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Università degli Studi di Napoli “Federico II” Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Triennale in Fisica Tesi di Laurea compilativa in Relatività e Campi Elettromagnetici LA TEORIA DELLA RELATIVITÀ GENERALE NEL FUNZIONAMENTO DEL GPS Anno Accademico 2012/2013 Relatori Professor Rodolfo Figari Professor Cosimo Stornaiolo Candidato Massimo Boffardi 567/307

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Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Triennale in Fisica

Tesi di Laurea compilativa in Relatività e Campi Elettromagnetici

LA TEORIA DELLA RELATIVITÀ GENERALE

NEL FUNZIONAMENTO DEL GPS

Anno Accademico 2012/2013

Relatori

Professor Rodolfo Figari

Professor Cosimo Stornaiolo

Candidato

Massimo Boffardi

567/307

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Ho dilatato un po’ i tempi.

Speriamo sia solo un effetto relativistico.

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I

INDICE

INTRODUZIONE 2

1 LA STORIA E L’UTILITÀ DEL GPS 5

1 1.1 La storia del GPS 5

1 1.2 Gli impieghi del GPS 7

2 I SEGMENTI DEL SISTEMA GPS 10

2 2.1 Il segmento spaziale 10

2 2.2 Il segmento di controllo 13

2 2.3 Il segmento utente 15

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II

3 LA TRILATERAZIONE 17

3 3.1 La geometria della trilaterazione 17

3 3.2 La scelta del sistema di riferimento 18

3 3.3 Il calcolo della posizione 20

4 IL TEMPO E LA SINCRONIZZAZIONE 25

4 4.1 L’orologio 25

4 4.2 Protocolli di sincronizzazione 28

4 4.3 Il tempo GPS 34

5 IL GPS E LA TEORIA DELLA RELATIVITÀ 39

5 5.1 La deriva degli orologi satellitari 39

5 5.2 La trasmissione del tempo 43

5 5.3 Effetti relativistici secondari 45

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III

CONCLUSIONI 49

RIFERIMENTI 51

Bibliografia 51

Sitografia 51

RINGRAZIAMENTI 53

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INTRODUZIONE

Il problema di orientarsi sulla superficie terrestre è antico quanto l’uomo.

All’alba dei tempi, il nomadismo rappresentava la regola anziché l’eccezione,

motivato dalla necessità di trovare condizioni ambientali sempre più favorevoli.

In seguito, l’avvento dell’agricoltura modificò radicalmente gli stili di vita, e le

antiche esigenze di spostamento cominciarono a venir meno ma, col dipanarsi

della Storia, ne nacquero di nuove: il commercio, il traffico marittimo,

l’esplorazione, il turismo e, purtroppo, le guerre.

I riferimenti celesti hanno sempre ricoperto bene il ruolo di guida, soprattutto

dopo l’invenzione dell’astrolabio e del sestante. Pur non essendo mai caduti

completamente in disuso, essi hanno poi ceduto lo scettro a metodi alternativi,

non soggetti all’imprevedibilità delle condizioni meteorologiche.

Parallelamente allo sviluppo di questi strumenti, nasceva un’altra delicata que-

stione: come creare delle mappe che rappresentino i territori esplorati nel mo-

do più fedele possibile? Il problema si mostrò in tutta la sua complessità quan-

do venne alla luce che la Terra è curva, e che è impossibile riportare in piano la

sua superficie senza deformarla.

Tuttavia, niente rivoluzionò il mondo delle esplorazioni come la bussola, che

permise a pionieri del calibro di Colombo, da Gama e Magellano di intrapren-

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dere traversate prima impensabili. I suoi principi di funzionamento non erano

del tutto chiari, e non lo sarebbero stati ancora per un bel po’ di tempo, ma i

vantaggi recati dall’avere un riferimento direzionale stabile erano più che evi-

denti.

L’invenzione della bussola fu di tale portata che è stato necessario attendere fi-

no alla seconda metà del Novecento per trovare dei sostituti ancora più validi.

La padronanza della tecnica e la conoscenza delle leggi dell’elettromagnetismo

erano ormai sufficientemente progredite da consentire lo sviluppo della radio-

navigazione. Quella di impiegare segnali elettromagnetici per trasmettere mes-

saggi codificati era un’idea già collaudata, ma solo negli anni ’60 si pensò di e-

stenderne l’uso al campo della localizzazione satellitare.

In quest’ambito, la palma d’oro spetta di diritto al Global Positioning System,

che rappresenta la soluzione più sofisticata mai trovata dall’uomo all’antico

problema dell’orientamento geografico.

Ad esso, sovente indicato con l’acronimo GPS, è dedicato questo lavoro di tesi.

Senza alcuna pretesa di esaustività, la trattazione fornisce le linee guida per

comprendere cosa c’è dietro uno strumento così complesso, divenuto ormai di

uso comune. Particolare enfasi è posta sulle nozioni di relatività generale che si

sono rivelate cruciali per il suo corretto funzionamento. L’articolo “Relativity in

the Global Positioning System” (Living Rev. Relativity, 6, (2003), 1), che porta la

firma di Neil Ashby, ha offerto diversi spunti di riflessione per la stesura

dell’elaborato.

Il primo capitolo elenca le tappe fondamentali della storia del GPS, mostrando

come esso abbia soppiantato i suoi predecessori, e come il suo utilizzo si sia e-

steso a macchia d’olio su tutto il globo, considerata anche la crescita esponen-

ziale delle sue possibilità d’impiego.

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Il secondo capitolo descrive brevemente i segmenti del sistema, i loro incarichi,

le loro prestazioni, l’evoluzione nel tempo e le loro prospettive future.

Il terzo capitolo è incentrato sul metodo della trilaterazione, chiave di volta

dell’intero sistema GPS. Viene illustrata la tecnica con cui un ricevitore traduce

in formule i dati trasmessi dai satelliti, ricavando le sue coordinate e lo sfasa-

mento del suo orologio.

Il quarto capitolo analizza in modo critico il concetto fisico di tempo, definito

operativamente tramite il suo strumento di misura: l’orologio. Da questo di-

scorso emerge anche la necessità di un opportuno protocollo di sincronizzazio-

ne, intesa come relazione d’equivalenza tra una rete di orologi; esso viene e-

strapolato direttamente dalla metrica dello spazio-tempo e, dunque, cambia a

seconda che ci si trovi in presenza o assenza di masse, e che il riferimento scel-

to sia inerziale o meno. Applicando questi risultati al caso della Terra, si ricava

la definizione del tempo GPS.

Il quinto capitolo valuta la deriva temporale cui sono soggetti gli orologi dei sa-

telliti, e deduce il modo di compensarli dalla metrica dello spazio-tempo che,

quindi, è contemporaneamente causa e soluzione del problema. Viene altresì

descritto il modo in cui un satellite può sincronizzarne un altro, senza necessità

di un intervento da terra. Infine, si analizzano alcuni effetti relativistici seconda-

ri indotti dalla curvatura spazio-temporale, nonché la possibilità, tramite la loro

rettifica, di portare la precisione del posizionamento sotto la soglia del centi-

metro.

