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1 WWW.GORGONMAGAZINE.COM Il vampiro pare infestare il cinema prima ancora che questo inizi a chiamarlo con quel nome: basti pensa- re che già nel 1896 nel Le Manoir du Diable di Geor- ges Méliès appare un enorme pipistrello nero che si trasforma in un essere umano – un’incarnazione di Mefistofele – e viene fatto scomparire da un cavaliere per mezzo di un crocifisso. Il protagonista di questa breve pellicola non è proprio un vampiro, ma ha molte affinità con esso, come l’avversione per le croci, il pre- diligere il nero per il proprio abbigliamento, nonchè la capacità di trasformarsi in un pipistrello. D’altro canto, a partire dagli anni Dieci del Novecento il nome “vampiro” compare in una gran quantità di pellicole, spesso senza che poi, nei film in questione, compaiano per forza dei veri non- morti. Per esempio, la serie Les vampires di Louis Feullade racconta le gesta di una banda criminale che terrorizza Parigi, a cui ci si riferisce con il ter- mine “vampiri” e che conta fra i suoi adepti una femme fatale – interpretata da Irma Vep (anagramma di “vampire”) - che indossa un’attillata calzamaglia nera munita di ali da pipistrello. L’arte cinematografica, insomma, è attraver- sata fin dalle sue origini dall’ombra del non-mor- to. Solo nel 1922, però, con un film di Murnau, quest’ombra assume una consistenza tale da incar- narsi nel primo prototipo del vampiro moderno, capace di entrare nell’immaginario collettivo occi- dentale legandosi alla figura del più celebre vampiro della letteratura, Dracula. L’AUSTERITÀ DEL PARASSITA Nel 1922 vede la luce delle sale di proiezione il pri- mo serio adattamento del Dracula di Bram Stoker, per la compagnia tedesca Prana Film Berlin GmbH, ad opera del regista Friedrich W. Murnau. Il regista, partendo proprio dal romanzo di Stoker e filtrandolo alla luce delle concezioni estetiche dell’espressionismo tedesco, gira un film che non si limita a presentare il vampiro come semplice villain da feuilleton, ma ne indaga alcuni dei significati simbolici e ne fa la figura centrale dell’opera. Non v’è decennio del secolo passato in cui non si affermi uno dei volti del mito del vampiro. Anche negli ultimi anni, numerose pellicole hanno ridefinito e riadattato la figura del non-morto alla sensibilità del pubblico di oggi. Il cinema è il mezzo espressivo che forse più di tutti ha diffuso e ri-creato questa figura nella moderna cultura di massa, riprendendola a intervalli regolari nei contesti storici e culturali più disparati, in un processo di ridefinizione e riadattamento che rivela inquietudini e pulsioni ancestrali. Dal Nosferatu di Murnau a Twilight di Hardwicke, passando per il Dracula di Coppola e molte delle innume- revoli incarnazioni filmiche del succhiasangue, questa rubri- ca si propone di mettere in luce le molte interpretazioni di un archetipo capace di influenzare e rispecchiare profondamente il nostro immaginario. Vampirismi ~ Vol. 1 ~ 10.07.2009 L’OMBRA DELLO SCHERMO Il vampiro delle origini tra Stoker e Murnau a cura di Luciano Attinà ~ Max Schreck in Nosferatu, 1922 ( F. W. Murnau) ~

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1 W W W. G O RG O N M AG A Z I N E . C O M

Il vampiro pare infestare il cinema prima ancora che questo inizi a chiamarlo con quel nome: basti pensa-re che già nel 1896 nel Le Manoir du Diable di Geor-ges Méliès appare un enorme pipistrello nero che si trasforma in un essere umano – un’incarnazione di Mefistofele – e viene fatto scomparire da un cavaliere per mezzo di un crocifisso. Il protagonista di questa breve pellicola non è proprio un vampiro, ma ha molte affinità con esso, come l’avversione per le croci, il pre-diligere il nero per il proprio abbigliamento, nonchè la capacità di trasformarsi in un pipistrello.

