la rete dei servizi contro la violenza di genere di bolzano- primo anno di attività

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La rete dei servizi contro la violenza di genere di Bolzano- Primo anno di attività 1 di Maura Misiti, elaborazioni e trattamento statistico dei dati di Marcella Prosperi* Introduzione La violenza contro le donne è un tema che a livello globale sta suscitando un’attenzione crescente sotto la spinta di una progressiva consapevolezza delle associazioni, dei movimenti, delle agenzie internazionali e, infine, della pubblica opinione, anche sollecitata da un aumento della visibilità mediatica che documenta la drammatica escalation di forme di violenza che hanno per oggetto le donne. Risale all’anno scorso (giugno 2012) il rapporto della relatrice speciale delle Nazioni Unite Rachida Manjoo sugli omicidi basati sul genere, (CHR, 2012) in cui il femminicidio viene definito come la manifestazione estrema delle diverse forme di violenza contro le donne, come conseguenza finale di un continuum di violenza. Nello stesso rapporto si sottolinea come tale fenomeno stia raggiungendo proporzioni allarmanti, e come la violenza contro le donne continui ad essere accettata, tollerata o giustificata essendo radicata sia nella cultura sia nelle norme sociali. Il rapporto si conclude con una serie di raccomandazioni in cui gli stati membri sono richiamati ad affrontare con la “dovuta diligenza” il fenomeno della violenza di genere. L’anno precedente, il 2011, la relatrice speciale presentava un altro rapporto tematico sulla violenza contro le donne. In questa relazione ricostruiva il complesso quadro di riferimento del fenomeno, in cui si sovrappongono e si intersecano diverse forme di discriminazione che contribuiscono e aggravano la violenza contro le donne. Tra le raccomandazioni la Rapporteur segnalava l’importanza di adottare un approccio olistico nell’affrontare il tema della violenza di genere, approccio che consente di considerare simultaneamente gli aspetti strutturali e i fattori di discriminazione. Porre la violenza contro le donne come un tema che attraversa trasversalmente i diritti politici civili, economici e sociali, permette ai policy makers di comprendere le interconnessioni tra le diverse forme di discriminazione e la riproduzione di differenti forme di violenza contro le donne. Un approccio multidimensionale richiede inoltre l’impegno di risorse umane e materiali da impiegare nella valutazione e nel monitoraggio dell’impatto delle politiche, delle leggi e dei servizi sulla violenza e sulla discriminazione, compreso il tema del sostegno e del risarcimento alle vittime. Tra le azioni proposte dalla Rapporteur ricordiamo infine quelle che consigliano l’adozione di leggi e politiche pubbliche nel campo dell’educazione, finalizzate a combattere gli stereotipi ed i pregiudizi su cui la violenza di genere si fonda. In un’ottica nazionale appare importante ricordare la lettura della situazione italiana, elaborata dalla stessa Rapporteur in occasione della sua missione nel nostro paese nel 2011. Nel rapporto si sottolinea come sia proprio la violenza domestica la modalità di violenza più diffusa, e come a fronte della gravità degli atti perpetrati, meno di una vittima su cinque lo consideri un reato, una su tre un fatto comune, e solo una su quattro ritenga lo stupro o il tentato stupro un reato. La sommersione del fenomeno è legata alla sua poca visibilità e alla grande difficoltà delle donne a denunciare anche in virtù del fatto che le vittime in gran parte dipendono economicamente dagli * IRPPS-CNR

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La violenza contro le donne è un tema che a livello globale sta suscitando un’attenzione crescente sotto la spinta di una progressiva consapevolezza delle associazioni, dei movimenti, delle agenzie internazionali e, infine, della pubblica opinione, anche sollecitata da un aumento della visibilità mediatica che documenta la drammatica escalation di forme di violenza che hanno per oggetto le donne.

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Page 1: La rete dei servizi contro la violenza di genere di Bolzano- Primo anno di attività

La rete dei servizi contro la violenza di genere di Bolzano- Primo anno di attività1

di Maura Misiti, elaborazioni e trattamento statistico dei dati di Marcella Prosperi*

Introduzione

La violenza contro le donne è un tema che a livello globale sta suscitando un’attenzione crescente sotto la spinta di una progressiva consapevolezza delle associazioni, dei movimenti, delle agenzie internazionali e, infine, della pubblica opinione, anche sollecitata da un aumento della visibilità mediatica che documenta la drammatica escalation di forme di violenza che hanno per oggetto le donne.

Risale all’anno scorso (giugno 2012) il rapporto della relatrice speciale delle Nazioni Unite Rachida Manjoo sugli omicidi basati sul genere, (CHR, 2012) in cui il femminicidio viene definito come la manifestazione estrema delle diverse forme di violenza contro le donne, come conseguenza finale di un continuum di violenza. Nello stesso rapporto si sottolinea come tale fenomeno stia raggiungendo proporzioni allarmanti, e come la violenza contro le donne continui ad essere accettata, tollerata o giustificata essendo radicata sia nella cultura sia nelle norme sociali. Il rapporto si conclude con una serie di raccomandazioni in cui gli stati membri sono richiamati ad affrontare con la “dovuta diligenza” il fenomeno della violenza di genere. L’anno precedente, il 2011, la relatrice speciale presentava un altro rapporto tematico sulla violenza contro le donne. In questa relazione ricostruiva il complesso quadro di riferimento del fenomeno, in cui si sovrappongono e si intersecano diverse forme di discriminazione che contribuiscono e aggravano la violenza contro le donne. Tra le raccomandazioni la Rapporteur segnalava l’importanza di adottare un approccio olistico nell’affrontare il tema della violenza di genere, approccio che consente di considerare simultaneamente gli aspetti strutturali e i fattori di discriminazione. Porre la violenza contro le donne come un tema che attraversa trasversalmente i diritti politici civili, economici e sociali, permette ai policy makers di comprendere le interconnessioni tra le diverse forme di discriminazione e la riproduzione di differenti forme di violenza contro le donne. Un approccio multidimensionale richiede inoltre l’impegno di risorse umane e materiali da impiegare nella valutazione e nel monitoraggio dell’impatto delle politiche, delle leggi e dei servizi sulla violenza e sulla discriminazione, compreso il tema del sostegno e del risarcimento alle vittime. Tra le azioni proposte dalla Rapporteur ricordiamo infine quelle che consigliano l’adozione di leggi e politiche pubbliche nel campo dell’educazione, finalizzate a combattere gli stereotipi ed i pregiudizi su cui la violenza di genere si fonda.

