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Gilda Sensales e-mail: [email protected] 13 aprile 2018 La psicologia sociale e il fascismo

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Gilda Sensales e-mail: [email protected] aprile 2018La psicologia sociale e il fascismo

Il prologo

» La psicologia sociale emerge inizialmente in Europa alla fine del XIX secolo secondo tre diverse prospettive (cfr. Sensales, Dal Secco, 2014)

» 1) La psicologia delle folle» 2) La psicologia del pubblico» 3) La psicologia della razza

» (1) La psicologia della folla, inauguratadalle opere del criminologo italiano ScipioSighele (La folla delinquente, 1891) edivulgata da Gustave Le Bon (Lapsychologie des foules, 1895)Gustave LeBon (1841-1931) Scipio Sighele (1868-1913)

Analizza quelle folle, che terrorizzavano le élites politiche del tempo, perché combattevano per un’adeguata integrazione sociale,per la propria emancipazione politica,per il cambiamento sociale,

La psicologia della folla,di chiaro stampo conservatore (van Ginneken, [1989]1991), era centrata sull'analisi dei processi psicologici (imitazione e suggestione), e finiva per criminalizzare le folle, considerandole prive di razionalità, agitate da istinti animaleschi, facilmente suggestionabili e con un’anima collettiva che annullava le individualità.

Eppure la storia era iniziata diversamente.....

... con Enrico Ferri (1856-1929) famoso avvocato penalista, fondatore della sociologia criminale, militante e deputato socialista,che negli ultimi anni della sua vita aderirà al fascismo.

Ferri era riuscito a vincere numerosi processi intentati contro partecipanti a moti sociali. Da quello del 1886 dei contadini mantovani a quello del 1891 degli studenti bolognesi. In questo caso aveva fatto assolvere i giovani sotto processo per aver impedito con i fischi la prolusione di Giosué Carducci ad inaugurazione dell’a.a.(cfr. Difese, 1899)

La strategia difensiva era sempre basata sul fatto che in situazione di follagli individui erano incapaci di intendere e voleree quindi non responsabili delle proprie azioni e non perseguibili penalmente.

Successivamente queste stesse argomentazioni diventeranno i pilastri per la repressione delle folle e il diffondersi del “pregiudizio sulle folle” (Mucchi Faina, 2000, 2002) di chiaro stampo conservatore. Tale pregiudizio era evidente già nel titolo dell’opera di Sighele (1891)“La folla delinquente” e nelle diverse affermazioni di Le Bon (1895) come ad es. “La plebe è regina e i barbari avanzano”.

Per Le Bon a partire dalla Rivoluzione francese si è inaugurata “l’era delle folle”.Ma soprattutto “L'âge où nous entrons sera véritablement l'ÈRE DES FOULES” (Le Bon, [1895]1905, p. 11) dominate da impulsi ciechi e irrazionali

Ed è “l’ère des meneurs “i capi delle folle rozze e incolte che le guidanoEtimologia: Du latin minari (« menacer») qui, en bas latin, a pris le sens de «pousser, mener les bêtes en lesmenaçant ».

Uno dei pochi studiosi che contrastò il “pregiudizio verso le folle”, fu l’italiano Pasquale Rossi (1867-1905), medico cosentino di provata fede socialista che ne vedeva il ruolo positivo (Sensales, 2002). Permeato di idee illuministe mise a punto una nuova disciplina la “demopedia” (Rossi, 1905)dedicata all’educazione delle folle. La morte prematura interromperà il suo progetto destinato a rimanere un caso isolato.

