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Le dinamiche del capitalismo, la mercificazione globale e la crisi economica: quali prospettive per il welfare delle società industriali avanzate di Enzo Mingione POLITICHE SOCIALI / SOCIAL POLICIES • n. 2/2014, pp. x-x ISSN XXXX-XXXX © SOCIETÀ EDITRICE IL MULINO THE DYNAMIC OF CAPITALISM, GLOBAL COMMODIFICATION AND ECONOMIC crisis: what future for welfare in industrialized societies • The article discusses the prospective evolution of contemporary society using a theoretical framework based on Polanyi’s concept of double movement. The tension between the exposure to global commodification and the need to combat the progressive decline in social protection has increased in the wake of contemporary transformations in terms of individualisation, de-standardisation and fragmentation. These processes, in conjunction with a wave of social movements engaged in resisting various forms of oppression, have provoked a crisis in the different configurations of equilibrium developed in the trente gloriouses years of welfare capitalism. New forms of local welfare, social policy, third sector involvement, corporate welfare and private services have not succeeded in meeting needs that are becoming in- creasingly diverse and have proven unable to prevent a dramatic rise in social inequality. Neoliberalism, financialization and the concentration of bureaucratic and political power have undermined the effectiveness of public welfare. The economic crisis and austerity politics have made the situation more critical and difficult. The emergence of more severe forms of social disintegration, discrimination of minorities and increasing inequality can be countered only by a renewal of public responsibility set in motion by social movements promoting democracy and emancipation. KEYWORDS double movement, individualization and fragmentation, new and local welfare, public responsibility, social inequalities and discriminations. 1. Elementi di costruzione di un quadro teorico per interpretare le dinamiche di trasformazione delle società capitaliste La lunga crisi economica iniziata nel 2008 rende più difficile la compren- sione delle prospettive delle nostre società in una fase dinamica e incerta caratterizzata dalla forte crescita di alcuni paesi emergenti, da una elevata Enzo Mingione, Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università degli Studi di Milano Bicocca, [email protected]

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Le dinamiche del capitalismo, la mercificazione globale e la crisi economica: quali prospettive per il welfare delle società industriali avanzatedi Enzo Mingione

POLITICHE SOCIALI / SOCIAL POLICIEs • n. 2/2014, pp. x-x ISSN XXXX-XXXX © sOCIETÀ EDITRICE IL MULINO

The dynamic of capiTalism, global commodificaTion and economic crisis: what future for welfare in industrialized societies • The article discusses the prospective evolution of contemporary society using a theoretical framework based on Polanyi’s concept of double movement. The tension between the exposure to global commodification and the need to combat the progressive decline in social protection has increased in the wake of contemporary transformations in terms of individualisation, de-standardisation and fragmentation. These processes, in conjunction with a wave of social movements engaged in resisting various forms of oppression, have provoked a crisis in the different configurations of equilibrium developed in the trente gloriouses years of welfare capitalism. New forms of local welfare, social policy, third sector involvement, corporate welfare and private services have not succeeded in meeting needs that are becoming in-creasingly diverse and have proven unable to prevent a dramatic rise in social inequality. Neoliberalism, financialization and the concentration of bureaucratic and political power have undermined the effectiveness of public welfare. The economic crisis and austerity politics have made the situation more critical and difficult. The emergence of more severe forms of social disintegration, discrimination of minorities and increasing inequality can be countered only by a renewal of public responsibility set in motion by social movements promoting democracy and emancipation.

KeywOrdS double movement, individualization and fragmentation, new and local welfare, public responsibility, social inequalities and discriminations.

1. Elementi di costruzione di un quadro teorico per interpretare le dinamiche di trasformazione delle società capitaliste

La lunga crisi economica iniziata nel 2008 rende più difficile la compren-sione delle prospettive delle nostre società in una fase dinamica e incerta caratterizzata dalla forte crescita di alcuni paesi emergenti, da una elevata

Enzo Mingione, Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università degli Studi di Milano Bicocca, [email protected]

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interdipendenza economica e competizione globale e da intensi processi di destandardizzazione, incremento della eterogeneità ed instabilità delle con-dizioni sociali e diffusione di nuove forme di individualizzazione e di livelli di diseguaglianza sempre più marcati (Piketty 2013). La crisi, da un lato, ha evidenziato il fallimento del mercato e i pericoli delle politiche neoliberali e della finanziarizzazione delle economie ma, dall’altro lato, ha anche messo in luce i limiti della regolazione degli stati nazionali, delle soluzioni proposte dalle classi politiche per affrontare il cambiamento, e del gigantismo burocratico. Il dibattito tra i fautori del neoliberismo che ritengono che l’economia possa funzionare bene a condizioni di deregolazione e liberalizzazione e le varie linee critiche a favore di nuove forme di regolazione e di welfare finisce per entrare in empasse. I diversi paradigmi ortodossi delle scienze sociali sono in difficoltà nel tentativo di comprendere la crisi e ancora di più le prospettive delle società contemporanee.

