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  • 7/31/2019 Learning Object & Mobile Computing It

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    Learning Object & Mobile Computing -italianoProgetto Leonardo da Vinci "Molecole" n. I/05/B/F/PP-154063

    Rapporto su buone prassi nello sviluppo di molecole formative perm-learning. Guida per docenti e formatori.Progetto Leonardo da Vinci "Molecole" n. I/05/B/F/PP-154063Capofila: ITGS Pascal Reggio Emilia Italy

    Amedea BaraniMarco Incerti ZambelliEnzo Zecchi

    Istituto Blaise Pascal, Reggio Emilia

    AbstractSi valuta il possibile impatto dei Learning Object (LO) e del Mobile Computing in ambitoeducazionale. Si affronta il problema secondo due prospettive. La prima consiste nelconsiderare i LO come un prodotto la cui realizzazione affidata ai ragazzi. Si entra cosnel filone dellapprendimento costruzionista e lefficacia dellintegrazione delle tecnologienella didattica garantita dal loro utilizzo nellottica not to learn from but to learn with.Per concretizzare efficacemente questo approccio necessario che i docenti imparino agestire una nuova forma di didattica. Ed questo il focus della prima parte del nostro

    lavoro. Nella seconda parte si analizza la prospettiva di utilizzare i LO come oggetti gicostruiti e come risorse per favorire un apprendimento significativo. Per questo, analizzatialcuni dei criteri che i LO devono soddisfare per essere ritenuti tali, si descrivono iprobabili LO del futuro secondo il punto di vista di Fletcher (2006) e cio i LOimplementati a forma di conversazione. Il sistema e lalunno converseranno tramite illinguaggio naturale, sulla base di domande e risposte aperte, e il sistema sar in grado diadattarsi alle richieste e di generarsi di conseguenza. Una conseguenza possibile sarquella di una nuova forma di scuola dove non saranno previste le sequenze programmate, itest espliciti e forse anche le lezioni. Ed il ruolo del docente sar quello fondamentale dirisorsa e guida allinterno del rinnovato ambiente di apprendimento.

    Contents 1.1 La soluzione al problema di natura pedagogica.

    1.2 Le tecnologie: cavallo di Troia verso la prevalenza del metodo.

    2 Learning Object e Mobile Computing: tecnologie particolari

    3. Costruire Learning Object per costruire la conoscenza.

    3.1 Il vero problema: educare i docenti ad un ambiente CLE.

    3.1.1 Impostare e gestire progetti

    3.1.2 Formare e gestire gruppi

    3.1.3 Per costruire un clima di comunit.

    3.1.4 Per costruire gli strumenti per la valutazione.

    4. Usare Learning Objects per favorire la crescita della conoscenza.

    http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)1(C2)(A0)La_soluzione_al_problema_(C3)(A8)_di_natura_pedagogica(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)1(C2)(A0)La_soluzione_al_problema_(C3)(A8)_di_natura_pedagogica(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)2(C2)(A0)Le_tecnologie(3A)_cavallo_di_Troia_verso_la_prevalenza_del_metodo(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)2(C2)(A0)Le_tecnologie(3A)_cavallo_di_Troia_verso_la_prevalenza_del_metodo(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#2(C2)(A0)Learning_Object_e_Mobile_Computing(3A)_tecnologie_particolarihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#2(C2)(A0)Learning_Object_e_Mobile_Computing(3A)_tecnologie_particolarihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)(C2)(A0)Costruire_Learning_Object_per_costruire_la_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)(C2)(A0)Costruire_Learning_Object_per_costruire_la_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(C2)(A0)Il_vero_problema(3A)_educare_i_docenti_ad_un_ambiente_CLE(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(C2)(A0)Il_vero_problema(3A)_educare_i_docenti_ad_un_ambiente_CLE(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)1(C2)(A0)Impostare_e_gestire_progettihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)1(C2)(A0)Impostare_e_gestire_progettihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)2_Formare_e_gestire_gruppihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)2_Formare_e_gestire_gruppihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)3(C2)(A0)(C2)(A0)Per_costruire_un_clima_di_comunit(C3)(A0)(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)3(C2)(A0)(C2)(A0)Per_costruire_un_clima_di_comunit(C3)(A0)(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)4(C2)(A0)Per_costruire_gli_strumenti_per_la_valutazione(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)4(C2)(A0)Per_costruire_gli_strumenti_per_la_valutazione(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#4(2E)(C2)(A0)Usare_Learning_Objects_per_favorire_la_crescita_della_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#4(2E)(C2)(A0)Usare_Learning_Objects_per_favorire_la_crescita_della_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#4(2E)(C2)(A0)Usare_Learning_Objects_per_favorire_la_crescita_della_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)4(C2)(A0)Per_costruire_gli_strumenti_per_la_valutazione(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)3(C2)(A0)(C2)(A0)Per_costruire_un_clima_di_comunit(C3)(A0)(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)2_Formare_e_gestire_gruppihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(2E)1(C2)(A0)Impostare_e_gestire_progettihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)1(C2)(A0)Il_vero_problema(3A)_educare_i_docenti_ad_un_ambiente_CLE(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#3(2E)(C2)(A0)Costruire_Learning_Object_per_costruire_la_conoscenza(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#2(C2)(A0)Learning_Object_e_Mobile_Computing(3A)_tecnologie_particolarihttp://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)2(C2)(A0)Le_tecnologie(3A)_cavallo_di_Troia_verso_la_prevalenza_del_metodo(2E)http://knol.google.com/k/enzo-zecchi/learning-object-mobile-computing/1hr39m2ky3bz1/53#1(2E)1(C2)(A0)La_soluzione_al_problema_(C3)(A8)_di_natura_pedagogica(2E)
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    1. Il problema dell'integrazione delle tecnologie nella didattica.

    Sono trascorsi pi o meno 5000 anni dallintroduzione delle prime forme di scrittura e

    circa 500 anni dalla scoperta della stampa. Da allora luomo, pur avendo fatto progressi

    enormi nellinventare strumenti per estendere le proprie abilit fisiche, quasi

    prolungamenti dei propri arti, nulla o quasi ha fatto per potenziare le proprie abilit

    mentali. Il libro rimasto lunico vero prolungamento della mente e le biblioteche i luoghi

    che hanno permesso il tramandarsi della cultura.

    Finalmente, negli ultimi 50 anni, si prodotta quella che crediamo si dimostrer una

    rivoluzione epocale: lintroduzione e la successiva crescita esponenziale delle tecnologie

    per linformazione e la comunicazione. Queste sono destinate a segnare profondamente il

    campo degli strumenti per la mente. Il computer infatti permette lesecuzione velocissima

    di calcoli anche complessi e la gestione di enormi quantit di informazioni, interagisce con

    luomo e, negli ultimi modelli, ha acquisito doti multimediali tali da renderlo user

    friendly Le reti annullano le distanze, e permettono di disporre di informazioni sempre

    ed ovunque. Il tutto pare avere le carte in regola per proporsi anche come strumento

    fondamentale per insegnare/apprendere. Ebbene, questo non cos scontato. Si pensi alla

    lunga teoria di insuccessi riguardante lintroduzione delle tecnologie nella didattica

    (Cuban, 1986). A partire da Edison che nel 1913 abbozza una sfortunata previsione che pi

    o meno recita cos: I libri diverranno presto obsoleti nelle scuole. Gli studenti

    apprenderanno tramite i film. (Edison 1913) . Per finire con le grandi speranze prima e le

    delusioni poi per i sistemi autori Plato e Ticcit, che pareva dovessero rivoluzionare il

    modo di fare didattica e che invece si sono dimostrati meno efficaci di un insegnante

    tradizionale, nonostante gli enormi investimenti fatti. (Cognition and Technology Group

    at Vanderbilt, 1996). Potremmo procedere con altri esempi ma crediamo che questi siano

    sufficienti a significare un clima.Le tecnologie della comunicazione e dellinformazione sono avanzate parecchio dai

    tempi di Plato, tuttavia crediamo che lidea di creare lezioni al computer che in qualche

    modo possano sostituire linsegnante nellopera di trasmissione della conoscenza sia

    unidea perdente. Linsegnante ha a proprio favore la capacit/possibilit di interagire con

    la classe, di cogliere gli umori della scolaresca, di adattarsi alla situazione, di creare

    empatia, di vivere la comunit antropologica del gruppo classe e tutto questo lo pone in

    una posizione di grande vantaggio rispetto al computer.

