l'amico del popolo

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N. 15 del 26 Aprile 2009 Esce il Venerdì - Euro 1,00 Anno 54 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento 7 Raduno delle confraternite Via Duomo: la via di fuga negata 2 di L.d.P. Servizio idrico: un anno dopo 4 3 Scuola: a che serve studiare? di Alberto Campoleoni di Franco Pullara di Enzo Minio VITA ECCLESIALE PROVINCIA CULTURA CITTA’ Caro Presidente Con grande piacere leggia- mo le dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Provincia di Agrigento, Eugenio D’Orsi, a seguito del discorso pronun- ciato dall’Arcivescovo di Agri- gento, Francesco Montenegro, nel corso della Via Crucis del Venerdì Santo (cfr. giornale “La Sicilia” del 14 aprile u.s.). Le dichiarazioni non posso- no dunque che fare piacere a quanti, agrigentini e cattolici, vorrebbero che gli scontri fra Don Camillo e Peppone fosse- ro solo sugli schermi televisivi. Tutto, dunque, lascia spe- rare che in futuro, conciliati i valori civili con quelli religiosi, la politica tenga ben al centro della sua attività l’Uomo, così come la Chiesa prova a fare da oltre 2.000 anni. Non si può che essere d’ac- cordo con il Presidente D’Orsi quando, in tema di servizio ai bisognosi, dice che: “Si po- trebbe fare di più”. D’altronde, come potremmo non ammet- tere che quello della Carità deve essere l’impegno princi- pale della Chiesa? Si può fare di più, è vero! Guai a ritenere di aver fatto abbastanza: la Chiesa (e per “Chiesa” si inten- de l’insieme dei cristiani) deve essere sempre attenta ai biso- gni degli altri, perché nell’altro deve riconoscere la presenza di Cristo (“avevo fame e mi avete dato da mangiare, sete e mi avete dato da bere, nudo e mi avete vestito…). Qualche perplessità, inve- ro, ci sorge quando leggiamo (e non è la prima volta che il Presidente, fa di queste affer- mazioni!): «…forse qualche fe- sta in meno e un aiuto in più a chi ne ha davvero bisogno non sarebbe male: migliorerebbe il bilancio degli enti locali e con- tribuirebbe anche a cambiare la cultura della gente». Che cosa intende dire? Che noi cristiani siamo un popo- lo di festaioli noncuranti dei bisogni della gente? Che per organizzare feste patronali o raduni diocesani si sacrificano gli interessi dei più poveri? No, perché, se così risultasse da un’attenta e scrupolosa analisi politica, sarebbe certamente il caso di abolire ogni festa: in nessun caso la Chiesa potreb- be andare contro la Carità! Dal nostro punto di vista, però, le cose sembrano diverse. Le processioni non sono “feste”, come le definisce il prof. D’Or- si: esse hanno una rilevanza liturgica, religiosa e pietistico- popolare, ma indubbiamente anche una valenza culturale e sociale. LdP continua a pag. 4 CASO PINAR Quattro nuovi presbiteri ORDINAZIONI PRESBITERALI Diocesi in festa Riportiamo un ampia sin- tesi dell’intervento che mons. Montenegro ha pronunciato la notte del Venerdì Santo in p.zza Municipio. «Stasera non parlo del Cro- cifisso e del suo dolore, ma voglio parlare a Lui, davanti a voi e anche a nome vostro», ha esordito l’arcivescovo, «Signo- re Gesù, tu hai detto: «Oggi sarai con me in paradiso» ( Lc 23,43). Mi piace pensare che tu rivolgi a noi queste pa- role per richiamarci a ridare ad Agrigento l’antica fama di “più bella città dei mortali” (Pindaro). Ci chiami a rendere Agrigento e le nostre città segno della Città Santa, della Nuova Gerusalemme (cfr. Ap 21, 1-27), non solo per le sue bellezze architettoniche, ma perchè agli afflitti viene reso il servizio della consolazione e quello della astersione delle lacrime, perchè i concittadini si offrono ami- cizia, perchè l’indifferenza è rifiutata da tutti… Non meravigliarti – ha continuato - se un giorno santo come questo, ora ti parlo di un’emergenza di questa città, effetto di mancate o errate scelte, ma anche frutto di calcoli che non sanno tenere conto del bene comune». E vari sono state le emergenze ricordate. Il centro sto- rico: «Tu sai come, su questo tema, qui si discute da molto tem- po, tutti dicono della necessità di una via di fuga, tutti affermano di aver ragione, ma intanto non succede niente. Tutto è fermo. continua a pag 6 “Questo è il giorno che ha fatto il Si- gnore, rallegriamoci ed esultiamo” . Con queste parole l’Arcivescovo di Agrigen- to, ha aperto l’omelia pronunciata in occasione della celebrazione eucaristica durante la quale sono stati ordinati pre- sbiteri, sabato 18 aprile, in Cattedrale, quattro giovani della nostra Diocesi. Francesco Burgio, di Agrigento, An- tonio Cipolla, di Favara, Saverio Pititteri, di Naro e Luca Restivo, di Castrofilippo, sono i quattro nuovi sacerdoti della Chie- sa agrigentina. Giovani con storie e per- corsi diversi, ma con un unico desiderio: servire il Signore nella sua Chiesa. Terminato il percorso di discernimento e di studio in Seminario, adesso potranno finalmente mettersi completamente al servizio del Vangelo. A loro l’Arcivescovo ha au- gurato di “sentirsi eternamente in viaggio” e di riu- scire a vedere in ogni persona che incontreranno un “desiderabile compagno di viag- gio” . “Andare in tutto il mondo – ha proseguito Mons. Montenegro - per annunciare il Vangelo significa impegnarsi affinché questo mondo assomigli sempre più al mondo iniziato nella notte di Pasqua. Sia la Parola il vostro cibo quotidiano: fatevi attraversare da essa perché vi trasformi. Coglietene l’eco sulle labbra dei piccoli, degli umili e dei poveri. Mettetevi accanto a chi è in cammino, soprattutto se sfiduciato. Parlate di Cristo, ma non solo: fate vedere Cristo! Siate servitori umili: potrete esserlo se vi mescolerete ai poveri e li sa- prete ascoltare, amandoli senza condizioni” . Parole forti e precise, queste con cui l’Arcive- scovo ha definito la sua idea di presbitero, uomo animato da una viva passione per il Signore e per i fratelli. Valerio Landri Martedì 21 Aprile, presso il Palazzo Arcivescovile di Agri- gento, Mons. Melchiorre Vutera, nominato Vicario Generale il Giovedì Santo, ha prestato giuramento alla presenza dell’Arcivescovo e dei diret- tori degli uffici di curia. Alla professione di fede ha fatto seguito il giuramento sui santi Vangeli e l’apposizione della firma da parte del nuovo Vi- cario, dell’Arcivescovo e del Cancelliere della Curia. Giuramento del nuovo Vicario Generale L ’odissea della nave mercantile Pinar si è conclusa, con il permesso, da parte del Governo italiano, di attraccare a Porto Empe- docle. Di fronte ai rischi per l’incolumità dei passeggeri ha prevalso la linea dell’accoglien- za. Una volta a terra i 140 immigrati sono stati trasferiti nel centro di accoglienza di Calta- nissetta. Continua invece, in sede Europea, il braccio di ferro tra Italia e Malta sulla compe- tenza dei soccorsi. La decisione di accogliere queste persone rende merito al nostro Gover- no, che ha mostrato senso di responsabilità, come auspicava in una nota anche il nostro Arcivescovo, e dinanzi alla querelle diplomati- ca apparentemente senza soluzione la cosa più importante è stata fatta. Ma il problema resta aperto e altri drammi come questo rischiano di ripresentarsi in futuro. La vicenda della Pi- nar ha fatto emergere la debolezza dell’Euro- pa. Il fenomeno migratorio nel Mediterraneo è un problema epocale che travalica i confini nazionali. Né Lampedusa, né l’Italia, né Malta da soli possono affrontarlo e di conseguenza dovrebbe intervenire l’Europa; quell’Europa che, come fa notare Paolucci in un articolo comparso su Avvenire (21/04/09), e intransi- gente nell’esigere il rispetto delle normative co- munitarie, fino a vigilare sulla curvatura delle banane e la lunghezza dei cetrioli – continua a dimostrarsi latitante su tematiche che metto- no alla prova le sue ambizioni di diventare una comunità di Stati e di popoli: come, nel caso, il governo concertato dell’immigrazione. «L’Eu- ropa deve battere un colpo, dimostrare che c’è, impegnarsi a trovare urgentemente strumenti normativi e operativi adeguati, stabilire regole condivise e vincolanti che evitino lo scarica- barile», come quello a cui abbiamo assistito in questi giorni. Carmelo Petrone foto Tornatore foto Buscaglia foto C.P. L’Europa batta un colpo INTERVENTO DEL VENEDÌ SANTO Mons. Montenegro: «Signore, ti parlo della mia Gente»

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L'Amico del Popolo, edizione del 26 aprile 2009

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Page 1: L'Amico del Popolo

N. 15 del 26 Aprile 2009Esce il Venerdì - Euro 1,00

Anno 54

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

7

Raduno delle confraternite

Via Duomo: la via

di fuga negata

2di L.d.P.

Servizio idrico: un anno dopo

43

Scuola: a che serve

studiare?

di Alberto Campoleoni di Franco Pullara di Enzo Minio

Vita ecclesialeProVinciaculturacitta’Caro Presidente

Con grande piacere leggia-mo le dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Provincia di Agrigento, Eugenio D’Orsi, a seguito del discorso pronun-ciato dall’Arcivescovo di Agri-gento, Francesco Montenegro, nel corso della Via Crucis del Venerdì Santo (cfr. giornale “La Sicilia” del 14 aprile u.s.).

Le dichiarazioni non posso-no dunque che fare piacere a quanti, agrigentini e cattolici, vorrebbero che gli scontri fra Don Camillo e Peppone fosse-ro solo sugli schermi televisivi.

Tutto, dunque, lascia spe-rare che in futuro, conciliati i valori civili con quelli religiosi, la politica tenga ben al centro della sua attività l’Uomo, così come la Chiesa prova a fare da oltre 2.000 anni.

Non si può che essere d’ac-cordo con il Presidente D’Orsi quando, in tema di servizio ai bisognosi, dice che: “Si po-trebbe fare di più”. D’altronde, come potremmo non ammet-tere che quello della Carità deve essere l’impegno princi-pale della Chiesa? Si può fare di più, è vero! Guai a ritenere di aver fatto abbastanza: la Chiesa (e per “Chiesa” si inten-de l’insieme dei cristiani) deve essere sempre attenta ai biso-gni degli altri, perché nell’altro deve riconoscere la presenza di Cristo (“avevo fame e mi avete dato da mangiare, sete e mi avete dato da bere, nudo e mi avete vestito…).

Qualche perplessità, inve-ro, ci sorge quando leggiamo (e non è la prima volta che il Presidente, fa di queste affer-mazioni!): «…forse qualche fe-sta in meno e un aiuto in più a chi ne ha davvero bisogno non sarebbe male: migliorerebbe il bilancio degli enti locali e con-tribuirebbe anche a cambiare la cultura della gente».

Che cosa intende dire? Che noi cristiani siamo un popo-lo di festaioli noncuranti dei bisogni della gente? Che per organizzare feste patronali o raduni diocesani si sacrificano gli interessi dei più poveri? No, perché, se così risultasse da un’attenta e scrupolosa analisi politica, sarebbe certamente il caso di abolire ogni festa: in nessun caso la Chiesa potreb-be andare contro la Carità!

Dal nostro punto di vista, però, le cose sembrano diverse. Le processioni non sono “feste”, come le definisce il prof. D’Or-si: esse hanno una rilevanza liturgica, religiosa e pietistico-popolare, ma indubbiamente anche una valenza culturale e sociale.

LdPcontinua a pag. 4

caso Pinar

Quattro nuovi presbiteriordinazioni Presbiterali Diocesi in festa

Riportiamo un ampia sin-tesi dell’intervento che mons. Montenegro ha pronunciato la notte del Venerdì Santo in p.zza Municipio.

