le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

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APPRENDERE NELLA TERZA ETÀ Nel summit di Lisbona del 2000 gli Stati membri dell’Unione Europea hanno stabilito un ambizioso obiettivo da raggiungere nei prossimi anni: rendere l’Europa la società più competitiva del mondo, realizzando pienamente un’economia basata sulla conoscenza e sull’apprendimento durante Eleonora Guglielman 2008 1 LE BASI NEUROFISIOLOGICHE DELL’APPRENDIMENTO PERMANENTE Eleonora Guglielman ABSTRACT Il ruolo dell’educazione degli adulti sta acquisendo un’importanza crescente nel quadro delle politiche e delle strategie operate a livello europeo e internazionale per la promozione dell’apprendimento permanente. La partecipazione degli adulti alle attività formative è però ancora piuttosto bassa, nonostante gli incentivi e le iniziative mirate a consentire a tutti i cittadini l’accesso ai percorsi di istruzione e formazione in tutte le età della loro vita. La partecipazione tende a decrescere in concomitanza con l’aumentare delle età: la maggiore difficoltà che i discenti anziani incontrano nell’intraprendere un processo di formazione è dovuta al decadimento delle funzioni cerebrali, che provoca un indebolimento generale delle capacità di concentrazione, della memoria e della flessibilità mentale. Fino a pochi decenni fa si riteneva che l’invecchiamento cerebrale e le sue conseguenze fossero inevitabili; tale credenza si basava su un concetto statico del cervello, che a partire dalla maturità subiva un processo degenerativo irreversibile provocato dalla morte dei neuroni e dall’impossibilità di una loro rigenerazione. Oggi i progressi delle neuroscienze dimostrano che l’invecchiamento intellettuale può essere reversibile: il cervello è plastico in tutte le età della vita. Ciò consente una ristrutturazione delle mappe cerebrali e un miglioramento delle funzionalità mentali attraverso esperienze di apprendimento. Un allenamento mentale specifico può migliorare le rappresentazioni nella corteccia motoria e sensoriale, migliorare la trasmissione di segnali e restituire efficienza alle connessioni neuronali. L’apprendimento modifica il cervello attraverso la neuroplasticità: l’anziano può recuperare gran parte delle sue capacità mentali dedicandosi ad attività cognitive e motorie stimolanti, svolgendo esercizi appositamente studiati per stimolare la ristrutturazione corticale neuroplastica. Il neuroscienziato Michael Merzenich attraverso i suoi studi è giunto alla conclusione che un programma specifico di attività in grado di stimolare nuove connessioni neuronali e di riorganizzare le mappe corticali può far sì che anche nella terza età l’apprendimento divenga un’esperienza efficace e gratificante. L’incontro tra la ricerca svolta in campo neuroscientifico sulla plasticità del cervello e la ricerca nel campo dell’educazione degli adulti potrebbe offrire un contributo notevole per lo sviluppo di nuove metodologie e strategie di insegnamento e apprendimento per la promozione del Lifelong Learning.

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E’ vero che l’invecchiamento cerebrale è irreversibile? E che la degenerazione delle facoltà mentali dovuta all’età impedisce di apprendere in modo efficace e stimolante? L’articolo tenta di rispondere a queste domande sulla base delle nuove scoperte delle neuroscienze sulla natura plastica del cervello. Un affascinante viaggio in un mondo di confine tra le scienze biologiche e la didattica.

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Page 1: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

APPRENDERE NELLA TERZA ETÀ

Nel summit di Lisbona del 2000 gli Stati

membri dell’Unione Europea hanno stabilito

un ambizioso obiettivo da raggiungere nei

prossimi anni: rendere l’Europa la società più

competitiva del mondo, realizzando

pienamente un’economia basata sulla

conoscenza e sull’apprendimento durante

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 20081

LE BASI NEUROFISIOLOGICHE

DELL’APPRENDIMENTO PERMANENTE

Eleonora Guglielman

ABSTRACT

Il ruolo dell’educazione degli adulti sta acquisendo un’importanza crescente nel quadro delle politiche e delle

strategie operate a livello europeo e internazionale per la promozione dell’apprendimento permanente. La

partecipazione degli adulti alle attività formative è però ancora piuttosto bassa, nonostante gli incentivi e le

iniziative mirate a consentire a tutti i cittadini l’accesso ai percorsi di istruzione e formazione in tutte le età

della loro vita. La partecipazione tende a decrescere in concomitanza con l’aumentare delle età: la maggiore

difficoltà che i discenti anziani incontrano nell’intraprendere un processo di formazione è dovuta al

decadimento delle funzioni cerebrali, che provoca un indebolimento generale delle capacità di

concentrazione, della memoria e della flessibilità mentale.

Fino a pochi decenni fa si riteneva che l’invecchiamento cerebrale e le sue conseguenze fossero inevitabili;

tale credenza si basava su un concetto statico del cervello, che a partire dalla maturità subiva un processo

degenerativo irreversibile provocato dalla morte dei neuroni e dall’impossibilità di una loro rigenerazione.

