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    La Fabbriceria del Duomo, (La Maramma) esprime un sentito ringraziamento all’ Associazione delle

    Fabbricerie Italiane per la pubblicazione di questo volume che apre una collana su “ i grandi lavori di

    ristrutturazione” delle più importanti Cattedrali d’Italia.

    La pubblicazione certamente contribuirà a mettere in evidenza l’interesse e l’amore che il Consiglio

    di Amministrazione pone nella cura di un monumento di indiscusso valore storico e artistico qual è il

    Duomo di Monreale; ma, soprattutto, servirà a fare conoscere un gioiello più unico che raro, che il Re

    normanno Guglielmo II ha costruito e i nostri padri hanno custodito gelosamente attraverso i secoli, la

    cui bellezza la nostra gente così esprime in una cantilena popolare in dialetto siciliano:

    Binidittu lu mastru chi la ci;

    binidittu lu re chi la ci fari;

    di quantu è ricca nun si cunta né si dici

    e pi prizziarila nun c’è oru, né argentu, né dinari.

    Maria di li celi Imperatrici, dissi: “Vogghiu farimi un tronu”.

    L’ Ancili mannau a fari la Matrici e iddi, in volu, si rmaru a Murriali.

    La Fabbriceria del Duomo di Monreale

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    È stato più volte osservato, anche da voci autorevoli, che i mosaici del Duomo di Monreale, considerato

    proprio grazie ad essi monumento unico al mondo, furono pensati e di fatto sono stati vissuti lungo gli

    otto secoli della loro esistenza, nella diffusa consapevolezza che essi dovessero brillare, per così dire, di

    luce propria. Più esattamente, consentendo che a renderli visibili agli occhi dei fedeli fosse soltanto la

    luce naturale piovente dalle nestre del sacro edicio e quella articiale dei suoi lampadari pensili.

    Solo dopo alcuni decenni dall’avvento dell’illuminazione elettrica, con il mutare sia del numero

    che della qualità dei loro fruitori – non più i soli fedeli monrealesi e pochi eccezionali visitatori ben

    selezionati e spesso illustri, ma bensì un pubblico sempre più largamente in crescita numerica e sempre

    meno selezionato, no a quello attuale prodotto dal cosiddetto turismo di massa, questa particolarissima

    modalità di fruizione dei mosaici del Duomo di Monreale è andata afevolendosi no alla dimenticanza.

    Al suo posto si è fatta sempre più strada, di anno in anno più insistente, la richiesta (perno la pretesa) che

    fosse indispensabile metterli meglio in evidenza, i mosaici, anche indirizzando su di essi direttamente

    fasci più o meno consistenti della nuova luce articiale. Ed è così che, a partire da un certo anno ormai

    remoto e no all’inizio della messa in opera del nuovo impianto, la vista dei visitatori – in gruppi

    sempre più folti e sempre più frettolosi – ha potuto essere graticata dalla felice opportunità di catturare

    i mosaici e di ammirarne quanto più possibile, tra un’accensione e l’altra di potenti proiettori elettrici,

    almeno la visione d’insieme.

    Il nuovo impianto di illuminazione, inaugurato la sera del 23 giugno 2011, ha messo ne a questa

    modalità per troppi versi impropria (e tecnicamente improvvida) di fruizione. Preceduto da un attento

    studio, condotto sulle caratteristiche di luminosità naturale del luogo e sulle possibilità offerte dalle più

    aggiornate tecniche di illuminazione – uno studio effettuato in due anni dagli ingegneri Stefano Diprima,

    Elia Musca e Luigi Pirino, con la consulenza tecnica del prof. Vincenzo Cataliotti dell’Università di

    Palermo –, si è potuto pervenire alla messa in opera di un impianto di illuminazione dei mosaici del

    Duomo di Monreale che ha quasi del miracoloso. Le caratteristiche dei corpi luminosi impiegati, tutte

    assolutamente rispettose delle norme a salvaguardia sia dell’incolumità delle persone che dei manufatti

    artistici, e la loro sapiente distribuzione e collocazione, hanno fatto sì che la luce diffusa sull’intero

    estesissimo parato musivo, oltre a non offendere più la delicatezza cromatica dei mosaici e la vista

    dei visitatori più esigenti, restituisse ai mosaici la loro antica suggestione creativa, tornando cioè a

    trasmettere l’impressione estatica che siano essi stessi a emanare luce.

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    Questo miracolo di ingegno e tecnica ha avuto bisogno di tempi e costi tutto sommato contenuti. La

    relativa brevità dei tempi necessari per la messa in opera dell’impianto da parte della locale Ditta Armetta,

    avviata subito dopo il nullaosta della Sovrintendenza ai Beni Culturali e Ambientali, si evince dai poco

    meno dei cinque mesi di fatto occorsi. La contenutezza, ancora più notevole, del costo dell’operazione

    rimasto a carico della Fabbriceria del Duomo e della Conferenza Episcopale Italiana, è detta dal suo

    ammontante a soli a centoventimila euro.

    Quest’ultimo dato in particolare si spiega con la sorta di gara della generosità che il Duomo stesso,

    da autentico patrimonio dell’umanità, ha saputo suscitare tra persone ed enti che qui è nuovamente

    doveroso ricordare.

    Si ringraziano in questo senso i Tecnici sopra nominati, che hanno offerto gratuitamente la loro

    prestazione professionale; la Royal Phlips Electronics, che ha fornito, anch’essa gratuitamente, i corpi

    illuminanti (oltre 200 unità) destinati all’illuminazione dei mosaici, dei softti e dell’aula liturgica; la

    Sonepar Italia, che ha contribuito con ventimila euro per l’acquisto di altro materiale elettrico.

    Ma naturalmente, al di sopra di ogni benemerenza umana, da riconoscere giustamente e degnamente; al

    di sopra dell’effetto stesso, per quanto altamente lodevole, della gara prima segnalata tra persone ricche

    di ingegno e di generosità, ossia al di sopra ma anche nell’occasione felice del dono di questo nuovo

    impianto di illuminazione, la nostra gratitudine e lode di credenti va a Colui che alla luce stessa ha dato

    esistenza all’origine del cosmo. A Colui, anzi, che, proprio dalla maestosa icona del Pantocratore della

    monrealese Basilica d’oro, continua ad annunziare al mondo e ai secoli:

    «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce

    della vita» (Vangelo di Giovanni 8, 12).

    † Mons. Salvatore Di Cristina

    Arcivescovo di Monreale

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    Le fabbricerie sono governate dall’art.72 della Normativa sugli enti e i beni ecclesiastici, approvate

    con Protocollo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede il 15 novembre 1984, e raticate, rendendole

    esecutive, con la legge del 20 maggio 1985 n.206 e tradotte nei rispettivi ordinamenti con legge del 20

    maggio 1985 n.222.

    Con decreto del Presidente della Repubblica del 13 febbraio 1987 n.33 si è poi approvato il regolamento

    di esecuzione della legge del 20 maggio 1985 n.222 recante disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici

    in Italia tra cui viene regolamentata la fabbriceria le cui nalità, senza ingerenza nei servizi di culto,

    prevede all’art.37, di:

    a) provvedere alle spese di manutenzione e di restauro della chiesa e degli stabili annessi e

    all’amministrazione dei beni patrimoniali e delle offerte a ciò destinati;

    b) amministrare i beni patrimoniali destinati a spese di ufciatura e di culto;

    c) provvedere alle spese per arredi, suppellettili ed impianti necessari alla chiesa e alla sacrestia e

    ad ogni altra spesa che grava per statuto sul bilancio della fabbriceria.

    La necessità istituzionale quindi di occuparsi della manutenzione e del restauro di beni monumentali

    di inestimabile valore, quali le Cattedrali gestite dalle fabbricerie, impone a questi enti un impegno

    economico e gestionale di grande responsabilità il cui processo conservativo e manutentivo può realizzarsi

    con successo solo attraverso una programmazione del lavoro e un preciso modello organizzativo di

    riferimento.

    Si presenta così la necessità di partire dal principio gestionale, ormai consolidato, della conservazione

    programmata secondo il quale “prevenire è meglio che curare”. Questa è la strategia, per la gestione

    del patrimonio architettonico, tendente alla previsione dei danni, da attuarsi tramite lo studio e l’analisi

    dei manufatti, la programmazione dei controlli sui lavori e sugli adeguamenti eseguiti secondo la logica

    del minimo intervento, cioè limitandosi ad una pratica conservativa e non sostitutiva. La conservazione

    programmata consiste quindi in un sistema di pratiche preventive così da rimandare, e se fosse possibile

    evitare, la necessità di restauri siano essi episodici o ciclicamente ripetuti. La conservazione programmata

    ribalta quindi l’approccio tradizionale dell’intervento eseguito a danno avvenuto, ossia ex-post, a favore

    di una logica di prevenzione e cura ex-ante.

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    Questo obiettivo deve necessariamente trovare una sinergia ed un confronto tra i vari soggetti chiamati

    a gestire le Cattedrali ed è con questo spirito che nel giugno 2005 è nata l’Associazione delle Fabbricerie

    d’Italia che vede coinvolte le più importi fabbriche nazionali (dal Duomo di Milano, alla Procuratoria

    di San Marco a Venezia, dal Duomo di Siena a quello di Monreale, dall’Opera di Santa Maria del

    Fiore a Firenze alla Cattedrale di Parma solo per citarne alcune). Si è così creata una rete nazionale

    che ha permesso, in pochi anni, di raggiungere obiettivi importanti in termini gestionali, partendo dalla

    costituzione di un contratto di lavoro unico per tutti i dipendenti delle fabbricerie associate, per arrivare

    ad un confronto sui grandi temi del restauro e della gestione che vede, oltre alle Presidenze, anche e

    soprattutto le Direzioni e Segreterie delle fabbricerie confrontarsi su vari temi tecnici con una frequenza

    quotidiana.

    Sotto questo spirito, brevemente richiamato, l’assemblea dell’associazione, ha deliberato di dare avvio

    a pubblicazioni che potessero presentare i lavori di manutenzione e restauro di ciascuna Fabbriceria. E’

    con grande piacere che questo percorso editoriale inizia con un lavoro realizzato nello splendido Duomo

    di Monreale ricco al suo interno di milioni di tessere incastonate sul fondale dorato, componendo una

    incredibile serie di mosaici realizzati tra il XII e il XIII secolo. Si tratta di quasi 7.000 metri quadri

    rafguranti episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento, splendori che un fatiscente e pericoloso

    impianto d’illuminazione rendeva difcile ammirare. La Fabbriceria decise, nel 2005, di rinnovare e

    di mettere in sicurezza l’impianto e la pubblicazione “Nuova luce sui mosaici di Monreale” ha proprio

    l’intendo di raccontare questo importante ed innovativo intervento.

