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LE ROCCE (prima parte) LA LEZIONE Le rocce si formano oggi con le stesse modalità con cui si sono formate in passato. Secondo questo principio dell’attualismo, lo studio delle rocce e dei processi petrogenetici ci permette di ricostruire l’evoluzione geologica di un’area e la storia dell’intero pianeta. La gran parte delle masse rocciose che costituisce la porzione corticale della crosta terrestre non è facilmente riconoscibile in quanto celata da vaste distese d’acqua come oceani, mari e ghiacci, o da suolo e vegetazione, come sulla terra ferma. Una volta individuate, però, esse ci appaiono maestose, ferme, immutabili (fig.1). Niente di più sbagliato! Seppur in maniera impercettibile ai nostri sensi esse si muovono, e i terremoti ne sono la testimonianza. Se potessimo inoltre ripercorrere in maniera accelerata la scala geologica del tempo, dalla formazione della Terra ad oggi, le catene montuose si mostrerebbero tuttaltro che immobili. Come vedremo, le rocce sono il risultato di grandi eventi geologici, alcuni dei quali apprezzabili anche dall’uomo come ad esempio la formazione delle rocce ignee effusive . Studiando la struttura e la composizione di ogni roccia si potrà ripercorrere il viaggio che l’ha portata in un determinato posto o il processo che le ha dato una certa forma, sia esso un sasso in un fiume o una scala di marmo in un palazzo. Discipline come la mineralogia , la petrografia la geochimica o i giacimenti minerali si occupano di studiare l’origine dei minerali e delle rocce. Figura 1 il gruppo delle Dolomiti In questa lezione sarà possibile comprendere come i processi fondamentali che portano alla genesi delle rocce riconducano ad un unico grande ciclo: il ciclo litogenetico.

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LE ROCCE (prima parte)LA LEZIONE

Le rocce si formano oggi con le stesse modalità con cui si sono formate in passato. Secondo

questo principio dell’attualismo, lo studio delle rocce e dei processi petrogenetici ci permette

di ricostruire l’evoluzione geologica di un’area e la storia dell’intero pianeta.

La gran parte delle masse rocciose che costituisce la porzione corticale della crosta

terrestre non è facilmente riconoscibile in quanto celata da vaste distese d’acqua

come oceani, mari e ghiacci, o da suolo e vegetazione, come sulla terra ferma. Una

volta individuate, però, esse ci appaiono maestose, ferme, immutabili (fig.1). Niente

di più sbagliato! Seppur in maniera impercettibile ai nostri sensi esse si muovono, e i

terremoti ne sono la testimonianza. Se potessimo inoltre ripercorrere in maniera

accelerata la scala geologica del tempo, dalla formazione della Terra ad oggi, le

catene montuose si mostrerebbero tuttaltro che immobili. Come vedremo, le rocce

sono il risultato di grandi eventi geologici, alcuni dei quali apprezzabili anche

dall’uomo come ad esempio la formazione delle rocce ignee effusive. Studiando la

struttura e la composizione di ogni roccia

si potrà ripercorrere il viaggio che l’ha

portata in un determinato posto o il

processo che le ha dato una certa forma,

sia esso un sasso in un fiume o una scala

di marmo in un palazzo.

Discipline come la mineralogia, la

petrografia la geochimica o i giacimenti

minerali si occupano di studiare l’origine

dei minerali e delle rocce.

Figura 1 il gruppo delle Dolomiti

In questa lezione sarà possibile comprendere come i processi fondamentali che

portano alla genesi delle rocce riconducano ad un unico grande ciclo: il ciclo

litogenetico.

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Cos’è una roccia?

Con il termine roccia si intende un aggregato naturale di diversi minerali. Il termine

naturale si riferisce ad aggregati formatisi in natura attraverso processi chimico-

fisici, quali ad esempio la cristallizzazione o la precipitazione. Pertanto un aggregato

artificiale costituito da minerali quali ad esempio quarzo, feldspati e biotite non può

essere definito una roccia.

Le rocce sono generalmente compatte e possono contenere anche sostanze non

cristalline come ad esempio il vetro (presente nelle rocce ignee effusive) o sostanze

organiche (come nelle rocce biogene).