    Gi ci abbiamo provato parecchie volte, e senza grandi risultati, ad inserire supportimultimediali in classe: quelli che fino a qualche anno fa si chiamavano audiovisivi. Vero

    che i nuovi strumenti multimediali hanno caratteristiche molto pi allettanti: una per tutte

    http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%28window.print%28%29%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%28window.print%28%29%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%28window.print%28%29%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%28window.print%28%29%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%28window.print%28%29%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%28window.print%28%29%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%28window.print%28%29%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%28window.print%28%29%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/http://void%280%29/
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    la possibilit di essere interattivi. Per in ultima analisi di sostituire il docente nei suoi

    gesti fondamentali si tratta, cio nellatto di insegnare, di spiegare, di interagire con

    lalunno e nonostante gli enormi progressi fatti sul fronte tecnologico, la lotta appare

    ancora impari.

    Diverso in tutte quelle situazioni in cui non possiamo disporre di docenti o comunque

    quando il costo di questi troppo elevato: in questo caso le tecnologie diventano

    competitive. E emblematico il training aziendale. Anche in questo caso tuttavia,

    nonostante i progressi fatti rispetto ai supporti audiovisivi classici, la strada non senza

    difficolt. Un cammino in salita insomma.

    E per meglio comprendere questo passaggio uno sguardo ai gesti, ai riti che

    accompagnano la lezione tipo di un docente: quella lezione cui tutti abbiamo assistito e

    che fa parte del nostro DNA. Il docente entra in classe, compila un paio di registri, verifica

    lo svolgimento dei compiti, interroga, spiega ed d la consegna per la prossima lezione. Ecos ancora con qualche variazione sul tema. Ma la liturgia ben codificata. Codificata al

    punto che linsegnante sostenuto, protetto, facilitato da questo insieme di riti: una rete

    contro limprevisto. Anzi di imprevisto non c proprio nulla o quasi. E neppure il tempo,

    lo spazio e la necessit di inserire altro. Il tutto scandito, ritmato, programmato in

    sequenze di moduli, unit didattiche e lezioni. Al punto da rendere inopportuna qualsiasi

    ingerenza. Ed il computer, in questo quadro, appare uninutile ed ingombrante

    sovrastruttura: entra in scuola ma non in classe. In scuola per lorganizzazione, per

    lamministrazione, per i laboratori disciplinari; non per la didattica.Non la scarsa competenza del docente, dunque, causa della mancata integrazione delle

    tecnologie con la didattica ma la strategia impiegata. Il docente apprende una tecnologia

    se sa che gli pu servire. E sempre cos. Chi si mette a studiare un software se sa di non

    doverlo usare? Le tecnologie, poi, sono sempre pi semplici da usare e le opportunit per

    apprenderle ormai si moltiplicano. Il punto vero che anche un docente esperto le utilizza

    per scrivere, per tenere in ordine il proprio registro, per archiviare informazioni, per fare

    ricerche su internet, per comunicare

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    di apprendimento nel suo complesso, allora le tecnologie possono diventare una necessit,

    una conditio sine qua nondiventa impossibile esercitare correttamente il mestiere

    dellinsegnante. E questo lo si provoca quando alla prospettiva di una didattica

    trasmissiva si sostituisce quella di una didattica costruttivista in cui il computer non viene

    pi visto come lo strumento da cui apprendere ma lo strumento con cui apprendere. E quando

    tutto questo lo si implementa tramite una didattica per problemi e progetti, quando

    lobiettivo quello di affrontare casi autentici, complessi, quando il lavoro di gruppo,

    quando il linguaggio non pi solo quello scritto sequenziale, quando sha bisogno di

    accedere alle informazioni anche in modo random, quando la grammatica diventa quella

    degli ipermedia, quando gli schemi cognitivi che soggiacciono sono reticolari, allora il

    computer diventa una necessit, allora il docente a richiederlo e il problema della

    formazione permane ma passa in secondo piano: in qualche modo si risolve. Non pi un

    problema integrare le tecnologie nella didattica e come integrarle. Si integrano perch nonse ne pu fare a meno. Il resto viene da solo.

    Molti invece sono i problemi da risolvere di natura pedagogica: per il docente

    diventano di natura quasi genetica, ed il sovvertimento dellapproccio porta con s una

    miriade di conseguenze che si ergono a barriera. Il crollo di una liturgia ricca, consolidata

    e rigidamente deterministica, il passaggio al dominio del probabile in cui lentropia la fa

    da padrona e in cui i riti, a moderare lentropia, ancora sono carenti; tutto questo diventa

    sconvolgente. E in questo ambiente, auspicato ma temuto, il primo grande ostacolo: il

    contenuto, vero signore e padrone dellimpianto pedagogico cognitivista, deve lasciare ilposto al metodo per la costruzione della conoscenza. E lui, il docente, deve abdicare al

    ruolo di dominus indiscusso del sapere e accettare quello di risorsa di un ambiente in cui il

    centro, il protagonista diventa lo studente.

    1.2 Le tecnologie: cavallo di Troia verso la prevalenza del metodo.Ma se i contenuti devono abdicare ai metodi e se il cammino appare arduo e addirittura

    impossibile, un aiuto imprevisto ce lo forniscono le tecnologie. E il ragionamento pi o

    meno questo: a fronte del loro dilagare in quasi tutti i settori dellagire umano, in nome

    di una sorta di globalizzazione delle attivit, in un mondo dove i vasi diventano sempre

    pi comunicanti, prima o poi le tecnologie entreranno a pieno titolo nelleducation e

    questo processo, pieno di insuccessi ma inarrestabile, avverr imponendo i change

    metodologici teoricamente auspicati ma praticamente inattuati. Insomma una sorta di

    cavallo di Troia verso la prevalenza del metodo.

    E, anche se in ultima analisi saranno soprattutto gli interessi economici a catalizzare il

    tutto, crediamo che le tecnologie abbiano in s quelle potenzialit che favoriranno il loro

    progressivo inserimento in ambito formativo. Linterattivit, la disponibilit sempre ed

    ovunque (anytimeand anywhere) oltre a tutte le possibilit messe a disposizione

    dalla multimedialit, sono i principali punti di forza che le caratterizzano e che pi le

    differenziano da qualunque altro strumento per la mente in nostro possesso.

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    2 Learning Object e Mobile Computing: tecnologie particolariFra le innovazioni tecnologiche che maggiormente andranno ad impattare con le

    strategie di apprendimento una particolare attenzione va attribuita ai Learning Object

    (LO) e al Mobile Computing. Il Mobile Computing, cio la possibilit di poter disporre

    ovunque di un computer (o qualcosa di simile) e di poter essere sempre collegati agli altri

    tramite Internet (o qualcosa di simile), grazie allincedere delle tecnologie wireless un

    dato di fatto: le prossime azioni saranno di potenziamento e consolidamento. Pi

    articolato il discorso va fatto in riferimento ai LO. Anche se molto stato scritto e anche se

    molti sono i modi in cui possono essere descritti, che cosa siano effettivamente i LO

    difficile dirlo: non esiste una definizione precisa ed univoca. Ci pare in proposito

    estremamente efficace quella di Fairweather (2006) quando afferma che quella dei LO una

    tecnologia alla ricerca di fondamenti teorici.

    In questa definizione, complessivamente efficace, ci pare riduttivo il termine tecnologia.Lopinione che dei LO ci siamo fatti senza dubbio di qualcosa culturalmente pi ampio.

    Si pensi solo ai campi dello scibile umano che vengono toccati: lintelligenza artificiale,

    linstructional technology, lo studio delle interazioni uomo macchina, larchitettura

    dell'informazione, la progettazione e lorganizzazione di database, i sistemi di tutoraggio

    intelligenti< per citarne alcuni. Crediamo che ci siano le condizioni per tentare di definire

    quello dei LO un grande capitolo della Scienza dell Instructional Design se non una

    Scienza in s. E come tale diventa terreno per sperimentare nuove rappresentazioni della

    conoscenza, ontologie, logiche e strategie di descrizione, semantiche computazionali emolti altri aspetti dellinformazione. Continuando nellanalisi della definizione di

    Fairweather, indubbiamente, la caratteristica che pi rende conto dello stato dellarte della

    scienza dei LO quella di essere alla ricerca di fondamenti teorici. Questo testimonia il

    tentativo di definire un oggetto, il LO appunto, che ancora non esiste ma che sta cercando

    di venire a galla, emergere, costruirsi, definirsi.