    Dott. Pierfrancesco Pacini

    Presidente Associazione Fabbricerie d’Italia

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    Nuova luce sui mosaici di Monreale

    Struttura della pubblicazione

    1- Considerazioni generali sugli impianti illuminotecnici ed elettrici nei monumenti destinati a

    luoghi di culto.

    2- Il Duomo di Monreale.

    3- L’impianto elettrico e di illuminazione preesistente.

    4- Il progetto illuminotecnico

    5- Il controllo della luce.

    6- Il progetto elettrico.

    7- Scheda del progetto.

    Autori: Prof. Ing. Vincenzo Cataliotti - Professore ordinario di impianti elettrici nell’Università di

    Palermo

    Dott. Ing. Stefano Diprima - Fabbriceria del Duomo di Monreale

    Dott. Ing. Elia Musca

    Sintesi storico-artistica ed elaborazioni grache a cura del Dott. Arch. Leandra Battaglia

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    CONSIDERAZIONI GENERALI SUGLI IMPIANTI ILLUMINOTECNICI ED

    ELETTRICI NEI MONUMENTI DESTINATI A LUOGHI DI CULTO.

    1.1 La progettazione illuminotecnica.

    La progettazione illuminotecnica nei luoghi di culto e in particolare in quelli di interesse storico e

    artistico presenta vari e complessi aspetti ed è necessario che venga svolta alla luce di quanto indicato

    dalla nota pastorale del 31.V.1996 emessa dalla Commissione Episcopale Italiana per la Liturgia (C.E.I.)

    che nello specico fa le seguenti considerazioni: “Considerata la delicatezza del problema è necessario

    che il progetto dell’illuminazione articiale venga studiato da specialisti del settore insieme a esperti in

    liturgia facendo ricorso a opportune simulazioni e a veriche sperimentali adeguatamente controllate

    … L’impianto articiale sia studiato in modo da tener conto delle esigenze connesse con la celebrazione

    liturgica, in secondo luogo delle esigenze di conservazione delle opere e della necessità dei visitatori e

    dei turisti, evitando tuttavia l’eccessiva luminosità.”

    Nella precedente nota viene sottolineato da un lato l’aspetto che il progetto deve essere eseguito da

    professionisti particolarmente competenti e dotati di adeguata sensibilità (cosa che purtroppo spesso

    non avviene) dall’altro la polifunzionalità dei luoghi di culto che oltre alle varie celebrazioni liturgiche

    (eucarestia, battesimo, penitenza) possono essere utilizzate come spazi museali quando possiedono un

    patrimonio storico, artistico e architettonico e/o accogliere manifestazioni culturali caratterizzate da

    grande afusso di pubblico.

    Per la progettazione illuminotecnica sono oggi disponibili sosticati software che consentono di

    visualizzare in 3D l’illuminazione del monumento in ogni sua parte indicando i valori di illuminamento

    e di uniformità presenti. A partire da una prevista ubicazione dei corpi illuminanti scelti, con successive

    modiche e integrazioni, sulla base dei risultati via via ottenuti, si può pervenire a soluzioni teoricamente

    ottimali. Si è dell’avviso infatti che tale procedura, indubbiamente utile per gli apprezzamenti preliminari,

    non possa nello specico rappresentare la soluzione del problema, in quanto i software esistenti non

    consentono di tener conto di tutte le situazioni che si riscontrano nei monumenti in esame in dipendenza

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    della complessa natura delle architetture e dei rivestimenti presenti (mosaici, marmi mischi, ecc…).

    Inoltre è quanto mai opportuno che la progettazione illuminotecnica sia svolta parallelamente a quella

    elettrica che di fatto, per i motivi che si vedranno appresso, può fortemente condizionare le posizioni dei

    corpi illuminanti che rimangono comunque vincolati dalla necessità di avere un impianto non invasivo

    e mimetizzato al massimo. Un ulteriore vincolo è quello dei possibili degradi che elevati illuminamenti

    possono determinare sulle opere presenti.

    In base a quanto detto sopra, le fasi propedeutiche a un progetto illuminotecnico in chiese di interesse

    storico ed artistico devono quindi comprendere:

    - un’analisi approfondita delle opere d’arte (pitture, sculture,..) e dei rivestimenti (mosaici, marmi

    mischi, ..) presenti nel monumento in modo da potere scegliere i corretti valori di illuminamento

    da adottare per evitare degradi; avere un stima, per quanto riguarda i rivestimenti, dei coefcienti

    di riessione presenti e inne essere nella condizione di poter fare delle scelte adeguate per una

    loro migliore valorizzazione;

    - un attento studio dei corpi illuminanti da installare che devono essere, nei limiti del possibile, non

    visibili o, se lo sono, non invasivi con efcienze luminose elevate, con adeguate caratteristiche

    in modo da non poter essere causa d’incendi, con ottiche adeguate ai compiti loro afdati, con

    le necessarie schermature per evitare fenomeni d’abbagliamento;

    - la scelta di sorgenti illuminanti ad alto rendimento, con vita utile elevata, con temperature di

    colore dell’ordine di 3000 K (luce bianco calda) e indici di resa cromatica elevati (Ra > 80).

    Inoltre dal punto di vista elettrico ( vedi anche nel paragrafo seguente):

    - un’analisi accurata dei possibili percorsi delle canalizzazioni elettriche di alimentazione dei

    corpi illuminanti (vedi appresso) e quindi lo sfruttamento di cavedi esistenti, di parti aggettanti,

    di cornicioni, davanzali di nestre, modanature, percorsi esterni, ecc… in modo che l’impianto

    d’alimentazione sia mimetizzabile al massimo;

    - una corretta suddivisione degli apparecchi illuminanti su diversi circuiti in modo da soddisfare

    con opportuni scenari tutte le esigenze liturgiche, museali e culturali presenti nel monumento.

    In relazione a quanto sopra, il progetto illuminotecnico di tali installazioni va condotto prevalentemente

    per via sperimentale sulla base delle prime risultanze della progettazione condotta via software. Sulla base

    dei valori di illuminamento via via registrati nei punti di interesse si procederà alle necessarie variazioni

    (puntamenti, ottiche e potenza della sorgente) no a ottenere i risultati desiderati che ovviamente devono

    essere conformi anche a quanto stabilito dalle normative tecniche in vigore (degrado) e soddisfare le

    esigenze liturgiche prospettate dalla curia e la piena valorizzazione degli aspetti museali presenti.

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    I valori di illuminamento generale saranno dell’ordine di 50 lx per quanto riguarda l’illuminazione

    generale, di 100 lx nelle zone destinate alla lettura dei testi e di 150 lx come illuminazione d’accento

    delle zone da mettere maggiormente in risalto (salvo che non sia incompatibili per possibili degradi

    – Norma UNI 10829).

    1.2 La progettazione elettrica

    Realizzare correttamente un impianto elettrico in un monumento non è cosa facile o che si possa

    affrontare con leggerezza o supercialità.

    Bisogna intanto considerare che la quasi totalità degli edici monumentali è nata senza impianto elettrico

    e che esistono, come si è già accennato, vincoli propedeutici alla fase di progettazione, i principali dei

    quali si possono ricondurre ai seguenti:

    il rispetto dell’integrità del manufatto storico, sia nei paramenti esterni che interni, non prevedendo

    innesti impiantistici invasivi;

    la necessità di ottemperare alle prescrizioni normative sia generali che di settore;

    la minimizzazione dell’impatto visivo dei diversi componenti dell’impianto;

    l’esecuzione di una corretta manutenzione;

    la valutazione delle competenze possedute dal personale che sarà chiamato a gestire

    l’esercizio.

    Alcuni dei suddetti vincoli non sono però tra loro indipendenti, è necessario pertanto attivare una tecnica

    progettuale capace di integrarne al meglio i diversi aspetti.

    Si può allora tentare di stabilire regole comuni alle quali attenersi, in generale, nella progettazione e

    nella realizzazione di un impianto elettrico in un edicio monumentale destinato a luogo di culto, in

    particolare quando questa non si accompagna, cosa abbastanza frequente, ad un contestuale intervento

    di restauro edilizio.

    La fase di progettazione deve intanto essere preceduta da una attenta analisi dell’impianto elettrico

    preesistente; l’audit è necessario per acquisire tutta una serie di elementi utili quali:

    l’eventuale documentazione d’impianto pregressa e in particolare:

    - elaborati di progetto e di impianto come eseguito;

    - studio del rischio dovuto al fulmine e protezione dalle sovratensioni;

    - dichiarazioni di conformità dei lavori eseguiti;

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    - veriche periodiche previste dal DLgs.462/01;

    - interventi di manutenzione e documentazione delle veriche effettuate;

    le caratteristiche di fornitura dell’energia elettrica;

    natura e caratteristiche dei carichi esistenti;

    la presenza di impianti di segnale;

    la tipologia e l’epoca di realizzazione;

    la consistenza e la funzionalità dei diversi componenti;

    lo stato generale di conservazione;

    le modalità di esercizio;

    la notizia di guasti o malfunzionamenti segnalati dal personale in servizio negli ultimi anni;

    la presenza di elementi architettonici (cavità, vani, passaggi, comunicazioni, cornici ecc…) che

    possono favorire l’integrazione del nuovo impianto elettrico nel monumento.

    Questa fase, spesso trascurata, è invece estremamente importante per pianicare al meglio il nuovo

    intervento, rinunciando a priori a soluzioni scontate che comportano facilmente il “rifare tutto”.

    Gli interventi impiantistici che si sono inevitabilmente nel tempo succeduti, nella maggior parte dei

    casi oggi difcilmente proponibili, possono essere di fatto in parte facilmente assimilati nelle nuove

    realizzazioni non rinunciando alla sicurezza ed alla funzionalità delle installazioni. Le sovrastrutture

    costituenti i vecchi impianti spesso appaiono integrati nel monumento, risultano storicizzati e poco

    disturbanti la fruizione delle architetture e delle opere d’arte presenti: nel senso che non vengono

    percepiti necessariamente come “altro”.

    Il progettista dell’impianto elettrico tende invece, di norma, a innovare integralmente il manufatto

    impiantistico e fa questo con una serie di motivazioni peraltro assolutamente comprensibili, ma che

    talvolta risultano eccessivamente “esasperate”:

    sicurezza delle cose e delle persone dai pericoli dell’elettricità;

    impiego in generale di componenti più efcienti;

    previsione di impianti di segnale: security, safety, automation, dati, video, fonia;

    rispetto di prescrizioni normative;

    richieste, non sempre sufcientemente meditate, da parte della committenza;

    essibilità e durata nel tempo;

    protezione da eventuali responsabilità professionali.