Per superare l’empasse mi sembra interessante riprendere il suggeri-mento avanzato recentemente da Wolfang Streeck (2012) di leggere le società contemporanee con i parametri sociologici elaborati per la interpretazione del capitalismo dando una priorità alla comprensione della «dinamica»1 – e delle sue tensioni2 – piuttosto che all’analisi delle condizioni «statiche» di equilibrio che sono privilegiate dalle letture più ortodosse sia degli economi-sti che dei sociologi. Il quadro interpretativo che adotto in questo articolo è centrato sul concetto di doppio movimento elaborato da Karl Polanyi (1974; 1978; 1983), concetto che mi sembra particolarmente efficace per spiegare la dinamica del capitalismo e per mettere a fuoco le prospettive del welfare e delle politiche sociali. Il doppio movimento, la tensione tra disembeddedness e ri-embeddedness, così come la concettualizzazione delle tre logiche pure di regolazione istituzionale – reciprocità, redistribuzione e mercato – sono rielaborati qui liberamente, cioè senza nessuna pretesa di ortodossia polan-yana, per costruire un quadro di comprensione delle dinamiche delle società contemporanee e dei loro sistemi di welfare.

Per costruire un quadro interpretativo sufficientemente accurato non basta mettere a fuoco la dinamica sociale ma si dovevano anche tenere nella dovuta considerazione le interazioni globali (i rapporti tra paesi industrializ-

1 «[...], capitalism must be studied, not as a static and timeless ideal type of an economic system that exists outside or apart from society, but as a historical social order that is precisely about the relationship between the social and the economic [...]» (Streeck 2012, 3).

2 A questo proposito Streeck è chiaro: «I will begin by arguing for treating capitalism as an endogenously dynamic and dynamically unstable social system, one driven to expand and dependent on expansion, and on this account more often than not, and in particular today, in critical condition [...]» (Streeck 2012, 4).

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zati e paesi più o meno emergenti) in quanto indispensabili comunque per la comprensione delle società esposte ai processi di mercificazione, anche se l’analisi si focalizzerà sulle società europee. Ovviamente un quadro concettuale che tenga sotto controllo la dinamica del cambiamento e le interconnessioni/diversità globali è ambizioso e questo contributo va visto come una prima proposta da sottoporre alla discussione critica.

I processi di mercificazione che hanno caratterizzato lo sviluppo delle società moderne, industriali e capitalistiche possono essere interpretati come un doppio movimento simultaneo. La prima parte del movimento  –  che Polanyi vede come una forza di sradicamento sociale/disembedding – offre nuove opportunità di lavoro e di vita che liberano/sradicano/emancipano gli individui dai contesti sociali pre-esistenti (comunità rurali, clan tribù, famiglie patriarcali e così via) che quasi sempre costituiscono forme di oppressione. Contestualmente però lo sradicamento prodotto dalle nuove occasioni di mercato apre un problema di deficit di protezione sociale e obbliga gli attori a ricostruire nuovi legami compatibili con le occasioni create dal mercato e capaci di sostenere le modalità di vita degli attori stessi. La costruzione si-multanea di modalità nuove di radicamento (ri-embeddedness) è necessaria per consentire la sopravvivenza delle società umane anche se spesso il doppio movimento si traduce in condizioni di forte sofferenza (carestie, povertà, dif-fusione della violenza, e così via). Il doppio movimento, così come abbozzato qui, costituisce l’aspetto centrale della dinamica permanente delle società moderne esposte a processi sempre diversi di mercificazione a condizioni storiche e socio-culturali differenziate nel tempo e nello spazio3.

Il processo di cambiamento storico delle società capitaliste (o comunque esposte alla pressione traumatica delle tendenze alla mercificazione che oggi sono presenti, se pure in modalità diverse, in quasi tutti i contesti sociali) non si esaurisce nell’impatto immediato del doppio movimento e il processo di costruzione e rinnovamento delle istituzioni sociali deve tenere conto di altri fattori che si strutturano nel tempo e che dipendono dalle scelte di agency e identità degli attori coinvolti. Anche se in questa sede non posso entrare in profondità nella discussione di questo quadro teorico complicato, è impor-tante affrontare la questione dei processi e movimenti di emancipazione e

3 Ho preferito qui riprendere una libera interpretazione polanyana della dinamica del doppio movimento soprattutto per insistere sulla importanza logica della simultaneità delle due parti del movimento, ma Streeck (2012, 7), ad esempio, si basa su un’idea simile del processo di cambiamento del capitalismo. «Endemic pressures for liberalization and the efforts of capitalist innovators pursuing unlimited gain by revolutionizing economic and social relations give rise to perpetual tension in the capitalist social order and continuing conflicts over it. Again, the study of contemporary capitalism must expect such tension and conflicts to be normal, rather than occasional and peripheral and in principle easily manageable in self-stabilizing ‘‘market economies’’».