D’altro canto, a partire dagli anni Dieci del Novecento il nome “vampiro” compare in una gran quantità di pellicole, spesso senza che poi, nei film in questione, compaiano per forza dei veri non-morti. Per esempio, la serie Les vampires di Louis Feullade racconta le gesta di una banda criminale che terrorizza Parigi, a cui ci si riferisce con il ter-mine “vampiri” e che conta fra i suoi adepti una femme fatale – interpretata da Irma Vep (anagramma di “vampire”) - che indossa un’attillata calzamaglia nera munita di ali da pipistrello.

L’arte cinematografica, insomma, è attraver-sata fin dalle sue origini dall’ombra del non-mor-to. Solo nel 1922, però, con un film di Murnau, quest’ombra assume una consistenza tale da incar-narsi nel primo prototipo del vampiro moderno, capace di entrare nell’immaginario collettivo occi-dentale legandosi alla figura del più celebre vampiro della letteratura, Dracula.

L’AUSTERITÀ DEL PARASSITA

Nel 1922 vede la luce delle sale di proiezione il pri-mo serio adattamento del Dracula di Bram Stoker, per la compagnia tedesca Prana Film Berlin GmbH, ad opera del regista Friedrich W. Murnau. Il regista, partendo proprio dal romanzo di Stoker e filtrandolo alla luce delle concezioni estetiche dell’espressionismo tedesco, gira un film che non si limita a presentare il vampiro come semplice villain da feuilleton, ma ne indaga alcuni dei significati simbolici e ne fa la figura centrale dell’opera.

Non v’è decennio del secolo passato in cui non si affermi uno dei volti del mito del vampiro. Anche negli ultimi anni, numerose pellicole hanno ridefinito e riadattato la figura del non-morto alla sensibilità del pubblico di oggi.

Il cinema è il mezzo espressivo che forse più di tutti ha diffuso e ri-creato questa figura nella moderna cultura di massa, riprendendola a intervalli regolari nei contesti storici e culturali più disparati, in un processo di ridefinizione e riadattamento che rivela inquietudini e pulsioni ancestrali.Dal Nosferatu di Murnau a Twilight di Hardwicke, passando per il Dracula di Coppola e molte delle innume-revoli incarnazioni filmiche del succhiasangue, questa rubri-ca si propone di mettere in luce le molte interpretazioni di un archetipo capace di influenzare e rispecchiare profondamente il nostro immaginario.

Vampirismi ~ Vol. 1 ~ 10.07.2009

L’OMBRA DELLO SCHERMOIl vampiro delle origini tra Stoker e Murnau

a cura di Luciano Attinà

~ Max Schreck in Nosferatu, 1922 ( F. W. Murnau) ~

2Vampirismi ~ La croce e la delizia del vampiro mito d’oggi ~ A cura di Luciano Attinà

Doxai ~ Rubriche di sofismi e inattualità

Nosferatu, Eine Symphonie Des Grauens (F. W. Murnau, 1922) getta le prime basi per tutte le future incarna-zioni dei non-morti.

In questa pellicola il vampiro è rappresentato come un individuo magro e spigoloso, vestito tutto di nero, senza ricercatezze, quasi austero, dal cranio cal-vo e scheletrico, con dei tratti somatici che ricordano i roditori e delle mani adunche, munite di artigli. Il suo nome è Conte Orlok – la vedova di Stoker non volle concedere i diritti di Dracula al prezzo che Mur-nau poteva pagare, così il regista cambiò il nome dei personaggi – parla poco, si muove meccanicamente e ama circondarsi di topi e di psicopatici (come Knock-Renfield, il servitore folle del vampiro).

Il primo, vero vampiro del grande schermo si fa dunque portatore di un’alterità mostruosa, che emerge dai recessi più oscuri della civiltà mercantile borghe-se. Il Nosferatu di Murnau – interpretato dal misterioso Max Schreck – con le sue forme spigolose ed il suo aspetto ferino può essere letto, secondo l’interpreta-zione datane da Sigfried Kracauer nel suo Da Caligari ad Hitler, come un riflesso oscuro, interno alle pulsioni di-struttive della borghesia capitalista pre-nazista. Il film, che per molti versi si allontana dal racconto di Stoker, conserva però di quest’ultimo il nucleo narrativo, basa-to sul contrasto che si genera nel momento in cui una forza primordiale e oscura si insinua nella moderna società positivista – lì inglese, qui tedesca.