In un’ottica nazionale appare importante ricordare la lettura della situazione italiana, elaborata dalla stessa Rapporteur in occasione della sua missione nel nostro paese nel 2011. Nel rapporto si sottolinea come sia proprio la violenza domestica la modalità di violenza più diffusa, e come a fronte della gravità degli atti perpetrati, meno di una vittima su cinque lo consideri un reato, una su tre un fatto comune, e solo una su quattro ritenga lo stupro o il tentato stupro un reato. La sommersione del fenomeno è legata alla sua poca visibilità e alla grande difficoltà delle donne a denunciare anche in virtù del fatto che le vittime in gran parte dipendono economicamente dagli

* IRPPS-CNR

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autori della violenza, e dalla percezione che le risposte dello Stato non saranno appropriate o utili. Il continuum della violenza in casa si riflette nel crescente numero di vittime di femminicidio da parte dei partner, coniugi o ex partner2.

Molte questioni in tema di violenza in Italia dovrebbero essere sollevate a partire dalle grandi difficoltà che vivono i centri antiviolenza nel garantire un adeguata risposta alle donne vittime per assenza o carenza di fondi (penalizzando così l’emersione del fenomeno, ma anche il sostegno alle donne ed ai loro figli, con attenzione anche a quegli aspetti legati all’inserimento lavorativo per le più svantaggiate economicamente), per arrivare alla questione della conoscenza del fenomeno. Tra le diverse osservazioni indirizzate al nostro paese dalla Rapporteur, infatti, sono da ricordare i limiti riscontrati negli sforzi delle istituzioni, del Governo e delle organizzazioni della società civile nella raccolta disaggregata di dati e statistiche sulla violenza contro le donne, inclusi i femminicidi. La ricerca ISTAT ”Violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia” del 2006 è la fonte ufficiale più recente di dati. Dati e statistiche disaggregati e aggiornati sulla violenza contro le donne sono cruciali per progettare, implementare e monitorare leggi, politiche e programmi. La condivisione di tali dati fra gli enti addetti inclusi i ministeri competenti, le forze dell’ordine, il potere giudiziario e le organizzazioni della società civile è necessaria per valutare l’impatto di tali misure. Anche la Rec 2002(5) del COE raccomandava tra l’altro, l’implementazione di ricerche specifiche e la raccolta di dati finalizzati alla misura del fenomeno, al monitoraggio e al controllo dell’efficacia delle misure messe in atto. Tutto questo è stato ribadito come detto sia dalla Rapporteur speciale dell’Onu, che previsto dalla convenzione di Istanbul appena sottoscritta e che andrà ratificata adottando le necessarie misure di adeguamento rispetto al quadro degli interventi previsti, tra i quali, per la prima volta, si specificano azioni riguardanti l’area dei matrimoni forzati e si dettagliano gli ambiti di ricerca e di raccolta dati.

L’esperienza dell’osservatorio di Bolzano

In questa prospettiva si situa l’esperienza di Bolzano, di cui qui presentiamo i dati raccolti in un anno di lavoro della rete costruita dai servizi dedicati al sostegno delle persone vittime di violenza. Si tratta sia di servizi specializzati come il centro antiviolenza, sia presidi di pubblica sicurezza sia associazioni che lavorano su specifici segmenti di domanda. Nel complesso nel corso del 2012,sono stati trattati 145 casi di persone che a diverso titolo hanno usufruito dei servizi messi in Rete, realizzando in parte o completamente un percorso di sostegno per l’uscita dalla violenza.

I questionari sono stati compilati con attenzione, ma su numeri limitati anche l’assenza di pochi dati può determinare problemi; è anche possibile che il/la compilatore/rice abbiano incontrato oggettive difficoltà a reperire l’informazione richiesta: sono soprattutto i dati relativi all’autore della violenza quelli che presentano difficoltà di completamento, ma anche quelli sull’occupazione della donna, sugli elementi che hanno determinato l’inizio della violenza e l’eventuale denuncia. La compilazione delle informazioni relative all’interazione tra i diversi servizi della rete è caratterizzata da un alto numero di risposte mancanti, e necessita un approfondimento delle motivazioni di tale difficoltà.

2 (CEDAW/C/ITA/Q/6/Add.1)

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In altri casi, come quello dell’indicazione della qualifica e del sesso dell’operatore/trice compilante, è meno chiara la causa della mancata risposta.

Lo schema che segue illustra i servizi che hanno partecipato alla raccolta dei dati attraverso la compilazione della scheda di rilevazione, che alimenta la banca dati dell’Osservatorio. La scheda viene compilata per ogni caso seguito dal servizio ed è il frutto del lavoro del gruppo della rete.

Tabella1 : I servizi della rete, frequenze assolute e percentuali

Servizio compilante Frequenza Percentuale

casa alloggi protetti 14 9,7

centro antiviolenza-casa delle donne GEA 81 55,9

CSM 8 5,5

Questura di Bolzano 4 2,8

ASSB distretto sociale Europa Novacella 6 4,1

Associazione LA STRADA Area Donna 5 3,4

Associazione Volontarius – Unità di Strada 1 ,7

Associazione donne NISSA' 2 1,4

ASSB distretto sociale GRIES 4 2,8

consultorio famigliare l'ARCA 12 8,3

polizia municipale 1 ,7

ASSB distretto sociale Don Bosco 1 ,7

Casa Margaret Caritas 5 3,4

consultorio AIED 1 ,7

Totale 145 100,0

Come si vede dal grafico 1 sono in maggioranza operatrici dei centri antiviolenza o assistenti e operatori sociali, in misura minore psicologhe e mediatrici che hanno seguito una donna che si è rivolta ad uno dei nodi di rete, minoritaria la presenza delle forze dell’ordine.