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democratizzazione. Nancy Fraser (2010; 2011) ha recentemente sollevato la questione della importanza dei movimenti di emancipazione arrivando a pro-porre che il doppio movimento dovrebbe essere rivisto come un movimento triplo, includendo le spinte all’emancipazione da nuove e vecchie forme di oppressione4. Non sono d’accordo con il suggerimento di vedere i movimenti di emancipazione e democratizzazione come una terza parte del doppio movi-mento per una questione di impostazione logica. Il doppio movimento infatti assume un senso interpretativo solo se inteso come composto da due parti indissolubili e simultanee: la pressione di disembedding/sradicamento messa in moto dal mercato è indistinguibile rispetto alla modalità di ri-embedding attivata dal bisogno di nuovi legami sociali e di nuove forme di protezione sociale. Allo stesso tempo però è importante, come fa notare Nancy Fraser, assumere che il processo di mercificazione mette in moto la costruzione di nuove identità individuali e nuove disponibilità alla partecipazione e all’azione politica che danno vita, in tempi e modalità storiche e organizzative variati, a movimenti di emancipazione, democratizzazione e lotta contro nuove e vecchie forme di oppressione. I processi di democratizzazione, liberazione e emancipazione sono interconnessi con il doppio movimento ma non sono una terza parte istantanea dello stesso. I processi di emancipazione hanno bisogno di una maturazione identitaria e organizzativa variabile nel tempo e nei diversi ambiti culturali e politici e si confrontano sia con le forme oppres-sive tradizionali (come, per esempio, il patriarcato, il maschilismo o le diverse forme di dominazione politica) sia con le nuove forme di oppressione generate dallo sviluppo capitalistico (come lo sfruttamento del lavoro, l’inquinamento e la distruzione della natura, l’oppressione burocratica, e così via). In questo senso si può sostenere che la spinta di emancipazione prodotta dalle nuove opportunità di mercato si traduca sia in reazioni istantanee necessarie per rigenerare immediatamente la vita sociale sia in una catena di reazioni, varia-mente dilazionate nel tempo, che costruiscono la società civile, i movimenti, le organizzazioni di partecipazione e di rappresentanza.

Nell’ambito di questo quadro interpretativo la necessità di ridisegnare le relazioni sociali per produrre condizioni di vita compatibili con le forme

4 «Per capire perché, partiamo dalla considerazione che l’emancipazione differisce in maniera importante dalla principale categoria positiva di Polanyi, quella di protezione sociale. Mentre la protezione è contrapposta alla esposizione, l’emancipazione è contrapposta al dominio. Mentre la protezione ripara la società dagli effetti disgreganti di un mercato senza regole, l’emancipazione mira a far emergere le relazioni oppressive dovunque esse si trovino, nella società così come nell’economia. Mentre la spinta della protezione è di assoggettare gli scambi di mercato a norme non-economiche, quella dell’emancipazione è di assoggettarli sia a norme non-economiche sia ad analisi critica. Infine, laddove i valori più elevati della protezione sono la sicurezza sociale, la stabilità sociale e la solidarietà, la priorità dell’emancipazione è il superamento del dominio» (Fraser 2010, 158).

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di mercificazione è al centro del cambiamento sociale e spiega il senso delle azioni individuali e collettive sia in termini di forme simultanee di adattamento/ ri-embeddedness sia in termini di organizzazione e partecipazione nell’ambito dei movimenti di democratizzazione e emancipazione. Le istituzioni sociali e politiche e il welfare sono costruiti e ricostruiti dall’incrocio tra queste due modalità di confrontare le sfide della mercificazione.

Il processo storico di cambiamento delle società capitalistiche è stato turbolento e accidentato. Si sono osservate quasi esclusivamente le trasfor-mazioni delle società industrializzate dell’occidente, in linea di massima tra-scurando il rapporto essenziale e fondante tra industrializzazione capitalistica e colonialismo5, mettendo comunque in risalto come il doppio movimento abbia avuto dei risvolti drammatici sulle società che si stavano modernizzando. Polanyi (1974) stesso ne La grande trasformazione sottolinea come il cambia-mento sociale in Inghilterra, il paese che ha anticipato l’industrializzazione e ha goduto dei vantaggi di un immenso impero coloniale, l’impatto della modernizzazione capitalistica abbia aperto vertenze sociali dolorose e di esito incerto (il dilagare della povertà urbana diffusa, condizioni di vita miserabili, crescenti diseguaglianze sociali e così via). Il capitalismo è parso alla vigilia del crollo parecchie volte tra gli ultimi decenni del secolo XIX e la fine della seconda guerra mondiale. Successivamente il doppio movimento, la tensione irriducibile tra mercificazione e società, è parso arrestarsi per i «trenta anni gloriosi» del dopoguerra almeno nei paesi industriali avanzati dell’occidente e in Giappone. È da questo punto che dobbiamo ripartire per rilanciare il ragionamento sulle prospettive delle società contemporanee.

All’interno di un quadro concettuale polanyano, simile e compatibile con quello adottato qui ma orientato a comprendere la diversità negli equilibri statici tra capitalismo e assetto istituzionale di protezione sociale piuttosto che la dinamica del capitalismo, Esping-Andersen (1990) spiega la varietà dei mondi di welfare capitalism usando il concetto di «demercificazione»6.

5 I contributi di Giovanni Arrighi (2008; 2014) costituiscono una eccezione alla scarsa attenzione nei confronti del Sud del mondo e delle interconnessioni tra industrializzazione e colonialismo. Il lungo XX Secolo mette pienamente a fuoco il ruolo che ha avuto lo sfruttamento dell’impero coloniale nel processo di industrializzazione dell’Inghilterra. Nella postfazione alla nuova edizione uscita postuma e nei suoi lavori più recenti (Arrighi 2008; Arrighi e Zhang 2010) Arrighi mantiene una attenzione particolare al ruolo che stanno assumendo i processi di sviluppo capitalistico nel Sud del mondo e in particolare all’emergere della potenza economica cinese.

6 All’interno del nostro quadro interpretativo fondato sul doppio movimento è preferibile utilizzare il concetto di «protezione dalla esposizione al mercato» piuttosto che quello di «demercificazione». Gli interventi di welfare infatti costituiscono un aspetto fondamentale della seconda parte del doppio movimento e sono orientati a costruire reti di protezione sociale efficaci per affrontare nuovi livelli di mercificazione.

