l’educazione fisica e il benessere dei preadolescenti
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LAVORO DI DIPLOMA DI
SABRINA PAULUS
MASTER OF ARTS IN EDUCAZIONE NELLA SCUOLA MEDIA
ANNO ACCADEMICO 2016/2017
L’EDUCAZIONE FISICA E IL BENESSERE DEI
PREADOLESCENTI
LE ATTIVITÀ DI COLLABORAZIONE E LA LORO INFLUENZA SULLA
PROPRIA AUTOSTIMA
RELATORE: ANGELA CATTANEO
CO-RELATORE: LUCA SCIARONI
Ai miei allievi di 2A (di pratica professionale) della scuola media di Pregassona desidero rivolgere
la mia più sincera riconoscenza. È grazie alla loro disponibilità che questo progetto ha potuto
realizzarsi.
Un ringraziamento speciale va inoltre alla mia relatrice, Angela Cattaneo per la sua disponibilità,
il suo sostegno e il suo prezioso aiuto, per la realizzazione e redazione di questo lavoro di ricerca.
Ringrazio anche tutte le persone che sono state marginalmente coinvolte nel progetto.
i
Sommario
1. Introduzione ..................................................................................................................................... 1
2. Quadro teorico.................................................................................................................................. 3
La collaborazione tra pari ................................................................................................................ 3
L’autostima ...................................................................................................................................... 5
3. Definizione del problema e obiettivi della ricerca ........................................................................... 9
4. Quadro metodologico ..................................................................................................................... 11
4.1. Campione di riferimento ......................................................................................................... 11
4.2. Approcci utilizzati per la ricerca ............................................................................................. 11
4.3. Fasi di ricerca .......................................................................................................................... 12
4.3.1. Fase 1: Osservazione e conoscenza del gruppo classe ..................................................... 12
4.3.2. Fase 2: Somministrazione del questionario a scelta multipla (MDI), prima raccolta dati
.................................................................................................................................................... 12
4.3.3. Fase 3: Analisi dei dati e delle aeree di competenza ........................................................ 13
4.3.4. Fase 4: Progettazione dell’itinerario didattico nella dimensione relazionale-affettiva .... 14
4.3.5. Fase 5: Svolgimento dell’itinerario didattico, annotazioni e follow-up ........................... 15
5. Risultati .......................................................................................................................................... 17
5.1. Descrizione del campione ....................................................................................................... 17
5.2. Analisi dei dati prima dell’intervento didattico ...................................................................... 18
5.3. Analisi della classe rispetto all’itinerario didattico ................................................................. 20
5.3.1. Lezione 1: Percorsi collaborativi ..................................................................................... 20
5.3.2. Lezione 2: Postazioni di equilibrio .................................................................................. 22
5.3.3. Lezione 3: Piramidi umane .............................................................................................. 23
5.3.4. Lezione 4: Postazioni sui grandi attrezzi ......................................................................... 25
5.3.5. Lezione 5: Preparazione e presentazione di scenette sportive ......................................... 26
5.3.6. Lezione 6: Percorsi sugli attrezzi proposte di sfide del gruppo classe contro il docente. 28
ii
5.3. Analisi della classe rispetto all’itinerario didattico ................................................................. 29
6. Conclusione .................................................................................................................................... 31
6.1. Limiti della ricerca e possibili sviluppi ................................................................................... 32
7. Bibliografia .................................................................................................................................... 33
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1. Introduzione
Per la formazione Master in insegnamento nella scuola media, siamo tenuti a svolgere un lavoro di
diploma. Durante il terzo semestre di formazione, sono stati presentati diversi temi di ricerca.
Alcuni riguardavano aspetti ben specifici di una materia come ad esempio la matematica o la storia;
altri invece, facevano riferimento a tematiche più “generali” del contesto scolastico, per esempio la
motivazione nello studio, le metodologie d’insegnamento o l’educare alle tecnologie.
Il mio interesse era di trovare una tematica che facesse risaltare l’importanza della disciplina
dell’educazione fisica. Per questo motivo ho deciso di svolgere una ricerca sul benessere degli
adolescenti.
L’educazione fisica, proponendo attività sportive, non si occupa solo del movimento, ma anche
dell’individuo che si muove; non si occupa solo delle tecniche bensì anche della personalità del
soggetto che agisce, delle sue motivazioni, della presa di decisione, ecc.. Quindi ai dati misurabili e
oggettivi (punteggi, tempi, distanze, ecc.) si associano i dati soggettivi (desiderio di comunicare con
i compagni, desiderio di vincere, gioia, paura, frustrazione, ecc.) forse più difficili da interpretare,
ma sicuramente di importanza decisiva per lo sviluppo dell’essere umano e del suo benessere.
Due sono gli aspetti soggettivi che tratto in questo lavoro di ricerca e a cui tengo molto:
o La collaborazione: essa porta a creare un buon clima di lavoro tra gli alunni poiché si
promuove l’aiuto reciproco e il rispetto verso gli altri. In educazione fisica vi sono molte
attività che promuovono la collaborazione tra pari e il sostegno reciproco.
o L’autostima: se positiva, permette al preadolescente di vivere la scuola con gioia e serenità.
In educazione fisica siamo spesso confrontati con allievi che hanno scarsa autostima delle
proprie capacità fisiche. Di conseguenza si mettono in disparte e non si applicano perché
pensano al giudizio dei propri compagni o perché pensano di fare male.
Sembrerebbe casuale la scelta di trattare la collaborazione e l’autostima, in realtà, durante la mia
pratica professionale mi sono resa conto di quanto questi due aspetti possano influenzarsi a vicenda.
L’immagine di sé (l’autostima) positiva o negativa che sia, non è condizionata unicamente da fattori
interiori individuali, ma è anche alimentata dal confronto con i coetanei. Effettivamente Bowlby
(1980) ha messo in evidenza che le relazioni sociali positive assumono un ruolo importante, e
consentono al preadolescente di sviluppare un’immagine di sé positiva.
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Ho sempre sostenuto l’importanza di lavorare sulla collaborazione ed è per questo motivo che ho
deciso di osservare e analizzare in che modo quest’ultima possa influenzare l’autostima.
Durante le lezioni di educazione fisica vi sono spesso delle dinamiche di gruppo e delle interazioni
sociali che hanno l’obiettivo di rispondere e superare un compito comune (come ad esempio
effettuare un percorso a coppie); è facile intuire in queste attività il grande valore educativo che può
allora acquisire la comunicazione motoria. Con questo lavoro di ricerca il mio obiettivo è proprio
quello di osservare in che misura un itinerario in educazione fisica che valorizza le esperienze di
cooperazione, possa influenzare e migliorare il livello di autostima. Uno strumento che utilizzerò
per osservare eventuali cambiamenti nel livello di autostima degli allievi, sarà un questionario (il
questionario MDI) che presenterò loro e che dovranno completare una volta prima dell’intervento
didattico, e una seconda volta dopo la conclusione dell’itinerario.
Nei prossimi capitoli introdurrò innanzitutto i due aspetti che vado a trattare (la collaborazione e
l’autostima) e gli obiettivi del mio lavoro di ricerca; in seguito spiegherò il quadro metodologico
presentando il campione di riferimento (una classe di seconda media), gli approcci utilizzati per la
ricerca e le fasi di ricerca; dopo di che passerò all’analisi e all’interpretazione dei risultati ottenuti
sia prima che dopo l’intervento; infine seguiranno le mie riflessioni conclusive.
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2. Quadro teorico
La collaborazione tra pari
Come accennato nell’introduzione, un aspetto che vado a trattare in questo lavoro di diploma è la
collaborazione tra pari. Durante la pratica professionale mi sono resa conto che per creare un buon
clima di lavoro è necessario innanzitutto sviluppare in ogni allievo le competenze relazioni e
affettive: collaborazione in vista di obiettivi comuni, apprezzamento reciproco, norme e modalità di
funzionamento del gruppo e motivazione a stare insieme. In educazione fisica vi sono molte attività
che promuovono la collaborazione tra pari e l’aiuto reciproco. Queste attività sono fondamentali
perché sono dei metodi didattici per migliorare reciprocamente l’apprendimento di ogni allievo
(Polito, 2000, p. 20). Emerge così una dinamica di gruppo che attribuisce un senso nuovo al gesto
sportivo. Non c’è più solo l’azione: ora c’è interazione. Nessuno oggi può negare l’importanza di
questi fenomeni di gruppo, non solo a livello del preadolescente, ma anche per quanto riguarda gli
insegnanti (Parlebas, 1997). Nel paragrafo seguente entreremo più in dettaglio sul valore e
significato della collaborazione tra pari.
Come afferma Vecchio (2008, p. 51), “la scuola rappresenta senza dubbio il terreno ideale in cui
bambini e adolescenti, oltre ad apprendere contenuti cruciali per il loro sviluppo e la loro
formazione, possono sperimentare le attività necessarie per costruire relazioni significative sia con
gli adulti sia con i coetanei”. In effetti, nel contesto scolastico vi sono tre elementi fondanti: la
presenza di un gruppo, la possibilità di avere scambi comunicativi e la presenza di domini della
conoscenza (cit. in Conoscere la comunità a cura di Prezza M., Santinello M., 2002). Sulla base di
questi elementi, le discussioni di classe sono fondamentali per la condivisione di emozioni e
conoscenze, e per le interazioni degli allievi in ruoli diversi, in cui si ascolta attivamente e si
dialoga. Moscovici e Doise nel loro libro “Dissensi e consensi” (1991) (cit. in Conoscere la
comunità a cura di Prezza, Santinello, 2002) indicano proprio nei processi partecipativi, la forza
propulsiva dei gruppi, che può aprire la strada ai cambiamenti sociali ma anche a trasformazioni
individuali.
