lo specchio n.8 - dicembre 2011

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Pagina 1 Dicembre 2011 - N° 8 Parrocchia S. Maria del Carmine - via Emilia, 72 - 40060 Toscanella BO - tel 0542 672306 - www.parrocchiatoscanella.it “In quel tempo, i Magi erano appe- na partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giusep- pe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti av- vertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». Giusep- pe, destatosi, prese con sé il bam- bino e sua madre nella notte e fug- gì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempis- se ciò che era stato detto dal Si- gnore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio. Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Bet- lemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Gere- mia: Un grido è stato udito in Ra- ma, un pianto e un lamento gran- de; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più.” Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giu- seppe in Egitto e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua ma- dre e và nel paese d'Israele; per- ché sono morti coloro che insidia- vano la vita del bambino». Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'I- sraele. Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazareth, per- ché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: «Sarà chiamato Nazareno». Dal vangelo secondo Matteo (2, 13-23)

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Riflettendo la Parrocchia di Toscanella

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Page 1: Lo Specchio n.8 - Dicembre 2011

Pagina 1

Dicembre 2011 - N° 8

Parrocchia S. Maria del Carmine - via Emilia, 72 - 40060 Toscanella BO - tel 0542 672306 - www.parrocchiatoscanella.it

“In quel tempo, i Magi erano appe-

na partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giusep-

pe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in

Egitto, e resta là finché non ti av-

vertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». Giusep-

pe, destatosi, prese con sé il bam-bino e sua madre nella notte e fug-

gì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempis-

se ciò che era stato detto dal Si-

gnore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio. Erode, accortosi che i Magi si erano

presi gioco di lui, s'infuriò e mandò

ad uccidere tutti i bambini di Bet-lemme e del suo territorio dai due

anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.

Allora si adempì quel che era stato

detto per mezzo del profeta Gere-mia: “Un grido è stato udito in Ra-ma, un pianto e un lamento gran-de; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più.” Morto Erode, un angelo

del Signore apparve in sogno a Giu-

seppe in Egitto e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua ma-

dre e và nel paese d'Israele; per-

ché sono morti coloro che insidia-

vano la vita del bambino». Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e

sua madre, ed entrò nel paese d'I-sraele. Avendo però saputo che era

re della Giudea Archelào al posto di

suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si

ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in

una città chiamata Nazareth, per-ché si adempisse ciò che era stato

detto dai profeti: «Sarà chiamato

Nazareno».

Dal vangelo secondo Matteo (2, 13-23)

Page 2: Lo Specchio n.8 - Dicembre 2011

Pagina 2 Avvento

Domenica 27 novembre. 1° di Av-

vento, la Parrocchia ha organizzato una giornata comunitaria a Tossigna-

no, presso Villa S. Maria, per iniziare bene il nostro Avvento 2011.

Il tema della giornata è stato tratto

dalla 3° catechesi per la GIORNATA MONDIALE delle FAMIGLIE, indetta

dal Papa per i giorni 30, 31 maggio e 1, 2 e 3 giugno 2012, a Milano. Tema

della 3° catechesi: “La famiglia vive la prova” La giornata è stata brillante-

mente organizzata dal nostro don

Andrea, con inizio alle ore 9.00 circa a Tossignano con recita delle lodi,

anzi, quale recita, le lodi sono state cantate! Entrando nella bella e rac-

colta cappella di villa S. Maria, pareva

di assistere al coro dei monaci in qualche monastero di clausura fran-

cese. Dopo le lodi, abbiamo letto il brano del Vangelo di Luca in cui Giu-

seppe ha la visione dell’angelo che gli chiede di portare via al più presto

Maria e Gesù, scappando in Egitto,

perché il re Erode voleva attentare alla vita del bambino. Don Andrea ha

commentato il brano ponendo l’accento sull’importanza del “padre”

nella vita di famiglia. Oggi pare che i

padri molto spesso non trovino un loro ruolo nei confronti della famiglia

e dei figli, come se la loro presenza fosse superflua o come fossero essi

stessi ancora bambini, mentre invece

il padre è proprio colui che VIGILA sulla famiglia, che SI ACCORGE dei

bisogni e TROVA soluzioni per il bene di tutti. Perciò il padre deve essere

attento ai cambiamenti e alle dinami-che della famiglia, pronto a difenderla

dalle insidie, non tanto fisiche quanto

morali e spirituali, che possano intac-carla. Ma come al padre è chiesto di

VEGLIARE sulla famiglia, così ognuno di noi deve vegliare in particolare

nell’attesa del Natale, perché il bene

che il Signore ci manda non cada nel vuoto ma possa riempire il nostro

cuore e la nostra vita. E il bene a volte, strano ma vero, ci viene ancor

più dalle “prove” della vita, anche se lì è certamente più difficile vederlo.