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Secondo l’analisi dello studioso danese, la demercificazione è attivata nei mondi di welfare capitalism da diverse combinazioni istituzionali delle tre differenti modalità/fonti di protezione: famiglia/parentela/comunità; mercato (inteso come reddito/occupazione che permette l’accesso a risorse e servizi protettivi privati); il welfare state. I tre mondi hanno in comune un assetto istituzionale minimo su tutti e tre i fronti – famiglie nucleari con casalinghe, occupazione stabile dei maschi adulti capofamiglia/breadwinner, un welfare state sufficientemente sviluppato almeno nelle aree in cui non si può avere protezione dalla combinazione tra risorse della famiglia e risorse del merca-to – e poi sono diversi perché condizioni storiche specifiche, sociali, politiche ed economiche – itinerari di path dependency – hanno privilegiato una delle tre fonti sulle altre due. Le tre differenti combinazioni istituzionali di protezione sociale sono state costruite attraverso turbolenti processi di cambiamento, riforme e aspri confronti politici in società che sono particolarmente divise in classi sociali e gruppi etnici e caratterizzate da una discriminazione di genere accentuata. Però le combinazioni garantiscono un equilibrio e lasciano sotto traccia le tensioni del doppio movimento. Alti tassi di crescita economica, l’espansione del consumismo, il controllo monopolistico delle tecnologie industriali e, soprattutto, consistenti risorse che derivano dallo scambio ine-guale con i paesi sottosviluppati permettono ai mondi di welfare capitalism di produrre forme di protezione istituzionale standardizzata relativamente efficaci nel contrastare le tensioni generate dai processi di mercificazione.

La forte crescita economica che ha significato una consistente espo-sizione alla mercificazione e profondi cambiamenti nei legami sociali (urbanizzazione, migrazioni, mobilità geografica e sociale, espansione del consumismo) è risultata compatibile con una accentuata espansione della spesa pubblica per la protezione istituzionale di welfare in tutte le diverse varianti del welfare capitalism. Questo fatto ha lasciato decisamente in ombra l’influenza del contributo di Polanyi a proposito del doppio movimento e delle costanti tensioni tra mercato e società. Non si teneva conto del fatto che il benessere dei mondi di welfare capitalism e quelle diverse varianti di «glorioso» equilibrio tra mercificazione e protezione sociale dipendevano dalle risorse estratte dai paesi sottosviluppati grazie allo scambio ineguale a livello globale e al controllo monopolistico delle tecnologie industriali. Nei paesi sottosviluppati i processi di esposizione al mercato producevano gli effetti più devastanti del doppio movimento con l’inesorabile e violento declino delle comunità ed economie tradizionali di sussistenza e il dilagare della povertà rurale e urbana, delle carestie e dei conflitti politici e sociali. Le tensioni tra mercato e società del doppio movimento non erano finite ma per una parentesi storica eccezionale – ed è questa la questione importante da importare nel quadro teorico per capire le prospettive attuali – risultavano poco evidenti nei mondi di welfare capitalism.

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In questo stesso periodo però i movimenti di emancipazione contro l’imperialismo, il patriarcato, la distruzione della natura, l’oppressione delle minoranze, la discriminazione delle donne sono diventati molto attivi, anche e soprattutto nei paesi industriali avanzati, e sono stati tra i principali fattori che hanno accelerato la crisi degli assetti di welfare capitalism. Quando i processi di globalizzazione, destandardizzazione e individualizzazione in combinazione con la montata dei movimenti di emancipazione hanno iniziato ad erodere gli equilibri delle combinazioni di protezione sociale delle diverse varianti, le tensioni del doppio movimento sono diventate di nuovo vistose e caratterizzano la fase contemporanea di crisi ricorrenti e di prospettive incerte.

2. Le dinamiche contemporanee del cambiamento: individualiz-zazione, destandardizzazione e criticità della protezione e dei diritti sociali

Ci sono molti fattori concomitanti che spiegano il cambiamento post-industriale e la fine degli equilibri di welfare capitalism nei paesi industriali avanzati ma per ragioni di spazio sarà necessario adottare un livello piuttosto schematico di spiegazione. Si è già accennato alla importanza dei movimenti di emancipazione cresciuti particolarmente negli anni sessanta (si pensi, tra gli altri, alle mobilitazioni contro la guerra in Vietnam, ai movimenti femministi e alle grandi mobilitazioni giovanili, operaie e popolari del ’68-’69) nell’indebo-limento delle divisioni standardizzate e delle forme di oppressione che hanno costituito gli elementi portanti degli equilibri di welfare capitalism. Le crisi petrolifere degli anni settanta hanno avuto un ruolo deflagrante perché hanno iniziato ad alterare le condizioni di scambio ineguale, favorendo i processi di ristrutturazione industriale e deindustrializzazione. Contestualmente la delocalizzazione delle industrie manifatturiere verso alcuni paesi meno svilup-pati ha favorito una progressiva rimodulazione del controllo delle tecnologie produttive. In una prima fase le tigri asiatiche e poi i grandi paesi emergenti hanno iniziato a competere con i paesi industriali avanzati nella produzione manifatturiera e a registrare tassi di crescita economica molto più elevati di quelli dei paesi di vecchia industrializzazione.