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1 LA STORIA E L’UTILITÀ DEL GPS

Il Global Positioning System, o GPS, è un sistema di localizzazione terrestre, na-

vigazione satellitare e sincronizzazione di orologi. Esso consente a qualunque

terminale abilitato di dedurre l’ora esatta e le sue coordinate geografiche.

1.1 La storia del GPS

La comprensione dei fenomeni elettromagnetici raggiunse il suo ultimo stadio

verso la fine dell’Ottocento, grazie al lavoro di sintesi di James Clerk Maxwell. Si

trattò di un punto di partenza, più che di arrivo, perché la nuova teoria era de-

stinata a rivoluzionare completamente la storia della fisica. Anche le sue appli-

cazioni pratiche erano dietro l’angolo: infatti, l’idea di impiegare onde radio per

comunicare a distanza non tardò a illuminare le menti di Guglielmo Marconi e

di altri suoi contemporanei. Da quella intuizione sono nati molti degli strumenti

tecnologici che hanno fatto la storia del Novecento, e alcuni di essi sono tuttora

in uso.

La versatilità delle onde radio ha consentito, tra l’altro, lo sviluppo dei sistemi

di navigazione satellitare. Ad esempio il Transit, capostipite della serie, si basa-

va sul fenomeno dello shift-doppler, già osservato nei segnali trasmessi dallo

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Sputnik. Questo metodo ha poi ceduto il passo alla misura diretta delle distan-

ze, più semplice sia dal punto di vista concettuale che da quello pratico.

Parallelamente, videro la luce sistemi di navigazione iperbolica come il LORAN C

e l’OMEGA, che adoperavano soltanto trasmettitori terrestri. Il posizionamento

geografico scaturiva dal confronto tra gli istanti di ricezione dei segnali prodotti

da due coppie di trasmettitori sincronizzati.

È in questo contesto che fu concepito, nel 1973, il Global Positioning System,

destinato a superare tutti i sistemi precedenti sia in termini di copertura che di

precisione. Esso divenne operativo pochi anni più tardi, e da allora ebbe inizio

un continuo processo di rinnovo, che va avanti ancora oggi.

Il Dipartimento della Difesa statunitense, proprietario del sistema, ebbe occa-

sione di collaudarlo durante la prima guerra del Golfo, come strumento di guida

per i missili cruise.

Nel 1991 gli USA estesero il suo utilizzo anche agli impieghi civili, ma con speci-

fiche diverse rispetto a quelli militari: il segnale civile era intenzionalmente de-

gradato, allo scopo di ridurre l’accuratezza dei rilevamenti e consentire preci-

sioni solo dell’ordine di 100-150 m. Per questo motivo la navigazione satellitare

restò a lungo un’esclusiva del mondo marittimo, dove 100 m sono un margine

di errore tollerabile.

Il servizio era noto come SPS (Standard Positioning System), per distinguerlo da

quello riservato all’uso delle forze militari USA, denominato PPS (Precision Posi-

tioning System). La degradazione del segnale fu disabilitata nel maggio del

2000, portando a 10-20 m la precisione del servizio destinato ai civili, ma intro-

ducendo alcune limitazioni: massimo 18 km per l’altitudine e 515 m/s per la ve-

locità. Questi limiti, mirati a evitare l’impiego del sistema per monitoraggi mis-

silistici, possono essere superati, ma non contemporaneamente. A partire da

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quel momento la diffusione dei ricevitori GPS fu inarrestabile, considerata an-

che la possibilità di integrarli in dispositivi mobili dall’interfaccia intuitiva e dal

design accattivante.

Oggi il navigatore fa parte della vita quotidiana di molte persone, installato su

automobili, telefoni cellulari, tablet, smartphone e altri dispositivi.

1.2 Gli impieghi del GPS

Nell’immaginario collettivo, GPS è sinonimo di localizzazione geografica e navi-

gazione assistita: la grande utilità di individuare posizione corrente e percorso

da seguire spiega il successo del GPS come sistema di guida per automobili, na-

vi e aerei. Non mancano i dispositivi specifici per il trekking e le escursioni in bi-

ci, con mappe dei luoghi di interesse naturalistico in memoria. È inoltre possibi-

le abbinare al ricevitore GPS un sistema di trasmissione (radio o GSM), al fine di

tracciare i percorsi seguiti da persone o veicoli. Una missione di soccorso può

così essere notevolmente agevolata: si pensi, ad esempio, alla localizzazione di

un aereo precipitato in pieno oceano.

Ma il tracciamento si configura anche come un ottimo sistema antifurto, poiché

consente l’immediato recupero di un veicolo rubato, a patto che a bordo ci sia

un ricevitore.

Il GPS si presta bene anche alla realizzazione di rilievi topografici, garantendo

precisione e rapidità sia nei tracciamenti che nella definizione dei dettagli. Di

qui alle proiezioni cartografiche il passo è breve, dato che le coordinate carto-

grafiche possono essere determinate direttamente sul posto e in vari formati. Il

tipico margine di errore del GPS (10-20 m) è troppo ampio in questo caso ma,

con opportune tecniche di posizionamento ed elaborazione dati, è possibile

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raggiungere una precisione centimetrica o millimetrica, dunque adeguata allo

scopo.

I punti della rete IGM95 vengono impiantati dall’Istituto Geografico Militare

(IGM), che ne determina la posizione proprio mediante il GPS, con una preci-

sione planimetrica di 2 cm e altimetrica di 4 cm.

Nel campo delle scienze sociali, archeologi e storici usano sistemi GPS per diri-

gersi verso siti non censiti e registrarne informazioni. Questi siti vengono codi-

ficati come waypoint, ovvero punti di riferimento utili per la navigazione; i dati

vengono quindi inseriti in un GIS (Geographic information system) o in altri

database.

Esemplare, in tal senso, è stato il lavoro di alcuni antropologi che hanno esplo-

rato territori della giungla venezuelana non indicati sulle carte e, utilizzando un

sistema mapping GPS, hanno localizzato tribù sconosciute. Le informazioni ge-

ografiche e culturali che sono state acquisite hanno aiutato il governo venezue-

lano a creare riserve protette per gli abitanti di quei villaggi.

Gli specialisti delle risorse naturali quali le guardie forestali, i geologi, i geografi

e i biologi, usano i sistemi GPS per la localizzazione di habitat selvaggi, per il

censimento di animali e per ottenere informazioni relative a età, salute, quanti-

tà e tipo di alberi.

Interessanti sono anche le applicazioni in campo scientifico. La collocazione di

opportuni rilevatori GPS in punti strategici della crosta terrestre consente di re-

gistrare i movimenti tettonici, in particolar modo quelli tellurici. Rilevando si-

multaneamente le tre componenti del moto di un sisma (nord-sud, est-ovest,

up-down) è possibile ottenerne una ricostruzione tridimensionale e riscontrare

eventuali dislocazioni permanenti. Comparando i dati acquisiti in diversi punti

geografici è anche possibile risalire alla posizione dell’epicentro.