Perché sia possibile la collaborazione, è importante che gli adolescenti abbiano una certa sicurezza
in loro stessi e nelle loro capacità. Da una parte, il chiedere e ottenere l’aiuto permette di affrontare
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le novità e le incertezze, di superare varie difficoltà, di confrontarsi con l’altro e di promuovere
l’apprendimento attraverso l’esperienza di reciprocità; dall’altra, la mancanza di sicurezza come
anche la carenza di autostima, possono ostacolare la messa in atto di comportamenti collaborativi
(cit. in Psicologia dello sviluppo Camaioni, Di Blasio, cap. 6, 2002). Di fatto, saper collaborare è
una competenza necessaria per vivere bene e avere un buon adattamento psicosociale. Ciò vale
soprattutto nell’adolescenza, periodo in cui ragazzi e ragazze devono affrontare numerosi compiti di
sviluppo. Proprio in questo periodo, infatti, la dimensione dell’aiuto diventa centrale nelle relazioni
di amicizia (cit. in Psicologia positiva e preadolescenza, Ferrari, Santilli, Ginevra, 2014).
Numerosi studi hanno osservato un crescente interesse da parte degli adolescenti per le relazioni
con i coetanei e la sempre maggiore influenza da parte degli amici sul comportamento degli
adolescenti (cit. in Psicologia dell’adolescenza a cura di Palmonari A., cap. 13, 1993).
Polito (2003, p. 281) descrive le principali caratteristiche della collaborazione tra pari attraverso i
seguenti punti:
Interdipendenza positiva (“Il tuo apprendimento facilita il mio e viceversa”);
La responsabilità verso se stessi e verso gli altri;
La creazione di un clima di classe accogliente, sostenuto da interazioni positive, amichevoli e
solidali;
L’eguale partecipazione di tutti al lavoro comune;
La valutazione del lavoro svolto, per migliorare lo spirito di cooperazione.
“Lo studente si sente accolto, ma anche responsabilizzato. I suoi bisogni, persino i suoi capricci,
possono essere espressi e ascoltati. Ma poi incontreranno i bisogni degli altri e a quel punto avverrà
il confronto e la contrattazione per riformulare le regole di funzionamento del gruppo. Questa
esperienza può costituire per lo studente una lezione di civiltà e di educazione sociale: può essere
stimolato a imparare a discutere, decidere e scegliere la regola migliore, quella che comporta i
maggiori benefici per tutti. Questa è una delle più incisive lezioni di educazione alla cittadinanza”
(Polito, 2000, p. 50).
In educazione fisica, per rispondere all’esigenza di valorizzare le esperienze formative di vita di
gruppo e di partecipazione sociale (convivenza e interazioni sociali), si svolgono attività chiamate
sociomotorie. Si tratta di un ambito nel quale viene richiesta la capacità di decentrarsi e di tener
conto dell’altro. Tre possono essere i sottogruppi principali di questa categoria:
1) Le situazioni motorie in cui l’unica relazione possibile è l’opposizione: l’allievo cerca in tutti i
modi di mettere in difficoltà l’avversario o un gruppo di avversari (giochi uno contro uno o uno
contro tutti);
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2) Le situazioni motorie di cooperazione e opposizione: all’interno di un gruppo vi è aiuto, accordo
e solidarietà, esso si oppone a un altro gruppo di avversari (calcio, pallacanestro, ecc.);
3) Le situazioni motorie in cui è prevista esclusivamente la cooperazione: gli allievi sono uniti tra
loro da un legame di solidarietà (esercizi didattici di salto alla cordicella a coppie o a gruppi, ecc.).
Nel mio lavoro di ricerca verrà preso in considerazione proprio quest’ultimo punto poiché è l’unico
che non porta a instaurare delle relazioni di rottura (opposizione) e quindi si evitano di creare
situazioni che possono produrre frustrazione, aggressività, desiderio di affermazione del sé, ecc.
Verranno quindi presentate delle attività in cui non vi è memoria di vittoria e sconfitta (non ci sono
avversari), ma solo il “cooperare per un obiettivo comune” (partners). Le ragazze e i ragazzi, grazie
allo sviluppo di competenze sociali, possono conoscere meglio il prossimo, possono rappresentare
più chiaramente il vissuto dell’altro, comprendere le motivazioni delle sue azioni e rispettarlo di
conseguenza.
L’autostima
Un altro aspetto importante che vado a trattare in questo lavoro di diploma è l’autostima.
Quest’ultima, se positiva, permette al preadolescente di vivere la scuola con gioia, costanza e
serenità. Un passo importante per favorire lo sviluppo di una buona autostima, è quello di far capire
all’allievo che è lui stesso a decidere che vale, al di là di come andrà la giornata scolastica, al di là
dei risultati ottenuti. Un’autostima elevata è un fattore importante per l’alunno, perché gli permette
di affrontare sconfitte e imprevisti in ambito scolastico e non solo, senza che questi creino dei
circoli negativi. In educazione fisica siamo spesso confrontati con allievi che hanno scarsa
autostima dei propri mezzi e delle proprie capacità fisiche. Di conseguenza non si applicano, non
provano nuovi esercizi o si mettono in disparte perché pensano al giudizio dei propri compagni o
perché sanno di fare male. È per questo motivo che trattare le competenze affettive della personalità
e creare una buona autostima durante le lezioni di educazione fisica, sono molto importanti per il
buon sviluppo dell’allievo piuttosto che lavorare unicamente le competenze motorie.
Nei paragrafi successivi entreremo più in dettaglio sul significato dell’autostima e in seguito
cercheremo di capire come mai quest’ultima è legata con l’aspetto della collaborazione tra pari
descritta in precedenza.
Definire l’autostima non è semplice, in quanto si tratta di un concetto che ha un’ampia storia di
elaborazioni teoriche. Nel seguente sotto capitolo sono presentati diverse teorie e pensieri di autori
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differenti; questi ultimi hanno sviluppato aspetti importanti del concetto di sé. Per il mio lavoro di
diploma farò riferimento ad alcune di queste teorie, che verranno chiarite successivamente.
Possedere un’alta autostima significa saper riconoscere in maniera realistica, di avere sia pregi che
difetti, impegnarsi per migliorare le proprie debolezze, apprezzando i propri punti di forza. Tutto
ciò porta a una maggiore apertura all’ambiente, una maggiore autonomia e una maggiore fiducia
nelle proprie capacità. Al contrario, una bassa autostima può condurre al disimpegno e disinteresse.
Vengono riconosciute esclusivamente le proprie debolezze, mentre vengono trascurati i propri punti
di forza. Si è più vulnerabili e meno autonomi. Di conseguenza si preferisce non sperimentare
l’insuccesso. Le persone con una bassa autostima si arrendono molto più facilmente quando si tratta
di raggiungere un obiettivo, soprattutto se incontrano qualche difficoltà.
Una prima spiegazione del concetto di autostima si deve a Williams James (cit. in Bascelli e al.,
2008), il quale la concepisce come una discrepanza tra le attese che un soggetto ha su di sé (il sé
ideale) e la percezione della propria reale adeguatezza (il sé reale). Minore è questa discrepanza,
maggiore sarà l’autostima (cit. in Bascelli e al., 2008). A partire da questa definizione, da una parte
il sé ideale può essere uno stimolo alla crescita, in quanto può portare a formulare degli obiettivi da
raggiungere, ma può generare emozioni negative se lo si avverte molto distante da quello reale.
Anderson e al. (2001) (cit. in Psicologia dell’adolescenza a cura di Palmonari A., cap. 4, 1993)
definiscono l’autostima come un’esperienza soggettiva e stabile di valutazione del proprio essere,
basata sulla considerazione che si ha di sé. A sostegno di ciò, Alasker e Kroger (2006) (cit. in
Psicologia dell’adolescenza a cura di Palmonari A., cap. 4, 1993) descrivono l’autostima come una
componente affettivo-valutativa del sé, definita come la risultante di un processo in cui i contenuti
del concetto di sé (per esempio sono un calciatore, sono uno studente, ecc.) vengono valutati e
giudicati rispetto a valori e agli standard personali (sono un calciatore talentuoso, sono uno studente
bravo). Ma cosa concorre a far sì che un individuo si valuti positivamente o negativamente? Ebbene
ci si autovaluta in merito a tre processi fondamentali:
1) Il giudizi degli altri: noi ci auto-identifichiamo attraverso le opinioni espresse dagli altri
individui.
2) Il confronto sociale: ovvero la persona si valuta confrontandosi con chi lo circonda e da questo
confronto ne scaturisce una valutazione.
3) Il processo di auto-osservazione: la persona può valutarsi anche auto-osservandosi e
riconoscendo le differenze tra se stesso e gli altri.
Anche Cooley (1902) (cit. in Psicologia dell’adolescenza a cura di Palmonari A., cap. 13, 1993),
definisce l’autostima come una costruzione sociale: il soggetto fa propri gli atteggiamenti che gli
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altri esprimono nei suoi confronti; ad esempio la famiglia rappresenta il primo contesto relazionale
che fornisce feedback rilevanti nell’adolescente per definire la propria autostima. Anche gli amici
influenzano l’autostima degli adolescenti. Infatti, un motivo che li spinge ad appartenere a un
gruppo, è proprio il desiderio di accrescere la propria autostima attraverso l’identificazione con quel
gruppo (cit. in Psicologia dello sviluppo Camaioni, Di Blasio, cap. 6, 2002).
Entrando nel discorso della psicologia sociale, Giusti (2006) definisce l'autostima come una
costruzione personale dell'individuo su di sé ed è quindi considerata come un processo attivo in
continua evoluzione. Diversamente Mead (1934) considera l'autostima come un processo passivo,
poiché il livello di autostima acquisito durante l'infanzia, pur evolvendo, tende a rimanere uguale.
