le carceri di jesi
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Mostra fotografica di Jorio MediciTRANSCRIPT
Jorio Medici
IL CARCERE DI JESI » mostra fotografica
ore 17:00-‐24:00
Equa la Festa Ostello Villa Borgognoni
JESI (AN)
Ostello Villa Borgognoni – Via Crivelli, 1 – Jesi (AN)
5/6/7 luglio 2012
Il Carcere Di Jesi Il non lasciar perdere il ricordo, l'intensa memoria che nascondono le mura delle carceri italiane, mi ha spinto a realizzare queste immagini nell'edificio che le ospitava a Jesi dal 1932 fino agli anni '80, nel tentativo di documentare gli spazi ancora inalterati, in particolare l'ora d'aria, rimasta quasi intatta negli anni. Molte persone sono passate per queste mura: chi per colpa, chi per errore, chi per motivi politici. Sono uno specchio della città che verrà dimenticato, in quanto i nuovi progetti di riutilizzo non prevedono la conservazione delle testimonianze dei tanti “ospiti” della struttura. I nuovi appartamenti, che rivaluteranno il centro storico, cancelleranno le scritte murarie e i ricordi di chi vi è stato privato della libertà: dai partigiani arrestati durante la resistenza, ai disertori che cercarono a piedi di raggiungere i famigliari jesini, ladri per fame o veri e propri delinquenti di professione, quasi sempre cittadini dei quartieri popolari della città che animavano i vicoli e le sue osterie, le viscere della città Federiciana, i luoghi dei poveracci, delle prostitute e di chi remava contro in questo frangente particolare della storia di Jesi.
Jorio Medici Jorio Medici nasce a Jesi nel 1983 ed inizia ad interessarsi di fotografia nel 2005. Membro del Gruppo Manifattura Tabacchi di Chiaravalle, le sue immagini vengono selezionate per la pubblicazione in due siti internet specializzati in architettura e minimalismo e due libri fotografici collettivi editi dalla FIAF. Case, uffici, palazzi, scale sono tra i suoi soggetti preferiti. Dietro l’interesse per gli spaccati architettonici si nasconde la vera forza delle sue immagini: l’uomo. Sempre accennata, quasi nascosta, la presenza umana attrae l’occhio.
“Molte persone sono passate per queste mura: chi per colpa, chi per errore, chi per motivi politici. Sono uno specchio della città che verrà dimenticato.”
Ostello Villa Borgognoni – Via Crivelli, 1 – Jesi (AN)
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Racconti… delle Carcerette di Jesi I Giardini “Sacco e Vanzetti” sono stati rimessi a nuovo, il palazzo antistante al civico Posterma n. 8 aspetta l’intervento, ma per i più il tutto va sotto il nome delle “Carcerette” di Jesi, a ricordare luoghi e storie di una memoria, questa si, condivisa. Il Palazzo che dovrebbe essere ristrutturato secondo il progetto del contratto di quartiere fino a metà degli anni ’80 ha ospitato un carcere piccolo, di passaggio, che ha visto intrecciarsi mezzo secolo di storia locale e italiana. Lì ci sono passate un po’ tutte le tipologie umane e sociali: fascisti e partigiani, ruba galline e ubriaconi, anarchici e disertori, violenti e qualche scemo del villaggio. Qualche jesino è riuscito anche a farci il servizio militare, affiliato alle guardie penitenziarie. In pieno “baby boom” i figli degli stessi guardiani si sono ritrovati a giocare nei giardinetti o lungo le viuzze del centro storico assieme ai figli di qualche “ospite”, magari a guardie e ladri però con le parti rovesciate rispetto a quelle genitoriali. Le feritoie, le inferiate, le scale strette che si debbono percorrere rendono con difficoltà le sensazioni che il malcapitato di turno dovesse provare nel giungere nel luogo che lo avrebbe privato della sua libertà. All’indomani della fine della seconda guerra mondiale si incontrarono, in celle sovraffollate (una costante del regime carcerario nazionale) fascisti e partigiani, e durante l’ora d’aria, nell’ampio cortile posto in alto, si sono in qualche caso ricuciti conflitti più di quanto qualche falso storico revisionista abbia fatto. C’è la storia di quel partigiano che, durante uno scontro per vendicare i compagni trucidati dai repubblichini, dà la caccia in mezzo ai campi estivi, ad un fascista, deciso ad ammazzarlo e a vendicare i suoi compagni. E c’è la storia di un fascista che, andato a caccia di partigiani, deciso ad ammazzarne più che potesse si ritrova preso in trappola, trasformato da predatore a preda e, nonostante la rabbia omicida si ritrova ad essere inseguito in mezzo ai campi e, fortunosamente a farla franca. I due si incontreranno poco più di un anno dopo quei fatti durante l’ora d’aria.