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Sempre in ambito scientifico, il GPS consente:

il monitoraggio delle migrazioni di grossi mammiferi e uccelli;

lo studio del moto delle correnti;

analisi meteorologiche.

La misura del tempo rappresenta un uso meno noto ma altrettanto importante

del GPS che, in effetti, non è altro che un immenso "orologio spaziale".

I ricevitori sono in grado di sincronizzarsi con i satelliti entro un margine di po-

chi nanosecondi, rendendo possibile una sincronizzazione su scala globale sen-

za la necessità di costosi e ingombranti orologi atomici.

Ciò torna comodo ogniqualvolta sia utile ottenere un unico grande congegno

dalla sinergia di vari strumenti dislocati. Qualche esempio:

le transizioni finanziarie sono sincronizzate grazie al GPS;

i telco operator impiegano il GPS per sincronizzare le stazioni radio e ot-

timizzare l'uso della banda disponibile;

la rete elettrica, distribuita su grandi distanze, adopera il GPS per la sin-

cronizzazione degli impianti;

le stazioni meteo fanno uso del GPS per lavorare in modo coordinato;

...

La precisione del GPS è stata cruciale anche nel famoso esperimento OPERA,

nella misura del tempo impiegato dai neutrini per coprire la distanza tra il CERN

di Ginevra e i laboratori del Gran Sasso.

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2 I SEGMENTI DEL SISTEMA GPS

2.1 Il segmento spaziale

A oggi (3 marzo 2014), il segmento spaziale si compone di trentadue satelliti,

smistati in gruppi di almeno quattro unità e disposti su sei piani orbitali, ciascu-

no inclinato di 55° sul piano equatoriale (fig. 2.1).

Le orbite, praticamente circolari, hanno un raggio di circa 26 570 km, e vengo-

no completate in 11 h 58 min 2 s, cioè in metà giorno siderale. Il sistema è stato

Figura 2.1: La costellazione dei satelliti GPS.

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approntato in modo che da ogni punto della Terra siano sempre visibili almeno

quattro satelliti contemporaneamente. Per essere considerato visibile, un satel-

lite deve avere un’elevazione sull’orizzonte di almeno 5°, in modo che i segnali

indirizzati ai ricevitori non siano disturbati da un eccessivo spessore di atmosfe-

ra. Ciascun satellite dispone di razzi a idrazina per effettuare le correzioni di tra-

iettoria; una serie di pannelli fotovoltaici fornisce l’energia necessaria al funzio-

namento e provvede a ricaricare una batteria da cui attingere quando il Sole è

eclissato. Ogni satellite possiede un certo numero di orologi atomici, al cesio o

al rubidio, che rappresentano il cuore pulsante di tutto il sistema. Ad essi è de-

mandato il compito fondamentale di scandire il tempo: per avere un’idea della

precisione con cui assolvono questo incarico, basti pensare che gli occorrereb-

bero 30 000 anni per accumulare 1 s di errore!

Ciascun satellite deve:

ricevere e immagazzinare le informazioni trasmesse dal segmento di con-

trollo;

elaborare dati per mezzo di un proprio microprocessore;

trasmettere le informazioni al segmento utente mediante segnali codifi-

cati.

Nel corso degli anni si sono susseguite diverse generazioni di satelliti che, di

volta in volta, hanno sostituito oppure integrato le precedenti.

I primi undici satelliti del sistema, in orbita tra il 1978 e il 1985, appartenevano

al Block I e avevano il compito di convalidare il concetto di GPS. Oggi nessun sa-

tellite di questa generazione è ancora in uso.

I satelliti della generazione Block II furono i primi satelliti operativi GPS. Molto

più autonomi e sofisticati della versione precedente, erano in grado di rimane-

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re quattordici giorni senza contatto

con il segmento di controllo, mante-

nendo comunque una sufficiente pre-

cisione. Nove satelliti furono lanciati

tra il 1989 e il 1990, e la maggior par-

te di loro rimase in funzione per oltre

dieci anni. Dal 2010 non è più attivo

alcun satellite Block II.

Tra il 1990 e il 1997 furono messi in

orbita diciannove satelliti del tipo

Block IIA, dotati di due orologi atomi-

ci al cesio e due al rubidio. Essi sono

stati in grado di operare in modalità

degradata per il comparto civile e hanno avviato, nel 1993, la fase operativa del

GPS.

Tra il 1997 e il 2009 venne il turno dei satelliti Block IIR (fig. 2.2), dotati di tre

orologi atomici al rubidio e della capacità di scambiarsi messaggi senza nessun

contatto con la Terra, consentendo agli operatori di sistema di comunicare an-

che con i satelliti non accessibili in comunicazione diretta. Gli ultimi otto sono

indicati con l'acronimo IIR-M perché emettono un nuovo codice per uso civile

(L2C) e un nuovo codice militare (M). Il satellite IIR-20 ha portato a bordo un

emettitore sperimentale in grado di trasmettere sulla frequenza di 1176,45

MHz, chiamata L5, successivamente adottata dai satelliti del blocco IIF.

Di quest’ultimo sono previsti dodici esemplari: il primo è stato lanciato il 27

maggio 2010 mentre il quinto, il più recente, il 20 febbraio 2014. Essi sono pro-

gettati per durare circa 12 anni, ovvero 4,5 anni in più dei loro predecessori.

Figura 2.2: Un satellite Block IIR.

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Ancora in fase di sviluppo è la generazione Block III, destinata a sostenere il si-

stema GPS almeno fino al 2030. I primi studi sono stati avviati nel novembre del

2000 e, nel maggio del 2008, la Lockheed Martin è stata scelta per realizzare

trentadue satelliti. Una prima serie consiste di otto satelliti (Block IIIA) che sa-

ranno lanciati a partire dal 2015.

L’aggiunta del segnale L1C consentirà agli esemplari del Block III di lavorare in

sinergia con gli altri sistemi di navigazione satellitare, promettendo di stabilire

un nuovo record nella precisione del posizionamento.

2.2 Il segmento di controllo

La regia di tutto il sistema è rappresentata dal segmento di controllo, cui spetta

la supervisione da terra dei satelliti e delle informazioni che essi trasmettono.

È composto da diciassette stazioni di monitoraggio, sei della Air Force e undici

della NGA (National Geospatial-Intelligence Agency), senza contare le otto della

AFSCN (Air Force Satellite Control Network) (fig. 2.3).

Figura 2.3: Le stazioni e le antenne del segmento di controllo.

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Esse svolgono quell’insieme di operazioni che va sotto il nome di tracking: se-

guono con continuità i satelliti rilevandone l’orbita e raccolgono dati sulla di-

stanza, sugli orologi atomici di bordo e sulle condizioni meteo. Le informazioni

acquisite convergono verso la stazione di controllo principale (MCS - Master

Control Station), situata nella base aerea di Schriever, a 25 km da Colorado

Springs. Qui vengono accuratamente elaborate, al fine di estrapolarne quei pa-

rametri, noti come effemeridi, che definiscono univocamente le orbite percor-

se.