La maggior parte delle rocce è polimineralica, ovvero costituita da più minerali. Il

tipico esempio è il granito (fig. 2a). In natura esistono anche rocce formate da un

unico minerale e sono definite monomineraliche, come nel caso di un calcare o un

travertino (fig. 2b)

Fig. 2a: granito rosa di Baveno in cui sono ben riconoscibili i cristalli grigi di quarzo, rosa di K-feldspato,

bianchi di plagioclasio. Fig. 2b: travertino

Le rocce sono classificate in diversi modi, sulla base delle proprietà fisiche, o su

quella delle proprietà chimiche o addirittura in funzione del loro impiego finale, ma la

classificazione più significativa dal punto di vista geologico e universalmente

riconosciuta le distingue sulla base dei processi che hanno portato alla formazione, i

processi petrogenetici. In tal modo tutte le rocce possono essere ricondotte a tre

grandi gruppi: “le rocce ignee” o magmatiche, “le rocce sedimentarie” e “le

rocce metamorfiche”.

Le rocce ignee si formano in seguito al raffreddamento e alla cristallizzazione di un

fuso definito magma che può provenire dalla porzioni più profonde della crosta o dal

mantello.

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Le rocce sedimentarie sono il prodotto finale dei processi che avvengono sulla

superficie terrestre, collegati all’azione degli agenti atmosferici che agiscono su rocce

preesistenti. I processi di alterazione, erosione, trasporto favoriscono l’accumulo del

materiale proveniente da masse rocciose magmatiche, metamorfiche o sedimentarie

stesse sul fondo di grandi bacini.

Le rocce metamorfiche derivano dalla trasformazione di una roccia preesistente

(ignea, sedimentaria o metamorfica stessa) sottoposta ad importanti cambiamenti di

temperatura e pressione. È importante notare come esistano rocce che si possono

trovare a cavallo di due gruppi come nel caso delle rocce piroclastiche.

Osservando la composizione della crosta terrestre, compresa quella presente sotto

gli oceani, si può affermare che la gran parte di essa è costituita da rocce ignee,

seguita da rocce metamorfiche e solo in piccola porzione da rocce sedimentarie.

L’elemento più abbondante sulla superficie terrestre (crosta continentale) è

l’ossigeno seguito da Si, Al, Fe, Ca, Mg, K, Ti. Tutti questi elementi costituiscono il

99% in peso degli elementi presenti sulla crosta

terrestre e sono definiti elementi maggiori. Tutti gli

altri elementi sono contenuti in misura minore dell’

1%. I minerali più abbondanti nella crosta terrestre

(circa il 95%) sono i silicati e fra questi i più presenti

sono: quarzo, feldspati, anfiboli, pirosseni, miche,

olivine e granati. Tra i minerali non silicatici i più

comuni sono i carbonati e gli ossidi.

Tab. 1: distribuzione degli elementi nel pianeta terra

Cos’è una roccia ignea?

Le rocce ignee hanno origine dal raffreddamento di una massa fusa detta magma

costituita da una miscela di minerali e componenti volatili. Il magma può avere

origine nella crosta o nel mantello superiore. I fusi hanno una composizione

generalmente silicatica, solo in rarissimi casi sono composti in prevalenza da

carbonati (<0,01%).

La classificazione di una roccia ignea si basa sulla struttura (forma, grandezza e

disposizione spaziale dei minerali) e sulla composizione mineralogica e chimica. Ciò

che determina il tipo di struttura in questo tipo di roccia è la velocità di

raffreddamento del magma. In base alle modalità di raffreddamento del magma le

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rocce ignee possono essere definite “plutoniche” (o intrusive), “vulcaniche” (o

effusive) e “ipoabissali” (o filoniane).