«Stasera non parlo del Cro-cifisso e del suo dolore, ma voglio parlare a Lui, davanti a voi e anche a nome vostro», ha esordito l’arcivescovo, «Signo-re Gesù, tu hai detto: «Oggi sarai con me in paradiso» (Lc 23,43). Mi piace pensare che tu rivolgi a noi queste pa-role per richiamarci a ridare ad Agrigento l’antica fama di “più bella città dei mortali” (Pindaro). Ci chiami a rendere Agrigento e le nostre città segno della Città Santa, della Nuova Gerusalemme (cfr. Ap 21, 1-27), non solo per le sue bellezze architettoniche, ma perchè agli afflitti viene reso il servizio della consolazione e quello della astersione delle lacrime, perchè i concittadini si offrono ami-cizia, perchè l’indifferenza è rifiutata da tutti… Non meravigliarti – ha continuato - se un giorno santo come questo, ora ti parlo di un’emergenza di questa città, effetto di mancate o errate scelte, ma anche frutto di calcoli che non sanno tenere conto del bene comune». E vari sono state le emergenze ricordate. Il centro sto-rico: «Tu sai come, su questo tema, qui si discute da molto tem-po, tutti dicono della necessità di una via di fuga, tutti affermano di aver ragione, ma intanto non succede niente. Tutto è fermo.

continua a pag 6

“Questo è il giorno che ha fatto il Si-gnore, rallegriamoci ed esultiamo”. Con queste parole l’Arcivescovo di Agrigen-to, ha aperto l’omelia pronunciata in occasione della celebrazione eucaristica durante la quale sono stati ordinati pre-sbiteri, sabato 18 aprile, in Cattedrale, quattro giovani della nostra Diocesi.

Francesco Burgio, di Agrigento, An-tonio Cipolla, di Favara, Saverio Pititteri, di Naro e Luca Restivo, di Castrofilippo, sono i quattro nuovi sacerdoti della Chie-sa agrigentina. Giovani con storie e per-corsi diversi, ma con un unico desiderio: servire il Signore nella sua Chiesa. Terminato il percorso di discernimento e di studio in Seminario, adesso potranno finalmente mettersi completamente al servizio del Vangelo. A loro l’Arcivescovo ha au-gurato di “sentirsi eternamente in viaggio” e di riu-scire a vedere in ogni persona che incontreranno un “desiderabile compagno di viag-gio”. “Andare in tutto il mondo – ha proseguito Mons. Montenegro - per annunciare il Vangelo significa impegnarsi affinché questo mondo assomigli sempre più al mondo iniziato nella notte di Pasqua. Sia la Parola il vostro cibo quotidiano: fatevi attraversare da essa perché vi trasformi. Coglietene l’eco sulle labbra dei piccoli, degli umili e dei poveri. Mettetevi accanto a chi è in cammino, soprattutto se sfiduciato. Parlate di Cristo, ma non solo: fate vedere Cristo! Siate servitori umili:

potrete esserlo se vi mescolerete ai poveri e li sa-prete ascoltare, amandoli senza condizioni”.

Parole forti e precise, queste con cui l’Arcive-scovo ha definito la sua idea di presbitero, uomo animato da una viva passione per il Signore e per i fratelli.

Valerio Landri

Martedì 21 Aprile, presso il Palazzo Arcivescovile di Agri-gento, Mons. Melchiorre Vutera, nominato Vicario Generale

il Giovedì Santo, ha prestato giuramento alla presenza dell’Arcivescovo e dei diret-tori degli uffici di curia. Alla professione di fede ha fatto seguito il giuramento sui santi Vangeli e l’apposizione della firma da parte del nuovo Vi-cario, dell’Arcivescovo e del Cancelliere della Curia.

Giuramento del nuovo Vicario Generale

L’odissea della nave mercantile Pinar si è conclusa, con il permesso, da parte del

Governo italiano, di attraccare a Porto Empe-docle. Di fronte ai rischi per l’incolumità dei passeggeri ha prevalso la linea dell’accoglien-za. Una volta a terra i 140 immigrati sono stati trasferiti nel centro di accoglienza di Calta-nissetta. Continua invece, in sede Europea, il braccio di ferro tra Italia e Malta sulla compe-tenza dei soccorsi. La decisione di accogliere queste persone rende merito al nostro Gover-no, che ha mostrato senso di responsabilità, come auspicava in una nota anche il nostro Arcivescovo, e dinanzi alla querelle diplomati-ca apparentemente senza soluzione la cosa più importante è stata fatta. Ma il problema resta aperto e altri drammi come questo rischiano di ripresentarsi in futuro. La vicenda della Pi-nar ha fatto emergere la debolezza dell’Euro-pa. Il fenomeno migratorio nel Mediterraneo

è un problema epocale che travalica i confini nazionali. Né Lampedusa, né l’Italia, né Malta da soli possono affrontarlo e di conseguenza dovrebbe intervenire l’Europa; quell’Europa che, come fa notare Paolucci in un articolo comparso su Avvenire (21/04/09), e intransi-gente nell’esigere il rispetto delle normative co-munitarie, fino a vigilare sulla curvatura delle banane e la lunghezza dei cetrioli – continua a dimostrarsi latitante su tematiche che metto-no alla prova le sue ambizioni di diventare una comunità di Stati e di popoli: come, nel caso, il governo concertato dell’immigrazione. «L’Eu-ropa deve battere un colpo, dimostrare che c’è, impegnarsi a trovare urgentemente strumenti normativi e operativi adeguati, stabilire regole condivise e vincolanti che evitino lo scarica-barile», come quello a cui abbiamo assistito in questi giorni.

Carmelo Petrone foto Tornatore

foto Buscaglia

foto C.P.

l’europa batta un colpo

interVento del Venedì santo

Mons. Montenegro:«signore, ti parlo della mia Gente»

Page 2: L'Amico del Popolo

� L’Amico del Popolo26 Aprile 2009Città

In Breve

Centro storiCo

La via di fuga negataÉ stato presentato

dal presidente della Provincia, Eugenio D’Orsi, e da Vittorio Messina, presiden-te della Camera di Commercio, uno dei membri del nuo-vo consiglio di am-ministrazione del Consorzio Universi-tario, il prof. Joseph Mifsud, responsabi-le dell’Emuni (Eu-romediterranean University). Molto soddisfatto di essere riuscito a portare ad Agrigento una figura come quella di Mifsud, il presidente della Provincia, che ha ringra-ziato il presidente della regione, Lombardo e l’assessore regionale Di Mauro per il prezioso aiuto ed «insieme ai quali – ha dichiarato D’Orsi – siamo riusciti ad intercet-tare la migliore figura che il mondo universitario poteva dare; con il prof. Mifsud non coniughiamo soltanto cul-tura, capacità, possibilità ma anche managerialità, qui – ha continuato il presidente – abbiamo una persona in grado di far pervenire quelle somme, necessarie che la Comunità Europea mette a disposizione delle nostre strutture che potranno essere utilizzate per migliorare il servizio della nostra università».

Il presidente D’Orsi ha an-che tenuto a specificare, per giustificare la mancanza dei rappresentanti del comune alla presentazione di Mifsud, che il professore maltese è uno dei tre membri in seno al consiglio di amministrazione del Cupa de-signati dalla provincia regionale e non il presidente. Concorde con quanto detto dal presidente D’Orsi, Vittorio Messina: «cer-tamente questo incarico non è quello a cui ambiva il prof. Mi-fsud, è una scommessa che ab-biamo fatto anche con lui».

Una visione internazionale quella che il cattedratico maltese sogna per il Consorzio agrigen-tino, un’università alla stregua del polo perugino, aperta agli stranieri, con corsi di laurea di nicchia nei quale potersi spe-cializzare in nuovi campi: beni culturali, mare, nuove energie, turismo, tralasciando quelli pre-senti in po’ tutti gli atenei. «I no-stri corsi – ha sottolineato Mif-sud – devono essere focalizzati a far sì che al termine del corso di studi il laureato trovi lavoro nella propria specialità».

L’augurio che abbiamo porto al prof. Mifsud, al termine della conferenza stampa, è stato quel-lo che riesca a realizzare quanto da lui ideato e che, soprattutto, la politica gli permetta di poter sce-gliere liberamente i collaboratori che lo affiancheranno nella rea-lizzazione di questo suo proget-to, che finalmente si selezioni chi merita per il curriculum vitae e non per il curriculum familiaris.

Marilisa Della Monica

palazzo di cittÁ il sindaco richiede il finanziamento

Il sindaco, Zambuto, ha inviato un telegram-ma per chiedere un in-contro al presidente della Regione, al presidente dell’Assemblea regionale ed agli assessori agrigenti-ni per definire le iniziative legislative volte al rifinan-ziamento degli interventi previsti nel piano partico-lareggiato del centro sto-rico della città dei templi. Già il mese scorso, Zambuto aveva scritto agli stessi esponenti politici perché inserissero nel-la nuova legge finanziaria regionale le somme necessarie ad operare gli interventi relativi alla previsione della legge che già nel 1976, poi rifi-nanziata nel 1985 per 25milioni di lire, si era oc-cupata del centro storico e che non aveva avuto attuazione a causa della mancanza di operativi-tà del relativo piano particolareggiato.

Hospice - clinica del dolore l’arcivescovo in visita

L’Unione Operativa Hospice - Clinica del dolore ha ricevuto nei giorni scorsi la visita di S. E. mons. Francesco Montene-gro. La struttura at-tiva dall’ottobre 2003 in seno all’A.O. San

Giovanni di Dio di Agrigento, seguendo quelle che sono le direttive del programma regionale riguarda pazienti che necessitano di assistenza altamente specialistica garantita da unità ope-rative di cure palliative.

assessorato politicHe istruzione scadenza termine borse di studio

L’Amministrazione comunale, tramite l’asses-sorato alle politiche dell’istruzione, informa che scade il prossimo 29 aprile la presenta-zione delle domande per l’assegnazione del-le borse di studio agli studenti residenti ad Agrigento ed iscritti alle scuole primarie e secondarie di primo grado del-la città. Tali borse di studio sono riferite all’anno scolastico 2008/2009. Per accedere al beneficio i genitori o gli altri soggetti che rappresentano il minore non devono avere un reddito, riferito al-l’anno 2007, superiore ad euro 10.632,94. Il mo-dello dell’istanza può essere ritirato direttamente nelle scuole di appartenenza oltre che presso il servizio comunale della Pubblica istruzione sito in via Atenea 250, nei locali dell’ex Tribunale, al secondo piano. Per informazioni si può telefona-re ai numeri 0922-590448/9 e 0922-590570.

PoLo universitario

rinnovamento internazionaleLe pesanti conseguenze del

terremoto d’Abruzzo mi sug-geriscono e stimolano a riflettere sulle condizioni del nostro centro storico, molto simile a quello del-l’Aquila per essere inerpicato su un colle e tanto diverso per stato di abbandono, viuzze d’entrata strette e tortuose e per l’assenza di adeguate uscite. Pensiamo alla via Duomo, bellissima e importante arteria viaria coronata da edifici storici, che diviene con allarman-te frequenza teatro di ingorghi di automobili, dirette verso la piaz-za “Bibbirria” o viceversa verso quella dedicata a “Don Minzoni” (vedi foto). E dietro, anzi, dentro ad ogni automobile c’è una perso-na o una famiglia, ciascuna con il proprio legittimo programma di vita, ordinario o particolare, ed il desiderio di non perder tempo in difficili manovre di compromessi urbani (retromarcia, invasione di marciapiede...).

Tutti gli agrigentini, e non sol-tanto loro, sanno con inquietante consapevolezza quanto sia ina-deguata e, contemporaneamente, essenziale la via Duomo. Eppure, la via d’uscita dalla piazza don

Minzoni verso valle è stata stu-diata e progettata. Nei mesi scorsi c’è stata una conferenza di servizi tra gli enti preposti, uno dei quali ha inesorabilmente scritto le le-gittimate e ragionate motivazioni del diniego. Può darsi che il pro-getto meritasse veramente di non vedere la realizzazione. Però la via d’uscita è assolutamente ne-cessaria. Se – e Dio ce ne scampi – dovesse accadere una necessità, in conseguenza della quale quan-ti sono nella parte alta del centro storico debbano urgentemente raggiungere un luogo più sicuro, è chiarissimo che la via Duomo non è idonea, né sufficiente. Sarebbe onesto cominciare a pensare qua-le valore abbia la libertà dell’uomo di saper porre, con tutte le dovu-te giustificazioni legali e culturali, una priorità estetica rispetto a quella funzionale, o paesaggistica sulla gestione dell’emergenza e della sicurezza della vita umana.

È certamente chiaro che coniu-gando con dignitosa eguaglianza le due priorità, si ottiene un siste-ma che garantisca una giusta via d’uscita rispettando l’orografia di un colle.

