lavori di collettamento relazione geologica
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Lavori di collettamento acque reflue urbane all’impianto di depurazione ed adeguamento dello stesso al D.lgs 152/99. Comune di Genzano di Lucania - A.P.Q. All. B n. 9.
RELAZIONE GEOLOGICA ______________________________________________________________________________________________________________________________
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INDICE
1. INTRODUZIONE ...................................................................................................... 2
2. STUDIO GEOLOGICO DI LOCALIZZAZIONE ................................................................. 4
3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO ................................................................................. 6
4. GEOMORFOLOGIA, RISCHIO IDROGEOLOGICO, IDROLOGIA DI SUPERFICIE E
IDROGEOLOGIA .......................................................................................................... 12
5. CAMPAGNA DI INDAGINI GEOGNOSTICHE ................................................................ 16
6. SONDAGGIO MECCANICO E STRATIGRAFIA DEL TERRENO ......................................... 17
7. ANALISI GEOTECICHE DI LABORATORIO .................................................................. 18
8. PROVE PENETROMETRICHE DINAMICHE (S.P.T.) ....................................................... 20
9. MODELLAZIONE GEOTECNICA ................................................................................. 21
10. INDAGINI SISMICHE .............................................................................................. 22
11. MICROZONAZIONE SISMICA ................................................................................... 27
12. CATEGORIA DI SOTTOSUOLO ................................................................................. 30
13. SISMICITA’ ........................................................................................................... 31
14. PERICOLOSITA’ SISMICA ........................................................................................ 38
15. CRITICITA’ GEOLOGICA E GEOMORFOLOGICA DELL’AREA DI VARIANTE ....................... 39
16. CONCLUSIONI ...................................................................................................... 40
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1. INTRODUZIONE
La presente relazione geologica, è stata redatta per il progetto preliminare relativo ai
“Lavori di collettamento acque reflue urbane all’impianto di depurazione ed
adeguamento dello stesso al D.lgs 152/99”.
Il progetto prevede la realizzazione di un nuovo impianto di depurazione su un’area da
localizzare, la realizzazione di nuovi tronchi fognari, l’adeguamento di tronchi esistenti
e la costruzione di un impianto di sollevamento fognario.
Per la redazione del presente studio oltre all’attività di rilevamento geologico e
geomorfologico, sono state eseguite delle indagini geognostiche e geotecniche per la
caratterizzazione del sottosuolo.
Le indagini effettuate consistono in:
Sondaggio meccanico a rotazione con prelievo di campioni indisturbati e relative
analisi geotecniche di laboratorio;
Prove penetrometriche dinamiche
Stendimenti di sismica a rifrazione
Prova sismica di tipo M.A.S.W.
Misure di microtremori
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Figura 1 Corografia e ubicazione approssimativa dell’area di intervento (stralcio cartografia
dalla scala 1:25.000)
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2. STUDIO GEOLOGICO DI LOCALIZZAZIONE
Il progetto prevede come precedentemente scritto, la realizzazione di un nuovo
impianto di depurazione fognario in località Gaudemanno, che sarà localizzato su
un’area in cui tale intervento, non è stato previsto nella Pianificazione vigente. A tal
fine lo studio geologico è stato redatto ai sensi della L.R. 23/99 “Tutela, governo ed
uso del territorio”.
La cartografia prodotta per lo studio di localizzazione pertanto consiste in:
Carta Geologica (scala 1:2.000) e Sezione Geologica (Scala1:1.000)
Riportanti le litologie affioranti e una rappresentazione del sottosuolo ricostruita
utilizzando le risultanze delle indagini geognostiche. (Cod. 2.1.1)
Carta Geomorfologica (scala 1:2.000)
In questa carta sono rappresentate le forme e i processi geomorfologici presenti
sul territorio. (Cod. 2.1.2)
Carta Idrogeologica (scala 1:2.000)
I terreni affioranti sono stati suddivisi in classi di permeabilità in base alle loro
caratteristiche granulometriche e strutturali. (Cod. 2.1.3)
Carta ubicazioni Indagini Geognostiche (scala 1:2.000)
In questa carta sono state riportate tutte le indagini geognostiche eseguite,
quali sondaggi meccanici a rotazione, prove S.P.T., prove sismiche. (Cod. 2.1.4)
Carta del Rischio Idrogeologico (scala 1:2.000)
Sono stati cartografati gli areali a Rischio Idrogeologico individuati dall’Autorità
Interregionale di Bacino della Basilicata (PAI vigente 2° adozione 2011) e le
opere in progettate al fine di verificarne eventuali interferenze. (Cod. 2.1.5)
Carta di Microzonazione Sismica –Livello 2 (scala 1:1.000)
Redatta ai seni della L.R. 9/11 “Disposizioni urgenti in materia di
microzonazione sismica”. E’ stato redatto il Livello 2 della Carta di
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Microzonazione Sismica, in quanto l’impianto di depurazione fognario non è
un’opera rientrante nella classe d’uso III e IV definite dalle N.T.C. 08, come da
nota del R.U.P Ing. Raffaele Pellettieri.
Sono stati prodotti i valori di FA e FV attraverso l’utilizzo degli abachi (Cap.
3.2.4 – Indirizzi e criteri per la Microzonazione Sismica). (Cod. 2.1.6)
Carta di Sintesi della Criticità Geologica e Geomorfologica (scala 1:1.000)
E’ l’elaborato finale derivante dalla sovrapposizione delle precedenti cartografie.
Rappresenta la criticità, le problematiche ed i conseguenti rischi, che potrebbero
inficiare l’uso del territorio anche in base alle opere in esso previste. (Cod.
2.1.7)
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3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO
L’area di studio ricade nel margine centro-occidentale del foglio 188 denominato
gravina in Puglia della Carta Geologica d’Italia (scala 1:100.000).
Figura 2 Stralcio della Carta Geologica d'Italia Foglio “Gravina in Puglia” con indicazione
approssimativa dell’area di intervento (cerchio giallo).
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Essa è collocata nell’Avanfossa Bradanica, un bacino di sedimentazione di età
pliocenica e pleistocenica, compreso tra l’Appennino meridionale ad Ovest e
l’Avampaese Apulo (Murge settentrionali) ad Est.
E’ parte dell’avanfossa appenninica post-messiniana migrata, con diverse fasi
deformative, verso Est durante il Pliocene e parte del Pleistocene e con l’inarcamento
(peripheral bulge) dell’avampaese apulo. Rappresenta la subduzione litosferica della
piattaforma Apula o Adria.
