le riviste dedicate ai lavori femminili dal...
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LE RIVISTE DEDICATE AI LAVORI
FEMMINILI
DAL 1925 AD OGGI 1. UNA INTRODUZIONE
Nella categoria del rotocalco illustrato
che, come modello di pubblicazione periodica,
nasce nel XX sec. grazie all’introduzione di una
serie di innovazioni tecnologiche in ambito
editoriale, le pubblicazioni dirette alle donne
rappresentano certo uno degli aspetti più
interessanti. La stampa femminile1, che aveva i
suoi precedenti in alcune riviste tra cui il
«Giornale delle dame e delle mode di Francia»
(pubblicato a Milano tra il 1786 e il 1794), il
«Giornale delle nuove mode di Francia e
d'Inghilterra» (1786-1794)2 e successivamente il
«Corriere delle dame» (1804-1874)3, si sviluppò
soprattutto dopo l’Unità d’Italia. Tra il 1861 ed
il 1920 infatti nacquero ben 116 nuove testate
nel campo del periodico femminile: trattandosi
di un settore molto remunerativo, al nuovo
1 Sull'argomento, cfr. REGIONE LOMBARDIA.
SETTORE CULTURA E INFORMAZIONE. SERVIZIO
BIBLIOTECHE E BENI LIBRARI E DOCUMENTARI, Bibliografia dei periodici femminili lombardi, 1786-1945, a cura di RITA CARRARINI e MICHELE GIORDANO, Milano, Editrice bibliografica, 1993, pp. XXXIV, 475 (Fonti e strumenti, 22). Il volume è stato recensito da Giulia Barrera in «Rassegna degli archivi di Stato», LIII (1993), pp. 431-433. 2 Dal luglio 1793 «Giornale delle mode principali d'Europa dedicato alle Donne Italiane»; dal luglio 1794 «Giornale delle mode principali d'Europa coll'aggiunta delle mode dedicate alle Donne Italiane» 3 Rivista fondata a Milano da Carolina Lattanzi, moglie del giornalista romano Giuseppe Lattanzi.
pubblico femminile fecero riferimento un po’
tutti gli editori, compresi quelli che solitamente
trattavano altri generi4. Il 65% delle testate in
questione veniva pubblicato a Milano, che a
partire proprio dalla seconda metà dell’800 si
affermò definitivamente come capitale
dell’editoria di consumo e di intrattenimento.
Questo primato del capoluogo lombardo è
tuttora vigente: ai nostri giorni gran parte delle
riviste dedicate alle donne si pubblica ancora a
Milano.
Nel periodo tra le due guerre le riviste
femminili assunsero caratteristiche formali e di
contenuti abbastanza simili a quelli odierni ed in
particolare la tipologia editoriale si differenziò
in rotocalchi popolari5, riviste di alta moda6 e
guide ai lavori femminili (cucito, ricamo e
4 E’ il caso dell’editore Hoepli, specializzato in manualistica, che a inizio '900 pubblicò 4 “giornali di mode”: «La stagione», «La mode pratique», «Il figurino dei bambini», «Il giornale illustrato della biancheria». 5 Si ricordano i rotocalchi popolari «Annabella» e «Gioia», editi da Rizzoli, «Grazia», stampata da Mondatori, e «Amica», che nacque nel 1962 come rivista di servizio, supplemento al «Corriere della Sera». 6 Tra le testate più note si ricordano «Lidel», fondata nel 1919 da Lidia De Liguoro, «Fantasie d’Italia» (1925-1932), «Bellezza» (1941-1970), e «Novità», nata per iniziativa di Emilia Rosselli Custer. Tutte queste riviste erano rivolte ad un pubblico alto borghese e aristocratico.
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maglieria)7. Quest’ultimo filone subì una grande
espansione proprio nel ventennio 1918-1938,
quando si cominciò a dare molta importanza
all’abbigliamento fai da te, e le stesse case
produttrici di macchine per maglieria, macchine
per cucire e altro materiale da lavoro
pubblicarono molte testate8.