    E proprio perch ancora in embrione molte sono le sue possibilit di materializzarsi,

    consolidarsi. Un primo approccio, di immediato successo per favorire in modo

    significativo la costruzione della conoscenza, consiste nel considerare il LO non gi come

    oggetto costruito, pronto da usare, per favorire l'apprendimento di settori di contenuto,

    ma come oggetto da far costruire ai ragazzi. Ovviamente si tratter di semplici Learning

    Object, forse anche non dotati dei requisiti minimi per essere considerati tali,

    probabilmente difficilmente spendibili nella formazione, comunque finalizzati a

    promuovere il processo di costruzione della conoscenza di quanti si cimentano nella loro

    realizzazione, implementazione.

    Tratteremo i LO secondo questa prospettiva nella prima parte di questo lavoro, mentre,

    nella seconda, analizzeremo i LO nellottica di oggetti gi realizzati e pronti a favorire

    apprendimenti. In particolare ci riferiremo a quella che dei LO ci pare limplementazione

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    pi futuribile ma pi affascinante e cio la loro "materializzazione" sotto forma di

    conversazione.

    3. Costruire Learning Object per costruire la conoscenza.La base del ragionamento la seguente: gli studenti imparano molto di pi quando

    progettano, costruiscono e valutano LO, o qualcosa di simile, rispetto a quando tentano di

    apprendere da LO gi realizzati. Almeno allo stato attuale dellarte. Insomma la

    costruzione di LO diventa un processo che stimola nei ragazzi la crescita profonda di

    abilit di problem solving e non solo. Ed il primo problema da risolvere quello di

    modellizzare le informazioni che con i LO debbono rappresentare. Insomma quelle stesse

    informazioni che avrebbero dovuto imparare le debbono strutturare in modo tale da

    essere apprese facilmente da altri. Ed chiaro che per fare questo si sentono spronati a

    livelli di approfondimento inesplorati, sconosciuti, in una didattica trasmissiva.

    Detto altrimenti questo equivale ad aderire ad un pensiero di stampocostruttivista/costruzionista (Papert, 1980), ad attualizzarlo tramite una didattica per

    problemi e progetti e a realizzarlo concretamente trasformando lo spazio classe in un

    adeguato ambiente di apprendimento. E il modello di ambiente di apprendimento da noi

    adottato quello a matrice costruttivista (Constructivistic Learning Environment, CLE)

    proposto da Jonassen (1999). Il focus del nostro approccio diventano dunque i problemi e i

    progetti, collocati in quello che Jonassen, nella sua rappresentazione originale di ambiente

    di apprendimento, chiama lo spazio problemi e progetti (Jonassen, Peck, Wilson, 1999). E

    sono loro a determinare le attivit che gli studenti dovranno svolgere.Ma quali problemi e progetti, dunque?

    I progetti possono essere specifici di ogni ambito disciplinare. C per una categoria di

    problemi/progetti su cui vogliamo soffermarci, perch rappresentano uno snodo

    importante per una didattica per problemi/progetti. Mi riferisco ai progetti di e-learning,

    cio alla auspicata realizzazione di LO. Sono una nostra idea fissa, ma rappresentano la

    risposta alla domanda ricorrente

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    prodotti sofisticati con lutilizzo di tecnologie di punta: Dreamweaver, Flash, Authorware

    per limitarci alla suite dei prodotti di Macromedia. E ci si pu spingere oltre. Ma il punto

    non questo.

    Non importante il prodotto che verr creato. E importante il processo di creazione.

    Del resto, come gi ci siamo espressi, nostra opinione che anche i prodotti migliori di e-

    learning difficilmente possono rivelarsi efficaci strumenti di formazione. Almeno allo stato

    attuale dellarte. Chi veramente trae beneficio dalla loro realizzazione sono gli stessi

    autori. Innumerevoli i benefici: un approfondimento significativo di settori di contenuto,

    lacquisizione della cultura del progetto, labitudine al lavoro cooperativo,

    lapprendimento di nuovi tools cognitivi e collaborativi, la fluency con lutilizzo di alcune

    tecnologie senza spingerci oltre a considerare i pi sottili risvolti del favorire la

    costruzione di forme di pensiero reticolari e concorrenti (Spiro, 2006).

    I progetti di e-learning sono abbastanza semplici da impostare e gestire anche perlinsegnante, il quale non dovr sentirsi a disagio per la non conoscenza di tecnologie

    particolari. La cosa va dichiarata subito e vanno responsabilizzati i ragazzi che decidono di

    intraprendere percorsi che prevedono lutilizzo di tali tecnologie: dovranno farsene carico

    in toto. Al pi linsegnante cercher di metterli in contatto con qualche esperto o li

    stimoler a cercare aiuti tramite forum o chat. Abbiamo verificato che questo funziona. Per

    il resto sar cura del docente guidare i ragazzi ad affrontare lo sviluppo utilizzando

    strategie consolidate, e prevedere momenti di presentazione collettiva dei risultati

    raggiunti anche per condividere con lintero gruppo classe le problematiche emergenti. Sesi instaura il clima giusto, solitamente in classe si creano dei gruppi trasversali di

    specialisti di diverse problematiche che poi diventano punti di riferimento per lintera

    classe. Grande attenzione va prestata nel momento della formazione dei gruppi di lavoro:

    importante che in ogni gruppo sia presente almeno un elemento con predisposizione alle

    tecnologie ed agli aspetti applicativi ed uno con maggiore propensione agli aspetti

    progettuali e di approfondimento tematico. Un ruolo fondamentale, come vedremo meglio

    nel corso di questo lavoro, lo giocano corretti momenti di valutazione autentica. Questi

    infatti, tra laltro, forniscono due contributi fondamentali: il primo, un adeguato feedback

    allalunno e i dati al docente per valutare, laltro quello di dimostrarsi efficace strumento

    per il controllo della classe.

    3.1 Il vero problema: educare i docenti ad un ambiente CLE.La chiave di volta per il successo consiste nel dotare gli insegnanti degli strumenti

    opportuni per affrontare questo tipo di approccio. E questo lo si pu ottenere solo

    facendoglieli costruire. Non si tratta quindi di formarli con un corso: sarebbe una

    contraddizione in termini. Formare ad un approccio costruttivista utilizzando metodi

    trasmissivi. Per questo vanno ipotizzati anche per gli insegnanti momenti in cui vivono la

    stessa realt di ambiente di apprendimento a matrice costruttivista simile a quello in cui si

    vuole trasformare la classe. E se per gli allievi i problemi progetti auspicati sono quelli di

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    costruire LO o simili, quali sono i problemi e progetti che debbono affrontare gli

    insegnanti? La nostra proposta quella di metterli nelle condizioni di costruirsi gli

    strumenti, la cassetta degli attrezzi, per la gestione di una didattica costruttivista. In

    particolare mi riferisco principalmente agli strumenti per gestire progetti, a quelli per

    gestire gruppi di lavoro, per valutare i ragazzi mentre compiono prestazioni autentiche e

    finalmente metterli in condizione di utilizzare semplici tecnologie. Vediamoli in dettaglio.

    3.1.1 Impostare e gestire progettiAnalisi e riflessioni. Gli insegnanti potranno applicare efficacemente una didattica per

    problemi e progetti, costruzione di LO o altro, solo quando saranno in possesso di un

    metodo adeguato. Ed questo il primo problema da porsi. Sarebbe paradossale, in una

    didattica per problemi-progetti, non farlo.

    Eppure, anche se pu sembrare assurdo, questo che accade. Ci siamo sempre chiesto

    il perch e non siamo mai riusciti a darci una risposta convincente. Eppure sono in moltiche si preoccupano di gestire le dinamiche di gruppo, si badi bene abbiamo detto si

    preoccupano di gestire e non di provare delle tecniche collaudate, molti si preoccupano di

    documentare il processo che sottende lo svolgimento di un progetto, molti hanno la giusta

    angoscia per la valutazione ma nessuno, o pochi, se non opportunamente stimolati, sono a

    chiedersi un metodo per sviluppare i progetti. Anzi c chi, quando glielo proponiamo, si

    scandalizza quasi volessimo tarpare le ali della creativit, volessimo imbrigliare con

    metodi lestro o la fantasia dei docenti e/o degli studenti. Per decenni si sono sentiti

    proporre e imporre una didattica per contenuti e nel momento in cui gli si propone unmetodo, questo diventa uno strano modello vincolante. E come se qualcuno ti dicesse che

    siccome il modeling proviene soprattutto dallambito scientifico, allora il ragionamento

    solo scientifico e quindi da cassare in ambito psicopedagico.

