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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale vizi della procedura e criteri di scelta

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Page 1: La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale vizi della procedura e criteri di scelta

La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

vizi della procedura e criteri di scelta

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

Il sindacato del giudice: il potere di controllo sull’iniziativa

imprenditoriale attribuito al sindacato riduce il controllo in sede contenziosa che quindi non riguarda gli specifici motivi della riduzione del personale, ma la correttezza procedurale dell’operazione (cas. civ., 3.3.2009 n. 5089;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

la procedura disciplinata dall'art. 4 della legge n. 223 del 1991 assegna al sindacato, a fronte dell'esercizio del potere imprenditoriale modificativo in maniera non marginale dell'assetto aziendale, un ruolo di tutela dell'interesse del lavoratore alla conservazione del posto di lavoro nell'ambito del più generale controllo su eventi che incidano, in maniera non marginale, sull'assetto occupazionale;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

la funzione della comunicazione di cui all'art. 4, comma terzo, della legge n. 223 del 1991, è quella di consentire alle organizzazioni sindacali una partecipazione con efficacia adeguata al ruolo che il legislatore assegna loro nell'ambito di una vicenda dalla quale esce mutata la stessa struttura dell'azienda (cass. civ., 9.9.2003 n. 13196; cass. civ., 2.3.2009 n. 5034);

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la mancata indicazione nella comunicazione di avvio della procedura di tutti gli elementi previsti dall’art. 4 determina, insanabilmente, l'inefficacia dei successivi licenziamenti ed il lavoratore è legittimato a far valere l'incompletezza della comunicazione ed il conseguente vizio del licenziamento (cass. civ., 2.3.2009 n. 5034; cass. civ., 11.7.2007 n. 15479);

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la comunicazione introduttiva della procedura ha contenuto vincolato, finalizzato a garantire la trasparenza delle scelte aziendale ed un effettivo ruolo agli organismi sindacali. Questi, proprio per effetto di una corretta e completa informazione preventiva sui vari dati richiesti dalla norma, sono posti in condizione di stabilire sin dall'inizio un chiaro nesso di causalità tra le esigenze aziendali prospettate dall'impresa e il licenziamento collettivo, come pure di individuare i connotati della manovra di riduzione (unità produttive coinvolte, posizioni di lavoro da eliminare, ecc.), e di acquisire in tal modo elementi di valutazione indispensabili, nella successiva fase del confronto, anche in vista di proposte volte ad evitare o attenuare le conseguenze del ridimensionamento (cass. civ., 13 novembre2000 n. 14679);

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l’omissione della comunicazione per iscritto, alle rappresentanze sindacali aziendali e alle associazioni di categoria nonché all'Ufficio provinciale del lavoro, contenente l'indicazione dei motivi dell'eccedenza e di tutti gli altri elementi prescritti dal terzo comma dell'art. 4 della citata legge - non è sanata dall'accordo sindacale comprensivo dell'individuazione dei lavoratori da licenziare (cass. civ., 18.7.2001 n. 9743);

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

la mancata indicazionela mancata indicazione nella comunicazione di avvio della procedura di tuttidi tutti gli elementi previsti dall'art. 4 comma 3 della legge n. 223 del 1991 invalida la procedura e determina l'inefficacial'inefficacia dei licenziamenti; tale vizio non è ex se sanato dalla successiva stipulazione di accordo sindacale di riduzione del personale e dalle indicazione in esso di un criterio di scelta dei dipendenti da licenziare;

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nel caso in cui sia stato raggiunto l'accordo sindacale, i vizi della comunicazione di avvio della procedura non sono rilevanti ai fini della inefficacia dei licenziamenti intimati all'esito della procedura medesima, salvo che sia dimostrata l'idoneità dei vizi della comunicazione di avvio a fuorviare o eludere l'esercizio dei poteri di controllo preventivo attribuiti alle organizzazioni sindacali (cass. civ., 24.10.2008 n. 25758);

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la sufficienza ed adeguatezza della comunicazione di avvio della procedura vanno valutate in primis in relazione alla finalità di corretta informazione delle organizzazioni sindacali;

il fatto che questo fine in concreto sia stato raggiunto – con la stipula appunto di un accordo - è marcatamente rilevante per valutare la "completezza" della previa comunicazione di cui all'art. 4, comma 3 (cass. civ., 11.7.2007 n. 15479; cass. civ., 5.6.2003 n. 9015);