Oggi i progressi delle neuroscienze dimostrano che l’invecchiamento intellettuale può essere reversibile: il

cervello è plastico in tutte le età della vita. Ciò consente una ristrutturazione delle mappe cerebrali e un

miglioramento delle funzionalità mentali attraverso esperienze di apprendimento. Un allenamento mentale

specifico può migliorare le rappresentazioni nella corteccia motoria e sensoriale, migliorare la trasmissione di

segnali e restituire efficienza alle connessioni neuronali. L’apprendimento modifica il cervello attraverso la

neuroplasticità: l’anziano può recuperare gran parte delle sue capacità mentali dedicandosi ad attività cognitive

e motorie stimolanti, svolgendo esercizi appositamente studiati per stimolare la ristrutturazione corticale

neuroplastica.

Il neuroscienziato Michael Merzenich attraverso i suoi studi è giunto alla conclusione che un programma

specifico di attività in grado di stimolare nuove connessioni neuronali e di riorganizzare le mappe corticali

può far sì che anche nella terza età l’apprendimento divenga un’esperienza efficace e gratificante. L’incontro

tra la ricerca svolta in campo neuroscientifico sulla plasticità del cervello e la ricerca nel campo

dell’educazione degli adulti potrebbe offrire un contributo notevole per lo sviluppo di nuove metodologie e

strategie di insegnamento e apprendimento per la promozione del Lifelong Learning.

Page 2: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

l’intero arco della vita. Nel quadro delle

strategie e delle politiche per il Lifelong

Learning tutti i cittadini devono avere

l’opportunità di acquisire conoscenze e

competenze, e gli adulti devono poter usufruire

di occasioni di apprendimento anche nelle fasi

più avanzate della loro vita, sia che esse si

svolgano all’interno di istituzioni formative

formali sia che avvengano in una dimensione

di tipo non formale o informale1.

In un’Europa in cui la percentuale di persone

anziane rispetto all’età media della

popolazione è in costante crescita, emerge la

necessità di incrementare la partecipazione

degli adulti alle attività di apprendimento

permanente per contribuire al raggiungimento

degli obiettivi di Lisbona, resi operativi dal

Programma strategico2 Istruzione e formazione

2010.

Tra i mutamenti demografici che l’Europa si

trova ad affrontare, infatti, appare rilevante

quello dell’invecchiamento della popolazione3:

si calcola che nei prossimi trenta anni il

numero di europei di età inferiore ai 24 anni si

ridurrà del 15%; un europeo su tre avrà più di

60 anni, mentre uno su dieci supererà gli 80.

La Comunicazione della Commissione

Europea Educazione degli adulti: non è mai

troppo tardi per apprendere sottolinea come in

tale situazione migliorare le opportunità,

l’accesso e la qualità dell’educazione degli

adulti acquisti un significato decisivo per lo

sviluppo personale e l’inclusione sociale: “Un

incremento del livello generale delle

competenze della popolazione adulta, ottenuto

offrendo maggiori e migliori opportunità di

apprendimento lungo tutto l’arco della vita

adulta è importante sia per motivi di efficienza

che per motivi di equità, tenuto conto delle

sf ide identif icate precedentemente.

L’educazione degli adulti ha come risultato non

solo di renderli lavoratori più efficienti e

cittadini più attivi e meglio informati, ma

contribuisce anche al loro benessere

personale”4.

Il documento prosegue elencando una serie di

vantaggi derivanti da un’azione strategica di

sistema per l’educazione degli adulti, a

cominciare da quelli che hanno un’immediata

ricaduta a livello economico e produttivo -

maggiore possibilità di impiego, aumento della

competitività, minori spese per i contributi

sociali e per le pensioni anticipate - per arrivare

alle conseguenze sul benessere individuale:

autorealizzazione, invecchiamento attivo,

migliore stato di salute nelle persone adulte.

L’educazione degl i adul t i r ives te

un’importanza cruciale nel contesto delle

politiche per l’invecchiamento attivo ed

emerge la necessità di un suo riconoscimento

in termini di visibilità, priorità e risorse5.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità rileva

come bassi livelli culturali e di scolarizzazione

siano correlati a un aumento del rischio di

disabilità e morte negli anziani; l’educazione

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 20082

Page 3: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

permanente può supportare queste persone

nell’acquisizione di nuove capacità,

sviluppando in esse il senso di sicurezza

necessario a vivere in maniera autonoma e

indipendente. In altre parole l’apprendimento

contribuisce a conservare l’individuo attivo e

flessibile6.

Sussiste però un ostacolo per un

apprendimento che possa prolungarsi anche in

tarda età: il declino mentale correlato al

deterioramento delle funzioni cerebrali, che si

determina nella fase più avanzata della vita.

Con il progredire dell’età diminuisce la

capacità di generare nuove sinapsi tra i neuroni

in risposta a stimoli esterni, capacità che è alla

base di funzioni fondamentali e complesse

come memor ia e apprend imento .

