la voce di urmila chakraborty: "the changing face of india"

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La rubrica “La finestra sul mondo” approda come prima

tappa in area BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), vol-

gendo lo sguardo verso i paesi emergenti, unanimemen-

te riconosciuti strategici per lo scenario dell’economia

globale del Terzo Millennio. Avendo ripreso il percorso

della rubrica “Doing business in China”, dalla Cina

muove prima di tutto all’interno dell’area asiatica, per

guardare all’India con questa testimonianza di Urmila

Chakraborty, che vive e insegna in Italia e interpreta per

il lettore italiano, con il suo spirito saldamente indiano,

ossimori, contraddizioni e miracoli del suo paese.

Urmila ChakrabortyUniversità degli Studi di Milano, MediazioneLinguistica e Culturale

[email protected]

quale basta un click di mouse per avere ac-cesso a una vasta mole di informazioni, al-l’ultimo social network, per stabilire rela-zioni tra città e paesi anche molto distanti,avviare nuovi commerci, aprirci a nuovimercati. E tuttavia, oltre la piattaforma vir-tuale continuiamo ad avere una limitataconoscenza reciproca, che alimenta i mitie lascia il varco a leggende e stereotipi an-cora imperanti. Così, l’India è tuttora per-cepita principalmente come un paese pove-ro. È vero che ha un’enorme quantità dipopolazione indigente: il 40% dei poveri

Un ossimoro indiano: povertà e consumi

L’economista Stephen Roach sostiene cheil mondo ha bisogno di nuovi consuma-tori, e quelli indiani sembrano molto de-siderosi di colmare questo vuoto. Roachsottolinea inoltre che il consumo privatoin India è pari a un sorprendente 64% delPIL, di poco inferiore a quello degli StatiUniti, primi in classifica con il 70%. L’India è la più grande nazione democrati-ca al mondo. Tutti ne sono a conoscenzain quest’era delle comunicazioni nella

La finestra sul mondo a cura di Bettina Gehrke e Margherita Sportelli

The Changing Face of India

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del mondo vive qui, eppure l’India non è solo una molti-tudine che versa nella povertà: è, più propriamente, unpaese ricco ove vivono molti poveri. C’è, infatti, in Indiamolto di più che povertà e indigenza: ne è un esempio lacrescita costante della classe media e una interessantecomposizione demografica ove la componente giovanileappare in ascesa con 300 milioni di persone di età com-presa tra diciotto e trentacinque anni.I consumatori indiani sono complessivamente più nu-merosi di tutta la popolazione europea e non è un casoche l’Occidente manifesti questo improvviso interesseper un paese altrimenti trascurato.Il Consiglio Nazionale per l’Economia Applicata, consede a Nuova Delhi, suddivide la fiorente classe mediaindiana in 90 milioni di persone che guadagnano tra2200 e 11.000 sterline all’anno, più 287 milioni di per-sone che guadagnano circa 2000 sterline all’anno e cheaspirano a raggiungere la classe media. Entro il 2010 questo gruppo di consumatori indiani saràpari a 561 milioni. Sebbene le cifre siano così esorbitan-ti da risultare quasi incredibili, questo gruppo rappre-senta solo una minoranza della popolazione globale in-diana, che è pari a 1,2 miliardi. Dal boom del commercio al dettaglio restano esclusecirca 800 milioni di persone che non sono ancora ingrado di prendere parte a questa grande mela dei consu-mi (mela è il termine hindi per indicare “fiera”). Il pro-blema focale del paese è “sviluppare l’equità” e, comedice Mukesh Ambani del Reliance Group, “la nostrasfida più grande è quella che nessuno al mondo è mairiuscito a vincere”.La crescita della classe di consumatori in India vede igiovani in prima linea. I giovani indiani, istruiti e agia-

ti, stanno diventando adulti in un mondo nuovo: si in-contrano e socializzano nei ristoranti di stile americanodei grandi centri commerciali, in ambienti lussureg-gianti e ovattati al riparo dal caldo torrido, dall’inquina-mento urbano, dalla sporcizia e dalla folla, in una pia-cevole bolla di mondo ricco e avanzato, in una corniceinternazionale.Gli esperti sono dell’opinione che il settore del consu-mo al dettaglio in India continuerà a crescere quando leprossime generazioni diverranno consumatrici essestesse, ammesso che trovino un’occupazione adeguata.E qui l’India fronteggia la sua seconda grande sfida:creare posti di lavoro appetibili per i suoi giovani ediffondere un’educazione che per la sua eccellenza con-senta a un sempre maggior numero di cittadini di par-tecipare alla crescita economica.