  • 13

    Costruire ex-novo e conservare vengono quindi vissuti, nella progettazione elettrica, come elementi in

    antitesi che tendono a venire risolti spesso a favore dell’integralmente nuovo.

    In ambienti come quelli in questione tale condizione deve essere però superata; il progettista deve

    ricercare la necessaria integrazione fra quanto può ragionevolmente essere salvato con ciò che è invece

    indispensabile innovare, raggiungendo fra i due aspetti un accettabile equilibrio tecnico-economico.

    Se a tale scopo servono indubbiamente buon senso, esperienza e professionalità, già sottolineati nelle

    note che precedono, si ritiene però che un approccio sistematico al problema, come quello che in questa

    sede si propone, possa risultare comunque vantaggioso, nel presente contesto, nella realizzazione degli

    impianti elettrici.

    La classica procedura per la creazione funzionale dell’architettura d’impianto deve essere pertanto

    rovesciata; non si devono cioè determinare il layout, la tipologia e le prestazioni (compresi anche

    gli ingombri) dei diversi componenti, esclusivamente in base alle condizioni impiantistiche ritenute

    ottimali:

    natura e posizione dei carichi;

    ripartizione dei carichi;

    comando degli utilizzatori;

    posizione baricentrica dei quadri elettrici;

    percorso e tipologia delle nuove condutture;

    indipendentemente dai vincoli derivanti dall’esistente; bensì si dovrà partire dalla posizione dei quadri

    esistenti, tentando di riutilizzarne il sito di posa, per approttare di eventuali incassi e della presenza di

    cavidotti, assumendo come dato in ingresso le dimensioni degli incassi e dei cavidotti stessi. Sulla scorta

    di questi elementi si costruirà, operando in sostanza una operazione di sintesi, la nuova congurazione

    della distribuzione.

    Evidentemente tale procedura, per le parti di impianto che è necessario modicare, deve essere

    accompagnata da opportune scelte progettuali relative:

    al numero, alla tipologia ed alla sezione dei cavi in relazione all’ambiente di posa ed alla

    classicazione del luogo;

    alla opportunità di impiegare la stessa tipologia dei cavi, onde evitare declassamenti nella

    portata, nello stesso ambiente di posa;

    all’impiego di cavi ad alte prestazioni, per ridurre al limite gli ingombri;

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    all’uso di sistemi di comando centralizzati e sistemi BUS onde ridurre l’impatto sulla consistenza

    dei cavi nella installazione;

    all’ottimale sfruttamento delle dimensioni dei quadri;

    alla ricerca di percorsi alternativi per le condutture, in particolare all’esterno delle strutture, ove

    non risulti possibile gestire adeguatamente gli spazi interni.

    Bisogna tentare, contestualmente, la riutilizzazione dei componenti d’impianto che non è possibile

    dismettere (in genere i cavi multipolari posati in vista) e in particolare degli apparecchi illuminanti,

    datati, è vero, ma spesso realizzati con materiali ceramici o vitrei di buona qualità, i quali sono essi

    stessi, sovente, oggetto di tutela.

    A tal proposito possono essere utilizzate le possibilità offerte da strumenti normativi specici, quale ad

    esempio la norma CEI 64-15 (Impianti elettrici negli edici pregevoli per arte e storia) e la esecuzione

    di prove, misure, test presso laboratori accreditati al ne di consentire una corretta riutilizzazione dei

    componenti.

    Inoltre devono, in generale, ridursi i punti di comando manuale, ricorrendo ad opportuni telecomandi,

    e le prese a spina allo stretto indispensabile, in relazione al tipo di impiego.

    Nelle zone di elevata valenza storico-artistica e dove è presente il pubblico, è preferibile cercare di

    rendere non visibili o mimetizzare, con l’impiego di particolari materiali (cavi ad isolamento minerale

    e relativi componenti di percorso) o con idonee mascherature i diversi componenti dell’impianto. Ove

    ciò non risultasse possibile è buona regola, in particolare nella posa in esterno, dare a questi componenti

    carattere di evidenza e modernità e renderli quindi chiaramente riconoscibili.

    In entrambi i casi, mimetizzazione o evidenza, è quasi di rigore rinunciare ai materiali plastici; è

    conveniente invece ricorrere a materiali naturali impiegabili nei diversi contesti impiantistici: legno,

    gesso, materiali ceramici, ferro, ottone, rame o leghe metalliche nobili per la mimetizzazione o le

    mascherature; materiali metallici, come rame, acciaio ed alluminio, in genere per l’esterno e quando è

    opportuno dare carattere di modernità al manufatto per consentirne la riconoscibilità come sovrastruttura

    relativa all’innesto impiantistico.

    Emblematico risulta il caso, considerata la natura dei luoghi, della previsione della illuminazione di

    sicurezza.

    E’ frequente riscontrare l’utilizzo, in tal senso, delle classiche sorgenti autonome, antiestetiche in

    luoghi di notevole valore storico-artistico, da impiegare spesso in notevole numero, considerate le

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    grandi dimensioni degli ambienti, di onerosa manutenzione e non sempre afdabili nel tempo, a meno

    di ricorrere a soluzioni intelligenti ma di signicativo impatto economico.

    I vantaggi di tale soluzione, per la illuminazione di sicurezza, legati principalmente alla possibilità di

    intervento a zone ed all’impiego di condutture ordinarie per l’alimentazione di tali corpi illuminanti,

    possono essere facilmente superati, negli ambienti in questione, destinando alcuni degli apparecchi

    illuminanti previsti per l’illuminazione ordinaria (scelti opportunamente in termini di posizionamento,

    prestazioni e caratteristiche costruttive) all’illuminazione di sicurezza, facendoli alimentare, quando

    manca l’alimentazione ordinaria, da una sorgente dedicata di adeguata potenza e autonomia. E’ da

    rilevare inoltre che tali ambienti molto spesso costituiscono un unico compartimento antincendio,

    cosa che rende più semplice soddisfare le prescrizioni relative alle condutture a servizio dei sistemi di

    sicurezza, che si applicano nei confronti di quelle destinate ad attraversare il compartimento stesso, onde

    evitare che un incendio in un compartimento possa compromettere la sicurezza in un altro. A maggiore

    garanzia comunque è buona regola, anche all’interno del compartimento stesso, ricorrere almeno per le

    dorsali, nei tratti in vista o dove queste coesistono con altri circuiti, a cavi resistenti al fuoco e connare

    adeguatamente le derivazioni ai corpi illuminanti utilizzati per la illuminazione di sicurezza.

    Da non trascurare, inne, il problema della esecuzione di una corretta manutenzione degli impianti

    elettrici e di illuminazione, prevista da precisi obblighi di legge (art. 80 DLgs. 8 Aprile 2008 n.81),

    generalmente “programmata”, integrata da quella di “opportunità”.

    La manutenzione è indispensabile se si vuole mantenere l’installazione elettrica in condizioni di

    efcienza e di sicurezza, con l’ulteriore nalità di proteggere non solo l’investimento economico per la

    realizzazione dell’impianto, ma di ridurne altresì i costi di gestione[1].

    Una attenta manutenzione nel tempo può evidenziare la bontà delle scelte operate in fase di progetto e

    consentire, nel caso, di apportare eventuali interventi correttivi nell’impianto elettrico realizzato.

    Non basta però limitarsi al mero soddisfacimento di obblighi di legge, ma è necessario accompagnare

    tale azione con un’opera di sensibilizzazione verso chi gestisce l’impianto.

    Bisogna allora che il personale di servizio sia educato a:

    gestire correttamente gli apparecchi utilizzatori;

    operare una continua vigilanza della integrità di tutti i componenti dell’impianto;

    segnalare immediatamente alla ditta incaricata della manutenzione (abilitata ai sensi del DM

    37/08) di ogni inconveniente o malfunzionamento, anche minimo, riscontrato.

  • 16

    Frequentemente la esecuzione della manutenzione presenta altresì aspetti particolari relativi al

    mantenimento nel tempo delle prestazioni illuminotecniche della installazione.

    Quindi nello specico bisogna tenere conto:

    delle caratteristiche speciche del luogo;

    della presenza di arredi musivi di inestimabile valore;

    delle condizioni di funzionalità e pulizia degli apparecchi illuminanti;

    della necessità di mantenere nel tempo il corretto posizionamento ed il preciso puntamento dei

    proiettori.

    Nei capitoli che seguono a illustrazione della losoa progettuale precedentemente illustrata verranno

    descritti gli interventi realizzati per creare un nuovo sistema di illuminazione del Duomo di Monreale con

    una sintesi storico-artistica che mette in risalto la grandiosità e magnicenza di questo importantissimo

    monumento medievale.

  • 17

    2

    IL DUOMO DI MONREALE

    2.1 Premessa

    L’edicazione del duomo risale al momento dell’apogeo della potenza normanna in Sicilia, precisamente

    al regno di Guglielmo II il buono, e rappresenta l’ultimo splendido atto della sintesi attuata dai normanni

    tra le componenti latino – occidentale, bizantino – orientale e arabo-islamica.

    Le bolle e i diplomi originali non spiegano i motivi che determinarono la fondazione del Duomo, la

    concessione di straordinari privilegi sia da parte del re che del papa, e la sua successiva trasformazione

    in sede arcivescovile. Un’unica motivazione è quella scaturita dalla profonda fede religiosa e dalla

    volontà di manifestarla in eterno. Una seconda motivazione, tramandata dalla tradizione e certamente di

    matrice medioevale, narra che Guglielmo durante la caccia all’interno del suo parco si sia addormentato

    profondamente all’ombra di un grande albero e che la Vergine, in sogno, gli abbia ivi indicato l’esistenza

    di un tesoro e lo abbia esortato a spenderlo «in onore di Dio e Lei medesima ed in sollievo dei popoli».

    La conseguente decisione del re è la fondazione dell’abbazia e la dedicazione della sua Chiesa alla

    Madonna[2].

    2.2 Storia

    Il complesso monumentale della Cattedrale di Santa Maria Nuova, più comunemente inteso come

    Duomo di Monreale, fu edicato quindi a partire dal 1172 per volere di Guglielmo II d’Altavilla.