Ma sono state anche le condizioni sociali, demografiche e culturali pro-mosse dallo stesso welfare capitalism a mettere in crisi i suoi stessi equilibri: l’aumento della speranza di vita favorito dalle pensioni e dal miglioramento dei sistemi sanitari; i nuovi livelli di individualizzazione ai quali ha contribuito non poco l’incremento della scolarizzazione; la diffusione della informazione e delle nuove tecnologie di comunicazione che ha sensibilmente alterato le identità culturali degli individui; l’aumento della produttività del lavoro che ha

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trasformato i sistemi occupazionali delle imprese manifatturiere; il consumismo che ha contribuito a produrre livelli crescenti di terziarizzazione e così via. I baluardi minimi del welfare capitalism – famiglie nucleari standard e stabili con donne molto impegnate nel lavoro domestico e di cura; una quota larga e crescente di occupazione stabile di maschi adulti capi-famiglia con redditi sufficienti a mantenere una famiglia nucleare (breadwinner); un welfare state con risorse sufficienti per intervenire nelle aree dove le combinazioni tra so-stegno di mercato e sostegno familiare non possono garantire una sufficiente protezione sociale – alla lunga non reggono al cambiamento indotto dalla combinazione tra i nuovi processi di mercificazione e le condizioni sociali e culturali promosse dal welfare capitalism stesso.

In questo senso oggi nei paesi industriali avanzati gli individui hanno grandi opportunità di auto-realizzazione, sono più consapevoli delle proprie capacità, più capaci di partecipare e di comunicare attraverso strumenti high-tech, ma, allo stesso tempo, sono più isolati e vulnerabili, meno protetti da un welfare state che è in crisi endemica, dalle forme di rappresentanza politica e sindacale tradizionale che non riescono a raggiungere realtà molto differenziate e instabili, e da legami sociali e familiari che sono anche essi sempre più eterogenei e instabili. Questo dà una idea di come si sia proprio re-insediato a pieno titolo il vecchio doppio movimento che mette in tensione i processi di esposizione ai mercati con la capacità di essere protetti e tutelati dai legami sociali.

A partire dalla trasformazione della divisione internazionale del lavoro e delle nuove forme di competizione globale il tasso di crescita dei paesi in-dustriali avanzati è diminuito notevolmente ma quello che è più importante è che il nuovo livello dinamico mostra una capacità relativamente limitata di compensare l’impatto della mercificazione con investimenti pubblici in soste-gno sociale di welfare. Di qui la stagione neo-liberista di Reagan e Thatcher e l’ondata di privatizzazioni e trasformazioni manageriali di pezzi di welfare pubblico. Le difficoltà di implementare il sostegno economico pubblico per la protezione sociale sono state largamente incrementate dal processo di finan-ziarizzazione che ha costantemente sottratto risorse alle politiche sociali per ridistribuirle agli strati più ricchi e alle élite politiche e burocratiche. La crescita del potere autonomo di burocrati e politici, iniziata in maniera relativamente meno dolorosa con la grande disponibilità di risorse del welfare capitalism, è stata poi magnificata dalla stagione neoliberista e dalla finanziarizzazione e ha finito per alterare inesorabilmente il funzionamento e la legittimazione degli apparati pubblici. In tutti i paesi industrializzati comunque il contenimento della spesa pubblica di welfare in combinazione con l’impatto di una forte redistribuzione finanziaria a favore degli strati più ricchi sta producendo una ondata di incremento delle diseguaglianze economiche (Piketty 2013) e delle forme di concentrazione di potere.

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La ristrutturazione industriale e l’espansione dell’occupazione nel ter-ziario hanno reso le carriere lavorative eterogenee e instabili. I lavoratori con profili atipici costituiscono una quota crescente della occupazione in tutti i paesi industrializzati. Questi lavoratori sono poco rappresentati e rappresen-tabili da sindacati, partiti politici e associazioni professionali. È vero che una parte di questi stessi lavoratori gode di un buon accesso agli strumenti e alle connessioni informatiche ma è anche vero che queste connessioni quasi sempre funzionano male come modalità per garantire stabilmente protezione sociale. Così anche quando i nuovi lavoratori non sono precari o poco pagati essi sof-frono di un pericoloso deficit di diritti e di protezione dai vecchi e nuovi rischi. In quasi tutti i paesi industriali avanzati la tenuta dell’occupazione è comunque alimentata da una crescita di occupazioni precarie e poco pagate, temporanee o informali, a bassa qualificazione professionale nei servizi, lavori che il più delle volte sono svolti da immigrati con conseguenze in termini di difficoltà di inserimento sociale e processi di discriminazione, dei quali parleremo tra breve. Il lavoratore al di sotto della linee di povertà sta diventando una realtà diffusa anche nei paesi industriali avanzati con forti tradizioni garantiste.

Le famiglie nucleari che rimangono le principali istituzioni che regolano la vita privata sono sempre meno omogenee e stabili ma soprattutto hanno una capacità limitata di offrire protezione sociale ai propri membri per l’allungamen-to delle aspettative di vita, la diminuzione di matrimoni e natalità, l’aumento delle convivenze solitarie, di divorzi e separazioni e delle complicate forme di ricostituzione di nuovi nuclei familiari. Inoltre la massiccia entrata delle donne nel mercato del lavoro apre una seria vertenza sulla conciliazione tra responsa-bilità domestiche e di cura e impegni lavorativi dove le diverse combinazioni tra tempo parziale, congedi, più equilibrate divisioni di genere degli impegni di cura e servizi alla famiglia, pubblici e privati, in nessun contesto sembrano dise-gnare modalità soddisfacenti. Nelle varianti familiste, come nel caso dell’Italia, le diseguaglianze, gli squilibri, il sovraccarico di responsabilità sulle donne di alcune fasce di età e il deficit di protezione sociale creano forti tensioni.