La sfida dell’educazioneNegli ultimi anni la percezione internazionale dell’Indiae la percezione dell’India di se stessa sono mutate. A taleriguardo la storia di Thomas L. Friedman, scrittore egiornalista, vincitore del premio Pulitzer per ben trevolte, è particolarmente significativa. Quando era bam-bino, negli Stati Uniti, i suoi genitori erano soliti dirgli:“Tom, finisci il tuo piatto. Pensa alla gente in Cina e inIndia che sta morendo di fame”. Oggi lo stesso Fried-man raccomanda ai propri figli di portare a termine icompiti perché la gente in Cina e in India sta morendodalla voglia di prendere il loro posto di lavoro. Nel suolibro The World Is Flat Friedman afferma che: “Non esi-ste, infatti, un lavoro americano. C’è solo il lavoro e spes-so, ora più di prima, andrà al lavoratore migliore, piùbrillante, più produttivo o più economico, ovunque si

IL CASO AYURVEDA: INDUSTRIA MODERNA

O PRATICA TRADIZIONALE?

Ayurveda indica l’antico sistema medicoindiano. È parola di origine sanscrita

formata da ayuh che significa vita, nontanto nel senso di spirito vitale quanto inquello di durata dell’esistenza o di longe-vità e di età, e veda che significa conoscen-za o scienza.

Il significato della parola Ayurveda è dun-que la conoscenza o scienza della vita.Oggi, l’Ayurveda è universalmente ricono-sciuto come il sistema di medicina tradi-zionale più antico del mondo. I primi testial riguardo risalgono, infatti, a più di quat-tromila anni fa. La sua particolarità più si-gnificativa e attuale consiste nell’approccioolistico: considera, cioè, organicamenteogni aspetto della vita umana, includendo-vi i fattori positivi del benessere o del pia-

cere ma anche quelli negativi del malesse-re o della malattia, e interpretandoli sottouna triplice lente di lettura: fisica, psichicae spirituale.Intorno al 1920, il fortissimo risveglio na-zionalistico dà nuova vitalità ai valori, aiprincipi e alle antiche tradizioni. Vengonoistituiti pertanto numerosi centri di studio,numerose nuove università e scuole ayur-vediche. Dopo l’indipendenza del 1947, ilgoverno dimostra un maggiore interesse

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trovi”. Questo cambiamento di percezione è collegato ingran parte al fatto che in India c’è un gran numero diprofessionisti qualificati che parla inglese. Oggi inge-gneri, medici, professori e informatici indiani si trovanoin tutto il mondo. L’India antica era un noto centro di cultura, dotato diuniversità prestigiose come Taxila e Nalanda in grado diintrattenere relazioni scientifiche e mantenere contatticon altre civiltà. L’India moderna vanta numerose istitu-zioni accademiche che formano giovani estremamentecompetenti. E se volessimo chiederci se l’India abbia ungrande numero di persone ignoranti o un grande nu-mero di persone colte, ancora una volta entrambe le af-fermazioni sarebbero vere. Jack Welch, storico presiden-te e CEO di General Electric, ebbe a dire che “l’India èun paese in via di sviluppo con una capacità intellettua-le già sviluppata”. Nella società indiana da decenni l’educazione è ritenu-ta l’unico strumento sicuro per migliorare se stessi e ilproprio destino; così, il sogno della classe media india-na è impartire una “buona educazione” ai propri figli.Migliore è l’educazione e maggiori sono le possibilità ditrovare un buon lavoro e accrescere il livello di benes-sere e qualità di vita. Ecco perché l’India ha formatogran parte della sua élite nelle scienze, nell’ingegneriae nella medicina. Nel 1951 Jawahar Lal Nehru, primo degli indiani a di-ventare primo ministro nel proprio paese, fondò ilprimo Istituto Indiano di Tecnologia (IIT - Indian In-stitute of Technology) a Kharagpur, nel Bengala Occi-dentale. Altri prestigiosi IIT furono poi fondati a Delhi,Mumbai, Madras, Kanpur e si diffusero numerosi nelpaese.