Qualora un satellite si allontanasse troppo dall’orbita prestabilita, la MCS prov-

vede a correggerne la traiettoria azionando da terra i razzi in dotazione. Duran-

te la manovra il satellite viene messo fuori servizio poiché, in questa fase, le sue

trasmissioni sono considerate inaffidabili. Parimenti, vengono apportate even-

tuali correzioni per la deriva degli orologi, così da mantenerli sincronizzati tra

loro entro un margine di pochi nanosecondi; il tempo di riferimento è scandito

da un orologio atomico all’idrogeno, molto più preciso di quelli presenti a bor-

do dei satelliti.

Le manovre orbitali, l’aggiornamento delle effemeridi e le correzioni del tempo

vengono trasmesse ai satelliti grazie alle antenne dedicate di Kwajalein, Cape

Canaveral, Diego Garcia e Ascension Island.

Attualmente questo upload viene completato ogni otto ore, ma sarà reso di

certo più continuo in avvenire, grazie ai migliori sistemi di rilevamento e comu-

nicazione dei satelliti futuri.

Inoltre, dato che il funzionamento dei satelliti è limitato nel tempo, la MCS si

occupa anche della sostituzione delle unità dichiarate inefficienti con quelle di

riserva.

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2.3 Il segmento utente

Tutti quei dispositivi che sono in grado di ricevere informazioni dai satelliti GPS,

sia per scopi militari che per scopi civili, costituiscono il segmento utente.

Un apparecchio di questo tipo nasce dall’associazione di:

un ricevitore radio sintonizzato sulle frequenze usate dal sistema;

un microprocessore per la decodifica e l’elaborazione dei segnali;

una memoria per lo stoccaggio dei dati;

una sorgente di tempo (solitamente un oscillatore al quarzo, semplice o

termocompensato);

un’interfaccia grafica;

una batteria di alimentazione.

Nei modelli commerciali tutte queste componenti sono condensate in un di-

spositivo pratico e maneggevole, mentre quelli a uso tecnico sono più ingom-

branti, con un’antenna montata a parte, su un treppiede.

Le caratteristiche dei ricevitori variano a seconda del modello e della ditta pro-

duttrice. Le più significative sono le seguenti:

il numero di canali di ricezione, che indica il numero di satelliti consulta-

bili simultaneamente;

la possibilità di sintonizzarsi su una sola delle frequenze disponibili o su

entrambe;

il metodo di misura, che può essere di pseudorange o di differenza di fa-

se.

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Tipicamente, un moderno ricevitore commerciale conta tra i venti e i trentadue

canali, può sintonizzarsi solo sulla frequenza L1 ed effettua misure col metodo

di pseudorange, analizzato in detteglio nel capitolo successivo.

Solo i modelli militari e alcuni modelli per uso ingegneristico possono usufruire

anche della frequenza L2, così da eliminare l’errore dovuto alla rifrazione atmo-

sferica e raggiungere un margine di precisione centimetrico.

Per la navigazione assistita vengono implementati dei software che, servendosi

della cartografia in memoria, elaborano una rappresentazione grafica della zo-

na circostante il navigatore. Le indicazioni visive sono spesso associate a delle

indicazioni vocali, che guidano passo passo l’utente fino alla meta preimposta-

ta.

Sempre più spesso i ricevitori GPS sono integrati all’interno di smartphone,

tablet, palmari, orologi, computer portatili ecc.; inoltre esistono ricevitori GPS

esterni che permettono di convertire in navigatori anche apparecchi non predi-

sposti a quest’uso.

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Figura 3.1: Il metodo della trilaterazione.

3 LA TRILATERAZIONE

3.1 La geometria della trilaterazione

Com’è noto, esistono diversi modi per localizzare un punto nello spazio.

Il più comune consiste nel riferire la sua posizione ad una terna di assi ortogo-

nali per mezzo di coordinate cartesia-

ne, sferiche o cilindriche.

In alternativa se ne possono specifi-

care le distanze da quattro punti di ri-

ferimento, individuando così i centri e

i raggi di quattro sfere su cui il punto

è vincolato a stare. A meno di casi

particolari, l’intersezione delle quat-

tro sfere è unica; infatti aggiungendo

una sfera alla volta si riduce il luogo

delle sovrapposizioni prima a una cir-

conferenza, poi a due punti e infine al

solo punto cercato (fig. 3.1).

È anche possibile conoscere le sue

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coordinate rispetto a un riferimento esterno, come ad esempio una terna car-

tesiana, a patto però che siano note le coordinate dei centri delle sfere.

Questa tecnica, nota come trilaterazione, è la colonna portante dell’intero si-

stema GPS.

3.2 La scelta del sistema di riferimento

Il ricevitore calcola la sua distanza da un satellite misurando il tempo che im-

piega un segnale a percorrerla, grazie al confronto diretto dei loro rispettivi o-

rologi.

Ciascun satellite trasmette un codice identificativo che il ricevitore conosce ed

è in grado di replicare. La replica e l’originale sono prodotti in sincronia, dun-

que il loro sfasamento dipenderà unicamente dal tempo di trasmissione. La di-

stanza cercata si ricava dalla formula

dove:

è la velocità della luce;

e sono, rispettivamente, l’istante di ricezione e di trasmissione del

segnale;

è il vettore posizione del ricevitore all’istante ;

è il vettore posizione del satellite all’istante .

Questa formula è valida soltanto se le quantità che vi compaiono sono riferite

ad un sistema inerziale, dove la costanza della velocità della luce è sempre ga-

rantita.

(3.1)

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19

Il fine ultimo, comunque, è quello di localizzare il ricevitore in un riferimento

solidale alla Terra noto come ECEF (Earth Centered Earth Fixed), che ha:

origine nel centro di massa terrestre;

asse parallelo all’asse di rotazione;

asse dato dall’intersezione del piano equatoriale col piano meridiano

di Greenwich;

asse tale da rendere la terna destrorsa.

Trattandosi di un sistema non inerziale, occorre prima individuarne uno che lo

sia, e ivi effettuare la trilaterazione. La scelta più sensata è costituita da un rife-

rimento ECI (Earth Centered Inertial), che ha origine e asse in comune con

l’ECEF ma, anziché ruotare, è in caduta libera con la Terra nel campo gravita-

zionale generato dagli altri corpi celesti. Al ricevitore viene comunicata la posi-

zione ECEF del satellite in funzione dell’istante di trasmissione, e spetta a esso il

compito di ricondurla al sistema ECI. In coordinate cilindriche, il passaggio da

un riferimento all’altro è definito dalla trasformazione

dove è la velocità angolare della Terra.

Questa conversione va eseguita per un numero di satelliti sufficiente a localiz-

zare il ricevitore nel sistema ECI, dopodiché una rotazione finale consente di ri-

salire alla sua posizione nell’ECEF. Qui può essere facilmente espressa in coor-

dinate ellissoidiche , che rappresentano latitudine, longitudine e altitu-

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20

dine rispetto all’ellissoide di riferimento, ovvero la superficie di rotazione che

meglio approssima la reale superficie terrestre.