Dalle Murge in direzione della zona assiale della catena Appenninica sia le sezioni
sismiche che i pozzi profondi mostrano una graduale immersione della piattaforma
Apula e della sua copertura terrigena pliocenica al di sotto del fronte esterno dei
thrusts alloctoni appenninici. In quest’area il bacino, caratterizzato da una successione
di colmamento plio-pleistocenica spessa circa 2-3 km, mostra un’evidente
restringimento con i due margini affioranti del bacino distanti poco più di 20 km.
Il momento principale della storia evolutiva del bacino d’avanfossa bradanica è
avvenuto tra la fine del Pliocene ed il Pleistocene inferiore, quando la propagazione
verso est del fronte dei thrusts appenninici sepolto veniva impedita dalla rampa
tettonica regionale della Piattaforma carbonatica apula, ribassata verso ovest a causa
della subduzione litosferica (LAZZARI & PIERI, 2002).
I due domini tettonici, il fronte della catena appenninica e l’avampaese apulo,
convergendo all’altezza dell’alto strutturale di Lavello-Banzi (“dorsale mesobradanica”)
impedirono la propagazione dei thrusts inducendo una drastica riduzione dei tassi di
subsidenza del bacino d’avanfossa e l’inizio di una fase di superficializzazione del
bacino.
Alla fine dell’Emiliano e all’inizio del Siciliano, il settore settentrionale del bacino
d’avanfossa, caratterizzato da una marcata asimmetria trasversale ed assiale, è stato
interessato da una sedimentazione di mare basso che, a causa degli abbondanti
apporti sedimentari Appenninici inizia il colmamento del bacino con una successione
regressiva continua.
Nel Siciliano il settore settentrionale del bacino è ormai colmato ed è soggetto a eventi
erosionali ed alluvionali. La sedimentazione marina avviene solo nei settori
centromeridionali della Fossa Bradanica.
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Nel Pliocene inferiore-medio quindi, inizia il riempimento del bacino su un’ampia area
subsidente dell’Avampaese apulo. Lo spessore complessivo della successione
bradanica supera i 2000 m. La porzione sepolta della successione (infrapliocenico-
infrapleistocenica), è principalmente caratterizzata da un complesso torbiditico,
mentre la parte affiorante quaternaria è costituita da argille siltose emipelagiche, al di
sopra delle quali si ritrovano depositi grossolani di mare basso silicoclastici e più
raramente carbonatici, relativi sia alle ultime fasi di riempimento dell’avanfossa sia al
successivo sviluppo di depositi marini terrazzati.
La parte più interna dell’intera successione di riempimento è caratterizzata dalla
presenza del cosiddetto “alloctono”, un complesso di terreni caotici di età pre-
pliocenica che si interpone ai depositi di avanfossa sovrapponendosi a quelli torbiditici
di età pliocenico-infrapleistocenica.
La porzione superiore affiorante della successione pliopleistocenica, spessa circa 600
m, è costituita da depositi argillosi emipelagici passanti verso l’alto a una serie di
depositi grossolani.
Relativamente ai depositi affioranti, la storia evolutiva del bacino, è caratterizzata
inizialmente da subsidenza parzialmente compensata da sedimentazione
emipelagitica. Dal Pleistocene inferiore (Emiliano), a cominciare dal settore centrale
del bacino (area di Banzi e Genzano), si produce il colmamento a causa del
sollevamento tettonico che interessa la regione. Sulle emipelagiti, rappresentate dalle
Argille subappennine, si accumulano quindi depositi grossolani di mare basso e/o
continentali, corrispondenti allo stadio regressivo della storia evolutiva del bacino.
I depositi sabbioso-conglomeratici relativi alle fasi finali di riempimento della Fossa
Bradanica si rinvengono in contatto sia transizionale che erosivo sulle Argille
subappennine e che alcuni corpi conglomeratici sono intercalati alle successioni
sabbiose con facies variabili da marino-transizionali a continentali.
Per la parte alta del ciclo bradanico sono state definite tre unità stratigrafico -
deposizionali di rango superiore, che dal basso verso l’alto sono così individuate
(LAZZARI & PIERI 2002),:
1. la Formazione delle Argille Subappennine o FAS, che costituisce la base
stratigrafica della successione regressiva ed è caratterizzata da depositi siltoso-
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argillosi e sabbioso-argillosi, laminati e bioturbati, riferibili ad un ambiente di
piattaforma di mare poco profondo di età non più antica dell’Emiliano.
2. Unità informale dei Depositi Regressivi sabbioso-conglomeratici (DRsg),
costituita da corpi sabbiosi (DRs) e/o conglomeratici (DRsg), unità stratigrafico-
deposizionali informali di rango inferiore, comprendenti litofacies marine e/o
continentali, riferibili a sistemi deposizionali transizionali (deltizi e costieri) e a sistemi
continentali (piane alluvionali), posti tra loro in rapporto di continuità (passaggio
graduale) e/o di disconformità (contatto erosivo). Presentano spessori variabili tra i 20
ed i 130 m e costituiscono corpi progradanti verso NE, E e SE, a seconda della
posizione occupata nel bacino. Alla base sono presenti facies di transizione alla
piattaforma, che verso l’alto passano in continuità di sedimentazione ai depositi marini
e/o continentali di cui sopra (Pleistocene inferiore (Siciliano) ed il Pleistocene medio
p.p.).
3. Unità informale dei Depositi alluvionali sommitali post-regressivi (DPR),
non sempre presente, costituita in prevalenza da facies alluvionali conglomeratiche e
più raramente sabbiose, fortemente arrossate, poste in contatto erosivo sulla
sottostante unità DRsg. La loro deposizione é da riferire ad episodi di alluvionamento
successivi agli eventi sedimentari caratterizzanti le fasi di colmamento del bacino e di
emersione della paleosuperfice regressiva, quindi, non appartenenti alla successione
regressiva (Pleistocene medio p.p).
I dati stratigrafici di dettaglio (LAZZARI, 1999; LAZZARI & PIERI, 2002) hanno
evidenziato che tale colmamento si è realizzato con modalità di tipo progradazionale
dei corpi.
Dall’analisi e correlazione delle successioni studiate da LAZZARI & PIERI (2002) si è
individuato un modello stratigrafico-deposizionale, secondo il quale la sedimentazione
dei depositi regressivi è stata controllata dal sollevamento regionale e da altri fattori
d’interferenza (variazioni relative del l.m., quantità degli apporti, condizionamenti e
caratteri morfostrutturali del fondo del bacino, tettonica sinsedimentaria).