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non si tratta di "sanatoria" dei vizi della procedura, bensì di rilevanza del successivo accordo al fine di apprezzare l'adeguatezza della precedente comunicazione di avvio della procedura e di evitare una valutazione astratta e sbilanciata della sufficienza del contenuto della stessa;

il fatto che la parte sindacale sia stata in grado di negoziare l'accordo getta luce - retrospettivamente - sul contenuto, e quindi sulla sufficienza, della iniziale comunicazione di avvio della procedura (cass. civ., cass. civ., 11.7.2007 n. 15479);

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ciò non toglie però che, pur a fronte di tale raggiunta intesa tra le parti, il giudice debba comunque verificare -con valutazione di merito a lui devoluta - l'adeguatezza dell'originaria comunicazione di avvio della procedura, non potendo escludersi che questa possa risultare non di meno insufficiente ove il sindacato in realtà non sia stato posto in condizione di partecipare alla trattativa con piena consapevolezza di ogni rilevante dato fattuale per l'obiettiva insufficienza o reticenza di tale iniziale comunicazione e che quindi la trattativa sindacale, pur sfociata nell'accordo, abbia sofferto di un originario "deficit" informativo che ridonderebbe anche in lesione di quell'esigenza di oggettiva trasparenza del processo decisionale del datore di lavoro (cass. civ., 11.7.2007 n. 15479);

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Esempio di comunicazione insufficiente: “i motivi che hanno determinato la situazione di eccedenza sono da individuarsi nella ristrutturazione e riorganizzazione aziendale e nelle condizioni di mercato che non consentono l’utilizzo dell’organico”;

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in questo caso mancano dati mancano dati numerici e concreti della crisinumerici e concreti della crisi, non è sufficiente il riferimento alla crisi di mercato conseguente, ad esempio, alla concorrenza dei paesi emergenti, ma è necessario un riferimento alle specifiche condizioni che rispecchiano le oggettive esigenze dell’impresa;

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Ancora:indicazione del solo numero degli esuberi, ma non della collocazione professionale, rendendo quindi impossibile verificare l’esistenza del nesso causale tra le esigenze poste a fondamento della riduzione (contenimento dei costi) ed i licenziamenti

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Ancora:in caso di licenziamento dopo la cigs i motivi dell’eccedenza non possono essere quelli della cigs: il datore di lavoro deve spiegare perché, nonostante la cigs, chiesta ed ottenuta, ritenga opportuno licenziare;

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E’ sempre necessaria l’indicazione delle ragioni per cui è impossibile ricorrere a rimedi alternativi: l’unica eccezione è stata ravvisata nella dichiarata intenzione di un licenziamento totale e definitivo;

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la comunicazione deve fare integrale astrazione da ogni elemento che valga ad individuare direttamente le "persone" da espungere;

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non è casuale il riferimento ai "profili professionali", perché questi, in maniera più precisa rispetto agli inquadramenti nelle varie categorie contrattuali, sono in grado di dare contezza delle mansioni svolte nell'ambito delle varie articolazioni produttive, permettendo così la verifica della loro connessione con l'indicato del processo di crisi, ovvero di ristrutturazione;

il riferimento ai profili ed alla collocazione aziendale del personale in esubero, offre pregnanti elementi di riscontro sulla genuinità dell'operazione alle organizzazioni sindacali, cui è devoluto "ex ante" il controllo dell'iniziativa imprenditoriale di riduzione del personale;

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Sul termine per l’esaurimento della procedura (art. 4, comma 6, l. 223/91):

Inefficacia dell’accordo sindacale intervenuto oltre 45 gg. dalla comunicazione alle rappresentanze sindacali dell’avvio della procedura e dopo l’intervento dei licenziamenti (Cass. civ., 7466/2000);

Validità dell’accordo, non trattandosi di un termine perentorio (giur. merito e dottrina);

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La contestualità di cui all’art. 4, comma 9, legge 223/91 :la contestualità, anche se non intesa come esatta contemporaneità, va considerata come obbligo di immediatezza (Cass. 13457/00; Cass. 3922/98);