Ostello Villa Borgognoni – Via Crivelli, 1 – Jesi (AN)
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Un incontro combinato, da altri carcerati venuti a conoscenza in momenti diversi della loro storia. Una stretta di mano farà ritrovare l’umanità e l’appartenenza popolare ad entrambi senza rinnegare nulla. Un carcere piccolo quello di Jesi, aperto durante il fascismo con lo scopo di presidiare il territorio, il pericolo rosso, di garantire sicurezza, ordine e disciplina. Molto spesso repubblicani, anarchici, socialisti e comunisti vi entreranno grazie alle leggi sull’arresto preventivo in occasione della visita di qualche gerarca alla città. Un arresto preventivo che qualcuno, oggi, vorrebbe reintrodotto, di fronte ai gravi allarmi sociali che provengono dalle lotte della Val Susa o delle fabbriche in Sardegna. Un luogo di detenzione quindi dove hanno preso la “laurea” le figure più tipiche e popolari della micro criminalità locale, fra questi ricordiamo Mario Ciccia, Gostà de Cazzo-‐Nò. Il primo rubagalline stagionale, abituè del carcere perché la vita non gli aveva dato di meglio e grande ammaestratore di sorci che gli facevano compagnia, insieme a pulci e pidocchi, durante il soggiorno forzato. L’altro, Costantino di ***, detto per l’appunto Gostà de Cazzo-‐No per un suo tipico intercalare grazie a cui venne meglio riconosciuto dalla forza pubblica un giorno che lo andarono ad arrestare nell’osteria de Luigiò nel rione di San Pietro: “E’ lei Costantino di ***, detto Gostà de Cazzo-‐NO?” e l’altro per rispondere negando: “Cazzo No!”. E poi ancora, sempre negli anni successivi alla guerra, sbandati di ogni ove, ustascia e titini, tedeschi disertori e zingari ladri di cavalli, e artigiani falliti di ogni sorta fra cui Vincè de *** che rilasciato anzitempo per aver scontato una piccola condanna si ritrovò fuori dalle ospitali mura penitenziarie alle porte dell’inverno, con una intera stagione da passare al freddo e alla fame. La prontezza d’animo gli permise di insultare in ogni modo i carcerieri finché non fu riportato in cella. Ed infine Luigi, disertore della seconda Guerra Mondiale che fu ospite per qualche mese e che cercò di aiutare quanti non avevano la fortuna di avere una famiglia all’esterno che passasse biancheria, sigarette, qualche raro genere di conforto. “Ma che fai, dai le sigarette a Mario Ciccia? E capirai è come tirà su un cà a salsicce”. Luigi ci ritornerà poi nei locali delle Carcerette, molti anni dopo quando, i suoi compagni libertari riusciranno ad aprirvi la sede degli anarchici di Jesi. Una nemesi sociale e storica che forse è la prima denuncia contro ogni luogo di detenzione, e l’omaggio alla memoria popolare delle sofferenze e delle tribolazione degli esclusi e dei reclusi. Tratto integralmente da Racconti orali e ricordi di vita che rimangono integri allo scorrere del tempo, di Nome e Cognome, Edizioni Xxxxxxxx, anno.
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