Considerando le direzioni di progradazione, la distribuzione altimetrica dei depositi
regressivi e tenendo conto della progressiva distanza dall’area di alimentazione
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(margine appenninico), gli Autori hanno delineato un’ipotesi di successione temporale
degli eventi sedimentari.
La deposizione della successione regressiva ha cominciato a svilupparsi nelle aree di
margine appenninico, dove si ritrovano i depositi repressivi più vecchi e più alti (area
di Genzano) dell’area bradanica, con versi di progradazione a NE, per poi spostarsi per
momenti successivi verso aree depocentrali (Palazzo S.G.), con progradazioni verso E
(margine apulo) e più orientali con progradazioni da SSO verso NNE (Montemilone) e
da NO verso SE (Spinazzola). Queste ultime due direzioni contrapposte evidenziano
come dal Pleistocene inferiore in poi la chiusura progressiva del bacino si vada
sviluppando a nord verso il versante adriatico ed a sud verso il versante ionico.
Sulla base delle indicazioni paleogeografiche si può concludere che i depositi più ad
ovest sono i più antichi ma anche i più alti nella originaria disposizione Va considerato
che attualmente i depositi ricadenti nelle aree di Lavello, Venosa e Montemilone sono
disposti a quote relative s.l.m. (da 420 a 300 m) molto inferiori rispetto a quelle a cui
si attestano attualmente i depositi dell’area di Genzano, Banzi, Palazzo S. Gervasio e
Spinazzola-Acquatetta (da 620 a 420 m).
Una tale disposizione morfologica convincerebbe a definire un terrazzamento dei
depositi di Lavello, Venosa e Montemilone in direzione SE-NO, in contraddizione con le
direzioni di progradazione rilevate negli stessi depositi (da SO verso NE e da O verso
E) ed in contrasto con il paleodrenaggio (da NO verso SE) dei depositi fluvio-lacustri e
vulcanici rimaneggiati, legati all’attività del Vulture nel Pleistocene medio. Tali depositi
si sono sviluppati e distribuiti, infatti, in corrispondenza di una paleovalle incisa
nell’originaria superficie di regressione, ormai definitivamente emersa, che, solo
successivamente agli episodi di alluvionamento (Pleistocene medio p.p.), ha subito un
tilting regionale post-deposizionale, responsabile della dislocazione dei depositi
regressivi e postregressivi.
Questo basculamento ha interessato tutto il settore posto a nord di Palazzo S.
Gervasio, inducendo una drastica variazione nello sviluppo dell’idrografia regionale
attraverso la formazione di uno spartiacque superficiale, che ha diviso la paleovalle
nelle due valli ad andamento opposto dei torrenti Basentello e Matinelle.
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In un tale contesto i depositi regressivi di Lavello, posti in prossimità del margine
appenninico, senza il controllo tettonico, avrebbero occupato una posizione altimetrica
confrontabile con quella occupata attualmente dai depositi di Genzano di Lucania (625
m s.l.m.), giustificando così anche le direzioni di progradazione (verso ENE) rilevata
nei depositi regressivi.
Il modello stratigrafico-deposizionale prevede, una disposizione “terrazzata” dei
depositi regressivi, la cui età è via via più recente nel senso della progradazione e
della disposizione altimetrica (da Genzano a Spinazzola), sviluppatasi in un contesto di
sollevamento regionale di tutta l’area e sembra essere confrontabile con quello
definito dall’attuale disposizione dei Depositi marini terrazzati nell’area metapontina,
caratterizzati da successioni litostratigrafiche simili ma d’età differente.
(Bibliografia: LAZZARI M. 2008 - Il comportamento tettonico e sedimentario del bacino d’avanfossa Bradanica durante il Pleistocene inferiore Mem. Descr. Carta Geol.
d’It. LXXVII-2008).
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4. GEOMORFOLOGIA, RISCHIO IDROGEOLOGICO, IDROLOGIA DI
SUPERFICIE E IDROGEOLOGIA
GEOMORFOLOGIA E RISCHIO IDROGEOLOGICO
La geomorfologia dell’area è quella collinare tipica dei territori della fossa bradanica.
Per una chiara descrizione geomorfologica del territorio, si suddivideranno le area in
base al tipo di intervento previsto, ossia:
Area nuovo impianto di depurazione
Aree interessate dalla realizzazione di nuovi tronchi fognari
Aree interessate da interventi di adeguamento dei tronchi fognari esistenti e
impianto di sollevamento fognario
AREA NUOVO IMPIANTO DI DEPURAZIONE
La pendenza media dell’area è di circa il 19%, con valori medi dell’angolo di
inclinazione del versante di circa 11°. Non è interessata ne da movimenti franosi ne
da fenomeni geomorfologici che possono comportare variazioni dell’attuale stabilità.
Non rientra in aree classificate a rischio idrogeologico dall’Autorità di Bacino
Interregionale della Basilicata.
AREE INTERESSATE DALLA REALIZZAZIONE DI NUOVI TRONCHI FOGNARI
I nuovi tronchi fognari, in numero pari a tre, interessano aree urbanizzate e si
sviluppano su strade, fatta eccezione del tronco che si estende nella parte orientale
dell’abitato che sarà su sede propria.
Le aree di progetto non sono interessare da movimenti franosi.
Per quanto riguarda il rischio idrogeologico, l’ultimo tratto del tronco ubicato ad est
dell’abitato ricade in aree perimetrate a rischio idrogeologico R1 moderato (PAI AdB
Basilicata vigente - 2° agg. 2011). L’art. 22 delle Norme di Attuazione (2°
aggiornamento 2011) consente la realizzazione di tali infrastrutture senza
l’acquisizione dei pareri espressi dall’AdB.
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AREE INTERESSATE DA INTERVENTI DI RIFACIMENTO DEI TRONCHI FOGNARI
ESISTENTI E IMPIANTO DI SOLLEVAMENTO FOGNARIO
Anche questi interventi ricadono principalmente in aree urbanizzate e su viabilità
esistente. In via Monteserico la condotta esistente attraversa un’area classificata a
rischio idrogeologico R1. Sempre in via Monteserico e in area a rischio idrogeologico
R1 sarà realizzato un impianto di sollevamento fognario. Secondo quanto previsto
dall’art. 19 delle Norme di Attuazione (2° aggiornamento 2011), tale intervento è
consentito in quanto sarà realizzato con modalità che non determinano situazioni di
pericolosità idrogeologia.