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le comunicazioni possono precedere l'intimazione dei licenziamenti, assolvendo così pienamente e meglio la funzione di garanzia e controllo;

le comunicazioni, proprio al fine di attenuare la rigidità degli oneri posti a carico del datore di lavoro, possono essere inviate contestualmente ai recessi;

salvo l'intervento di cause di forza maggiore, non è possibile ritenere che il datore di lavoro possa procedere ad intimare i licenziamenti ritardando il momento di invio delle comunicazioni (Cass. civ., 23.1.2009 n. 1722);

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una lettura meramente cronologica della parola "contestualmente" (sia pur fatta propria da parte della giurisprudenza di merito), condurrebbe ad esigere l'assenza del pur minimo intervallo temporale fra la prima comunicazione (al lavoratore) e la seconda comunicazione (agli uffici pubblici ed alle associazioni di categoria);

la norma, non specificando la misura cronologica della contestualità fra le comunicazioni, non esige che le comunicazioni avvengano nello stesso giorno (Cass. civ., 8.3.2006 n. 4970);

in ogni caso, la contestualità va rapportata non alla data di spedizione della comunicazione, ma a quella della sua ricezione;

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Alcuni casi: 15 - 30 giorni dopo il licenziamento

(non ammissibile); 2-6 giorni dopo il licenziamento

(ammissibile);

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La puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta (art. 4, comma 9, l. 223/91):non è sufficiente una mera ripetizione delle espressioni usate dal legislatore o la dichiarazione di aver applicato correttamente i criteri di scelta, ma occorre specificare come i criteri di scelta abbiano portato al licenziamento di alcuni dipendenti in luogo di altri;

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Un esempio:La comunicazione conteneva:

l’indicazione del criterio di scelta (possesso dei requisiti per il collocamento in pensione);

i nominativi dei licenziati (con indicazione del tipo di pensione, della data di maturazione dei requisiti, dei carichi di famiglia) ;

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Cosa mancava?

l’esposizione, per ciascun dipendente (nato prima del 1954), della valutazione comparativa rispetto agli altri;

occorreva una lista riguardante la data della maturazione dei requisiti pensionabili di tutto il personale astrattamente interessato, con l’indicazione dei dipendenti che, in relazione al numero dei contributi maturati, fossero già in condizione di collocarsi in pensione o più vicini ad essa, in ordine decrescente;

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Ciò anche quando il criterio di scelta sia unico, perché adottato nell’accordo sindacale (ad esempio, la prossimità al pensionamento), perché deve ugualmente consentire la formazione di una graduatoria rigida e deve poter essere applicato e controllato senza margini di discrezionalità del datore di lavoro (cass. civ., 5034/09; 21541/06; 5/06; 12781/03; 13962/02);

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Non occorre che nella comunicazione vi sia anche la dettagliata comparazione della posizione di ciascun lavoratore licenziato con quella di tutti gli altri lavoratori che invece hanno conservato il posto di lavoro, ne' tanto meno alcuna graduatoria; occorre però la "puntuale indicazione" dei criteri di scelta e delle modalità applicative (cass. civ., 9.8.2004 n. 15377);

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

Corte App. Torino 10.2.2009:la comunicazione di cui all’art. 4, comma 9, l. 223/91 deve contenere l’indicazione di tutti i lavoratori dipendenti e non certo dei soli lavoratori collocati in mobilità: è evidente che, al fine di rendere possibile il giudizio comparativo tra i vari lavoratori, devono necessariamente essere comunicati i dati di tutti i dipendenti, perché solo così si consente, ai lavoratori colpiti dal provvedimento di recesso, il raffronto concreto voluto dalla legge e la comparazione tra la propria posizione e quella dei colleghi mantenuti in servizio;

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I criteri di scelta:

legali (art. 5 l. 223/91) a) carichi di famiglia; b) anzianità;c) esigente tecnico-produttive ed organizzative;

convenzionali

la procedura non deve lasciare, neppure in via marginale, la possibilità per il datore di lavoro di una scelta “personalizzata”

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I criteri legali hanno natura residuale, per cui vi si fa ricorso in mancanza di criteri convenzionali;