E se guardassimo agli altri siti di Sicilia? Mi sovviene Taormina con il suo nuovo parcheggio plu-ripiano e la sua nuova via d’acces-so (che può ovviamente essere pensata di fuga) in vicinanza del teatro greco, diretta al centro sto-rico. È stato forse modificato il territorio rispetto all’epoca antica, ma è stato garantito un servizio a cittadini e turisti, e realizzata una via d’uscita più agevole degli sto-rici tornanti. Sono state coniugate con successo le due esigenze!

Nella nostra città la via d’uscita dalla piazza don Minzoni potreb-be essere agevolmente realizzata lungo il costone nord a fianco del Seminario, fino all’area delle Sale-siane e giù, attraverso una piccola stradina esistente, in via Santo Stefano. L’area del Gioeni sarebbe un ampio sfogo e parcheggio per turisti e autobus. Si applichereb-be la percorrenza a senso unico a vantaggio della fluidità del traffico e della vivibilità in via Duomo.

Per quanto tempo ancora agli abitanti del centro storico deve essere negata una via di fuga? A chi spetta prendere l’iniziativa per trovare una adeguata soluzione ad

una vicenda di cui si parla da anni, si avverte l’urgenza, ma non si de-cide mai?

Gli enti preposti ritornino a discutere e a confrontarsi serena-mente sulla vicenda, per assicura-re condizioni minime di viabilità ma soprattutto di sicurezza ad una zona della nostra città per trop-po, tanto tempo, dimenticata con chiara responsabilità di chi, pre-posto a garantire servizi minimi, non trova soluzioni condivise per il bene e la sicurezza di molti..

LdP

ConsuLtazione PoPoLare

Democrazia partecipataMagari qualcuno pensa che non

sia servita a niente la consultazio-ne popolare indetta dal comune di Agrigento sulla costruzione di un rigassificatore a Porto Empedocle.

Che la scarsa partecipazione al voto ridimensiona il malcontento popolare del quale le diverse inizia-tive assunte da associazioni di citta-dini sono state considerate un’anti-cipazione.

O, peggio ancora che, alla fine, era facile immaginare che tutto si riducesse a questioni di egoismi, di convenienze, di interessi o di contri-buti, qualche posticino per amici più o meno intimi.

Queste motivazioni non basta-no, da sole, a spiegare la modesta affluenza registrata, né tanto meno il numero di prevedibili “no” che uscirebbero dalle urne.

A prescindere dal merito della consultazione, l’occasione si deve considerare storica per il comune di Agrigento perché, in applicazione di una norma dello Statuto comu-nale, si è sperimentato, per la prima volta, questo importante strumento di democrazia partecipativa su una questione di rilevante importanza per il futuro del territorio.

Un’occasione che, comunque, va vista come il tentativo di avviare un percorso che punti al coinvolgi-mento della comunità, un percorso che guarda alla valorizzazione del patrimonio sociale, un percorso che è traguardato a testare la maturità di una popolazione che non riesce a superare la pericolosa sindrome dello spettatore. Ecco, allora, che il tema della democrazia partecipati-va diventa fondamentale se si vuole affrontare la questione più generale delle opportunità, dei diritti di cit-tadinanza, della solidarietà e delle responsabilità; al fine di affermare un’idea della politica che sappia rispondere alle reali necessità dei cittadini; per confermare il valore del decentramento istituzionale e amministrativo che, garantendo la diffusione dei poteri sul territorio, fa in modo che i cittadini assumano reali poteri di controllo, progetta-zione e proposta.

In questo contesto la democrazia partecipativa esprime la sua capaci-tà di ravvicinare la vita delle istitu-zioni alle esigenze dei cittadini, ma

anche di migliorare la capacità di percezione e risposta della pubblica amministrazione: così intesa, diventa una risorsa per lo sviluppo locale e per la coe-sione sociale, una risorsa per la vita e l’identità delle comunità.

Questa prassi consente per altro di recuperare il principio della responsabilità e di definire il concetto di cittadinanza che va oggi precisato e arricchito di nuovi significati, facendo emer-gere principalmente il richia-mo ai doveri di ciascuno. Per quanto riguarda gli esiti della con-sultazione popolare di Agrigento, è probabile che la timida risposta della gente, rispetto all’opportuni-tà che gli è stata offerta, dipende dalla convinzione che le decisioni più importanti passano sulla testa non solo dei cittadini ma anche di chi li governa, a livello locale. Oggi, infatti, la separazione del potere dalla politica, il sottrarsi del primo al primato della seconda, è la causa principale e più generale della crisi complessiva che colpisce la sfera del sistema democratico. Tra i due termini del confronto si va deter-minando una sproporzione sempre più evidente: mentre il potere, infat-ti, assiste ad una progressiva mol-tiplicazione e diversificazione dei propri ambiti, viceversa, l’influen-

za e l’incisività della politica, il nu-mero e l’importanza delle cose che essa può effettivamente decidere, mostra un calo vistoso.

Il senso di dare vita ad una con-sultazione popolare deve dunque essere quello di sottolineare che la democrazia partecipativa vive se c’è un tessuto democratico civile capa-ce di esprimere un libero associa-zionismo protagonista del dialogo e del conflitto con il livello istituzio-nale, che viene così democratica-mente innovato da questa spinta.

In sostanza, una sensibilità po-litica, culturale e istituzionale che faccia i conti a viso aperto con il cambiamento, ma abbia anche l’ambizione di orientarlo a partire dalle esigenze della gente.

Salvatore Pezzino

la settimana di Eugenio Cairone

A DANIELE MAGROTu caro Daniele, devi considerarti fortunato

perché hai avuto il tempo necessario per farti co-noscere ed apprezzare, prima ancora che Simo-na Ventura, dimostrasse a tutta Italia di essere tra “Quelli che…sanno deludere”. Purtroppo, quel che si temeva, che lei potesse preferire il ragazzo di Bre-scia piuttosto che te, osannato talento di Agrigento, si è verificato. Ma i complimenti sono per te, caro Daniele. Li ha ricevuti proprio da tutti, anche da Mogol che di canzoni e di musica sicuramente se ne intende. Tu da questa prova esci a testa alta ed emozionato, come d’altronde emozionati lo siamo stati tutti quelli che ti abbiamo seguito finendo per godere e trepidare con te. Anche le tue lacrime, versate dietro le quinte, hanno parlato bene di te.

Sono state la prova di quello che sei realmente

nella vita, cioè un ragazzo come tanti della tua età, con pregi e difetti, che sa commuoversi e com-muovere. In quanto ai giudizi espressi su di te, tutte le settimane è stata la stessa musica (tanto per re-stare in argomento). Ma chi ti conosce sa di che pa-sta sei fatto veramente e lo hanno capito benissimo anche gli addetti ai lavori. Quelli del “Processo”, ad esempio, di esaltare la tua bravura non hanno po-tuto farne a meno e hanno tentato di aggrapparsi solo a qualche stupidaggine. Sappi, caro Daniele, che di te Agrigento è orgogliosa e ti ringrazia.

P.s. Dopo avere assistito alla finale di X Factor e al piazzamento del tuo rivale di squadra Jury, mi sono domandato se ci può essere differenza tra un quarto posto e un terzo conquistato tra le critiche. Lascio a te la risposta.

foto Tornatore

foto Tornatore

Page 3: L'Amico del Popolo

Cultura �L’Amico del Popolo26 Aprile 2009

La Sezione di Agrigen-to in collaborazione con la Presidenza Nazionale UNUCI, con il Patroci-nio del Comune di Agri-gento e la collaborazione dell’Aeronautica militare, dell’Arma dei Carabinieri, dell’Esercito, della Guar-dia di Finanza, della Ma-rina Militare, della Polizia di Stato della Polizia Mu-nicipale, della Polizia Pe-nitenziaria e dei Vigili del Fuoco, ha organizzato, dal 18 al 26 aprile presso il Palazzo dei Congressi di Agrigento, la seconda edizione dell’iniziativa “Il Fascino della Divisa”.

La manifestazione divenuta ormai un vero e proprio evento, mira a valorizzare il concetto di Patria fra le generazioni più giovani per far meglio conoscere ed apprezzare il ruolo fondamentale

delle Forze Armate, dei Corpi dello Stato e di tutti gli organismi che indossano una divisa. Nel contesto dell’even-to, sono state realizzate alcune iniziative col-laterali: Lettere dalla prigionia restituzione, agli interessati o agli eredi, di lettere scritte da militari italiani pri-gionieri di guerra e mai pervenute alle famiglie; Il Mil expo ‘09 rivolto

agli appassionati allo studio della storia militare italiana, un punto di incontro tra collezionisti di oggettistica ed antiquariato militare, modellismo militare, armi da collezione, editoria storica ed uniformologia. Le Poste Italiane il giorno del-l’inaugurazione hanno predisposto un annullo speciale realizzato dal socio prof. Pavone.

Il Corriere della Sera mer-coledì 8 aprile pubblica-

va un commento di Roger Abravanel sull’emergenza educativa della scuola italia-na che è “sotto gli occhi di tutti”.

L’autore propone di utilizzare “quattro leve” per migliorare il livello della qualità dell’insegna-mento. E guarda all’estero per confermare la propria ricetta.

La prima leva da muovere sarebbe quella della valutazione standard, nazionale, per evitare disparità; la seconda la forma-zione didattica dei docenti, con l’accompagnamento dei miglio-ri; la terza l’azione di ispettori efficaci, per il controllo della qualità; la quarta, infine, la sele-zione dei docenti, da rifondare, scegliendo l’eccellenza.

Niente da dire: buona parte dei suggerimenti sono certa-

mente condivisibili. Resta però un problema di fondo che af-fiora dallo scritto di Abravanel e che dovrebbe far riflettere prima di ogni altra cosa. Ri-guarda la percezione che gli italiani hanno della scuola ed i “sogni” che l’accompagnano. Non basta, infatti, costruire una macchina che funziona bene - e in questa direzione vanno i sug-gerimenti dell’autore - se non vi corrisponde un importante investimento anche “emotivo” di chi sulla macchina deve sali-re. Fuor di metafora: è possibile migliorare la “macchina” della scuola, con regole e accorgi-menti che permettano di farla funzionare meglio. Ma la vera emergenza educativa sta nelle aspettative che si riversano nella scuola e che sono veicolate dalla

società italiana nel suo comples-so. Abravanel dice che in Eu-ropa la sensibilità sulla qualità della scuola sta crescendo e che invece in Italia latita, annota che “la maggioranza degli italiani, quelli delle fasce sociali meno privilegiate” perde l’opportunità “che la scuola offre ai loro figli di avere un futuro migliore del loro e la mettono all’ultimo po-sto tra le priorità”.

Questo è il punto nevralgico: nella nostra società, che tra-smette quotid ianamente “valo-ri” legati al successo economico, all’apparenza, al potere quando non direttamente all’opportuni-smo, alla “furbizia”, che posto c’è per il merito, la fatica silenziosa dello studio legata alla costru-zione paziente e determinata del futuro migliore per sé e per

gli altri? In fondo a cosa serve la scuola, il titolo di studio, la pre-parazione se basta un’apparizio-ne in televisione per diventare importanti e guadagnare tanto? Se il potere è spesso legato a comportamenti al limite della legalità? Se vince il più furbo o il più forte?

Qui è l’emergenza educativa della nostra Italia. Facciamo funzionare bene la scuola, cer-tamente. Ma creiamo anche il contesto per rendere i suoi sforzi utili e apprezzati. E non ci sono scorciatoie: oggi occorre un ripensamento complessi-vo della nostra società che sia attento al futuro, all’uomo di domani. In fondo è questo che conta, anche nella scuola di oggi.

Alberto Campoleoni

circolo didattico verga��in�visita�a�Palazzo�Vescovile�

Percorrendo la via duomo

appunti Saranno presentati

martedì 28 aprile presso la Biblioteca Lucchesiana alle ore 17.00 le opere Roman-zo toscano e L’ombra del padre di Vincenzo Arnone

Venerdì 24 aprile alle ore 18.00 sarà inaugurata presso i locali della Biblio-teca-Museo Pirandello di Agrigento la mostra col-lettiva “Le vie dell’acqua”, iniziativa promossa e cu-rata dalla stessa biblioteca in collaborazione con la galleria e biblioteca d’arte Studio 71 di Palermo.