    Vorremmo chiarire, intanto, che anche in ambito scientifico si sono avute le importanti

    e necessarie crisi. Il determinismo newtoniano entrato in crisi quando si andati a

    studiare i moti delle particelle a dimensione atomica. E da allora, su scala atomica, il

    concetto di probabilit ad imperare. Con Heisemberg che ci ha dimostrato che

    impossibile conoscere esattamente la posizione di una particella se non a scapito della

    conoscenza della sua velocit, infatti tanto pi esattamente siamo in grado di determinare

    la posizione tanto pi indeterminata sar la misura della sua velocit e viceversa. E

    traumatico, eppure cos. E Einstein a non crederci, a cercare di dimostrare per tutta la

    vita che questa era una fandonia, eppure sembra proprio che Heinsemberg avesse ragione.

    Dunque un mondo in cui a prevalere la probabililit e non la certezza, the end of

    certainty (Prigogine), eppure non abbiamo rinunciato a capirci qualcosa, a creare un

    modello che in qualche modo inquadrasse il fenomeno, lo potesse controllare, permettesse

    di fare previsioni e cos Schroedeinger ha proposto la sua equazione che sostituisce quella

    di Newton nella scala atomica: e non ci d mai certezze ma ci d probabilit. E a noi questo

    piace. Ci convince. E ci piace pure che luomo abbia usato la sua intelligenza per

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    inquadrare la natura a questi livelli e, dopo quasi un secolo, poter dire che c riuscito.

    Perch lequazione di Schroedinger funziona come tutto limpianto quantistico. E ci

    facciamo le risonanze magnetiche, le tomografie assiali computerizzate, studiamo il DNA,

    esploriamo lo spazio, facciamo fare a dei robot degli interventi chirurgici, dialoghiamo a

    migliaia di chilometri con oggetti piccoli, senza fili e tutto a basarsi su Schroedinger e

    comunque sui risultati della meccanica quantistica. Non abbiamo rifiutato la probabilit:

    abbiamo imparato ad accettarla come idea di base e su questo abbiamo impostato i nostri

    ragionamenti, le nostre visioni del mondo, le nostre prospettive. E dunque a non

    condannare questa maledetta voglia di capire il mondo, di inquadrarlo in modelli che

    permettono di andare oltre, di penetrare nel profondo, di sostenere e superare anche il

    proprio pensiero. E dunque ad auspicare, promuovere, stimolare un modello per gestire i

    progetti. Non a bandirlo, esorcizzarlo, scongiurarlo come vorrebbe certo pensiero povero

    in nome di una evanescente, improbabile ma incolpevole creativit. Piuttosto a ritenerloproficuo, vantaggioso, paradossalmente imprescindibile.

    Il passaggio generalmente sottostimato.

    Anche in quelle realt scolastiche in cui si d spazio allarea di progetto, lo si fa in

    modo empirico concentrandosi sul risultato finale, sul prodotto, piuttosto che sul processo.

    Un approccio didattico troppo destrutturato e lontano dai riti della didattica tradizionale

    perch gli insegnanti, soli, senza un metodo adeguato, senza una rete protettiva, riescano a

    gestire con successo la complessit daula emergente. Molti i contributi a questa

    sensazione di ingovernabilit. Uno per tutti laspetto forse pi destrutturante da un puntodi vista metodologico e al contempo pi ricco da un punto di vista educazionale:

    introdurre nellesperienza di classe la gestione di eventi vicini al reale quotidiano, non

    caratterizzati quindi dal rigido determinismo e dalla univocit della soluzione propri dei

    problemi scolastici e che equivale dunque a mettere a sistema quella componente di

    incertezza, di scelta a rischio, di valutazione in termini probabilistici che caratterizza ogni

    decisione quotidiana.

    A fronte di questi elementi antinomici, ricchezza educazionale e sconcerto

    metodologico, un percorso da scoprire, una proposta per comporre. E il percorso pi

    scontato quello gi esplorato.

    In pratica. La cosa per noi pi naturale e saggia: partire dalla teoria delproject

    managementcos com applicata con successo nel mondo dellindustria e della ricerca e

    vedere se e come, ossia con quali elaborazioni, questa possa essere trasferita in classe.

    Evitare dunque di affrontare, anche a scuola, un progetto con la logica del buon senso e/o

    del fai da te e appoggiarsi, con le opportune tarature e le necessarie integrazioni, al

    collaudato impianto delproject management. Le indicazioni, il modello, che proponiamo

    sono il distillato di sperimentazioni condotte in pi classi e per pi anni a partire dal 1995:

    anno in cui abbiamo presentato lidea1.

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    Auspichiamo che i docenti si impegnino in un progetto che permetta loro di simulare

    quello che sar il compito dei loro allievi in classe: diventeranno esperti in quello in cui si

    cimenteranno i loro allievi. In unottica di apprendimento costruttivista questo passaggio

    fondamentale: solo sviluppando integralmente un progetto che un insegnante potr

    prendere coscienza delle difficolt da superare, dei nodi da sciogliere, delle risorse

    necessarie, dei tempi, della flessibilit richiesta, della necessit di ricercare soluzioni per

    approssimazioni successive e non tramite approcci deterministici, dellutilit di lavorare in

    gruppo e ancora dellimportanza di possedere unattrezzatura cognitiva altra rispetto a

    quello richiesto in una didattica trasmissiva.

    In un lavoro di prossima pubblicazione Progettare a scuola: dalle parole ai fatti (Zecchi)

    si declinano, fase per fase, le linee fondamentali della teoria delproject

    management mettendo in luce, parallelamente, soprattutto gli adattamenti necessari al loro

    naturale trasferimento nel mondo della scuola.Nello svolgimento delle attivit, proprie dei vari momenti del ciclo di vita di un progetto,

    si evidenzia chiaramente come non siano vincenti soltanto leformae mentis che

    tradizionalmente hanno successo in ambito scolastico e come ci sia ampio spazio anche per

    quei tipi di intelligenza che solitamente non vengono debitamente riconosciuti.

    Contributo, questo, importante anche come efficace strumento di orientamento.

    3.1.2 Formare e gestire gruppiAnalisi e riflessioni. E ormai una moda parlare di apprendimento cooperativo e centinaia

    sono gli eventi formativi per i docenti a questo finalizzati. Lo stesso Fortic2

    prevede al suointerno una parte importante di apprendimento cooperativo in rete ma non solo. E da

    molte parti provengono richieste di corsi sul tema. Eppure, se si esamina la realt scuola,

    generalmente ad un tale fermento non corrisponde un adeguato transfer in classe.

    Il nostro pensiero che sia sbagliato il punto di partenza. Vogliamo dire che stiamo

    confondendo il fine con il mezzo. Lapprendimento cooperativo in s non rappresenta

    nulla se non lo si considera allinterno di una proposta didattica complessiva: per noi di

    tipo costruttivista. A chi mai pu servire far lavorare i ragazzi in modo cooperativo se lo

    schema pedagogico quello di una didattica di tipo trasmissivo? Non sta in piedi. Non c

    la necessit e lo spazio per farlo. I riti sono gi codificati per un apprendimento

    individuale e il tentativo di sostituirlo con uno di gruppo fallimentare in partenza se non

    si cambia lapproccio complessivo. Se la prospettiva quella comportamentista o

    cognitivista di prima maniera, a che pro un apprendimento cooperativo? I docenti che

    vengono semplicemente formati alle tecniche del cooperative learning imparano degli

    interessanti strumenti psicopedagogici ma questi, se non sono situati allinterno di una

    realt che di essi necessita, rimangono un interessante pezzo di cultura psicopedagogica.

    Si arriva allassurdo, e a me capitato di arrivarci, di assistere ad eventi formativi in cui in

    modo trasmissivo vengono fornite nozioni di didattica cooperativa. E questo naturalmente

    basandosi su un apprendimento individuale. Al pi qualche docente zelante ti fa praticare

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    degli interessanti schemi di relazioni: interviste a due a due, simulazioni di ruoli ed altro

    ancora. E a queste tecniche riconosciamo senza dubbio un approccio di rottura rispetto

    agli schemi tradizionali; ma quando si torna in classe ci si chiede perch utilizzare tali

    metodiche e dopo alcuni primi timidi tentativi il tutto ritorna generalmente come prima e

    quello rimane solo un piacevole e strano ricordo.

    Il nostro punto di partenza dunque a tenere conto di questo. I docenti che andremo a

    formare probabilmente gi hanno ricevuto, forse solo a livello teorico, e se a livello pratico

    quasi certamente in modo non contestualizzato, nozioni di cooperative learning. Il nostro

    approccio sar quello di fornirgliele allinterno di un contesto in cui appariranno loro

    indispensabili. E infatti, gi durante gli incontri formativi, i docenti si dovranno porre il

    problema di come suddividersi in gruppi. E questa problematica sar la stessa che ogni

    insegnante, successivamente, dovr affrontare in classe con i propri alunni. Ed da qui che

    partiamo. Senza dubbio il primo problema da affrontare sar quello della composizionedei gruppi e del numero di alunni per ogni gruppo. Si tratta di una tematica ampiamente

    trattata nellambito dei metodi di apprendimento collaborativo (Slavin, 1994).