Un tratto di condotta fognaria interessata da interventi di rifacimento, posta in
prossimità di via Monteserico, attraversa un corpo di frana di tipo colamento lento
quiescente a cui l’AdB di Basilicata ha attribuito un valore di rischio idrogeologico
medio R2.
Lungo il versante su cui è impostato il fosso Gaudemanno la condotta è ubicata su un
corpo di frana di tipo colamento lento a cui l’AdB Basilicata ha attribuito un valore di
rischio idrogeologico R4 molto elevato. Si evidenzia che tale corpo di frana coinvolge
anche l’attuale impianto di depurazione, da qui la necessità di realizzarne uno nuovo.
Si rimanda all’elaborato 2.1.5 denominato “Carta del rischio Idrogeologico”.
IDROLOGIA DI SUPERFICIE E IDROGEOLOGIA
Il territorio del comune di Genzano di Lucania fa parte del bacino imbrifero del fiume
Bradano, il cui deflusso è verso il Mar Jonio.
Il reticolo idrografico secondario che confluisce alla sinistra idraulica del fiume
Bradano, è sviluppato ed ha un regime prevalentemente stagionale. Il suo scorrimento
è condizionato dalla permeabilità dei terreni affioranti e dalla pendenza dei versanti.
Dal punto di vista idrogeologico, i terreni affioranti nell’area di studio, fanno parte
delle seguenti classi di permeabilità:
Permeabilità primaria alta per porosità comprende i terreni conglomeratici
Permeabilità primaria medio-alta per porosità comprende i terreni sabbiosi
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Permeabilità primaria medio-bassa per porosità comprende i terreni sabbioso-
limoso-argillosi
Permeabilità secondaria medio-alta per porosità comprende i terreni eluvio-
colluviali, i detriti di frana e i riporti antropici.
Nel sondaggio S1, eseguito nell’area di ubicazione del nuovo impianto di depurazione,
è stata misurata la falda acquifera nei terreni sabbiosi ad una profondità dal p.c. di -
9.70 m
Nei terreni di natura sabbiosa, inoltre, si rinvengono delle sorgenti le cui portate sono
influenzate dall’andamento stagionale delle precipitazioni.
Si rimanda alla “Carta Idrogeologica”.
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Figura 3 Stralcio “Carta dei bacini imbriferi e dei reticoli idrografici” – “Bacino fiume Bradano”
-PAI AdB Basilicata-.
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5. CAMPAGNA DI INDAGINI GEOGNOSTICHE
Per la caratterizzazione stratigrafica, geotecnica e sismica dell’area di intervento, è
stata eseguita una campagna di indagini geognostiche e geotecniche così articolata:
N. 1 sondaggio meccanico a rotazione a carotaggio continuo denominato S1
profondo 20.00 m, ubicato nell’area del nuovo impianto di depurazione.
Durante la perforazione sono stati prelevati n. 2 campioni indisturbati;
N. 6 prospezioni di sismica a rifrazione in onda P e S
N. 11 prove penetrometriche dinamiche con penetrometro dinamico super
pesante
N. 1 prova sismica con tecnica M.A.S.W. e N. 3 misure di microtremori eseguiti
nell’area del nuovo impianto di depurazione.
Si rimanda alla “Carta ubicazione indagini geognostiche”.
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6. SONDAGGIO MECCANICO E STRATIGRAFIA DEL TERRENO
Nell’area di ubicazione del nuovo impianto di depurazione sita in località Gaudemanno
è stato eseguito un sondaggio a rotazione a carotaggio continuo spinto fino alla
profondità di 20.00 m dal p.c.
Durante la perforazione sono stati prelevati n. 2 campioni indisturbati alle profondità
rispettivamente di -5.50 m dal p.c. e -13.50 m dal p.c.
La stratigrafia del sottosuolo è:
Da 0.00 m a -2.00 m terreno vegetale sabbioso-argilloso
Da -2.00 m a -9.00 m sabbia limosa di colore giallo bruno mediamente plastica
e con clasti sub-arrotondati. Da poco a mediamente addensata.
Da -9.00 m a –15.00 m sabbia limosa di colore variabile da giallo ocra a grigio
chiaro. Si presenta poco plastica e mediamente addensata.
Da -15.00 m a -20.00 m (fondo foro) argilla limosa grigia, consistente,
compatta e asciutta.
Alla profondità di -9.70 m dal p.c. è stata rinvenuta la falda acquifera confinata
nell’orizzonte sabbioso.
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7. ANALISI GEOTECICHE DI LABORATORIO
Sui campioni indisturbati prelevati durante la perforazione S1, sono state eseguite le
analisi geotecniche dal laboratorio “Laborgeo SRL” di Matera, consistenti in prove
fisiche e meccaniche (prova di taglio diretto e prova di compressione edometrica.
Le principali risultanze sono così riassunte:
Campione n. 1 – profondità -5.50 m/-6.00 m
Prove fisiche
W (umidità naturale) = 17.76%
γv (peso di volume naturale) = 19.90 kN/m3
γd (peso di volume secco) = 16.90 kN/m3
γs (peso specifico) = 26.90 kN/m3
LL = 33%
Lp = 21%
Ip = 9%
Ghiaia = 3.09%
Sabbia = 40.13%
Limo = 24.09%
Argilla = 32.69%
Prove meccaniche - Taglio diretto
φ= 27.64°
c= 27.59 KN/m2
Campione n. 2 – profondità -13.50 m/-14.00 m
Prove fisiche
W (umidità naturale) = 18.31%
γv (peso di volume naturale) = 20.21 kN/m3
γd (peso di volume secco) = 17.08 kN/m3
γs (peso specifico) = 27.50 kN/m3
LL = 45%
Lp = 28%
Ip = 17%
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Ghiaia = 0.02%
Sabbia = 2.20%
Limo = 50.94%
Argilla = 46.83%
Prove meccaniche – Compressione Edometrica
P = 98.07 kPa / cv = 1.74E-04 (cm2/sec) / k = 2.48E-09 (cm/sec)
P = 196.13 kPa / cv = 1.62E-04 (cm2/sec) / k = 2.41E-09 (cm/sec)
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8. PROVE PENETROMETRICHE DINAMICHE (S.P.T.)
Nell’area di studio sono state eseguite n. 11 prove penetrometriche dinamiche
utilizzando un penetrometro dinamico super pesante.