Il museo della grafica di Naro, all’interno del Palaz-zo malfitano, ospiterà fino al 30 aprile la personale del fotografo Massimo Ma-caluso “Naro tra sguardi, risonanze e suggestioni”.

Si terrà lunedì 27 apri-le alle ore 18.00 presso il Palazzo Stella di Canicattì “Un pomeriggio in com-pagnia di mons. Vincenzo Restivo - Testimone dello sviluppo socioculturale di Canicattì.

angelo Ficarra,l’uomo e il pastore

canicattì���50°�anniversario�della�mortescuola��L’urgenza�di�un�diverso�contesto�sociale�e�culturale

a che serve studiare?Lunedì 20 aprile si è svolto a Canicattì un convegno sulla perso-

nalità del Vescovo Angelo Ficarra, di cui la comunità ecclesiale e ci-vile ricorda il 50° anniversario della morte (1 giugno 1959): tappa di una serie di iniziative che intendono declinare la sfaccettata opera di uomo e di pastore, proponendone l’esempio alla Chiesa ed alla città.

Il convegno dal titolo “An-gelo Ficarra e san Girolamo: tra sapere e virtù” è stato pro-mosso dall’Azione Cattolica Cittadina che tanto deve a Mons. Ficarra, perché ne ha favorito la diffusione e traccia-to il ruolo nella Chiesa e nella società con la direzione spiri-tuale, il cui carattere era rivol-to ad esaltare e garantire una laicità formata e matura.

Relatori del convegno sono stati il prof. Vincenzo Lombino, docente presso la Facoltà Teologica della Sici-lia di Palermo, che ha tratteggiato la figura di San Girolamo, di cui Mons. Ficarra era profondo conoscitore, avendone curato la voce per l’enciclopedia Treccani su commissione del ministro Genti-le (1928), sottolineando l’influenza di questo Padre e Dottore della Chiesa nella formazione culturale del presule canicattinese. La prof.ssa Gabriella Portalone, docente presso l’Università di Palermo, ha delineato il contesto socio-pastorale di mons. Ficarra a Canicattì e la promozione dell’Azione Cattolica, facendo emergere le effettive qualità ed i principi ispiratori dell’azione pastorale di mons. Ficarra, uomo colto, austero e schivo. La carriera ecclesiale di Angelo Ficar-ra dimostra le innate capacità umane, le spiccate doti intellettuali e l’attitudine pastorale esercitate da parroco, da massimo responsabile della Curia agrigentina e con la paternità episcopale: ordinato sacer-dote il 12 luglio 1908, viceparroco a Ribera, arciprete di Canicattì dal 1919, professore al Liceo classico, Vicario Generale di Giovanni Battista Peruzzo, consacrato Vescovo nella Cattedrale di Girgenti il 22 novembre 1936. Fino al 1957 è Pastore dell’antica diocesi di Patti sulla scia di un legame antico intercorso tra Patti e Girgenti, notato da Mons. De Gregorio e confermato nei nostri giorni da mons. Car-melo Ferraro.

A Canicattì fu molto attivo. Favorì la costruzione della chiesa del Redentore in un nuovo quartiere di operai. Promosse un circolo d’Azione Cattolica, fondò l’Istituto delle Orsoline e promosse l’opera delle Dame di San Vincenzo. Queste iniziative, in particolare, sono il segno della sua attenzione pastorale basata sulla catechesi ed, in ge-nerale, sulla formazione completa della persona, perseguendo così un programma di rinascita sociale e spirituale.

L’Azione Cattolica ne coglie il profondo genio di pastore illumina-to ed incarnato. Con gli strumenti propri della Chiesa si spese per la promozione sociale e culturale della Città. Non sbordò mai dal pro-prio ruolo di prete, la cui formazione era di stampo “leonino”. Mons. Ficarra ha attraversato parte del Novecento, il secolo inaugurato dal pontificato di Leone XIII, le cui caratteristiche salienti erano il rico-noscimento della crisi del modello ecclesiale, le profonde trasforma-zioni in tutti i campi, il senso interlocutorio con la società culminato con la Rerum Novarum. In un tempo di “cose nuove”, gli argomenti, la lettura storica, gli atteggiamenti e le scelte controcorrente di An-gelo Ficarra emergono tutti con tratti ancora oggi molto attuali e moderni. Il suo esempio viene ad essere di sprone al cittadino ed al cristiano sugli “argomenti nuovi” che questo tempo ci impone. Per questo - oltre al ricordo - si propone la sintesi storica della persona-lità di Ficarra, per l’esempio di stile e di elaborazione del messaggio evangelico. Sembra esserci un parallelo tra la sorte di mons. Ficarra e san Girolamo (nell’iconografia è spesso rappresentato come un vecchio dalla barba bianca intento a scrivere): monaco, studio, colto, uomo delle istituzioni, finito eremita a Betlemme. A chi un giorno maliziosamente gli disse come mai avesse scelto Canicattì per riti-rarsi, mons. Ficarra rispose: “anche da Canicattì si va in Paradiso”, una boutade che dimostra l’autenticità, il senso del distacco e della fede di mons. Ficarra, sepolto nella Chiesa Madre di Canicattì.

Massimo Muratore

Il 29 e 30 aprile si terrà presso la chiesa Madonna del Carmelo di Canicattì il IV convegno naziona-

le di letteratura e teologia su San Paolo. Il pro-gramma prevede i seguenti interventi: prof. don Baldo Reina “Cristo Crocifisso in san Paolo”; prof. Salvino Leone “L’etica coniugale

in san Paolo”; prof. don Carmelo Carvello “La liturgia in san Paolo”; prof.ssa A. Montalbano “I

carismi nella teologia di san Paolo”; prof. N. Agnello “San Paolo cittadino romano”; prof. F. Tosto, prof. T. Romano, prof. don V. Arnone “San Paolo nella let-

teratura”; prof. N. Madonia, dott.ssa U. Koengsmann “San Paolo e la dottrina della giustificazione”; prof.

don G. Calambrogio “Le correnti filosofiche nelle let-tere di san Paolo”.

A conclusione del convegno alle ore 18:00 avrà luogo la solenne concelebrazione eucaristica presieduta da S.E. mons. F. Montenegro.

“Francesco, Francesco”. Con questo coro spontaneo lo scor-so 19 marzo, festa di San Giu-seppe, in Via Atenea gli alunni delle classi IV del Circolo didat-tico “Verga” di Fontanelle han-no “chiamato” l’Arcivescovo di Agrigento. E subito don Fran-co, come ama farsi chiamare, è andato a braccia aperte verso i ragazzi. Gli alunni-redattori del

Verga non si sono fatti “scap-pare” l’occasione: consegna del proprio giornalino e richiesta di un incontro-intervista con il Ve-scovo. Ed il 2 aprile don Franco li ha accolti al Palazzo Vescovi-le facendo visitare loro stanze (anche quella che ha ospitato il Papa durante la visita nella no-stra Diocesi) saloni e chiacchie-rato seduto sul pavimento, tra

loro. Ha parlato dell’importan-za dei bambini per la crescita del mondoed ha risposto ad alcune doman-de. «É stata un’esperienza da ricordare - affer-ma il dirigente scolastico - per i ragazzi e per tutti noi. Ab-biamo visitato la stanza dove, nella sera dell’8 maggio 1993, ha dormito il Papa Giovanni Paolo

II in occasione della storica vi-sita ad Agrigento. Un’emozione particolare se pensiamo che la visita l’abbiamo effettuata pro-prio il giorno del quarto anni-versario della scomparsa del grande Papa».

Ma l’avere accettato l’invito dell’arcivescovo è stata anche l’occasione per i ragazzi del Verga di visitare la sede dello storico settimanale della Chiesa Agrigentina, ogni settimana in edicola da oltre 50 anni. Il di-rettore de L’Amico del Popolo ci ha presentato il nuovo numero, fresco di stampa e pronto per la spedizione agli abbonati. Du-rante questi anni, il settimanale, ha modificato la propria orga-nizzazione redazionale grazie alle nuove tecnologie. «Oggi il giornale viene impaginato in redazione e non più in tipo-grafia- afferma il direttore don Carmelo Petrone - ad essa viene inviato via email per la stampa». Ma la “chicca” più bella è stata la presentazione della prima pagi-na de L’Amico del Popolo, data-ta 8 dicembre 1955.

Palazzo dei congressi��Sezione�UNUCI�di�Agrigento�

il fascino della divisa

Foto Tornatore

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� L’Amico del Popolo26 Aprile 2009Provincia

L’insindacabile giudizio del ru-binetto condanna il servizio

idrico.Si resta ancorati alle promes-

se ed ad un anno dalla consegna delle reti idriche a Girgenti acque, non si avvertono segnali di mi-glioramento. Miglioramenti che non potranno verificarsi a breve scadenza, ma veniamo ai fatti.

Girgenti acque, azienda aggiu-dicataria della gestione del servi-zio, avrebbe dovuto, fin dal primo giorno della consegna dei lavori, iniziare gli investimenti econo-mici con i propri soldi ed iniziarli in modo aggressivo a fronte del-le emergenze, invece “galleggia” in attesa dell’incasso dei canoni idrici. A farle da inconsapevole appoggio, sono, per ironia della sorte, gli stessi sindaci contrari alla gestione privata dell’acqua che si sono rifiutati di consegnare le reti idriche ricorrendo al Tribu-

nale amministrativo per l’annul-lamento del contratto stipulato nel novembre del 2007.

Il prossimo 5 giugno si cono-scerà il giudizio del CGA e, fino a questa data, non sono prevedibili grandi investimenti, poi si vedrà.

Non fa il suo mestiere l’Ato idri-co che ha il compito di controlla-re e di imporre gli investimenti economici. Del resto, l’azienda privata nulla rischierebbe. Se il CGA, entrando nel giudizio di merito, darà ragione ai sinda-ci contrari alla privatizzazione, Girgenti acque dovrà rinunciare all’appalto, ma non al pagamento dei lavori effettuati fino alla data della sentenza, nel caso di giudi-zio favorevole il problema non si pone. Invece, si sta verificando una situazione paradossale che vede perdente la stragrande mag-gioranza della popolazione della Provincia, con i due contendenti

che strumentalizzano a loro favore la disputa. I sindaci dissidenti sono, in gran parte, dei Comu-ni ricchi di risorse idri-che e con le popolazioni che disconoscono il dis-servizio. Girgenti acque nell’incertezza del futuro rallenta, dicevamo, le attività. Nel frattempo arrivano le bollette che devono essere pagate, nonostante tutto. La ri-scossione delle cartelle di pagamento evita alla società appaltatrice di utilizzare propri capita-li, che è un bel vantag-gio. Dopo il 5 di giugno cambierà la situazione? Non è detto. Ed è possibile che la sconfinata fantasia dei nostri rappresentanti politici inventi qualche altro stratagemma per

prolungare il “tirare a campare”, con la complicità dell’assemblea dell’Ato idrico.

Franco Pullara

Brevi provincia

In attesa del miracolo?servIzIo IdrIco Il bilancio dopo un anno

licata tre tratti di costa non balneabili

A seguito di quanto stabilito dall’Assessorato re-gionale alla Sanità con decreto del 17 marzo 2009, il sindaco Graci, su proposta del Dipartimento urbanistica, con propria ordinanza, ha emesso il divieto di balneazione e pesca in tre tratti della co-sta licatese a causa dell’inquinamento dell’acqua. Si tratta di tratti di costa già interdetti negli anni precedenti per il medesimo motivo. Saranno inte-ressati il porto di Licata, per un tratto lungo oltre 1 km, la foce del fiume Salso, per un tratto lungo 500 metri (200 metri a destra e 300 a sinistra della foce) e Giummarella sud, dove i lavori per il co-struendo Porto turistico hanno comunque elimi-nato la spiaggia preesistente. Sarà adesso compi-to del comando di Polizia municipale di apporre, nelle zone sopra indicate, i segnali di divieto di balneazione, pesca e utilizzo delle acque di mare a qualsiasi scopo per motivi igienico sanitari.

canicatti’ Bonus socio sanitario

É stato presentato presso i locali del municipio il nuovo bando sulla concessione del Bonus-Socio Sanitario. Il contributo è rivolto a 50 beneficia-ri appartenenti alle categorie disagiate e protette (tra cui gli anziani oltre i 75 anni e gli invalidi). Le domande presentate finora sono 38, e per que-sto motivo l’assessore al ramo, Daniela Marchese Ragona, ha invitato altri 12 potenziali beneficiari a presentare al più presto la relativa richiesta. Gli interessati possono ottenere maggiori informazio-ni presso gli uffici dell’assessorato ai Servizi Sociali di Via Cesare Battisti

favara censimento immobili centro storico

Il sindaco, Mimmo Russello, ha chiesto all’Uffi-cio tecnico di effettuare un censimento di tutti gli immobili del centro storico, molti dei quali sono da anni abbandonati . A tale scopo si è tenuta una conferenza di servizi alla quale hanno partecipato numerosi funzionari comunali e amministrato-ri comunali. Dopo il tragico sisma che ha colpito l’Abruzzo, molti abitanti del centro storico sono preoccupati a causa della presenza d’immobili pe-ricolanti.

sciacca stabiliti gli interventi per la via amendola

Si è tenuta nei giorni scorsi una conferenza dei servizi tra rappresentanti dell’amministrazione saccense, i funzionari dell’ Istituto autonomo case popolari di Agrigento ed personale del Genio ci-vile, per eliminare lo stato di pericolo della via Amendola, franata lo scorso 8 aprile. Si è stabili-to che sulla preziosa arteria stradale si interverrà in due tempi. A giorni, infatti, partirà un servi-zio tampone a spese del comune. In un secondo tempo, invece, si provvederà con un intervento di somma urgenza, circa 200 mila euro. Per quest’ul-timo, però, si attendono finanziamenti regionali.