2. LA MANI DI FATA S.R.L. -
CANETTA S.R.L. E LE SUE 4 RIVISTE
Questa ricerca si sofferma proprio sulle
riviste dedicate al “fai da te”, in particolare su
quelle pubblicate dalla casa editrice milanese
Mani di Fata, di cui era ed è proprietaria l’antica
ditta Eredi Canetta, specializzata non a caso in
lavori femminili. La casa, tuttora esistente, fu
fondata nel 1881 a Milano, ed ha sedi anche a
Roma, Napoli, Genova, Trieste e Torino. Da
117 anni si occupa, oltre che della vendita di
stoffe, cotoni, tele disegnate, articoli di merceria
e capi realizzati a mano, anche di pubblicazioni
per lavori femminili, sempre per le edizioni
Mani di Fata (fig.23). La casa editrice Mani di
Fata cominciò a pubblicare tra il 1925 e il 1935
ben quattro riviste dedicate all’abbigliamento fai
da te e non solo, intitolate rispettivamente:
«Mani di fata», «La donna, la casa, il bambino»,
«Eleganze e novità» e «Piccola Fata». Erano
pubblicazioni ricche di lavori, studiati con cura
7 Tra le testate più longeve vanno citate almeno
«Rakam» (1930 - in corso) e «Mani di fata» (1925 - in corso). 8 Anche alcune case editoriali molto prestigiose, come l’editoriale Domus, specializzata per l’architettura e il design, pubblicò delle riviste di moda e maglieria.
per la loro esatta riproduzione, piene di articoli
di arte e varietà e corredate di tutte quelle
nozioni ritenute “utilissime alla donna
moderna”. Le riviste godevano di larga
diffusione e favore nel mondo femminile e si
acquistavano nelle librerie, nelle rivendite di
giornali o si potevano ordinare alla Ditta
Canetta, servendosi dei vaglia annessi alle
riviste stesse. Spesso, per fidelizzare le lettrici,
la casa editrice offriva alle abbonate in dono
elementi di corredo e di biancheria.
3. MANI DI FATA
La rivista più antica è «Mani di fata»,
che nacque nel 1925, terzo anno dell’era
fascista, come “pubblicazione mensile di lavori
femminili”, rivolta alle donne della classe
media. La rivista, pubblicizzata come “moderna,
pratica, indispensabile alla donna”, era corredata
di ricche illustrazioni di modelli, figurini
rigorosamente italiani9 (figg.5, 6), fotografie di
lavori in bianco e nero e a colori (figg.3, 4). Ad
ogni numero venivano allegate due grandi
tavole con disegni a grandezza naturale, una
tavola decalcabile disegnata (fig.19) ed un
modello tagliato per abiti o biancheria. Il costo
era di 1 lira, l’abbonamento annuale ammontava
a 16 lire, e con ogni uscita era possibile
usufruire di un buono di 1 lira, in modo da
permettere un rimborso totale della spesa di
9 Il regime fascista, durante il Ventennio, costituì enti appositi per incentivare la moda italiana, tra cui l’Ente Nazionale della Moda, e la censura proibì la pubblicazione sulle riviste di moda italiana di figurini francesi, che fino ad allora erano andati per la maggiore.
3
abbonamento stesso. Questo espediente,
assieme ad altri tra cui la pubblicazione di un
almanacco annuale consegnato gratuitamente
alle lettrici, contribuì a creare un fortissimo
numero di abbonate sparse in tutta Italia e anche
all’estero. Il cav. Vittorio Canetta era il direttore
responsabile della rivista, stampata con i tipi
delle Arti Grafiche F.lli Magnani di Milano,
mentre la S.A. Diffusione Pubblicazioni
Periodiche di Roma fungeva da concessionaria
per la vendita il Italia e nelle colonie. Il mensile
annoverava 28 o 32 pagine di testo, in formato
tabloid (43 cm di altezza). La copertina recava
in alto la testata, campeggiata dal disegno di una
fata intenta a lavorare al telaio (figg.1, 2), al di
sotto della quale c’era solitamente una
fotografia col particolare di uno dei ricami
illustrati all’interno della rivista, mentre in
quarta di copertina si trovava una immagine di
lavori il cui disegno decalcabile era annesso alla
rivista o, in alternativa, la raffigurazione di altri
modelli. All’interno della rivista si
distinguevano la parte lavori e la parte testuale.