Le informazioni ottenute con tale prova riguardano:
L’andamento verticale e orizzontale degli intervalli stratigrafici;
La caratterizzazione litologica delle unità stratigrafiche;
I parametri geotecnici suggeriti da vari autori in funzione dei valori del numero
di colpi e della resistenza alla punta.
L’elaborazione dei dati di campagna fornisce una serie di parametri sia per i terreni
incoerenti sia per i terreni coesivi.
Si rimanda all’elaborato 2.1.8.
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9. MODELLAZIONE GEOTECNICA
I parametri geotecnici che si possono attribuire ai terreni interessati dalle opere, scelti
in base alle risultanze delle indagini geognostiche e alle prove di laboratorio, sono:
Area nuovo impianto di depurazione
γv (peso di volume naturale) = 19.90 kN/m3
φ= 27.00°
c= 27.00 KN/m2
Terreni sabbiosi
γv (peso di volume naturale) = 19.90 kN/m3
φ= 27.00°
c= 10.00 KN/m2-27.00 KN/m2
Terreni conglomeratici
γv (peso di volume naturale) = 18.50 kN/m3
φ= 30.00°
c= 0.00 KN/m2
Detrito di frana
γv (peso di volume naturale) = 16.20 kN/m3
φ= 15.00°
c= 0.00 KN/m2
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10. INDAGINI SISMICHE
PROSPEZIONE SISMICA A RIFRAZIONE
Per una caratterizzazione sismica del sottosuolo sono state eseguiti n. 6 stendimenti di
sismica a rifrazione in onda P e S denominati SS1, SS2, SS3, SS4, SS6 e SS7. I primi
due sono stati ubicati nell’area del nuovo impianto, mentre gli altri quattro sono stati
ubicati lungo il tracciato delle reti fognarie.
L’elaborazione dei dati acquisiti in campagna ha prodotto i seguenti risultati:
SS1 (Lunghezza base sismica 55 m)
SS2 (Lunghezza base sismica 55 m)
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SS3 (Lunghezza base sismica 99 m)
SS4 (Lunghezza base sismica 55 m)
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SS6 (Lunghezza base sismica 55 m)
SS7 (Lunghezza base sismica 55 m)
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Per quanto riguarda la categoria di sottosuolo come da N.T.C. 2008 abbiamo:
Stendimento Vs30 (m/s) Categoria Sottosuolo
SS1 360 C
SS2 300 C
SS3 458 B
SS4 384 B
SS6 500 B
SS7 478 B
Per individuare il bedrock sismico, cioè quel terreno che ha velocità delle onde di
taglio (Vs) pari a 800 m/s, è stata eseguita sia una prospezione sismica con tecnica
M.A.S.W. sia la misura di microtremori su tre stazioni.
PROSPEZIONE SISMICA CON TECNICA M.A.S.W.
Con questo tipo di prospezione, che ha restituito le velocità delle onde di taglio fino ad
una profondità di 30.00 m, non è stato raggiunto il bedrock sismico.
Nella tabella che segue si riportano i valori di Vs dei sismostrati individuati e la
categoria di sottosuolo come previsto dalla N.T.C. 08.
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MISURE DI MICROTREMORI
Con le misure dei microtremori si è individuato il bedrock sismico (Vs=800m/s) ad
una profondità dal p.c. di circa 187 m. Di seguito si riporta la sismostratigrafia e la
curva delle Vs in funzione della profondità.
Figura 4 Andamento Vs con la profondità.
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11. MICROZONAZIONE SISMICA
Per l’area di variante interessata dalla realizzazione del nuovo impianto di
depurazione, è stato condotto uno studio di microzonazione sismica di Livello 2,
come previsto dalla L.R. 9/11 “Disposizioni urgenti in materia di microzonazione
sismica”. Si precisa che il R.U.P. con nota del 7 maggio 2013 ha determinato che la
classe d’uso dell’opera è la II.
Dall’allegato 1 “Nuova classificazione sismica e coppie magnitudo-distanza” alla L.R.
9/11 è stata presa in considerazione la PGA (g) relativa a Genzano di Lucania e dalle
indagini geofisiche è stato ricostruito il profilo VsH del sottosuolo fino ad una profondità
di 150 m per determinare dagli abachi i valori di FA e FV.
E’ necessario fare delle considerazioni per capire come si è arrivati ai valori di FA e FV.
Il “VsH“ rappresenta la velocità media delle onde di taglio dal substrato rigido
(Vs 800m/s) posto a profondità “H” alla superficie. Gli abachi prevedono valori
massimi di “H” pari a 150 m. Nel caso specifico a 150 m non si è trovato il
substrato rigido, si deve tener presente però che a profondità superiori a 100-
200 m prevalgono fenomeni di attenuazione rispetto a quelli di amplificazione.
In ogni caso l’amplificazione derivante da un substrato simico profondo genera
al limite picchi di ampiezza relativi ad elevati periodi, ben superiori a quelli
riferibili a comuni opere ingegneristiche (0.1s-0.5s). Da quanto esposto si può
ritenere non errato considerare i valori di FA e FV relativi ad “H” pari a 150 m.
Figura 5 Profilo di VsH ottenuto dalla misura di microtremori.
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La litologia a maggior spessore è l’argilla, considerazione derivante dalle
risultanze del sondaggio S1, dalle prove sismiche eseguite e dall’analisi del
contesto geologico. Pertanto l’abaco di riferimento è quello delle argille.
Visto che a Genzano di Lucania la PGA è pari a 0.175g (allegato 1 L.R. 9/11) si
prenderà l’abaco delle argille il cui valore di ag(g) è pari a 0.18g.
L’ultimo parametro da considerare per la scelta dell’abaco corretto è il “profilo di
velocita”. Quando il profilo di velocità non si mantiene costante con la
profondità, è preferibile orientarsi verso tabelle riferite al “profilo variabile
linearmente con pendenza intermedia”.
Riepilogando, si considereranno i valori di FA e FV corrispondenti all’abaco relativo a:
Tipo di terreno: argilla
ag(g): 0.18g
Profilo di velocità: Lineare pendenza intermedia
Considerato che:
VsH = 400m/s
H = 150 m
Abbiamo:
FA=1.19
FV=1.46
Figura 6 Schema riassuntivo per il calcolo di FA e FV
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Figura 7 Abaco relativo a FA
Figura 8 Abaco relativo a FV
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12. CATEGORIA DI SOTTOSUOLO
La Normativa sismica nazionale (OPCM 3274 del 2003 e successive modifiche ed
integrazioni, DM 14/09/2005 “Norme Tecniche per le Costruzioni, emanate con D.M.