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Grafico 1: Operatori che hanno compilato il questionario secondo la qualifica- valori assoluti

La maggioranza assoluta delle donne che si sono rivolte ai servizi della rete è residente a Bolzano, una ristretta minoranza risiede fuori dal comune; circa la metà di esse ha un’età compresa tra i 30 ed i 45 anni, le più giovani (fino a trent’anni) rappresentano circa un terzo del totale, mentre una su cinque ha più di 46 anni. Più della metà delle donne che si sono rivolte ai servizi della rete è di cittadinanza italiana, troviamo anche una significativa rappresentanza (21%) di persone provenienti dai paesi dell’Europa dell’est, e dall’Africa (10%). La presenza delle donne straniere tra le utenti dei servizi della rete risulta maggiore della quota delle donne straniere residenti nel comune all’inizio del 2011 (13%, Istat, 2011)3. Le donne in coppia (coniugate e conviventi) rappresentano la maggioranza 55% delle vittime, seguono nubili 27% e vedove o divorziate.

Grafico 2 :Caratteristiche socio-demografiche delle donne utenti dei servizi di Rete- %

3 Istat, Geo Demo, Popolazione straniera residente al 1° gennaio 2011 per età e sesso,

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Se confrontiamo questa struttura socio demografica con quella risultante dai dati Istat (rilevazione delle Forze di Lavoro) relativi alla situazione occupazionale e al titolo di studio delle donne con più di 15 anni, residenti nella Provincia autonoma di Bolzano al 2012, vediamo come le donne che si sono presentate ai servizi della rete presentano un livello di istruzione superiore, sia come quota di persone con alti profili educativi, sia per il minore peso delle persone con bassi titoli di studio, anche se nel confronto è necessario tenere conto del fatto che nei dati Istat si fa riferimento ad una popolazione femminile più ampia, che comprende persone più giovani e più anziane il cui peso può contribuire a modificare la distribuzione del grado di istruzione.

Tabella 2: Popolazione 15 anni e oltre per titolo di studio femmine, provincia di Bolzano e Italia,

2012

Provincia Autonoma Bolzano /

Bozen Italia

licenza elementare, nessun titolo

20,5 25,8

licenza media

32,5 28,3

diploma 2-3 anni (qualifica

professionale) 15,3 5,7

diploma 4-5 anni (maturità)

21,5 27,8

laurea e post-laurea

10,2 12,4

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totale

100,0 100,0

Fonte: Istat Rilevazione sulle forze di lavoro 2012

Grafico 3: Situazione lavorativa delle donne utenti dei servizi di Rete- %

Più della metà (53%) delle utenti dei servizi di rete si dichiara occupata, la maggior parte come dipendente, una piccola quota come libera professionista ed il 7% pensionata, il restante 40% è invece in una situazione di dipendenza economica, soprattutto in quanto disoccupata (29%), casalinga (7,8%) e studentessa (3,9%). Qui il dato di confronto con i dati Istat relativi agli indicatori del lavoro nel 2012 e con quelli del 2011 del comune di Bolzano, mette in risalto un tasso di occupazione e delle donne che accedono alla rete (52,7%) inferiore a quello della Provincia autonoma (64,8% ) o del Comune (65,5%) e un tasso di disoccupazione molto superiore (Provincia 4,8% , Comune 3,5%).

Tabella 3: Indicatori economici Provincia Autonoma di Bolzano , ripartizioni nazionali

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tasso

disoccupazione femminile

tasso

occupazione femminile

tasso di

inattività femminile

Provincia Autonoma Bolzano / Bozen

4,8 64,8 18,2

Nord 8,6 57,0 37,7 Centro 11,0 52,3 41,2 Mezzogiorno 19,3 31,6 60,7 Italia 11,9 47,1 46,5 Fonte: Istat Rilevazione sulle forze di lavoro 2012

Tra le lavoratrici poco più della metà hanno contratti a tempo indeterminato, mentre il 40% è in una situazione precaria. Di conseguenza, solo il 44% delle donne dichiara di percepire entrate economiche sufficienti per sé e per gli eventuali figli/e conviventi. Importante segnalare che tra il 7% e l’8% delle donne seguite dai servizi (11 persone) dichiarano di non potersi muovere liberamente nè di sapersi esprimere o comunicare compiutamente in una delle lingue del territorio.

La situazione familiare delle donne che si sono rivolte ai servizi è prevalentemente caratterizzata dalla convivenza con figli e partner, una quota significativa vive in comunità e alloggi protetti (eventualmente anche con i figli), e una minoranza da sola o in insieme a genitori, parenti o amici. La metà delle donne conviventi (48,8%) ha dichiarato di vivere con la persona che esercita violenza.

Grafico 4 : Situazione abitativa delle donne utenti dei servizi di Rete- % sul totale dei casi, risposta

multipla

Tipologie di violenza

Nella stragrande maggioranza (82%) dei casi la violenza avviene nell’ambito della famiglia, più rare le forme di aggressioni occasionali, di mobbing sul lavoro e per sfruttamento sessuale (Grafico 5).

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Grafico 5: Tipologia di violenza subita dalle donne utenti dei servizi di Rete- % sul totale delle

risposte

Nell’ambito della macro - categoria della violenza domestica notiamo una maggiore esposizione delle donne italiane in primis e di quelle provenienti dai paesi dell’Europa dell’est in seconda battuta, rispetto alle donne provenienti da altre aree geografiche; anche l’essere coniugata, di età compresa tra i 30 e i 45 anni, avere un titolo elevato di studio, essere disoccupata o pensionata rappresentano condizioni che per le donne di Bolzano espongono maggiormente al rischio di violenza domestica.

La maggiore vulnerabilità delle italiane vale anche per il mobbing, in particolare se la donna è lavoratrice dipendente, mentre sono le donne di cittadinanza africana e quelle est europee particolarmente a repentaglio di sfruttamento sessuale e lavorativo.

