è proprio più possibile essere un uomo buono oggigior-no!- Confermò Oreste.- E... E quando vedo un bambino in difficoltà, magari sta piangendo, non mi avvicino a lui per paura di essere scam-biato per un bruto od un pedofilo! Io vorrei aiutarlo, forse si è perduto o forse si è fatto del male... Ma non mi avvicino, anzi, me ne vado il più lontano possibile da lui. Vado via prima che

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qualcuno possa pensare che io abbia a che fare con lui!-- Ti capisco Gustavo... Eh, se ti capisco!-Il tempo era volato ed i due amici, si accomiatarono come al solito con la promessa di ritrovarsi il giorno dopo.Usciti dal bar Gustavo prese a destra ed Oreste a sinistra, ognuno in direzione della propria casa.Per un caso irripetibile i due, arrivati ognuno sotto la propria abitazione, furono investiti contemporaneamente da pirati della strada. Uno fu fatto cadere pesantemente a terra da una grossa moto mentre era sul marciapiede; l’altro fu sbattuto in aria e poi travolto da una potente auto che sfrecciò per la strada che lo sventurato stava attraversando.Entrambi morirono senza che nessuno dei molti passanti, te-stimoni dell’accaduto, facessero qualcosa per loro. La gente presente in quei luoghi, scappò senza voltarsi. Tutti avevano paura di essere coinvolti in quegli spiacevoli episodi e nessu-no chiamò un’autoambulanza, pensando che qualcun altro lo avesse già fatto.

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Illustrazione di Francesco Federighi

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