Infrastrutture del 14/01/2008, pubblicato su Gazzetta Ufficiale Supplemento ordinario
n° 29 del 04/02/2008) impone la classificazione sismica del sottosuolo in base al
parametro Vs30 per la progettazione in zona sismica. Tale parametro rappresenta la
velocità equivalente delle onde di taglio nei primi 30 metri di profondità. Per le
fondazioni superficiali, tale profondità è riferita al piano di imposta delle stesse,
mentre per le fondazioni su pali è riferita alla testa dell’opera. Per i muri di sostegno di
terrapieni, la profondità è riferita al piano di imposta della fondazione.
Dal valore Vs30 si risale alla categoria di sottosuolo.
La categoria di sottosuolo relativa ai terreni interessati dalla costruzione dell’impianto
di sollevamento fognario, desunta dall’interpretazione delle prove sismiche effettuate
sul territorio, è la C definita come: “depositi di terreni a grana grossa
mediamente addensati o terreni a grana fine mediamente consistenti con
spessori superiori a 30.00 m, caratterizzati da un graduale miglioramento
delle proprietà meccaniche con la profondità e valori del Vs30 compresi tra
180m/s e 360 m/s (ovvero 15<NSPT,30<50 nei terreni a grana grossa e
70<cu,30<250 kPa nei terreni a grana fina).
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13. SISMICITA’
L’Appennino campano lucano è compreso in quella fascia dell’Appennino meridionale
interessata nel passato da grandi processi deformativi la cui evoluzione ha portato, a
partire dal Pliocene (5 milioni d’anni fa), alla nascita dei principali lineamenti
strutturali. Questi sono prevalentemente rappresentati da sistemi di faglie distensive
orientati in direzione appenninica (Nord-Ovest Sud-Est) (Scandone et al., 1990). In
particolare la regione Basilicata è direttamente interessata da due faglie principali con
tale orientamento (quella irpino-lucana e quella della Val d’Agri), dove è concentrata
la sismicità di magnitudo maggiore, e da una serie di faglie minori in direzione
antiappenninica.
Figura 9 Distribuzione delle maggiori strutture sismogenetiche riconosciute
nell’Appennino Meridionale
Queste ultime sono state responsabili di numerosi eventi di più bassa energia, ma con
periodi di ritorno più brevi. La carta neotettonica italiana (CNR-PFG, 1983), redatta
sulla base dell’analisi dei dati neotettonici, gravimetrici e sismici, distingue l’Appennino
meridionale nelle tre seguenti zone procedendo dal Tirreno verso l’Adriatico:
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Fascia costiera campana
Fascia Appenninica
Fascia Adriatica
Fascia costiera campana
Attualmente questa fascia può essere considerata stabile ad eccezione dell’area dei
Campi Flegrei, in quanto presenta una sismicità notevolmente bassa.
Fascia Appenninica
Comprende anche la catena costiera, l’altopiano silano ed i bacini intrappeninici, sia
marini (Ariano Irpino, Ruvo del Monte, Potenza, S. Arcangelo, valle del Crati, piana di
Crotone) che continentali (Vallo di Diano, valli del Noce e del Mercure, alta Val d’Agri).
Tale fascia è sempre stata caratterizzata da sollevamenti ancora in atto, come
confermano i fenomeni di terrazzamento in depositi alluvionali recenti. La sismicità è
molto elevata con epicentri localizzati in corrispondenza di faglie estensionali ad
andamento longitudinale.
Tali faglie, il cui movimento estensionale è stato anche confermato dai meccanismi
focali determinati per recenti terremoti (Pantosti e Valensise, 1990; Amato e Selvaggi,
1993; Azzara et. al., 1993), hanno generato eventi distruttivi con intensità maggiore
al X grado della scala Mercalli, Cancani, Sieberg (MCS), quali il terremoto del 1857
nella Val d’Agri e quello irpino del 23 novembre 1980 di magnitudo Ms 6.8, calcolata
sulle onde superficiali (CNRPFG, 1981). A quest’ultimo evento è stato associato un
complesso sistema di fratturazione consistente in almeno tre segmenti di faglia (fig. 4)
(Crosson et al., 1986; Westaway & Jackson, 1987; Bernard & Zollo, 1989; Pantosti &
Valensise, 1990; Pingue & De Natale, 1993). L’evento irpino ha dato luogo al maggior
rilascio d’energia sismica seguito solo dal terremoto di Potenza del 5 maggio 1990 di
magnitudo locale (ML) 5.2 (CNRPFG, 1981).
Fascia Adriatica Questa fascia può essere definita asismica, fatta eccezione per il territorio garganico.
La sismicità storica della Basilicata è ricca d’eventi anche di forte intensità.
Le notizie che seguono, sono stati tratti dal Catalogo dei forti terremoti in Italia dal
461 a.C. al 1900 (Boschi et al., 1997).
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Il primo evento che le fonti storiche riportano, è quello del 1273 che causò gravi danni
a Potenza e danni non precisati nell’area della Basilicata. All’evento è attribuita
un’intensità del VIII-IX grado MCS.
Nel 1561, due forti scosse, avvenute il 31 luglio e il 19 agosto e numerose repliche di
minore intensità colpirono l’area. La prima, valutata del IX grado della scala MCS,
ebbe effetti distruttivi sul paese di Buccino (SA), e provocò danni nell’avellinese e
nelle zone circostanti. La seconda, valutata del X grado, distrusse i paesi di Tito (PZ),
Sant’Arsenio (SA) e San Pietro al Tanagro (SA). L’abitato di San Rufo (SA) fu investito
da una frana innescata dal terremoto con conseguenti gravi danni agli edifici.
Il giorno 8 settembre del 1694 una scossa molto forte, seguita da un’altra
violentissima replica e da una sequenza d’eventi d’intensità equiparabile, colpì una
vasta area dell’Italia meridionale. La Campania, la Basilicata e la Puglia subirono danni
ingenti e perirono più di 6.000 persone. Gli effetti sull’ambiente furono notevoli: la
scossa innescò frane e crolli di massi. Vennero anche osservate onde anomale nel
mare in prossimità della costa di Brindisi.