Le aggressioni occasionali non sembrano collegate alla provenienza geografica quanto piuttosto all’età della vittima (sia più giovane che meno giovane) e allo stato civile di nubile.

Le modalità della violenza

Tra le forme di violenza denunciate agli operatori dei servizi aderenti alla rete, così come emerge da diverse analisi e studi, è spesso presente una compresenza di modalità diverse che si intersecano e si sovrappongono determinando una sorta di continuum della violenza. Tra quelle considerate nella scheda di rilevazione e riportate nella raccolta dati, è possibile stilare una lista in ordine di peso relativo, che può dare un’ indicazione della pervasività di alcune tipologie di violenza. In cima alla lista vi è quella psicologica che risulta la forma più segnalata tra le persone che si sono rivolte ai servizi, seguita da quella fisica e a distanza da quella economica. Violenza sessuale e stalking presentano una rilevanza minore, mentre più rara è la denuncia di molestie sessuali. Questa graduatoria è confermata sia che si consideri la distribuzione delle risposte ottenute, rapportate al totale delle risposte, sia in rapporto al numero dei casi di riferimento (Tabella 4). Quest’ultimo dato consente di confrontare i dati di Bolzano con quelli dell’associazione DiRe4 (DiRe, 2012) che ha

1 D.i.Re.,Donne in Rete contro la violenza, Rilevazione dati 2011, 2012

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raccolto i dati sull’attività dei centri antiviolenza nel corso del 2011, dati che si prestano per omogeneità di rilevazione, alla comparazione con i dati del primo anno di attività della rete. Anche nel rapporto si riscontra la stessa “classifica” di tipologie di violenza, elemento comune che sottolinea come soprattutto la violenza psicologica e quella fisica siano elementi di continuità, di sovrapposizione e di interazione nelle vite delle donne che subiscono violenza, facendo emergere la pericolosità di alcune situazioni in cui la violenza si esprime contemporaneamente in diverse forme.

Tabella 4 : Tipologie di violenza riportate dagli operatori % sul totale delle risposte (possibili più

risposte)

Tipologia %

sulle risposte

%

sui casi

Valori assoluti (numero di risposte)

Dati Dire 2011

(% sui casi)

violenza fisica 27,0 67,6 114 47,0

violenza sessuale 8,5 21,4 36 14,2

violenza psicologica 37,1 80,7 157 54,4

violenza economica 14,4 37,9 61 24,0

Stalking 9,9 16,6 42 9,3

Molestie 3,1 7,6 13 -

Totale risposte (domanda a risposta multipla) 100 231,8 423 148,3

I luoghi della violenza

È la casa il luogo più pericoloso per le donne, questo aspetto emerge nettamente per tutte le forme di violenza (a parte le molestie e lo stalking): è qui che la violenza si manifesta con intensità che raggiungono livelli molto elevati, a partire dalla violenza economica che si sviluppa nella quasi totalità nella dimensione domestica e familiare (84%). Ma l’interno dell’abitazione è anche il luogo dove si sprigiona la maggior parte della violenza fisica, psicologica, sessuale riportata dagli operatori/rici,; anche lo stalking e gli atti persecutori in un caso su tre sono compiuti nell’ ambito domestico (Grafico 6).

Gli spazi pubblici (strada, parcheggi, parchi e pubblici esercizi) si rivelano come luoghi altrettanto a rischio per le donne, soprattutto per quanto riguarda lo stalking, la violenza sessuale e psicologica; mentre il lavoro è l’ambiente dove si manifestano con maggiore frequenza stalking , violenza sessuale, economica e psicologica; la scuola e gli spazi ricreativi si caratterizzano per l’incidenza di stalking.

Grafico 6 : Luogo in cui è avvenuta la violenza per tipo di violenza % sulle risposte

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Grafico 7 : Tempo in cui è avvenuta o avviene la violenza, per tipo di violenza

Il vissuto della violenza appare come un continuum nella vita della maggioranza delle donne, un elemento che attraversa passato e presente e che per tutte le fenomenologie è un fatto concreto e costante della quotidianità. In particolare l’urgenza del presente emerge per le vittime di stalking e

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di maltrattamenti fisici, mentre è preponderante il peso del passato per le violenze sessuali, la violenza fisica ed economica (Grafico 7).

In particolare possiamo notare che ogni tipologia di violenza ha un timing caratteristico. Per esempio le molestie sono prevalentemente agite in un episodio unico, mentre lo stalking e gli atti persecutori sono soprattutto subiti per un tempo che va dai 2 ai 4 anni, così come la violenza psicologica; la violenza sessuale tende a durare fino a 10 anni, ed infine quella economica è invece contraddistinta da una lunga durata, oltre i dieci anni.

La maggior parte delle donne seguite dai servizi non mette in relazione la violenza subita con specifici eventi o aspetti della vita (65%); per le altre, la violenza si innesca in fasi delicate e particolari: per circa una su tre qui a Bolzano è proprio la gravidanza e la nascita di un figlio che ha un effetto scatenante della violenza, che si esprime soprattutto in atti persecutori e molestie. Questo avviene secondo uno schema ben documentato nella letteratura internazionale5, che dimostra come per alcuni partner l'arrivo di un figlio possa suscitare sentimenti negativi come la gelosia, la rabbia o la sensazione di sentirsi costretti, soprattutto in caso di gravidanza non pianificata. Queste sensazioni emotive possono generare abusi e violenze da parte del partner verso la madre e il nascituro. In particolare in Italia secondo l'Istat 6 più dell'11% delle donne subisce violenza del partner in gravidanza. L'indagine mostra che il 13,6% di questi abusi inizia proprio in gravidanza; nel 52,5% dei casi la violenza rimane invariata, per il 17,2% aumenta e solo per il 15,9% diminuisce durante la gravidanza. Il dato di Bolzano conferma questa tendenza, mettendo in risalto il potenziale rischio che ne può conseguire, infatti la violenza domestica può comportare danni alla madre e al bambino: aumentano infatti i rischi di aborto, i parti pretermine e la nascita di bambini con basso peso neonatale. Tra le vittime di violenza familiare aumentano poi i comportamenti a rischio, come il fumo, l'abuso di alcol e droghe. I maltrattamenti fisici sono anche associati a problemi del sistema riproduttivo, a infezioni del tratto urinario, a depressione e ad altri problemi mentali. Gli abusi in gravidanza sono infine correlati a elevati tassi di gravidanza indesiderata e di gravidanza in età adolescenziale, e a elevati tassi di interruzione volontaria della gravidanza.