Nella fase post-industriale anche i movimenti migratori aprono vertenze sociali diverse rispetto a quelle tipiche della crescita manifatturiera del dopo-guerra, soprattutto nel caso dei paesi europei. L’insediamento di migranti e di profughi ora riguarda tutti i paesi europei e i volumi sono molto più elevati che non nella fase precedente. I flussi migratori sono caratterizzati da un forte potenziale di mobilità geografica (si pensi, ad esempio, alla diffusione dei voli a basso costo) e di comunicazione (internet, telefoni portatili e così via) che finiscono per consolidare sia livelli abbastanza elevati di instabilità o di pendolarità sia forme di transnazionalità e di multiculturalità. D’altra parte l’inserimento occupazionale degli immigrati è problematico. La diffusione di lavori instabili e a reddito basso nei servizi, favorita anche dalla pressione migratoria, alimenta difficoltà crescenti in relazione all’inserimento sociale e

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residenziale degli immigrati stessi. I nuovi immigrati con complesse identità transnazionali si vengono a trovare in contesti sociali, politici e culturali nei quali i diritti sociali e di welfare sono indeboliti e tendono a crescere le pratiche di discriminazione e xenofobia.

Il cambiamento delle condizioni demografiche, familiari, occupazionali e migratorie genera nuovi rischi e una forte, eterogenea e sempre più fram-mentata domanda di sostegno sociale. All’interno del quadro teorico fondato sul doppio movimento si ripropone la questione che metteva in allarme Polanyi in La grande trasformazione che il movimento di ri-embeddedness possa essere insufficiente e che vi sia una forte spinta verso la disgregazione sociale. Ma prima di giungere a conclusioni bisogna considerare attenta-mente i cambiamenti anche sul fronte dell’offerta istituzionale di protezione e inserimento sociale.

Abbiamo anticipato il fatto che i welfare state nazionali dei paesi indu-strializzati dispongono di risorse relativamente limitate sia per la pressione della competizione economica internazionale sia per i costi elevati degli apparati burocratici e politici. Sembra che oggi l’espansione della spesa pubblica per protezione e inserimento sociale sia incompatibile con il biso-gno di mantenere un livello elevato di efficienza economica. Non c’è niente di nuovo perché questa è proprio la tensione di fondo tra mercato e società del doppio movimento. Le élite politiche e i movimenti di emancipazione devono cercare modi di ricomporre temporaneamente la tensione anche perché una economia efficiente non può restare operativa a lungo in una società disgregata.

Il processo di costruzione della parte di ri-embeddedness del doppio movimento è diventato molto travagliato. L’ondata neoliberale, soprattutto in alcuni paesi, ha delegittimato il welfare pubblico come un intervento co-stoso a favore di una piccola parte della popolazione contro gli interessi della grande maggioranza. Questa ondata di attacco politico si è attenuata negli ultimi anni ma ha lasciato dovunque una eredità forte e diffusa di scetticismo sull’efficacia dell’intervento pubblico. Il fenomeno è alimentato dal fatto che la burocratizzazione e il potere di lobby economiche e politiche producono fenomeni di distorsione e corruzione nella manovra pubblica. Questi fenomeni hanno luogo anche nel settore privato che però è meno vulnerabile rispetto ai processi di legittimazione. Max Weber aveva previsto già un secolo fa come lo sviluppo economico e la necessità di espandere il controllo sociale e le politi-che pubbliche avrebbero contribuito alla crescita degli apparati burocratici e politici e alimentato il rafforzamento dei poteri e degli interessi autonomi degli apparati stessi in contrasto con gli obiettivi di produrre protezione e inclusione sociale a favore dei cittadini. Questa tensione è oggi molto pesante e costituisce un ostacolo grave rispetto alla efficacia della seconda parte del doppio movimento. La risposta di costruzione di nuove modalità di protezione

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sociale deve confrontarsi quindi sia con difficoltà sul fronte delle risorse, sia con la eterogeneità e la frammentazione dei nuovi rischi, sia con le distorsioni che si producono sul fronte burocratico e politico.

Come abbiamo anticipato la transizione storica è caratterizzata anche da una importante ondata di mobilitazioni di movimenti di emancipazione impe-gnati su un largo spettro di fronti di lotta alle diverse forme di oppressione. La crescente oppressione da parte degli apparati burocratici e politici ha favorito anche la mobilitazione di movimenti innovativi rispetto alle tradizionali orga-nizzazioni politiche e sindacali. Inoltre i processi di individualizzazione e la forte resistenza al cambiamento da parte delle lobby politiche ed economiche stanno rendendo lo scenario delle tensioni che produce il doppio movimento estremamente complicato. Le nuove tecnologie di comunicazione sono poi diventate potenti strumenti di mobilitazione e di partecipazione anche se mostrano chiari limiti in termini di consolidare legami di solidarietà sociale efficaci e duraturi nel tempo7.