L’invecchiamento del cervello causa una serie

di cambiamenti: riduzione del volume del

cervello e in particolare della materia grigia,

atrofia progressiva dei neuroni e delle loro

interconnessioni, degenerazione delle regioni

corticali che presiedono alle funzioni di

sensazione, cognizione, memoria e controllo

motorio, declino metabolico dei neuroni chiave

e perdita di funzionalità connessa a

deterioramenti di ordine fisico e chimico7.

Acquisire nuove conoscenze e apprendere

nuove abilità diviene così più difficile, e

l’esecuzione di compiti richiede uno sforzo

maggiore rispetto a quello che devono

affrontare i discenti più giovani.

Il problema è stato affrontato sotto il duplice

aspetto neurologico ed educativo dall’OECD,

che nel 2001 ha organizzato a Tokio il Forum

per il progetto Learning Science and Brain

Research, nel quale si sono dibattute le

t e m a t i c h e r e l a t i v e a l l a n a t u r a

dell’invecchiamento cerebrale e la funzionalità

cognitiva nella terza età. I dati raccolti

dall’OECD mostrano un declino generale di

molte capacità cognitive tra i 20 e gli 80 anni,

che si riflette soprattutto su compiti quali la

lettura, il riconoscimento di lettere e parole e in

generale sulla memoria. Il decadimento inizia

attorno ai 30 anni e si accelera dopo i 50; è

caratterizzato da vuoti di memoria,

rallentamenti nel ragionamento, difficoltà

comunicative, lapsus8.

La peculiarità dell’adulto e la sua specificità in

quanto soggetto che apprende richiede la messa

a punto di strategie e approcci di tipo

andragogico che rispondano espressamente al

suo fabbisogno, individuando i fattori e le

variabili da tenere sotto controllo affinché

l’azione formativa sia efficace. I più recenti

studi nel campo dell’educazione degli adulti e

della geragogia pongono in rilievo come

l’apprendimento in età adulta si caratterizzi per

il suo essere olistico, centrato cui problemi,

contes tual izzato e personal izzato9 .

L’apprendimento nella terza età è quello che

appare essere più problematico: l’involuzione

senile legata all’invecchiamento dei tessuti

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 20083

Page 4: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

cerebrali provoca una perdita di efficienza

della mente che progredisce con l’avanzare

dell’età e che rende ancora più complessa la

progettazione e realizzazione di interventi

formativi adeguati alle caratteristiche dei

discenti anziani. Questi ultimi, infatti,

incontrano difficoltà sempre maggiori

nell’esecuzione dei compiti man mano che la

loro età progredisce.

Oggi le ricerche compiute nel campo delle

neuroscienze dimostrano che è possibile

scongiurare il decadimento delle facoltà

intellettuali, e che è possibile mantenere attive

le funzionalità del cervello per apprendere in

modo efficace e soddisfacente anche in tarda

età; che, insomma, l’apprendimento può

davvero essere permanente. La parola chiave è

neuroplasticità.

I L M O D E L L O S TAT I C O D E L

LOCALIZZAZIONISMO

Quando parliamo di neuroplasticità facciamo

riferimento al cambiamento che si verifica nel

cervello come conseguenza di un’esperienza e

che implica il trasferimento di determinate

funzioni ad aree cerebrali diverse da quelle

originariamente ad esse destinate. Per spiegare

meglio il significato del termine dobbiamo fare

un passo indietro e illustrare qual era la visione

del cervello comunemente accettata fino a

pochi decenni fa.

In passato gli scienziati ritenevano che le

diverse aree del cervello umano fossero

predefinite e immutabili e che la produzione di

neuroni cessasse dopo l’età dello sviluppo, ad

eccezione delle strutture dedicate alla memoria,

le quali seguitano a produrre neuroni anche in

età adulta. Ciò faceva del cervello un

organismo che, una volta raggiunto il suo pieno

sviluppo, diveniva statico e incapace di

crescere ulteriormente ed era perciò

condannato a un lento e inesorabile declino.

La nozione di plasticità era limitata al così

detto periodo critico, ossia il periodo

dell’infanzia corrispondente alla fase pre-

puberale, in cui il cervello è particolarmente ad

apprendere con uno sforzo minimo nuove

abilità come, ad esempio, imparare una

seconda lingua oltre a quella madre10. Il primo

a individuare la caratteristica della plasticità a

livello linguistico è stato da Eric Lenneberg

(1921-1975), linguista e neurologo tedesco;

questo concetto di plasticità negli ultimi

vent’anni è stato esteso a tutte le funzioni

cerebrali e a tutte le età dell’individuo. Oggi le

ricerche dimostrano che nelle aree corticali

avvengono dei cambiamenti sostanziali e che

l’apprendimento, il pensiero e l’azione

trasformano profondamente le strutture

funzionali anatomiche del cervello.

Il modello dominante è stato rappresentato per

decenni dal localizzazionismo, secondo il quale

la corteccia cerebrale è composta da regioni

distinte, destinata a funzioni specifiche:

linguaggio, visione, udito, ecc. Il precursore di

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 20084

Page 5: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

questa idea fu il neuroanatomista tedesco Franz

Joseph Gall (1758-1828), fondatore della

frenologia, che ipotizzò che la corteccia

cerebrale fosse suddivisa in zone

corrispondenti alle 27 facoltà mentali

riconosciute dalla psicologia dell’epoca.