Dopo la catechesi di don Andrea in-

fatti, ci sono state 3 testimonianze di famiglie che hanno vissuto la prova,

cioè situazioni di sofferenza o di diffi-coltà, per motivi diversi.

Ognuno di noi vive momenti di fatica

e di dolore ma ciò che ci aiuta è pri-ma di tutto sapere che attraverso i

momenti difficili, abbiamo la possibili-tà di crescere e di avvicinarci di più a

Dio. Poi ci aiutano molto i fratelli nella fede: confrontarci con gli altri, scam-

biarci le esperienze, sentire come gli

altri hanno vissuto la prova e soprat-tutto sapere di avere delle persone

intorno che ci sono vicine e che ci tengono presenti pregando per noi. E’

stato bello poi dividerci in piccoli

gruppi per confrontarci su alcune do-mande, che ci hanno fatto riflettere

sulla nostra vita e su come viviamo le prove che ognuno di noi incontra, a

partire dalle piccole fatiche di ogni giorno. Poi pranzo insieme, chiacchie-

re e un po’ di buon vino, una passeg-

giata e un caffè insieme. Alle 14.30 ci

siamo poi ritrovati per fare il punto di

quanto scoperto nella bella e intensa mattinata e per prepararci alla Messa

conclusiva delle 15.30. In parallelo, alcuni ragazzi tra i 14 e i 17 anni si

sono occupati dei bambini facendoli

giocare. Per i ragazzi delle medie il programma è stato in parte comune

agli adulti e in parte separato, in mo-do che fosse più adeguato per loro.

La Messa è stata poi celebrata nella bella chiesa moderna, in pietra a vi-

sta, di Tossignano, tutti insieme adul-

ti, ragazzi e bambini. Questa giornata comunitaria viene organizzata ogni

anno ed è veramente un bel momen-to di incontro con tante persone e

una bella spinta per cominciare insie-

me una riflessione, che speriamo di interiorizzare sempre più in queste

quattro settimane che ci separano dal Natale, arricchendola con la confes-

sione e la preghiera personale.