A sostegno di questi argomenti Pope, McHale e Craighead (1993) evidenziano che il concetto di
autostima può essere distinto in:
Autostima globale: si basa su un’autovalutazione generale che gli individui strutturano nel
tempo.
Autostima in ambiti specifici: riguarda il modo in cui gli adolescenti si valutano in determinati
aspetti dell’esperienza personale. Gli autori hanno individuato quattro ambiti rilevanti per
l’immagine di sé degli adolescenti: l’aspetto fisico e le capacità motorie, le relazioni famigliari,
le competenze scolastiche e le relazioni sociali con i pari e con gli adulti. Mentre alcuni ambiti
possono essere importanti per loro, altri possono avere un ruolo secondario, e di conseguenza, i
primi avranno un notevole impatto sull’autostima mentre i secondi incideranno meno (come
anche osservato da James (1890) (cit. in Bascelli e al., 2008).
Come già accennato sono stati tanti gli autori che si sono interessati all’autostima. Ci sono però tre
elementi fondamentali che ricorrono costantemente in tutte le definizioni di autostima (Bascelli,
2008):
La presenza nell’individuo di un sistema che consente di auto-osservarsi e quindi di auto-
conoscersi.
L’aspetto valutativo che permette un giudizio generale di se stessi.
L’aspetto affettivo che permette di valutare e considerare in modo positivo o negativo gli
elementi descrittivi.
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In questo lavoro di ricerca terrò in considerazione gli ultimi tre punti presentati riguardo l’autostima
poiché trovo che rappresentino il “succo” delle varie definizioni esposte. Inoltre sarà importante
considerare l’autostima come una costruzione personale e in continua evoluzione. (Giusti, 2006).
Questo perché durante la preadolescenza, il soggetto non è influenzato unicamente da fattori
interiori individuali, ma ha anche bisogno dell’accettazione sociale: l’immagine di sé è alimentata
dal confronto con i coetanei; questi ultimi rivestono un ruolo cruciale nello sviluppo psicologico e
sociale del preadolescente. Ed è proprio in questo contesto che entra in gioco l’aspetto della
collaborazione tra pari. Effettivamente Bowlby (1980) ha messo in evidenza che le relazioni sociali
positive assumono un ruolo importante, che consentono al preadolescente di sviluppare
un’immagine di sé (autostima) positiva.
Quindi da una parte abbiamo l’autostima dall’altra la collaborazione tra pari. Questi due aspetti
saranno il fulcro del mio lavoro di ricerca, poiché hanno un ruolo fondamentale nella mia disciplina
e mi permette di analizzare il benessere di un gruppo classe.
In particolare, il mio obiettivo è proprio quello di osservare se attraverso un itinerario basato sulla
cooperazione e all’aiuto reciproco tra pari, l’autostima degli allievi possa essere influenzata
positivamente, e di conseguenza porti a un miglior benessere psicofisico. Gli interventi educativi
messi in atto per contribuire a raggiungere lo scopo prefissato, trovano sostegno in alcune teorie di
apprendimento pedagogiche e psicosociali. Nei prossimi paragrafi l’intenzione è quella di mettere
in risalto alcuni di questi approcci che verranno in seguito verificati attraverso l’attuazione di un
percorso didattico di un itinerario in educazione fisica.
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3. Definizione del problema e obiettivi della ricerca
Attraverso questo lavoro di diploma intendo indagare la relazione che intercorre tra il benessere
degli adolescenti di seconda media, e le competenze sociomotorie di collaborazione del gruppo
classe.
In particolare, il mio obiettivo è di osservare se attraverso un itinerario basato sulle attività di
cooperazione e aiuto reciproco, l’autostima degli allievi possa essere influenzata positivamente, e di
conseguenza porti a un miglior benessere psicofisico.
La domanda alla quale intendo rispondere è la seguente:
• Sapendo che le relazioni sociali positive consentono al preadolescente di sviluppare
un’immagine di sé (autostima) positiva, allora trattare un itinerario sociomotorio con una
classe di seconda media e svolgere delle lezioni di collaborazione e di sostegno reciproco,
può influenzare positivamente l’autostima?
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4. Quadro metodologico
4.1. Campione di riferimento
Il campione di riferimento preso in considerazione è una classe di seconda media delle scuole medie
di Pregassona. La classe è composta da 21 allievi (11 femmine e 10 maschi). Sarebbe stato più
interessante avere un campione di almeno due classi, ma essendo in pratica professionale, mi è stata
concessa unicamente una classe del primo biennio; di conseguenza, l’unica classe che ho potuto
conoscere e seguire regolarmente per un semestre, è questa seconda media.
4.2. Approcci utilizzati per la ricerca
Per lo svolgimento della ricerca, ho fatto uso di strumenti di natura quantitativa (attraverso il
questionario) e qualitativa (osservazione e appunti sul comportamento degli allievi nelle varie
situazioni motorie). In questo modo ho cercato di ricavare più elementi di discussione e capire certe
situazioni che con gli strumenti quantitativi non potevano essere considerati (ad esempio il
linguaggio non verbale e l’emotività durante le attività motorie). Lo strumento utilizzato per
annotare le varie impressioni è stato una sorta di diario di bordo: dopo ogni lezione scrivevo ciò che
osservavo durante le attività. Non mi limitavo a guardare in maniera generale la gestione delle
attività, ma osservavo aspetti ben specifici della classe quali:
La tipologia di comunicazione tra gli allievi;
La modalità d’interazione tra pari;
La capacità di collaborare tra pari;
Il raggiungimento degli apprendimenti.
Ho deciso di osservare i vari comportamenti degli alunni in una visione d’insieme poiché era
necessario conoscere la classe assegnatami e avevo intenzione di mantenere l’anonimato degli
allievi.
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4.3. Fasi di ricerca
Per questa ricerca ho suddiviso il lavoro in cinque momenti ben specifici. Durante la prima fase ho
osservato e conosciuto la classe, in seguito mi sono concentrata in altre quattro fasi più specifiche
che mi hanno permesso di analizzare e rispondere alla domanda di ricerca che mi sono posta.
Nei paragrafi successivi sono spiegate le fasi di lavoro in ordine di svolgimento.
4.3.1. Fase 1: Osservazione e conoscenza del gruppo classe
I mesi di settembre e ottobre 2016 sono stati utili per osservare e conoscere la classe assegnatami.
Al fine di valutare i bisogni del gruppo, ho svolto varie attività che mi hanno permesso di esplorare
le 5 dimensioni della personalità. Questo per poter in seguito proporre degli itinerari che rispondano
alle esigenze della classe. L’obiettivo principale di questo itinerario non è stato dunque
d’apprendimento per gli allievi, bensì di analisi e valutazione dei bisogni della classe. Malgrado ciò,
l’itinerario ha comunque lo scopo di riportare gli allievi a esplorare le diverse dimensioni sollecitate
dall’educazione fisica, ritornando a lavorare, giocare, confrontarsi e collaborare con i compagni
dopo la lunga pausa estiva.
Alla fine delle lezioni annotavo le prime impressioni riguardo il gruppo classe. Dalle mie
osservazioni ho potuto trarre una serie di elementi:
Classe motivata (accettavano tutte le attività proposte e le svolgevano con la dovuta serietà);
La collaborazione tra gli allievi non era spontanea (solo quando richiedevo una certa
cooperazione allora c’era, altrimenti preferivano lavorare individualmente o con i soliti due
o tre compagni);
Gli allievi avevano difficoltà a lavorare tra maschi e femmine (specialmente le ragazze si
sentivano a disagio quando dovevano svolgere degli esercizi a coppie con un ragazzo);
Diversi ragazzi non accettavano la sconfitta, di conseguenza essi si arrabbiavano con la
propria squadra o con gli avversari.
4.3.2. Fase 2: Somministrazione del questionario a scelta multipla (MDI), prima raccolta dati
Nel periodo tra ottobre e novembre io e altri miei colleghi abbiamo somministrato il questionario
“Middle Years Developement Instrument-MDI” ad allievi di prima e seconda media del Canton
Ticino. Questo questionario è stato sviluppato nel 2010 dalla professoressa Kimberly Schonert-
Reichl dell’Università di Vancouver in collaborazione con studiosi dell’Università del British
Columbia in Canada e in seguito tradotto in italiano e riadattato per essere somministrato ad allievi
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di scuola media del Canton Ticino. Le domande del questionario sono relative a cinque aree di
sviluppo che sono fortemente legate al benessere, alla salute e al rendimento scolastico dell’allievo:
lo sviluppo socio emotivo, la relazione con gli adulti, la salute e il benessere, le esperienze a scuola
e il tempo libero.
È stato richiesto di leggere ad alta voce l’introduzione al questionario in cui si informava che la
partecipazione al sondaggio era volontaria, che le loro risposte erano confidenziali, e che non ci
sarebbero state conseguenze se avessero scelto di non partecipare. Per evitare differenze legate alla
capacità di comprensione e di lettura degli studenti, io e gli altri insegnanti abbiamo letto ogni
domanda ad alta voce, verificando che le risposte fossero date con cognizione (nel mio caso il
questionario l’ho somministrato alla mia classe di seconda media durante una lezione di educazione
fisica: dopo aver accolto gli allievi, ho spiegato ed esposto l'attività che avremmo affrontato).
L’intero questionario si presentava con domande chiuse: l'allievo doveva barrare una risposta fra
quelle indicate.