La prima, nettamente preponderante ma non
separata dalla seconda né graficamente né dal
punto di vista della collocazione nel rotocalco,
era dedicata ai lavori (cucito, ricamo, ma anche
pittura e pirografia) e alla loro descrizione e si
articolava in Pagina delle biancheria, Pagina
della moda e Abitini e completi per bimbi. La
parte testuale comprendeva la rubrica consigli
pratici, una rubrica di ricette (In cucina), articoli
di varietà “interessanti la donna”, la rubrica
Corrispondenza delle abbonate (chiamata poi
Mani di fata risponde) e dal 1930 la rubrica
Consigli della dottoressa, con suggerimenti di
bellezza e salute, tenuta della dottoressa Emma
Modena Camporini, “specialista nelle malattie
delle donne e dei bambini”. Non mancavano
inoltre una Pagina lieta, una rubrica con
annunci di nascite, un’altra con annunci di
matrimoni, e una Pagina triste, dedicata ai lutti.
A volte comparivano anche dei rebus, per lo più
di matematica, con doni in palio per le lettrici in
grado di risolverli. Inoltre «Mani di fata» era
una rivista ricchissima di pubblicità “diretta”
che costava “lire sette per ogni millimetro di
altezza su una colonna” e spaziava dalla
propaganda di prodotti alimentari e dietetici, a
quella di negozi di materiale radiofonico, di
ditte e industrie di filati, macchine per cucire e
pelliccerie, alle pubblicità di corsi di taglio e
cucito per signore, di prodotti di
automedicazione, e persino di mobilifici con
pagamenti a rate e gioiellerie (figg.7, 8, 9, 10).
Assai pubblicizzati erano poi la collezione di
album illustrativi di lavori e ricami d’arte,
realizzati dalle edizioni Mani di fata, e i prodotti
della Ditta Canetta. Tratto caratteristico di
queste riviste dedicate ai lavori femminili,
rispetto a quelle del XIX sec, fu la formazione
di una serie di professionalità tra cui
disegnatori10, fotografi e soprattutto giornaliste
donne. Tra le scrittrici più attive della rivista
10 Quasi tutti i figurini pubblicati su «Mani di fata» nel corso degli anni trenta recano la firma dell’illustratore Antonino Salemme (1893-1942).
4
«Mani di fata» nel corso del ventennio troviamo
Laura Dianti, Mirella Doni e in particolare
Vanna Piccinni che, dopo Lucia Petrali Castaldi,
fu curatrice della rubrica Per voi donne gentili,
dagli anni trenta ribattezzata Conversiamo tra
noi. In questa rubrica venivano esaltate le virtù
fondamentali della donna, propagandate dal
regime fascista, prime tra tutte fede e lavoro. La
Piccinni fu peraltro autrice di diversi testi tra cui
Il libro dell’amore, edito nel 1932 e Nuove
usanze per tutti - Galateo del ‘900 stampato nel
1941. La lettura di questi testi, pubblicizzati in
alcuni trafiletti sulla stessa rivista «Mani di
fata», era fortemente caldeggiata. In occasione
della visita di Mussolini a Milano, nel novembre
del 1934, Vanna Piccinni scrisse un articolo
entusiastico per la rivista e sullo stesso numero,
tra i lavori, furono proposte creazioni in tessuto
a rete con motivi nazionali, compresa la
realizzazione di tendine col fascio littorio. Quei
modelli erano accompagnati dalle frase del
Duce: “Dia la donna la sua opera gentile per
abbellire le aule dove si svolge la sua opera di
italianità”, e nel ventennio furono frequenti altri
articoli in cui si inneggiava alla donna “voluta
da Mussolini”, che doveva essere madre e sposa
esemplare. Non si può quindi negare che la
rivista «Mani di fata» rispecchiasse pienamente
lo spirito del tempo, anche attraverso alcune
interessanti iniziative, che potremmo definire
“culturali”: la testata, che nel giugno del 1931
aveva riscosso un enorme successo alla V Fiera
del libro di Milano, nell’ottobre del 1933 offrì
gratuitamente a tutte le sue fedeli lettrici
milanesi uno spettacolo cinematografico dal
titolo volutamente eloquente Mani che creano.