Figura eroica del nostro temporIbera� Ricordato Salvo D’Acquisto

Rubrica a cura dell’Avv. Adele Falcetta

L’ANGOLO DEL CONSUMATORE

Desidero sapere se per accedere al mio garage, che si trova al livello del piano stradale senza alcun mar-ciapiede, devo pagare una tassa. (I.G., Sciacca)

Sui passi carrabili cosiddetti “a raso” è intervenuta, un paio d’anni fa, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16733/2007) La Suprema Corte ha ribadito che il passo a raso, cioè senza taglio di marciapiede, listoni delimitativi o altre opere, “non determina un’occupazione visibile del suolo pubblico”, dato che “manca qualsiasi opera o manu-fatto realizzato su suolo pubblico”, e che “non presenta in-terruzioni sul marciapiede o modifiche del piano stradale che permettano, al proprietario dell’accesso, una posizio-ne ed un uso diverso del marciapiede da quello di cui può

fruire tutta la collettività”. Infatti, l’articolo 44 del decreto legislativo n. 507/1993 definisce i passi carrabili “quei ma-nufatti costituiti generalmente da listoni di pietra o altro materiale o da appositi intervalli lasciati nei marciapiedi o, comunque, da una modifica del piano stradale intesa a facilitare l’accesso dei veicoli alla proprietà privata”. Se non sussiste nessuna di queste opere, la tassazione de-gli accessi a raso comporterebbe l’assoggettamento ad un onere tributario del diritto di accesso alla proprietà priva-ta, giuridicamente inaccettabile.

Pertanto, se l’accesso al garage avviene direttamente dalla strada, senza comportare interruzione o taglio di marciapiede o comunque modifica del piano stradale, nessuna tassa è dovuta.

Per ulteriori chiarimenti o per informazioni rivolgersi a:Avv. Adele Falcetta, via S. Francesco n. 15 - 92100 Agrigentoe-mail: [email protected] - tel./fax 0922 556222 - Cell. 338 3971821

Nozze d’oroSabato 11 Aprile i signori

Teresa Varsalona e Carmelo Cucuzzella abbonati al nostro setti-manel da oltre 25 anni, hanno festeggiato il loro 50° anno di Matrimonio. Agli auguri della famiglia si uniscono quelli della nostra redazione.

Se qualche contributo l’Ente Provincia ha ero-gato, e continua ad erogare in occasione di feste patronali, non è per finanziare l’aspetto religioso e liturgico della festa (i soldi per intenderci non vanno nelle casse delle parrocchie) ma per valo-rizzare l’aspetto culturale e promuovere quello turistico. Chi conoscerebbe San Biagio Platani se non ci fossero gli archi di pane? Come nega-re che le sacre rappresentazioni della Settimana Santa richiamano in Provincia tantissimi turisti? Anche per il Giovaninfesta, il raduno dei giova-ni cattolici della nostra Diocesi, si richiedono “contributi pubblici” in funzione della rilevanza sociale, aggregativa e formativa delle giovani generazioni: scopo della manifestazione non è “fare festa”, ma formare (con testimoni significa-tivi e “a basso costo”, come non sempre accade nelle manifestazioni pubbliche) e pregare.

A cosa si riferiva, allora, il Presidente? È vero. Si può fare di più per i poveri e, so-

stenuti dalla generosità della gente agrigentina, ci impegneremo di più, senza però dimentica-re che non è compito della Chiesa il sostituirsi alle Istituzioni: gli enti ecclesiastici non pos-sono continuare a sopperire alle mancanze del Welfare. A ben pensarci, poi, è proprio la Chiesa, grazie all’impegno fisico ed economico di uomini e donne di buona volontà e di cuore grande, che attualmente fa fronte in gran parte alle emergenze caritative: pensiamo alla Mensa della Solidarietà che ogni giorno sfama centi-naia di persone, alla Mensa serale della Caritas, all’Accoglienza degli Immigrati, all’assistenza ai bisognosi che ogni giorno bussano alle porte delle parrocchie …

Non diremo mai abbastanza “grazie” alle mi-gliaia di volontari che ogni giorno prestano il loro servizio per gli enti ecclesiastici e che dif-fondono, con il loro esempio coinvolgente, la cultura della solidarietà e del volontariato.

Tutto questo non è promozione culturale? Anche in questo, e ne chiediamo scusa, ci sia-mo sostituiti agli Enti pubblici che avrebbero il compito di promuovere la cultura. Noi non vo-gliamo “cambiare la cultura della gente”, come auspicherebbe il Presidente D’Orsi, ma esalta-re ciò che di bello e valido è già presente nella cultura della nostra gente, così generosa e ma-

gnanima. Riteniamo inoltre che se gli Enti locali, spesso, non sono in condizioni di aiutare le fasce più deboli della popolazione questo non è certa-mente per mancanza di risorse economiche ma perchè prive di progettualità e di quella fantasia della carità che scaturisce dall’amore per il pros-simo. Qualcuno, non a caso, ha definito la politi-ca una delle forme più alte di carità. Proviamo a farlo insieme, Presidente! È vero, come Lei dice, che si potrebbe fare di più. Siamo pronti ad ac-cogliere gli stimoli che gli Enti pubblici come la Provincia Regionale di Agrigento vorranno dar-ci, pur nel rispetto delle competenze specifiche di ciascuno.

Sempre nella citata intervista, il Presedente D’Orsi, in merito alle parole pronunciate da mons. Montenegro dichiara: «Ha fatto bene! (a pronunciare quelle parole n.d.r.) Anzi io direi che mons. Montenegro con la sua autorità mo-rale dovrebbe anche andare oltre le parole… e passare ai fatti concreti per la soluzione di que-sti problemi. Certo, non può agire direttamente su di essi… egli ha la possibilità di attuare degli interventi ancora più incisivi che possono risul-tare determinanti per migliorare le condizio-ni di vita degli agrigen-tini…». Mi chiedo: cosa può fare l’Arcivescovo se non sensibilizzare, e per di più in modo diretto, senza giri di parole, come ha fatto il Venerdì Santo, coloro i quali possono con-cretamente fare qual-cosa perché titolari di precise responsabilità e competenze? Co-struire vie di fuga per il centro storico, gestire correttamente la distri-buzione idrica, evitare che i giovani lascino il nostro territorio per un futuro migliore… (vedi intervento di mons. Montenegro

pubblicato a pagina 1) non possono essere pro-blemi risolvibili dalle istituzioni ecclesiastiche.

Come pastore della Chiesa agrigentina egli ha il preciso compito di servire la Verità e la Giusti-zia, non solo rivolgendosi ai fedeli-cittadini, per esortarli a far valere i propri diritti fondamentali (alla sicurezza, alla salute, al lavoro, all’acqua…), ma anche rivolgendosi a quanti, magari dicen-dosi cattolici in campagna elettorale, si sono assunti, con l’elezione, specifiche responsabilità delle quali dovranno un giorno rendere conto non solo a chi li ha eletti ma anche a Dio. L’in-tervento di Mons. Montenegro non va preso, dunque, come un desiderio di contrapporsi polemicamente alle Istituzioni pubbliche, ma come il grido di un padre che, magari ingenua-mente, continua a sognare un mondo in cui il “bene comune” rappresenta ancora un valore da perseguire e l’impegno politico un altissimo grado della carità. La carità, dunque, caro Pre-sidente, è l’obiettivo comune alla Chiesa e alle Istituzioni. Lavoriamo insieme nell’interesse degli ultimi.

LdP

continua dalla prima

É stata celebrata, presso la Chiesa Madre, la giornata dedicata alla figura dell’eroe nazionale Salvo D’Acquisto per il quale è in corso la causa di beatificazione. Ad organizzare la manifesta-zione è stato Lillo Firetto presidente provincia-le dell’Unione Nazionale per le Onoranze alla medaglia d’oro D’Acquisto, ucciso da i tedeschi a Torre di Palidoro il 23 settembre del 1943, quando salvò dalla fucilazione dei tedeschi 23 civili, ma fu barbaramente assassinato dalle SS per colpe che non aveva. In una chiesa gremi-ta, soprattutto di studenti delle scuole superio-ri, hanno reso omaggio e hanno offerto il loro contributo l’arcivescovo Carmelo Ferraro, il vicepresidente dell’Unione Nazionale Giusep-pe Livreri, il vicesindaco del comune di Ribera Giuseppe Brisciana, il tenente dei carabinieri

Alessandro Vergine e il presidente provinciale Lillo Firetto. E’ stata sottolineata dagli oratori la figura eroica del carabiniere, passato per le armi all’età di appena 23 anni, ed è stato lancia-to ai giovani riberesi il messaggio dell’eroicità del militare, il senso del sacrificio della vita per gli altri e soprattutto l’inno alla libertà contro la barbarie della guerra.

Il vicepresidente Livreri ha proposto di de-dicare al carabiniere-eroe un monumento e di ricordarlo con l’intitolazione di una via o di un ufficio pubblico. L’arcivescovo Ferraro ha addi-tato il carabiniere D’Acquisto come luminare esempio di sacrificio dell’uomo per salvare la vita altrui. Il tenente Vergine ha chiesto una pausa di riflessione di tutti, giovani e non, ver-so la figura di un giovane militare che non ha

esitato un attimo a scegliere la morte sua per la vita altrui. Durante la manifestazione è stato benedetto dall’arcivescovo Ferraro l’arazzo de “L’ultina cena”, opera artistica di Giuseppe Car-della, posta per la settimana santa sopra l’altare maggiore della madrice per la fruizione pub-blica e cui proventi, derivanti dalle offerte sono stati devoluti in parte alla chiesa e in parte alla sezione locale della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori.

