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L’Italia dal miracolo economico al 1968 Cecilia Nubola 23 marzo 2015

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L’Italia dal miracolo economico al 1968

Cecilia Nubola23 marzo 2015

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1968 Sicilia (“Domenica del Corriere”)

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Caratteri di fondo del periodo storico chiamato anni Sessanta

1. Industrializzazione e “miracolo economico”.

2. Processi di modernizzazione e “rivoluzione dei consumi”.

3. La stagione dei movimenti collettivi: operai, giovani, donne.

4. La Chiesa del Concilio Vaticano II. 5. La politica. Il breve riformismo del

centro sinistra (DC-PSI)

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Periodizzazione. Il 1958 come termine a quo entra in vigore la Comunità economica

europea (MEC Mercato comune europeo) muore Pio XII, gli succede Giovanni XXIII. 1958 ascesa politica di Fanfani, segretario

della DC e presidente del consiglio dei ministri.

Comincia la grande migrazione dal sud al nord.

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1958 NUOVI COSTUMI E NUOVI IDOLI

diffusione dei blue jeans, del rock and roll e della televisione, che proprio in quell’anno raggiunse il milione di abbonati.

Vittoria di Domenico Modugno al festival di Sanremo con Volare (venderà 20 milioni di dischi)

irruzione sulla scena canora di Mina

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1958 NUOVI COSTUMI E NUOVI IDOLI

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Periodizzazione: 1960

Lotte operaie e proteste dei “giovani con la maglietta a strisce”

Mobilitazioni antifasciste di luglio e proteste contro il governo Tambroni

Repressione da parte della polizia a Genova, Roma, Reggio Emilia (5 operai morti)

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Periodizzazione. 1973 come termine ad quem Termine dal lungo ciclo di sviluppo

dell’economia italiana con la prima crisi del petrolio

la lunga stagione di lotte operaie e studentesche in parte si interrompe e in parte muta.

Rapimento del capo del personale della Fiat, Luigi Amerio, da parte delle Brigate Rosse. Scelta della lotta armata.

1972-1974, si esaurisce, di fatto, l’esperienza politica del centro sinistra.

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Il boom economico cambia il mododi produrre e di consumaredi pensare e di sognaredi vivere il presente e di progettare il futuro

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Boom economico Crescita del PIL. 1958 del 6% circa, 7,5 % tra il 1958

e il 1962 (mai più eguagliato). Il fattore decisivo che rese possibile questo exploit

dell’economia italiana consistette nella combinazione di tre fenomeni fondamentali: l’espansione della domanda interna, la crescita delle esportazioni, l’intervento pubblico. L’indice della produzione industriale crebbe di oltre il 90% e il

suo apporto alla formazione del reddito nazionale raggiunse il 45%, mentre quello dell’agricoltura scese sotto il 15% nonostante una forte intensificazione della produttività della terra e del lavoro (aree del sud ad agricoltura intensiva, campagne venete e emiliano-romagnole)

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Lotte operaie e crescita dei salari

dal 1951 al 1961 crescita del 4% 1962 crescita del 13% 1963 (maggio) crescita del 20% 1963 (dicembre) crescita del 30 %

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Torino, piazza statuto, 7 luglio 1962

Torino, piazza statuto, sabato 7 luglio 1962, manifestazioni e scontri tra operai e polizia. La maggior parte erano giovani operai, per lo più meridionali.

l’Unità del 9 luglio definirà la rivolta “tentativi teppistici e provocatori”, ed i manifestanti “elementi incontrollati ed esasperati”, “piccoli gruppi di irresponsabili”, “giovani scalmanati”, “anarchici, internazionalisti”.

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Processi di modernizzazione e “rivoluzione dei consumi”

Tra il 1958 e il 1971 i consumi degli italiani subirono una trasformazione radicale. Quelli alimentari. Nel giro di un decennio vennero raggiunte le 3.000 calorie medie pro capite giornaliere.