La proiezione si tenne presso il cine-teatro
Odeon di Milano l’8 ottobre di quell’anno. La
pellicola veniva così pubblicizzata:
Due ore di godimento per la donna che assiste in un
succedersi di affascinanti quadri - legati ad una
originale vicenda - al magico potere che esercita il
lavoro nella vita femminile.
Vittorio Canetta, direttore della rivista,
nel decennale della testata, la definì “la più utile
ed interessante rassegna di lavori e di ricami”.
Fondata per il pubblico femminile e
caratterizzata dall’imponente tiratura,
rispecchiava, attraverso tavole illustrate, modelli
ed articoli, tutte le innovazioni che si andavano
affermando in ogni ambito del “lavoro muliebre
e delle arti affini”.
4. LA DONNA, LA CASA, IL
BAMBINO
Intanto nel 1929 era nata la testata «La
donna, la casa, il bambino», rivista mensile di
ricamo, moda, biancheria (figg.11, 12, 17, 18).
Si trattava di una rivista molto simile a «Mani di
fata», in simultaneità con la quale venivano
spesso banditi concorsi per le lettrici, con premi
in denaro fino a 15.000 lire (fig.14). Il formato
però era più piccolo e maneggevole (l’altezza fu
dapprima di 34 cm e poi si ridusse a 32,5 cm) ed
5
il numero di pagine variava dalle 26 alle 32.
Perfino il costo era identico a «Mani di fata», e
aumentò da 60 centesimi del 1932 a una lira la
copia nel 1933. La testata, pubblicizzata come
“la rivista ideale di tutte le mamme”, usciva il
15 di ogni mese, ed ogni numero conteneva
modelli in lana per bambini e per signora,
ricami di facile esecuzione, novità e modelli di
biancheria per piccoli (fig.13) e per donna
(fig.21), ed eleganti figurini (fig.16).
Immancabili gli allegati: solitamente un disegno
decalcabile e una tavola con disegni a grandezza
naturale. La rivista era tutta in bianco e nero e
solo il foglio centrale si presentava a colori. Tra
le rubriche vanno citate: la corrispondenza con
le lettrici (La corrispondenza di Annetta), una
rubrica con consigli per mantenersi belle e per
realizzare cure facili ed alimenti semplici (Le
cose che fanno piacere), una rubrica di cucina
(fig.20), e dal 1960 anche una rubrica
astrologica dedicata alle mamme. Elemento
caratteristico della testata «La donna, la casa, il
bambino» erano i consigli per arredare la casa,
che assunsero maggior peso soprattutto grazie al
boom economico degli anni ’60, quando sulle
tavole allegate alla rivista nacque una sorta di
rubrica a sé stante, intitolata Qualche idea per la
vostra casa (fig.22). Poi c’era la parte letteraria
con novelle e racconti di autrici quali : Anna
Fumagalli, Adriana Nazzari, Tina Manzo e Olga
Maria Ceretti. La rivista riservava anche molto
spazio alla pubblicità, soprattutto a quella delle
edizioni Mani di Fata: albums, disegni
decalcabili ed anche libri, primo tra tutti la
«Nuova enciclopedia dei lavori femminili», che
nel 1961 era alla sua terza edizione.
Quest’ultima pubblicazione , “il prezioso libro
che non dovrebbe mancare in ogni casa”, era
corredata da molto materiale che illustrava, con
l’ausilio di chiare immagini, l’ esecuzione di
lavori di cucito, maglieria, ricamo, pizzi, filet .
«La donna, la casa, il bambino» regalava anche
dei buoni da scontarsi sull’acquisto di merci
presso i negozi Canetta.
Nel secondo dopoguerra Vittorio Canetta
fu il responsabile della testata, che fino a tutti
gli anni 40 veniva stampata dai fratelli Magnani
di Milano. In seguito «La donna la casa il
bambino» fu stampata presso l’Istituto grafico
Vanzetti e Vanoletti. Nel 1960 la proprietà e
direzione della testata passarono ad Alfredo
Canetta e dal 1965 furono utilizzati i tipi della
ditta Barigozzi, mentre il prezzo della rivista
arrivò a 150 lire.