    L’esecuzione dell’opera ebbe tempi assai rapidi che vanno, almeno per la parte strutturale, dal 1172 al

    1176, con l’impiego di manodopera numerosa e specializzata, di diversa estrazione, come può rilevarsi

    dalle molteplici componenti stilistiche, che caratterizzano l’insieme. Ma questa pluralità dovette essere

    guidata con abilità da una mente unica, straordinariamente vigile, fornita di eccezionali capacità di

    sintesi e in possesso di vaste conoscenze artistiche. Non conosciamo il nome di questo architetto, che

    doveva però essere un latino capace d’interpretare le ambiziose e lungimiranti direttive del sovrano

    nonché i principi della teologia e che sapeva avvalersi armonicamente delle maestranze greche, arabe,

    romane, venete, provenzali, pugliesi e pisane. Ne è risultato un frutto unitario pur nella diversità degli

    elementi e degli stili[3].

  • 18

    Il 25 aprile 1267 la Cattedrale fu consacrata e intitolata alla Vergine.

    2.3 Architettura

    L’impianto è a croce latina con tre navate, di cui la centrale è tre volte più ampia delle laterali e culmina

    all’incrocio con il transetto, dove quattro archi trionfali suddividono lo spazio concentrando il punto di

    vista sul catino dell’abside centrale. Le navate sono divise da due le di nove colonne di spolio, tutte in

    granito una in marmo verde cipollino, la prima sulla la di destra, tutte provenienti, insieme ai capitelli,

    da edici classici.

    L’asse longitudinale dell’impianto riprende l’orientamento verso oriente, mentre l’asse trasversale

    ovvero il corpo del transetto si pone in rapporto con “i poteri” presenti a Monreale: a settentrione con il

    palazzo reale e a meridione con il palazzo arcivescovile. In corrispondenza dei due “poteri” sono ubicati

    i due troni, quello reale e quello arcivescovile, addossati ai pilastri del presbiterio.

    I vari tipi di copertura: mezza capriata nelle navate laterali, capriate nella navata centrale, a cassettoni

    con stalattiti nel presbiterio, volte a crociera nelle absidi laterali e volta ad ogiva nell’abside centrale,

    sottolineano gerarchicamente i gradi di importanza di ogni ambito che ricoprono. Una caratteristica

    dell’architettura medievale che mette in risalto le parti più nobili dell’edicio che aumentano

    avvicinandosi al catino centrale. È da ricordare che i softti lignei furono rifatti dopo il 1811, quando un

    incendio distrusse la copertura del presbiterio.

    Le absidi così esaltate all’interno vengono ugualmente esaltate nel paramento esterno, sono infatti

    decorate da archi ogivali e tondi intarsiati con lastre e pietre a due colori, il dorato del calcare e il

    nero del tufo lavico. Lo stesso tipo di decorazione è presente sulle pareti della navata centrale, tra le

    nestre, e sulla facciata principale. Tale facciata presenta due torri quadrate a piani rientranti, tra le quali

    si inserisce il portico che ospita la porta di ingresso principale detta “porta del Paradiso”, realizzata

    nel 1186 da Bonanno Pisano. Questa porta, chiusa da una cornice di paraste rientranti, ha le imposte

    in bronzo con quaranta formelle rafguranti episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento. Sul lato

    settentrionale del Duomo è presente un’altra porta in bronzo, contemporanea alla precedente, opera di

    Barisano da Trani con formelle rafguranti scene di vita pagana e cristiana.

    Il duomo di Monreale, come qualsiasi manufatto monumentale, ha subito nel corso dei secoli modiche,

    restauri e aggiunte che permettono di individuare le varie fasi della sua evoluzione e i cardinali che

    commissionarono le varie opere.

  • 19

    Durante l’arcivescovato del Cardinale Alessandro Farnese (1537 – 1573) venne realizzata la

    pavimentazione della navata centrale, venne trasferito l’altare di San Benedetto nella cappella del braccio

    destro del transetto e fu costruito il portico settentrionale su progetto di Biagio Timpanella e realizzato

    dai fratelli Giovanni e Fazio Gagini; inserito tra la torre a ovest ed il transetto ad est, collega il Duomo

    alla città e funge da ingresso abituale. Il Cardinale Ludovico II Torres (1588 – 1609) fece realizzare

    il pavimento delle navate laterali e la rinascimentale cappella di San Castrenze, con ingresso al centro

    della navata laterale destra, per collocarvi le reliquie del Santo patrono della città. Le modiche più

    sostanziali furono quelle apportate dal Cardinale Alfonso Los Cameros che fece eliminare il muro tra la

    navata centrale e il presbiterio, collocò i vetri alle nestre eliminando i piombi traforati[3].

    Al 1690 risale invece la realizzazione della cappella barocca del Crocisso, voluta dall’arcivescovo

    Giovanni Roano e situata tra il Duomo e il palazzo reale. Nel 1770 crollò il portico sulla facciata

    principale e subito dopo venne rifatto su progetto dell’architetto Antonio Romano e realizzato da Ignazio

    Marabitti. Nel 1773, per volere dell’Arcivescovo Francesco Testa, venne collocato l’altare maggiore, in

    argento, opera di Luigi Valadier.

    2.4 I mosaici

    I mosaici rappresentano, nei quasi 7.000 m2 che ricoprono, un rivestimento aureo sul quale si sviluppano

    le pagine della storia sacra, narrata ai fedeli con linguaggio semplice. I proli e le modanature che

    sottolineano la decorazione musiva culminano nel Pantocratore, posto come in una sfera a parte ma

    intimamente collegato al suo contesto, con il gesto delle braccia allargate raccoglie le linee che su di

    Lui convergono dall’edicio e a sua volta l’architettura lo asseconda, conduce a Lui e gli fa da cornice.

    Architettura e decorazione sono in perfetta armonia, l’una esalta l’altra, in un crescendo di variazioni

    cromatiche e modanature. Proprio le modanature sono usate da quell’unica mente latina come punti di

    partenza della decorazione musiva che tutto avvolge e che nello stesso tempo si esalta con queste fughe

    orizzontali che accentuano la prospettiva architettonica verso l’abside centrale.

    L’intera composizione dell’interno, lo svolgersi ininterrotto delle pareti della navata maggiore lungo cui

    l’occhio si muove senza sforzo e, oltre di esso, l’incorniciatura formata dal succedersi delle arcate del

    presbiterio, abilmente disegnate in dimensioni decrescenti, rivela il suo vero signicato solo quando ci

    si rende conto della sapienza con cui attrae e concentra l’attenzione sulla grande immagine dell’abside.

    Non vi può essere dubbio che questa immagine fu prevista dal medesimo artista che ideò l’architettura

  • 20

    dell’interno della chiesa. Ma il vero signicato di questa immagine consiste nel fatto che non solo essa

    non sgura rispetto alla vastità dello spazio interno della chiesa, ma anzi interamente lo domina[4].

    L’intera opera fu sicuramente realizzata in maniera simultanea con squadre di mosaicisti dal linguaggio

    uniformato che probabilmente seguivano le bozze di un gruppo scelto che a sua volta aveva il controllo

    su tutto lo “sviluppo” della storia.

    I mosaici di Monreale rappresentano da una parte una narrazione della storia del mondo secondo la

    Bibbia, cominciando dalle sette giornate della creazione e terminando con le attività degli Apostoli che

    fondarono la Chiesa di Cristo sulla terra; e dall’altra parte uno schieramento ieratico dell’Onnipotente

    e della Sua corte celeste di angeli, profeti e santi. Le parti componenti questo duplice programma sono

    coordinate con le varie unità strutturali che formano l’organismo architettonico[4].

    Osservando il manto musivo e i suoi racconti ci rendiamo conto che, come già evidenziato per i softti,

    ogni zona ha la sua importanza gerarchica all’interno della struttura e quindi ospita porzioni di storia

    biblica legata a questa gerarchia. Individuiamo infatti cinque cicli musivi con cinque differenti parti di

    storia:

    I ciclo: l’Antico Testamento nella navata centrale;

    II ciclo: la vita di Cristo nel transetto;

    III ciclo: il Pantocratore nel presbiterio;

    IV ciclo: i fatti della vita di Cristo nelle navate laterali;

    V ciclo: le vite di San Pietro e San Paolo nelle cappelle laterali.

    Questo lo schema fondamentale. Tuttavia ciascuna delle cinque divisioni principali di cui esso è

    composto contiene, oltre il tema principale , numerose altre rappresentazioni minori[4].

    Lo svolgimento del paramento musivo si apre sull’arco che separa la navata maggiore dal transetto con

    la rappresentazione della Divina Sapienza sotto l’aspetto di un busto di donna in abbigliamento regale

    ai cui lati due arcangeli, Michele e Gabriele, si inchinano in atto di adorazione[4].

    Lungo la navata centrale, dall’estremità orientale della parete meridionale sino all’estremità orientale

    della parete settentrionale, su un duplice registro, si svolgono gli episodi dell’Antico Testamento, dalla

    Creazione alla Lotta di Giacobbe con l’Angelo. Sopra questa rappresentazione, al di sopra delle nestre,

    si susseguono quarantotto medaglioni con busti di angeli, mentre sulla parete meridionale sono inserite

    tre scene di santi locali: San Castrenze, San Cassio e San Casto.

    Nel transetto è rappresentata la vita di Cristo, con scene dell’infanzia nella parte centrale, scene della

  • 21

    vita pubblica nel braccio destro, e la rappresentazione dalla Passione sino alla Pentecoste nel braccio

    sinistro.

    Nel presbiterio, insieme al Pantocratore sono rappresentati: la Vergine, gli Arcangeli, i Cherubini, i

    Serani, gli Apostoli, uno scelto stuolo di santi e inne re e profeti dell’Antico Testamento[4].

    Lungo le navate laterali sono narrate scene di miracoli e altri fatti della vita di Cristo ad integrazione con

    quanto rappresentato nel transetto.

    Le cappelle laterali sono dedicate a San Pietro, quella a destra, e a San Paolo, quella a sinistra.

    Rafgurazioni di santi e martiri si trovano poi in tutti gli spazi lasciati vacanti dai temi principali,

    negli intradossi degli archi tra le navate, sulle pareti interne delle navate laterali, negli spicchi sopra

    le colonne, mentre negli intradossi degli archi che delimitano il quadrato centrale del transetto sono

    rappresentati personaggi dell’Antico testamento appartenenti alla genealogia di Cristo.

    Due importanti rappresentazioni musive sono quelle collocate al di sopra dei troni presenti nel Duomo,

    a sinistra, sopra il soglio del re addossato al pilastro, Guglielmo II è rafgurato in atto di ricevere la

    corona da Cristo in trono. A destra, in posizione corrispondente, il medesimo monarca è rappresentato

    in atto di offrire la chiesa alla Vergine[4].