Le rocce plutoniche si formano quando un fuso magmatico, che risale dalle porzioni

profonde della terra, sosta all'interno della crosta creando intrusioni caratterizzate da

pressioni molto variabili (fig.3). Il raffreddamento lento del magma (da poche

centinaia a migliaia di anni), dovuto alla presenza delle rocce incassanti che

impediscono la dispersione del calore, permette una cristallizzazione completa del

corpo intrusivo. Le rocce ignee che ne derivano presentano una struttura granulare,

caratterizzata da pochi cristalli di grandi dimensioni (fig.2a). I termini principali per

descrivere questo tipo di struttura sono: olocristallina (costituita solo da cristalli),

ipidiomorfa (presenza di cristalli che presentano facce ben sviluppate e di altri che

non ne hanno), isotropa (privi di orientazione preferenziale), anisotropa (cristalli che

mostrano una orientazione preferenziale), equigranulare (cristalli delle stesse

dimensioni) e inequigranulare (cristalli con dimensioni diverse).

Le rocce vulcaniche derivano dal rapido raffreddamento (poche ore o giorni) di un

fuso magmatico (fig.3). La risalita veloce del magma verso porzioni più esterne e

fredde della crosta determina la diminuzione

repentina della temperatura del fuso fino alla

sua venuta a giorno nel quale si ha l’interazione

del magma con l’aria (eruzioni effusive

subaeree) o con l’acqua (eruzioni effusive

subacquee).

Fig.3: Schema rappresentativo delle rocce ignee

plutoniche e vulcaniche

Al termine della risalita, si origina un’eruzione

effusiva il cui prodotto può essere una lava nel

caso in cui la componente volatile si libera dal

magma (fig.4), o una roccia piroclastica nel

caso in cui i gas disciolti nel fuso non riescano

a sfuggire da esso (eruzione di tipo esplosivo).

Fig. 4: Colata lavica

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La struttura di una roccia definita vulcanica è

rappresentata da fenocristalli (dal greco apparire,

essere evidente) immersi in una pasta di fondo

vetrosa e/o microcristallina (struttura porfirica;

fig.5).

Fig. 5: Basalto plagiofirico ad olivina e augite con struttura porfirica

La pasta di fondo è costituita da vetro se il raffreddamento è istantaneo (quenching).

I principali termini che caratterizzano la struttura delle rocce effusive sono: porfirica

(cristalli di grandi dimensioni immersi in una matrice costituita da piccoli cristalli e/o

vetro), vitrofirica (cristalli immersi in una matrice interamente vetrosa) olocristallina

(pasta di fondo costituita interamente da cristalli), oloialina (pasta di fondo

interamente vetrosa), ipocristallina (pasta di fondo in cui il vetro è più abbondante

dei cristalli), ipoialina (pasta di fondo in cui i cristalli sono più abbondanti del vetro)

vescicolare (presenza di cavità in precedenza occupate dalla componente volatile),

isotropa (priva di orientazione preferenziale dei cristalli), anisotropa (i cristalli

presentano orientazione preferenziale).

Le rocce ipoabissali derivano dal raffreddamento di corpi magmatici a bassa

profondità. Sono assimilabili a vene di magma che corrono dentro la crosta e in

alcuni casi possono raggiungere notevoli dimensioni. Le rocce ipoabissali sono

caratterizzate da un breve tempo di cristallizzazione e presentano proprietà simili

alle rocce effusive. Le rocce di questo tipo hanno una struttura in genere porfirica

(fig.5).

La composizione chimica e mineralogica di una roccia ricopre un ruolo molto

importante. Una prima distinzione viene effettuata su base chimica ed in particolare

è funzione del contenuto di elementi quali il silicio (Si), il ferro (Fe) e il magnesio

(Mg). Le rocce ricche in Fe e Mg (espressi in ossidi) sono dette femiche, mentre

quelle povere di questi elementi sono dette felsiche. È importante notare come tale

distinzione si applichi sia alle rocce plutoniche che a quelle vulcaniche.

Un’altra classificazione è basata sulla percentuale di silice presente; pertanto si

definiscono le seguenti categorie di rocce: ultrabasiche(SiO2<45%), basiche

(42%<SiO2<52%), intermedie(52%<SiO2<63%), e acide (SiO2>63%). È importante

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sottolineare che in petrografia il concetto di acidità e basicità indica la presenza di

silice (SiO2) nella roccia ignea.