L’uguaglianza indica che i due sistemi attribuiscono a ogni evento la me-

desima coordinata temporale; quindi gli istanti di trasmissione e ricezione dei

segnali registrati nell’ECEF coincidono con quelli registrati nell’ECI. Tale corri-

spondenza si verifica solo se gli orologi vengono regolati secondo un certo pro-

tocollo di sincronizzazione, che sarà discusso successivamente.

3.3 Il calcolo della posizione

In base a quanto detto prima, bisognerebbe consultare almeno quattro satelliti

per individuare il ricevitore, ma in questo caso tre sono sufficienti. Infatti, an-

che se le relative sfere hanno due punti d’intersezione, uno si trova in genere

ad altitudini inverosimili, e quindi lo si può scartare a priori senza ricorrere alla

quarta sfera.

Tuttavia esiste un motivo per cui un quarto satellite è comunque necessario:

l’orologio del ricevitore è molto meno accurato di quelli a bordo dei satelliti,

dunque la sua sincronizzazione a essi non è garantita sul lungo periodo.

Ciò introduce un errore sistematico sulla misura del tempo di volo dei segnali e,

conseguentemente, sulla misura delle distanze.

Pertanto la formula (3.1) deve essere modificata, giacché differisce dal reale

istante di ricezione :

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21

dove è detta misura di pseudorange, perché affetta dall’errore di sincronizza-

zione. Lo scarto temporale va ad aggiungersi alle tre coordinate del ricevito-

re nell’insieme delle incognite in gioco. Quattro incognite richiedono quattro

informazioni indipendenti, che possono essere fornite solo da altrettanti satelli-

ti, e che trovano la loro espressione matematica nel sistema

dove sono stati introdotti dei pedici per distinguere le quantità relative a satel-

liti diversi.

Il sistema può essere linearizzato sviluppando al 1° ordine le quantità , ,

, , espresse come funzioni di una generica quaterna .

Posto

il vettore delle incognite e

il vettore attorno a cui si linearizza,si ottiene, in forma matriciale,

(3.2)

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22

dove

sono le componenti del versore che punta dall’i-esimo satellite a

e

Alternativamente, in forma contratta,

(3.3)

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23

con

Qualora la matrice sia invertibile, cosa che accade se le sue righe sono

linearmente indipendenti, il sistema (3.3) può essere risolto ricorrendo al me-

todo di Kramer, oppure isolando il vettore .

In altri termini,

e il risultato definitivo è

Ovviamente non è la soluzione del sistema (3.2) ma, rispetto a , ne rappre-

senta una stima più accurata.

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24

Migliori approssimazioni si ottengono se si itera il procedimento più volte, line-

arizzando a ogni passo intorno alla soluzione del passo precedente.

In formule, si ha:

passo 1

con ;

passo 2

con ;

passo n

con .

L’iterazione termina quando la differenza tra due vettori consecutivi diventa in-

feriore all’errore di troncamento scelto per lo sviluppo al 1° ordine delle .

L’errore dovuto alla linearizzazione viene quindi eliminato, ma resta comunque

una discrepanza tra le distanze calcolate e quelle reali, a causa di ulteriori ter-

mini d’errore non contemplati dal sistema. A ogni modo, è possibile consultare

più di quattro satelliti contemporaneamente, al fine di ridurre l’incertezza do-

vuta a questi fattori aggiuntivi.

In definitiva, misurare la posizione del ricevitore significa misurare anche la de-

riva del suo orologio che, quindi, può essere continuamente risincronizzato agli

orologi atomici dei satelliti.

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25

4 IL TEMPO E LA SINCRONIZZAZIONE

4.1 L’orologio

In base a quanto visto in precedenza, è possibile calcolare distanze a partire da

misure di tempo, purché si disponga di orologi perfettamente sincronizzati tra

loro.

Vale la pena allora di spendere due parole sulla definizione operativa del tempo

e sul concetto di sincronizzazione.

Il sistema di riferimento consente di localizzare gli eventi nello spazio ma, oltre

che qui o lì, un evento può anche accadere prima o dopo. Bisogna rimuovere

questo ulteriore grado di libertà e definire operativamente il quando, oltre al

dove; in altri termini, il concetto intuitivo di tempo deve essere formalizzato

tramite un protocollo che ne definisca le operazioni di misura. Nello specifico

serve uno strumento che inquadri ciascun evento in un sistema temporale ben

preciso, tramite l’attribuzione di una quarta coordinata.

Uno strumento che assolve questo compito viene chiamato orologio, e può es-

sere implementato sfruttando un qualunque fenomeno fisico periodico.

Questo pone un problema concettuale, dato che è impossibile stabilire se un

fenomeno è periodico senza una preesistente scala dei tempi. Quello che si può

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fare è selezionare, nella moltitudine delle osservazioni empiriche, tutti quei fe-

nomeni che mostrano periodicità reciproca; infatti, poiché nessun fenomeno è

periodico in modo assoluto, è più sensato sceglierne uno che lo sia rispetto a

quanti più fenomeni è possibile.

La coordinata temporale è definita come il numero di periodi trascorsi a partire

da un arbitrario istante zero, che fissa l’origine sull’asse dei tempi. Cambiare

l’origine significa traslare equamente tutte le coordinate che, quindi, sono defi-

nite a meno di una costante additiva, mentre le loro differenze e il loro ordine

sono assoluti.

Ad ogni modo è irrilevante sapere come viene realizzato un orologio: esso può

essere spogliato di qualunque connotazione materiale e considerato come una

pura funzione matematica che associa numeri a eventi. È bene precisare che il

dominio di questa funzione comprende solo gli eventi che accadono dove si

trova l’orologio, perché l’occorrenza degli eventi distanti richiede tempo per

essere rilevata. Il rapporto di causa-effetto che lega un evento all’attribuzione

della sua coordinata temporale può essere considerato istantaneo solo nel limi-

te in cui può essere considerata nulla la distanza. In altre parole, un orologio è

abilitato a scandire il tempo solo in un suo ristretto intorno.

La definizione operativa deve quindi essere ampliata, al fine di accomodarsi

all’idea di un tempo globale che sia valido ovunque e non solo in un punto. Dis-

seminare di orologi tutto lo spazio serve a poco se i loro rispettivi istanti zero

sono fissati indipendentemente gli uni dagli altri. In queste condizioni, due e-

venti sarebbero confrontabili temporalmente solo se accadessero nel medesi-

mo punto. Infatti, in tal caso, le loro coordinate temporali sarebbero attribuite

dallo stesso orologio e, come visto, definite a meno della stessa costante addi-

tiva. Invece le coordinate temporali di due eventi lontani, attribuite da orologi

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distinti, sarebbero definite a meno di due diverse costanti additive, che potreb-

bero variare una indipendentemente dall’altra a seconda di come sarebbero

fissati gli istanti zero: differenti tarature degli orologi porterebbero a differenti

conclusioni in merito alla simultaneità, anteriorità e posteriorità degli eventi.

Pertanto, si rende necessario un protocollo di sincronizzazione che indichi come

accordare tra loro gli orologi, ovvero come sintonizzarli sullo stesso tempo .