La somministrazione del questionario per classe, ha occupato globalmente 40 minuti di lezione
corrispondenti allo stesso tempo impiegato nello studio canadese. In particolare, l’MDI si propone
di dare spazio alle testimonianze dei giovani offrendo loro la possibilità di condividere pensieri,
desideri e bisogni; contemporaneamente, vuole creare un’occasione di riflessione per gli adolescenti
a proposito di se stessi, la loro vita, gli amici e la scuola (Schonert-Reichl, Guhn, Hymel, Hertzman,
Swiess, Gadermann et al., 2010).
4.3.3. Fase 3: Analisi dei dati e delle aeree di competenza
In base alle aree di competenza presenti nel questionario MDI ho individuato gli items utili e
funzionali per rispondere alle domande di questa ricerca riguardanti l’autostima dell’allievo.
Le aree e gli items presi in considerazione sono:
Auto-osservazione del proprio stato di benessere
Item 5. Credo che mi succederanno più cose positive che negative.
Item 7. In generale mi piace essere come sono.
Item 12. Spesso mi sembra di far male le cose.
Accettazione sociale / Rapporto con i pari
Item 13. Mi preoccupo di quello che gli altri ragazzi potrebbero dire di me.
Item 14. Spesso sono preoccupato perché penso di non piacere agli altri.
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Item 15. Ho paura di essere preso in giro.
Percezione del proprio aspetto fisico
Item 59. Come valuti il tuo peso.
Item 60. Quanto spesso ti piace il tuo aspetto.
Grazie all’analisi dei dati avvenuta attraverso l’utilizzo dei mezzi informatici, mi è stato possibile
conoscere e comprendere quali fossero le percezioni degli allievi riguardo alla propria personalità e
come si sentivano nei confronti dei propri compagni. Questa fase mi ha permesso di progettare e
attuare un itinerario sulle competenze collaborative al fine di migliorarle e di perseguire gli obiettivi
di questa ricerca.
4.3.4. Fase 4: Progettazione dell’itinerario didattico nella dimensione relazionale-affettiva
A partire da dicembre, durante la pratica professionale, ho progettato e svolto un intervento
didattico. Ho deciso di utilizzare 12 unità didattiche (UD)1 in educazione fisica per osservare dei
possibili miglioramenti sulla percezione dello stato di benessere degli allievi; benessere in questo
caso, legato all'autostima. L'intervento articolato su due mesi mi ha permesso di proporre sei attività
completamente diverse tra loro; inoltre cercavo di lavorarle su più UD: per ogni lezione riprendevo
certe situazioni motorie svolte la volta precedente. Non era casuale questa scelta, ma faceva parte
del mio progetto didattico. Da una parte serviva per mantenere una certa continuità nelle attività,
dall’altra mi permetteva di osservare eventuali modifiche nel comportamento cooperativo rispetto
alla volta precedente o di confermare il raggiungimento degli obiettivi. Quello che mi interessava
era sempre dato da due aspetti: l’autostima e la collaborazione. In ogni lezione ho sempre avuto un
momento per la metariflessione; un momento che metteva a confronto gli allievi, che lasciava
spazio alle discussioni e agli interventi, e che serviva a renderli coscienti sugli obiettivi delle varie
attività. Ciò mi ha permesso di sviluppare o migliorare le competenze specifiche degli allievi.
L’itinerario tratta come competenza generale il fatto di stabilire delle interazioni motorie efficaci di
solidarietà con il partner (prefissato negli obiettivi del Piano di Formazione della scuola Media).
Tramite le attività proposte durante le lezioni, ho cercato di isolare due apprendimenti specifici in
particolare:
1 Un’unità didattica (UD) equivale a un’ora di lezione, quindi 12 UD equivalgono a sei lezioni di
due ore ciascuna.
Sabrina Paulus
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1) In situazioni motorie con partner: stabilire relazioni di accordo e di sostegno reciproco, adattando
il proprio comportamento motorio alle esigenze del compagno o del gruppo.
2) Accettare di svolgere le attività con tutti.
È fondamentale che alla fine dell’itinerario sociomotorio ogni allievo capisca l’importanza della
collaborazione per risolvere delle situazioni motorie di gruppo, siano esse complicate o meno, siano
esse con incertezza o meno. Solo così la classe può sviluppare delle competenze relazionali -
affettive efficaci e di conseguenza si possono avere dei risultati interessanti riguardanti l’autostima.
Sono state proposte sei attività diverse tra loro, le quali però avevano come filo conduttore la
cooperazione per un obiettivo comune. Inoltre la sequenza delle lezioni non è stata casuale. Tre
sono stati gli elementi che hanno mantenuto la continuità delle lezioni:
Da una lezione all’altra l’esercizio motorio veniva svolto da gruppi di allievi sempre più
numerosi: a coppie, poi a gruppi di 4-5-6 persone, infine tutta la classe insieme;
Da una lezione all’altra si riprendevano certi elementi delle lezioni precedenti per capire se
avessero integrato certi comportamenti cooperativi;
Da una lezione all’altra le mie spiegazioni nonché i miei interventi andavano diminuendo,
lasciando maggiore spazio ai gruppi di esprimersi e di superare gli ostacoli collaborando
all’interno dei gruppi.
Qui di seguito sono esposte le sei attività che verranno descritte più nel dettaglio nel capitolo
successivo:
Lezione 1: Percorsi collaborativi a coppie.
Lezione 2: Postazioni di equilibrio a gruppi di tre o quattro persone.
Lezione 3: Piramidi umane a gruppi di quattro o cinque persone.
Lezione 4: Postazioni sui grandi attrezzi a gruppi di cinque persone.
Lezione 5: Preparazione e presentazione di scenette sportive a gruppi di sei o sette persone.
Lezione 6: Percorsi sugli attrezzi proposte di sfide del gruppo classe contro il docente.
A seguito di queste lezioni ho analizzato i risultati ottenuti.
4.3.5. Fase 5: Svolgimento dell’itinerario didattico, annotazioni e follow-up
Durante lo svolgimento dell’itinerario, ho preso degli appunti sugli allievi e sugli sviluppi del
lavoro svolto, soprattutto dal punto di vista comportamentale. Ho posto maggiore attenzione verso
L’educazione fisica e il benessere dei preadolescenti
16
la condotta socio emotiva e le relazioni tra i compagni e ho cercato di analizzare gli effetti ottenuti
attraverso l’applicazione dell’itinerario didattico in merito alle competenze relazionali e affettive.
Inoltre, al termine dell’itinerario, ho somministrato ai discenti il questionario (follow-up) composto
da otto domande. Queste ultime sono state riprese dal MDI e corrispondono agli items osservati
nella prima analisi dei dati (Fase 3), ritenuti i più appropriati per rispondere agli obiettivi di questo
lavoro di ricerca. Confrontando i dati ottenuti tra la prima somministrazione avvenuta nel mese di
ottobre 2015, prima dell’intervento didattico, e la seconda avvenuta nel mese di gennaio 2017 è
possibile osservare, se ci sono, degli sviluppi della propria autostima. Questi riguardano la
percezione del proprio stato di benessere, e dello stato fisico e l’accettazione sociale.
Sabrina Paulus
17
5. Risultati
Nei mesi tra febbraio e marzo, i dati raccolti attraverso gli appunti e annotazioni degli allievi, e le
risposte ottenute attraverso la somministrazione del follow-up, sono stati incrociati. Attraverso
questa sesta fase è stato possibile valutare l’impatto ottenuto mediante lo svolgimento di questo
itinerario sociomotorio (confrontando le annotazioni della fase 1 con quelle della fase 5), come ad
esempio la scarsa coesione tra maschi e femmine; inoltre è stato possibile verificare se le risposte
ottenute da quest’ultimo questionario cambiavano in maniera importante rispetto alle risposte
fornite nella fase 2. Tutto ciò per osservare in che misura un itinerario di educazione fisica che
valorizza le esperienze di collaborazione, possa influenzare e migliorare il livello d’autostima.
Come descritto nel capitolo precedente (4.3.1 Fase 1) il mio primo elemento di analisi è stata
l’osservazione della classe. Qui di seguito presento le caratteristiche e considerazioni di questa
classe.
5.1. Descrizione del campione
Come già accennato la classe è composta da 21 allievi (10 femmine, 11 maschi). Sin dal mese di
settembre ha dimostrato di essere una classe motivata: s’impegna durante le attività e affronta le
lezioni sempre con un atteggiamento positivo.
Uno dei grandi punti di forza mostratomi da questi allievi è la loro autonomia, questo mi permette
di svolgere delle buone attività autogestite, di seguire coloro che hanno maggiori difficoltà motorie
e di non dover mai interrompere le attività per motivi disciplinari.
All’interno della classe vi sono quattro alunni molto uniti tra loro: quando bisogna lavorare a
gruppi, questi ragazzi sono sempre insieme. Probabilmente è anche dovuto al fatto che tutti e
quattro hanno delle migliori capacità motorie rispetto agli altri. Inoltre sono molto competitivi;
spesso devo riprenderli con dei piccoli input verbali per controllare la loro foga del gioco.
Ci sono invece altri tre ragazzi che hanno maggiori difficoltà a livello motorio e sono spesso messi
in disparte: quando si ritrovano lontano dalla zona di gioco nessuno cerca di coinvolgerli, quando
non riescono a svolgere qualche esercizio nessuno cerca di aiutarli o di dare qualche consiglio, e
quando bisogna formare le squadre sono sempre gli ultimi a essere scelti. Queste situazioni li
mettono a disagio e li rendono “vulnerabili”, di conseguenza preferiscono stare tra di loro per non
essere criticati dal resto della classe.
L’educazione fisica e il benessere dei preadolescenti
18
Questo discorso non vale per altri due ragazzi i quali sono in sovrappeso. Questa loro caratteristica
corporea li porta ad avere qualche difficoltà rispetto ai loro compagni, ma fino ad ora hanno sempre
partecipato con impegno ed entusiasmo alle lezioni.