Grafico 8 : La violenza è stata subita / è iniziata in un momento particolare della vita della donna?

5 Brewer J. E., Paulsen D.J. (1999), “A comparison of US and Canadian findings on uxoricide risk for women with

children sired by previous partners”, Homicide Studies, 3, 317-332.Campbell J.C. (2001), “Abuse during pregnancy:

A quintessential threat to maternal and child health – so when do we start to act?”, Canadian Medical Association

Journal, 164, 1578 - 1579

Campbell J.C., Webster D., Koziol McLain J., Block C., Campbell D., Curry M. A., Gary F., Glass N., McFarlane J.,

Sachs C., Sharps P., Ulrich Y., Wilt S.A., Manganello J., Xu X., Schollenberger J., Frye V., Laughton K., (2003), “Risk

factors for femicide in abusive relationships: Results from a multisite case control study”, American Journal of Public

Health, 93, 1089-97.

6 Istat, (2007), La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia 2006, Roma

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Tra le altre cause che concorrono all’innesco della violenza nell’ambito di una relazione troviamo anche il matrimonio, il ricongiungimento familiare in caso di persone immigrate, la separazione o il divorzio ed infine le difficoltà con il partner. Sono occasioni che hanno in comune un forte coinvolgimento emotivo connesso alla sfera della relazione, qui le difficoltà di gestione delle emozioni giocano un ruolo determinante nella comparsa della violenza in un rapporto di intimità, anche se i contesti sono molto diversi. La forma in cui si manifesta durante una separazione è prevalentemente lo stalking, mentre durante il matrimonio sono la violenza economica e quella fisica che prevalgono.

I problemi di violenza subita legati al lavoro, ai trasferimenti, alla migrazione contano per circa una donna su cinque, sono forme di violenza che attengono alla sfera sociale e lavorativa, e si concretizzano in atti di violenza che vanno sotto la categoria della violenza economica e degli atti persecutori.

Una quota minoritaria, ma importante, è quella delle violenze inerenti alle vittime di tratta e sfruttamento sessuale che attiene alle modalità proprie di questa forma criminale, ossia la violenza sessuale (Grafico 8).

Sono segnalati anche un caso di mutilazione dei genitali femminili ed un caso di matrimonio forzato.

Gli autori

Gli autori delle violenze sono soprattutto i mariti, fidanzati e partner delle donne (53%) e gli ex (13,6%), responsabili i primi soprattutto di violenza economica, psicologica e fisica, quando i secondi si distinguono per stalking, atti persecutori e maltrattamenti fisici; il dato relativo alle violenze compiute da ex-partner permette anche di individuare la fase del distacco o allontanamento delle donne come una situazione con un grado elevato di complessità, in cui diviene di fondamentale importanza una valutazione attenta e competente del rischio di recidiva. Sempre nell’ambito familiare ricade la responsabilità di violenza per il 16% dei casi (quando gli autori sono genitori e parenti), e ancora alla sfera delle amicizie e conoscenze per un 11%. Molto limitati i casi in cui l’autore è sconosciuto alla vittima, e circoscritti ai casi di sfruttamento e tratta, gli atti di violenza dei protettori.

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I dati di Dire7 (DiRe, 2011) ci permettono di evidenziare alcune differenze tra la realtà che emerge a Bolzano e quella derivante dai centri antiviolenza italiani: premesso che il focus è sempre sulle relazioni di intimità, laddove il partner è sempre il maggior responsabile degli atti di violenza subiti dalle donne, il dato del 64% rilevato da DiRe risulta superiore a quello di Bolzano, così come quello relativo all’ex partner che conta per il 20% nella media dei centri italiani. A Bolzano sono invece più frequenti i casi di autori appartenenti al circolo familiare (genitori e parenti, 16,2%) di quanto non sia osservato dal rapporto DiRe (8%), quelli in cui l’autore è un conoscente, amico o collega (11% rispetto al 6% di DiRe) e gli atti di violenza compiuti da sconosciuti 3,9% rispetto al 2%). Grafico 9 : Relazione con l’autore della violenza - % sul totale di casi

Profilo dei maltrattanti

Circa la metà degli autori di violenza ha un’età compresa tra i 30 e i 45 anni (51%) e sono più o meno coetanei della metà donne che subiscono violenza, più di un terzo ha oltre 46 anni, ed una minoranza è più giovane, sotto i trent’anni, mentre tra le donne vittime sono più numerose le giovani. Sono in maggioranza di cittadinanza italiana (66%), in misura superiore alle vittime italiane, mentre i cittadini provenienti dall’est Europa e dall’Africa sono meno delle donne che hanno subito violenza, provenienti dalle stesse aree geografiche. Questo elemento indica come la violenza degli italiani si manifesta in misura maggiore, sia sulle connazionali sia sulle straniere, sia su donne più giovani. Le donne che subiscono violenza presentano un profilo educativo nettamente superiore a quello dei maltrattanti, tra i laureati sono quasi il doppio, e sono di più anche tra chi possiede un diploma superiore, mentre sono significativamente meno tra chi ha un diploma professionale e un titolo ancora più basso. Questo fattore dovrebbe essere indagato con maggiore approfondimento al fine di comprendere se il differenziale culturale possa avere una relazione con

7 In questo caso ci riferiamo alla rilevazione 2010 che presenta una disaggregazione dei dati maggiormente

confrontabile, DiRe, “DATI STATISTICI ANNO 2010: 3° RILEVAZIONE NAZIONALE”

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la violenza, agita, anche se a livello nazionale non emergono connessioni di questo tipo (Istat, 2007).