Non tutti i protocolli sono adatti a questo scopo, ma solo quelli che rendono il

sincronismo una relazione di equivalenza, ovvero tale che valgano le seguenti

proprietà:

Proprietà riflessiva

Proprietà simmetrica

Proprietà transitiva

Ciò assicura che due orologi siano automaticamente sincronizzati tra loro se lo

sono entrambi ad un terzo orologio, ovvero

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28

DIM.

c.v.d.

Con questa specifica, ciascun orologio sarà sincrono a ogni altro, e tutti faranno

parte della stessa classe di equivalenza.

Quindi,

sincronizzare degli orologi significa renderli idonei al confronto temporale di e-

venti distanti.

4.2 Protocolli di sincronizzazione

Nei sistemi inerziali la luce può rappresentare un valido strumento per la sin-

cronizzazione degli orologi. Si pensi ad un raggio luminoso che parte da un pun-

to quando l’orologio locale segna ; data la costanza della velocità della lu-

ce, l’arrivo del raggio in un punto avverrà all’istante

dove è la lunghezza del tragitto percorso; dunque, se in è presente un oro-

logio da sincronizzare (fig. 4.1), questo dovrà essere regolato in modo che segni

(4.1)

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alla ricezione del raggio. Tale metodo, noto come sincronizzazione di Einstein,

riflette la metrica dei sistemi inerziali, che è tutta racchiusa nella formula

Infatti, ricordando che la luce si muove lungo linee di universo nulle ( ),

si ricava

Quindi, il tempo che essa impiega a coprire un percorso di lunghezza è

ed è immediato riconoscere la coincidenza tra questa e la formula (4.1).

Così, mediante opportuni segnali luminosi, una rete di orologi solidali a un rife-

rimento inerziale può auto-sincronizzarsi.

Ora si consideri il caso di due sistemi sovrapposti che hanno in comune l’origine

e l’asse , uno inerziale e l’altro rotante con velocità angolare . Nel secondo il

protocollo di Einstein condurrebbe a una sincronizzazione incoerente, a causa

di un fenomeno noto come effetto Sagnac; però, tramite adeguate correzioni, i

suoi orologi possono essere regolati sullo stesso tempo del sistema inerziale.

(4.2)

Figura 4.1: La sincronizzazione di Einstein.

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Per questioni di simmetria conviene ricorrere alle coordinate cilindriche, così

che la (4.2) diventa

e, imponendo che il passaggio da un riferimento all’altro sia definito dalla tra-

sformazione

risulta che la metrica del sistema rotante è

Per un raggio di luce, se si trascurano i termini di ordine superiore al 1° nel pa-

rametro , si ottiene

da cui

dove è l’area infinitesima spazzata dal vettore sul

piano equatoriale. Detto il percorso della luce nel sistema rotante, un orolo-

gio da sincronizzare verrà raggiunto a

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31

e non semplicemente a

come nel caso del sistema inerziale.

La natura di quel termine correttivo può essere chiarita con un semplice esem-

pio (fig. 4.2).

Si consideri un fascio di luce

che percorre una fibra otti-

ca lungo il bordo di un disco

girevole; nel sistema iner-

ziale sottostante, il fascio

recupera il suo punto di

partenza dopo che questo

ha sotteso un arco pari a

dove è il raggio del disco e

la sua velocità angolare.

Il segno di è positivo o negativo a seconda che il verso di rotazione del disco

sia concorde o discorde con quello del fascio. Pertanto, deve valere la relazione

Figura 4.2: La sincronizzazione nel sistema rotante.

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32

da cui si ottiene

Uno sviluppo al 1° ordine nel parametro conduce al risultato

Dunque, la correzione

scaturisce dal fatto che, nel sistema inerziale, lo spazio effettivo percorso dal

fascio è , e non .

La luce non è l’unico mezzo in grado di trasferire il tempo; infatti si può ottene-

re una sincronizzazione altrettanto valida impiegando un orologio mobile, a

patto che il suo moto non ne alteri eccessivamente il tempo proprio

. La metrica dei sistemi inerziali suggerisce che

(4.3)

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33

Quindi, al termine di un generico percorso

Se , l’ultimo integrale può essere trascurato, lasciando solo l’uguaglianza

In queste condizioni, l’orologio mobile può trasferire il suo tempo a qualunque

orologio fisso che intercetti sul suo cammino.

Volendo applicare questo metodo al sistema rotante, si ottiene

Per un orologio lento la quantità

può essere trascurata, ed eliminando i termini di ordine superiore al 1° nel pa-

rametro resta solo l’uguaglianza

che mostra come il moto di trascinamento influenzi il tempo proprio

dell’orologio. L’integrazione lungo un percorso conduce al risultato

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Dunque, l’integrale (4.3) rappresenta un termine correttivo ineludibile per qua-

lunque protocollo teso a realizzare l’uguaglianza . Con questa rettifica, gli

orologi del sistema rotante misureranno il tempo come quelli del sistema iner-

ziale e a ogni evento corrisponderà, nei due sistemi, la stessa coordinata tem-

porale.

4.3 Il tempo GPS

I risultati del paragrafo precedente non sono validi in presenza di un campo

gravitazionale poiché, in questo caso, la metrica non è descritta dalla formula

(4.2), bensì da una soluzione approssimata dell’equazione di campo di Einstein:

dove è il potenziale newtoniano. È evidente che questa formula si riduce alla

(4.2) quando . Si noti come il tempo proprio degli orologi dipenda dalla

loro posizione rispetto al campo: infatti, per un orologio fermo,

Da questo risultato si evince, tra l’altro, che gli orologi distribuiti su una superfi-

cie equipotenziale hanno il medesimo tempo proprio. La metrica del sistema

ECI si ottiene sostituendo a il potenziale gravitazionale terrestre:

(4.4)

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35

dove:

è la costante di gravitazione universa-

le;

, e

sono, rispettivamente, la massa, il momento di quadrupolo e il raggio

equatoriale della Terra;

è il polinomio di Legendre di grado 2.

I successivi termini di multipolo possono essere ignorati, giacché il loro contri-

buto è del tutto trascurabile. Lo stesso dicasi per i termini di ordine superiore a

, che da ora in poi saranno tacitamente rimossi.

Nelle coordinate del sistema ECEF, la stessa metrica assume la forma

per la quale è stata applicata la trasformazione

La quantità

è detta potenziale effettivo, e comprende sia il potenziale gravitazionale che

quello centrifugo.

(4.5)

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36

Nonostante i soli orologi ad avere come tempo proprio siano quelli fermi

all’infinito, dato che

la metrica fornisce dei procedimenti operativi per calibrare, su questo tempo,

anche gli altri orologi. Tuttavia, si preferisce ridefinire la metrica in modo che il

tempo sia scandito dagli orologi a riposo sul geoide terrestre, ovvero la superfi-

cie a potenziale effettivo costante che coincide con il livello medio degli oceani.

Come qualunque superficie equipotenziale, il geoide è descritto da

un’equazione del tipo

sicché, per un orologio a riposo su di esso, la relazione tra il tempo proprio e il

tempo è

come si evince dalla formula (4.5).