» (2) La psicologia delpubblico di Gabriel Tarde(1843-1904)

E’ una psicologia sociale incentrata sul"pubblico", per Tarde vero elemento di novità nelle democrazie occidentali, essendo legata alla circolazione dei quotidiani(cfr. Lubek, 1981)

Importanza del caso Dreyfus, capitano alsaziano di origine ebraica accusato di essere una spia al servizio della Germania, che tra il 1894 e il 1906 vide confrontarsi due schieramenti contrapposti. Gli innocentisti e i colpevolisti si fronteggiarono sulle pagine dei maggiori quotidiani francesi dividendo l’opinione pubblica. Famoso l’articolo di Émile Zola “J’accuse” pubblicato su l’Aurore

Così Tarde scriveva nel 1901 in L’opinion et la foule: «Je ne puis donc accorder à un vigoureuxécrivain, le Dr Le Bon, que notre âge soit<l’ère des foules>. Il est l’ère du public ou des publics, ce qui est bien différent» (p. 11)

A differenza della folla il pubblico era disperso fisicamente ma unito mentalmente in ragione della lettura dello stesso quotidiano che riusciva a creare orientamenti culturali e sentimenti comuni nei suoi lettori. Si inizia così ad affermare il concetto di opinione pubblica

» (3) Gli studi sul caratterenazionale e sullapsicologia della razza, cheavevano tratto ispirazionedalla Völkerpsychologienon-wundtiana (cfr.Brock, 1992)

La psicologia della nazione e della razza ha piena cittadinanza nel pensiero psicologico fino a tutta la prima metà degli anni ‘30 tanto che il primo Handbook of social psychology (Murchison, 1935) ha diversi capitoli dedicati alla psicologia dell’uomo bianco, dell’uomo nero, dell’uomo giallo….

La psicologia della nazione e della razza portava con sé un’idea gerarchica secondo la quale esistevano nazioni e razze superiori, la cui integrità e purezza andava preservata dalla contaminazione con le razze inferiori.

Le tre psicologie e i regimi totalitari in Europa

Queste tre forme di psicologia, nei primi decenni del XX secolo, furono utilizzate per sostenere l’istituzione di regimi totalitari in Europa.

» Durante gli anni Venti-Trenta, le dittature guardavano » (1) alle folle come a una massa passiva da manipolare, al fine di garantire e pubblicizzare la stabilità di quei regimi;» (2) alla macchina della propaganda e alla censura giornalistica, come i principali dispositivi di condizionamento della coscienza umana; » (3) ai concetti di nazione e razza, come base scientifica per legittimare politiche aggressive fra gli stati-nazioni e feroci persecuzioni razziali.

Le tre psicologie sociali in Italiae il fascismo

La psicologia delle folle di LeBon fu oggetto di interesse da parte di BenitoMussolini che considerò LeBon uno dei suoi maggiori maestri, affermando nel 1926 “Ho letto tutta l’opera di Le Bon e non so quante volte abbia riletto la sua Psicologia delle folle. E’ un’opera capitale, alla quale ancora oggi spesso ritorno” (in Melograni, 1982, p. 14).

Ancora Adrian Popa (1973) nella sua prefazione alla traduzione italiana di La psicologia politica (Le Bon, ed. orig. 1919), da considerarsi un “classico della letteratura di destra del Novecento”, ricordava come Mussolini avesse riportato allo stesso Le Bon, “lusingatissimo”, questo lodevole giudizio della “Psicologia della folla” quale “opera capitale” (Popa,1973, p. 7)

A proposito della concezione tutta negativa delle folle e delle masse alla base dell’ideologia fascista basterà ricordare la citazione di Mario Canella, nella sua introduzione al volume di Carl Murchison ([1929]1935) “Psicologia del potere politico”, su ciò che ne pensava Mussolini. L’8 dicembre 1919 Mussolini così scriveva “La plebe è una nel tempo e nello spazio: dai tempi in cui invadeva il Palatino a quello in cui saccheggia i buffets delle moderne stazioni”(in Canella, 1935, p. 44)

Ci sarà anche Antonio Miotto (1912-1997, unico degli psicologi sociali qui citati a partecipare al I congresso della PS) che nel 1937 se ne occuperà in un libricino “Introduzione alla psicologia delle folle”in cui propone una rivisitazione delle dinamiche di folla legandole alla dimensione fisiologica dei processi psichici in essa implicati. In esso attacca la lettura negativa di tali dinamiche legate al mondo della patologia arrivando a una riabilitazione delle folle.