L’elenco delle “facoltà” era piuttosto

eterogeneo e comprendeva, accanto alla

memoria, la speranza, la fede, l’amore

romantico e concetti simili. Gall arrivava a

correlare il maggiore o minore sviluppo di tali

facoltà nell’individuo con la prominenza della

parte corrispondente del cranio: a un maggiore

sviluppo fisico di una zona craniale

corrispondeva un maggiore sviluppo della

facoltà che “risiedeva” in quella zona.

Malgrado la sua teoria appaia oggi piuttosto

ingenua, nell’epoca in cui fu formulata suscitò

un grande scalpore. Per la prima volta, infatti,

uno scienziato azzardava l’idea che i processi

mentali hanno una matrice biologica e si

originano nel cervello, in contrasto con la

concezione dominante dell’epoca, basata sul

dualismo cartesiano, che distingueva res

cogitans e res extensa operando una scissione

tra corpo e mente. Quest’ultima era considerata

un’entità spirituale, e come tale non

conoscibile né investigabile.

La teoria di Gall, oltre a suscitare scandalo nel

mondo cattolico, che aveva abbracciato l’idea

del dualismo cartesiano e che non accettava

che la mente avesse una realtà fisiologica,

innescò una serie di polemiche tra gli

scienziati. Il fisiologo francese Pierre-Jean-

Marie Flourens (1794-1867) fu uno dei

principali fautori della posizione opposta, che

vedeva nel cervello un organo indifferenziato,

giungendo alla conclusione che, poiché nella

corteccia cerebrale tutte le regioni sono in

grado di svolgere qualsiasi funzione, tutte le

nostre percezioni sono riconducibili a un’unica

facoltà.

Fig. 1 - Cranio umano annotato dal pastore Oberlin

secondo il sistema di Franz Joseph Gall (Museo Jean-Frédéric Oberlin di Waldersbach).

Il dibattito giunse a una svolta con gli studi di

Broca e Wernicke, due medici che ebbero

modo di esaminare i danni cerebrali subiti da

individui colpiti da forme di afasia e che per

primi ipotizzarono la diversa specializzazione

dei due emisferi cerebrali. I loro studi hanno

dato luogo al modello attuale, che assegna

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 20085

Page 6: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

differenti funzioni a differenti aree cerebrali

corrispondono: i lobi frontali sono i centri

neuronali che presiedono alle attività di

giudizio e programmazione, all’elaborazione di

concetti, l’organizzazione e il controllo dei

movimenti; i lobi parietali sono i centri di

elaborazione delle informazioni somatiche e

sensoriali primarie, ossia quelle provenienti da

cute, muscoli, articolazioni e organi interni; i

lobi temporali raccolgono ed elaborano le

informazioni uditive; i lobi occipitali elaborano

le informazioni visive primarie.

Paul Broca (1824-1880), chirurgo francese, nel

1861 individuò per primo l’area cerebrale in

cui risiede la produzione del linguaggio. Gli

studi di Broca si basavano sull’esame di

pazienti che presentavano un tipo di afasia che

li rendeva incapaci di esprimersi attraverso il

linguaggio, e che tuttavia erano ancora in grado

di comprenderlo. Le autopsie effettuate da

Broca dopo la morte dei pazienti

evidenziavano lesioni localizzate nel lobo

frontale dell’emisfero sinistro, cosa che

convinse lo scienziato di aver individuato la

sede della funzione del linguaggio.

Gli studi successivamente compiuti dal medico

Carl Wernicke (1848-1905) permisero di

localizzare un’altra area che sembrava

responsabile, in una diversa maniera, della

funzione linguistica. Wernicke si occupò di

pazienti colpiti da un altro tipo di afasia, che

provocava in loro l’incapacità di comprendere

Fig. 2 - Localizzazione delle aree di Broca e di Wernicke (da NIH publication 97-4257, http://www.nidcd.nih.gov/

health/voice/aphasia.asp).

il significato di parole e frasi, e riscontrò che le

lesioni erano sempre situate nell’emisfero

sinistro, ma stavolta nel lobo temporale.

Gli studi di Broca e Wernicke hanno permesso

di corroborare e sviluppare ulteriormente

l’ipotesi localizzazionista di Gall e, attraverso

le successive sperimentazioni, di individuare le

principali funzioni svolte nei due emisferi

cerebrali. Secondo questo modello del cervello

l’emisfero destro ha il compito di elaborare le

informazioni in modo globale e percettivo-

spaziale, mentre l’emisfero sinistro presiede

alle capacità logico-matematiche e al

ragionamento simbolico, oltre a contentere i

centri di produzione e comprensione del

linguaggio.

Negli anni seguenti la rappresentazione del

cervello è stata arricchita sulla base di

osservazioni che hanno dimostrato che le

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 20086

Page 7: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

lesioni che interessano determinate parti del

cervello portano alla perdita di specifiche

funzioni; questi studi hanno consentito di

ricostruire una mappa della corteccia cerebrale,

della quale è stata proposta anche una

raffigurazione grafica (il così detto

homunculus).

