lettera (e non solo) ad uno studente di architettura

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di Paolo Giardiello

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...Questo non toglie che la conchiglia fosse soprattutto conchiglia, con la sua forma particolare, che non poteva essere diversa perché era proprio la forma che gli avevo dato, cioè l ’unica che io sapessi e volessi darle.Avendo la conchiglia una forma, anche la forma del mondo era cambiata, nel senso che adesso comprendeva la forma del mondo com’era più la forma della conchiglia.Italo Calvino, La Spirale, in Le Cosmicomiche, 1965

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IndicePer cominciareLettera ad uno studente di architetturaWilma dammi la clavaCos’è l’architettura?Bere con le maniParole, parole, paroleBasta che si regga?Vuoti a perdereSotto l’ombrelloneSalviamo l’ornitorincoSporcare i muriSeduti nella finestraLe cose nella cosaPerché una lavatrice non è una poltronaCosa sarà?Post scriptum

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Caro lettore, grazie di aver comprato questo mio pic-colo libro e, prima di cominciare, è giusto che ti dica che, sebbene io non sappia, com’è normale, chi tu sia, ho tuttavia riempito queste pagine immaginando con precisione il mio potenziale lettore: uno studente di architettura. Non che, se tu non dovessi esserlo, non ti è permesso di leggere il libro, o che non ci trove-rai qualcosa di interessante, è solo che, prima che tu ti senta escluso, voglio che sia al corrente del fatto che, nello scrivere questo volume, è a lui che mi rivolgerò direttamente. Certo, non ad uno in particolare, ma allo “studente di architettura”, a colui il quale, in formazione, sta cercan-do di capire - districandosi tra regolamenti didattici, corsi di laurea, piani di studio - perché ha scelto pro-prio questa facoltà. Non per parlare genericamente di università o didattica ma, come ti sarà subito chiaro, per conversare liberamente di architettura.Questo libro, infatti, non sarebbe mai potuto nascere se io non fossi un docente di architettura (di interni) e se non continuassi, ogni giorno, a confrontarmi con gli studenti, con le loro idee, progetti, distrazioni e in-quietudini. Questo lavoro non solo è destinato a loro ma, per essere più precisi, nasce da loro, dal rapporto che sempre si instaura tra un docente e i suoi studenti, e nel caso specifico da quello che, negli ultimi venti-

Per cominciare

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Lettera ad uno studente di architettura“Amate l’architettura, la antica, la moderna, amate l’ar-chitettura per quel che di fantastico, avventuroso e so-lenne ha creato - ha inventato - con le sue forme astrat-te, allusive e figurative che incantano il nostro spirito e rapiscono il nostro pensiero, scenario e soccorso della nostra vita, amatela per le illusioni di grazia, di legge-rezza, di forza, di serenità, di movimento che ha tratto dalla grave pietra, dalle dure strutture, amatela per il suo silenzio, dove sta la sua voce, il suo canto, segreto e potente, amatela per l’immensa gloriosa millenaria fatica umana che essa testimonia con le sue cattedrali, i suoi palazzi e le sue città, le sue case, le sue rovine”. (Gio Ponti, 1957)

Caro studente di architettura,non ho la presunzione di invitarti, come ha fatto Gio Ponti ad amare l’architettura con il trasporto e la par-tecipazione di cui solo lui è stato capace. Non pretendo che tu faccia risuonare in te parole ormai lontane il cui eco, invece, non si è mai spento in me.Molto più modestamente cercherò di invitarti a riflet-tere sui due termini che ti identificano: “studente” e “ar-chitettura”. Chi è lo studente? Chi sei tu, caro studente di architettura?