1951 - 1961 Le automobili in circolazione salgono da mezzo milione a oltre 11 milioni

1954-1970 117% in più di abbonati alla televisione

Presenze alberghiere passano da 36 milioni a oltre 82 milioni.

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Boom economico e emigrazione

Tra il 1959 e il 1971 si verificò un esodo biblico di oltre 3 milioni di contadini non più verso l’estero (i flussi migratori si mantennero costanti) ma da sud a nord, dalle aree rurali alle città industriali.

Tra il 1955 e il 1974 oltre 7 milioni e 700.000 italiani avevano cambiato residenza.

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Emigrazione

Il viaggio dei contadini meridionali sui “treni del sole” era assi diverso da quello intrapreso dai loro amici, dai loro parenti, alla volta del Belgio, della Francia, o della Germania: è un viaggio senza ritorno: … nessun giovane andava a lavorare in città, nell’industria o nel commercio, con la segreta speranza di tornare un giorno … a fare il contadino (Alberoni, Baglioni, L’integrazione dell’emigrato, 1965).

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Emigrazione 2

La realtà: - Integrazione difficile con culture e strutture

sociali chiuse nelle città d’arrivo. - assenza di strutture d’accoglienza - penuria di alloggi decenti - lavoro nero e occupazioni precarie (edilizia,

microimpresa) - lavoro in fabbrica con i problemi di

adattamento ai ritmi e ai tempi del lavoro alla catena di montaggio.

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La Chiesa e i movimenti ecclesiali

1962 - 1965 Concilio Vaticano II. Si svolse sotto i pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI.

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Concilio Vaticano II

Con il Concilio cambiarono dei tratti fondamentali della liturgia come ad esempio la partecipazione attiva dei fedeli a una messa celebrata nella lingua nazionale e non più in latino e alla lettura e scelta dei testi e delle musiche. Ci furono anche cambiamenti dottrinali, ma soprattutto culturali, nella direzione di un maggiore avvicinamento alla società laica.

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Mondi cattolici

Tante esperienze diverse:

Comunità di base Adesione alle lotte di emancipazione nel

terzo mondo e Teologia della liberazione Preti operai

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Mondi cattolici: don Milani e la scuola di Barbiana

“Quando il 7 dicembre 1954 arrivò a Barbiana il parroco don Lorenzo Milani, non c’erano strade, acqua, luce e scuola… Per don Lorenzo Milani il periodo di Barbiana fu un vero e proprio esilio ecclesiastico: un sacerdote di 31 anni mandato lassù per farlo tacere dato che nel suo apostolato applicava il Vangelo senza alibi e compromessi”.

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Scuola di Barbiana1967 Lettera a una professoressa

“Cara signora,

lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti.

Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che “respingete”.

Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate”.

La scuola di Barbiana si sciolse nell’ottobre 1968, un anno dopo la morte di don Lorenzo (aveva 44 anni)

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La politica italiana: il centro sinistra 1963 Aldo Moro compose il primo governo di centro-sinistra formato

da DC, PSI, PSDI e PRI. Il centro-sinistra si presentò con un ambizioso programma

riformatore, ma la stretta creditizia invocata dal governatore della Banca d'Italia Carli e attuata dal ministro del Tesoro Colombo restrinsero i margini economici per una politica di riforme e la costruzione di un moderno sistema di welfare.

Resistenze conservatrici (dal Vaticano ai costruttori, fino al presidente della Repubblica Segni) entrarono quindi in campo contro la progettata riforma urbanistica.

Caduta del governo (giugno 1964). Minacce di colpo di Stato (il piano Solo del generale Giovanni De

Lorenzo, capo dell’arma dei carabinieri, predisposto con l'avallo di Segni). Il "rumore di sciabole" avvertito da Nenni indusse il leader socialista a rinunciare alle richieste più qualificanti nella stesura del programma del nuovo governo.