Gli assetti istituzionali tipici dei mondi di welfare capitalism sono sem-pre meno efficaci nell’affrontare le attuali tendenze globali dei processi di mercificazione e quindi diventano importanti risposte, spesso spontanee e dal basso, che sono più locali, più caratterizzate dalla attivazione e partecipazione dei soggetti che hanno bisogno di sostegno sociale e che coinvolgono spesso agenzie di terzo settore e di volontariato. Ma questo slittamento verso quello che viene chiamato «nuovo welfare» si deve comunque confrontare con le risorse effettivamente a disposizione, con le tendenze di incremento delle diseguaglianze e con la necessità di mantenere una tensione universalistica nei confronti dei diritti e dei beni pubblici.

Il processo contemporaneo di trasformazione dei sistemi di welfare è attivato da due forze che sono opposte e che riflettono in pieno la dinamica del doppio movimento. Da un lato, vi è la necessità di creare modalità efficaci per rispondere alle pressioni di mercificazione e ai bisogni di protezione so-ciale, che sono individualizzati, frammentati ed eterogenei. Si devono creare nuovi legami sociali efficaci e nuove reti di sostegno in un processo in cui si dovrebbero mettere in gioco le risorse di tante organizzazioni diverse, private, di volontariato e di economia sociale, di attivazione individuale, e che quindi richiede grandi capacità di responsabilità, coordinamento e controllo pub-blico a tutti i livelli. Questo processo, come è stato notato a proposito delle esperienze di flexsecurity nei paesi scandinavi, ha comunque dei costi elevati. Dall’altro lato, il ridisegno delle politiche pubbliche e le riforme di welfare sono

7 L’importanza delle tecnologie di comunicazione e informazione e, allo stesso tempo, i limiti, si riscontrano in quasi tutte le forme di mobilitazione politica contemporanea: dai movimenti della primavera araba, a Occupy Wall Street al movimento degli Indignados in Spagna.

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spesso orientate al risparmio delle risorse e al taglio della spesa per aggiustare i conti pubblici e sostenere la competitività economica. A partire da questa seconda forza si producono spinte di disgregazione sociale e diseguaglianze fuori controllo che stanno diventando pericolose per la sopravvivenza stessa delle società contemporanee.

3. Nuovo welfare, crisi e incremento delle diseguaglianze

La questione che si pone oggi, soprattutto nei paesi di vecchia industrializ-zazione, è quali siano le modalità e le risorse a disposizione per contrastare l’impatto disgregatore della mercificazione globale e della finanziarizzazione in contesti sociali destandardizzati, individualizzati e frammentati. Si fa riferi-mento alle esperienze di innovazione sociale, a un welfare pubblico che è più locale e più attivo (che coinvolge i percettori di sostegno sociale nei processi di inserimento), a un secondo welfare che utilizza risorse del terzo settore, della società civile e del mercato (sia welfare aziendale che modalità di organizzare i servizi privati che tengano sotto controllo la qualità rispetto ai profitti). Queste esperienze possono effettivamente articolare risposte efficaci rispetto a rischi e bisogni di protezione sociale molto differenziati ma mantengono aperti due fronti problematici: la necessità di mantenere un livello elevato di impegno e risorse pubbliche da investire nel coordinamento e nella regolazione della protezione dei cittadini e l’esigenza di mantenere sotto controllo l’incremento delle diseguaglianze sociali.

Le esperienze di innovazione sociale e istituzionale sono variate e posso-no interferire in diverse modalità con le tensioni del doppio movimento. Alcu-ne forme di innovazione intervengono direttamente ad alleviare l’esposizione ai processi di mercificazione, come la diffusione di iniziative di responsabilità sociale delle imprese, l’esperienza dei contatti diretti e delle catene corte tra produttori e consumatori, la redistribuzione gratuita delle eccedenze alimentari e così via. Anche le attività delle cooperative, imprese sociali e terzo settore interferiscono con il livello di mercificazione perché sono in grado di produrre merci e servizi a costi depurati da profitti e intermediazioni finanziarie. In altri casi esperienze innovative possono favorire la diffusione di pratiche non mercificate e/o offrire garanzie e opportunità a gruppi sociali svantaggiati, come le esperienze di micro-finanziamento, le banche del tempo, il baratto e gli scambi comunitari, l’organizzazione dei passaggi in auto o dello scambio di ospitalità. Altre esperienze poi organizzano la rappresentazione e la partecipa-zione di gruppi sociali che chiedono l’accesso a diritti e tutele alleggerendo il peso della intermediazione politica e burocratica. Il decentramento locale di molte funzioni di welfare permette di articolare meglio la protezione rispetto ai bisogni effettivi, di attivare la partecipazione dei beneficiari e di valorizzare

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un mix di interventi in cui sono coinvolte anche associazioni, imprese di terzo settore e imprese private.

Tutte queste esperienze sono importanti per affrontare le sfide che pro-pone il processo di mercificazione ma non arrestano le tensioni del doppio movimento. All’interno di queste trasformazioni non si intravedono le pro-spettive di «decrescita felice» di cui parlano Serge Latouche e i suoi seguaci. Il doppio movimento continua ad impedire forme generalizzate e selettive di demercificazione. Nelle realtà contemporanee non sembra possibile una trasformazione verso la costruzione di modalità di vita neocomunitarie che riescano a selezionare alcune linee di ricerca e sviluppo indispensabili per potenziare la produzione di strumenti ad alta tecnologia necessari per imple-mentare buoni tenori di vita dal punto di vista della salute, dell’educazione e della protezione sociale e, allo steso tempo, ad abbandonare altre aree economiche tipiche di consumismo e spreco senza però creare forti ondate di diminuzione dell’occupazione e di aumento della disoccupazione e della povertà. Comunque la diffusione delle innovazioni sociali e il loro consoli-damento nel tempo così come il funzionamento delle forme di welfare locale e di welfare attivo richiedono sia l’esistenza di livelli elevati di investimenti nella educazione e nella ricerca e sviluppo di alte tecnologie, sia la presenza di grandi risorse finanziarie e di mercato, sia un favore pubblico istituzionale che non può concretizzarsi in contesti in cui la spesa pubblica viene tagliata radicalmente.