    Linsegnante pu decidere di formare gruppi a caso o cercando di mettere assieme gli

    alunni secondo le affinit o secondo le competenze. Linsegnante pu anche lasciare che

    siano gli studenti stessi a scegliere come formare i gruppi. Il passaggio, in ogni caso,

    delicato va affrontato con rigore. Le ricerche sullapprendimento collaborativo indicano

    che possibile favorire la formazione di gruppi sia omogenei sia disomogenei per

    conoscenze/competenze disciplinari, ma sono soprattutto i raggruppamenti disomogeneiche producono i maggiori benefici sul piano pedagogico (Johnson e Johnson, 1996).

    Interessanti anche le osservazioni di Hooper e Hannafin (1991) che sostengono che, in un

    ambiente disomogeneo, sono soprattutto gli alunni pi deboli a trarre maggiore

    vantaggio. Per quanto riguarda il numero dei partecipanti sempre Johnson e Johnson

    suggeriscono di favorire i numeri bassi, addirittura arrivano a proporre gruppi di due

    persone (diadi) come ideali per molti progetti cooperativi, ipotizzando numeri maggiori al

    crescere della complessit dei progetti. Ci troviamo perfettamente daccordo sul vantaggio

    di una composizione eterogenea (Kagan & Kagan, 1994), mentre ci pare meriti unulteriore

    riflessione il problema del numero ideale dei componenti un gruppo. Riteniamo, infatti,

    che la dimensione dei gruppi vada calibrata anche sulla base dellesperienza degli

    elementi a lavorare in gruppo: il numero pu aumentare col maturare della loro

    esperienza. In altre parole la capacit di lavorare in gruppo e il numero dei componenti

    sono grandezze direttamente proporzionali. Infatti, gli alunni abituati a lavorare in gruppo

    mettono a punto delle tecniche che permettono loro di suddividere in modo razionale i

    compiti. Linterazione che, inizialmente, quando non opportunamente controllata,

    rischia di essere un elemento di disturbo (interferenza), se sapientemente governata, si

    trasforma in un elemento fortemente sinergico (cooperazione). In alcuni casi,

    particolarmente significativi, sono gli stessi componenti che arrivano ad individuare, per

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    Lintroduzione di una forma di didattica altra non per pi compatibile con questa

    antropologia del gruppo classe, e perch la didattica per problemi e progetti possa

    funzionare davvero fondamentale linstaurarsi di un clima di comunit di

    apprendimento. Non c una tattica unica per favorire e controllare i lavori di gruppo, c

    per la necessit di passare dal clima classico in cui linterazione prevalente tra

    linsegnante ed il gruppo classe ad un clima di comunit veroin cui linterazione , a

    diversi livelli, tra tutti i soggetti. E in questo clima di comunit, caratterizzato da momenti

    di condivisione e momenti di contesa, dalla presa di coscienza di molteplici punti di vista,

    la conoscenza diventa pi vera, pi significativa e cresce la propensione ad affrontare

    situazioni problematiche destrutturate. Da qui, il passo verso lacquisizione di buone

    capacit di transfer: di trasferire cio le conoscenze e le capacit di problem solving anche

    ad altri ambiti. In ultima analisi il fatto che allinterno dellambiente di apprendimento si

    sviluppi un forte feeling di comunit, diventa una condizione imprescindibile per unapprendimento pi autentico.

    3.1.4 Per costruire gli strumenti per la valutazione.Analisi e riflessioni. Uno dei passaggi obbligati, sine qua non, per la riuscita della

    sperimentazione consiste nel tranquillizzare linsegnante circa gli strumenti per la

    valutazione. Un docente avverte fin dalle prime battute il pericolo di imbarcarsi in una

    nuova avventura se non sa di avere sotto controllo il timone. Ed il timone, piaccia o non

    piaccia, uno ha limpressione di tenerlo saldamente impugnato se sa di poter valutare gli

    allievi in modo efficace e sufficientemente oggettivo. Una didattica in cui saltano glischemi tradizionali, in cui il lavoro di gruppo prevale su quello individuale, in cui le prove

    classiche non hanno senso alcuno, necessita di utensili per la valutazione appropriati. In

    gergo si dice che in un ambiente di apprendimento autentico bisogna poter disporre di

    strumenti di valutazione autentica. Ed da qui che bisogna partire. Bisogna mostrare al

    docente che esiste la possibilit di sostituire le metodiche tradizionali con altre che gli

    diano la possibilit di valutare lallievo nellatto di erogare prestazioni simili a quelle che

    probabilmente dovr fornire nel mondo del lavoro o della ricerca. Bisogna altres mostrare

    al docente come tali metodiche, se gestite opportunamente, possano arrivare ad un grado

    di oggettivit elevato e comunque ampiamente sufficiente per controllare, guidare e

    soddisfare il gruppo classe.

    Risulta difficile a volte far decollare una buona attivit di didattica per problemi e

    progetti, ma se questa decolla, se si crea il clima corretto, se gli alunni si lasciano

    coinvolgere, allora pu nascere unentropia da ansia di costruzione, inusuale per gli ambienti

    di apprendimento tradizionali: quelli per intenderci costruiti attorno ad una tipologia di

    didattica trasmissiva. In questi infatti la liturgia di riti consolidati serve come antidoto,

    generalmente efficace, allinsorgere di qualunque evento caotico. Ed proprio questa

    probabile entropia a spaventare maggiormente linsegnante, e di fronte ad essa, senza gli

    strumenti di valutazione opportuni, si sente generalmente indifeso. E questo il contesto

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    reale di cui dobbiamo prendere atto e linserimento di una didattica per problemi e

    progetti sar efficace solo se i docenti saranno in grado di costruirsi un pacchetto di

    strumenti di valutazione autentica, solo se avranno anche questo strumento nella loro

    cassetta degli attrezzi. E averli realmente non significa aver sentito raccontare cosa sono,

    come si costruiscono e come si usano, ma significa averli costruiti ed utilizzati in situazioni

    reali.

    Nella nostra esperienza, pi di un insegnante si dimostrato convinto dellefficacia di

    un approccio costruttivista, ma ai primi tentativi si spaventato per la sensazione di

    ingovernabilit. Ovviamente a questo ha fatto eccezione linsegnante carismatico, leader

    naturale, per il quale il problema non si posto. Infatti, grazie alla propria personale

    capacit di controllo, la situazione non gli sfuggita di mano e il dominio della classe ha

    continuato ad esercitarlo senza bisogno di metodi coercitivi. Se il problema dellentropia in

    questo caso stato superato, o meglio neppure si presentato in tutta la sua interezza, rimasto tuttavia il problema della valutazione. Infatti, al termine dellesperienza la

    valutazione, fatta con le metodiche tradizionali, apparsa discrasica, un fatto arbitrario,

    del tutto soggettivo e poco o nulla ha convinto ragazzi e famiglie. Sia lentropia, sia la

    inadeguatezza delle metodiche di valutazione tradizionali vengono superate quando il

    docente fa proprie le metodiche della valutazione autentica e le utilizza in classe. Ma

    come?

    In pratica. E per raggiungerlo la strada chiara: nello spazio problemi-progetti

    dellambiente di apprendimento dedicato ai docenti, uno dei progetti fondamentali da farsviluppare sar quello della costruzione di un pacchetto completo di rubric, che sono lo

    strumento delezione per la valutazione autentica. E il pacchetto che andiamo a proporre

    di sviluppare frutto di numerose sperimentazioni condotte e nelle quali lo abbiamo

    trovato efficace non solo nel moderare qualsiasi evento entropico ma soprattutto nel

    soddisfare le esigenze di valutazione complessive degli alunni impegnati nelle attivit di

    progetto. Per una descrizione completa dello strumento rubric si veda Zecchi (2004). Ci

    limiteremo in questo saggio a descrivere le tre tipologie di rubric necessarie e sufficienti a

    formare il tool per la valutazione.