“La famiglia vive la prova” Giornata comunitaria in preparazione al Natale

Carla Guerrini

Page 3: Lo Specchio n.8 - Dicembre 2011

Pagina 3

Chiesa

La Chiesa sta facendo un grosso lavo-

ro di avvicinamento e di dialogo con le altre religioni ed in particolare con

le altre confessioni cristiane che per motivi storici vari si sono allontanate

dalla Chiesa cattolica o non hanno più

riconosciuto la figura del Papa come loro guida e pastore. Questo lavoro di

incontro, di ricerca delle basi comuni sulle quali incontrarsi anziché scon-

trarsi, di confronto e di arricchimento reciproco ha avuto particolare impul-

so sotto il papato di Giovanni Paolo

II, anche grazie all’apporto dei movi-menti ecclesiali che hanno aiutato e

sostenuto questo sforzo. Ad esempio, ricordo con affetto la foto di Chiara

Lubich, fondatrice del movimento dei

focolari, deceduta lo stesso anno del Papa, vestita con gli abiti tipici orto-

dossi ad un incontro ecumenico col primate della Chiesa ortodossa o altre

immagini di momenti simili, realizzati per incontrare i cristiani di altre con-

fessioni e addirittura i mussulmani,

perché, nonostante le differenze, anzi senza cancellare o ignorare tali diffe-

renze, è possibile trovare con tutti una base di dialogo e di collaborazio-

ne, finalizzata al bene dell’uomo e

alla gloria di Dio. Non era infatti que-sta unità ciò che Gesù desiderava

nell’orto degli ulivi, quando, prima della sua tremenda morte in croce

pregava il Padre chiedendogli: “che

tutti siano uno”. Già nel 1986 Papa Giovanni Paolo II

aveva invitato i rappresentanti di tut-te le confessioni a pregare insieme ad

Assisi. Storico incontro poi ripetuto nel 2002 dopo il disastro delle torri

gemelle. Quest’anno Benedetto XVI

ha dato seguito a quegli incontri mo-strando la ferma volontà di prosegui-

re su questa strada di unità. “L’unione fa la forza” dice un famoso

proverbio. Ed è proprio così. Di fronte

al dilagare, non solo della scristianiz-zazione ma anche di una corsa a

screditare in generale la fede in Dio e i valori base dell’umanità, una tensio-

ne fanciullesca a fare e dire il contra-

rio, a distruggere anziché costruire, possiamo davvero allearci con ogni

uomo credente, per difendere l’umanità e il suo bene. Anche coi

mussulmani, nonostante le differenze

di modi di pensare, possiamo trovare una base comune ad esempio sulla

difesa della famiglia fondata sul ma-trimonio, sulla difesa della vita, sulla

libertà di professare apertamente la

propria fede. In più, con le confessio-ni cristiane che non accettano la figu-

ra del Papa, possiamo allearci per difendere il patrimonio di fede ricevu-

to dalle mani di Cristo, degli apostoli e dei primi cristiani. A volte la paura

delle differenze o il timore di essere

sopraffatti in ciò che siamo e che cre-diamo, ci fa essere tanto diffidenti

quanto non-accoglienti verso chi non la pensa come noi oppure al contrario

accettiamo acriticamente ciò che ve-

diamo essere di tendenza, facendo convincere facilmente ad abbandona-

re i nostri ideali. La strada giusta è quella di Gesù che ha accolto addirit-

tura i peccatori ed ha mangiato con

loro, scandalizzando così i giudei. La strada giusta è accogliere e trovare

punti di incontro, senza perdere la nostra identità cattolica, anzi chiaren-

docela sempre di più proprio

nell’incontro con la diversità.

27 ottobre 2011, giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo

Benedetto XVI pellegrino ad Assisi insieme ai leader religiosi del mondo

A cura della redazione

Page 4: Lo Specchio n.8 - Dicembre 2011

Pagina 4 Attualità

Stiamo fallendo! Il mondo si ferma a

guadare, tremando, se una nazione è in default, se le agenzie di rating la

declassano da AA+ ad AA, che spre-ad c’è tra i propri BTP e quelli tede-

schi. Siamo già falliti!! Un fallimento

non finanziario, ma morale ed etico. Abbiamo affidato le speranze dell'

umanità ed il pianeta intero al dio danaro. Oggi conta solo lui e non

essendo un dio di verità ci riempie le menti di abbagli facendoci perdere la

via maestra. Sui media di tutto il

mondo viene dato un risalto enorme all' attuale situazione economica di

profonda crisi, spiegandoci con la dovuta esattezza in che modo siamo

finiti in questo calderone. Ogni dio

anche se falso e ipocrita ha i suoi templi e dai luoghi sacri del dio dena-

ro è partita questa crisi: le banche. Hanno piano piano preso il potere

assoluto sul mondo ed è bastato il crollo di un santuario per portarsi

dietro tutto il pianeta. “Le banche vanno salvate” ripetono tanti econo-misti, che sicuramente ne capiscono

molto più di me, ma le persone? Quelle non vanno salvate? L’ essere

umano che valore di mercato ha? Io

non voglio far finta di capire di eco-nomia mondiale citando alcuni illustri

economisti, ma vorrei solo parlare di persone e non di soldi.

“Lo brevettiamo, vero?” “Quanto ci vuole a brevettarlo?” “ Due o tre set-

timane, il tempo di sbrigare tutti i documenti!” “ Potrebbe ammalarsi qualche bambino, per l’ amor di Dio diamolo all’ umanità!!!” Questo è un dialogo che eb-

bero Albert Sabin ed i suoi collaboratori quando scoprì e

sperimentò con successo il miglior vaccino contro la poli-

omielite, malattia che nei casi più gravi faceva finire le per-

sone dentro il cosiddetto

“polmone d’ acciaio” dove si terminavano i propri giorni.