    Ma al di là dell’enorme valore artistico e architettonico del monumento, vale lo straordinario effetto

    dei mosaici sul credente. Il fedele guarda il Cristo Pantocratore, guarda il celebrante e il popolo che

    partecipa; ma prima ancora si sente guardato dalle gure dei mosaici che gli sembrano scendere dalle

    pareti e partecipare all’azione liturgica[5].

    Ed è questa sensazione per la quale si percepisce il duomo come costruito più con la luce che con la

    pietra, insieme allo straordinario effetto di riessione dei mosaici in oro, che fa davvero unico questo

    tempio della Cristianità.

  • 22

  • 23

    3

    L’IMPIANTO ELETTRICO E D’ILLUMINAZIONE PREESISTENTE

    Nella fase iniziale dell’iter progettuale è stata condotta una indagine approfondita onde accertare lo

    stato e la consistenza dell’impianto elettrico e di illuminazione esistente, tenendo conto del fatto che

    non è stato possibile acquisire tutta la necessaria documentazione d’impianto relativa al complesso degli

    interventi eseguiti nel tempo.

    I controlli eseguiti hanno peraltro integrato due precedenti indagini commissionate dalla Fabbriceria:

    - “Rilievo dell’impianto elettrico e posizionamento dei quadri elettrici” in data 01/09/2005 riguardante

    il complesso monumentale in due sue articolazioni principali: il palazzo Arcivescovile ed il Museo;

    - “Restituzione graca del Duomo di Monreale” - impianto elettrico in data 30/04/ 2007 relativa

    specicatamente allo stato dell’impianto elettrico e di illuminazione del Duomo.

    Il complesso monumentale collegato al Duomo è attualmente alimentato da una cabina MT/BT di

    utente, trasformatore Sn=100 kVADy11 20kV/380V, quindi con un sistema in bassa tensione tipo TN-S

    con Un=400V ed f=50Hz, ubicata in via Arcivescovado.

    A servizio dell’impianto elettrico dell’intero complesso monumentale è in esercizio, in commutazione

    automatica con la rete pubblica, un gruppo elettrogeno, Sn=160 kVA Un=400 V e f=50 Hz, in grado

    di entrare in funzione in tempi brevi al mancare della rete di distribuzione ENEL, con funzione soltanto

    di riserva e non di sicurezza, installato in un vano naturale sottostante la piccola rocca dove sorge il

    palazzo arcivescovile.

    L’indagine eseguita non è stata limitata al solo impianto di illuminazione esistente, che si intendeva

    rinnovare, ma inevitabilmente si è estesa anche alla rimanente parte dell’impianto che rimaneva, per

    motivi economici, allo stato originario; e questo per ragioni legate da una parte alla valutazione delle

    condizioni di integrazione dei due manufatti impiantistici, il vecchio ed il nuovo, e per evidenziare quelle

    situazioni, riconoscibili anche ad un esame sommario, in atto non regolari e potenzialmente pericolose,

    al ne di consentire l’adozione dei necessari provvedimenti correttivi da parte del Committente.

    L’impianto di illuminazione del Duomo, realizzato negli anni 80 del secolo trascorso, come peraltro

    il resto dell’impianto elettrico, si è presentato in precarie condizioni di conservazione, funzionalità

  • 24

    e sicurezza. e con illuminamenti assolutamente insufcienti e quindi nella condizione di non poter

    garantire la valorizzazione e la fruibilità del complesso architettonico.

    Tale situazione si è determinata in dipendenza di opinabili e in alcuni casi non corrette scelte progettuali

    e della mancata esecuzione delle operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria, complicata da

    determinati posizionamenti delle sorgenti luminose, dall’impiego di lampade con bassa vita media ed

    una scarsa ergonomia della installazione..

    Nel corso degli anni per far fronte al mancato funzionamento di alcuni apparecchi illuminanti per i

    quali era difcile la manutenzione e per aumentare i livelli di illuminamento nella navata principale

    che era dell’ordine di 5lx erano stati inseriti proiettori nelle nestre del I ordine (navatelle nord e sud),

    derivandoli direttamente dalla linea di alimentazione delle sorgenti luminose originarie lasciate in sito

    e nelle nestre in corrispondenza dell’Arco Trionfale, del Presbiterio e in alcune cornici nella zona

    dell’Abside e dello stesso Presbiterio.

    Tutti questi interventi, che si sono succeduti nel tempo, non sono risultati peraltro sufcientemente

    dotati della necessaria organicità e coerenza, che sono elementi fondanti per assicurare un corretto

    e sicuro esercizio di qualsiasi impianto elettrico e che, invece, costituiscono obiettivi irrinunciabili

    considerata la natura dell’attività in oggetto. L’attività presenta, infatti, speciche peculiarità riconducibili

    sostanzialmente alla classicazione del luogo come ambiente a maggior rischio in caso di incendio e

    alla assoluta rilevanza storica ed architettonica dell’edicio in questione.

    Inne non era disponibile all’interno del Duomo l’illuminazione di sicurezza. Infatti il gruppo elettrogeno

    a servizio dell’intero complesso monumentale, in commutazione automatica con la rete pubblica, è da

    considerare solo come sorgente di riserva tenuto conto delle caratteristiche presentate dalla attività in

    oggetto.

    A queste considerazioni è da aggiungere che il quadro generale, in precarie condizioni di conservazione

    e funzionalità anche a causa dei diversi interventi, spesso non coerenti ed articiosi, presentava notevoli

    irregolarità:

    la inefcace protezione da sovracorrenti di alcuni circuiti, con il rischio di incendi;

    la difcoltà di operare sezionamenti di singoli circuiti, senza provocare estesi black-out di altre

    parti di impianto;

    la mancata selettività, per alcuni circuiti, del sistema di protezione da contatti indiretti, quando

    questa viene realizzata con dispositivi differenziali;

  • 25

    la mancata selettività, per alcuni circuiti, del sistema di protezione da cortocircuiti;

    la mancata protezione, per alcuni circuiti, da cortocircuiti (specialmente se non franchi) in fondo

    alla linea;

    la posa precaria all’interno del quadro di apparecchi elettrici;

    una collocazione che non consentiva un’agevole manovra degli apparecchi di comando e

    protezione ed una sicura manutenzione;

    la mancanza della morsettiera;

    un particolare disordine nel cablaggio delle apparecchiature.

    Il quadro pertanto non era sicuramente adatto per tipologia e dimensioni, consistenza e caratteristiche

    delle apparecchiature installate.

    Molte di queste irregolarità sono peraltro comuni ad altri quadri di zona ubicati nelle diverse parti del

    Duomo: servizi e Cappelle.

    La distribuzione dell’energia presentava anch’essa molteplici criticità riconducibili principalmente:

    alla promiscuità di posa dei cavi;

    alla idoneità dei cavi in relazione al tipo di posa per il luogo in oggetto;

    all’impiego articioso di uno stesso cavo multipolare per alimentare circuiti diversi con

    l’aggravante di avere distinti dispositivi di comando e protezione;

    alla promiscuità con la quale risultavano raggruppati i diversi circuiti sotto una stessa

    protezione;

    all’impiego di componenti di percorso che nel tempo hanno subito un grave degrado peraltro

    prevedibile;

    alla tipologia delle derivazioni e delle connessioni, ottenute ricorrendo a giunzioni a torsione

    semplicemente nastrate e senza l’impiego di morsetti;

    al mancato rispetto dei colori dei cavi unipolari, anche per il conduttore di protezione giallo-

    verde, con potenziali situazioni di pericolo;

    alla presenza di cavi multipolari con la guaina gravemente danneggiata o mancante per forzarne

    la posa in cavidotti inadeguati;

    alla presenza di cavi multipolari non collegati, in stato di abbandono e senza alcun riscontro

    funzionale all’interno del quadro generale.

    Gli apparecchi di utilizzazione, principalmente corpi illuminanti e prese, presentavano, oltre a condizioni

  • 26

    generali di degrado, talvolta situazioni potenzialmente pericolose:

    mancanza del necessario collegamento all’impianto di terra;

    trasformatori con morsetti in tensione accessibili;

    apparecchi di comando obsoleti, degradati e pericolosi;

    cablaggi non regolari per teche e reliquiari;

    prese danneggiate e in qualche caso con parti attive accessibili, con pericolo di contatti diretti;

    prese non idonee per tipologia e per la mancanza di singole apparecchiature di protezione;

    prese senza contatto di terra.

  • 27

    4

    IL PROGETTO ILLUMINOTECNICO

    Il duomo di Monreale è stato costruito per essere fruito alla luce naturale, integrata da ceri sostenuti da

    candelabri e, probabilmente, da apparecchi sospesi ottenuti dalla riunione in gruppi di lucerne a olio [6].

    Si può solo immaginare l’emozione che tale illuminazione doveva suscitare sul visitatore: dalla presenza

    di ombre creatrici proprie della luce naturale, alla variazione del colore dei mosaici a fondo oro colpite

    dalla luce naturale o da quelle delle candele.

    Effetti evocati consapevolmente, se si considera che lo stesso luogo di fondazione della basilica

    monrealese non risulta casuale, ma legato all’andamento della luce solare.

    La luce solare fu interpretata, a suo tempo, come un codice di decifrazione del divino, denito nel suo

    complesso come ierofania, cioè manifestazione del sacro.

    Il duomo di Monreale è infatti allineato astronomicamente, all’alba del solstizio estivo e al tramonto

    del solstizio invernale, con la cattedrale di Palermo e con la chiesa di S. Giovanni degli Eremiti, che

    costituiscono le due architetture fondamentali del tessuto chiesastico della Palermo normanna [7].

  • 28

    FIGURA 1

    Planimetria con

    ubicazione dei monumenti

    citati, tratta da “Ierofanie

    della luce” di Alessandro

    Di Bernardo [7]

    Malgrado queste

    suggestive considerazioni, è comunque necessario disporre all’interno del duomo di una corretta

    illuminazione articiale al ne di:

    soddisfare le esigenze legate alle diverse celebrazioni liturgiche;

    consentire l’uso del duomo anche in ore serali;

    valorizzare le visite museali.

  • 29

    Evidentemente l’illuminazione articiale doveva essere “altra” rispetto alla illuminazione naturale,

    doveva cioè plasmare all’interno del duomo una nuova dimensione della luce, un diverso modo di

    modellare gli spazi, creando nuove suggestioni e modi di percezione e fruizione del monumento.