La trasformazione delle società contemporanee in direzione di forme di sostegno e di legami sociali più localizzati, attivi, caratterizzati dal coinvol-gimento di un mix di agenzie private e pubbliche riflette e a volte magnifica la crescita delle diseguaglianze sociali e geografiche erodendo il sistema standardizzato dei diritti sociali marshalliani. In questa transizione storica si possono indicare alcune condizioni che possono mantenere sotto controllo le diseguaglianze sociali e le discriminazioni all’interno del gioco del doppio movimento. 1) È importante mantenere e aggiornare un forte quadro regola-tivo nazionale e sovra-nazionale orientato a garantire come bene pubblico un livello accettabile di protezione sociale alla popolazione. 2) Sistemi equilibrati di redistribuzione di risorse e responsabilità dalle autorità centrali a quelle locali sono necessarie per garantire le iniziative a favore dell’inserimento delle popolazioni svantaggiate. 3) Deve essere mantenuta alta la mobilitazione poli-tica per lottare contro la discriminazione delle minoranze e dei gruppi sociali più vulnerabili che sono anche quelli più stigmatizzati e sottorappresentati. 4) Per promuovere sulla scala locale le condizioni favorevoli a iniziative che non dividano o discriminino è importante favorire la diffusione della conoscenza, delle nuove specializzazioni professionali, delle forme di solidarietà, coopera-zione e intermediazione interculturali. Queste condizioni si possono realizzare solo attraverso la mobilitazione e la partecipazione di diversi gruppi, istituzio-

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ni, associazioni e movimenti presenti a livello locale. È in questo senso che i movimenti di emancipazione possono giocare un ruolo cruciale se riescono a superare i livelli di mobilitazione occasionali, temporanei o settoriali. Infatti per mantenere sotto controllo la trasformazione delle società individualizzate e frammentate è indispensabile una forte responsabilità pubblica contro le discriminazioni e in favore delle forme collettive di benessere che solo la mobilitazione dei movimenti di emancipazione può produrre.

Gli assetti standardizzati di welfare capitalism più che essere lussi che non ci possiamo più permettere sono sistemi di protezione sempre meno efficaci in contesti sociali eterogenei, instabili e individualizzati. Ma le forme di transizio-ne verso «il nuovo welfare» e, in particolare, i sistemi locali misti e partecipati di protezione non riescono a contrastare l’aumento delle diseguaglianze e le discriminazioni contro gruppi vulnerabili. La crisi economica prolungata ha poi in molti casi moltiplicato i soggetti con forti deficit di protezione sociale (disoccupati di lungo periodo, poveri, immigrati). Le modalità in cui la crisi è stata gestita, soprattutto in Europa, praticando politiche di austerità e tagli indiscriminati della spesa pubblica ha amplificato i corti circuiti di disegua-glianza e discriminazione.

Non esistono ricette di buone pratiche per realizzare la mobilitazione utile di risorse della economia sociali e del terzo settore, l’attivazione degli individui che richiedono protezione sociale, la capacità degli enti locali di coordinare una rete sinergica di interventi di inserimento sociale che possano garantire poli-tiche efficaci ed eque in grado di soddisfare la domanda di protezione sociale con risorse pubbliche decrescenti. Anche lo shock che ha prodotto la lunga fase recessiva in Europa non sembra poter produrre un impatto rigenerativo sul welfare come quello che, in condizioni certamente più drammatiche, si è avuto in seguito alla grande crisi del ’29 e alla seconda guerra mondiale che hanno contribuito a implementare il New Deal e il modello sociale europeo. Evers e Guillemard (2013) presentano il seguente scenario per i paesi europei: «Despite the gloomy future of the European social model, since the current recession might do away with social rights and citenzenship enshrined in law, a more optimistic scenario might be played out whereby our current tribulations would revive a sense of responsibility both in national political cultures and in terms of transnational solidarity within the EU [...] Active citizenship and a more civic culture might then help to find new ways for combining social cohesion and economic growth and the respective kind of social investment strategy» (p. 384). Le prospettive per combattere la disgregazione sociale dovrebbero essere centrate su nuove modalità per contrastare diseguaglianze e discriminazioni nella costruzione della promozione di livelli di vita e di inclu-sione accettabili per i cittadini e non possono prescindere da un rinnovamento della responsabilità politica pubblica. A sua volta questo rinnovamento può essere prodotto, come suggerito da Evers e Guillemard (2013), solo dalla mo-

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potersi tradurre in

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bilitazione e partecipazione attiva dei cittadini in movimenti e associazioni che lottano per l’emancipazione. Non si vedono ancora chiare tracce di vie di uscita dalle modalità di nuovo laceranti in cui ci pone oggi il doppio movimento ma anche la prospettiva più pessimistica che spaventava Polanyi tra le due guerre che il doppio movimento si sarebbe tradotto in una spinta inarrestabile alla disgregazione della società non sembra scontata.

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