Un elemento da tenere in considerazione a livello di gruppo è la divisone tra i compagni del sesso
opposto, che viene notato soprattutto in fasi di accoglienza (quando si siedono in cerchio le
femmine stanno da una parte e i maschi dall’altra) o durante le scelte dei gruppi di lavoro. Le
ragazze sono molto timide e preferiscono lavorare tra di loro (sembrano essere sovrastate dai
caratteri forti dei ragazzi). Anche i ragazzi tendono sempre a lavorare tra di loro. Sembrerebbe che
tra di loro ci sia imbarazzo e si sentano a disagio. Inoltre la formazione dei gruppi è sempre con le
solite persone, per esempio i quattro ragazzi che ho descritto prima cercano di stare sempre insieme,
le ragazze cercano di stare con coloro che hanno legato di più, e quei tre ragazzi con difficoltà
motorie preferiscono stare tra di loro. Queste formazioni, dal mio punto di vista, non li aiutano a
migliorarsi e a condividere esperienze di classe, ma favoriscono eterogeneità e scarsa cooperazione
tra gli alunni; inoltre potrebbero avere delle conseguenze sulla propria autostima.
5.2. Analisi dei dati prima dell’intervento didattico
Al fine di verificare se le osservazioni raccolte in merito al campione di riferimento (classe 2A)
fossero valide, sono stati selezionati, come già riportato nella metodologia, quegli items del
questionario ritenuti più significativi. La scelta è ricaduta sulle aree di competenza riguardanti
l’autostima dell’allievo, utili per rispondere alle domande di questa ricerca.
Qui di seguito sono riportate le risposte degli allievi (vedi Tabella 1).
Sabrina Paulus
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Tabella 1: Frequenza delle risposte degli alunni ad alcuni items estratti dal questionario IDM che riguardano diversi
aspetti della propria autostima (prima dell’intervento didattico).
Items Per
nien
te
Non
tan
to
Non
so
Un
po'
Mol
to
1. Credo che mi succederanno più cose positive che negative 1 2 7 6 5
2. In generale mi piace essere come sono 0 1 4 12 4
3. Spesso mi sembra di far male le cose 2 10 4 5 0
4. Mi preoccupo di quello che gli altri ragazzi potrebbero dire su di me 3 5 4 6 3
5. Spesso sono preoccupato perché penso di non piacere agli altri 8 4 6 2 1
6. Ho paura di essere preso in giro 7 8 3 3 0
Mol
to s
otto
peso
Un
po' s
otto
peso
Giu
sto
Un
po' s
ovra
ppes
o
Mol
to s
ovra
ppes
o
7. Come valuti i l tuo peso 0 3 14 4 0
Mai
Qua
si m
ai
Ogn
i tan
to
Spes
so
Sem
pre
8. Quanto spesso ti piace il tuo aspetto 1 2 8 9 1
Osservando la tabella si può notare che le risposte dei ragazzi tra un item e l’altro sono molto
variabili. Per le domande (1) e (2), che riguardano lo star bene con se stessi, una buona parte degli
allievi ha una visione positiva. Allo stesso modo ci sono però tre allievi che hanno una visione
negativa della propria autostima: un allievo, alla domanda (1), ha crociato la risposta estrema
negativa (“Per niente”); mentre altri due hanno risposto negativamente con “Non tanto”. Per quel
che riguarda la domanda (2), vi è un allievo che ha risposto negativamente. Diversi allievi non si
sono sbilanciati e hanno preferito rispondere con “Non so”. Anche per la domanda (3) la maggior
parte della classe ha risposto in modo positivo ma vi sono comunque cinque allievi che hanno
risposto in modo negativo e quattro allievi non hanno preso posizione.
Le domande (4), (5) e (6) fanno riferimento alla propria autostima in rapporto con gli altri. Per la
domanda (4) la visione negativa degli allievi è superiore a quella positiva; difatti nove allievi hanno
risposto “Un po’” (negativo) o “Molto” (estremo negativo), e solo otto hanno risposto “Non tanto”
o “Per niente” (positivo). Il resto della classe non si è sbilanciata. Alle domande (5) e (6) invece, la
maggior parte della classe è stata positiva. Vi sono però sempre degli allievi che non si schierano né
da una parte né dall’altra (da tre a sei persone). Anche per queste due domande degli allievi hanno
L’educazione fisica e il benessere dei preadolescenti
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una percezione negativa (dalle due alle tre persone)e per la domanda (5) un allievo ha risposto con
un estremo negativo.
Alla domanda “Come valuti il tuo peso” nessuno ha risposto negli estremi; la maggior parte della
classe ritiene di avere un peso ideale. Per quel che riguarda la domanda “Quanto spesso ti piace il
tuo aspetto” le risposte variano da “Mai” a “Sempre” la maggior parte degli allievi ha comunque
una concezione positiva del proprio aspetto, ma vi sono tre allievi che non hanno una buona
autostima ed è per questo motivo che hanno risposto negativamente con “Mai” (una persona) o
“Quasi mai” (due persone).
A partire da una visione d’insieme delle risposte degli alunni, l’immagine della classe che ho potuto
osservare durante i primi mesi di scuola, viene in parte confermata. Quindi l’eterogeneità all’interno
della classe e la scarsa cooperazione tra gli alunni, ha delle conseguenze sulla propria autostima.
5.3. Analisi della classe rispetto all’itinerario didattico
In questo capitolo presento gli interventi didattici svolti con la classe 2A.
Innanzitutto per ogni lezione ho descritto le attività proposte, che, come già espresso (vedi cap.
4.3.4.), hanno l’obiettivo di migliorare la cooperazione tra i compagni nelle varie situazioni
motorie. Poi ho trascritto le impressioni raccolte dopo l’esperienza dell’attività didattica di gruppo,
mettendo l’accento su aspetti ben specifici che ho voluto osservare (cap. 4.3.5.).
Lo scopo in questa fase della ricerca è di riportare i risultati emersi dopo ogni attività svolta. Si è
quindi proceduto a trascrivere le osservazioni raccolte (tratte dal diario di bordo della docente) e a
confrontarle tra una lezione e l’altra.
5.3.1. Lezione 1: Percorsi collaborativi
Descrizione dell’attività:
Gli allievi a coppie devono trasportare diversi tipi di oggetti da una parte all’altra della palestra,
superando degli ostacoli disposti su tre differenti percorsi. L’interazione motoria tra partner è
mediata da un oggetto (trasporto di palline da tennis tramite due racchette da badminton,
svolgimento del percorso legati con un giornale, svolgimento del percorso legati con una
cordicella). L’obiettivo è quello di favorire lo sviluppo delle capacità di cooperazione dell’allievo,
che include: le strategie di relazione per trovare un accordo comune, la comunicazione, e il rispetto
del ritmo e delle capacità del partner. Inoltre si vuole favorire l’utilizzo della collaborazione con
tutti i partner, indipendentemente dal sesso, con il fine di riuscire a coinvolgere attivamente tutti i
compagni nell’attività.
Sabrina Paulus
21
Descrizione dei comportamenti degli allievi
Tabella 2: Atteggiamenti relazionali degli allievi e osservazioni raccolte durante la lezione 1.
Questa prima lezione mi ha confermato ciò che ho osservato durante l’analisi della classe svolta a
inizio anno. Gli allievi sono poco propensi a provare a svolgere gli esercizi con compagni con cui
hanno legato meno. Tra le coppie c’è comunque poca collaborazione: più volte non sono riusciti a
completare il percorso perché perdevano l’oggetto o perché non riuscivano ad accordarsi su come
superare un certo ostacolo.
Ciò che ho osservato con piacere è il comportamento adottato dai tre ragazzi messi un po’ in
disparte. Essi accettavano chiunque per svolgere l’esercizio e lavoravano con impegno per la
riuscita del percorso. Ciò che ho apprezzato meno è invece il comportamento di altri allievi che si
rifiutavano di lavorare con loro, facendo di tutto per non effettuare il percorso con loro (aspettavano
qualcun altro o andavano da un’altra parte per non dover stare vicino a loro)
Nelle scelte delle coppie, si vede una certa divisione tra i sessi; ho notato poche coppie miste
formarsi spontaneamente. Dal momento che molti alunni svolgevano il percorso con le solite
persone, ogni tanto intervenivo io a formare le coppie. Gli allievi accettavano il mio intervento e
s’impegnavano comunque a lavorare bene. In ogni caso, regnava un certo silenzio e imbarazzo (non
si guardano negli occhi, non si parlano e tendono ad avere uno sguardo basso).
Criteri Osservazioni
Tipologia dei gruppi Gli allievi formano le solite coppie.
Comunicazione tra i partner
Gli allievi sono intenti a completare il percorso senza pensare alla
comunicazione, in generale non ci sono delle forme di accordo tra
i partner, di conseguenza il materiale trasportato veniva perso per
strada più volte.
Divisone tra i sessi Le ragazze formano le coppie tra ragazze e i ragazzi tra ragazzi.
Difficoltà a svolgere l’attività
Poca. Se gli allievi comunicano tra di loro e trovano un ritmo che
vada bene a entrambi, non vi è alcuna difficolta a svolgere
l’esercizio.
L’educazione fisica e il benessere dei preadolescenti
22
Con questa attività tutti erano allo stesso livello, non c’era nessuno che aveva delle difficoltà ad
affrontare il percorso, era però necessario comunicare all’interno della coppia. Solo in un secondo
momento hanno cominciato a parlarsi, a darsi un ritmo o dei segnali per coordinarsi.