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La nascita dei “giovani” come “soggetto sociale”: “Non fidatevi di nessuno sopra i

trenta” Irruzione della gioventù sulla scena sociale in

tutto il mondo occidentale negli anni ’50. Si affermano comportamenti, culture, mode

volutamente differenti in senso radicale rispetto al passato.

Essere giovani diventa da questo momento un valore e nasce un soggetto sociale che fa della propria collocazione all’interno del ciclo biologico la discriminante e il punto di aggregazione.

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In Italia: nel 1959 i giovani sono percepiti come teppisti, nel 1960 la protesta dei “ragazzi con le maglie a righe”; dal 1962 le proteste dei giovani operai emigrati a nord. Dal 1966 irrompono sulla scena i beats e i capelloni, ma anche “gli angeli del fango” (alluvione Firenze 1966).

Due categorie di giovani: ci sono i “ribelli”, quelli che hanno uno spirito più “comunitario”, e ci sono i giovani delle “tre m”: mestiere, moglie e macchina.

Cosa li accomuna? La volontà di abbandonare il ruolo di comparse e assumere quello di protagonisti.

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La piaga dei teddy - boys

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Nel 1966 su 8 milioni di giovani (14-25, pari al 16% della popolazione)

5 milioni lavoravano già a 15 anni, 1 milione e 200 mila erano studenti, 1 milione cercava lavoro300mila erano emigrati all’estero.

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Giovani e dissenso: alla ricerca di modelli e miti alternativi

Le forme del dissenso furono molteplici, ma ebbero alcuni denominatori comuni: la contestazione di un ordine sociale

autoritario, visto come sistema spersonalizzante, tendente ad ingabbiare gli individui nella logica del denaro, del successo, del rispetto delle gerarchie, dell’accettazione dell’ordine costituito.

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Giovani e dissenso: alla ricerca di modelli e miti alternativi

Un secondo aspetto comune fu l’apertura, in particolare da parte dei giovani, al “Terzo mondo”. C’era in questo un bisogno di conoscenza, ma anche, talvolta, l’illusione di trovare altrove modelli culturali che potessero sostituire quelli della società di massa. Di cui la nascita di alcuni miti. Uno dei modelli e dei miti più famosi e duraturi è quello del rivoluzionario cubano Ernesto Che Guevara (1928-1967).

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Giovani e dissenso: alla ricerca di modelli e miti alternativi

Altri modelli o miti: l’idealizzazione delle filosofie contemplative indiane, il ricorso alle droghe leggere, le esperienze di vita comunitarie in opposizione agli schemi rigidi della famiglia nucleare e dei ruoli tradizionali

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Distruggere la famiglia autoritaria per distruggere lo stato autoritario

M. Horkheimer, E. Fromm, Studi sull’autorità e la famiglia , Parigi, 1936

“Di fronte al figlio in ultima istanza il padre ha sempre ragione; egli rappresenta il potere e il successo. …”

“fintantoché la struttura fondamentale della vita sociale e la cultura dell’epoca odierna, che riposa su di essa, non si trasformeranno radicalmente, la famiglia eserciterà la sua insostituibile funzione come produttrice di determinati tipi di carattere autoritari”.

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I giovani e la famiglia

“… I problemi dei giovani, quelli scappati di casa, nascono appena si decide di non vivere più all’interno della famiglia lasciandosi alle spalle svaghi borghesi e comodità. Tutto questo perché la famiglia come oggi è concepita e strutturata non offre ai figli quelle garanzie di comunicabilità e amore che i ragazzi cercano.I sistemi educativi sono vecchi come vecchie sono le libertà e gli interessi che la generazione dei nostri padri vorrebbe imporci. Nuovi spazi e nuovi ideali quindi e quindi una continua ricerca spirituale. Tutto questo con uno zaino e un sacco a pelo per vivere, per disintossicarsi, per cercare nuove prospettive e nuovi metodi di lotta….”