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Wilma dammi la clavaDa quella lettera voglio ripartire. Nella speranza che tu sia qui non per caso ma per affermare la tua estraneità alla massa di coloro che vanno all’università solo per conseguire un titolo, che studiano quello che gli viene detto, finalizzando ogni loro sforzo ad obiettivi ed esiti precisi: gli esami, la laurea, l’abilitazione professionale. Spero quindi che tu non sia un “lettore per caso”, che stai per chiudere il libro imprecando sul quando lo hai comprato o contro chi te lo ha regalato, ma conto dav-vero che tu stia qui perché condividi, o temi di provare, quella passione di cui ti parlavo nella lettera. Passione che non ha un perché, che ti lascia perplesso ed inquie-to, ma che c’è e che quindi pretende delle risposte.Allora cominciamo e perché, ti starai chiedendo guar-dando la scaletta, l’indice in questo caso, non partire subito da “cos’è l’architettura” visto che ho criticato la definizione di wikipedia? Calma, procediamo con cal-ma. Prima di sapere cos’è o com’è fatta una cosa forse è op-portuno capire perché c’è, insomma perché l’architettu-ra esiste, quindi perché si fa.Tu sai cosa c’è prima dell’architettura? A te, caro stu-dente di architettura, molto spesso, all’inizio dei corsi, racconto una specie di favola, una storia, e già questo ti dovrebbe far capire che tipo pericoloso io sia. Racconto di quel primo uomo sulla terra, che poi non era uno

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Bere con le maniVoglio insistere su un punto che troppo spesso i tuoi colleghi, ma talvolta anche la critica, sottovalutano. Fine di chi fa architettura, ti ho appena detto, è rea-lizzare spazi in cui far vivere l’uomo, spazi che si con-cretizzano grazie agli involucri che il progettista pre-dispone. Insomma, per essere più chiaro il tuo preciso compito, caro studente di architettura non è, e non sarà mai, costruire mirabolanti strutture di cui compiacer-ti per le forme ardite o per i materiali o le tecniche avanzate. Sento già cori di critiche che mi assalgono. Aspetta, non ho finito, il tuo compito non è di costruire involucri strutturali “fini a sé stessi”, insomma autore-ferenziali o del tutto privi di relazione con lo spazio interno, o non commisurati ad esso, ovvero che danno per scontato lo spazio in termini di quadratura e di cu-batura e non di morfologia, sensi e qualità percettiva.Insomma, per fare comprendere tale punto delicato, di solito, racconto ai tuoi colleghi che il problema di chi ha sete è l’acqua e non il bicchiere, che altro non è che il modo, lo strumento, per portare quel liquido alle lab-bra che altrimenti non potrebbe assumere. Ancor più, chi un liquido deve mostrare, esporre o promuovere, ad esempio, un buon vino o un liquore raro e prezioso progetta la bottiglia o il bicchiere non in funzione della figurazione degli stessi, ma in relazione alla migliore sagoma, dimensione, materiale, capaci di valorizzare la

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Caro studente di architettura, il libro è finito ma è giu-sto che ti faccia alcune puntualizzazioni. Prima di tuttosul perché questo libro non contenga foto o disegni di architettura. Ebbene si tratta di una scelta precisa per-ché, per questa volta, ho voluto dare peso alle parole e farti concentrare solo sul racconto dei contenuti. Le uniche immagini, i disegni di Sergio Fermariello, non parlano di architettura, ma raccontano di “guerrieri”, di uomini pronti a combattere per realizzare le loro idee. Si, perché abbiamo perso l’abitudine di capire il senso delle parole, di comprendere il fine di un discorso. Il mondo che viviamo si basa molto su immagini sinteti-che rappresentative, su filmati brevi e su scritti ancora più corti. Abbiamo in parte perso l’abitudine di leggere, ascoltare o guardare tutto ciò che non è immediato. So anche che a volte ciò che invoglia a comprare un libro sono proprio le foto, ed io d’altronde durante le lezioni uso moltissime immagini, ma come ti ho già detto que-sta non è una raccolta di lezioni ma solo il tentativo di trasmettere idee e riflessioni liberamente. Non voglio invogliare nessuno. Si spaventino pure i tuoi colleghi a vedere solo pagine piene di parole. È poi un testo che non ha note, e questo è grave, o almeno diciamo che non è usuale, e che molti dei miei esimi colleghi storceranno il naso, già li vedo, ma il li-bro non è destinato a loro come ho ben chiarito e a te ma non volevo dare l’idea del “saggio travestito da altro” per cui, ora alla fine, anche se in maniera disordi-nata e confusa, ti aggiungerò alcune informazioni per correttezza e per permettere di orientarti tra cose, fatti,

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