Outsourcing delle risorse umane ed eccellenza dei cervelli indiani

L’importanza data all’educazione ha rappresentato certa-mente una risorsa per l’India, ma fino agli anni novantail paese non garantiva lavoro adeguato né prospettive peri suoi professionisti e per un giovane brillante e istruitol’unico modo per realizzare il proprio potenziale era emi-grare, specialmente negli Stati Uniti. Nel 1900 c’eranosolo circa centomila persone di origine indiana negliUSA, mentre già negli anni sessanta gli studenti e i pro-fessionisti indiani in America erano aumentati consi-derevolmente. È in questo periodo che nasce lo stereoti-po dello studente indiano di ingegneria, che verrà poi so-stituito dal genio informatico. Nel 2005 più di ottantamila studenti si recarono negliUSA. Non tutti quelli che arrivarono si sono fermati, maè accertato che nel 2000 quasi un milione e duecento-mila persone di origine indiana vivessero negli StatiUniti. Oggi vi risiedono più di due milioni di indiani e ilnumero è destinato a crescere. Gli “indoamericani” sono molto istruiti e piuttosto fa-coltosi. Il 58% è in possesso di una laurea universitariamentre solo il 27% dell’intera popolazione americanavanta questo titolo. Il guadagno medio di una famiglia diindoamericani è di 64.000 dollari, contro la media ge-nerale di 50.000 dollari. Gli indoamericani sono pre-senti soprattutto in campo medico, dell’industria alber-ghiera, della tecnologia informatica, della ricerca scienti-fica e applicata e della direzione manageriale.Oggi è abbastanza frequente imbattersi in professionistie manager indiani di alto livello, non solo in America main tutto il mondo, compresa l’Italia dove risiedono inge-gneri, medici, esperti di informatica e professori.

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verso questa disciplina. Nel 1953 viene isti-tuito a Jamnagar il primo Istituto Centraledi Ricerca dei Sistemi di Medicina tradizio-nale e nel 1956 viene fondato il Centro perla Specializzazione post-universitaria. Nel1965 lo Stato del Gujarat approva il proget-to di istituzione dell’Università Ayurvedicadel Gujarat, inaugurata il 5 gennaio dellostesso anno da Morarji Desai, all’epocaprimo ministro e grande sostenitore del-l’Ayurveda. Attualmente, oltre a questa, ci

sono 45 università indiane che comprendo-no una facoltà di Ayurveda e 110 istituti uni-versitari ayurvedici affiliati alle stesse. Glistudiosi svizzeri, negli anni trenta, hannocominciato a studiare le proprietà dellapianta Rauwolfia Serpentina (resurpina),alla ricerca di una cura contro l’ipertensio-ne. Questa “nuova ricerca” sulla resurpina,una pianta da sempre presente nell’Ayurve-da, ha contribuito a un grande scambio diidee fra i medici occidentali “moderni” e i

medici ayurvedici. I ricercatori occidentali,negli ultimi anni, hanno approfondito laloro conoscenza dell’Ayurveda e della me-dicina tradizionale in genere, conducendoesperimenti per verificarne l’efficacia. Nel1988 il famoso medico Barush Blumberg,premio Nobel per la medicina nel 1976, haconfermato l’efficacia del Phyllantus, unapianta che cresce spontaneamente nel sub-continente indiano, nella cura contro l’epa-topatia virale. Le ricerche di Blumberg

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L’India ha un avanzato sistema di educazione superiore enel 2006 annoverava venti università centrali, 217 univer-sità statali, 104 università legalmente riconosciute (istitu-zioni cui è stato concesso lo status di università con la li-cenza di impartire i propri diplomi), tredici istituzioni spe-ciali di importanza nazionale (Indian Institute of Techno-logy, Indian Institute of Management, Indian StatisticalInstitute ecc.) e numerose università private. Nell’anno ac-cademico 2006-2007 13,93 milioni di studenti si sonoiscritti a istituti di formazione superiore; le donne am-montavano a circa il 40,40% (Rapporto annuale del Mi-nistero dello Sviluppo delle Risorse Umane per il 2006-2007). Per le sue caratteristiche di dimensione ed etero-geneità, il sistema di educazione superiore indiano vantail terzo posto nel mondo dopo USA e Cina.Sin dall’indipendenza del paese nel 1947 il numero diuniversità è aumentato di diciotto volte e le iscrizioni dipiù del 10%. Il sistema è diventato democratico e dimassa, con un terzo del 40% delle iscrizioni provenien-te dagli strati socioeconomici più bassi. Il numero di lau-reati degli istituti di istruzione superiore nel 2003 am-montava a 1.235.444. Il rapporto della UGC (UniversityGrants Commission) del 2004-2005 mostra che circa il6% dei laureati era rappresentato da studenti di inge-gneria e tecnologia (ne deduciamo facilmente quanti in-gegneri si laureino in India ogni anno!). Gli IIT e gli IIM sono istituti di alto livello e godono di unareputazione internazionale. “Gli IIT sono divenuti isole dieccellenza ... i candidati sono accettati solo se passano unesame di ingresso molto duro. Lo Stato non interferiscecon il curriculum di studi e il carico di lavoro è notevole...Probabilmente è più difficile accedere a un IIT che allaHarvard University o al Massachusetts Institute of Tech-nology” (Wall Street Journal, 16 aprile 2003).