La distinzione su base mineralogica delle rocce magmatiche è eseguita con l’ausilio di

un diagramma denominato doppio triangolo equilatero di Streckeisen secondo la

convenzione IUGS (International Union of Geological Sciences) del 1973, e

presuppone lo studio delle rocce in sezione sottile analizzate attraverso il microscopio

polarizzatore. Questo sistema di classificazione è utilizzato per le rocce magmatiche

plutoniche (fig. 6a), ma può essere esteso anche alle rocce ipoabissali e vulcaniche

(fig.6b).

La classificazione di Streckeisen si basa sulla presenza nelle rocce di due gruppi di

minerali: i minerali fondamentali e i minerali accessori. I primi sono utilizzati a fini

classificativi, mentre i secondi non incidono in maniera sostanziale sulla

classificazione, ma possono influire sulla nomenclatura della roccia. I minerali

fondamentali sono di tipo sialico e sono stati raggruppati in quattro categorie: quarzo

(indicato dal simbolo Q), feldspati alcalini (silicati di K e Na, indicati dal simbolo A),

plagioclasi (silicati di Ca e Na, indicati dal simbolo P) e felspatoidi (allumosilicati

essenzialmente di Na, K e Ca, che si differenziano dai feldspati per un minor

contenuto in silice, indicati dal simbolo F).

Ogni vertice del diagramma rappresenta il 100% di quel minerale. Il vertice P, ad

esempio, rappresenta il 100% dei plagioclasi, e pertanto in questo vertice è collocata

una roccia che contiene solo plagioclasi. Ogni lato del triangolo rappresenta due

minerali in percentuale diversa procedendo da un vertice verso l’altro. La

congiungente A-P è molto importante e rappresenta le rocce sature in silice.

Le rocce plutoniche si dividono quindi in tre grandi sottocategorie stabilite sulla base

percentuale di silice o feldspatoidi: “soprassature” (sopra la congiungente A-P),

“sature” e “sottosature” (sotto la congiungente A-P). Nel diagramma sono presenti

diversi campi, ciascuno dei quali corrisponde ad una roccia plutonica o vulcanica. Il

confine tra i diversi campi non è netto.

Si riporta un breve esempio con oggetto una sienite (fig.7).

Nel diagramma di Streckeisen la sienite (fig.6a) ricade sulla linea di saturazione in

silice. L’esame macroscopico rivela presenza di minerali bianchi con piani di

sfaldatura (probabile feldspato), minerali color rosa scuro (probabile K-feldspato) e

minerali neri (probabile biotite). Questo campione è posizionato sulla linea di

saturazione spostato verso sinistra a causa dell’assenza di quarzo e felspatoidi e

dell’abbondanza di K-feldspato. Quello appena descritto è un esempio di analisi

macroscopica. Lo studio al microscopio polarizzatore permette invece un

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riconoscimento dettagliato dei minerali contenuti nel campione (in particolare per i

vertici A e P) e quindi una accurata analisi e corretta classificazione.

a) b)

Fig.6: a) Diagramma di classificazione delle rocce plutoniche per M<90% in cui M è l’indice di colore e

indica il volume % di tutti i minerali scuri rapportato al volume totale dei minerali presenti nella roccia ;

b) Diagramma di Streckeisen per le rocce vulcaniche

Fig. 7: Campione di sienite

La maggior parte delle rocce plutoniche

(>99,5%) affioranti sulla crosta è

classificata attraverso il diagramma di

Streckeisen (fig.6a e fig.6b); la restante

parte è distinta utilizzando un quinto

parametro M che indica il contenuto di

minerali femici (olivine, pirosseni, anfiboli, miche,etc.). Tali rocce hanno il parametro

M > 90 e sono denominate rocce ultramafiche (fig.8). Questa classificazione è valida

solo per le rocce plutoniche. Il diagramma di classificazione riporta l’olivina nel

vertice in alto, il clinopirosseno (Cpx) e l’ortopirosseno (Opx) rispettivamente nel

vertice di destra e di sinistra (fig.8). Un secondo diagramma riporta l’olivina nel

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vertice in alto, i pirosseni (Px) e gli anfiboli (orneblenda=Hbl) nei vertici di sinistra e

destra. Se la percentuale di olivina è compresa tra il 100 ed il 40%, le rocce vengono

definite peridotiti, se l’olivina è in percentuali inferiori al 40% si avranno pirosseniti o

orneblenditi a seconda del minerale che le caratterizza.