Il primo febbraio 1826 un terremoto ascrivibile al IX grado MCS, colpì l’area a Nord-
Ovest della provincia di Potenza. Nei dintorni di Tito (PZ) (paese maggiormente
danneggiato) si ebbero frane e scaturirono nuove sorgenti.
Potenza, Satriano di Lucania (PZ) e Tramutola (PZ) subirono numerosi crolli
d’abitazioni.
Nella zona del massiccio del monte Sirino, al confine tra la Campania e la Basilicata, il
20 novembre 1836 si verificò un evento del IX grado MCS.
Il paese che subì i maggiori danni fu Lagonegro (PZ) dove quasi tutte le abitazioni
furono distrutte o danneggiate.
Un altro forte terremoto (X grado MCS) che causò più di mille morti, avvenne il 14
agosto 1851. La scossa principale fece crollare quasi tutti gli edifici di Barile (PZ) e
Melfi (PZ). A distanza di un’ora dalla precedente, una seconda scossa di minore entità
colpì l’area, gravando ulteriormente sugli edifici già lesionati.
L’area di maggiore risentimento si estese verso Est, in direzione della valle d’Ofanto, e
verso Nord. Molti paesi irpini subirono gravi danni e la scossa fu avvertita anche in
Campania, Abruzzo e Salento.
Lavori di collettamento acque reflue urbane all’impianto di depurazione ed adeguamento dello stesso al D.lgs 152/99. Comune di Genzano di Lucania - A.P.Q. All. B n. 9.
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Nel 1857 altri due importanti eventi sismici colpirono la Basilicata. Il primo (XI MCS),
occorso il 16 dicembre e di maggiore rilevanza, devastò un’ampia zona della provincia
di Potenza e di Salerno. Le fonti ufficiali riportano più di diecimila vittime, il 90% delle
quali nell’area potentina. Un’area di più di 3.000 kmq fu completamente rasa al suolo.
In molte zone furono riportati vasti movimenti franosi, smottamenti, abbassamenti del
terreno e ampie spaccature, di cui una di 270 m a Polla (SA).
La seconda scossa, avvenuta dopo dieci giorni dalla prima, ebbe com’epicentro
l’attuale Montemurro (PZ), che già fu tra le aree maggiormente colpite dal precedente
terremoto. A quest’evento è attribuito un’intensità pari al VII-VIII grado della scala
MCS.
Nel 1930 nella zona montuosa compresa tra Melfi (PZ) e Ariano Irpino (AV), durante
la notte del 23 luglio, occorse un evento del X grado MCS.
Il 23 novembre del 1980 un terremoto d’intensità pari al X-XI grado MCS e di
magnitudo Ms6.8 colpì gravemente, alle 20:34 italiane, l’Irpinia e la Basilicata. Questo
movimento tellurico causò poco meno di tremila vittime, diecimila feriti
e i senzatetto si avvicinarono ai 300.000. Una trentina di paesi, e innumerevoli
frazioni, compresi in un’ampia area (comprendente Napoli, Salerno, Potenza e S.
Angelo dei Lombardi (AV) furono distrutti. L’area di danneggiamento fu stimata di
circa 3.500 kmq. Alla scossa principale ne seguirono molte altre anche di lunga durata
(intorno ai due minuti) che contribuirono all’opera di distruzione.
Altri terremoti hanno interessato la regione, ricordiamo quello di Potenza del 5 maggio
1990 di Ms 5.4 e quello del 9 settembre 1998 di Magnitudo 5.5 con epicentro nella
zona di Lauria.
In tabella 1 si riportano i maggiori terremoti avvenuti lungo la catena appenninica e
che hanno interessato la regione.
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Figura 10 Distribuzione delle maggiori strutture sismogenetiche riconosciute
nell’Appennino Meridionale
Tabella 1
TERREMOTI STORICI SIGNIFICATIVI DELLA BASILICATA E DELLE REGIONI LIMITROFE
Data Zona epicentrale Imax MCS Magnitudo
117 b.C. Lucania
1273 Potenza 08-set 5.9
31.07.1561 Buccino 9 6
19.08.1561 Vallo di Diano 10 6.4
26.01.1708 Mercure 07-ago 5.2
20.05.1759 Grumento 6 4.4
11.11.1807 Tramutola 7 5.0
01.02.1826 Tito 8 5.2
02.01.1831 Rivello 8 5.5
20.11.1836 Lagonegro 8 5.5
14.08.1851* Vulture 10 6.4
16.12.1857 Basilicata 11 7
26.12.1857 Montemurro 07-ago 5.2
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Tabella 1
TERREMOTI STORICI SIGNIFICATIVI DELLA BASILICATA E DELLE REGIONI LIMITROFE
19.11.1861 Potenza 06-lug 4.7
25.01.1893 Auletta 7 5
28.05.1894 Mercure 07-ago 5
02.07.1906 Montemurro 6 4.4
03.10.1910 Montemurro 06-lug 4.7
13.10.1917 Castelsaraceno 6 4.4
03.07.1934 S. Martino 6 4.4
03.04.1946 M. Palanuda 6 4.4
03.07.1955 Vibonati 6 4.4
23.11.1980* Irpinia-Lucania 10 6.9 Ms
21.03.1982 Papasidero 8 5 Ml
02.02.1983 Potenza 5 MSK 4 Ml
23.09.1983* Caposele 6 MSK 3.6 Ml
23.07.1986* Potenza 7 MSK 4.2 Ml
01.08.1988 Lauria 6-7 MSK 4.1Ml
05.05.1990* Potenza 7 MSK 5.4 Ms
26.05.1991* Potenza 6-7 MSK 4.7 Ml
03.04.1996* Potenza 6 MSK 4.5 Ml
09.09.1998 Lauria-Castelluccio 6-7 MCS 5.5
26.10.2012 Pollino 5.0 Ml
Tabella 1 - Terremoti avvenuti nella zona di confine tra
Calabria, Basilicata e Campania. L’ubicazione degli
epicentri è riportata in Fig. 6, tranne per il terremoto più
antico e per quelli contrassegnati con l’asterisco in quanto
ricadono in un’area esterna a quella compresa nella figura
stessa, i quali però, hanno provocato risentimenti nella
regione.
Nella figura che segue si riporta la storia sismica di Genzano di Lucania (fonte
I.N.G.V.)
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Figura 11 Storia sismica di Genzano di Lucania (fonte I.N.G.V.)