Sarebbe potuto diventare miliardario legalmente ed in-

vece morì nell’ indifferenza

totale nel 1993; venne in Ita-lia qualche volta ed oltre all’

interviste concesse al signore del giornalismo italiano, Enzo

Biagi, andò in un famosissimo talk show dove venne preso in giro

per queste affermazioni di denuncia:

“Le case farmaceutiche devono smet-terla di mandare dei flaconi pieni di liquido colorato in Africa, senza il principio attivo!” “ Ci preoccupiamo dell’AIDS, ma i bambini, in alcune parti del mondo, muoiono di malattie curabilissime!” Sulla prima afferma-

zione, dopo anni, si scoprì che era tutto vero; niente farmaco, solo un

po’ di zuccheri per rendere la morte

più dolce, sulla seconda non credo ci sia bisogno di una inchiesta per affer-

mare che è vera. Quante vite vengo-no violentate, spezzate dall’ indiffe-

renza. “Lei dovrà dare conto alla sto-ria di quello che ha fatto!” disse con

tono fermo un giudice al processo di

Norimberga guardando negli occhi l’ amministratore delegato della casa

farmaceutica che produsse la sostan-za che serviva a “gasare” milioni di

persone. “Devo dare conto solo ai nostri azionisti!” rispose con aria in-differente. Nelle vittime della pazzia

nazista ci furono anche due nipotine del sopra citato Sabin, essendo una

famiglia polacca di origine ebrea. Alla domanda del signor Biagi “Non a-

vrebbe voluto vendicarsi per la morte di quelle meravigliose bimbe?” rispo-

se “Ma io mi sono vendicato! Le SS mi hanno ucciso due nipotine stupen-de ed io ho avuto la possibilità di sal-vare tutti i bambini del mondo! Non è una splendida vendetta?” ed alla do-

manda “Perché non ha brevettato il vaccino?” replicò “ Non volevo che il salvare delle vite fosse ripagato con moneta sonante!” Allora si può dare il

giusto spazio al denaro! Vivere una

vita vera, senza mettere in cima il danaro, ma collocare sulla vetta più

alta l’adorazione incondizionata del Tempio di Dio che è in ogni persona.

Forse si dovrebbe investire di più sull’ uomo che sui prodotti finanziari che

ci sviolinano le banche, offrendoci

illusioni. L’ economia vera è fatta di persone che lavorano, si impegnano

dando tutto se stessi per arrivare ad avere un rispetto che vada oltre il

guadagno tangibile. Ogni persona è

molto più del peso corporeo e della forza lavoro che può sviluppare.

Storia di un Gigante dimenticato

Vincenzo Bambina

La crisi quella vera parte dal cuore dell' uomo

Vivere per il denaro o il denaro per vivere?

Page 5: Lo Specchio n.8 - Dicembre 2011

Pagina 5

“Solo l’amore crea” con que-

ste parole siamo tornati a casa la sera del 7 dicembre,

vigilia della bella Festa Solen-nità dell’Immacolata Conce-

zione della Beata Vergine

Maria, dal teatro parrocchiale di Sesto Imolese. Parole che

risuonavano nella nostra mente insieme alle melodie

dei canti e alle immagini del-la rappresentazione gioiosa

di una trentina di Giovani di

Toscanella che hanno inscenato per l’occasione mariana la vita di Padre

Massimiliano Maria Kolbe, una figura luminosa della storia per certi versi

oscura e terribile del XX secolo, un

uomo di Dio, un santo tutto dedicato ad annunciare il Regno di Dio e

l’Immacolata per la salvezza degli

uomini, che termina il suo pellegri-naggio terreno dando la sua vita al

posto di un padre di famiglia nel cam-po di concentramento di Auschwitz.

Ho conosciuto sette anni fa questi

ragazzi, quando ho fatto per due anni servizio pastorale a Toscanella come

seminarista e poi diacono e sacerdo-

te, e rivederli cresciuti e belli

mi ha dato tanta gioia. Don Andrea che li ha accompagnati

ha sottolineato il lavoro impe-gnativo di un anno, che certa-

mente non è stato privo di

perplessità sulla riuscita, ma che ha dato tanti frutti di co-

munione e di entusiasmo nella fede e nell’amicizia tra i com-

ponenti di questo gruppo ete-rogeneo di adulti e ragazzi. Un

plauso particolare agli ideatori

dell’opera, Vito e Miriana Furio, a Franco, Riccardo, Stefano che hanno

presieduto ai testi, all’organizzazione tecnica, scenografica e musicale. Un

grazie a tutti per questo dono stupen-

do che avete fatto alla comunità di Sesto e Balìa.