    Lo studio dell’illuminazione articiale del duomo, anche in relazione a quanto sottolineato

    precedentemente, non poteva prescindere dalla presenza di vincoli oggettivi e dalle necessità esplicitate

    dalla committenza; i principali dei quali sono stati:

    l’assoluta necessità di rispettare il monumento, che per la sua unicità storico –architettonica e

    artistica riveste un ruolo di riferimento per l’intero panorama culturale internazionale, sia nei

    paramenti esterni che interni, non prevedendo innesti impiantistici invasivi;

    la necessità di ridurre, per quanto possibile, l’impatto visivo dei corpi illuminanti e limitare nel

    contempo fastidiosi fenomeni di abbagliamento;

    la polifunzionalità del monumento: il duomo viene fruito oltre che per le celebrazioni liturgiche,

    anche per nalità culturali e scientiche; attività tutte soggette a normativa generale e specica

    di settore;

    la necessità di vincolare, per il principio di precauzione, le prestazioni dell’impianto di

    illuminazione a quanto previsto dalla norma UNI 10829 [8], sul possibile degrado dei paramenti

    musivi;

    la limitazione alla realizzazione dell’impianto di illuminazione dell’interno del Duomo, non

    comprendendo, in questa prima fase per motivi economici, le Cappelle, il Tesoro, i servizi

    generali, le scale ed i percorsi visite alle terrazze, l’illuminazione esterna.

    Le speciche che la committenza ha inteso esprimere riguardano sostanzialmente:

    la valorizzazione del patrimonio esistente all’interno del Duomo (principalmente i mosaici)

    attraverso una più corretta illuminazione, migliorando altresì le condizioni di sicurezza

    generali dell’impianto elettrico e rispettandone nel contempo la funzione culturale;dell’impianto

    elettrico e rispettandone nel contempo la funzione cultuale;

    la possibilità di modulare l’illuminazione in relazione all’uso del monumento e alle diverse

    celebrazioni liturgiche;

    la necessità di creare un’illuminazione d’accento per l’abside centrale del Pantocratore e per

    quelle laterali dei Santi Pietro e Paolo;

    la necessità di consentire l’uso adeguato del Duomo anche in ore serali;

    l’illuminazione adeguata dell’area destinata ai fedeli per consentire il compito visivo relativo

    alla lettura di testi; la necessità di consentire una lettura complessiva del ciclo musivo, anche

    per scopi scientici e di ricerca;

    la necessità di consentire un uso specico e indipendente delle navate laterali;

  • 30

    la necessità che il sistema di gestione dei diversi scenari sia afdabile, semplice e che risulti

    comunque possibile, in caso di avaria del sistema stesso, un controllo manuale sui singoli circuiti

    in cui risulta suddiviso l’impianto d’illuminazione.

    Nell’esame di tali problemi si è avuta la collaborazione di liturgisti, di uno storico dell’arte, la consulenza

    ed il continuo supporto della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Palermo.

    A questo punto si ritiene doveroso ricordare la generosa sponsorizzazione della Philips Lighting Italiana

    che ha donato tutti proiettori necessari e data tutta la sua disponibilità tecnica per la ricerca della tipologia

    di proiettore da adottare, essendosi n dall’inizio orientati sulla scelta di un solo tipo di proiettore in

    modo da semplicare al massimo le opere di manutenzione e ricambio.

    La scelta è caduta sul proiettore Philips Soprano MCN690, fornito, ove occorre, di accessori per

    effettuare il controllo dei fasci luminosi, vedi Fig. 2.

  • 31

    FIGURA 2

    Proiettore Philips Soprano MCN690

    In dipendenza del fatto che gran parte delle superci da illuminare sono a fondo oro, come sorgente si è

    scelta una lampade a ioduri metallici compatta la CDM-T Master Colour da 70 e 150W con temperatura

    di colore T di 3000°K e indice di resa cromatica Ra da 81 a 85.

    L’impiego di queste sorgenti luminose risulta vantaggioso per tutta una serie di elementi:

    - riducono la emissione di onde elettromagnetiche ultraviolette;

    - hanno una vita media al 50% di 12.000 ore;

    - hanno una elevata efcienza luminosa pari a 93-95 lm/W, che consente di ridurre sensibilmente i costi

    di esercizio.

    I proiettori orientabili sono dotati di unità elettrica integrata e riettori in alluminio focalizzabili da 6°

    a 60°, di frontali protettivi in vetro temperato per la salvaguardia dalla polvere e per la sicurezza.

    In considerazione delle particolarità architettoniche presentate dal Duomo: assenza di cornici aggettanti

    nella navata centrale ed in quelle laterali, peculiare posizione di alcune nestre del transetto nei riguardi

    degli archi trionfali, e da una preesistente situazione impiantistica, le fasi illuminotecnica ed impiantistica

    sono state fortemente correlate tra loro.

    Non era possibile infatti un corretto studio della luce che prescindesse dalla effettiva possibilità di posa

    dei proiettori, o peggio limitasse le prestazioni dell’impianto alle più convenienti, da un punto di vista

    impiantistico, condizioni di posa dei proiettori stessi.

    Quindi la fase iniziale di indagine, e come si vedrà non solo questa, è stata caratterizzata dalla ricerca

  • 32

    della migliore integrazione delle esigenze illuminotecniche con quelle impiantistiche.

    L’iter progettuale è stato pertanto caratterizzato da questa continua correlazione tra aspetto illuminotecnico

    e impiantistico; in modo difforme da quello che, purtroppo, è prassi diffusa e cioè di separare lo studio

    della luce da quello dell’impianto elettrico, condizione destinata spesso a creare, in determinati contesti,

    criticità nelle fasi di progettazione e realizzazione[9].

    In una prima fase si è proceduto a simulazioni a mezzo di software specialistico che hanno suscitato

    perplessità e suggerito, considerate le particolari difcoltà che si presentano nella illuminazione dei

    mosaici, la necessità di un approfondimento sperimentale*.

    L’illuminazione dei mosaici a pasta vitrea o dorata è infatti complicata dal fatto che questi non

    costituiscono superci sostanzialmente diffondenti o tantomeno lambertiane. La tecnica costruttiva

    musiva, denita gemstones faceting e che dà all’opera quella particolare brillantezza con un effetto di

    movimento della luce, prevede la disposizione delle tessere secondo un orientamento variabile per cui

    ognuna di esse riette la propria componente speculare in direzione diversa [10].

    I risultati di una prima prova sperimentale condotta in una zona del Duomo, limitata ma signicativa per

    le particolarità cromatiche e di posa delle tessere dei mosaici, hanno infatti evidenziato da una parte i

    limiti del modello impiegato per la simulazione, e peraltro, in considerazione delle singolari condizioni

    di riessione dei mosaici difcilmente simulabili, consigliato per la fase esecutiva del progetto un

    approccio di tipo solo sperimentale.

    Per pervenire alla congurazione denitiva del sistema di illuminazione del pavimento della navata

    centrale, del presbiterio, dei softti della navata centrale e delle navate laterali, dei mosaici è stato

    necessario condurre una lunga serie di prove sperimentali di complessità e impegno crescenti, anche

    per le notevoli difcoltà di accedere alle soglie interne delle nestre e alle particolarità architettoniche

    del Duomo che hanno comportato peraltro un signicativo prolungamento temporale della fase

    sperimentale.

    I risultati delle prove sperimentali, qualitative e quantitative sui livelli di illuminamento, hanno

    consentito la messa a punto dei parametri illuminotecnici specici relativi ai mosaici ai ni della verica

    prestazionale complessiva e nale del sistema di illuminazione.

    Nella fase di realizzazione dell’impianto è stato necessario afnare e integrare, talvolta in modo

    *Per le simulazioni eseguite a mezzo di software specialistico nella prima fase di progetto si è avuta la collaborazione dell’Arch. Emanuela Pulvirenti

  • 33

    signicativo, le scelte del progetto. Sono stati infatti collocati nuovi proiettori: per accentuare

    maggiormente la gura del Pantocratore, per potenziare l’illuminazione del presbiterio, per uniformare

    la illuminazione dei mosaici nelle navate laterali, per uniformare l’illuminazione dei mosaici delle

    absidi laterali e per valorizzare la grande nestra istoriata sul portale principale d’ingresso.

    Nel complesso sono stati installati n°191 proiettori di cui n° 104 con lampada da 150 W e n° 87 con

    lampada da 70 W con una totale potenza impegnata di 23,5 kW . Sembra utile rilevare in merito che

    l’adozione di sorgenti a più alta efcienza e di apparecchi illuminanti con elevato rendimento, ubicati

    razionalmente, ha consentito di ottenere i prescritti livelli di illuminamento senza ombre, con adeguata

    uniformità e senza abbagliamenti con un risparmio di potenza impegnata rispetto al precedente impianto

    (che fra l’altro era del tutto insufciente) pari a circa il 30%.

    Il preciso puntamento dei proiettori, avvenuto con l’impiego di laser, e la conseguente valutazione

    degli effetti ottenuti, ha consigliato la rimodulazione della posizione di alcuni di essi per uniformare in

    generale il livello di illuminamento ottenuto, in particolare nella condizione di tutto acceso.

    I proiettori sono stati pertanto collocati denitivamente, vedi Figg. 3, 4 -planimetria e sezioni-, in

    corrispondenza delle nestre della navata centrale, delle navate laterali, del transetto e del presbiterio;

    quindi in corrispondenza dei pulvini delle colonne della navata centrale, delle cornici del transetto e

    del presbiterio, sull’organo mediante una struttura di supporto in acciaio, dietro l’altare maggiore su un

    castelletto esistente e da una terrazza esterna, mediante una struttura di sostegno in acciaio preesistente,

    per l’illuminazione della grande nestra istoriata sul portale principale di ingresso.

    FIGURA 3

    Planimetria del Duomo con indicate le posizioni dei proiettori e la distribuzione delle isolux sul pavimento della navata centrale

  • 34

    FIGURA 4.1

    Sezione longitudinale con evidenziati i fasci luminosi dei proiettori installati lungo la navata centrale

    FIGURA 4.2

    Sezione longitudinale con indicazione dei proiettori installati e le isolux sui mosaici parietali della navata centrale

    FIGURA 4.3

    Sezione longitudinale con indicazione delle isolux sui mosaici parietali di una navata laterale

    Il risultato è una illuminazione che fa splendere i mosaici a fondo oro senza schiacciarli, cosa che si vericherebbe

    con valori di illuminamento elevati e comunque eccedenti i limiti indicati, vedi Figg.,5,6,7 e 8 .