Dal punto di vista delle relazioni tra maltrattanti e vittime possiamo notare dai dati raccolti che c’è un maggior rischio per le donne coniugate di subire violenza dal marito e per le nubili quando l’autore della violenza è l’ex partner, ancora per le nubili quando l’autore è amico, conoscente o collega di lavoro. Le nubili più giovani sono vittime di parenti e genitori. Le donne che vivono con il compagno (marito o convivente) e quelle che vivono con i figli sono (o sono state) vittime proprio del loro partner, ed anche quelle che ora vivono in una casa protetta o in comunità; le donne che vivono da sole sono oggetto di violenza da parte di ex e di amici o conoscenti. Nelle comunità si trovano anche donne vittime di parenti o trattate. Nella maggioranza dei casi l’autore della violenza è una persona normale, priva di specifiche problematiche che possono aggravare l’atteggiamento e il comportamento violento, come l’abuso di sostanze o l’avere problemi economici o psichiatrici. A parte i casi in cui non è stato possibile rilevare l’influenza di una di queste circostanze, sono due i fattori che maggiormente caratterizzano un maltrattante su sei (tra il 16% e il 17%) : l’alcolismo e i problemi sociali (disoccupazione, povertà, marginalità), mentre tossicodipendenza e problemi psichiatrici sono meno rilevanti (Tabella 5). A titolo di confronto, il dato rilevato dall’Istat nel 2006 fa riferimento ad una percentuale leggermente più bassa di autori di violenza sotto l’effetto di droga o alcool (13,3%).

Grafico 10: Caratteristiche socio demografiche degli autori e delle vittime delle violenze,

percentuale sul totale dei casi.

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Tabella 5: Eventuali problematiche riscontrate per la persona autrice della violenza, percentuali

sulle risposte (domanda a risposta multipla)

Persona apparentemente priva di dipendenze e/o problematiche sociali e/o psichiche 46,5% Alcolista 17,4% Tossicodipendente 4,9%

Con diagnosi psichiatrica 1,4%

con problemi sociali 16,7%

non rilevato 13,2% La presenza di minori

Nel 60% dei casi insieme alla donna che subisce violenza, convivono minori, figli e figlie della vittima, e solo in pochissimi casi si tratta di altri tipi di parentela. La stragrande maggioranza dei minori subisce violenza in forma assistita: quasi la metà (44%) in forma diretta e in un quarto dei casi (24%) in forma indiretta, rilevante anche la parte di bambini/e o ragazzi/e che direttamente sono vittime di violenza psicologica o fisica, mentre è del tutto marginale la quota di quelli che ne sono esenti. Importante ricordare che il maltrattante è lo stesso della madre nella quasi totalità dei casi. Il dato rilevato sottolinea l’elevato coinvolgimento dei minori soprattutto in prima persona, mettendone a rischio l’incolumità fisica e psicologica, un dato che mette in evidenza un modello di comportamento degli autori della violenza che emergeva anche nell’indagine Istat in cui risultava

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che il 62,4% delle donne che subiscono violenza ha dichiarato che i figli hanno assistito ad uno o più episodi di violenza. Nel 19,6% dei casi i figli vi hanno assistito raramente, nel 20,2% a volte, nel 22,6% spesso. Tabella 6 : Violenza subita dai minori , percentuali sulle risposte (domanda a risposta multipla)

fisica in forma diretta 11,4%

psicologica in forma diretta 15,2%

economica in forma diretta 3,0%

assistita in forma diretta 43,9%

assistita in forma indiretta 23,5%

No 3,0% I servizi e la rete

La scheda prevede una domanda aperta per ottenere informazione sulle modalità di conoscenza dei servizi offerti dalla rete antiviolenza da parte delle persone che ne usufruiscono. Si tratta di un aspetto molto importante che misura in un certo senso la circolazione delle informazioni utili a disposizione di chi ha bisogno di aiuto. Nel 50% dei casi le donne hanno conosciuto i servizi della rete attraverso la rete stessa, e questo è un buon risultato del lavoro di sinergia tra i diversi nodi di rete. Ma nella fase di primo contatto e indirizzo, resta molto importante il ruolo della cerchia primaria delle amicizie e della famiglia che conta molto nel consigliare la donna vittima di rivolgersi a uno dei servizi della rete, in particolare sono le amiche e i conoscenti che in questa sfera risultano i primi interlocutori di chi ha bisogno di aiuto. Tra i nodi della rete, sono i servizi sociali sul territorio - attraverso le figure degli assistenti sociali - a filtrare le prime richieste di aiuto attraverso l’indicazione e l’indirizzamento della donna; seguiti dai presidi delle forze dell’ordine e dei servizi più specializzati come consultori, case alloggio e centri antiviolenza. Più defilato appare il ruolo dei professionisti della salute (medici di base, psicologi, ospedali). Importante è il ricorso al numero verde e a internet, che appare uno strumento relativamente conosciuto e affidabile, benché relativamente nuovo. Grafico 11 : Come ha conosciuto il servizio? (% sul totale delle risposte)

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Il tema della violenza è la motivazione principale delle donne che prendono contatto con i vari servizi (77%), ma è molto importante che la violenza sommersa riesca a emergere nel corso dei colloqui, soprattutto come esito di un riconoscimento dell’operatore/rice che direttamente pone il quesito, o come elemento collaterale o indiretto che affiora nella testimonianza della donna. Si tratta di un risultato importante che rende evidente la specializzazione degli/delle operatrici di primo contatto che dimostrano di essere in grado di riconoscere e far emergere il vissuto, anche implicito della violenza. Grafico 12: Se il tema della violenza non è stato portato direttamente dalla donna come tema

principale, questo è emerso ( % sul totale delle risposte)

Una sostanziale conferma della graduatoria degli interlocutori delle donne che manifestano un bisogno di aiuto, ci arriva dalle risposte alla domanda “se la donna ha chiesto aiuto anche ad altri”. In questo caso a differenza del quesito precedente era possibile dare più risposte, da queste si conferma che le forze dell’ordine, i servizi sociali e i centri antiviolenza e, a livello privato, il circolo delle amicizie, risultano il primo punto di contatto verso un percorso di uscita dalla violenza