Attività Parrocchiali

Don Francesco Gaetta

<NANNI’> nella lingua malayalam,

che è la lingua locale della regione del Kerala, nell’India del sud, significa

“grazie”. È l’espressione che più mi torna alla mente pensando a questo

incontro con la Chiesa della Diocesi di

Kanjirapally. Vorrei dire tante cose, ma non è facile condensarle in poche

righe. L’esperienza vissuta in India è stata allo stesso tempo entusiasman-

te e traumatizzante. (...) La prima

cosa che mi ha colpito arrivando è stata la cordialità dell’accoglienza che

esprime ciò che poi don Giuseppe mi

diceva:- “per noi l’ospite è il Signore che viene nelle nostre case perciò va

accolto con tutti gli onori”. La secon-da è il profondo senso religioso di

questo Paese. Un senso religioso che

è espresso anche dalla natura stessa. Palme altissime, ma anche altre pian-

te che si protendono verso il cielo con una chioma leggera e che mi hanno

fatto pensare alle nostre cattedrali gotiche che si protendono verso l’alto

per richiamare il senso trascendentale

della vita e indicare la via di Dio. (...) Terza considerazione è che quello indiano è un popolo che vive, oserei

dire “in punta di piedi”. Entrando in Chiesa, entrando in casa, in un ufficio

ecc ci si tolgono le scar-

pe. Segno di rispetto e di ossequio che poi si

esprime nella grande considerazione e rispetto

per l’altro e per la natu-

ra. Credo che la commo-zione che ha suscitato in

me questa esperienza sia data dall’aver sentito

forte la presenza e la potenza dello Spirito che

soffia su questa Chiesa.

(…) Li dove si direbbe che ognuno abbia si e

no il sufficiente per se … quando ogni giorno un furgoncino fa

il giro del paese, da quello che ha

cucinato per se e per la propria fami-glia, da ciò che può. Chi una mancia-

ta di riso, chi un po’ di verdura, chi un po’ di carne cosicché dalla carità

di tutti sono nutriti i più poveri tra i poveri. Credo che da questo esempio

poteremmo trarre anche per noi una

grande lezione di vita. Particolarmen-te in questo tempo di Avvento do-

vremmo riscoprire da esempi come questo cosa significa la parola

“condivisione”. Qui si rende concreto

il Vangelo. Proprio nella domenica del

nostro ritorno dall’India, festa di Cri-

sto Re, l’Evangelista Matteo ci riporta-

va queste parole di Gesù:- Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua de-stra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno pre-parato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. (…)