Un nuovo outsourcing: da bacino di cervelli a bacino di servizi

Non sono pochi gli indiani che continuano ad andare al-l’estero, specialmente nel Regno Unito e negli StatiUniti, per lavorare o studiare, ma grazie al mutato sce-nario globale molti possono rimanere in patria e guada-gnare stipendi dignitosi. Ora si può creare innovazionesenza necessariamente emigrare. Le società indianestanno crescendo sia all’estero sia in India, divenuta oggiun importante bacino di outsourcing di servizi e tecno-logia informatica per conto dei paesi industrializzati.Una complessa combinazione di fattori socioeconomiciha contribuito a mutare lo scenario, dal sistema educati-vo alle riforme economiche e politiche.Il Millennium Bug o Y2K rappresenta poi l’esempio lam-pante di questa mutazione complessa e multidimensio-nale: al volgere del Duemila il mondo temeva che, senzaalcun intervento di reset, i computer programmati attra-verso orologi interni dotati di sole sei cifre (che avevanoconsentito fino ad allora un risparmio di memoria) dopoil 31/12/99 si sarebbero bloccati generando un’immensacrisi globale. Si pensi solo al controllo di acqua, aria etraffico attraverso sistemi computerizzati e si può avereun’idea delle dimensioni e dell’incidenza della crisi pa-ventata.Il lavoro di reset richiedeva un numero esorbitante di in-gegneri dotati non solo di capacità tecniche ma anche dicompetenze linguistiche. Così India e America iniziaro-no un gran numero di sessioni di “tech talks”. La dispo-nibilità congiunta di risorse informatiche, competenzetecniche e di un common language diede avvio a unanuova rete di collaborazione, creò un network destinatoa permanere oltre la congiuntura critica e realizzò un va-lore aggiunto di tipo orizzontale, una forma innovativa di

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hanno dato un’importante conferma e unulteriore riconoscimento internazionale al-l’Ayurveda. Attualmente, diversi paesi ospi-tano numerose organizzazioni private euniversità che studiano l’Ayurveda e alcuni,come Brasile e Russia, hanno incorporatol’Ayurveda nei propri sistemi sanitari na-zionali. Anche l’OMS ha inserito l’Ayurve-da nel progetto di valorizzazione dei siste-mi tradizionali di medicina e numerosi stu-

diosi, occidentali e orientali, oggi parlanodi una possibile ed efficace medicina inte-grata, ove la medicina moderna e la medi-cina ayurvedica possano interagire, in fun-zione complementare.“L’Ayurveda ha in sé un grande potenzialeche, se analizzato sul piano scientifico e af-fiancato alla medicina moderna, può darerisultati eccellenti per il raggiungimentodell’obiettivo della salute nel mondo. Non

esistono né una scienza perfetta né unamedicina perfetta, è dall’unione delle me-dicine che nasce il vero miracolo dellascienza” (P. Paranijpe, Director of Ayurve-da Research Foundation, Pune).In India, gli studi ayurvedici hanno portatoalla creazione di numerose società produt-trici di sostanze mediche, alimenti e co-smetici ayurvedici, basati su antiche ricetteche sono costantemente aggiornate e te-