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(Grafico 13). Seguono le reti familiari e altre tipologie di servizi. Il 24% delle risposte indica che le donne non si sono rivolte a nessun altro, rivolgendosi direttamente al servizio da cui sono seguite. Grafico 13: La donna ha chiesto aiuto anche ad altri? % sul totale dei casi (domanda a risposta

multipla)

Il funzionamento della rete può parzialmente essere valutato in base alla domanda relativa all’interazione con altri servizi, o meglio se la donna seguita dall’operatore/rice intervistato è stata inviata ad altri servizi. Purtroppo una buona parte degli intervistati (44%) non ha risposto a questa domanda, e dunque si riduce la validità del significato complessivo. La maggioranza dei rispondenti (72%) non ha inviato la donna a nessun altro servizio, e i destinatari degli invii sono soprattutto il centro antiviolenza, gli alloggi protetti e la casa delle donne. La situazione delle donne seguite dai servizi della rete alla fine del 2012, è illustrata nel Grafico 14; qui, a parte la quota (13% pari a 17 persone) di chi non è seguita da nessun servizio, l’assoluta maggioranza è accolta dai centri antiviolenza, casa delle donne o risiede in alloggi protetti, mentre le altre sono distribuite tra i servizi sociali e il consultorio familiare.

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Grafico 14: Distribuzione delle donne tra i servizi della rete % sul totale dei casi (domanda a

risposta multipla)

Le denunce

Circa una donna su tre tra quelle accolte dai servizi della rete di Bolzano ha dato seguito ad una azione penale o, in caso di minori, è stata effettuata una segnalazione al Tribunale dei minorenni. Si tratta di percentuali molto elevate, soprattutto se comparate alla media italiana risultante dalle indagini Istat del 2006 (7,3% delle donne che hanno subito violenza ha sporto denuncia per violenze fisiche o sessuali dal partner); il dato della rete è positivamente distante anche dai dati Istat della stessa indagine relativi alla provincia di Bolzano (13,7%), la percentuale più alta tra tutte le regioni italiane. Poiché la maggioranza dei procedimenti avviati è ancora in corso sembra prematuro delineare un bilancio dell’esito delle denunce. Tabella 7: Azioni legali compiute dalle donne seguite dai servizi della rete, valore assoluto e

percentuale sul totale delle risposte

Si No totale Valori assoluti % denuncia/querela autorità giudiziaria 41 96 137 29,9 70,1

segnalazione Procura Tribunale minorenni

43 99 142 30,3 69,7

Tabella 8 : Esito delle azioni legali compiute dalle donne seguite dai servizi della rete, percentuale

sul totale delle risposte

1 - ritiro della denuncia 18,6

2 - procedimento in corso 65,1

3 - condanna / patteggiamento della persona che ha usato violenza 7,0

4 – assoluzione 9,3

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Totale 100,0

Conclusioni

Le conclusioni di questo rapporto non possono che essere ancora provvisorie perché stiamo ragionando sui dati di un solo anno di lavoro che meritoriamente ci consentono di tracciare un primo quadro conoscitivo sulla rete, sulle donne che ne hanno utilizzato i diversi servizi offerti, sul tipo di bisogni e sulle forme di violenza di cui hanno sofferto e soffrono. Tuttavia i casi sono ancora pochi per poter indagare nel dettaglio le relazioni tra vittime e maltrattanti, sulle dinamiche delle diverse forme di violenza, sulla risposta dei servizi e dunque costruire indicatori sulla efficienza della rete o sull’incidenza delle diverse forme di violenza nel territorio, o anche semplicemente per fare emergere eventuali criticità di funzionamento. Per valorizzare il faticoso lavoro compiuto dagli operatori nella raccolta dei dati, tracciamo un quadro sintetico degli elementi più rilevanti emersi dall’analisi dei dati. Innanzitutto sulla situazione delle donne che si sono rivolte alla rete, le destinatarie dei servizi. La maggior parte sono cittadine italiane, in maggioranza tra i 30 e i 45 anni, circa un terzo meno di 30, e una su cinque con più di 46 anni, le donne in coppia (coniugate e conviventi) rappresentano la maggioranza. Più della metà possiede un lavoro o un reddito da pensione (59,7%), hanno un grado di istruzione migliore di quello medio delle donne residenti nel comune e nella provincia. Ma vi è una parte che invece versa in una situazione economica più precaria, dovuta soprattutto all’incidenza di disoccupate. Circa il 55% delle donne accolte dichiara di avere difficoltà a mantenere se stessa e i figli, e questo elemento le pone in una oggettiva situazione di vulnerabilità che le può esporre alla violenza. Fra l’altro esiste una quota, ancorché minoritaria, che manifesta sia difficoltà nel comunicare in una delle lingue del territorio, sia di non avere libertà di movimento. Infatti, una buona parte di loro proviene da un altro paese (45,4%), in maggioranza da paesi dell’Europa dell’est e dall’Africa. La situazione familiare delle donne è ampiamente caratterizzata dalla convivenza con figli e partner, ed è allarmante sapere che la metà di loro vive con la persona che esercita violenza, e infatti una parte significativa delle persone accolte risiede in sicurezza in comunità e alloggi protetti. Come dovunque, nella stragrande maggioranza (82%) dei casi la violenza avviene nell’ambito della famiglia (violenza domestica), mentre sono più rare le forme di aggressioni occasionali, di mobbing sul lavoro e per sfruttamento sessuale. Tra le forme di violenza denunciate agli operatori dei servizi aderenti alla rete, è spesso presente una compresenza o sovrapposizione di modalità diverse: tra quelle considerate è possibile stilare una lista in ordine di peso relativo: in testa vi è quella psicologica che risulta la forma più segnalata tra le persone che si sono rivolte ai servizi, seguita da quella fisica e a distanza da quella economica. Violenza sessuale e stalking presentano una rilevanza minore, mentre più rara è la denuncia di molestie sessuali. Il confronto con i risultati di altre indagini, conferma la “classifica” di tipologie di violenza, elemento che sottolinea come soprattutto la violenza psicologica e quella fisica siano elementi di continuità, di sovrapposizione e di interazione nelle vite, non solo familiari, delle donne che subiscono violenza, facendo emergere la pericolosità di alcune situazioni in cui la violenza si esprime contemporaneamente in diverse forme.