I criteri legali devono essere applicati in concorso tra loro, ma è possibile attribuire prevalenza ad uno di essi, in particolare alle esigenze tecnico-produttive/organizzative, essendo il criterio più coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione di personale, sempre che tale scelta trovi giustificazione in fattori obiettivi, la cui esistenza sia provata in concreto dal datore di lavoro e non sottenda intenti elusivi o ragioni discriminatorie (Cass., 15.2.2001 n. 2188; Cass. 3 febbraio 2000 n. 1201; 2774/1997; 4886/1998; 13 febbraio 1990 n. 1039; 16 dicembre 1985 n. 6401);

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il ricorso al criterio unico delle esigenze produttive è possibile soltanto previo accordo con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;

quando non vi è accordo, la norma è imperativa nel senso che i tre criteri indicati (anzianità, famiglia, produzione) debbono essere utilizzati in concorso tra loro (cass. civ., 5.5.2008 n. 21138);

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I criteri convenzionali:

età pensionabileetà pensionabile: potrebbe consentire una diretta individuazione dei lavoratori da licenziare, tuttavia è stato ritenuto “razionalmente giustificato” (Corte. Cost., 268/94);

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

Segue: non può ritenersi discriminatorio ed

irrazionale, ma - seppure con tutte le riserve connesse all'espulsione anticipata dal mondo del lavoro - come un evento meno traumatico di quello che potrebbe verificarsi seguendo i criteri indicati dalla legge;

consente di formare una graduatoria rigida, e quindi di essere applicato e controllato senza alcun margine di discrezionalità per il datore di lavoro;

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Una revisione critica espressa da Corte App. Firenze 27.3.2006:il criterio rischia di contraddire il principio di non discriminazione che è da considerarsi principio generale del diritto comunitario (art. 13 TUE; art. 21 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea; direttiva del Consiglio 2000/78/CE);

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Si tratta quindi di un criterio che, come spesso accade, può essere utilizzato come unico criterio convenzionale e se alcuni lavoratori prepensionabili siano mantenuti in servizio può soccorrere una valutazione sulla corretta applicazione del criterio ai sensi dell’art. 1375 c.c.;

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Il caso esaminato da Cass. 13393/02: criterio convenzionale dell’età

pensionabile; procedura conclusa con un licenziamento

collettivo di lavoratori in numero inferiore a quelli in possesso del requisito (prepensionabili);

secondo il Tribunale il criterio convenzionale doveva essere integrato con quelli legali;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

La decisione della Corte:

la scelta di un criterio convenzionale è sintomatica della volontà di escludere il ricorso a quelli legali;

la procedura è finalizzata al recupero della integrità aziendale ai fini produttivi;

il fatto che rimangano in servizio lavoratori prepensionabili non implica, ex se, la pretestuosità o l’illegittimità del licenziamento;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

Segue: occorre verificare che il margine di

discrezionalità residuale del datore di lavoro non sia stato surrettiziamente utilizzato a scopo discriminatorio;

tale valutazione deve essere compiuta unicamente alla stregua dei principi di correttezza e buona fede;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

Segue: nel caso concreto il lavoratore aveva

lamentato il mancato ricorso ai criteri legali, ma non aveva addotto elementi obiettivi idonei a ritenere irrazionale la scelta datoriale dei lavoratori destinatari del provvedimento espulsivo;

né risultavano censure da parte delle organizzazioni sindacali;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

L’ambito entro il quale deve essere operata la scelta:

Ai fini della determinazione dell’ambito di attuazione del licenziamento collettivo e dell’individuazione dei lavoratori da licenziare deve tenersi conto di tutti i lavoratori dell’azienda, salvo che questa risulti divisa in singole unità produttive; sicché non può valere a ridurre il numero dei soggetti da valutare comparativamente il mero ridimensionamento (o la stessa soppressione) di un reparto, potendo la riduzione del personale essere limitata agli addetti a tale reparto solo allorquando sia costoro sia gli addetti ai restanti reparti siano portatori di specifiche professionalità non omogenee che ne rendano impraticabile in radice qualsiasi comparazione (Cass. civ., 15.2.2001 n. 2188; Cass. 9 giugno 1993 n. 6418; Cass. 29 dicembre 1998 n. 12879; Cass. 10 luglio 2000 n. 9169)