    Una prima tipologia di rubric serve per valutare gli alunni durante le presentazioni dei

    risultati raggiunti. Le presentazioni sono momenti in cui i vari gruppi relazionano al resto

    della classe lo stato dellarte del loro progetto: il punto dove sono arrivati nella

    realizzazione del loro LO. Le presentazioni avvengono per gruppo ma ogni componente

    del gruppo tenuto a presentare il proprio contributo. Ed a valutare i singoli alunni

    tramite la compilazione di una rubric specifica saranno sia il docente sia i compagni di

    classe. Tale rubric sar composta di due parti: una finalizzata a valutare gli aspetti del

    lavoro di gruppo nel loro complesso ed una finalizzata a valutare il contributo dei singoli.

    Se ad esempio abbiamo un gruppo classe di 24 allievi, suddiviso in ca 6 sottogruppi di

    progetto, la cosa pi o meno funzioner cos. Quando un gruppo relaziona, ogni altro

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    gruppo, assieme al docente, valuta compilando una rubric. In questo modo al termine

    della presentazione di un gruppo saranno disponibili le 5 rubric compilate dai gruppi e

    quella compilata dal docente che permetteranno una valutazione sia del lavoro di gruppo

    sia del contributo dei singoli allievi. Il limite di questa valutazione, ed in parte anche uno

    dei suoi grandi punti di forza, che tende a mettere in evidenza le capacit di

    comunicazione dei singoli ragazzi, mentre non sempre evidenzia a dovere il contributo di

    quegli studenti piuttosto timidi e schivi che esprimono il meglio di s nelle attivit di

    laboratorio e comunque nel lavoro metodico e sistematico ma che poi non sempre riescono

    ad esprimerlo in una presentazione. Pi volte questo problema ci stato segnalato e

    finalmente ci pare di aver trovato una soluzione accettabile tramite la costruzione di una

    rubric mirata a valutare lapporto dei singoli durante le attivit di laboratorio: rubric che

    viene compilata dallinsegnante per i singoli allievi. Questa attivit di compilazione

    richiede unattenta osservazione e non sempre possibile quando linsegnante solo e non aiutato da un assistente o da facilitatori. A completare il pacchetto di rubriche: quella

    finalizzata alla valutazione del prodotto finale a prescindere dai singoli. Si valuta il

    prodotto finale cos com, come si valuterebbe qualunque prodotto multimediale. A

    compilare la rubrica saranno a turno tutti i gruppi ed il risultato finale sar unindicazione

    indiretta per la valutazione dei singoli che potr essere utilizzata dal docente nel modo da

    lui ritenuto pi opportuno.

    Disponiamo ovviamente di un pacchetto completo di rubriche pronto e sperimentato.

    Tuttavia il progetto che i docenti coinvolti nellambiente di apprendimento dovrannosviluppare consiste proprio nella costruzione delle loro rubriche. Sar un buon esercizio

    finale il confronto con il pacchetto di rubriche gi consolidato, anche per un suo eventuale

    miglioramento.

    4. Usare Learning Objects per favorire la crescita della conoscenza.E la visione altra di come i LO andranno ad impattare con il mondo della formazione.

    Non pi artefatti da costruire, veri catalizzatori di processi di apprendimento significativo

    ed efficace, ma potenziali risorse da utilizzare per apprendere. Gi ci siamo lungamente

    espressi sugli insuccessi, e dunque sulle nostre perplessit, circa lutilizzo delle tecnologie

    secondo questa prospettiva. Prese tutte le precauzioni del caso, chiarito che il problema

    soprattutto di natura pedagogica, crediamo che i LO abbiano in se tutte le potenzialit per

    integrarsi efficacemente nei processi di apprendimento anche come risorsa per veicolare

    contenuti eparadossalmente per permettere il recupero di metodi.

    I paradossi: un aiuto imprevisto.Viviamo un tempo di paradossi. E sono anche loro a sostenerci in questo improbabile

    angolo cognitivo, di tendenza e proiettato nel futuro, fatto di Learning Object e Tecnologie

    Mobili. E, dopo essere stati travolti e disorientati dalle lucide analisi sociologiche di

    Bauman, sono anche loro, i paradossi, a farci sperare in percorsi di vita un po meno labili,

    un po meno liquidi: quasi plastici, come a noi piace definirli.

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    Come quel felice paradosso che ci ha spinto a dare credito alla rubric, strumento

    deccellenza della valutazioneautentica, allapparenza poco pi di una scheda usata.

    Eppure, a bene considerarne larchitettura, questo strumento di valutazione, segnatamente

    costruttivista, ha senso e forza perch in fondo si avvale del contributo comportamentista:

    esprimere i livelli di prestazione attesi in termini comportamentali, non concetti generici,

    ma comportamenti osservabili, quasi misurabili. Ed a partire da qui che la rubric si fa

    mezzo di valutazione vera, autentica. (Zecchi, 2004)

    E paradossale anche e soprattutto il recupero che le tecnologie ci spingono a fare in

    ambito metodologico. Ed proprio questo il paradossale recupero metodologico che i LO

    ci permettono: riconsiderare il concetto quasi dimenticato che lapprendimento vero nasce

    da conversazioni. Che per migliorare qualit ed efficacia del nostro impianto educazionale

    da l che dobbiamo partire. E un nostro grande sogno quello di poter avere qualcuno cui

    rivolgerci nel momento del bisogno. E che lui riesca ad adattarsi al nostro livello diconoscenza e che da l parta, che risponda ai nostri dubbi, che ci dia in un determinato

    momento proprio quello di cui in quel momento sentiamo il bisogno. Come quando non

    sappiamo fare una cosa, quando abbiamo un problema da risolvere, anche non complesso

    ma articolato, spesso di natura banalmente procedurale. Come quando dobbiamo

    imparare ad usare qualche nuova funzionalit di uno strumento: come programmare

    laccensione e lo spegnimento di un forno, come inserire la funzione percussione in un

    trapano, come utilizzare i modelli in word, come inserirci in una nuova rete wireless etc.

    Ebbene la prima tentazione che ci viene quella di consultare qualcuno che lo sappia gifare. Questo ci evita la lettura di lunghe descrizioni procedurali che spesso non si

    sintonizzano con il nostro know-how: o troppo noiose e dettagliate o troppo sintetiche e

    che danno per scontato passaggi non conosciuti. E le tecnologie ancora una volta ad

    aiutarci. Fino a poco tempo fa, nel momento del bisogno, il libretto di istruzioni non lo si

    trovava mai, ora con Internet generalmente possibile scaricarlo dalla rete. Ma se questo

    vale per conversazioni finalizzate a soluzioni procedurali, a maggior ragione quando

    abbiamo bisogno di individuare problemi allinterno di situazioni problematiche, quando

    lindeterminazione prevale, quando la soluzione non certa ma probabile allora poter

    conversare, chiedere, dialogare diventa determinante.

    Gi Socrate e Platone ci proponevano il dialogo come forma di eccellenza

    delleducazione. Sono loro ora, i Learning Object, che ci permettono di ripescare la

    strategia didattica della conversazione proprio perch loro, i futuri oggetti per

    l'apprendimento, saranno probabilmente progettati a forma di conversazione, di dialogo

    (J.D.Fletcher, 2006, Istitute for Defense Analyses, USA). Saranno in grado di adeguersi al

    contesto, agli interessi dello studente, al suo livello di conoscenze pregresse e ai suoi stili

    cognitivi. Saranno insomma adattivi e saranno specifici per i bisogni e le necessit

    dellallievo in quel particolare momento. Si situeranno insomma nella sua zona di

    sviluppo prossimale. Ma ancora di pi: faranno uso di tutte le potenzialit della

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    multimedialit e individueranno le strategie di apprendimento pi appropriate al livello

    dello studente e non si limiteranno a favorire apprendimenti specifici ma si spingeranno

    fino a sostenere momenti di problem solving e di project management. Ed proprio lidea

    di tecnologie disponibili sempre ed ovunque e capaci di interagire conversando in

    linguaggio naturale che rende possibile il recupero della conversazione, come strategia di

    apprendimento/formazione. Non certo pensabile la realizzazione di conversazioni con

    classi di trenta alunni. E certamente, per farlo con i LO, le tecnologie necessarie sono a

    portata di mano. Laddove siamo pi carenti sono le strategie didattiche, le capacit di

    problem solving, e per svilupparle pienamente, sempre secondo le previsioni di Fletcher,

    ci vorranno almeno altri ventanni. Ed Fletcher stesso a mettere in conto leffetto

    Cristoforo Colombo: credeva di arrivare alle Indie ed ha scoperto lAmerica. Quello dei LO

    come conversazione non dunque come certezza ma come probabile realizzazione ed in

    ogni caso come significativa tendenza.Tecnologie adattiveLa capacit del computer di essere adattivo stato il cavallo di battaglia del CAI

    (Computer Assisted Instruction) a partire dagli anno 60, ossia lidea di riuscire a

    implementare concretamente, tramite computer, lindividualizzazione dellintervento

    formativo. Sono gli anni dei software drill and practice, degli albori del courseware, dei

    primi sistemi autoreimplementati anche con linguaggi di alto livello, tipo PILOT e

    SuperPILOT. Sono gli anni in cui molti docenti, entusiasti delle possibilit offerte dal

    computer, si scoprono sviluppatori di software didattico. Ma veloci arrivano anche glianni in cui i docenti si accorgono delle enormi quantit di tempo richieste per produrre

    risultati mediocri. E la figura del docente sviluppatore presto va in soffitta, ma non lidea

    del computer come macchina che si pu adattare allo studente, che pu creare percorsi su

    misura: questa percezione rimane. Del resto qualche buon esempio di courseware

    utilizzato soprattutto per momenti di recupero o per dare fluency alla risoluzione di certi

    esercizi lo si era ottenuto.