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14. PERICOLOSITA’ SISMICA
La pericolosità sismica di un territorio è rappresentata dalla frequenza e dalla forza dei
terremoti che lo interessano, ovvero dalla sua sismicità. Viene definita come la
probabilità che in una data area ed in un certo intervallo di tempo si verifichi un
terremoto che superi una soglia di intensità, magnitudo o accelerazione di picco (Pga)
di nostro interesse.
Per la determinazione dei valori della pericolosità sismica, il territorio nazionale è stato
suddiviso in molteplici griglie aventi passo di 0.05°.
Figura 12 Distribuzione delle maggiori strutture sismogenetiche riconosciute
nell’Appennino Meridionale
In figura 11 è riportata la mappa della Basilicata con i valori di pericolosità sismica
(dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).
GENZANO DI LUCANIA
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15. CRITICITA’ GEOLOGICA E GEOMORFOLOGICA DELL’AREA DI
VARIANTE
I terreni affioranti nell’area di variante su cui sarà realizzato il nuovo impianto di
depurazione fognario, sono di natura sabbiosa come è risultato dai rilievi di superfice e
dal sondaggio geognostico eseguito.
Per quanto riguarda la criticità geologica e geomorfologica del territorio, è stata
redatta una carta specifica che rappresenta la sintesi e la sovrapposizione di tutti i
tematismi cartografati nel seguente studio.
Su tale carta:
Sono state definite le condizioni di criticità geologico-tecniche dell’area;
È stato riportato l’uso del suolo ai fini costruttivi oltre all’indicazione degli
interventi di salvaguardia dell’area dell’impianto
L’area di variante è stata quindi classificata come “Area con criticità puntuale e
moderata” rientrante nella classe II. La descrizione è: “Aree utilizzabili situate su
versanti stabili aventi acclività media (pendenza media 19%-inclinazione media 11°) e
costituite da sabbie con livelli cementati. La realizzazione dell'impianto di depurazione
potrà avvenire senza particolari prescrizioni. Le opere potranno avere strutture fondali
superficiali poste ad una profondità minima di 2.00 m (spessore del terreno vegetale).
Le scarpate create con movimento terra (scavi o riporti) dovranno essere protette con
opere di contenimento, fondate al di sotto dello strato di terreno vegetale.
Dovranno inoltre, essere realizzate opere di regimentazione delle acque superficiali su
tutta l'area di variante.
Il comune di Genzano di Lucania ricade nel territorio di competenza dell'Autorità
Interregionale di Bacino della Basilicata. Dalla "Carta del Rischio" del P.A.I. vigente
(2° Agg. 2011), redatta dalla sopracitata Autorità si nota come l'area di variante non è
interessata da perimetrazioni a rischio idrogeologico.”
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16. CONCLUSIONI
AREA IMPIANTO DI DEPURAZIONE (AREA DI VARIANTE)
La pendenza media dell’area è di circa il 19%, con valori medi dell’angolo di
inclinazione del versante di circa 11°. Non è interessata ne da movimenti franosi ne
da fenomeni geomorfologici che possono comportare variazioni dell’attuale stabilità.
Non rientra in aree classificate a rischio idrogeologico dall’Autorità di Bacino
Interregionale della Basilicata.
Dallo studio di microzonazione sismica di livello 2 risulta:
FA=1.19
FV=1.46
Nella carta di sintesi denominata “Certa di sintesi della criticità geologica e
geomorfologica” l’area di variante è stata identificata come “Area con criticità puntuale
e moderata” rientrante nella classe II. La descrizione è: “Aree utilizzabili situate su
versanti stabili aventi acclività media (pendenza media 19%-inclinazione media 11°) e
costituite da sabbie con livelli cementati. La realizzazione dell'impianto di depurazione
potrà avvenire senza particolari prescrizioni. Le opere potranno avere strutture fondali
superficiali poste ad una profondità minima di 2.00 m (spessore del terreno vegetale).
Le scarpate create con movimento terra (scavi o riporti) dovranno essere protette con
opere di contenimento, fondate al di sotto dello strato di terreno vegetale.
Dovranno inoltre, essere realizzate opere di regimentazione delle acque superficiali su
tutta l'area di variante.
Il comune di Genzano di Lucania ricade nel territorio di competenza dell'Autorità
Interregionale di Bacino della Basilicata. Dalla "Carta del Rischio" del P.A.I. vigente
(2° Agg. 2011), redatta dalla sopracitata Autorità si nota come l'area di variante non è
interessata da perimetrazioni a rischio idrogeologico.”
AREE INTERESSATE DALLA REALIZZAZIONE DI NUOVI TRONCHI FOGNARI
I nuovi tronchi fognari, in numero pari a tre, interessano aree urbanizzate e si
sviluppano su strade, fatta eccezione del tronco che si estende nella parte orientale
dell’abitato che sarà su sede propria.
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Le aree di progetto non sono interessare da movimenti franosi.
Per quanto riguarda il rischio idrogeologico, l’ultimo tratto del tronco ubicato ad est
dell’abitato ricade in aree perimetrate a rischio idrogeologico R1 moderato (PAI AdB
Basilicata vigente - 2° agg. 2011).
AREE INTERESSATE DA INTERVENTI DI RIFACIMENTO DEI TRONCHI FOGNARI
ESISTENTI E IMPIANTO DI SOLLEVAMENTO FOGNARIO
In via Monteserico la condotta esistente attraversa un’area classificata a rischio
idrogeologico R1. Sempre in via Monteserico e in area a rischio idrogeologico R1 sarà
realizzato un impianto di sollevamento fognario. Un tratto di condotta fognaria
interessata da interventi di rifacimento, posta in prossimità di via Monteserico,
attraversa un corpo di frana di tipo colamento lento quiescente a cui l’AdB di Basilicata
ha attribuito un valore di rischio idrogeologico medio R2.
Infine lungo il versante su cui è impostato il fosso Gaudemanno la condotta è ubicata
su un corpo di frana di tipo colamento lento a cui l’AdB Basilicata ha attribuito un
valore di rischio idrogeologico R4 molto elevato. Si evidenzia che tale corpo di frana
coinvolge anche l’attuale impianto di depurazione, da qui la necessità di realizzarne
uno nuovo.
Per quanto riguarda le Norme di Attuazione (2° aggiornamento 2011) al PAI
dell’A.d.B. per la realizzazione delle opere ricadenti in aree classificate a rischio
idrogeologico si applicheranno gli art. 19 comma 3.1 e art. 22 comma 1 e 2.
Potenza, maggio 2013
Il Geologo
Dott. Antonio DEL GIUDICE