Il valore di può essere determinato all’equatore, dove e

:

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37

Dunque, rispetto all’infinito, il tempo sul geoide scorre più lentamente di circa

sette parti su .

A questo punto è possibile definire una nuova scala temporale ponendo

così che la metrica del sistema ECI diventa

e quella dell’ECEF

dove è stato approssimato con nel termine di Sagnac.

È immediato verificare che il tempo coincide col tempo proprio degli orologi

fermi sul geoide. Ribattezzato semplicemente come , esso rappresenta ciò

che, in ultima istanza, si voleva ottenere: il tempo GPS.

La sua implementazione richiede una procedura ben definita che, come al soli-

to, scaturisce direttamente dall’espressione della metrica. Ad esempio, nel si-

stema ECI, per un orologio che si muove con velocità

(4.6)

(4.7)

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38

si ricava

Così, se al termine di un percorso l’orologio mobile ne intercetta uno fermo,

la relazione tra il tempo segnato dal primo e quello da impostare sul secondo

sarà

ovvero

Lo stesso procedimento è applicabile nel sistema ECEF, purché la metrica sia

espressa nella forma (4.7).

(4.8)

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39

5 IL GPS E LA TEORIA DELLA RELATIVITÀ

5.1 La deriva degli orologi satellitari

Per com’è stata definita la metrica, la coincidenza tra tempo proprio e tempo di

riferimento si verifica solo per gli orologi a riposo sul geoide; tutti gli altri sono

soggetti a una deriva temporale che, in breve, porta le loro misure a essere del

tutto errate.

D’altra parte, l’esigenza di avere orologi visibili da un’ampia porzione di super-

ficie terrestre comporta che essi vengano messi in orbita, dove l’azione con-

giunta del moto e della gravità fa sì che

La soluzione è presto detta:

se non si possono avere orologi a riposo sul geoide, bisogna forzarli a misurare

il tempo come se lo fossero.

A tal proposito, si ricorre alla formula (4.8), che esprime la relazione tra il tem-

po GPS e il tempo proprio di un qualunque orologio mobile; nel caso specifico

di un satellite, da essa si può dedurre la correzione necessaria per compensare

la deriva.

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40

Ai fini di questo calcolo, è possibile trascurare il termine di quadrupolo, ridu-

cendo l’espressione (4.4) a

Dato che il campo gravitazionale è conservativo, l’energia meccanica di un sa-

tellite rimane costante e, ipotizzando che la sua orbita sia kepleriana, si può

dimostrare che essa vale

Da qui si ricava un’espressione di che, sostituita nella formula (4.8), conduce

al risultato

Per un satellite GPS, la costante

vale ,e rappresenta il fattore con cui rallentare il tempo

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proprio del suo orologio, affinché non accumuli anticipo su quello di riferimen-

to. Il termine

può essere integrato esattamente richiamando alla memoria alcune informa-

zioni sui moti kepleriani. Indicando con il vettore posizio-

ne di un corpo orbitante rispetto a un centro attrattore, la rappresentazione

parametrica della traiettoria, in caso di orbita ellittica, assume la forma

L’anomalia vera , misurata rispetto alla linea degli apsidi, è legata a un’altra

importante quantità, ovvero l’anomalia eccentrica , il cui significato geometri-

co è mostrato in figura 5.1.

(5.1)

a: semiasse maggiore;

c: cerchio ausiliario; C: posizione del corpo; e: eccentricità; E: anomalia eccentrica; f: anomalia vera; o: orbita; P: perigeo; r: coordinata radiale; s: linea degli apsidi.

Figura 5.1: La relazione tra l’anomalia vera f e l’anomalia eccentrica E.

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42

È facile verificare che

Si può anche riparametrizzare la traiettoria in termini di , ricavando

Con questo risultato, e ponendo , l’integrale (5.1) diventa

Poiché l’anomalia eccentrica scaturisce dall’equazione trascendentale

dove è l’istante di passaggio dal perigeo, ne consegue che

e quindi

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43

La correzione netta, a parte la costante, è

Per ragioni storiche, legate alle ristrette capacità di calcolo dei primi satelliti,

questa seconda rettifica viene delegata al ricevitore; ciò comporta l’esistenza di

un tempo satellitare

distinto dal reale tempo GPS

5.2 La trasmissione del tempo

Com’è stato discusso nel quarto capitolo, il processo di sincronizzazione può

essere effettuato per mezzo di orologi mobili o tramite segnali elettromagneti-

ci; ovviamente, nel caso dei satelliti GPS, l’unico metodo realmente perseguibi-

le è il secondo. Dato che i protocolli operativi delineati finora sono ben posti, il

sincronismo che ne scaturisce rappresenta una relazione d’equivalenza; pertan-

to, non è necessario che la fonte dei segnali sia il segmento di controllo poiché,

se esso ha già sincronizzato una serie di orologi, questi sono tutti altrettanto

validi nell’iterare il processo. Quindi, anche un satellite può essere abilitato,

previa sincronizzazione, al trasferimento del tempo: assieme al segnale, esso

comunica l’istante d’invio

, così come indicato dal suo orologio di bordo, e

lo scopo del satellite ricevente è quello di dedurre l’istante

da attribuire

all’evento ricezione. A

e

corrispondono gli istanti GPS

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44

per cui, il tempo di volo del segnale è

D’altra parte, con riferimento al sistema ECI, si può scrivere

dove:

è la posizione del satellite trasmittente all’istante ;

è la posizione del satellite ricevente all’istante ;

è la velocità del satellite ricevente all’istante ;

è il vettore che separa i due satelliti all’istante .

In definitiva,

Le quantità , , , , , , , sono note, poiché ogni satellite

viene regolarmente aggiornato sullo stato dell’almanacco, ovvero l’insieme dei

parametri orbitali dell’intera costellazione GPS; dunque, estrapolato

dal

segnale, il satellite ricevente è in grado di calibrare il suo orologio sulla base del

calcolo di

.

(5.2)

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45

5.3 Effetti relativistici secondari

L’espressione (4.6) definisce il modo in cui la massa della Terra curva lo spazio-

tempo circostante. Sebbene, in tali condizioni, le regole della geometria eucli-

dea non siano valide, alcuni dei risultati finora conseguiti hanno presupposto

che esse lo fossero. Ad esempio, non è difficile riconoscere il teorema di Pitago-

ra nella formula (3.1), che ha fatto da base per il metodo di pseudorange. Ana-

logamente, nel processo di sincronizzazione intersatellitare, le distanze coperte

dai segnali sono state ottenute col teorema di Carnot, ricavando l’espressione

(5.2). Queste piccole semplificazioni, introdotte per non appesantire eccessi-

vamente i calcoli, devono essere riviste se si vuole portare la precisione del po-

sizionamento sotto la soglia del centimetro.

In accordo col principio di Fermat, il cammino seguito dalla luce nell’andare da

un punto a un punto è sempre quello più rapido.

Si definisce allora distanza propria la quantità

dove è il tempo di volo del raggio.