    Troppo importante la potenzialit propria del computer di essere interattivo, e quindi

    adattivo, e troppo forte la richiesta di individualizzazione dal mondo delleducation . Gi

    Carroll (1970), in un interessante e citato studio, affermava che in una classe K-8,

    lequivalente di una nostra terza media, molti erano gli studenti in grado di apprendere in

    un giorno quello che ad altri ne occorrevano cinque. Ed in classe quello che spesso accade

    che il docente riesce a seguire un certo gruppo di ragazzi e deve trascurarne altri: mentre

    un gruppo si sente seguito laltro si annoia e perde tempo. Sono stati realizzati molti studi,

    soprattutto in ambienti militari, per quantificare questo tempo perso e quanto quindi si

    potrebbe risparmiare in termini di costi con lintroduzione del computer adattivo

    (Orlansky & String, 1977; Fletcher, 1977; Kulik, 1994). E in modo molto approssimativo le

    stime arrivano ad indicare un 30% di risparmio. E Fletcher (2006) si spinge oltre fornendo

    le cifre assolute riferite ad un numero limitato di corsi residenziali del DoD (Department

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    of Defense) e i risparmi ipotizzati sono dellordine di diversi miliardi di dollari. Non siamo

    certo galvanizzati da queste cifre: certo ci spingono a ritenere che la partita non sia

    accantonata e che gli studi in merito non rallenteranno facilmente.

    A tutto questo va aggiunto che, con il crescere delle potenzialit delle tecnologie, cresce

    anche la probabilit che queste vengano efficacemente utilizzate nellEducation. I passaggi

    dalla Computer-Based Instruction, alla Computer-Based Instruction con la Multimedialit

    fino ai ITS (Intelligent Tutoring Systems) vanno senza dubbio in questa direzione ma

    molto ancora rimane da fare. Ed la strada verso unadattivit di nuova generazione che

    si sta cercando di raggiungere con i LO.

    Siamo dunque di fronte ad una rivoluzione?Parafrasando Fletcher (2006), la vera grande rivoluzione che la tecnologia sar in grado di

    produrre, oltre al fatto di metterci a disposizione sempre ed ovunque le informazioni, cosa

    che in qualche modo gi i libri ci permettono, saranno le interazioni tutoriali in linguaggionaturale: insomma un ritorno alleconversazioni socratiche da cui siamo partiti.

    E come sar possibile implementarle concretamente? Crediamo che, finalmente, si

    presenteranno sotto forma di qualcosa in grado di generarsi in tempo reale e su richiesta.

    Ma chiaro che perch questo possa avvenire, al di sotto dovr esserci una base da cui

    partire, delle fondamenta su cui poggiare e costruirsi. Che cosa, insomma, permetter

    lattualizzazione di questa potenzialit adattiva e generativa. Le informazioni di partenza,

    molto presumibilmente, si troveranno in Internet o in qualcosa di analogo; ma come

    saranno strutturate, organizzate? E sempre, seguendo la visione di Fletcher, crediamo chequeste conversazioni, in grado di generarsi just in time e on demand, avranno come punto

    di partenza qualche oggetto di un certo tipo ed archiviato in un certo luogo. Saranno

    insomma object oriented. Le informazioni di partenza saranno insomma organizzate sotto

    forma di oggetti intendendo per oggetto qualcosa che ha una certa collocazione spaziale

    ben definita, e quindi reperibile, ed inoltre ha la importante caratteristica di essere

    riusabile. Vedremo meglio questo concetto in seguito. Per ora ci accontentiamo insomma

    di sapere che queste conversazioni molto speciali sono capaci di generarsi, hanno una

    base di partenza e che questa base di partenza un oggetto riusabile.

    Gli Oggetti per Insegnare ed Apprendere.Questa idea dellapprendimento che si basa su oggetti stata descritta, in modo molto

    efficace, come educational object economy da Spohrer, Summer e Shum (1998). E quello

    che pi ci avvince in questa educational object economy il focus: insomma il vero

    problema non tanto quello di creare degli oggetti che in qualche modo siano il

    corrispondente di materiali didattici o comunque di materiali che possono essere utilizzati

    a supporto di performance, quanto quello di prendere oggetti gi esistenti ed inserirli

    allinterno di interazioni significative, importanti ed efficaci.

    Rifacendosi allo studio di Gibbons, Nelson e Richards (2000) possiamo capire ancora

    meglio il perch di questa scelta (gli oggetti) . Essi affermano che gli instructional objects,

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    cos come loro li chiamano, saranno molto probabilmente la tecnologia vincente in quel

    lungo e sofferto processo di integrazione della tecnologia nella didattica e lo saranno

    soprattutto per le loro caratteristiche di riusabilit, adattabilit e scalabilit. Ma queste

    caratteristiche diventano anche condizioni necessarie e sufficienti per poter essere il punto

    di partenza, le fondamenta, delle auspicate interazioni. Detto in termini pi tecnici, questi

    instructional objects forniranno le primitive per la creazione in tempo reale e on demand

    delle auspicate interazioni.

    E anche se molte potranno essere le forme, i media, con cui questi oggetti si potranno

    materializzare, sempre rifacendoci a Gibbons et al., tutti dovranno avere come

    denominatore comune quello di rispondere ai seguenti criteri: accessibilit, portabilit,

    durata e riusabilit. Saranno accessibili nella misura in cui sar facile trovarli. E qui il

    grande problema, ma direi ben affrontato e in parte risolto, di attribuire ad ogni oggetto

    degli opportuni metadati: essere ben etichettati per essere facilmente individuati. Devonoessere portabili. E questa una caratteristica molto importante, che conoscono bene gli

    informatici. E importante che ogni programma, ogni oggetto, possa vivere in diversi

    ambienti, su diverse piattaforme, con diversi Sistemi Operativi. E una caratteristica

    fondamentale per poter essere diffusi e quindi in un certo senso essere globali. Quella

    della durata una garanzia altrettanto importante e che va un po nella stessa direzione.

    Vogliamo dire che al mutare delle piattaforme, dei Sistemi operativi, degli ambienti

    insomma, loro dovranno continuare a funzionare, altrimenti saranno condannati ad

    unobsolescenza precoce a prescindere dal loro valore e spessore didattico. E finalmente lariusabilit. Siamo di fronte ad un concetto ancora molto caro agli sviluppatori di software:

    creare qualcosa che possa essere facilmente riutilizzato in contesti diversi senza dover

    intervenire con adattamenti pi o meno onerosi. Insomma una volta che abbiamo costruito

    un oggetto che assolve un certo compito o che risolve un certo problema, ebbene tutte le

    volte che ci troveremo di fronte a quel compito o a quel problema baster riusare

    quelloggetto.

    Ed da questi oggetti, cos caratterizzati, che si potr partire per arrivare alle

    conversazioni per apprendere ipotizzate ed auspicate.

    E perch tutto questo possa accadere?E a rendere possibile questo scenario, fatto di learning objects e mobile computing,

    saranno soprattutto i progressi lungo quattro grandi direttrici: i futuri sviluppi nel campo

    nellelettronica, laumento delle possibilit di accesso al WWW, una migliore definizione

    delle condizioni per la ricusabilit e lo sviluppo di Intelligent Tutoring Systems.