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

la prima parte dell'art. 5 dispone che "l'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire in relazione alle esigenze tecnico produttive ed organizzative del complesso aziendale;

ciò per due ragioni: una è quella, per cui

l'intendimento di espungere dall'azienda i lavoratori più forti sul mercato (a) carichi di famiglia e b) anzianità) è meglio conseguibile ampliando al massimo l'area in cui operare la scelta; l'altra è quella di approntare una ulteriore di garanzia contro il pericolo di discriminazioni a danno del singolo lavoratore, in cui tanto più facilmente si può incorrere quanto più si restringe l'ambito della selezione;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

la delimitazione dell'ambito di applicazione dei criteri dei lavoratori da porre in mobilità è consentita solo quando dipende dalle ragioni produttive ed organizzative, che si desumono dalle indicazioni contenute nella comunicazione di cui al terzo comma dell'art. 4, quando cioè i esposti motivi dell'esubero, le ragioni per cui lo stesso non può essere assorbito, conducono coerentemente a limitare la platea dei lavoratori oggetto della scelta (Cass., civ., 24 gennaio 2002 n. 809; Cass. civ., 26 settembre 2000 n. 12711, 18 novembre 1997 n. 11465, 10 giugno 1999 n. 5718);

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

La fungibilità:

deve essere valutata in concreto, con riferimento alle attività effettivamente svolte;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

Corte App. Torino 10.2.2009: l’individuazione dei lavoratori da

collocare in mobilità era stata operata “nell’ambito dei settori per i quali era stato evidenziato un esubero di personale”;

il ricorrente, nel proprio reparto, aveva conseguito il minor punteggio;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

“cessare l’attività dei settori produttivi non riconvertibili, quali le attività relative alle viti a testa esagonale … e dei dadi di tipo standard”;

ciò non autorizzava l’azienda ad operare la comparazione reparto per reparto, perché in tal modo il ricorrente era stato svantaggiato due volte: la prima, in assoluto, con riferimento a tutti i lavoratori, la seconda all’interno del reparto di appartenenza;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

Corte App. Torino 10.9.2008: la società aveva limitato la scelta ai soli

dipendenti delle unità produttive soppresse (Torino e Catania), senza procedere ad alcuna comparazione con i dipendenti operanti nelle restanti unità produttive (Bergamo, Brescia, Mestre e Bari), pur in presenza di lavoratrici con mansioni del tutto fungibili;

il legislatore non parla di (e non circoscrive l’ambito di operatività dei criteri di scelta alla) “unità produttiva soppressa”, ma fa riferimento alle esigenze tecnico-produttive “del complesso aziendale”, cioè dell’intera struttura dell’azienda che procede alla riduzione di personale;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

Segue: nella comunicazione di avvio della procedura era stata

dichiarata “l’intenzione di procedere a licenziamenti per riduzione di personale nelle proprie unità produttive site in Bari, Bergamo, Brescia, Catania, Mestre, Torino”, per motivi “che si riconducono a un grave sbilanciamento tra costi e ricavi ed una sostanziale incapacità delle società non solo di produrre utili ma addirittura far fronte con proprie risorse ai costi di esercizio ed operativi”;

radicale e organica ristrutturazione comportante la chiusura dei centri in perdita;

non c’era alcun riferimento alle esigenze tecnico-produttive ed ai costi delle singole unità produttive, né era precisato che l’esigenza di riduzione dei costi riguardasse esclusivamente, o prioritariamente, le sedi di Torino e di Catania;

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Segue:la Corte non ha inteso sindacare la decisione imprenditoriale di chiudere le due unità produttive, ma quella di limitare unilateralmente i lavoratori tra cui effettuare la comparazione, laddove l’indicazione dei motivi (di cui al comma 3 art. 4) pareva riferita all’intero complesso aziendale ed i lavoratori, sul territorio nazionale, risultavano fungibili;

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La tutela del lavoro nella crisi: la riduzione del personale

Corte App. Torino 2.2.2001:ribadisce la necessità di operare la comparazione nell’ambito dell’intero complesso aziendale, in un caso in cui la riduzione del personale era stata determinata dalla chiusura di un reparto (stampaggio), ma era emersa la fungibilità dei dipendenti, in quanto c’era elasticità di impiego dei lavoratori (tra il reparto chiuso ed un altro) e per esigenze temporanee e contingenti i lavoratori di un reparto venivano spostati in altro reparto;