La visione localizzazionista si è spinta a

ipotizzare un modello neuropsicologico nel

quale ciascuna regione cerebrale regola una

determinata funzione in modo autonomo e

senza interagire con le altre regioni, e che

presuppone che la struttura del cervello sia

fissa e immutabile: un modello che paragona il

cervello a una macchina, in cui ciascun

componente svolge una funzione stabilita e

geneticamente predeterminata. Una delle

conseguenze è che se uno di questi componenti

è danneggiato, non è possibile sostituirlo.

L’obsolescenza del cervello è perciò

considerata un processo irreversibile.

ANATOMIA DI UN CERVELLO

PLASTICO

Nella seconda metà del Novecento ha iniziato a

diffondersi, suffragata da dati sperimentali,

l’idea che il cervello è sufficientemente

plastico da potersi riorganizzare in caso di

bisogno anche in età adulta, e che i segnali

sensoriali possono essere elaborati in aree

diverse da quella ad essi destinata. Ad esempio,

chi ha subito danni che investono i centri del

linguaggio dell’emisfero sinistro ha la

possibilità di riacquistare la capacità di parlare

normalmente grazie alla ristrutturazione delle

aree cerebrali; i segnali tattili, a loro volta,

possono essere elaborati nella corteccia visiva

e convertiti in immagini, come dimostrano

alcuni esperimenti11. Comunemente si ritiene

che il cervello perda circa 100.000 neuroni

ogni giorno e che tale perdita sia irreversibile;

in realtà sono i neuroni di grandi dimensioni a

diminuire, mentre quelli di piccole dimensioni

aumentano di numero. Ciò provoca una

riduzione della plasticità, ma non significa che

si riducano le funzioni cognitive.

Il concetto di neuroplasticità è fondamentale

come approccio ai programmi terapeutici di

riabilitazione nel caso di traumi e danni

cerebrali. Il cervello umano non è “cablato”

con circuiti neurali fissi e immutabili; la rete

sinaptica cerebrale e le strutture correlate,

inclusa la corteccia cerebrale, si riorganizzano

attivamente grazie all’esperienza e alla pratica.

La neuroplasticità è correlata alla neurogenesi:

i neuroni danneggiati possono essere sostituiti

grazie alle cellule staminali (ossia le cellule

non specializzate capaci di trasformarsi in

qualunque tipo di cellula). Le cellule staminali

neuronali si riproducono dando origine a copie

esatte di se stesse, in maniera continua e senza

dare segni di invecchiamento; il processo di

neurogenesi si protrae in modo ininterrotto per

tutta la vita, fino alla morte dell’individuo. È

perciò evidente come la scoperta delle cellule

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 20087

Page 8: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

staminali neuronali sia stata determinante per

dimostrare che il cervello non smette mai di

produrre nuovi neuroni, neppure in età

avanzata; attualmente è allo studio la

possibilità di rimpiazzare i tessuti cerebrali

danneggiati degli individui adulti per

recuperarne le funzioni nel caso di malattie

degenerative e lesioni cerebrali.

Una delle teorie basate sul concetto di

plasticità è il darwinismo neuronale (o teoria

delle selezione dei gruppi neuronali), proposta

dallo scienziato Gerald Edelman alla fine degli

anni ’70 del secolo scorso. Si tratta di un

modello evoluzionistico secondo il quale le

mappe cerebrali non sono completamente

predeterminate a livello genetico ma

dipendono anche dall’esperienza individuale e

dall’interazione con l’ambiente. Le funzioni

cerebrali superiori sono il risultato di una

selezione che si attua in una duplice

dimensione: a livello della specie e a livello

funzionale e anatomico del singolo individuo. I

neuroni, presenti fin dalla nascita, si

organizzano e si aggregano, e a seconda del

loro effettivo utilizzo muoiono oppure

sopravvivono e si rafforzano; la selezione si

attua su gruppi di neuroni (reti neuronali).

Quella di Edelman si prospetta come una vera

e propria teoria evolutiva del cervello, il quale

ridefinisce la propria struttura attraverso

l’esperienza, secondo la plasticità sinaptica.

Il darwinismo neuronale si è sviluppato nello

stesso periodo in cui gli scienziati Michael

Merzenich e Jon Kaas dimostravano per via

sperimentale che se una mappa corticale non

riceve più stimoli sarà utilizzata per altre

funzioni, generalmente funzioni localizzate in

aree ad essa adiacenti, dando luogo a fenomeni

di riorganizzazione della corteccia cerebrale12.

IMPARA L’ARTE

La neuroplasticità è legata al concetto di

competitività: se smettiamo di esercitare le

nostre facoltà mentali non solo le

dimentichiamo, ma la mappa corrispondente è

automaticamente assegnata ad altre funzioni

che continuiamo a svolgere. In un certo senso

potremmo dire: impara l’arte e non metterla da

parte, anzi, continua a praticarla regolarmente.

La competitività spiega perché è così difficile

“disapprendere” qualcosa: se abbiamo

acquisito un comportamento che è divenuto

dominante occupando una mappa estesa, esso

offre resistenza ai tentativi di sostituirlo con un

comportamento diverso, impedendo che quella

stessa mappa sia occupata da altre funzioni.

