le origini del pensiero greco: le parole. mythos, logos, aletheia, physis, archè

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Le origini del pensiero greco: le parole. Mythos, Logos, Aletheia, Physis, Archè

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Page 1: Le origini del pensiero greco: le parole. Mythos, Logos, Aletheia, Physis, Archè

Le originidel pensiero greco:

le parole.

Mythos, Logos, Aletheia, Physis, Archè

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La filosofia greca apre lo spazio in cui vengono a muoversi e ad articolarsi non solo le forme della cultura occidentale, ma le istituzioni sociali in cui tali forme si incarnano, e infine il comportamento stesso delle masse. Arte, religione, matematiche e indagini naturali, morale, educazione, azione politica ed economica, ordinamenti giuridici vengono ad essere avvolti da questo spazio originario…

(E.Severino, La filosofia dai Greci al nostro tempo)

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Mythos, Logos, AletheiaChe cos’è il mito? Nella lingua greca arcaica il termine mythos significa «parola», «sentenza», «annuncio»; solo successivamente ha significato anche «leggenda», «favola», «racconto», etc…Il mito arcaico, con i suoi racconti teogonici e cosmogonici, vuole essere una forma di rivelazione del senso essenziale e complessivo del mondo:

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i miti sono un insieme di prospettive che orientano e guidano la vita dell’uomo all’interno di una concezione della vita e del mondo di tipo divino: l’invenzione mitica ha a che fare con il numinoso, cioè con una dimensione sovrannaturale secondo la quale gli uomini devono fare i conti con gli Dei e con tutte le forze supreme, spesso ignote, che governano il Kosmos...

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L’uomo mitico non avverte il mito come una favola, ma come la realtà stessa: ma poiché questa realtà è prodotta dall’invenzione poetica, inevitabilmente l’uomo greco, anche a causa di una serie di fattori materiali socio-economici, non si sente più soddisfatto dalla «spiegazione» mitica del mondo.

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La Filosofia è, appunto, il risultato della volontà del popolo greco di uscire dalla

dimensione mitico-irrazionale e trovare una Verità incontrovertibile e innegabile, un

sapere che non possa essere negato o messo in discussione da uomini, dei, mutamento dei

tempi o dei costumi:Per la prima volta nella storia dell’uomo, i primi pensatori greci escono dall’esistenza guidata dal mito e la guardano in faccia. Nel loro sguardo c’è qualcosa di assolutamente nuovo. Appare cioè l’idea di un sapere che sia innegabile perché esso stesso è capace di respingere ogni suo avversario.

(E.Severino, op.cit)

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Questa forma di sapere è stata chiamata dai Greci

in vari modi:

philosophia, aletheia (verità),

episteme (scienza), sophia (sapienza).

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La parola philosophia viene normalmente (e banalmente) tradotta con «amore del sapere»…Nel termine sophos («sapiente», su cui si costruisce il termine astratto sophia) risuona, come in saphes («chiaro», «manifesto», «evidente»),il senso di phaos, «luce»:

Cos’è, dunque, la filosofia?

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La Filosofia consiste nel portare alla luce della Verità incontrovertibile ciò che è all’oscuro, che non si dà all’immediatezza dei sensi e che tende a rimanere nascosto.Anche il termine aletheia («verità», da lantano, «nascondo») indica che la verità è il «non-nascosto», il «dis-velato», qualcosa che è stato portato dall’oscurità alla luce…

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Questo passaggio dall’irrazionalità del Mito alla Filosofia coinvolge il termine Logos: la Ragione, e non più l’immaginazione, diventa lo strumento attraverso cui i primi filosofi tenteranno di rispondere alle stesse domande del mito:

Qual è l’origine del Kosmos?C’è qualcos’altro oltre a quello che

cogliamo con i sensi?Qual è il senso complessivo del mondo?

Cosa sono il giusto e lo sbagliato?

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Tra Mythos e Logos, quindi, NON c’è una cesura netta, la filosofia non è nata per una rivelazione improvvisa dei primi pensatori: già i miti cosmogonici mettono in evidenza che la mente dell’uomo greco procede attraverso una serie di strutture di pensiero che ritroveremo nei frammenti dei primi «fisici».

La lettura del primo capitolo de L’universo, gli dei, gli uomini di

J.P.Vernant chiarirà in che modo tra mito e filosofia esista una linea di continuità…

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Dal Chaos indistinto

per scissione e divisione asessuata

hanno origine gli elementi distinti e opposti tra loro

che costituiscono il Kosmos

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I fisici e il problema dell’archè

I primi filosofi (Talete, Anassimandro, Anassimene, etc.), vennero chiamati da Aristotele fisici, perché l’attenzione principale del loro studio era rivolta alla physis: come va inteso questo termine dal punto di vista della filosofia?

nascita continua, crescita continua, movimento, vita, dinamismo;

sia il nascere sia il risultato di questo nascere, sia ciò che fa crescere sia il risultato di questa crescita;

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la physis non viene intesa come un insieme di cose (gli alberi, i cani, ecc.), ma come un tutto vivente di cui anche noi siamo parte integrante (concezione ilozoica);

la physis è qualcosa di visibile (gli esseri naturali), ma indica anche ciò che c’è anche se non si vede, ossia ciò che fa nascere, fa crescere, fa vivere tutto (il principio, l’archè);

ciò che si genera da sé, che è il prodotto del suo stesso generarsi.

In sintesi: la physis è, per i primi pensatori, proprio ciò che si impone come verità e la cui struttura profonda va portata alla luce.

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La riflessione filosofica sulla natura è, alle origini, riflessione sull’archè: il principio - perlopiù materiale - da cui

tutte le cose derivano; la sostanza (ousia) che permane costante

mentre i fenomeni mutano incessantemente;

l’origine unica della molteplicità degli esseri;

ciò che garantisce l’unità e l’ordine del kosmos a fronte dell’apparente molteplicità e disordine delle cose;

l’identità della diversità; forza che determina il divenire del mondo.

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La maggior parte di coloro che per primi filosofarono ritennero che i principi di tutte le cose fossero soltanto quelli di specie materiale. Essi chiamano infatti principio (archè) degli enti ciò da cui tutti gli enti sono costituiti, e ciò da cui essi derivano originariamente e in cui si corrompono da ultimo, in quanto è una sostanza che permane mentre le sue affezioni vanno variando. E’ per questo motivo, ossia perché questa physis si conserva sempre, che essi ritengono che nulla si generi e nulla si distrugga.

(Aristotele, Metafisica, I)