(Senza titolo da “Urlo e grido beat”, s.d. [ma 1967] s.n. )

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Milano 1967: “New Barbonia”

I capelloni sono responsabili “di incrementare l’abulia civica e il clochardismo internazionale, di affollare le galere e i dispensari celtici, di infittire le schiere delle prostitute e delle ragazze madri”. (“Corriere della Sera”, 14 giugno 1967)

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Milano 1967: “New Barbonia”

“Ora lo scandalo è finito. Il primo villaggio beat italiano non esiste più. E’ arrivata la polizia e lo ha distrutto. Sabato scorso tra manganellate, sassate e colpi di pistola sparati in aria, gli agenti della Mobile milanese e i beatnik di via Ripamonti si sono scontrati con una violenza senza precedenti. … All’alba di lunedì ha invaso per la seconda volta il villaggio con cento agenti e lo ha definitivamente spianato. Gli ultimi ragazzi sono stati portati via in questura per essere rimandati a casa col foglio di via, e le tende sono state bruciate. Poi, nella stessa mattina, gli inservienti dell’ufficio d’igiene hanno disinfettato il campo. In New Barbonia, come l’accampamento era stato prontamente ribattezzato, già comincia a spuntare un po’ d’erba”.

(“Panorama”, 22 giugno 1967, in Marco Grispigni, Combattenti di strada, p. 41 )

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Mondo beat“…NOI

NON SIAMO CAPACI DI VIVERE l’orario le fabbriche le famiglie gli zii le ferie il prete il partito la tredicesima benessere malessere. DISAGIO. IL DISAGIO….

Intanto i figli delle mamme d’Italia continuano ad andar via di casa calpestando la paura di trasgredire incontro ai beat di tutto il mondo scoprono anche loro le moschee il buddismo i deserti gli sputi in faccia il piacere di calpestare passo dopo passo il mondo e di sentirsi TERRIBILMENTE ESISTENTI E LIBERI ILLUDENDOSI DI TROVARSI FRA UNA TERRA SENZA FRONTIERE E UN CIELO NON CONTAMINATO AVVELENATO DA RADIAZIONI NUCLEARI pronto a spaccarsi come mai nella storia e a rovesciarsi sull’inferno che gli uomini si vanno creando SULLA TERRA fin dai tempi della puttana di BABILONIA. …”

(“Mondo beat”, I, 5, 31 luglio 1967)

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Il movimento femminista A partire dal nodo dell’aborto su cui si concentra

l’attenzione del movimento femminista fin dall’inizio (primi anni ’70) “l’iniziativa femminista avrebbe accentuato e reso popolari molti temi della sua denuncia: la repressione sessuale e il privilegio maschile; le storture e le ipocrisie sia della medicina che della morale corrente; l’arretratezza di una società che ha accetto a fatica la legalizzazione della pillola ma tacitamente accetta l’aborto clandestino come la forma più diffusa di “controllo delle nascite”; la retorica di una maternità sacralizzata ma al tempo stesso utilizzata come strumento di “esclusione”, oltre che di sudditanza della donna all’uomo

(Guido Crainz, Il paese mancato. p. 511)

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ABORTO: GIGLIOLA PIEROBON

“Minorenne, abbandonata dall’uomo che l’aveva messa incinta, non aveva i mezzi per mantenere un figlio, temeva il ‘disonore’. Abortì di nascosto su un tavolo da cucina, per mano di una praticona, senza assistenza medica, senza anestesia, e fu sul punto di morire per l’infezione che ne ebbe.”

(Volantino di Lotta femminista di Padova sul processo a Gigliola Pierobon, 25 maggio

1973)

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Aborto: il processo a Gigliola Pierobon

“Non sono la sola ad aver subito tale violenza. Questo è un affare privato che è diventato un processo pubblico ed è quindi diventato un affare di tutte le donne … . Ho abortito con 30 mila lire invece che con 500 mila, quelle che richiedono i medici che sono contro il libero aborto, e potete immaginare come. Non avevo possibilità di scelta, è stata una violenza”

(Maria Adele Teodori, Meglio carcerata che ragazza madre, “L’Espresso”, giugno 1973)