Luciano Mongardi

Page 6: Lo Specchio n.8 - Dicembre 2011

Pagina 6 Esperienze

Per la seconda volta partecipo al pel-

legrinaggio a Medjugorje e posso af-fermare che questo è davvero un

luogo di grazia. Faccio fatica ad e-sternare in maniera efficace quello

che veramente provo là in alcuni mo-

menti, proprio perché io stesso non mi capacito di come possa avvenire

una così chiara percezione della pre-senza di Dio. Innanzitutto mi preme

precisare che entrambe le volte in cui dovevo partire per il viaggio, pur a-

vendo liberamente accettato l'invito,

ero maldisposto e svogliato, ritenen-do che in fondo fosse tempo perso,

dati gli altri miei impegni. Ed entram-be le volte a Medjugorje in un mo-

mento di preghiera, semplicissima

preghiera, ho avvertito così vivo l'a-more di Dio per me, che sono scop-

piato in lacrime sia per la gioia, sia per l'amarezza. Anche amarezza, per-

ché mi rendevo conto che la mia ri-sposta ad un amore così vero era

stata nulla o minima. La confessione

che qui faccio non è facile per me e limitata rispetto alla complessità di

quello che mi è accaduto, poiché rap-presenta un momento particolarmen-

te intimo del mio rapporto con il divi-

no, ma è per dirvi come il cambia-mento primo non dipende da noi! A

noi è richiesta un'adesione all'iniziati-va di Dio. Non sono così concentrato

mentre prego da intuire certi aspetti

della mia fede, e se anche fossi con-

centrato sarebbe impossi-

bile percepire in maniera così profonda quello che in

un attimo ho provato lì a Medjugorje, la prima volta

sotto la "croce blu" (uno

dei tanti luoghi delle appa-rizioni), la seconda volta

nella cappellina dietro la chiesa. A Medjugorje l'im-

portante non è che la Ma-donna semplicemente ap-

pare- fatto del quale noi

usufruiamo solo in parte grazie ai messaggi- ma il

fatto che Ella ci dona in qualche modo la Sua gra-

zia e la Sua pace. Ognuno,

credo, verifica questo a modo proprio, ma penso

sia molto difficile (anzi, impossibile) che qualcuno

torni a casa senza nemme-no una domanda nel cuo-

re, un cambiamento. Maria

appare ai veggenti e con-cede grazie più o meno

singolari non per fare un po' di spettacolo nell'am-

biente cristiano o per

scandalizzare maggior-mente coloro che non cre-

dono, ma per richiamarci con più sollecitudine a scegliere Cri-

sto, a "metterLo al primo posto", co-

me Lei stessa chiede. L'invito che porgo è quello di vivere l'esperienza a

Medjugorje personalmente, con le proprie domande, i propri dubbi, le

proprie incredulità... non importa cre-dere alle apparizioni, credere ai se-

greti; importa solo andarvi. Non si è

mai troppo poco pronti; io stesso non vi sono andato disposto, eppure sono

tornato ricco di grazia, perché Maria ha guardato alla mia miseria e ha

colmato Lei il vuoto, senza aspettare

che lo facessi io. Se fossimo già per-fetti non avremmo bisogno di tutto

questo! Quello che Maria ripete nei suoi messaggi è proprio rispondere a

questo amore infinito, rispondere

concretamente. Quanto spazio dedi-

chiamo alla preghiera, alla meditazio-

ne, alla lettura attenta della Parola di Dio, ai sacramenti della Confessione e

dell'Eucarestia? Ha detto Maria: "Se sapeste quanto vi amo, piangereste

di gioia!" Ebbene, io ho pianto dalla gioia, pur vedendo un raggio solo

dell'Amore di Dio! Rinnovo dunque

l'invito a decidervi per andare a Me-djugorje perché sono certo che cia-

scuno otterrà la propria grazia, quella giusta per lui!

Un viaggio che porta al cuore Medjugorje, un luogo di pace e di grazia

Edoardo Zotti

Page 7: Lo Specchio n.8 - Dicembre 2011

Pagina 7

Testimonianze

Non racconterò tutta la storia di una vita, ma ricordando-

mi solo pochi episodi, posso farvi immaginare quanto ci

possa essere dentro una persona di una certa età. Il babbo mi è morto quando avevo undici anni, aveva 36

anni. Mia madre, rimasta sola con tre figli, dei quali ero il più grande, ha cercato con tutte le sue energie di tenerci

uniti e di restare, nonostante le avversità, una famiglia, lottando con i parenti, lavorando a tempo pieno per sfa-

marci e per educarci meglio che poteva. Dentro queste

poche frasi, c’è tutta l’essenza di una vita, dalle sofferenze alle gioie. Ora mia madre ha ottantadue anni, e purtroppo

non cammina più. Questa situazione che si è evoluta len-tamente, mi ha messo in contatto con un mondo a me

sconosciuto. Gli anziani. So che cosa sia la vecchiaia, im-

magino cosa sia la malattia, ma tutti quelle persone che ho visto all’ospedale, quasi tutte sopra i settanta anni, mi

hanno aperto un nuovo mondo. Avete mai visto una “casa protetta”? Una RSA? Una casa per anziani? Spesso ci vie-

ne detto che gli adulti non danno spazio ai giovani, proba-

bilmente nel mondo produttivo è vero, ma quando non riusciamo più a rientrare nei canoni dell’autosufficienza,

soprattutto a causa dell’età, della malattia, o del basso reddito, come sarà considerata la nostra vita? Per chi non

ha fede, per chi dice che la vita sia “una casualità”, penso

sia normale far assistere un familiare da qualcuno, un isti-tuto, per avere la possibilità di mantenere il lavoro, o la

famiglia (piccolo nucleo), adeguandosi al modo comune di correre per guadagnare lo stipendio.