Spiega anche la difficoltà di abbandonare le

cattive abitudini, e l’importanza di apprendere

un comportamento nell’infanzia, quando le

mappe cerebrali sono in via di strutturazione.

Secondo Merzenich la struttura del cervello e

le sue capacità cognitive possono essere

migliorate attraverso un esercizio appropriato.

Le mappe cerebrali si trasformano secondo ciò

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 20088

Page 9: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

che facciamo nel corso della nostra vita; cosa

più importante, esse sono in grado di

modificarsi a tutte le età, anche in quella

adulta. Partendo dall’idea che l’apprendimento

consiste nel creare nuovi legami tra i neuroni

attraverso la loro attivazione simultanea e

ripetuta, Merzenich ha elaborato una teoria

secondo cui la struttura neuronale può essere

modificata dall’esperienza: ciò significa che

anche le persone che presentano problemi

congeniti o lesioni in determinate aree cerebrali

possono sviluppare nuove connessioni

neuronali.

Sulla base di queste convinzioni nel 1996

Merzenich, assieme ad altri studiosi, ha dato

vita alla società Scientific Learning, che

propone programmi di esercizi indirizzati a

persone con problemi linguistici e di

apprendimento; gli esercizi sono progressivi e

seguiti da un rinforzo positivo ogni qualvolta si

raggiunge l’obiettivo, al fine di tenere costante

l’attenzione e consolidare il risultato ottenuto.

Il rinforzo, infatti, provoca il rilascio di

dopamina e acetilcolina, due neurotrasmettitori

che contribuiscono al rinforzo della memoria.

Il risultato è un rimodellamento delle mappe

cerebrali. I programmi della Scientific

Learning hanno fatto registrare progressi

notevoli nell’apprendimento da parte dei

discenti e hanno funzionato anche nel caso di

bambini autistici, migliorandone nel complesso

le capacità mentali.

L’idea di fondo di Merzenich è che sia

possibile riaprire il “periodo critico” di

plasticità del cervello facendo in modo che

anche da adulti le mappe cerebrali possano

essere “ricablate”; ciò permette, ad esempio, di

apprendere in età adulta una lingua straniera

con estrema facilità, come avviene nel caso dei

bambini in età prepuberale, che imparano le

lingue con naturalezza e senza accento.

Merzenich ha iniziato così a interessarsi anche

dell’apprendimento in età adulta e alcuni anni

dopo ha fondato la Posit Science, una società

che opera nel campo del prolungamento della

vita attiva proponendo un programma per

mantenere elastico ed efficace il loro cervello

anche in tarda età. Il suo sistema si basa su una

serie di esercizi mentali appositamente tarati e

mirati a migliorare memoria, ragionamento e

velocità di elaborazione nelle persone anziane.

Il presupposto è che il deterioramento mentale

negli anziani è legato alla perdita della

memoria, la quale a sua volta è causata dalla

difficoltà di registrare nuovi eventi a cagione di

una diminuita velocità di elaborazione delle

informazioni e di un peggioramento nella loro

nitidezza e accuratezza. Un fenomeno comune

negli anziani, la difficoltà nel trovare le parole,

è ricollegato da Merzenich a una forma di

atrofia che conduce a una rappresentazione

poco chiara dei suoni e delle parole, che

conseguentemente dà origine a tracce

mnemoniche confuse e disordinate.

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 20089

Page 10: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

Fig. 3 - Sul portale della Posit Science è possibile acquistare pacchetti di esercizi appositamente ideati per

stimolare le facoltà cognitive nelle persone delle terza età (http://www.positscience.com).

Gli esercizi della Posit sono proposti in forma

ludica e consistono in una serie di attività

svolte al computer dai discenti, che devono

rispondere a determinati stimoli completando

livelli di difficoltà crescente. Gli esercizi sono

strutturati come veri e propri videogames: in

“Tell Us Apart” si chiede di distinguere tra

suoni simili per rinforzare l’interpretazione e

memorizzazione del parlato; in “Match It!” si

stimola la memoria migliorando la precisione e

la nitidezza della percezione dei suoni; “Listen

And Do” agisce sulla memoria a breve termine,

e così via13 . L’apparente semplicità degli

esercizi non deve trarre in inganno: essi sono

stati concepiti sulla base degli studi condotti

attraverso esperimenti e tecniche di

neuroimaging sulla riorganizzazione e

strutturazione delle funzioni corticali. Ecco

perché queste attività, e non altre, raggiungono

l’obiettivo di riattivare la funzionalità mentale

negli anziani.