Così si esprimeva “Il fenomeno della folla è eterno e si verifica in ogni luogo, anche nella vita più o meno razionale della civiltà moderna e forse non ha in sé nulla di anormale. Nella vita del gruppo dove tutto tende all’uniformità e alla regolarità meccanica, non sono forse positive queste periodiche evasioni, dovute agli scoppi improvvisi della parte spontanea, dinamica della psiche umana? E queste evasioni non hanno forse il significato e il valore di risvegliare e potenziare tante tendenze psicologiche che la vita standardizzata di ogni giorno costringe all’inerzia e al dormiveglia?” (Miotto, 1937, p. 57)

Mentre sulla relazione fra i capi e la folla c’è l’unica citazione di Mussolini:“La penetrazione psicologica dell’arte oratoria dei grandi capi politici illumina di luce intensa il fenomeno del ragionamento plastico che occupa tutto il piano mentale della folla. Si veda, ad es. la potenza di questo serrato susseguirsi di immagini in un passo di Mussolini: “… ed è contro questo Popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di navigatori, di transmigratori, è contro questo Popolo che si osa parlare di sanzioni”. (2 ottobre 1935).” (Miotto, 1937, p. 62)

Paolo Orano (1875–1945)La psicologia del pubblico e la psicologia della nazione e della razza in

Laureato in filosofia e letteratura, è studioso, professore universitario e giornalista, primo docente ordinario di storia del giornalismo nel 1928. Ha interessi politici e culturali che lo vedono implicato nella massoneria e nel socialismo per passare successivamente ad una militanza attiva nel partito fascista (cfr. Cicogna, 1996-1997; Doise, 1986; Sensales, 2002; Sensales & Dal Secco, 2014).

Orano sarà senatore del Regno italiano, pur svolgendo la sua attività sia come docente universitario di Storia del giornalismo, sia come rettore dell'Università di Perugia, dove si formava la classe dirigente fascista. Nel 1939, ricopreun ruolo di primo piano nella creazione del centro di Demodossalogia di Roma, la scienza che studia l'opinione pubblica (cfr. Vroons 2005: nota 44) promuovendo la conoscenza dei sistemi per influire su di essa e determinarne gli orientamenti.

Nel 1902 aveva pubblicato “Psicologia sociale”, considerato a livello internazionale uno dei primi volumi intitolato al tema (Pepitone, 1981). Il penultimo capitolo, “Per una psicologia del popolo italiano”,è un saggio di “demopsicologia” che fornisce gli elementi tipici dell’anima nazionale, di quell’italianità legata alla civiltà latina, considerata espressione di superiorità rispetto a tutte le altre civiltà.

Questo tema troverà sviluppi successivi nel pensiero di Orano che nel 1910, fonda la prima rivistaitaliana antisemita "La Lupa", divenendo successivamente uno degli esponenti di spicco della teoria razziale fascista (cfr. Orano, 1937; De Felice, 1965; 1981; Re 2010: p. 23).

Sul razzismo di Orano, già Gramsci aveva osservato, che accreditava “verità scientifiche” sulla presunta inferiorità biologica e incapacità organica dei meridionali (Gramsci, [1929-30]1975: p. 47 e nota: 2483, in Sensales, 2002, p. 78).Alcuni testi di Orano saranno poi legati alle teorie antisioniste prima– “Fisiologia del Cristianesimo” (1895, “Il problema del cristianesimo” (1898) divenuto successivamente “Cristo e Quirino” –e razziste poi – “Gli Ebrei in Italia” (1937) e “Inchiesta sulla razza” (1939).

Intanto nell’Italia fascista…..

Il 15 luglio 1938 viene pubblicato su Il Giornale d'Italia il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza con il titolo “Il fascismo e i problemi della razza”.Esso anticiperà di poche settimane la promulgazione della legislazione razziale fascista (settembre-ottobre 1938). E’ firmato da alcuni dei principali scienziati italiani, tra i quali Orano, divenendo la base ideologica e pseudo-scientifica della politica razzista dell'Italia fascista.