«La donna la casa il bambino» in
sostanza proponeva ancora una volta al ceto
femminile medio – borghese una idea di donna
che doveva essere prima di tutto “donna di
casa” sorridente, soddisfatta del proprio destino
e attiva consumatrice, un po’ secondo quella
“mistica della femminilità”11 che esplose nel
dopoguerra, dapprima in USA e poi in Italia. La
11 Sulla “Mistica della femminilità”, cfr. Laura LILLI, La stampa femminile, in La stampa italiana del neocapitalismo, Roma-Bari, Laterza, 2001, pp.283-284.
6
rivista proseguì le pubblicazioni fino al 1967,
per poi fondersi con «Mani di fata».
5. PICCOLA FATA
Il primo numero della rivista «Piccola
Fata», sempre della casa editrice Mani di fata,
uscì nel 1933. Prima di tale anno, Piccola fata
era un supplemento letterario alla testata «Mani
di fata» che, peraltro, fino al 1932 aveva
pubblicato delle novelle riportandole ai margini
delle tavole allegate ad ogni numero. Fu una
rivista quindicinale “moderna”, che si occupava
della vita “pratica ed intellettuale” del tempo,
ricca di novelle e varietà per la donna e che
perciò non doveva mai mancare “nel salotto di
nessuna signora intelligente e fine”. Solitamente
comprendeva 20 o 36 pagine illustrate e la sua
caratteristica era, appunto, il gran numero di
romanzi e novelle pubblicati in ogni uscita (da 8
a 10). Poi conteneva articoli di moda, rubriche
interessanti, soggetti di sport, pagine di attualità
cinematografica riccamente illustrate e le
Pagine azzurre, con il “convegno delle lettrici”
a cui partecipavano donne da tutta Italia. Ogni
numero bandiva concorsi a premi e aveva in
allegato un modello disegnato ed una pagina di
lavori. Tra gli scrittori più attivi che redassero
articoli e scrissero novelle per «Piccola fata»
troviamo Francesco Scarpelli e Dino Bonardi.
La pubblicazione della rivista durò fino al 1947.
6. ELEGANZE E NOVITÀ
La quarta rivista delle edizioni Mani di
fata era «Eleganze e novità», diretta questa volta
ad un pubblico per lo più alto borghese. Si
trattava di una rassegna prestigiosa che
riassumeva il panorama vasto della moda in tutti
i suoi vari settori e costava esattamente il
doppio della rivista «Mani di fata» : il prezzo di
una copia era di due lire nel 1935 e nel 1938 il
prezzo salì a tre. La rivista si componeva di
quaranta pagine riccamente illustrate con
immagini in bianco e nero e a colori, con la
descrizione di 130 modelli ed un cartamodello
ad ogni numero. Non mancavano modelli
sportivi ed accessori per l’eleganza femminile,
“rispondenti all’ultimo grido della moda”. La
rivista fu pubblicata per un decennio, dal 1933
al 1944.
7. ULTIMI SVILUPPI DAL 1970 AI
NOSTRI GIORNI
Nel 1975, anno in cui Laura Lilli
pubblicò il suo saggio La stampa femminile12,
nell’elenco delle testate correnti dedicate alla
“maglia,uncinetto, cucito, ricamo, moda da fare
in casa”13, non comparivano più «Piccola fata»,
«Eleganze e novità» e «La donna, la casa, il
bambino», mentre risultava essere alla sua
cinquantesima annata la rivista «Mani di fata»,
la più longeva delle quattro succitate testate, che
12 Laura LILLI, La stampa femminile, in La stampa italiana del neocapitalismo, Roma-Bari, Laterza, 2001, pp.253-318. 13 Ivi, p.309.
7
già dalla fine degli anni '40 era andata man
mano riducendo il suo formato passando da
quello tabloid a una misura di 22 x 30 cm. Da
qualche tempo inoltre «Mani di fata» si era fusa
con la rivista «La donna, la casa, il bambino».
La neonata testata aveva assunto così il nome di
«Mani di fata per la donna, la casa, il bambino»
(figg.24, 25) adattandosi alla impostazione e
alla grafica della rivista cessata. Non fu però
mantenuta la tradizionale pubblicazione di
novelle e romanzi, la cui funzione di
intrattenimento era stata ormai spiazzata dalla
diffusione dei nuovi media, primi tra tutti radio
e televisione.