E per noi cristiani, che abbiamo un unico Padre, che ab-biamo Gesù come guida, come fratello, per noi che dicia-

mo che la vita è un dono, ed ha un valore assoluto soltan-

to il fatto di essere vivi, perché accettiamo questo modo? E’ chiaro che se siamo un piccolo nucleo famigliare non

riusciremo mai ad accudire un malato o una persona non autosufficiente. Per questo c’è bisogno di inventare un

modo per dare valore alla vita di chi è malato. Credo che

come trattiamo la vita di un anziano, così trattiamo la no-stra. Se consideriamo ormai morta una persona non auto-

sufficiente, come considereremo la nostra vita? Siamo abituati a nascondere ogni segno del nostro invecchia-

mento, c’è chi si tinge i capelli bianchi, chi se li trapianta, chi usa nascondere le rughe con il botulino, chi fa palestra

per motivi estetici, lampade, depilazioni, ogni sorta di

trucchi pur di non vedersi addosso gli anni che passano, forse che siano stati anni senza senso? Nel frattempo i

nostri vecchi sono là, da soli, con i loro ricordi, con i loro dolori, con il tempo che non passa mai, con i pensieri che

si rincorrono, con la loro solitudine riempita dalla tv, in

compagnia di una badante, un’infermiera, un medico, che nulla hanno a che fare con la loro storia ormai dimentica-

ta. Perché non riusciamo a vedere Cristo in chi ha bisogno di essere vestito, in chi ha bisogno di essere curato, accu-

dito in ogni sua funzione vitale, eppure il vangelo è chia-

rissimo, quando l’avremo vestito, curato, assistito, l’avremo fatto a Lui.

“Una vita nascosta”

Franco Caradossi

31 ottobre: per molti, anzi per quasi

tutti, è Halloween, la notte delle streghe, o molto più semplicemente

un secondo carnevale, un'altra occa-sione per fare festa, senza preoccu-

parsi di cosa si festeggia, per qual

motivo dovrebbe essere un giorno diverso da tutti gli altri trecentoses-

santaquattro, accontentandosi del fatto che è un tassello che spezza la

monotonia della vita. Per molti, cer-to, ma non per tutti. Almeno non per

chi conosce bene il senso della gioia,

il perché del trovarsi insieme, il moti-vo di essere felici. Così l’Ufficio dio-

cesano per la Pastorale Giovanile ha

deciso di organizzare una festa in

occasione della vigilia di Tutti i Santi, per richiamare al significato cristiano

di questa ricorrenza che ci invita a guardare a chi è vissuto e ha credu-

to prima di noi, per avere un punto

d’appoggio per la nostra fede. Per far risaltare ciò, la serata ha a-

vuto inizio in chiesa, con un momen-to di preghiera e di adorazione euca-

ristica, ed è terminata allo stesso modo, con la benedizione eucaristi-

ca; durante tutto lo svolgimento del-

la festa nei locali della parrocchia di Mezzocolle, addobbati con le imma-

gini di alcuni grandi santi, in chiesa il

Santissimo è rimasto esposto, e don

Andrea a disposizione per la confes-sione, per dare a chi la volesse

l’occasione di incontrare personal-mente Cristo nei sacramenti. Per il

resto la nostra non si è discostata

molto dal comune concetto di festa con musica, danze, cibo e bevande,

salvo per una piccola e fondamenta-le differenza che, di fatto, ci contrad-

distingue: festeggiamo perché Dio è in mezzo a noi, nella vita dei santi

come nella nostra personale storia!

All Hallows’ Eve

Gabriele Mongardi

La vigilia di tutti i Santi

Page 8: Lo Specchio n.8 - Dicembre 2011

Pagina 8 Natale

PER LA STAMPA DEL GIORNALINO SI RINGRAZIANO LE SEGUENTI AZIENDE:

MERCATONE GERMANVOX - VB Carpenteria Metallica di Bambina V. -

Ciliegio Arredamenti di Caradossi F. - AGRIPIU’ di Dalpozzo A.

E' Natale, è Natale,

chi sta bene e chi sta male:

c'è chi mangia il panettone,

lo spumante ed il torrone:

ed invece in qualche terra

i bambini fan la guerra.

Caro mio bel Bambinello

fa' che il mondo sia più bello

e con gli uomini in letizia

tutti in pace ed amicizia.

Ad ognuno fai trovare

ogni giorno da mangiare.

Della neve ogni fiocco

tu trasformalo in balocco

che poi cada lì vicino

ad ogni piccolo bambino.

Manda a tutti il proprio dono

e fammi essere più buono.

Auguriamo a tutti i nostri lettori e a tutta la parroc-

chia tanti auguri di...

Buon Natale e di un sereno Anno Nuovo!

Vi ricordiamo che aspettiamo con ansia vostre opi-

nioni, pensieri, pareri, contributi, iniziative e ogni

idea che vi frulla nella mente!!

Scriveteci, scriveteci, scriveteci…

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