APPRENDERE SEMPRE GRAZIE ALLA

NEUROPLASTICITÀ

L’invecchiamento cerebrale è reversibile,

poiché la neuroplasticità è bidirezionale: può

determinare il deterioramento del cervello o il

suo miglioramento14. All’origine del declino

fisico, chimico e funzionale del cervello vi

sono le modificazioni cerebrali che danno

luogo a un processo di plasticità negativa,

provocando una spirale viziosa di

deterioramento che comprende quattro

componenti:

Disuso. Le funzioni cerebrali rispondono alla

legge use or lose it (“se non lo usi, lo perdi”);

spesso gli anziani si limitano a svolgere attività

mentali familiari e ripetitive, di cui hanno

acquisito padronanza, in pratica delle routine

che non richiedono sforzi di applicazione o

acquisizione di nuove capacità. Esercitare

attività di questo tipo non è sufficiente a

mantenere il cervello nella sua piena

funzionalità: se smettiamo di apprendere cose

nuove siamo destinati a invecchiare

cerebralmente.

Processi “rumorosi”. Nel cervello degli

anziani il deterioramento sensoriale provoca

rumore; se, ad esempio, l’udito è peggiorato, i

segnali sonori inviati al cervello sono più

difficili e confusi da interpretare. Il cervello si

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 200810

Page 11: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

trova così a rallentare la sua attività per

decifrare segnali confusi, e di conseguenza le

rappresentazioni mentali sono incomplete. Ciò

causa una memoria più povera e una capacità

di ragionamento meno elastica.

I n d e b o l i m e n t o d e l l a f u n z i o n e

neuromodulatoria. In tarda età il cervello

produce un minor numero di neuromodulatori,

delle sostanze chimiche, come dopamina e

acetilcolina, che rivestono un ruolo essenziale

nell’apprendimento e nella memoria.

Apprendimento negativo. Le persone che

iniziano a sentirsi mentalmente meno agili di

un tempo tendono ad attuare dei meccanismi di

compensazione. Se, ad esempio, il loro udito si

è indebolito, spengono il televisore o imparano

a leggere le parole sulle labbra15.

Merzenich ha individuato una serie di strategie

per ovviare a questi problemi:

• Per combattere il disuso: impegnare il

cervello in nuovi compiti che

costituiscono una sfida;

• Per aiutare il cervello a fare ordine tra i

segnali confusi: svolgere attività che

richiedono attenzione e concentrazione;

• Per regolare la produzione di

neuromodulatori: svolgere attività in

grado di attivarne la produzione;

• Per eliminare i comportamenti adattivi

compensativi: impegnarsi in attività che

sono divenute complicate da eseguire,

anziché evitarle.

Per scongiurare l’invecchiamento cerebrale

non occorre necessariamente svolgere di tipo

cognitivo, poiché anche l’esercizio delle

capacità motorie può rinforzare il cervello;

esso, infatti modifica le proprie capacità a tutti

i livelli, come un meccanismo complesso. Le

attività più efficaci sono quelle in cui si

richiede di distinguere tra ciò che si ode, si

vede e si percepisce e utilizzare queste

informazioni per raggiungere obiettivi sempre

più difficili. Merzenich sostiene che importante

che le attività siano nuove e sfidanti:

apprendere a suonare un nuovo strumento,

imparare una lingua straniera, imparare giochi

di destrezza, imparare un nuovo ballo,

completare un puzzle difficile, giocare a ping

pong.

CONCLUSIONI

I progressi compiuti negli ultimi anni dalle

neuroscienze dimostrano che l’apprendimento

non è riservato soltanto alle generazioni più

giovani e alle persone con una mente in piena

efficienza, ma che può essere attuato in tutte le

età della vita con uguale efficacia; e, cosa più

rilevante, che apprendere sempre contribuisce a

incrementare la rigenerazione neuronale e a

scongiurare gli effetti dell’invecchiamento16.

Un’attività mentale continua e costante nel

tempo costituisce infatti un fattore importante

nel ritardare l’insorgere di malattie

neurodegenerative come la malattia di

Alzheimer. In Giappone è stata sperimentata

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 200811

Page 12: Le basi neurofisiologiche dell'apprendimento permanente

con successo la learning therapy, un metodo

basato sullo studio del funzionamento della

corteccia prefrontale per migliorarne le

funzioni: comunicazione, capacità di

autonomia e memoria a breve termine.

L’obiettivo è permettere alle persone colpite da

Alzheimer di partecipare ad attività

socializzanti; le tecniche di neuroimaging

hanno infatti dimostrato che in questi soggetti

la stimolazione della corteccia prefrontale

attraverso lo svolgimento di semplici attività di

lettura e di calcolo è in grado di stimolare la

funzionalità dell’intero cervello17.

Capire come funziona il cervello nell’individuo

adulto può aiutarci nell’elaborazione di

metodologie di insegnamento e apprendimento

più efficaci e adeguate alle diverse età e a

mantenere le persone attive durante l’intera

vita. Il modello statico del cervello basato

sull’idea del decadimento neuronale

irreversibile è stato per molto tempo alla base

del pregiudizio secondo cui gli anziani sono

incapaci di apprendere cose nuove. Il focus sul

Lifelong Learning che contempla in modo

sempre più consistente la priorità di

un’educazione per la terza età richiede uno

sforzo sistematico per incrementare la

partecipazione degli adulti alle attività

formative, la quale è tuttora bassa e tende a

precipitare negli over 50.