  • 35

    FIGURA 5 Illuminazione naturale e artificiale della navata centrale

    FIGURA 6 FIGURA 7 Illuminazione della navata centrale

  • 36

    A titolo esemplicativo sempre nelle Figg. 3,4 sono mostrate le curve isolux in corrispondenza di tre

    superci di calcolo: la prima per il pavimento della navata centrale ad un’altezza di 0,85 m, la seconda

    in adiacenza ai mosaici parietali della navata centrale e la terza in adiacenza ai mosaici parietali di una

    navata laterale; risultati ottenuti da una simulazione successiva alla fase di progetto e nella congurazione

    effettiva dei corpi illuminanti: posizione sica e geometria del puntamento.

    I valori di illuminamento rilevati, vedi Tab. 1, sono coerenti con le speciche di progetto e, con qualche

    approssimazione, con quanto ottenuto dalle simulazioni ex-post alla fase sperimentale ed a quelle a

    impianto eseguito.

    FIGURA 8 Illuminazione del soffitto ligneo della crociera

  • 37

    L’impianto di illuminazione rimane suddiviso in 14 circuiti indipendenti che risultano protetti e

    comandabili singolarmente: 1 Softto navata centrale; 2 - Mosaici navata centrale; 3 - Mosaici e softti

    navate laterali; 4 - Mosaici e softti navata destra; 5 - Mosaici e softti navata sinistra; 6 - Pavimento

    Presbiterio; 7 - Mosaici laterali transetti; 8 - Mosaici frontali transetti; 9 - Catino absidale e Pantocratore;

    10 - Mosaici e altare S. Paolo; 11 - Mosaici e altare S. Pietro; 12 - Softti transetto e Presbiterio; 13 -

    Pavimento altare; 14 - Pavimento navata centrale.

    I circuiti previsti nel progetto erano in numero di 13, nel corso dei lavori è risultato possibile l’uso di un

    circuito del vecchio impianto esistente, che ha consentito l’alimentazione esclusiva dei proiettori installati

    sui pulvini e destinati all’illuminazione del pavimento della navata centrale. Questo ha consentito di

    migliorare sensibilmente la essibilità dell’impianto di illuminazione, consentendo l’attivazione di

    nuovi e diversi scenari.

    Questi circuiti possono essere attivati singolarmente o variamente combinati in scenari prestabiliti no

    ad un massimo di 32.

    Per gli scenari programmati in particolare sono previste le seguenti possibilità: I - Liturgia solenne;

    II - Liturgia festiva e matrimoni; III - Liturgia feriale; IV - Liturgia della parola e conferenze; V -

    VALORI (Lux)

  • 38

    Pantocratore e altari S. Pietro e S. Paolo; VI - Navata laterale destra; VII - Navata laterale sinistra;

    VIII - Transetto e abside; IX - Aula e navate laterali; X - Softti; XI - Mosaici; XII - Pavimenti; XIII

    - Concerto d’organo; XIV - Concerto d’orchestra; XV - Visita turistica.

    L’illuminazione di sicurezza è afdata alle 11 appliques in bronzo disposte lungo le pareti perimetrali

    del Duomo ed attualmente dotate ognuna di 5 lampade a incandescenza da 40W. Tali lampade potranno

    successivamente essere sostituite con lampade Philips a led Oliva B35 Novallure LEDcandle & Lustre

    Dimmerabile aventi una durata media di circa 20 000 ore e temperatura di colore di 2 700°K.

    Le appliques sono suddivise in due circuiti indipendenti e alimentate dal gruppo di continuità ubicato

    in zona protetta, la cui autonomia è largamente superiore alla minima prevista per locali di pubblico

    spettacolo.

    L’illuminazione di sicurezza può essere presente a prescindere dalla mancanza di rete o può essere attivata

    in caso di mancanza di rete o per l’intervento di un qualunque interruttore automatico di protezione dei

    singoli circuiti in cui rimane suddiviso l’impianto d’illuminazione.

    Al ritorno dell’energia o al ripristinarsi delle condizioni di sicurezza del circuito guasto, l’illuminazione

    di sicurezza rimane comunque attiva per un tempo tale da consentire la piena riaccensione delle lampade

    a scarica.

    Il valore di illuminamento medio misurato risulta pari a 4 lx con un minimo di 1 lx, in corrispondenza

    delle uscite risulta di 6 lx, in ottemperanza a quanto previsto dalla norma CE1 64-15.

  • 39

    5

    IL CONTROLLO DELLA LUCE

    Nell’iter progettuale lo studio del controllo della luce all’interno del Duomo ha costituito indubbiamente

    un momento particolarmente importante.

    Le scelte che andavano operate risultavano infatti decisive ai ni di una corretta fruizione del monumento,

    in ottemperanza alle speciche richieste della Committenza: in primo luogo evitare assolutamente

    spettacolarizzazioni o effetti dinamici, nella intensità e nel colore della luce.

    Sulla base dei diversi scenari da attivare è stata operata una conveniente ripartizione dei proiettori

    da installare in 14 circuiti elementari, potendosi congurare i diversi scenari con una opportuna

    combinazione dei singoli circuiti.

    In considerazione della tipologia dei proiettori disponibili, dotati di reattore elettromeccanico tradizionale,

    della difcoltà o impossibilità a posare, in alcune zone, cavi di segnale anche di ridotto ingombro e per

    evidenti ragioni di carattere economico, non era attuabile il controllo statico (dimmerizzazione) dei

    livelli di illuminamento proprio dei diversi scenari e dei singoli proiettori.

    Il problema successivo da affrontare è stato quindi quello di scegliere il sistema di controllo per la

    gestione dello stato dei singoli circuiti e dei diversi scenari.

    La preferenza doveva necessariamente essere accordata ad una tecnologia caratterizzata insieme da

    essibilità ed espandibilità.

    Si voleva in sostanza scegliere una congurazione adeguata alle esigenze di comando della illuminazione

    del Duomo e nel contempo in grado di integrare, come sistema complessivo, la gestione ed il controllo

    di altri impianti di possibile installazione o sostituzione, insieme all’attivazione di diverse funzionalità

    [11]:

    allarme incendio;

    comando utenze motorizzate;

    monitoraggio allarmi;

    controllo accessi;

    rilevazione presenze;

  • 40

    controllo del sistema da qualsiasi postazione internet;

    diramazione degli allarmi;

    centralizzazione e controllo integrato delle diverse applicazioni.

    Inoltre il sistema doveva costituire una piattaforma aperta in grado di garantire l’interoperabilità e

    l’interfunzionamento dei diversi dispositivi indipendentemente dal produttore.

    Lo standard adoperato è il KNX, che rappresenta la tecnologia a livello globale per il controllo e la

    gestione dell’automazione negli edici, omologato secondo la norma EN 50090 e la ISO/IEC 14543.

    I beneci legati all’impiego di questa tecnologia sono molteplici [12]:

    riduzione dei costi di progettazione, installazione e cablaggio;

    espandibilità e modica dell’impianto senza restrizioni in ogni stadio del suo ciclo di vita;

    libera integrazione di nuove funzioni;

    semplicità di funzionamento;

    elevata afdabilità;

    disponibilità del software ETS ( Eib Tool Software) per la progettazione, la messa in servizio e

    la diagnosi dell’impianto bus.

    Per ciò che riguarda il controllo dell’impianto di illuminazione i segnali di comando consentiranno

    l’attivazione dei diversi scenari con la eccitazione delle bobine dei singoli contattori, installati a valle

    degli interruttori magnetotermici differenziali di protezione, relativi ai circuiti interessati.

    Il supporto sico per la trasmissione dei segnali è costituito da un doppino, utilizzato sia per i segnali

    attivi che per l’alimentazione dei diversi dispositivi che integrano il sistema di controllo, composto da

    una coppia di conduttori schermati e ritorti tipo YCY11 1x2x0,8.

    Il complesso, destinato al governo dei diversi scenari, è composto dai dispositivi di sistema, dai dispositivi

    di ingresso e di uscita e da quelli di visualizzazione.

    I dispositivi di sistema sono costituiti dall’alimentatore di linea a 24V, da un modulo batteria e da un

    dispositivo di protezione dei componenti dalle sovratensioni.

    I terminali di ingresso e di uscita consentono la connessione al sistema dei diversi tipi di dispositivi di

    comando liberi da tensione e degli apparecchi attuatori.

    I dispositivi di visualizzazione sono rappresentati nel nostro caso da due concentratori universali, con

    32 I/O liberamente programmabili – uno per i pulsanti l’altro per i led – utilizzati in combinazione con

    il pannello sinottico per trasmettere comandi agli attuatori e per visualizzare con i led lo stato delle

  • 41

    utenze comandate.

    Il complesso del sistema, ad eccezione del pannello sinottico, si trova collocato, in uno scomparto

    dedicato, all’interno dello stesso quadro generale del Duomo, senza quindi dovere ricorrere ad inutili

    complicazioni impiantistiche, con la possibilità di un controllo manuale dal pannello sinottico dedicato

    e, peraltro, con la possibilità di governare il sistema stesso da una posizione PC locale o remota con lo

    specico software di supervisione.

    Il software dedicato di supervisione, implementato, tramite una interfaccia USB installata nello stesso

    quadro di distribuzione nello scomparto destinato ad ospitare le apparecchiature di controllo, consente

    sia la programmazione dei diversi scenari, sia la corrispondente visualizzazione delle relative schermate

    planimetriche, con la possibilità di monitorare lo stato dei diversi circuiti.

    A titolo di esempio nella Fig. 9 è mostrata una schermata relativa allo scenario I - Liturgia solenne (tutto

    acceso), dove risultano attivati i messaggi di allarme relativi ai circuiti elementari 3 (Mosaici e softti

    navate laterali) e 12 (Softti transetti e presbiterio).

    FIGURA 9

    Schermata relativa allo scenario 1

  • 42

  • 43

    6

    IL PROGETTO ELETTRICO

    Il progetto elettrico ha preso le mosse dalla considerazione di una serie di elementi:

    classicazione del luogo ai ni della sicurezza;

    acquisizione dei risultati di due indagini recenti, sullo stato degli impianti elettrici nel complesso

    monumentale, commissionate dalla Fabbriceria del Duomo;

    puntuale documentazione sullo stato di fatto dell’impianto elettrico nel suo complesso,

    integrando le indagini di cui al punto precedente ed estendendo i controlli anche alla rimanente

    parte dell’impianto che rimane allo stato originario;

    previsione di un intervento complessivo di tipo conservativo ed a bassissimo impatto;

    valutazione della possibilità di riutilizzare parti di impianto, in particolare le condutture

    originariamente posate sui mosaici e sulle cornici, di cui non si pensa di tentare la dismissione

    per il fondato timore di danneggiare le tessere;

    studio illuminotecnico.