Fig 8: Diagramma di classificazione

delle rocce plutoniche ultramafiche

Le rocce effusive mostrano un’ampia variabilità chimica e mineralogica e il

diagramma di Streckeisen è raramente utilizzato per la loro classificazione. Le rocce

effusive e ipoabissali sono classificate su base chimica attraverso il diagramma Alcali

Totali (Na2O+K2O)/Silica (SiO2) (denominato semplicemente TAS). Questo tipo di

classificazione prevede la conoscenza dell’analisi chimica della roccia e divide le rocce

effusive e/o ipoabissali in serie magmatiche. Le rocce appartenenti a queste serie

derivano da un magma iniziale (magma capostipite) e mostrano variazioni chimiche

sistematiche. Tale classificazione è funzione del contenuto totale degli alcali

(Na2O+K2O) e della silice (fig.9). Non entreremo nel dettaglio delle serie

magmatiche.

Fig.9: Classificazione

ufficiale delle rocce

vulcaniche

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Il processo magmatico racchiude l’insieme dei fenomeni che vanno dalla formazione

dei fusi alla loro cristallizzazione come rocce. I magmi provengono dalla fusione della

parte superiore del mantello o della crosta. Un magma basaltico che si origina nel

mantello può risalire direttamente in superficie e andare a costituire il fondo

oceanico, ad esempio lungo una dorsale oceanica, mantenendo la sua composizione

originaria oppure può risalire lentamente e per mezzo di soste iniziare a frazionarsi,

cambiando composizione e dando origine a magmi diversi.

Studi sulla cristallizzazione di un magma furono eseguiti da N.L. Bowen nei primi

decenni del novecento. Egli scoprì che i minerali in un magma in via di

raffreddamento non cristallizzano in modo casuale, ma secondo un ordine che

dipende dalla temperatura di fusione di ogni minerale (fig.10).

Fig. 10: serie di Bowen in cui viene

schematizzata la sequenza di

cristallizzazione di un fuso

In seguito alla cristallizzazione,

un minerale reagisce con il fuso

(porzione liquida del magma) e

si origina un nuovo minerale.

Detto ciò si può affermare che

all’interno di un fuso

magmatico si possono originare

durante il raffreddamento due

sequenze di cristallizzazione di minerali: la serie continua, che porta alla formazione

dei plagioclasi, e la serie discontinua, che porta alla formazione dei minerali femici

(fig.9). Nella serie discontinua l’olivina, un silicato di Fe e Mg, è il primo minerale che

si forma e che rimane in equilibrio con il fuso per un determinato intervallo di

temperatura. Al di sotto di esso l’olivina reagisce con il fuso in cui si trova per

formare il pirosseno, silicato di calcio e magnesio con un maggior contenuto in silice.

Secondo lo schema riportato in figura il processo continua con la formazione

dell’anfibolo, poi della biotite e così via.

L’altra serie, definita continua, porta alla formazione dei plagioclasi un gruppo di

minerali costituiti da miscele solide di due termini puri: l’albite, termine ricco in

sodio, e l’anortite, termine ricco in calcio. Alle alte temperature si formano i cristalli

con la composizione ricca in anortite (termine calcico). Con il decremento di

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temperatura, i cristalli formati iniziano a reagire con il fuso portando alla formazione

di cristalli sempre più ricchi in sodio, ovvero in albite. Attraverso un nuovo

decremento di temperatura, i prodotti finali delle due serie reagiscono ancora con il

fuso portando alla formazione di feldspato potassico, muscovite e quarzo.

La serie di Bowen non è sempre valida in quanto il processo di cristallizzazione può

essere influenzato da svariati fattori. In uno o più momenti si può verificare la

separazione fra la porzione già cristallizzata e il fuso. Ad esempio durante il

raffreddamento, se un fuso è allontanato dalla massa già cristallizzata non avviene la

reazione così come descritta. Questo processo prende il nome di cristallizzazione

frazionata e può produrre un’ampia varietà di rocce con composizioni diverse.

Il tema della cristallizzazione dei magmi è molto complesso e necessita di una

trattazione approfondita.