Per ricavarla si deve imporre la condizione

nella (4.6), ottenendo

con

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46

Pertanto,

dove è la geodetica che congiunge gli eventi e nello spazio-

tempo. Se la traiettoria del raggio è rettilinea e, quindi,

ovvero la distanza propria coincide con la distanza coordinata

Più in generale,

Ad esempio, se è il potenziale espresso dal solo termine di monopolo terre-

stre, la (5.3) si riduce a

La traiettoria è rettilinea anche in questo caso, ma la distanza propria e la di-

stanza coordinata sono comunque diverse.

In sintesi, il ricevitore GPS commette un errore ogni volta che applica il metodo

di pseudorange, poiché questo consiste nel porre

(5.3)

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47

come risulta ovvio dalla (3.1). Allo stesso modo, non si può dedurre il tempo di

volo dalla distanza coordinata, come è stato fatto con la (5.2), dato che la for-

mula inversa

è altrettanto inesatta.

Il vero tempo di volo si ricava dall’uguaglianza

ottenuta ponendo

nella formula (4.6), com’è d’uopo quando si tratta di segnali elettromagnetici;

da uno sviluppo al 1° ordine nelle quantità e scaturisce che

Pertanto,

ma, siccome la Terra curva lo spazio-tempo in misura trascurabile,si può anche

integrare sul segmento che congiunge i punti e anziché sulla geodetica.

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Indicata con la distanza coordinata, il risultato a cui si perviene non è sempli-

cemente

bensì

dove e sono le distanze di e dal centro della Terra; la sussistenza del

termine correttivo

è meglio nota come effetto Shapiro.

Per un satellite GPS, è dell’ordine di 2 cm, mentre la discrepanza tra di-

stanza propria e distanza coordinata è dell’ordine di pochi millimetri; quindi,

tranne che per applicazioni particolari, si tratta di errori ampiamente trascura-

bili.

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CONCLUSIONI

Dovrebbe essere chiaro, a questo punto, quale ruolo ricoprano le teorie di Ein-

stein nel funzionamento del GPS.

L’idea che un orologio orbitante richiedesse una correzione relativistica era già

diffusa nel 1977, quando fu messo in orbita il primo satellite munito di oscilla-

tore al Cesio: l’NTS-2. A dire il vero, c’era anche chi dubitava della necessità di

apportare queste rettifiche, ma dovette ricredersi una volta preso atto dei ri-

sultati sperimentali. Grazie a questo “lancio di prova”, i satelliti GPS poterono

essere concepiti con le correzioni già integrate, sebbene il contributo del po-

tenziale centrifugo terrestre fosse stato inizialmente trascurato. Si può ben dire

che il sistema GPS, senza volerlo, sia divenuto una delle prove sperimentali del-

la teoria della relatività generale.

Dopotutto, esso non è dissimile da altri prodotti dell’umano ingegno come il

forno a microonde, la radio, il frigorifero, la risonanza magnetica, l’aereo, i

pannelli fotovoltaici. In un certo senso, questi sono tutti “esperimenti” che, al

di fuori del laboratorio, confermano delle leggi fisiche note. Il vero laboratorio

che un fisico ha a sua disposizione è il più grande e attrezzato che si possa im-

maginare: l’intero Universo!

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È straordinario quanto le leggi della natura siano state utili per migliorare la

qualità della vita umana. Perfino la fervida immaginazione di uno scrittore co-

me Jules Verne, che aveva pronosticato i voli spaziali, non era stata in grado di

prevedere invenzioni che di lì a poco avrebbero visto la luce. Oggi è possibile

navigare in internet, abbattere il muro del suono, diagnosticare precocemente

tumori, estrarre energia dal nucleo atomico, datare reperti archeologici, usu-

fruire delle nanotecnologie, trasmettere in onde medie, stampare in tre dimen-

sioni, spostarsi in automobile, leggere un libro elettronico... e anche elaborare

al computer una tesi di laurea sul funzionamento del GPS.

Tuttavia, resta il fatto che il buon vecchio studio della φύσις non ha molto a che

vedere con tutto questo. C’è una sola cosa che lo scienziato fa col suo lavoro:

capacitarsi ogni giorno di quanto la realtà sia ben fatta!

«Lo scienziato non studia la natura perché è utile;

la studia perché ne ricava piacere,

e ne ricava piacere perché essa è bella.

Se la natura non fosse bella non varrebbe la pena di essere conosciuta,

la vita non varrebbe la pena di essere vissuta.»

Henri Poincaré

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RIFERIMENTI

Bibliografia

Neil Ashby,

"Relativity in the Global Positioning System",

Living Rev. Relativity 6, (2003), 1. URL (accesso: 15 novembre 2013):

http://www.livingreviews.org/lrr-2003-1

Sitografia

http://www.gps.gov/ (accesso: 3 marzo 2014)

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RINGAZIAMENTI

Sebbene in copertina figuri soltanto il mio nome, questo lavoro di tesi è stato

scritto a più mani, e ai proprietari delle altre mani vanno riconosciuti i loro me-

riti.

Ad esempio, i grafici che corredano le pagine 31 e 41 non sono farina del mio

sacco, bensì un atto creativo di mia sorella Laura. Noi fisici conosciamo bene la

bellezza della natura, ma è necessario un architetto per poterla emulare.

La mia amica Carla, dal canto suo, è riuscita in un’impresa impossibile: chiarirmi

le idee sulla materia più ostica che esista. Non la fisica. La burocrazia!

Oltretutto, se non fosse stato per lei, questo testo sarebbe scritto in Comic

Sans MS, e i suoi margini cadrebbero molto al di fuori del foglio.

Quanto ai miei relatori, Rodolfo Figari e Cosimo Stornaiolo, essi sono tra i pochi

che ricordano cosa significhi stare dall’altra parte della cattedra. La loro pazien-

za, la loro comprensione e la loro disponibilità sono l’auspicio di qualunque lau-

reando.

Scrivere una tesi richiede grande impegno, soprattutto se si tratta di un lavoro

sperimentale. In questo caso, infatti, bisogna recarsi in laboratorio, familiarizza-

re con gli strumenti, compiere misure e tener conto degli errori.

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Per chi, come me, sceglie una tesi teorica, le cose sono più semplici, dato che la

si può scrivere comodamente seduti in poltrona. Eppure, durante la stesura di

questo lavoro, qualche esperimento l’ho fatto anch’io: ho verificato personal-

mente l’affidabilità del GPS; non certo in laboratorio, ma direttamente

sull’asfalto.

Uno di questi esperimenti l’ho condotto con la mia amica Nessa, il 13 ottobre

2013. Era una soleggiata mattina d’autunno, e il navigatore GPS ci stava indi-

cando la strada per Sorrento. Nell’apprendere che la nostra “guida” era

l’oggetto di studio della mia tesi, Nessa si è offerta di farmi da correttrice di

bozze.

Non potevo immaginare quanto prezioso sarebbe stato il suo aiuto, che mi ha

guidato nei meandri della lingua italiana proprio come un navigatore GPS.

Per questo mi sento in dovere di ringraziarla, sperando che chiuda un’occhio

sull’evidente errore che c’è in questa frase.