    I maggiori problemi che è stato necessario risolvere nella previsione dell’impianto elettrico, sono

    sostanzialmente riconducibili alla difcoltà di integrare, al meglio, nel monumento tutta una serie di

    prescrizioni normative relative alla classicazione e all’uso del Duomo:

    luoghi a maggior rischio in caso di incendio;

    locali di pubblico spettacolo;

    norma CEI 64-15 “Impianti elettrici negli edici pregevoli per rilevanza storica e/o artistica”;

    e al fatto che l’intervento riguarda solo una parte dell’intero impianto esistente.

    A tale riguardo si possono citare:

    1. l’opportunità di rispettare per la previsione delle condutture non in vista, ove possibile, i percorsi

    originari, sfruttando i cavedi e le canalizzazioni esistenti se utilizzabili;

    2. il vincolo sulla posizione del nuovo quadro generale, coincidente con quella esistente;

    3. distribuire e proteggere adeguatamente, dal quadro generale di nuova installazione, le linee di

    alimentazione degli impianti che rimangono allo stato originario;

    4. attuare, per ciò che risulta possibile in questa fase, una protezione dalle sovratensioni coerente

    con lo studio più generale del rischio dovuto al fulmine, che dovrà inevitabilmente condursi

    relativamente all’intero complesso monumentale;

  • 44

    5. la necessità di dotare il Duomo dell’illuminazione di sicurezza (prima non esistente);

    6. la impossibilità di sostituire le condutture posate a vista all’interno del Duomo, installate nella

    precedente realizzazione;

    7. la necessità di disporre di apparecchi illuminanti con grado di protezione minimo IP 40, se

    installati in zona di rispetto da materiale combustibile.

    In base alle determinazioni relative alla scelta dell’apparecchio illuminante (tipologia, caratteristiche fotometriche,

    potenza elettrica), allo studio illuminotecnico dell’installazione, alla conseguente posizione dei proiettori ed

    alla congurazione dei circuiti base, sono state preparate inizialmente le schede di progetto dei singoli

    circuiti, in cui è stato suddiviso l’impianto d’illuminazione generale.

    Nelle singole schede sono state riportate per ognuno dei circuiti:

    il numero, la posa, le caratteristiche elettriche ed illuminotecniche dei proiettori installati;

    la tipologia, il carico elettrico e le condizioni di posa della linea di alimentazione;

    la portata, le caratteristiche tipologiche e geometriche, dei cavi impiegati;

    la caduta di tensione percentuale nel tratto;

    il tipo e le caratteristiche prestazionali del dispositivo di protezione installato;

    il tipo e le caratteristiche prestazionali del dispositivo di comando installato.

    Tali circuiti sono stati quindi inseriti nel più complesso schema del quadro generale di distribuzione, nel

    cui disegno sono state inoltre integrate le alimentazioni del nuovo UPS statico per i servizi di sicurezza e

    delle seguenti utenze esistenti: quadri di servizio e delle Cappelle, circuiti di illuminazione e prese delle

    scale di accesso alle terrazze, circuiti prese all’interno del Duomo.

  • 45

    Il quadro generale è stato ubicato in un vano esistente nella Sacrestia, nella stessa posizione di quello

    esistente, vedi Fig.10.

    FIGURA 10

    Quadro generale

    In corrispondenza ad esso sono stati ubicati il comando di emergenza generale (con esclusione dei

    circuiti di sicurezza) e il comando EPO, con lo spegnimento totale in emergenza e l’apertura del pacco

    batterie, per il gruppo di continuità.

    La installazione del gruppo di continuità è stata prevista nello stesso locale Sacrestia; particolare attenzione

    è stata posta nella valutazione delle condizioni di ventilazione previste dalla norma EN 50272-2 (CEI

    21-39) “Batterie stazionarie”, la cui osservanza era esplicitamente prevista dalla norma CEI 64-15, che

    risultano soddisfatte in relazione alla capacità oraria complessiva delle batterie presenti.

    Il dimensionamento dei diversi circuiti, di distribuzione e terminali in uscita dal quadro generale, è stato

    eseguito con una metodologia computerizzata che impiega un software dedicato. Le speciche che

    stanno alla base del calcolo fanno riferimento a [1]:

    condizioni di posa e tipologia delle condutture;

  • 46

    numero dei circuiti presenti nello stesso ambiente di posa;

    carico elettrico dei vari circuiti;

    fattori di contemporaneità;

    temperatura ambiente;

    valore della massima caduta di tensione ammissibile nei vari tratti circuitali (il valore massimo

    relativo complessivo ssato dalle Norme CEI 64.8 è pari al 4%), tenendo in debito conto della

    caduta di tensione nella linea di alimentazione del quadro generale del Duomo a partire dal

    quadro di distribuzione in B.T. della cabina d’utente;

    lunghezza dei vari circuiti.

    I vari circuiti sono stati protetti dalle sovracorrenti ( sovraccarichi e cortocircuiti ) con l’impiego di

    interruttori automatici magnetotermici onnipolari, tenendo conto delle possibili congurazioni di

    alimentazione: da rete o da gruppo elettrogeno.

    La scelta delle caratteristiche e delle prestazioni degli interruttori è stata eseguita, anche in questo caso,

    con una metodologia computerizzata che impiega un software dedicato.

    Inoltre nella determinazione del valore della corrente di cortocircuito trifase netto al livello del quadro

    di distribuzione, si è fatto riferimento non alle attuali condizioni di alimentazione ma a quelle che,

    ragionevolmente, possono ipotizzarsi per il futuro, e ciò per consentire alla installazione prevista, di

    rispondere adeguatamente ai possibili mutamenti che dovessero intervenire nel tempo.

    La posizione attuale della cabina d’utente e la potenza del trasformatore potrebbero infatti , in base a una

    analisi successiva, essere oggetto di una possibile revisione. Pertanto è stato opportuno tenere conto di

    questa eventualità, ipotizzando uno scenario realistico della possibile condizione di alimentazione del

    complesso monumentale.

    La protezione da contatti diretti è assicurata dall’isolamento principale (al quale può risultare

    aggiunto quello supplementare), dal grado di protezione IP degli involucri delle apparecchiature e dei

    componenti.

    La protezione da contatti indiretti, in bassa tensione, è stata realizzata con diverse modalità:

    - prevedendo il collegamento delle masse degli apparecchi di classe I all’impianto di terra, con

    l’interruzione automatica del circuito guasto in caso di pericolo per le persone;

    - impiegando apparecchi con isolamento doppio;

    - utilizzando apparecchi alimentati a bassissima tensione di sicurezza (SELV).

    Il sistema di protezione da contatti indiretti in bassa tensione (sistema TN-S), che prevede l’interruzione

  • 47

    del circuito guasto, è stato realizzato con l’impiego di interruttori magnetotermici differenziali; ciò

    consente anche una efcace protezione contro gli incendi di origine elettrica.

    Il criterio seguito per la protezione delle varie parti di impianto con gli interruttori differenziali ha

    comportato l’adozione di apparecchi di protezione ad alta sensibilità a scatto istantaneo sensibili a

    correnti pulsanti ed unidirezionali per i circuiti terminali, mentre si sono impiegati apparecchi di

    protezione differenziale a bassa sensibilità per i circuiti di distribuzione. In tal modo si soddisfa il

    requisito della selettività sia verticale che orizzontale del sistema di protezione, che consente di isolare

    i circuiti guasti senza provocare estesi disservizi.

    Per la protezione dalle sovratensioni , nell’ambito del progetto è sembrato ragionevole prevedere nel

    quadro generale di distribuzione la installazione di SPD in grado di contenere almeno gli effetti delle

    sovratensioni trasmesse dalla linea elettrica entrante, per fulminazione diretta o indiretta della linea

    stessa (sovratensioni di modo comune) - sorgenti di danno S3e S

    4.

    La protezione dalle sovratensioni per accoppiamento induttivo, dovute a fulmini che colpiscono

    l’edicio o che cadono a terra nelle sue vicinanze, potrà essere ottenuto soltanto sulla base dei risultati

    dello specico studio del rischio dovuto al fulmine.

    Tale studio individuerà infatti, oltre alla necessità o meno di un sistema di protezione contro i fulmini

    (LPS), tutta una serie di provvedimenti idonei a contenere gli effetti delle sovratensioni per accoppiamento

    induttivo.

    Sia l’UPS, che possiede peraltro un elevato livello di immunità al fulmine, che il sistema destinato al

    governo dei diversi scenari, dispongono di dispositivi dedicati di protezione dalle sovratensioni.

    Per la illuminazione di sicurezza è stato condotto uno studio per accertare la possibilità di utilizzare le

    appliques in bronzo esistenti, installate lungo il perimetro del Duomo, come sorgenti di illuminazione

    di sicurezza. La soluzione scelta prevede la sostituzione dei vecchi portalampada con altri in materiale

    termoplastico autoestinguente ammessi al regime di marchio IMQ e conformi alle norme EN 60598,

    IEC 695-2-1.

    Per quanto riguarda le condutture, non rimovibili, posate a parete, costituite da cavi multipolari dotati

    di conduttore di protezione, installati singolarmente o in strato di due cavi, ne è stata comunque

    ipotizzata la riutilizzazione e nel contempo, potendo disporre solo di un campione limitato, sono state

    eseguite le prove di non propagazione della amma presso un laboratorio accreditato. Il buono stato di

    conservazione dei cavi, il superamento delle prove di non propagazione della amma, il ridotto carico

  • 48

    elettrico (meno del 50% di quello precedente), l’uso di componenti di percorso metallici (cassette di

    derivazione e pressacavi), le derivazioni eseguite con cavi per locali a lento abbandono, la protezione

    dei circuiti con interruttori magnetotermici differenziali (tipo A) con sensibilità di 30mA, ne hanno

    confortato la riutilizzazione, ciò anche per non privare l’impianto di illuminazione del Duomo di

    importanti posizionamenti dei proiettori.

    I proiettori adoperati, adatti per la posa su superci normalmente inammabili, hanno un grado di

    protezione IP20. La necessità di posarli in zona di rispetto da materiale combustibile, e l’opportunità di

    conservare, per motivi estetici e manutentivi, la stessa tipologia di proiettori, hanno consigliato Philips

    di adottare una soluzione custom per il Duomo, che prevede l’adozione di pannelli microforati in grado

    di assicurare il richiesto grado di protezione IP40.

    Per la gestione dell’impianto, come si