Enzo Minio

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Società �L’Amico del Popolo26 Aprile 2009

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diario multimedi@leCaro diario,una grande verità afferma che

“l’uomo nuovo si edifica sulle rovi-ne del vecchio, ma bisogna lascia-re spazio a Dio: e Dio è sempre la sorpresa”. Inizia così un bellissimo articolo di Giovanni Casoli su “Città Nuova”, periodico dei Focolarini, che faccio mio, parola per parola, ripropo-nendolo in sintesi per una lettura che divenga spunto di meditazione. “Dopo gli sconquassi della contestazione, un filosofo francese ateo, Maurice Clavel, si convertì e scrisse un libro dal tito-lo “Dieu est Dieu, nom de Dieu!”, che tradotto suona: Dio è Dio, per Dio! (…) Sento salirmi il sangue alle tem-pie di fronte a certi dibattiti tra laici e credenti che trattano, entrambi, Dio come un argomento. Un argomento! Veramente siamo alla follia, sia, ripe-to, non credenti che credenti. Si parla di qua e di là di valori, di ideali come fossero roba nostra maneggiabile a piacere; e questo significa esattamente chiudere la stalla quando i buoi sono già fuggiti, ovvero fabbricarsi un dio che poi si dice che esiste o non esiste, misero riverbero della nostra rovina… di come si possa ridurre Dio a due pensierini, positivi o negativi (…). Co-nosco un giovane prete che mi piace molto perché porge la Parola di Dio facendo lo sforzo continuo… di non banalizzarla in un recitare preghiere, che è il triste blabla anche religioso da cui siamo quotidianamente, spesso, demoralizzati e inceneriti… C’è una sola tristezza, diceva Bloy e con lui Bernanos, quella di non essere santi. Dio è Dio. Un giovane convertito a cui un altro faceva mille obiezioni intellet-tualistiche e storiche, gli rispose: Egli è. Ma questa è fede, replicherebbe chi crede di ragionare. No, questa è onestà mentale… Ma che Egli è, ce lo dice la ragione che riflette con mente pura, non assordata da sofismi, chiasso e chiacchiere. La cosa più tremenda del-la vita è perdere il senso di Dio… L’uo-

mo medio di oggi sta davanti alla tv o a Internet o al cellulare come un tempo stava davanti a Dio. Adora la bestia – la tecnica non usata ma da cui si fa usare – con in più la viltà di non rico-noscere che l’adora, che è il suo dio. E precipita dentro se stesso senza fine. Ma che m’importa del Suv o dell’ulti-mo i-pod o telefonino in cui c’è tutto (balle, non c’è niente di decisivo per la vita), o di vivere un anno in più perché hanno fatto esperimenti sciagurati su un embrione maiale-uomo? Franca-mente, non m’importa un fico secco di vivere anche i prossimi cinque minuti, se non in Dio… Credo si debba lascia-re anche un minimo spiraglio vero a Dio: purtroppo pochi lo fanno, anche credenti, perché molti trasformano Dio in abitudine, pur ottima, mentre Lui è il contropiede, la sorpresa, una sottile voce di silenzio, come si rivela a Elia. Se questo spiraglio c’è e non è fin-to, Lui vi si precipita come il terremoto (ma è amore) e comincia a staccarci da noi stessi senza (falsa) pietà, al ritmo che sa e vuole; ci leva la pelle e molto più della pelle, ci mette allo specchio inesorabile della nostra immagine di mostri spirituali, in un modo simile a quello del tremendo e acutissimo pittore Francis Bacon. Tutto ciò può sembrare terribile e temibile, o, a qual-che laico superficiale, masochista. È il contrario: così soltanto si edifica l’uo-mo nuovo sulle rovine del vecchio, quando di noi non resta più niente se non la verità, tolta ogni cipria devozio-nal-sentimentale. Il mio grazie eter-no a Dio è per avermi distrutto bene, come solo Lui sa fare. Praticamente questo significa che, qualunque cosa mi accada, oggi il mio istinto spirituale non è di pensare: Perché a me?, Che guaio! Ma che vuole Dio da me?, ma di voltarmi verso la nuova luce profonda che si apre, sia pure come una ferita, e di ringraziarlo”. Che profondità di pen-siero, caro diario!

Nuccio Mula

Intolleranza laicaOlandra Ancora polemiche sulle dichiarazioni del Papa

Risale a quasi un mese fa l’ultimo viaggio del Santo Padre in Africa

ed ancora si continua a discutere delle dichiarazioni fatte da Benedetto XVI sulla lotta all’Aids. Chiunque, persino la starlette di turno, si è sentito in dovere di commentare una notizia strumenta-lizzata dai media e di giudicare ed addi-tare la Chiesa come un’organizzazione sganciata dai tempi e dalla realtà quo-tidiana. L’ennesima prova è offerta dalla tv olandese e dal programma “L’avvoca-to del diavolo”- format televisivo in cui una giuria popolare deve esprimersi su una personalità del nostro tempo - che ha condannato il Pontefice poiché “con le sue recenti affermazioni sull’uso del preservativo il Santo Padre è reo della diffusione del virus Hiv e della morte di milioni di persone”. Tralasciando di esprimere qualsiasi giudizio in meri-to ad una trasmissione che invece ha assolto e, dunque, ritenuto innocente Osama Bin Laden per gli attacchi alle Torri gemelle, ciò che deve far riflettere ed indignare o, almeno così dovrebbe essere per tutti quelli che si professano cattolici, è il verdetto di colpevolezza, emesso e supportato da tesi infondate, all’interno di un contenitore televisivo di puro intrattenimento. Riflettere, perché ancora una volta la parola tolleranza e rispetto non è applicata quando si parla di religione cattolica; indignare, perché quelle parole sono state estrapolate da un discorso ben più ampio e che in esso acquistavano un significato ben diverso. Sull’aereo che lo portava in Africa, Be-nedetto XVI ha risposto al giornalista francese che gli chiedeva se considerare la posizione della Chiesa sulla lotta al-l’Aids come non realistica ed inefficace: “Io direi il contrario: penso che la real-tà più efficiente, più presente sul fronte della lotta contro l’Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi movimenti, con le sue diverse realtà...Direi che non si può superare questo problema del-

l’Aids solo con soldi, pur necessari, ma

se non c’è l’anima, se gli africani non aiutano (impegnando la responsabilità personale), non si può superarlo con la distribuzione di preservativi: al contra-rio, aumentano il problema. La solu-zione può essere solo duplice: la prima, una umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovo spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l’uno con l’altro; la seconda, una vera amicizia anche e soprattutto per le per-sone sofferenti, la disponibilità, anche con sacrifici, con rinunce personali, ad essere con i sofferenti”. Per parafrasare il programma televisivo della rete pubbli-ca olandese, come avvocato “del diavo-lo” potremmo dire che si è trattata di pura manipola-zione mediatica e che, Benedetto XVI con le sue af-fermazioni ha solo avvalorato quelle ricerche che, mo-strano come solo là dove alla tera-pia farmacologia e meramente sani-

taria si è lavorato anche per modificare i

comportamenti sessuali e gli stili di vita delle persone, l’Hiv è diminuito.

La risposta del Santo Padre può più o meno essere condivisa, ma merita in ogni caso di essere ascoltata con orec-chio tollerante giacché mira a valorizza-re la dignità umana della persona e non a denigrarla.

Ancora una volta fiumi di parole sono stati scritti, letti e detti per dare smalto all’immagine arcaica, tanto ama-ta dalla società laica contemporanea, di una Chiesa vestita di ermellino e con ai piedi comode e calde babbucce rosse.

Maria Chiara Della Monica

Il nostro settimanale in un clicwww.lamicodelpopolo.net

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� L’Amico del Popolo26 Aprile 2009Vita Ecclesiale

“Perchè vescovo?”Ci si chiede: “Si può stimare una persona, al di sopra di

ogni altra, e, tuttavia, lamentarsi del rigore disciplinare che quella esige?”. Per quanto ci riguarda, la risposta è: sì. Non c’è contraddizione, se ci riferiamo a Don Filippo Jacolino, Retto-re del Seminario di Agrigento (1934 – 47), al tempo dei fatti che andiamo narrando. Anche i Seminaristi che più ebbero a soffrire per il suo rigore, lo ammiravano e hanno finito col “venerarlo”.

Succedeva a tutti, come quando ci si ferma ad osser-vare un bel vestito dal taglio perfetto e di eccellente stoffa, ma che a noi viene stretto: uno guarda, ammira, ma, ram-maricato, esclama: “Peccato, dovrei dimagrire!”.

La domanda da porre, piuttosto, sarebbe un’altra: “Era proprio necessaria quella disciplina?”. La risposta è: sì, per-ché imposta dal Vescovo Peruzzo, dietro richiesta della Santa Sede, che minacciava di chiudere il Seminario – come era avvenuto nel 1928. Basta sapere che il primo anno (1934 – 35) di Rettorato, Don F. Jacolino dovette allontanare dal Seminario 70 (settanta) alunni.

Così si spiega il suo comportamento da primo semina-rista, il più osservante. Lui, il Rettore, li precedeva in ogni movimento della giornata, dettando, solo con lo sguardo penetrante e l’atteggiamento composto e quasi rigido della persona, il modo di comportarsi. Quegli occhi e quella rigi-dità erano l’incubo dei Seminaristi.

Eppure, era un timido, alieno da ogni ambizione e voglia di apparire, esempio più unico che raro, in quel tempo di sfacciato carrierismo politico ed ecclesiale; fu l’unico prete di spicco a non interessarsi di politica. Per lui esistevano solo il Seminario ed i bisogni dei suoi alunni.

L’investitura rivelatrice.E, finalmente, quella mattina le parti si invertirono: era lui

a trovarsi a disagio, sotto lo sguardo di quattrocento occhi curiosi, ironici, e forse anche qualcuno beffardo, mentre il Vescovo gli metteva le insegne di “Monsignore”. Se la ceri-monia, invece di un’ora, fosse durata tre ore, i Seminaristi non si sarebbero stancati lo stesso: non avrebbero mai più veduto un uomo soffrire tanto nel ricevere un’onorificenza.

Il suo sguardo era smarrito, le sopracciglia, prese da un tic nervoso, sussultavano, mentre la fronte, imperlata di sudore, si increspava in ritmo spasmodico, e ogni movimento della testa esprimeva un’immenso fastidio per quegli indumenti scarlatti. Il Vescovo glieli porgeva, aiutandolo ad indossarli, con un sorriso compiaciuto, mentre lui li riceveva come se fossero cilizi.

Doveva sentirsi estremamente ridicolo perché non osò mai rivolgere lo sguardo verso i Seminaristi, intuendo forse la loro gioia nel potersi vendicare a quel modo.

Ma furono proprio gli “anziani”, liceali e teologi, ossia quelli che più s’erano compiaciuti nel vederlo imbarazzato durante l’investitura, che ben presto cominciarono a capire la lezione che quell’uomo si era preoccupato di impartire durante tanti anni di inflessibile disciplina.

Gli stracci rossi furono deposti immediatamente dopo la cerimonia, e non glieli videro più addosso. Il solo lontano sospetto che quelle insegne potessero significare ambizione o vanità, dovevano scottargli l’anima e la pelle peggio della più avvilente infamia.

Chi, come lui, aveva patito gli stenti della trincea e della prigionia in Germania, durante la guerra 1915 –18, e poi s’era visto proporre per il confino dal fascismo, perché in-segnava ai giovani dell’Oratorio a non imprigionare la pro-pria libertà sotto la camicia nera, non poteva non capire che qualsiasi insegna, che non sia quella dell’umiltà e del servi-zio, rischia di trarre in inganno se stessi e gli altri.

L’anno dopo fu eletto Vescovo, e non fu una promozione. Egli lo sapeva, e anche i giovani del Seminario lo intuirono. La sua intransigenza e la sua inflessibilità per i princìpi della giustizia, il senso del dovere e della precisione che sempre lo guidavano in ogni azione e che esigeva anche dagli altri, avevano finito con l’infastidire non pochi. Chi aveva tutto l’interesse che in Diocesi continuasse il processo di involu-zione, già iniziato e tanto comodo a molti, non avrebbe più sopportato di sapersi scrutato dal diamantino sguardo del Rettore di ferro.

Il suo episcopato durò solo due anni, e fu la dimostrazio-ne chiara dell’immensa disponibilità al sacrificio e alla piena donazione di sé da parte di un uomo la cui maggiore colpa era sempre stata quella di ritenere che compiere il proprio dovere, anche fino al sacrificio, debba essere cosa naturale, e quindi facile per tutti.

E pagò. Pagò, per questa sua colpa, bruciando tutte le sue energie nel giro di pochissimi mesi. Dimentico della sua complessione delicatissima, saltava i pasti ed ignorava il son-no per potere essere a disposizione di tutti.

Alla sua morte, quasi improvvisa, molti di quei chierici che ritenevano di non essere stati da lui compresi, gli ave-vano già largamente perdonato, perché ormai convinti che quell’uomo non aveva mai cercato di esercitare un potere umano, ma solo servire l’autorità di Dio.

Anni verdi in Seminarioa cura di Stefano Pirrera

Non essere dalla parte di GiudaINterveNto dell’ArcIvescovo per Il veNerdì sANto

Nei giorni 28 e 29 marzo 2009 si sono svolti i lavori del Convegno Annuale dell’Unione Ex allievi di don Bosco, giunto alla ventiduesima edizione.

Il Convegno, organizzato dal presidente dell’Unione, Mario Li Causi e dal parroco, don Mario Sorce, si è svolto presso la Concat-tedrale S.Croce in Villaseta.

Al Convegno hanno preso parte, ex allievi ed ex allieve con le loro famiglie, le figlie di Maria Ausiliatrice e oltre duecento studenti di alcune scuole medie e superiori della città, accompagnati dai rispettivi Di-rigenti Scolastici e Docenti.