    E se per le prime tre non ci sono dubbi, la quarta pi delicata e merita ulteriori

    approfondimenti. E per prima cosa, per poter fare un confronto significativo, elenchiamo i

    grandi obiettivi che la Computer Assisted Instruction si era prefissata di raggiungere gi a

    partire dagli anni 60 e vediamo come questi, anche se particolarmente significativi, nulla

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    abbiamo a spartire con gli obiettivi che ci proponiamo di raggiungere con gli Intelligent

    Tutoring Systems. In particolare il courseware CAI avrebbe dovuto essere in grado di: adeguarsi al ritmo di ogni studente per permettergi di raggiungere gli obiettivi prefissati; adattare sia i contenuti sia le sequenze di apprendimento ai bisogni del singolo studente;

    adeguare i livelli di difficolt e di astrazione degli interventi; adattarsi agli stili di apprendimento dei singoli studenti (eventi pi o meno collaborativi,

    pi testuali o visuali etc.).

    E chiaro che solo alcuni software particolarmente sofisticati sono riusciti nel loro

    intento di raggiungere questi obiettivi, mentre la maggior parte del courseware prodotto

    era di basso livello. Tuttavia, anche se pochi, i successi hanno dimostrato che col computer

    qualcosa di nuovo, soprattutto nellottica dellindividualizzazione dellintervento

    formativo, poteva essere fatto.

    Vediamo ora come le sfide, che possiamo affrontare oggi, prevedendo allinterno del

    courseware ITS un uso massiccio delle tecniche di Intelligenza Artificiale, siano molto pi

    ambiziose e vadano nellottica di rendere il computer, o chi per esso, molto pi vicino al

    nostro modo di ragionare: potremo insomma instaurare una sorta di dialogo con gli

    Intelliget Tutoring Systems. Sar questo il banco di prova su cui si potranno sperimentare i

    courseware candidati ad entrare pesantemente ed efficacemente nelleducation e su cui si

    potr verificare se veramente, con la loro introduzione, ci troviamo di fronte ad un cambio

    di paradigma della stessa portata di quello che seguito allintroduzione del libro. E

    questo divario tra le attese CAI e quelle ITS, visto a posteriori, sarebbe stato anche logico

    aspettarselo. Troppo lontana dal procedurale, dal computazionale e dalla capacit di

    memorizzare la professione del docente. Certo anche queste caratteristiche sono

    importanti, ma in questo ambito professionale sono poca cosa. Linterazione non con

    oggetti meccanici o altro, non con persone e basata solo su protocolli: con studenti nella

    loro completezza di persone ed su questo tipo di interazione che si gioca la potenzialit

    di qualsiasi risorsa ad entrare a pieno titolo nellagone formativo. Ed su questo che si

    scommetter lefficacia dei prossimi sistemi ed a partire da qui che questi sistemi

    probabilmente riusciranno ad integrarsi efficacemente con la didattica.

    Fra le varie potenzialit che lintelligenza artificiale ci pu offrire, ce ne sono tre checrediamo andranno a caratterizzare pesantemente i futuri LO e permetteranno la loro

    implementazione sotto forma di conversazione. In particolare questi sistemi: Permetteranno allo studente di formulare domande e/o risposte aperte e favoriranno lo

    svilupparsi di un dialogo tra lo studente ed i sistemi stessi. Consentiranno la generazione automatica di materiali e interazioni su richiesta. Non sar

    quindi pi necessario preparare e memorizzare anticipatamente tutti i materiali e tutte le

    interazioni di cui, eventualmente, ci potr essere bisogno in seguito. Renderanno possibile lutilizzo del linguaggio naturale come linguaggio dinterazione. Ed

    in questa difficile direzione molti sono gli sforzi ed i progressi fatti e che si continuano afare (Graesser, Gernsbacher, & Goldman, 2003)

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    Osserviamo finalmente come la caratteristica, propria di questi sistemi, di essere

    generativi implichi il saper mettere in piedi, su richiesta, interazioni con gli studenti, ma

    non solo. Infatti non basta saper generare problemi adatti ai bisogni degli studenti ma

    bisogna essere in grado di assisterli, sostenerli e guidarli nel processo di generare

    soluzioni, di mettere in piedi adeguate ed efficaci strategie didattiche e soprattutto di

    fornire quel tipo di interazioni indispensabili per la creazione di un approccio tutoriale

    uno a uno. Obiettivi ambiziosi o utopie?

    Una visione quasi fantastica della Scuola del futuro.Concludiamo con Fletcher chiedendoci dove sar possibile arrivare con queste

    possibilitfantastiche. In qualche modo possiamo prevedere che la didattica del futuro

    subir cambiamenti drammatici e, tra quelli previsti, maggiormente ci lasciano sbigottiti

    quelli che andranno ad intaccare le fondamenta della didattica cos come noi la

    conosciamo. Tre in particolare, secondo Fletcher, saranno i grandi change che verrannoprovocati. In primo luogo assisteremo alla scomparsa quasi totale della programmazione

    di sequenze predefinite. In secondo luogo assisteremo al calo dellutilizzo di tecniche e

    forme di valutazione esplicite, soprattutto dei test. E da ultimo, anche quei momenti

    didattici che fanno parte del nostro DNA e che quotidianamente ci accompagnano, le

    lezioni, subiranno un ridimensionamento notevole.

    No sequenze predefinite. Queste conversazioni non avranno percorsi predefiniti ma si

    dirigeranno sulla base delle esigenze emergenti. Lidea dellInstructional Design come

    processo con cui specificare anticipatamente sequenze didattiche sotto forma di lezioni,unit didattiche e moduli tender allobsolescenza.

    No test. Molto interessante anche questo punto di vista secondo il quale in futuro, per

    determinare il raggiungimento di obiettivi di apprendimento e di capacit di problem

    solving, ci si affider molto meno allutilizzo di test espliciti. Questi verranno rimpiazzati

    da valutazioni continue, discrete e riservate, mirate a sviluppare un modello dello

    studente a partire dalle sue interazioni con il sistema. E queste forme di valutazione

    saranno a partire dal vocabolario utilizzato dal discente, dal suo uso di informazioni

    tecniche, dalla sua capacit di astrarre e di correlare/raggruppare concetti, dalla sua

    capacit di inferire ipotesi e cos via. Pu darsi che ancora si useranno test espliciti per

    particolari momenti di valutazione, ma non siamo assolutamente in grado di predire quali.

    No lezioni. La visione cognitivista di uno scibile diviso in discipline, a loro volta divise

    in moduli e unit didattiche

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    come pure la necessit di tenere traccia del percorso verso il loro conseguimento, ma

    certamente le modalit varieranno continuamente, proprio come gli obiettivi stessi che

    subiranno dinamicamente aggiustamenti e tarature continue. E qui il ruolo del docente

    sar determinante. Da protagonista del processo educativo passer a quello di risorsa del

    rinnovato ambiente di apprendimento e giocher il ruolo fondamentale di guida nel

    percorso di apprendimento dellalunno che altrimenti, anche se efficace nei passi

    intermedi, rischierebbe di non essere necessariamente e adeguatamente finalizzato al

    raggiungimento degli obiettivi stabiliti.

    Conclusioni

    Abbiamo presentato, fra le prospettive future dellutilizzo dei Learning Object, quella che

    pi ci avvince e pi ci fa credere che cos impostati i LO difficilmente si riveleranno un

    ennesimo fallimento al pari dei molteplici pregressi tentativi di introduzione delle

    tecnologie nella didattica. Tuttavia, nonostante gli enormi progressi compiuti, siamo nelregno del futuribile e nellimmediato futuro difficilmente ci confronteremo con LO fatti a

    forma di conversazione. Incontreremo invece molti LO fatti di contenuti e poco altro, con

    efficaci sistemi di archiviazione e di reperimento. Non ci siamo per addentrati in questa

    prospettiva perch la crediamo sufficientemente documentata e soprattutto perch

    crediamo che nellimmediato futuro avr un modesto impatto educazionale. Cos

    concepita stenter ad entrare nel quotidiano della didattica, anche se talora potr rivelarsi

    efficace strumento, al pari del libro, laddove non potr essere disponibile un docente. Per

    il presente e per limmediato futuro abbiamo presentato, nella prima parte di questolavoro, un possibile ruolo dei LO come strumenti fondamentali per la costruzione della

    conoscenza. Sono stati cio prospettati i LO come possibili prodotti finali di un percorso di

    costruzione che vede gli alunni impegnati come protagonisti attivi: una sorta di efficace

    implementazione di didattica per problemi e progetti in cui i LO rappresentano i prodotti

    da costruire. E per rendere operativo ed efficace questo approccio abbiamo individuato,

    nella preparazione degli insegnanti, il maggior problema da risolvere. Abbiamo quindi

    analizzato e proposto una serie di interventi finalizzati a dotare gli insegnanti di quegli

    attrezzi di cui sono totalmente sprovvisti e dai quali non si pu assolutamente

    prescindere per la progettazione, implementazione e conduzione di questo approccio

    metodologico..

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