5.3.2. Lezione 2: Postazioni di equilibrio
Descrizione dell’attività:
Ogni gruppo, formato da tre o quattro persone, svolge delle piccole sfide. L’accento è posto
sull’aiuto: solo collaborando potranno superare con successo “l’ostacolo” proposto. Le difficoltà
sono a livello visivo e di equilibrio, quindi sarà importante dare la mano al compagno che svolge
l’esercizio e seguire con attenzione i suoi movimenti.
Visto che durante la prima lezione vi era una certa suddivisione tra i sessi, ho deciso d’introdurre
una piccola regola per la formazione dei gruppi: in ogni squadra ci deve essere almeno una ragazza.
Descrizione dei comportamenti degli allievi
Tabella 3: Atteggiamenti relazionali degli allievi e osservazioni raccolte durante la lezione 2.
Criteri Osservazioni
Tipologia dei gruppi I gruppi erano un po’ più diversificati (anche grazie alla regola
imposta dalla docente).
Comunicazione tra i partner
All’inizio è stata “titubante”, gli allievi si davano la mano ma non
parlavano per aiutare chi svolgeva l’esercizio. In un secondo
momento, si è vista tanta comunicazione e aiuto reciproco.
Divisone tra i sessi Gruppi misti non spontanei (regola imposta dalla docente).
Difficoltà a svolgere l’attività
Media. In questi esercizi venivano limitate una o più capacità
sensoriali (la vista e l’equilibrio). Per questa ragione era
fondamentale che chi svolgeva l’attività si affidasse ai compagni
sostenitori. Qui era ancora più importante l’aiuto dei compagni.
Avendo formato dei gruppi misti, si sono create nuove dinamiche collaborative e nonostante le
squadre erano diverse rispetto al solito, tutta la classe in generale ha lavorato bene, gli allievi si
sono messi in gioco senza particolari problemi e nessuno era escluso dal gruppo. Inizialmente si
sentivano in imbarazzo e a disagio quando si dovevano tenere per mano (indipendentemente dal
sesso), c’era tanto silenzio in palestra. Poi però si sono sbloccati: hanno capito che se non c’era un
Sabrina Paulus
23
vero sostegno sia verbale che di contatto, era difficile svolgere l’esercizio; in effetti a un certo punto
la palestra è diventata più rumorosa (in positivo) si comunicava di più, il gruppo teneva d’occhio il
compagno che svolgeva l’esercizio e dava dei consigli utili, inoltre la sicurezza era garantita
efficientemente (stavano intorno al compagno e gli davano appoggio in caso di bisogno). Ho notato
che comunque le ragazze sono più propense ad aiutare rispetto ai ragazzi e lasciano più spazio a chi
ha più difficoltà. Non so esattamente il perché di questo atteggiamento poiché in alcuni casi
sembrava che non volessero far vedere le loro difficoltà (ma non ne sono certa). Questo discorso
non può essere fatto per i quattro ragazzi con buone capacità motorie; essi preferivano far vedere
come riuscivano a effettuare l’esercizio senza gli aiuti (non hanno capito lo scopo dell’attività) e
quando dovevano aiutare sembrava che lo facessero contro voglia (sentivo poco i loro interventi
d’aiuto). Dall’altra parte i tre ragazzi che normalmente sono in disparte, aiutavano volentieri, si
sentivano utili, e i compagni del gruppo si affidavano a loro senza alcun problema. Sembravano
soddisfatti di questo ma preferivano non svolgere l’esercizio, come se si sentissero a disagio a
mostrare eventuali difficoltà agli altri.
5.3.3. Lezione 3: Piramidi umane
Descrizione dell’attività:
A gruppi di 4-5 persone dovranno scegliere e formare diversi tipi di piramide. Grazie a questo tipo
di attività gli allievi imparano a rispettare le regole di sicurezza per se stessi e verso gli altri (dove
appoggiare i piedi su un’altra persona, che posizione adottare per mantenere una persona sopra di
sé, ecc.), inoltre imparano ad accettare di assumere diversi ruoli (ad esempio fare la base della
piramide e accettare che altri allievi salgono su di te).
A seguito di quanto accaduto nella lezione precedente, in quest’attività ho chiesto agli allievi di
cambiare la formazione dei gruppi di lavoro ogni qualvolta terminavano una sequenza di piramidi.
Descrizione dei comportamenti degli allievi
Tabella 4: Atteggiamenti relazionali degli allievi e osservazioni raccolte durante la lezione 3.
Criteri Osservazioni
Tipologia dei gruppi I gruppi di lavoro cambiavano continuamente ed erano molto
diversificati.
L’educazione fisica e il benessere dei preadolescenti
24
Comunicazione tra i partner Fin dall’inizio la comunicazione all’interno dei gruppi era
presente.
Divisone tra i sessi Gruppi misti spontanei.
Difficoltà a svolgere l’attività
Media. La difficoltà stava nel garantire la sicurezza (dove mettere
i piedi sopra il compagno, come posizionarsi per fare una base
solida, ecc.). Dal momento che si volevano formare delle piramidi
complicate le difficoltà aumentavano (scelta dei gruppi) ed era
ancora più importante il sostegno tra i compagni.
Aspetto fisico degli alunni
Chi era più robusto fisicamente era ben accetto per fare la base
delle piramidi, chi invece era più piccolo ed esile era ben accolto
per fare le “punte” delle piramidi.
A partire da questa lezione ho visto un cambiamento in positivo a livello relazionale tra gli allievi e
di approccio alle attività collaborative. Il fatto di cambiare continuamente i gruppi di lavoro
pensavo portasse a qualche rallentamento nello svolgimento della lezione, invece è stato molto
producente: gli allievi formavano velocemente i nuovi gruppi e lavoravano molto bene tra di loro
condividendo nuove idee e provando varie piramidi. Inoltre non si osservava più quella timidezza
nel contatto fisico ma li vedevo più sicuri e consapevoli; la classe aveva capito che in queste
circostanze era più importante garantire la propria sicurezza e quella degli altri. Quando ho chiesto
alla classe in base a cosa sceglievano il proprio gruppo di lavoro la risposta fu la seguente: “Vado
con le persone con cui non ho ancora lavorato”. Questo riscontro mi ha fatto capire che la classe
stava migliorando sotto il punto di vista affettivo e gli studenti accettavano più volentieri i propri
compagni. Un’altra cosa che ho fatto notare alla classe è la fisicità di alcuni ragazzi e di quanto
questa loro peculiarità possa portare al gruppo: quelli più robusti sono una base solida della
piramide sulla quale potersi fidare cecamente e quelli più piccoli e magri sono perfetti per salire
sugli altri senza difficoltà. In questa maniera ho valorizzato diversi componenti della classe e ho
notato un cambiamento in positivo da parte di tutti. In questa lezione coloro che di solito erano i più
“deboli” qui erano fondamentali per formare delle piramidi più complicate e grazie a una buona
complicità tra i gruppi sono riusciti nel loro intento.
Sabrina Paulus
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5.3.4. Lezione 4: Postazioni sui grandi attrezzi
Descrizione dell’attività:
A gruppi di 5 persone dovranno affrontare delle postazioni che contengono degli elementi
ansiogeni; ad esempio saltare in altezza, passare da un elemento all’altro con una corda, salire in
cima alle pertiche, ecc.. Ogni componente del gruppo dovrà essere in grado di superare l’ostacolo.
Quindi il compito del gruppo è quello di trovare delle soluzioni per tutti e di incoraggiare chi ha
maggiori difficoltà dandoli, fiducia e forza. Quest’ultimo punto evidenzia un aspetto nuovo a livello
collaborativo. Se nelle lezioni precedenti davo tutte le indicazioni di come svolgere l’attività, in
questa ho solo chiesto alla classe di fare in modo che tutto il gruppo sia in grado di superare
l’ostacolo. Sta a loro quindi di trovare il movimento più corretto per affrontare l’ostacolo e di
condividere insieme soluzioni pertinenti per tutti.
Descrizione dei comportamenti degli allievi
Tabella 5: Atteggiamenti relazionali degli allievi e osservazioni raccolte durante la lezione 4.
Criteri Osservazioni
Tipologia dei gruppi Scelta dei gruppi a random (richiesta della docente).
Comunicazione tra i partner Fin dall’inizio la comunicazione all’interno dei gruppi era
presente.
Divisone tra i sessi Gruppi misti.
Difficoltà a svolgere l’attività
Per chi doveva affrontare la paura dell’altezza e per coloro che
avevano maggiori difficoltà motorie era un esercizio difficile.
Stava al gruppo di trovare delle soluzioni più adeguate per tutti e
dare sostegno reciproco.
Aspetto fisico degli alunni
Anche chi aveva maggiori difficoltà, era ben accettato nel gruppo,
anzi responsabilizzava chi invece era in grado di fare gli esercizi
facilmente.
Nella lezione precedente c’è stato un miglioramento a livello affettivo: la classe accetta più
volentieri di svolgere le attività con gli altri (vedi apprendimento specifico descritto nel capitolo
4.3.4.). Ma è in questa lezione che ho osservato e avvertito un vero cambiamento a livello
L’educazione fisica e il benessere dei preadolescenti
26
collaborativo: c’era più sostegno, interazione e coesione all’interno del gruppo. Il fatto di lasciare
spazio al gruppo per trovare delle soluzioni insieme, rendeva il compito più complicato. Non stava
più alla docente di aiutare chi non riusciva in qualcosa, bensì era il gruppo stesso a farlo. Ed è
grazie a quest’aspetto che si è creata una certa responsabilità da parte degli allievi più “capaci”.