Nel testo del 1939“Inchiesta sulla razza” Orano legittima la politica razzista fascista quale risposta “simile a quella espressa dagli ebrei che, nei loro scritti e nei discorsi, ribadiscono ostinatamente la loro diversità e il loro ruolo di popolo privilegiato” (cfr. Cicogna, 1996-97, p. 263)

Per quello che riguarda l’opinione pubblica Orano nel 1939 la indicava come oggetto di scienza : “una potenza con la quale il potere di governo, il regime politico, deve trattare e alla quale può anche soccombere” (p. 20).E a proposito della sua relazione con il potere politico così si esprimeva:“…il potere politico deve prevalere su quello della stampa e cioè delle opinioni che abbandonate a loro stesse vanno alla sfrenata presunzione d’essere la finalità medesima dell’esistenza della società e del potere”. (Orano, 1939, p. 38)

Sempre nel 1939, ad opera dello stesso Paolo Orano e del suo allievo Federico Augusto Perini-Bembo, si inaugura il Centro di Demodossalogiadella Sapienza (Centro studi e indagini sull’opinione pubblica), primo centro di studi sull’opinione pubblica in Italia.

Tornando alla psicologia della razza

Mario Francesco Canella e la psicologia della razza. Naturalista e medico; liberodocente in Anatomiacomparata e Antropologia,incaricato di “Biologia dellerazze” all’Università di Ferraradal 1938 al 1943, redattore epoi direttore de la «Rivista dipsicologia», autore di “Principidi psicologia razziale”, (1941)Mario F. Canella (1898-1982)

Canella metterà a punto un concetto di razza umana dinamico e plastico che richiedeva per questo una politica di difesa della razza destinata “sull’esempio dell’Italia e della Germania, a diventare la preoccupazione massima di tutte le nazioni civili” (Canella, 1939, p. 195). La sua concezione della razza, fondata su basi biologiche che legittimavano una gerarchia razziale, era volta a cristallizzare posizioni di status e potere tutte a favore delle razze bianche, rispetto alle razze “colorate” (cfr. Volpato, 2001)

Altro sarà il discorso relativo ai gruppi europei:gli psicologi della razza italiani si trovarono a dover combattere il mito della superiorità delle razze nordiche su quelle mediterranee. Formularono così due diverse argomentazioni: da una parte Canella sosterrà la similarità tra nordici e mediterranei, attribuendo le sfumate differenze a fattori ambientali; dall’altra Pende (1880-1970) invocherà il concetto di “stirpe”, fondato sul mito della romanità, per sostenere una presunta superiorità italiana (Volpato, 2001, p. 102).

Infine rispetto al problema di caratteristiche psichiche propriamente ebraichela psicologia della razza italiana, a differenza di quella tedesca, e con alcune importanti eccezioni (cfr. Orano) non si pronunciò apertamente preferendo una sospensione di giudizio (Volpato, 2001) che tuttavia non impedì il diffondersi di forme di antisemitismo esasperato da parte della stampa quotidiana e periodica italiana (cfr. Ravenna & Roncarati, 2008; Volpato, 2013).

L’epilogo…all’insegna della discontinuità

Nel primo Congresso degli psicologi sociali tenutosi a Torino nel 1954 non ci saranno tracce del lascito di Orano sulla demodossalogia, come della sua psicologia della razza. Mentre rispetto a Mario Canella sarà messa in atto una strategia di riabilitazione che proverà a oscurare le basi della sua psicologia razziale legittimandolo come un fervente antifascista (cfr. Boscolo, 2008).

Angiola Massucco Costa 1902-2001Angiola Massucco Costa (1954) nella sua relazione di apertura del congresso“La psicologia sociale in Italia. Prospettiva storica” ignorerà completamente le tre forme di PS e il loro ruolo rispetto al fascismo

Si avvia così un’opera di rimozione che impedirà qualsiasi riflessione critica e autocritica, affacciatasi solo negli anni più recenti con la riscoperta di quelle psicologie perdute che nel bene – poco –e nel male – tanto –avevano contribuito a dare delle risposte alle esigenze politiche e culturali del Paese in uno dei suoi periodi più bui.