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È sempre la casa il luogo più pericoloso per le donne, e questo aspetto emerge nettamente per tutte le forme di violenza (a parte le molestie e lo stalking): è qui che la violenza si manifesta con intensità che raggiungono livelli molto elevati, a partire dalla violenza economica che si sviluppa nella quasi totalità nella dimensione domestica e familiare. L’interno dell’abitazione è anche il luogo dove si sprigiona la maggior parte della violenza fisica, psicologica, sessuale riportata dagli operatori/rici,; anche lo stalking e gli atti persecutori in un caso su tre sono compiuti nell’ ambito domestico. Anche gli spazi pubblici (strada, parcheggi, parchi e pubblici esercizi) si rivelano come luoghi a rischio per le donne, in primo luogo per forme di violenza come lo stalking, la violenza sessuale e psicologica. Nell’ambiente di lavoro si manifestano con maggiore frequenza stalking , violenza sessuale, economica e psicologica; la scuola e gli spazi ricreativi si caratterizzano per l’incidenza di stalking.

Il vissuto della violenza appare come un continuum nella vita della maggioranza delle donne, un elemento che attraversa passato e presente e che per tutte le fenomenologie è un fatto concreto e costante della quotidianità. Emerge dalla rilevazione che esistono in molti casi degli snodi esistenziali che contribuiscono all’innesco della violenza, sono soprattutto legati alle tappe della vita familiare e di coppia come la gravidanza, il matrimonio e la separazione, confermando ancora una volta come la sfera domestica e familiare sia il principale teatro della violenza. Per le donne straniere queste tappe possono essere anche il ricongiungimento familiare o l’immigrazione stessa, che a volte coincidono con l’inizio dello sfruttamento a scopo sessuale.

Gli autori delle violenze sono in maggioranza di cittadinanza italiana (66%), sono di più delle vittime italiane, mentre gli autori provenienti dall’est Europa e dall’Africa sono meno delle donne provenienti dalle stesse aree geografiche. Questo elemento indica come lo stereotipo dello straniero violento non è confermato dai dati. La violenza degli uomini italiani si manifesta sia sulle connazionali, sia sulle straniere, sia su donne giovani.

Nel quadro delineato finora, è chiaro che le tracce portano sempre in famiglia, sono i mariti, fidanzati e i partner delle donne insieme agli ex, i maggiori responsabili delle violenze riportate dalle donne. I primi si caratterizzano per forme di violenza economica, psicologica e fisica, quando i secondi si distinguono per stalking, atti persecutori e maltrattamenti fisici; come detto, la fase del distacco o allontanamento delle donne si profila come una delle più delicate e complesse per la loro sicurezza. Sempre riconducibili all’ambito familiare sono le violenze di genitori e parenti e quelle legate alla sfera delle amicizie e conoscenze. Molto limitati i casi in cui l’autore è sconosciuto alla vittima, e circoscritti ai casi di sfruttamento e tratta, gli atti di violenza dei protettori. Il tema della violenza è la motivazione principale delle donne che prendono contatto con i vari servizi, ma è molto importante che la violenza sommersa riesca a emergere nel corso dei colloqui, soprattutto come esito di un riconoscimento dell’operatore/rice che direttamente pone il quesito, o come elemento collaterale o indiretto che affiora nella testimonianza della donna. Si tratta di un risultato importante che rende evidente la specializzazione degli/delle operatrici di primo contatto che dimostrano di essere in grado di riconoscere e far emergere il vissuto, anche implicito della violenza. In linea con le caratteristiche fin qui delineate è coerente che l’assoluta maggioranza delle donne che hanno preso contatto con i servizi della rete è seguita dai centri antiviolenza, casa delle donne o

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risiede in alloggi protetti, ed in misura minore e concomitante anche dai servizi sociali e dal consultorio familiare. La conoscenza delle opportunità di sostegno offerte dalla rete antiviolenza è un elemento strategico nelle politiche di contrasto e supporto alle donne che chiedono aiuto, i risultati dell’osservatorio dimostrano che esiste una forte sinergia all’interno della rete laddove nel 50% dei casi le donne hanno conosciuto i servizi della rete attraverso la rete stessa. Come avviene molto spesso nella fase di primo contatto e indirizzo, resta molto importante il ruolo della cerchia primaria delle amicizie e della famiglia che conta molto nel consigliare la donna vittima di rivolgersi a uno dei servizi della rete, in particolare sono le amiche e i conoscenti che in questa sfera risultano i primi interlocutori di chi ha bisogno di aiuto. Tra i nodi della rete, sono i servizi sociali sul territorio - attraverso le figure degli assistenti sociali - a filtrare le prime richieste di aiuto attraverso l’indicazione e l’indirizzamento della donna; seguiti dai presidi delle forze dell’ordine e dei servizi più specializzati come consultori, case alloggio e centri antiviolenza. Oltre all’immediato sostegno delle case protette per le donne e i figli in pericolo, i servizi svolgono un lavoro di accompagnamento delle donne verso un percorso di uscita dalla violenza, che è uno degli obiettivi più importanti dell’intervento. Il percorso può anche passare attraverso il ricorso alla legge, mediante la messa in atto di azioni legali come richiesta di provvedimenti di allontanamento, denunce penali e civili o segnalazioni al Tribunale dei minorenni. Già dalle indagini dell’Istat del 2006 Bolzano risultava una realtà che si distingueva rispetto al paese, per l’elevato numero di denunce per violenza, e questo dato è confermato anche dai dati raccolti con questa rilevazione, dai quali emerge che il 30% delle donne seguite dai servizi della rete ha sporto denuncia alle autorità, e che nella stessa misura sono state effettuate segnalazioni alla Procura nel caso di violenze su minori. Si tratta di un ottimo risultato che dovrà essere successivamente verificato una volta che i procedimenti tuttora in corso siano giunti alla fine del loro iter giudiziario.