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outsourcing. Infosys rappresenta il ground zero dell’in-dustria dell’outsourcing indiano. Nei suoi uffici campeg-gia uno dei più grandi televisori a schermo piatto che sitrovino in Asia e tramite il web si resta in contatto co-stante con i clienti internazionali. Così l’India, trascuratafino ad allora, emerse in maniera significativa comepaese tecnologicamente esperto e si impose sullo scena-rio internazionale proprio nell’emergenza del Millen-nium Bug. Come non ha mancato di evidenziare lo stes-so Friedman, “nessun altro paese disponeva di tanti in-gegneri e tecnici capaci di portare a compimento un la-voro di proporzioni gigantesche”. Era giunto il momentodi raccogliere il frutto di tanto duro lavoro, seminatomolto tempo prima dalla sag-gezza degli anziani che aveva-no fondato i prestigiosi IIT intutto il paese, puntando sullascienza e sull’educazione.Le aziende indiane si sono poiimposte all’attenzione interna-zionale anche per la loro famadi “secondi compratori”, perl’attitudine a comprare conevidente vantaggio e fiutocommerciale ogni tipo di so-cietà, da quelle produttive aquelle dei servizi, dagli alber-ghi ai campi da golf agli shop-ping center, quando le pro-prietà iniziali dichiarano ban-carotta e le banche rimettono sul mercato le quote azio-narie. Il 2007 è stato un anno record per le acquisizionidi società estere da parte di società indiane. In termini fi-nanziari le acquisizioni top 5 sono state: 1. Corus (GB)

da parte di Tata per 12,1 miliardi di dollari; 2. Novelis(USA) per 3,3 miliardi di dollari da parte di Hindalco In-dustries; 3. REpower Systems (Germania) per 1,8 mi-liardi di dollari da parte di Suzlon Energy; 4. AlgomaSteel (Canada) per 1,6 miliardi di dollari da parte di EssarGlobal, e infine 5. Whyte & Mackay (GB) per 1,2 miliar-di di dollari da parte di United Spirits.

Un mosaico culturale, un tessuto complessoÈ sempre difficile parlare univocamente dell’India per ilsuo tessuto socioculturale così composito. Il paese è allostesso tempo un’antica civiltà e una nazione moderna edemocratica. La sua popolazione, di oltre un miliardo e

cento milioni di abitanti, com-prende indù e musulmani,sikh, giainisti, buddhisti, ebreie zoroastriani. Ha una costitu-zione laica ed è il solo paese almondo a celebrare, come festenazionali, il diwali, il Natale el’eid. L’India ha ventidue linguericonosciute con un dia-sistemalinguistico complesso e articola-to. La lingua nazionale è l’hindie l’inglese è parlato da circa 350milioni di persone. Quando viaggio in Europa emi sposto dalla Francia allaSpagna alla Germania possoper lo meno leggere “sortie” o

“ausgang” e cercare in un dizionario il relativo significa-to sul momento. Negli anni ottanta, nell’India meridio-nale, per la prima volta mi resi conto di che cosa volessedire essere analfabeta. Mentre mi spostavo attraverso

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state. Tra le società più note ci sono Dabur,Zandu, Himalaya, Maharishi, per citarnesolo alcune.Dabur India Limited è una delle società lea-der nella produzione di beni di largo con-sumo con un fatturato di 599 milioni di dol-lari. Grazie a una tradizione di qualità e aun’esperienza di più di centoventi anni,oggi il suo nome è sinonimo di garanzia,essendo la società specializzata in Ayurve-

da e cure naturali più grande al mondo. Ilportfolio di beni di largo consumo di DaburIndia comprende attualmente cinquebrand di punta con un carattere distinto:Dabur, il brand principale per i prodotti perla salute; Vatika, per la cura personale diqualità superiore; Hajmola, per i prodottiche favoriscono la digestione; Rèal, per be-vande a base di frutta; e Anmol, relativo aiservizi di cura personale a prezzi contenu-

ti. La società possiede centri di produzionesparsi in Asia e Africa (otto in India e cin-que fuori del paese). Ha partecipazioniazionarie stabili non solo in India ma anchenei mercati internazionali, con un’inciden-za sul fatturato generale del 18%. Fondatanel 1884 a Dabur, nel 1896 realizzò il suoprimo impianto produttivo, nel 1919 inau-gurò i suoi laboratori di ricerca e nel 1986si è trasformata in società per azioni.