Il Convegno è stato articolato in due sessioni, nella prima si è discusso sul tema: “Legalità di comportamento: Emergenza Educativa” con le relazioni di Anna Maria Sermenghi, Vale-rio Martorana e da Nino Gazia-no e le conclusioni da don José Pastor Ramirez, delegato mon-diale ex allievi don Bosco.

Domenica 29 marzo, si è tenuta la seconda sessione del Convegno sul tema “Impegnia-moci a fare della Famiglia Sa-lesiana un vasto movimento di persone per la salvezza dei gio-vani” con le relazioni di Maria-no Sprizzi e di don Giammello.

Dopo la proiezione della Strenna 2009 del Rettor Mag-giore, Don Pascal Javez Villa-nueva, hanno concluso i lavori del Convegno Pino Orlando e Don Ramirez.

Al termine, l’Exallieva Do-menica Sanfilippo, vedova dello scultore Nino Contino, ha donato a tutti i presenti una copia del saggio “Ad ef-fetto prospettico” di Alfredo Scaglia, dedicato al monu-mento a Don Bosco, opera, appunto dello scomparso Nino Contino.La tradizionale foto di gruppo e il pranzo sociale consumato in un clima di fra-ternità nel cuore della Valle dei Templi, han-

no sugellato la conclusione del 22° Convegno Annuale degli Exallievi.

Calogero Patti

ricordando il passatoAGrIGeNto XXII Convegno ex allievi salesiani

(continua dalla prima) Cosa si aspetta? Non riesco a capire. Cosa c’è di più importante della vita degli uomini, anche di un solo uomo? Perché chi decide sembra dimenticarlo, dice di avere motivi buoni, ma perché, nonostante i motivi validi e le norme rispettate, poi ci ritrovia-mo a contare i morti, e a piange-re e a darti la colpa».

Il tema dell’immigrazione e dell’emigrazione: «Ora Signore non posso fare a meno di par-larTi del tuo: «Ecco tua madre! Ecco tuo figlio » (Gv 19, 27). Penso a Mustafà e a Fatima e alle loro mamme, sbarcati a Porto Empedocle; al piccolo Mohamed e Omar e alla mamma Amina - sbarcati a Lampedusa -: chi si prenderà cura di questi ragazzi e delle loro mamme? Ma Signore, questo, fino a qualche anno fa, non è stato anche il nostro dram-ma? No. Mi correggo, Gesù, per-ché lo è ancora. Figli e mariti che partivano e che partono ancora, spose e madri che piombano e sprofondano nella più tristi delle desolazioni. Per ogni madre i fi-gli sono figli e nessuna vuole che il proprio figlio si allontani, viva e si senta straniero o clandestino. Ci rifiutiamo di pensare che i no-stri ragazzi debbano vivere come estranei in altre regioni e città della nostra stessa nazione».

Il tema della povertà e del la-voro: «Signore il tuo grido mi as-sorda: «Dio mio, Dio mio, per-ché mi hai ab­b­andonato?». È lo stesso grido dei poveri della città. Gesù, mi sento così impotente nei confronti di Giuseppe che a quarantacinque anni ha perso il lavoro; di Federica che in lacrime mi raccontava di aver firmato una busta paga per 1.200 euro al netto, ma in verità ne percepisce solo 450 lavorando per 10 ore al giorno, e la pausa pranzo gli vie-ne maledetta dalla titolare della ditta. Lo stesso sentimento provo per Gerlando, Maria, Alfonso…

ragazzi splendidi, giovani intelligenze e forze eccellenti, inceppati o incappa-ti, tanto fa lo stesso, nei meccanismi del potere, delle mafie, o delle burocrazie dalle infinite lun-gaggini legalizzate. Molti di loro, la sai, sono giovani scar-tati dalla scaltrezza di molti mediocri ... Io, Vescovo, dico loro di sperare, di non arrendersi, di lottare. Ma sono stanchi di aspet-tare e non li posso trattenere. Parto-no, perché non ce la fanno più. Ritorneranno? Chissà, temo di no. Noi li vediamo andar via, li salutiamo e ci sentiamo più soli. E così, senza di loro, diventiamo tutti più poveri».

Altri temi sociali: «E poi ti chiedo: ma Signore non per-mettere che anche in questa mia diocesi ci sia l’uomo che affama l’uomo e la donna che schiavizza la donna. Certo Signore, per tua grazia, non mancano i giusti e gli onesti … Ma anche qui ci sono i venditori di promesse che mai vengono mantenute; anche qui c’è chi taglieggia chiedendo il pizzo; anche qui c’è chi spaccia e delinque; chi usa la violenza per trarne profitto. Anche tra i nostri adolescenti e non solo si afferma la moda del branco e si diffonde il malcostume del non rispetto per il debole. Aiutaci, Signore, a capire che vivere è anche altro».

Il tema dell’acqua: «Le tue pa-role: «Ho sete» (Gv 19,28), mi fanno pensare ancora a Madre Teresa. Lei, piccola suora, si sep-pe fare Goccia nell’oceano dei bisogni dei poveri. Senza questa Goccia quanti poveri sarebbero stati ancora più soli e più pove-ri? Fa’ che a noi non venga mai

a mancare l’entusiasmo di far qualcosa per estinguere la tua sete che è dei tuoi figli; fa’ che i consigli dei finti buoni: «ma chi telo fa fare!... finiscila!… chi ti credi di essere!... », non spenga la generosità di molti. E poi, in fatto di sete, Signore, chi meglio di noi agrigentini ti può comprendere? Quante volte, questa gente, l’ha sussurrato, detto, gridato, urla-to: «Ho sete». Quello dell’acqua che estingue l’arsura è un antico tormento di questa città e non ci sono dissalatori o tecnologie che tengano. Perché siamo con-dannati a soffrire di sete o dob-biamo fare i conti con le bollette impazzite per acqua che invero non scorre nelle condutture? Sei tu che ti sei dimenticato di darci questo bene necessario per vivere, o siamo noi che non sappiamo organizzarci? Non me la sento di caricarti di questa re-sponsabilità, senz’altro è di chi decide e di noi semplici cittadini che non sappiamo o vogliamo fare le scelte giuste!».

Il tema delle incompiute: «Hai detto: «Tutto è compiuto» (Gv 19,30). Risento ancora questa tua parola. Tu, coi tuoi 33 anni puoi esclamare di aver portato a com-

pimento ogni cosa, noi invece abbiamo ancora tanto da fare e da impegnarci. Nella nostre cit-tà tante opere di pubblica utilità sono come bloccate, immobili, non vanno avanti, sono come trasandate, sconnesse… tanti progetti a cui si è posta mano per la realizzazione sono diventati aborti! Tante opere attendono dopo lungo tempo l’autorizza-zione e poi un’altra ancora e poi l’esecuzione … e il tempo passa. Strano. Tutto in nome della le-galità! Che ognuno faccia bene la sua parte. Che tutti - lo ripeto - possano cercare il bene comu-ne».

Mons. Francesco Montenegro ha poi concluso: «Facci capire, Signore, che il mondo si muove se noi ci muoviamo, cambia se noi cambiamo, si fa nuovo se noi ci facciamo nuove creature,ma che il mondo peggiora se non sappiamo cogliere il bello che tu hai messo dentro ognuno di noi.Il mondo nuovo incominciase ognuno comincia a divenire un «uomo nuovo… Signore dacci il coraggio di fare ognuno la pro-pria parte per non schierarci o non essere schierati dalla parte di Giuda».

Dal 25 aprile al 6 maggio presso il Santuario di S. Angelo Martire a Licata si terranno i festeg-giamenti religiosi in onore del Patrono.

Il programma prevede da sabato 25 aprile a venerdì 1° maggio una settimana di preparazio-ne: ogni giorno a partire dalle ore 18,00 la recita del S. Rosario, le Invocazioni alla Madonna, le Allocuzioni sulla vita e le impetrazioni a S. An-gelo ed a conclusione la celebrazione della Santa Messa. Sabato 2 maggio sarà celebrata la Gior-nata per gli ammalati, domenica 3 la Giornata per la famiglia e lunedì 4 maggio la Giornata per i marinai. Martedì 5 maggio, Solennità di S. An-gelo Martire, Licata tutta implora l’intercessione del Santo Patrono nel giorno del suo glorioso martirio: la mattina alle ore 09,00 la Santa Mes-sa, alle ore 10,00 la Benedizione dei bambini vo-tati al Santo, alle ore 10,45 il Prelevamento dalla Chiesa Madre del Capitolo della Venerabile Insi-

gne Secolare Col leg iata di Licata e processione dei cano-nici fino al S a n t u a r i o dove alle ore 11,00 segui-rà la Santa Messa Solenne celebrata dall’Arciprete Prevosto mons. Antonio Castronovo. Nel corso della ce-lebrazione eucaristica saranno Offerti i doni al Santo Patrono. benedetti i “muli parati”; merco-ledì 6 maggio la Giornata di ringraziamento.

I solenni festeggiamenti si concluderanno alle ore 20,00 con il Canto del Te Deum di Ringra-ziamento e la Riposizione dell’Urna nella cap-pella.

Festeggiamenti in onore di s. AngelolIcAtA

foto Tornatore

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Vita Ecclesiale �L’Amico del Popolo26 Aprile 2009

a cura di Gino FaragoneIII Domenica di Pasqua

Se ami, credi e tutto diventa possibile«Risplenda su

di noi,

Signore,

la luce

del tuo volto»

la Parola

Il vangelo di questa dome-nica (Lc 24,35-48) presenta l’apparizione di Gesù risorto alla comunità degli apostoli. L’incontro è caratterizzato da tre momenti fondamentali: l’improvvisa e sorprendente ini-ziativa divina, il lento e faticoso riconoscimento degli apostoli e infine la missione a loro affidata di essere testimoni nel mondo dell’esperienza vissuta. Il testo di Luca evidenzia molto la cor-poreità del Signore, in contrasto con la cultura ellenistica che ammette l’immortalità dell’ani-ma ma non accetta la risurre-zione del corpo. L’altro aspetto particolarmente sottolineato è il riferimento alle Scritture, senza le quali non è possibile com-prendere l’evento centrale della nostra fede, ovvero la risurre-

zione di Gesù. La liturgia di questi giorni, al

di là dei singoli episodi narrati, intende proporre alla comunità cristiana percorsi di fede diver-si, in rapporto alla situazione delle persone. In questa pro-spettiva di lettura i personaggi esprimono tipologie diverse. In concreto: alla base c’è l’espe-rienza di un sepolcro vuoto, elemento assolutamente ne-cessario e verificato di persona dagli apostoli; segue l’intuizione del discepolo amato che ap-proda alla fede avendo soltanto constatato ciò che rimane nel sepolcro; c’è poi la ricerca e il pianto di Maria di Magdala, immagine della Chiesa, sposa di Cristo, che come la sposa del Cantico va di notte alla ricerca dello sposo: costei arriva al ri-

conoscimento del Signore non tanto alla vista di quell’uomo che lei ritiene il giardiniere, ma al sentire il suo proprio nome; c’è l’incontro inatteso del Risor-to con gli apostoli, chiusi per paura della morte nel cenacolo; c’è ancora il tormentato cammi-no di Tommaso non soddisfatto dal semplice annuncio degli altri apostoli, che vuole vedere e toc-care. Ognuno di noi in qualche modo può sentirsi richiamato da una di queste esperienze qui ricordate.

Il vangelo di oggi ci rimanda all’esperienza dei due discepo-li di Emmaus, che animati da grandi speranze avevano segui-to Gesù fino a Gerusalemme e che dopo la sua morte delusi stanno per tornarsene a casa. Anche qui la mera visione di

Gesù, ritenuto uno dei tanti pel-legrini venuti in città in occasio-ne della festa, non è sufficiente per il riconoscimento: bisogne-rà fare ricorso alla Scrittura e al pane. “Non ci ardeva il cuore mentre Egli ci spiegava le Scrit-ture?”: commenteranno alla fine i due discepoli. Evidentemente Luca intende sottolineare un in-segnamento che vale per sem-pre: la Parola e il pane sono i se-gni costanti e permanenti della presenza del Risorto nella sua Chiesa. La Parola, da accogliere, meditare, pregare, contemplare e testimoniare, continuerà a ri-scaldare i cuori per riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita, il pane ci aprirà gli occhi per poterlo vedere ancora tra i poveri, con i quali Gesù si iden-tifica.

«Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Ge-rusalemme. Di questo voi siete testimoni». Ma chi è il testi-mone? É uno che ha visto, spe-rimentato, si è lasciato mettere in questione, si è fatto plasmare dalla mano dello Spirito, e solo ora è in grado di raccontare come Dio lo ha cambiato, ciò che i suoi occhi hanno visto e le sue mani hanno toccato. Solo chi ha incontrato il Signore, ha fatto esperienza di salvezza, può annunciarlo. E lo farà insieme ad altri, che riconoscerà come fratelli nella fede. Quel “noi” non lascia spazio ad esperienze isolate.

RibeRa �Raduno diocesano delle Confraternite

Tutto �pronto �per �il �raduno

Agenda dell’Arcivescovovenerdì 24 aprile

10.00 Licata Partecipa al convegno “Educare alla giustizia”.

Sabato 25 aprile

10.00 Agrigento - Cattedrale Partecipa al 55° convegno dei ministranti dell’Arcidiocesi

domenica 26 aprile

12.00 Ribera - Chiesa Medre Celebra la S.Messa in occasione del raduno delle confraternite12.00 Canicattì - Chiesa S. Domenico Incontra la comunità parrocchiale

lunedì 27 aprile

16.30 Agrigento - Bibl.Lucchesiana Partecipa alla presentazione del libro di d.Vincenzo Arnone

martedì 29 aprile

16.30 Agrigento - Palazzo Vescovile Partecipa al coord.regionale immigrazione della Caritas

Campi estivi. Pergusa 5-9 agosto 2009Come ogni anno, l’Azione Cattolica diocesana predispone dei

Campi scuola estivi per tutte le fasce di età. I campi scuola sono un’occasione preziosa per vivere in fraternità, per conoscere le al-tre realtà parrocchiali, per fare un’esperienza ecclesiale mettendo in comune le nostre ricchezze! Quest’anno, tutti i campi - ACR, giovanissimi e giovani, adulti.- si svolgeranno unitariamente dal 5 al 9 agosto a Pergusa, presso L’Oasi Francescana Madonnina del Lago. Il tema dei campi è “Strada facendo…troverai il tuo te-soro”. L’ultimo giorno del campo è prevista un’escursione-pelle-grinaggio a Siracusa (inclusa nel prezzo).

Queste le quote: ACR 120€, Giovanissimi e giovani 130€, Adulti 180€. È prevista una quota aggiuntiva di 5€ per i non-soci (per la copertura delle spese assicurative, che sono invece incluse per i tesserati). Sono previsti inoltre i seguenti sconti per ciascun membro di nucleo familiare: 2 componenti 10%, 3 componenti 15%, 4 o più componenti 20%. Siamo tutti invitati a partecipare e a far partecipare le nostre associazioni a questa grande espe-rienza unitaria! Tra l’altro, il campo unitario è pensato per sem-plificare la logistica (organizzazione dei trasferimenti in pullman dalle varie località della diocesi), favorire la partecipazione delle famiglie, vivere lo spirito di fraternità e la intergenerazionalità.

Iniziative e calendario24 aprile, 17:30 sala Chiaramontana del Seminario Arcivesco-

vile. Incontro organizzato dal centro internazionale studi Luigi Sturzo in collaborazione con l’Università di Palermo e l’Azione Cattolica di Agrigento, dal titolo “Dall’idea al fatto: l’impegno del-le coscienze per moralizzare la società moderna”. L’iniziativa, nel-la quale siamo coinvolti come Azione Cattolica attraverso l’area cultura è incentrata sulla rievocazione della figura di don Luigi Sturzo di cui nel 2009 ricorre il 50° dalla morte.

9/10 maggio. La scuola associativa per responsabili ed educa-tori parrocchiali, programmata per questa data, è stata rinviata a data da destinarsi, a causa del contemporaneo svolgimento del convegno nazionale delle presidenze diocesane a Roma dall’8 al 10 maggio, al quale parteciperà una rappresentanza della nostra presidenza diocesana.

28 giugno. Ultimo consiglio diocesano dell’anno associativo, che sarà convocato insieme al Comitato presidenti parrocchiali. La giornata sarà un’occasione per verificare il cammino percorso dall’associazione diocesana e dalle associazioni territoriali di base.

L’ABC dell’ACDal Progetto Formativo (Cap. 6, Nel cantiere della Formazione)“Il metodo che l’Azione Cattolica fa proprio non può essere

rigido; ciò le renderebbe impossibile rimanere fedele ad una ca-ratteristica della sua identità: quella di essere in relazione, in un equilibrio sempre dinamico con tutte quelle realtà e dimensioni con cui l’associazione è in rapporto. Il metodo che l’AC si dà è dunque leggero, flessibile, per adattarsi al contesto ecclesiale e socio-culturale, per restare coerente con la scelta di mettere al primo posto le persone, alla cui crescita e alla cui libertà essa si sente dedicata. […] Sentiamo il bisogno di una formazione che mantenga stretto il contatto con l’esperienza concreta, perché siamo convinti che essa, vissuta nella fede, sia un luogo della pre-senza di Dio. […] Nella sua proposta formativa, l’Azione Catto-lica attinge al patrimonio di testimonianza, di santità, di passio-ne apostolica di quanti in passato hanno vissuto nella fedeltà al Vangelo. Guardare alla santità vissuta aiuta ad orientare le scelte […] Occorre tener conto degli interrogativi di ciascuno: di quelli espliciti, e anche di quelli inconsapevoli ed inespressi, approfon-dendo le domande e aiutando ad affrontarle”.

Vita AssociativaAiuto ai terremotati. L’ACI aderisce alla raccolta fondi per i

terremotati d’Abruzzo. L’AC invita dunque tutti a sottoscrivere donazioni per gli interventi in corso di Caritas italiana (causa-le “TERREMOTO ABRUZZO”) attraverso il C/C POSTALE N. 347013 o tramite UNICREDIT BANCA DI ROMA S.P.A. IBAN IT38 K03002 05206 000401120727.

InformAci a cura della presidenza diocesana di Azione Cattolica

Si svolgerà a Ribera domenica 26 aprile il raduno diocesano delle confraterni-

te “Il Cammino della Fraternità” , giunto quest’anno alla XVII edizione. Con il tema “Le confraternite nell’anno dell’ascolto”, la manifestazione, annunciata dal delegato ar-civescovile mons. Gaetano Di Liberto, sarà conclusa da una solenne concelebrazione eucaristica nella chiesa madre dall’arcivesco-vo mons. Francesco Montenegro.

Ad organizzare la manifestazione reli-giosa, che farà registrare la presenza delle più antiche e tradizionali confraternite della provincia agrigentina, sarà a Ribera la con-fraternita del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata che ha programmato una gior-nata piena di avvenimenti che prevede pure la presenza nella città delle arance di alcune confraternite di fuori provincia gemellate con quella di Ribera.

“Sarà un momento di confronto, di fede e di organizzazione – ci dice mons. Gaetano Di Liberto, delegato arcivescovile delle con-fraternite agrigentine – in preparazione an-che degli appuntamenti regionale e nazio-nale di maggio e giugno. Abbiamo accettato l’invito di Ribera perché la locale confrater-nita è particolarmente attiva e ci offre la col-

laborazione concreta per la buona riuscita del convegno diocesano”. L’accoglienza del-le confraternite è prevista a Ribera alle ore 8,30 di domenica presso l’istituto magistrale “Crispi”, in piazza Zamenhof. Poi, alle 9,00 la preghiera iniziale avrà luogo all’interno del cine teatro “Lupo” dove Francesca Battaglia, vicepresidente della Caritas diocesana rela-zionerà sul tema “Le confraternite in ascolto ai bisogni del territorio”. A Ribera già si lavo-ra da qualche giorno alla manifestazione per l’accoglienza di oltre un migliaio di confra-telli che arriveranno nelle piazze principali della cittadina con dei pullmans e anche con mezzi privati. E’ stata programmata, intorno alle 11,00, il percorso professionale, con il si-mulacro del SS. Crocifisso realizzato dall’ar-tista locale Cosimo Altomare, attraverso le vie Saponeria, Smeraldo, Parlapiano, Fazello, corso Umberto I e piazza Giovanni XXIII.

Alle 12,00 sarà celebrata in madrice la messa officiata dall’arcivescovo mons. Mon-tenegro mentre nel pomeriggio i confratelli saranno lasciati liberi per visitare la città, i suoi monumenti e le borgate estive di Sec-cagrande e Borgo. Le edizioni del 2008 e del 2007 dei raduni provinciali si sono svolte

rispettivamente a Siculiana e a Cianciana dove sono arrivate da ogni paese della pro-vincia circa 35 delle 52 confraternite che, con i gonfaloni in testa, hanno fatto il giro delle cittadine. Mons. Di Liberto confida che quest’anno il numero dei partecipanti possa crescere. Le più antiche presenti al raduno saranno quelle del SS. Crocifisso della catte-drale di Agrigento e del SS. Salvatore di Lica-ta, ambedue della fine del XVI secolo.

In provincia buona parte delle confrater-nite organizzano e guidano le processioni con i simulacri del Redentore, dell’Addolora-ta, eseguono la rappresentazione della croci-fissione con l’urna del Cristo Morto. Uomini e donne indossano, con devozione, il saio, segno di appartenenza al proprio sodalizio, vanno spesso a piedi scalzi e portano le inse-gne, i tradizionali gonfaloni che testimonia-no la storia di fedele servizio alla chiesa e alla società.A Ribera, i preparativi sono coordi-nati dalla locale confraternita che, diretta dal presidente Francesco Vassallo, ha mobilitato tutte le istituzioni, le associazioni, le parroc-chie della cittadina.

Enzo Minio

“Vedrai miracoli, se crederai”. Questo è il tema che l’équipe del Centro Diocesa-no Ministranti ha scelto e portato avan-ti insieme ai gruppi dei ministranti di tutta la diocesi. La scelta del tema nasce dall’esortazione del Signore a Marta:“Io ti dico che se tu credi vedrai la gloria di Dio”, ed è stato proposto affinché i ragaz-zi imparino a vivere nell’ottica della fede e nell’amore del Signore, sapendo che Lui ha promesso ai suoi discepoli che, se saranno fedeli al Vangelo, non solo com-piranno le opere che egli ha fatto, ma ne faranno anche di maggiori. Come ogni anno, il CDM ha pubblicato la rivista “Servire con gioia”: un piccolo sussidio di formazione spirituale e liturgica in sei numeri mensili, di supporto ai respon-sabili e ai ragazzi, che fornisce le linee generali per indirizzare il loro cammino. Nella rubrica principale è stato dato par-ticolare rilievo ai miracoli di Gesù ed al loro significato. In quest’anno paolino si è evidenziata la figura di Paolo: seguen-do le vicende della sua vita, i ministran-ti hanno approfondito la conoscenza di questo annunciatore del Vangelo, impa-rando che “la fede è partenza” e che il cristiano non deve vergognarsi del Van-gelo, ma annunciarlo con la parola e con la vita. Il giornalino ha proposto i lavo-

retti con i quali i ragazzi hanno tradotto concretamente ciò che hanno appreso, contestualizzandolo. Il Centro ha inoltre proposto l’iniziativa “Caccia al tappo”, che consiste nella raccolta di tappi in plastica il cui ricavato, una volta venduti, andrà alla comunità di Biagio Conte in-sieme alla raccolta di viveri. Il 25 Aprile è alle porte e vedrà convocati in Semi-nario tutti i ministranti della diocesi per partecipare con grande entusiasmo al 55° Convegno: trascorreranno una giornata in piena armonia con preghiere, giochi e tante altre sorprese. Momento centrale sarà la celebrazione eucaristica presiedu-ta da Mons. Francesco Montenegro.

Marco Farruggia

minisTRanTi �il 25 aprile il 55° Convegno diocesano

«Vedrai �miracoli...se �crederai»

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� L’Amico del Popolo26 Aprile 2009

Anche i con t r ibuen t i che non sono tenu t i a p resen ta re l a d ich ia raz ione de i redd i t i ,possono partecipare al la scelta del l ’8xmil le con i l loro modello CUD. Sulla scheda allegataal CUD, f irmare due volte: nella casella “Chiesa cattolica” e, sotto, nello spazio “Firma”.Chiudere solo la scheda in una busta bianca indicando sopra cognome,nome e codice f iscale e la dicitura “SCELTA PER LA DESTINAZIONEDELL’OTTO E DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF”. Consegnare allaposta. Per ulteriori informazioni telefonare al Numero Verde 800.348.348.

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