Nel 1981 su 74 pagine di testo 36 erano
interamente a colori e nel 1989 la tiratura
ammontava a 290.000 copie. Con una tiratura di
160.000 esemplari e una media di una ottantina
di pagine, «Mani di fata» è ancora oggi una
rivista abbastanza diffusa e distribuita anche
all’estero in numerosi paesi.
La casa editrice Mani di fata srl ha
mantenuto la gestione del mensile, diretto
sempre da Alfredo Canetta. Negli anni '80 i tipi
erano quelli di Amilcare Pizzi s.p.a. di Cinisello
Balsamo. Oggi se ne occupano gli stabilimenti
Elcograf di Beverate di Brivio. Come già detto
l’impostazione è rimasta pressoché immutata
nel tempo e il rotocalco, interamente a colori e
del costo di 4.20 euro, ad ogni uscita affianca
alle molteplici proposte di ricamo, maglia,
uncinetto, offerte speciali per i tre canali che
sono la donna, la casa, il bambino, anche
numerose pagine da sfogliare ricche di rubriche
(la pagina di Frate Indovino), consigli utili,
ricette di cucina ed ha in allegato una tavola
decalcabile. Un certo spazio è come sempre, ma
in misura minore rispetto al passato, dedicato
alla pubblicità dei prodotti della casa editrice
che pubblica la testata. Dal 2005 è disponibile
anche una versione on line della rivista
femminile «Mani di fata» al sito
www.manidifata.it
Enzo Pio Pignatiello
8
Figg.1-2 - La testata di «Mani di fata» . In alto anno V - numero 9 del 1 settembre 1929; in basso anno X – numero 1 del 1 gennaio 1935.
9
Figg.3-4 - Particolari di alcuni lavori presentati nella rivista «Mani di fata» negli anni ’30.
10
Figg.5-6 - Esempi di figurini di moda italiani pubblicati sulla rivista «Mani di fata» negli anni ’20 e ’30, disegnati dall’illustratore Antonino Salemme.
11
Figg.7-8 - Pubblicità tratte da alcuni numeri di «Mani di fata» degli anni ’30. Da notare in basso la réclame della rivista «Eleganze e novità».
12
Figg.9-10 - Altri esempi di pubblicità anni ’30 con prodotti di cosmesi, sempre da «Mani di fata».
13
Fig.11 - Copertina de «La donna, la casa, il bambino», anno IV- numero 2 del febbraio-marzo 1933.
14
Fig.12 - Copertina de «La donna, la casa, il bambino», anno XII- numero 5 del maggio-giugno 1941.
15
Fig.13 - Particolare di una pagina interna de «La donna, la casa, il bambino» del maggio-giugno 1941.
Fig.14 - Particolare del grande volantino pubblicitario del Primo grande concorso per le abbonate ai giornali Mani di fata e La donna, la casa, il bambino, bandito nell’annata 1932-33.
16
Fig.15 - Pubblicità dei filati Canetta del 1933 in un numero della rivista «La donna, la casa, il bambino».
17
Fig.16 - Figurini a colori su un numero de «La donna, la casa, il bambino» degli anni ’40.
18
Fig.17 - Copertina de «La donna, la casa, il bambino», anno XXXII – numero 3 del marzo 1961.
19
Fig.18 - Copertina de «La donna, la casa, il bambino», anno XXXVII – numero 6 del giugno 1965.
20
Fig. 19 – Particolare di una tavola decalcabile con ferro caldo, allegata al n.11 di «Mani di fata», del novembre 1932. In alto a destra ne è descritta la modalità d’uso. Fig.20 – La rubrica In cucina, pubblicata su «La donna, la casa, il bambino», tratta da una uscita del 1965.
21
Fig.21 - Una pagina interna de «La donna, la casa, il bambino» del marzo 1961.
22
Fig. 22 – Un esempio di tavola con la rubrica Qualche idea per la vostra casa, allegata al numero di maggio 1965 de «La donna, la casa, il bambino».
23
Fig. 23 – Le innumerevoli pubblicazioni della casa editrice Mani di fata, illustrate in un volantino degli anni ’50.
24
Fig.24 – Il numero di «Mani di fata per la donna, la casa, il bambino» dell’agosto 1981.
25
Fig.25 – La copertina di «Mani di fata per la donna, la casa, il bambino» del febbraio 1989.