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Nagarjuna Sagar in Andhra Pradesh, tutti i cartelli eranoin telegu, e fu un incubo: riuscivo a comunicare solo asegni. È molto comune, in effetti, vedere un ingegnereindiano del Bengala lavorare con un esperto di softwaredel Tamilnadu parlarndo in inglese. Questo spesso ge-nera la domanda: “Perché non parlate in indiano?”. La-voro in Italia da quattordici anni e spesso mi si chiede sein casa parlo indiano. La domanda posta dall’uomomedio è comprensibile, dal momento che in Italia siparla italiano, ma anche le persone più colte a voltehanno difficoltà a comprendere che in India coesistonomolte differenti lingue e non solo dialetti.Attraversando il paese si è spettatori di questa diversitàanche nei cambiamenti del panorama: dalle svettantivette himalayane, a nord, fino al tumultuoso Oceano In-diano al sud, dall’arido deserto del Thar, a ovest, fino allaverde foresta lussureggiante di Sundarban, a est. E cosìcambiano i cibi e il modo di vestire. Tuttavia, nel mezzodi questa impressionante diversità, il motto indiano è“unità nella diversità”, e nonostante tutte queste varietàuna “indianità” universale è sempre presente. L’India, infine, riflette le condizioni dell’intero pianeta,come un piccolo microcosmo, e deve affrontare le gran-di sfide globali del surriscaldamento, della lotta al terro-rismo, della crisi energetica e, ovviamente, della povertàe della scolarizzazione. La grande ambizione del paese èconvertire una nazione in via di sviluppo e molto popo-losa in una nazione sviluppata candidata a diventare po-tenza internazionale.I problemi e le sfide globali sono anche i problemi e lesfide indiane, e stiamo ancora lottando per trovare i giu-sti equilibri e le soluzioni. Quando ero una ragazzina evivevo a Kolkata, i miei nonni erano soliti aspettare contrepidazione l’arrivo delle rondini in inverno. Più tardi,quando andai a scuola, appresi che “una rondine non faprimavera” e andai in confusione.

Ho compreso poi che le rondini possono arrivare inIndia in inverno e rimanere in Europa in estate, ma larondine nella sua migrazione è cittadina del mondo, puòtrovarsi ovunque ed è compito di ognuno preservarla eproteggerla. π

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Vent’anni dopo registrava il superamentodei due milioni di dollari di capitale di mer-cato, adottando i criteri contabili US GAAPe uniformando il proprio comportamentoorganizzativo anche nei settori di finanzae accounting alle pratiche di eccellenza in-ternazionale. Attualmente Dabur com-mercializza i suoi prodotti in più di cin-

quanta paesi e ha sedi e impianti in tuttoil mondo, dall’Asia all’Africa, in Europa,nel Regno Unito in particolare, e negliStati Uniti. Vanta partnership strategiche ecentri di produzione moderni. Si può dire che sia un classico esempio dicome la sapienza antica sposi con succes-so l’innovazione. Da piccola impresa di un

solo proprietario, fondata dal dottor Bur-man, è cresciuta fino a imporsi anche nelleattività di ricerca e sviluppo sulle nanotec-nologie, mai cessando di ispirarsi ai prin-cipi ayurvedici, alla visione olistica dellamedicina, alla conservazione della naturae delle sue risorse, che restano l’intra-montabile spirito dell’India. π

INDICATORI MACRO ECONOMICI The World Factbook – Dati India 2006

Popolazione 1.095.351.995 abitanti

Età media anni 24,9

Crescita demografica 1,38%

Prodotto interno lordo 3.666 miliardi USD (81,4 % realizzato da industria e servizi)

PIL pro capite 3.400 USD

Crescita del prodotto interno lordo 8,4%

Bilancia commerciale 16,9 miliardi USD

Esportazioni 76,2 miliardi USD

Importazioni 113,1 miliardi USD

Bilancia dei pagamenti 12,9 miliardi USD

Debito pubblico 53,8 % del PIL

Tasso di inflazione 4,2%

Utenti telefoni cellulari 69,2 milioni

Riferimenti bibliografici

Thomas L. Friedman, TheWorld Is Flat, Picador TradePaperback, 2007.

Mira Kamdar, Planet India,Simon and SchusterAdult Publishing Group,2007.

Gurcharan Das, India Un-bound: The Social and Eco-nomic Revolution from In-

dependence to the GlobalInformation Age, AnchorBooks, 2002.

Government of India, AnnualReport of Ministry ofHuman Resource Develop-ment, 2006-2007.

Chandrashekhar, Introduzio-ne all’Ayurveda, Astrola-bio, 1979.

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