Coloro che avevano buone capacità motorie non mostravano più cosa erano in grado di fare ma si
rendevano disponibili all’interno del gruppo per aiutare chi aveva maggiori difficoltà. Era come se
in loro fosse sbocciato un senso di responsabilità verso i propri compagni ed erano fieri dei risultati
che ottenevano. Infatti ogni gruppo non vedeva l’ora di mostrarmi che tipo di soluzioni avevano
trovato per ognuno. Anche chi aveva paura dell’altezza o non riusciva a fare qualcosa veniva
incoraggiato dai compagni, spesso sentivo frasi del tipo: “Ce la puoi fare”, “Siamo tutti con te”,
“Non guardare giù”, “Sei stato bravissimo”. Era come se chi aveva maggiori difficoltà venisse
valorizzato. I tre ragazzi che solitamente erano in disparte, in questa lezione erano al centro di ogni
gruppo e non avevano alcun freno nel mostrare le proprie debolezze perché sapevano di poter
contare sugli altri.
5.3.5. Lezione 5: Preparazione e presentazione di scenette sportive
Descrizione dell’attività:
A gruppi di 6-7 persone dovranno creare e presentare delle scenette sportive (ad esempio finale dei
mondiali di calcio, un giocatore sbaglia il gol della vittoria, reazione dei compagni di squadra e
degli spettatori). L’obiettivo è quello di esprimere attraverso la comunicazione non verbale
(espressioni facciali, gesti e movimenti del corpo) situazioni e sensazioni reali provate in passato.
Anche in questa lezione sta ai gruppi di lavorare come meglio credono (poche indicazioni da parte
del docente), però, a seguito di quanto ho osservato, ho voluto dare un ruolo anche al resto della
classe che fungerà infatti da pubblico e dovrà valutare come i propri compagni avranno interpretato
i diversi ruoli e situazioni. Questi tipi di giochi si svolgono con successo in gruppi che hanno
sviluppato al loro interno un'atmosfera di fiducia e di reciproco rispetto.
Descrizione dei comportamenti degli allievi
Tabella 6: Atteggiamenti relazionali degli allievi e osservazioni raccolte durante la lezione 5.
Criteri Osservazioni
Tipologia dei gruppi Gli allievi hanno formato i gruppi velocemente.
Comunicazione tra i partner Fin dall’inizio c’era comunicazione all’interno dei gruppi.
Sabrina Paulus
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Divisone tra i sessi Gruppi misti.
Difficoltà a svolgere l’attività
La difficoltà sta nell’esibirsi di fronte al resto della classe, nel far
“parlare” il proprio corpo (non avendo delle buone abilità
nell’esprimersi attraverso il corpo) indipendentemente dal clima di
lavoro. Per chi è molto timido può diventare davvero difficile.
Devo dire che durante la lezione sono stata poco richiesta. Ogni gruppo ha lavorato per conto suo,
inizialmente hanno discusso tra di loro per capire quali ruoli interpretare e come fare, poi, sempre
con ordine e tranquillità, hanno cominciato a prendere il materiale per creare il contesto delle
scenette. Durante le preparazioni ogni gruppo ha lavorato senza alcun problema, erano molto
creativi e si davano tanti consigli di come interpretare un certo ruolo, tutti erano importanti. Alla
fine sono riusciti a creare delle situazioni sportive reali, in cui l’imbarazzo di presentare di fronte ad
altri alunni era poco presente poiché tutti si sono messi in gioco ed erano coinvolti nell’esibizione.
Ho notato che la timidezza era maggiormente legata al “comunicare attraverso il corpo” (ad
esempio esprimere rabbia attraverso il corpo). Questo era dovuto al fatto che la classe non ha mai
svolto questo tipo di lavoro ed erano quindi un po’ inesperti da questo punto di vista. Quello che
però ho trovato interessante è il ruolo che ha assunto il resto della classe. Durante le presentazioni
tutti stavano attenti, guardavano con interesse i propri compagni senza alcuna risata (quello che
sarebbe potuto capitare all’inizio dell’anno) e cercavano di essere il più obiettivi possibile nel
valutarli. Le critiche non erano mai rivolte alla persona ma volevano dare dei consigli utili al
gruppo. In particolare sono emerse alcune affermazioni che riporto qui di seguito:
“Mi è piaciuto come hai fatto il giocatore”;
“Mi avete fatto ridere tantissimo perché avete fatto benissimo l’intero contesto e si capiva
benissimo cosa facevate”.
Allievo 1: “Perché camminavi con le ginocchia?”, Allievo 2: “Per fare il bambino piccolo”, Allievo
1: “Allora potevi camminare con le ginocchia però dando la mano alla mamma, così si capiva di
più”.
Lo scopo di questa lezione era di consolidare tutto ciò che riguardava le dinamiche collaborative
trattate precedentemente. Sono molto soddisfatta del lavoro svolto dagli allievi. Essi hanno saputo
porsi di fronte alle attività con il giusto atteggiamento formando un clima famigliare e di
apprendimento: si sono messi in gioco, hanno condiviso e riso con i propri compagni. Questi
elementi hanno favorito il raggiungimento degli apprendimenti specifici.
L’educazione fisica e il benessere dei preadolescenti
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5.3.6. Lezione 6: Percorsi sugli attrezzi proposte di sfide del gruppo classe contro il docente.
Descrizione dell’attività:
Il docente propone tre diverse scommesse alla classe:
a) Riusciranno gli allievi ad attraversare la palestra con l’ausilio di 4 tappetini (se toccano il suolo
devono ricominciare da capo) in meno di 5 minuti?
b) Riusciranno ad attraversare la palestra con l’ausilio di 2 tappetoni in meno di 5 minuti?
c) Riusciranno gli allievi a prendere tutti gli oggetti appesi in meno di 20 minuti (potranno utilizzare
il materiale come meglio credono per creare delle “torri” e prendere gli oggetti)?
La sfida è dunque tra il docente e il gruppo classe che diventa un’unità.
Descrizione dei comportamenti degli allievi
Tabella 7: Atteggiamenti relazionali degli allievi e osservazioni raccolte durante la lezione 5.
Criteri Osservazioni
Tipologia dei gruppi Gruppo classe
Comunicazione tra i partner Fin dall’inizio la comunicazione all’interno dei classe era
presente.
Divisone tra i sessi Nessuna divisione
Difficoltà a svolgere l’attività
La difficoltà sta nel trovare la strategia più adeguata rispetto alla
situazione proposta. È quindi importante che prima di agire
riflettano insieme e condividano le proprie soluzioni. Se questo
non accade, sarà impossibile vincere la scommessa.
Con quest’ultima attività ho osservato con piacere un gruppo che diventava un’unità (la classe
contro la docente). Non ci sono state situazioni di esclusione come si notavano all’inizio dell’anno,
inoltre prima di andare in azione si è proprio visto un momento di interazione e accordo reciproco
tra gli allievi (non come nella lezione 1 in cui si agiva senza comunicare). Anche in quest’attività
posso confermare il raggiungimento degli obiettivi. La classe è riuscita a valorizzare ogni
componente del gruppo. Ho apprezzato molto il miglioramento e il coinvolgimento di quei ragazzi
che solitamente erano messi in disparte (infatti mi hanno confidato che si sono divertiti molto) e le
relazioni positive che intercorrevano tra ragazzi e ragazze (inizialmente quando si sedevano in
cerchio erano separati, ora non è più così).
Sabrina Paulus
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5.3. Analisi della classe rispetto all’itinerario didattico
Al termine dell’itinerario svolto dagli allievi si è proceduto, come già detto in precedenza (cfr. 4.3.5
e 4.3.6., p. 15-16), alla somministrazione immediata del follow-up che riprendeva gli otto items (cfr.
4.3.3., p. 13-14) utili per raccogliere le impressioni maturate dai discenti riguardo l’autostima, dopo
l’esperienza e l’applicazione delle attività collaborative.
Qui di seguito sono riportate le risposte degli alunni dopo l’intervento:
Tabella 8: Frequenza delle risposte degli alunni ad alcuni items estratti dal questionario IDM che riguardano diversi
aspetti della propria autostima (dopo l’itinerario didattico).
Items Per
nien
te
Non
tan
to
Non
so
Un
po'
Mol
to
1. Credo che mi succederanno più cose positive che negative 0 0 9 6 6
2. In generale mi piace essere come sono 0 1 6 9 5
3. Spesso mi sembra di far male le cose 2 9 7 3 0
4. Mi preoccupo di quello che gli altri ragazzi potrebbero dire su di me 8 11 0 2 0
5. Spesso sono preoccupato perché penso di non piacere agli altri 8 9 3 1 0
6. Ho paura di essere preso in giro 9 8 2 2 0M
olto
sot
tope
so
Un
po' s
otto
peso
Giu
sto
Un
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ovra
ppes
o
Mol
to s
ovra
ppes
o
7. Come valuti i l tuo peso 0 4 13 4 0
Mai
Qua
si m
ai
Ogn
i tan
to
Spes
so
Sem
pre
8. Quanto spesso ti piace il tuo aspetto 1 1 8 8 3
La tabella mostra diversi cambiamenti rispetto a quella esaminata prima dell’intervento didattico;
cambiamenti, che dimostrano che qualcosa è migliorato nell’autostima degli allievi. Gli items che
hanno ottenuto un miglior riscontro sono quelli riguardanti l’autostima in rapporto con gli altri:
L’item più migliorato è il numero (4), da 8 sono passati a 19 gli allievi che hanno una visione
positiva nei rapporti con gli altri e sono solo due quelli che hanno risposto negativamente,
mentre prima dell’intervento didattico erano in nove.
Alla domanda (5) da “Non so”, “Un po’” e “Molto” (visione negativa) 5 allievi sono passati a
“Non tanto” (visione positiva).