L’opera dell’irlandese Stoker presenta Dracu-la come un’incarnazione dell’irrazionale, legato a una concezione negativa della natura, intesa come luogo in cui prevalgono forze caotiche, che attentano continua-mente all’uomo e alla sua sopravvivenza; per potersi salvare l’essere umano deve, nella concezione di Sto-ker, affidarsi alla ragione, le cui armi migliori, in un paradosso tipicamente vittoriano, si rivelano essere la scienza e la fede nel dio cristiano.

Murnau, invece, partendo dall’idea stokeria-na, preferisce sottolineare come né la scienza, né la fede possano salvare l’uomo da quel male che, in fin dei conti, sarebbe insito nella sua stessa natura di animale predatore. Laddove il romanzo si concentra soprattutto sugli effetti che la presenza del vampiro ha sui protagonisti – tanto che è scritto in forma epistolare, e che la figura di Dracula appare sfuggen-te e multiforme, mediata sempre dalla percezione che ne hanno in vari momenti i protagonisti – il film tedesco si concentra proprio sulla rappresentazio-ne della figura del vampiro, metafora esplicita della componente predatoria della natura umana.

NOSFERATU(Nosferatu. Eine Symphonie des Grauens)

Jofa-Atelier Berlin-Johannisthal, Prana-Film GmbH, Ger-mania, 1922. Durata: 94’ (vers. tedesca del 1922). b/n. Muto. Regia: Friedrich Wilhelm Murnau. Cast: Max Schreck (Conte Orlok), Gustav von Wangenheim (Hutter), Greta Schröder (Ellen Hutter), Alexander Granack (Knok), George H. Schnell (Westenra), Ruth Landshoff (Lucy Westenra), John Gottowt (Professor Bulwer), Gustav Botz (Professor Sievers), Max Nemetz (Capitano del Demeter); Sceneggia-tura: Henrik Galeen (ispirata al romanzo dracula di Bram Stoker); Direttore della fotografia: Fritz Arno Wagner, Günther Krampf (non accreditato); Scenografie e costumi: Albin Grau; Produzione: Enrico Dieckmann, Albin Grau.

Nell’ottocentesca Wisborg vive il giovane Hutter, impiegato di un’agenzia immobiliare e marito della dolce e diafana Ellen. Il principale, Knock – uno strano ometto dal ghigno diabolico – ad Hutter un incarico molto remunerativo: dovrà recarsi nei Carpazi, al castello di un cliente – il Conte Orlok – che intende acquistare delle proprietà. Hutter accetta l’incarico e, lasciata Ellen a casa dell’amico Westerna e della moglie Lucy, parte a cavallo alla volta dei Carpazi. Man mano che Hutter si inoltra nei villaggi e nelle foreste transilvane, viene a conoscenza di superstizioni locali, secon-do le quali i Carpazi sarebbero infestati da un tremendo vampiro, il Nosferatu, che si nutrirebbe di sangue umano e porterebbe la peste nera. Hutter è scettico, ma una serie di strani segni e l’arrivo notturno al castello del Conte Orlok lo fanno ricredere. Il Conte infatti, nonostante i modi gentili, corrisponde alle descrizioni del vampiro. Per Hutter è comunque ormai impossibile fuggire ed egli, dopo aver svolto il suo compito, è vittima di quello che è davvero il Nosferatu delle leggende.

Il Conte decide di lasciare i Carpazi per recarsi a Wisborg e, caricate sulla goletta Demeter le casse di terra dove è costretto a dormire dalla sua condizione, parte e lascia Hutter prigioniero nel castello; questi, però, riesce a fuggire e raggiunge, febbricitante, Wisburg, dove cerca di avvertire gli amici del pericolo incomben-te. Nessuno gli crede, a parte Ellen, e la città viene invasa dalla peste nera, portata dal vampiro. Nel frattempo Knok, impazzito e rinchiuso in manicomio, riesce a fuggire dalla sua cella e tenta di andare incontro a Orlo, che definisce il Maestro. I cittadini scambiano Knok per un untore e lo inseguono, impedendogli di raggiungere il vampiro.