L’apprendimento non ha età, è un processo

cumulativo che continua per tutta la vita18; se

le modalità di come si apprende si modificano

e diversificano con l’età, la capacità di

apprendere permane. La formazione durante

l’intera vita non va più considerata come

un’opzione, bensì come un prerequisito per la

promozione del benessere personale e della

coesione sociale. L’applicazione delle teorie

delle neuroscienze sulla plasticità del cervello

al campo dell’educazione degli adulti appare

quindi indispensabile per promuovere

l’apprendimento permanente, attraverso la

creazione di ambienti di apprendimento basati

sulle competenze, l’apprendimento situato e la

costruzione attiva di conoscenze19; ambienti in

cui siano proposte strategie e attività che

sfruttano i principi della neuroplasticità per

migliorare le funzioni cognitive e far sì che

l’educazione nella terza età sia un’esperienza

piacevole, gratificante ed efficace.

Eleonora Guglielman

Settembre 2008

NOTE

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 200812

1 Commissione delle Comunità Europee, Memorandum sull'istruzione e la formazione permanente, Bruxelles, 2000.

2 Per maggiori dettagli v. il portale UE su Education and Training 2010: http://ec.europa.eu/education/policies/2010/et_2010_en.html

3 V. il portale della Commissione Europea sulle politiche per l’invecchiamento attivo, http://ec.europa.eu/employment_social/soc-prot/ageing/index_en.htm

4 Commissione delle Comunità Europee, Educazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere. Comunicazione della Commissione, Bruxelles, 2006, p. 5.

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Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento permanente

Eleonora Guglielman 200813

5 Commissione delle Comunità Europee, Educazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere, cit.

6 World Health Organization, Active Ageing: a Policy Framework, 2002.

7 OECD - Organisation for Economic Co-operation and Development, Understanding the Brain: the Birth of a learning Science, OCDE, 2007, pp. 217-218.

8 OECD - Organisation for Economic Co-operation and Development, Understanding the Brain. Towards a New Learning Science, OCDE, 2002.

9 Su queste tematiche e, in particolare, sulla personalizzazione nell’educazione degli adulti, cfr. Progetto Pilota “Peapeda”. Personalizzare l’apprendimento in ambito EdA, Roma, Anicia, 2005; v. anche, di Guglielman E., L’educazione degli adulti nello scenario comunitario, in “Servizio Informazione Anicia”, n. monografico La personalizzazione degli apprendimenti nell’educazione degli adulti. La stato dell’arte, a. IV, n. 1-3, 2004, pp. 16-17.

10 Nelle neuroscienze il periodo critico ha un’accezione più ampia e sta a indicare la fase dell’infanzia in cui è possibile apprendere il linguaggio anche se si sono verificate lesioni ai centri del linguaggio, grazie alla plasticità che consente di utilizzare altre aree del cervello per svolgere le funzioni cui tali centri sono dedicati.

11 Si vedano, ad esempio, gli interventi compiuti dal neuroscienziato Paul Bach-y-Rita (1934-2006) su persone non vedenti dalla nascita, che hanno permesso loro di recuperare la capacità visiva attivando una “sostituzione sensoriale”, in Doidge N., Il cervello infinito. Alle frontiere della neuroscienza: storie di persone che hanno cambiato il proprio cervello, Milano, Ponte alle Grazie, 2007.

12 Sulla base si queste osservazioni Merzenich ha messo a punto, tra lo scetticismo generale, un impianto cocleare che consente alle persone affette da sordità congenita di udire, sfruttando la capacità della corteccia uditiva di decodificare impulsi artificiali. In Doidge N., Il cervello infinito. Alle frontiere della neuroscienza: storie di persone che hanno cambiato il proprio cervello, cit.

13 Una panoramica dei diversi programmi è consultabile sul portale della Posit Science, all’indirizzo http://www.positscience.com/science/program_design/

14 Mahncke H.W., Bronstone A., Merzenich M.M., Brain Plasticity and Functional Losses in the Aged: Scientific Bases for a Novel Intervention, “Progress in Brain Research”, 157, 2006, p. 2.

15 Merzenich M.M., Change minds for the better, “The Journal of Active Aging”, november-december, 2005, pp. 23-24.

16 Luppi E., Pedagogia e terza età, Roma, Carocci, 2008, p. 50.

17 OECD - Organisation for Economic Co-operation and Development, Understanding the Brain: the Birth of a Learning Science, cit. p. 54.

18 Tyler John M., Geragogy. A Theory for Teaching the Elderly, N.Y., Haworth Press, 1988.

19 Daloisio M., Insegnare le lingue a studenti adulti. Riflessioni tratte dalla ricerca neurobiologica, 2006, http://w w w . p s i c o l a b . n e t / i n d e x . a s p ?pid=idart&cat=5&scat=132&arid=1328

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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SITI WEB

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http://ec.europa.eu/education/policies/2010/et_2010_en.htmlPortale UE su Education and Training 2010

http://www.scilearn.com/Sito della Scientific Learning

http://www.positscience.com/science/program_design/ Sito della Posit Science

http://merzenich.positscience.com/Blog di Mike Merzenich

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