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Per la domanda (6) sono due gli allievi che sono passati da “Un po’” (visione negativa) a “Per
niente” (visione positiva).
A partire da questi risultati posso supporre che l’itinerario dedicato alla collaborazione e al rispetto
reciproco abbia influenzato positivamente l’autostima, più specificatamente quella nel confronto
con gli altri.
Per le domande (1), (2) e (3) riguardanti lo star bene con se stessi, i cambiamenti sono meno
marcati; da questi items, difficilmente si osserva un miglioramento della propria autostima.
Soprattutto per gli itmes (2), dove da una visione positiva due allievi sono passati a “Non so”, e (3)
in cui una persona è passata da una visione positiva a “Non so”, però da cinque persone che hanno
risposto negativamente ora sono tre. Per quel che concerne la domanda (1) due persone sono
passate a “Non so”, però non c’è più nessuno che ha risposto negativamente.
In questa tabella le risposte estremamente negative sono inferiori rispetto al primo questionario però
spiccano spesso da uno a tre alunni che mantengono un’immagine di sé negativa (probabilmente
sono quei tre ragazzi che hanno maggiori difficoltà motorie rispetto al resto della classe, gli stessi
che hanno risposto negativamente nel questionario prima dell’intervento).
Alla domanda “Come valuti il tuo peso” c’è stato un leggero cambiamento: una persona che prima
dell’intervento didattico si riteneva giusta è passata a “Un po’ sottopeso”. È comunque un aspetto
che non può essere influenzato da un itinerario e i cambiamenti corporali in pochi mesi non ci sono
o sono minimi. Per quel che concerne la domanda “Quanto spesso ti piace il tuo aspetto” c’è stato
un leggero miglioramento: da tre, sono passati a due gli allievi che avevano una concezione
negativa. Mentre sono sempre in otto coloro che non hanno preso posizione. Voglio precisare che
anche se la classe ha avuto un netto miglioramento a livello collaborativo durante il percorso
didattico, questo non influenza la concezione che ognuno ha del proprio corpo e il fatto che il
proprio aspetto piaccia oppure no.
Sabrina Paulus
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6. Conclusione
In questo lavoro di ricerca il mio obiettivo è stato quello di osservare se attraverso un itinerario
didattico (della durata di 12 UD) basato sulle attività di cooperazione e aiuto reciproco, l’autostima
degli allievi di una classe di seconda media poteva essere influenzata positivamente, e di
conseguenza poteva portare a un miglior benessere psicofisico. In particolare ho voluto rispondere
alla seguente domanda:
• Sapendo che le relazioni sociali positive consentono al preadolescente di sviluppare
un’immagine di sé (autostima) positiva, allora trattare un itinerario sociomotorio con una
classe di seconda media e svolgere delle lezioni di collaborazione e di sostegno reciproco,
può influenzare positivamente l’autostima?
Innanzitutto devo precisare che nel corso dell’itinerario ho osservato dei miglioramenti a livello
collaborativo (vedi capitolo Risultati): se inizialmente gli allievi faticavano a comunicare con tutti i
componenti della classe e c’era poco sostegno per il raggiungimento di un obiettivo comune, alla
fine di questo percorso didattico il gruppo classe era molto più unito, c’era molto più rispetto l’uno
dell’altro ed erano felici di aiutare chi aveva maggiori difficoltà a svolgere un compito motorio.
Quindi per quel che riguarda lo sviluppo di competenze relazionali e degli apprendimenti specifici
presi in considerazione nel corso dell’itinerario (cfr. 4.3.4. Fase 4), l’obiettivo è stato raggiunto. Un
obiettivo che ogni docente di educazione fisica vuole toccare, poiché permette coesione nella classe
e favorisce lo sviluppo di un buon clima di lavoro basato sul rispetto reciproco e sul dialogo. È
dunque facile intuire il grande valore educativo che acquisisce la comunicazione motoria; ed è per
questo motivo che sono contenta dei risultati ottenuti con questa classe.
Tornando alla questione di ricerca, posso affermare che alla fine di questo percorso didattico, si
sono osservati dei cambiamenti che ci fanno intendere che in parte l’autostima sia migliorata.
Grazie all’analisi dei risultati ottenuti, attraverso le risposte date nei questionari MDI e follow-up,
ho potuto verificare che il cambiamento principale dell’autostima era quello legato al confronto con
i coetanei. Infatti l’item più migliorato è il seguente: “Mi preoccupo di quello che gli altri ragazzi
potrebbero dire su di me”, da 8 sono passati a 19 gli allievi che hanno una visione positiva nei
rapporti con gli altri e sono solo due quelli che hanno risposto negativamente, mentre prima
dell’intervento didattico erano in nove. Seguono gli items: “Spesso mi preoccupo perché penso di
non piacere agli altri” e “Ho paura di essere preso in giro”, anch’essi, legati al confronto con i
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coetanei. Quindi in questo caso posso dire che lo sviluppo di competenze collaborative ha
influenzato positivamente l’autostima, più specificatamente quella nel rapporto con gli altri.
Per quel che riguarda gli altri item presi in considerazione (che erano legati all’autostima
condizionata da fattori interiori individuali) si sono osservati dei leggeri cambiamenti sia in positivo
sia in negativo ma poco significativi; questo fa intendere che lo sviluppo di competenze
cooperative, non necessariamente implica un miglioramento dell’autostima e non la trasformano in
senso radicale. Ho pure osservato che il fattore tempo ha un ruolo fondamentale nello sviluppo della
propria autostima: solo col tempo un docente diventa più attento alle modalità di lavoro da adottare
in classe e agli strumenti utili e adatti per soddisfare i bisogni di ogni allievo.
Quello che però volevo ribadire è che l’immagine di sé (l’autostima) positiva o negativa che sia,
non è condizionata unicamente da fattori interiori individuali, ma è anche alimentata dal confronto
con i coetanei. Effettivamente Bowlby (1980) ha messo in evidenza che le relazioni sociali positive
assumono un ruolo importante, e consentono al preadolescente di sviluppare un’immagine di sé
positiva. Ed è proprio quello che ho potuto osservare nel corso di questo itinerario didattico e dalle
risposte ottenuto dal questionario MDI (dopo l’intervento).
6.1. Limiti della ricerca e possibili sviluppi
I risultati e le conclusioni di questa ricerca non hanno l’ambizione di essere estesi a tutto il Canton
Ticino, in quanto non si è proceduto ad una comparazione di dati e risultati con altre classi di
seconda media presenti sul territorio. Questo limite potrebbe essere parzialmente superato con
l’applicazione dello stesso percorso didattico e con la successiva somministrazione del follow-up a
tutte le classi di seconda media di un istituto scolastico. C’è però da tenere in considerazione che
ogni classe ha i suoi allievi, è quindi necessario adattare le attività motorie in base ai bisogni e
capacità delle classi.
Un altro limite della ricerca è rappresentato dal fattore tempo: ho dedicato sei lezioni di educazione
fisica per trattare le competenze collaborative; ho quindi somministrato il follow-up dopo solo un
mese e mezzo dal primo questionario. Ci sono stati dei miglioramenti dell’autostima, ma non sono
stati radicali. Sarebbe interessante, se in un futuro avessi la possibilità, lavorare per un anno con una
classe sulle diverse dinamiche collaborative e d’interazione sociale; solo in questo modo potrò
realmente conoscere ogni singolo allievo e creare un programma con attività collaborative adatte
alle loro esigenze e che permettano di sviluppare efficientemente le competenze relazionali. E di
proporre il questionario alla fine dell’anno scolastico per osservare se ci sono stati dei reali
cambiamenti dell’autostima.
Sabrina Paulus
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7. Bibliografia
Bascelli E., Camodeca, M., & Di Santo, S. (2008). Psicologia dell’educazione e dei processi di
apprendimento. Bologna: Edizione Il Mulino.
Bowlby, J. (1980). Attaccamento e perdita. London: Hogarth Press.
Gruppo HarmoS (2015). Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese. Bellinzona: Gruppo
HarmoS.
Ferrari, L., Santilli, S., & Ginevra, M.C. (2014). La psicologia positiva a scuola e nei contesti
formativi. Strumenti e contributi di ricerca. Firenze: Edizione Hogrefe.
Giusti, E., & Testi, A. (2006) L’autoefficacia. Vincere quasi sempre con le 3 A. Psicoterapia e
counseling. Roma: Edizion Sovera.
Mead, G.H. (1934). Mente, sé e società. Milano: Edizione Giunti.
Palmonari, A. (Ed.). (2011). Psicologia dell’adolescenza. Bologna: Edizione Il Mulino.
Parlebas, P. (1997). Giochi e sport. Torino: Edizione Il Capitello.
Polito, M. (2000). Attivare le risorse del gruppo classe. Torino: Edizioni Erickson.
Polito, M. (2003). Comunicazione positiva e apprendimento cooperativo, strategie per
intrecciare benessere in classe e successo formativo. Torino: Edizioni Erickson.
Pope, A., McHale, S., & Craighead, E. (1993). Migliorare l’autostima. Un approccio
psicopedagogico per bambini e adolescenti. Trento: Edizione Erickson.
L’educazione fisica e il benessere dei preadolescenti
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Prezza, M., & Santinello, M. (2002). Conoscere la comunità. L’analisi degli ambienti di vita
quotidiana. Bologna: Edizione Il Mulino.
Vecchio, G.M. (2008). Funzionamento morale e prosocialità: valori, ragionamento e
«agentività» morale, «Psicologia dell’educazione». Trento: Edizioni Erickson.
Questa pubblicazione, L’educazione fisica e il benessere dei preadolescenti, scritta da Sabrina
Paulus, è rilasciata sotto Creative Commons Attribuzione – Non commerciale 3.0 Unported
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