Hutter peggiora di giorno in giorno, mentre il Professor Bulwer si rifiuta di credere all’esistenza dei non-morti. Ellen de-cide allora di sacrificarsi per salvare Wisborg – e il mondo – da Nosferatu. La donna attende il mostro nel suo letto la notte stessa e si offre volontariamente come preda per Orlok, lasciandosi prosciu-gare del proprio sangue e trattenendo il vampiro fuori dalla propria cassa di terra oltre l’alba. I primi raggi del sole illuminano il maca-bro sembiante di Orlok, per il quale sopraggiunge, così, la fine.

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L’OMBRA OSCURA DEL MONDO

In un certo senso, l’intero mondo filmico di Nosfera-tu è una sorta di proiezione del corpo del vampiro. Il paesaggio naturale è un luogo sinistro, popolato da animali come sciacalli e polpi, da piante carnivore e in generale da predatori, alla pari, appunto, del vampiro.

Il castello del Conte è un rudere che riesce an-cora ad apparire maestoso, e conserva le vestigia di una minaccia che viene dal passato. La nave su cui il vampi-ro viaggia viene inquadrata privilegiando le prospettive dal basso, con il fine di mettere in risalto la verticalità degli alberi maestri e delle vele – verticalità che rimanda all’allampanata figura di Orlok e agli archi acuti del suo castello. La Wisborg dove approda il vampiro viene fo-tografata con dei forti contrasti luministici, in maniera tale che le case divengano uno schermo perfetto, dove possa essere proiettata l’ombra del mostro.

Il ruolo stesso di Van Helsing – qui diventa-to Bulwer – quasi un co-protagonista nel romanzo, è ridotto a quello di semplice comparsa, che non riesce a rendersi conto del pericolo costituito dal mostro, se non quando è troppo tardi.

Da quanto appena detto emerge un’immagine del vampiro capace di impregnare di se l’intera pellicola e che si distanzia sia dalla figura dell’antieroe roman-tico, descritto da Polidori nel racconto The vampire, sia da quella del male alieno, quasi metafisico, rappresen-tato dal Dracula di Stoker.

Il conte Orlok è il riflesso negativo dell’uomo moderno e rappresenta, come già sottolineato, l’aspet-to predatorio e disumanizzante che presiede alla società borghese, mercantile e capitalista che, sempre secondo l’analisi di Kracauer, nasconde la figura del tiranno, in qualche maniera una previsione dell’avvento di Hitler.

Non è un caso, quindi, che il vampiro nel film venga spesso presentato come un’ombra; è un’ombra che non ha più tratti sfuggenti o mul-tiformi come quelli del Dracula romanzesco – che cambia aspetto in continuazione e passa con nonchalance dalla vecchiaia alla giovinezza e dalla condizione ferina a quella umana – ma che ha ca-ratteristiche ormai ben determinate e riconoscibi-li, che indicano non tanto un’essenza astratta, ma un’essenza concreta: il negativo dell’essere umano, il suo “cuore nero”.

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Doxai ~ Sezione di sofistmi e inattualità

Vampirismi ~ La croce e la delizia del vampiro mito d’oggi ~ A cura di Luciano Attinà

Fin dall’inizio della pellicola il regista ci suggerisce que-sta interpretazione del vampiro rappresentando il regno degli spettri, la foresta che porta al castello del Conte, per mezzo di un’immagine impressa su di un negativo della pellicola. Se si intende l’ombra come la proie-zione di un doppio dell’uomo, in cui sono evidenti e scatenati i suoi aspetti più primordiali, legati ai tabù del sesso e della morte, si capisce perché il vampiro espressionista possa essere visto come il doppio (in negativo) del borghese (Hutter – Harker), ma anche dello scienziato (Bulwer – Van Helsing) .

Questi personaggi, in particolare, rappresenta-no nel film di Murnau il borghese affarista e lo scien-ziato ottuso che, in nome di una società basata sul profitto – cioè sull’accumulo di capitale, quindi sullo sfruttamento di uomini da parte di altri uomini, e in definitiva su un principio predatorio – hanno cerca-to di reprimere e scacciar via gli aspetti più naturali dell’umanità, finendo così per trasformarsi in esseri che agiscono meccanicamente. Si consideri infatti che uno degli effetti principali dell’apparire del vampiro, nella pellicola, consiste nella diffusione della peste e di conseguenza nella fine dei traffici commerciali.

Nosferatu, dunque, agendo anch’esso mecca-nicamente nel suo essere un predatore, da un lato è il doppio ombra dell’uomo-mercante moderno, men-tre dall’altro rappresenta l’istanza distruttice evocata dalla società creata da quest’ultimo – la sua essenza predatoria è manifesta e si scaglia contro gli orpelli con cui quella società mercantile cerca di nascondere la propria tendenza alla sopraffazione.

LO SPECCHIO DELLA SOCIETÀ

L’amore e quindi il sesso, dio e la scienza fanno parte degli “orpelli” che sono intesi dalla morale moderna come oggetto del fondamento sociale; in altre parole, la continuazione della specie e i principi fondamen-tali del vivere civile. Attaccandone i principi – con l’affermare apertamente la legge del più forte – il vampiro diviene un meccanico distruttore della so-cietà moderna (segnatamente, di ogni società).

Come un serpente che si morde la coda, esso nasce proprio dai meccanismi che sono alla base del-la costruzione di una qualsiasi società umana – cioè dalla costruzione di una morale ed una legge e dalla necessità di procreare. A conferma di quanto appena detto si pensi al sacrificio di Ellen-Mina, che appa-rentemente salva il mondo dal vampiro.

Tale sacrificio può anche essere interpretato come lo scacco finale per lo stesso mondo che vorrebbe salva-re, visto che la morte della donna-agnello sacrificale rappresenta l’ultimo pegno che il nuovo mondo, basa-to sull’economia borghese, paga ai grandi ideali delle epoche precedenti. La morte dell’eroe e dell’antieroe, insomma, spiana la strada ad un mondo di individui come Bulwer-Van Helsing, incarnazioni di una scienza ottusa, e di Hutter-Harker, uomo d’affari che, per de-naro, si spinge fino al regno dei morti decretando così persino la morte della donna amata; per il profitto, egli ha sacrificato la propria umanità, un aspetto che verrà ulteriormente esplicitato nel remake del film che Werner Herzog girerà nel 1979.

Da Murnau in poi la figura del vampiro perde la sua malvagia, romantica purezza e tende a farsi specchio, o meglio ombra, di un uomo sempre più vampiro del suo prossimo. Nella sua storia a venire il cinema, sia quando si tratterà di reinterpretare questi aspetti del vampiro che di metterli da parte per cercare di farne emergere di nuo-vi, non potrà più fare a meno di confrontarsi con questo ritratto di un archetipo tanto antico quanto attuale.

Letture ulteriori

Kracauer, S., Da Caligari a Hitler. Una storia psicologica del cinema tedesco. Con un’appendice di recensioni cinematografiche degli anni ‘20 e ‘30 (tit. or., From Caligari to Hitler. A psycho-logical history of the German film (ed. it. a cura di Leonardo Quaresima), II ed., Lindau, Torino, 2007.

Abruzzese, A., La grande scimmia: mostri, vampiri, automi, mutanti, II ed., L. Sossella, Roma, 2007.

Giovannini, F., Il libro dei vampiri: dalla leggenda alla pre-senza quotidiana, Dedalo, Bari, 1985.

Flynn. J. L., Cinematic vampires: the living dead on film and television, from The Devil’s castle (1896) to Bram Stoker’s Dracula (1992), McFarland, Jefferson, 1992.

Eisner, L., Lo schermo demoniaco (tit. or., Damonische Leinwand: die Butezeit des deutschen Films (ed. it. a cura di Mario Verdone ), Bianco e Nero, Roma, 1955.