la nottola · 2017-02-20 · porto economico e tutti i ragazzi che si sono impegnati nella ... che...

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LA NOTTOLA febbraio 2017 #SPETTACOLO #RUSSIA #INTERVISTE #ANNOALLESTERO #DONNE

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L A N O T T O L Af e b b r a i o 2 0 1 7

#SPETTACOLO #RUSSIA #INTERVISTE #ANNOALLESTERO #DONNE

ringraziamo gaia grasselli e beatrice

baldini per la direzione del giornalino

scolastico; dimitri corradini e giorgia di

tria per l’impaginazione; la preside fer-

raroni per la supervisione del progetto;

Il domani aps, armando’s e k2 per il sup-

porto economico e tutti i ragazzi che si

sono impegnati nella realizzazione de

“la nottola”..

LA NOTTOLA, feb 2017chi è quello in copertina?

FACILE! lui è tonio, lo stu-

dente medio dell’ariosto spal-

lanzani. Tra una versione e

alcune disequazioni legge

“la nottola” per distrarsi

un po’ :)

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ciao a tutti gli studenti dell’Ariosto Spallanzani!E’ finito il primo quadrimestre, che sollievo! Anche noi della Nottola ci siamo trovati alle prese con la consueta massa di studio, e abbiamo deciso di prender-ci una piccola pausa durante il mese di Gennaio. Ma ora è Febbraio e siamo tornati con un argomento frizzante, un argomento in apparenza distante ma che tocca in realtà tanti aspetti della vita: lo spettacolo! Dalla politica al fem-minismo, fino all’esperienza dell’anno all’estero, abbiamo pensato a un numero di ampio respiro, dedicato a temi attuali di grande interesse.

Buona lettura!

La direttrice,Gaia Grasselli VC scientifico

indice !

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indice !

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6. il teatro e la vita12. lo schiaccianoci14. il mondo in vetrina 18. desidero lo stesso per loro 22. un anno negli usa 26. mosca e san pietroburgo 30. pallacanestro reggiana 32. studio 36. Letteratura liceale

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il teatro e la VITA

INTERVISTA a monica morini

-DOSSIER-DI vittorio chieli, i b CLASSICO

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coinvolgenti, forti, profonde: sono queste le storie che Monica Morini, attrice e regista reggiana, donna di spettacolo affermatasi da tempo nel panorama nazionale italiano, ama portare in scena ed è con questi rac-conti di donne e di uomini, spesso attuali o che comunque hanno mol-to da dire anche a noi oggi, che lei sa far viaggiare il suo pubblico. Un pubblico di tutte le età, affascinato dalla sua capacità di renderti partec-ipe delle vicende che interpreta sul palco e che ti sarà difficile dimenti-care.

Abbiamo avuto il piacere di vedere Monica Morini all’opera, insieme al direttore artistico dei Teatri di Reg-gio, Gabriele Vacis, durante la Notte del Liceo Classico, da poco svoltasi presso il nostro istituto (del quale, tra l’altro, è stata allieva), e nell’occasione le abbiamo rivolto alcune domande. A lei un grazie speciale per aver ac-cettato questo invito a condividere con noi pensieri, esperienze, emozi-oni.

Come è nata in te la passione per il teatro? Ci sono stati incontri spe-ciali che hanno influenzato la tua

scelta di intraprendere un percorso artistico? La tua formazione al liceo Classico ti ha aiutato in questo?La vita ha modi curiosi per rivelarci chi siamo. Il destino può bussare alla nostra porta grazie al consiglio di un docente che vede in noi ciò che è an-cora invisibile a noi stessi. Io sono stata fortunata. Ero piccola, facevo la terza media e i corsi di teatro non erano tanti in città. Ma l’Assessorato alla Cultura quell’anno ospitò artisti internazionali come Pierre Bylan, Hanna Danan Alexandre, la Galante Garrone. Io partecipai a quei cor-si serali grazie all’indicazione del mio docente di Storia dell’Arte. Fu un’esperienza entusiasmante. wAl liceo la compagnia teatrale, guidata da Alberto Cottafavi, fu allenamento indimenticabile sui classici come Ce-chov, Shakespeare, Goldoni, Piran-dello. L’appuntamento settimanale con il teatro era rito festoso, palestra del sentire e non solo del sapere. Un tempo tondo, galleggiante su tutto il resto.

Qui sono nate amicizie straordinarie, che ancora mi accompagnano. Fre-quentavamo tanto anche la stagione teatrale dell’Ariosto come spettatori

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affamati e curiosi. Il Liceo invece mi ha lasciato in eredità la fiducia e la cura per le parole, lo sguardo rivolto all’origine della cose, la cocciuta ricerca dei perché, la tenacia nello studio, lo sconfinato amore per la cultura greca da cui veniamo.

Puoi raccontarci le tappe principali della tua carriera?Cercare la propria strada vuole dire anche perdersi, e nessuna tappa nel cammino è inutile. Sono laureata in Lettere Moderne a Bologna, l’amore per la letteratura mi ha accompa-gnato sempre, rendendo solidi i processi di ricerca e scrittura dram-maturgica anche dei testi teatrali che scrivo.

Ho lavorato in Italia, in Francia, In-ghilterra, Canada e Stati Uniti, con il Teatro delle Briciole e il Teatro Gioco Vita, prendendo lo sguar-do dell’infanzia come guida ed es-plorazione del mondo. Il regista e narratore Molti maestri ho cercato e incontrato, attraverso stage, labo-ratori, scuole di teatro. Letizia Quin-tavalla e Antonella Talamonti sono due artiste che per il teatro e la mu-sica mi hanno aperto porte e visioni fondamentali. Tutta questa ricerca

Tutta questa ricerca parallela agli studi mi ha formato.Poi nel 2003 con Bernardino Bonzani abbiamo fondato il Teatro dell’Orsa, il primo spettacolo creato insieme ha vin-to un riconoscimento importante premio Scenario Ustica per il teatro civile e sociale che ha girato l’Italia, da allora non ci siamo più fermati, Qualcuno chiama il teatro che fac-ciamo “teatro civile”. Civile è la fatica del vivere sentendosi parte di ciò che c’è, civile è l’ascolto del passato e la tensione a costruire futuro insieme, dando valore alle parole, ai fatti, al sentire sommerso. Civile è l’ascolto di storie che hanno perso la voce.

Siamo quasi sempre autori dei testi che abitiamo sulla scena. Veniamo da esperienze che ci hanno addo-mesticato ad usare le mani, il cuore, la testa, in un fare che si traduce nella conoscenza della macchina teatro.

Poi c’è il lavoro di ricerca sull’arte del narrare e l’ascolto dell’infanzia. Da lì viene un altro ramo fondante del nos-tro lavoro. Reggionarra ,che curo da più di 10 anni, è stata un’esperienza rivoluzionaria. La narrazione che nutre genitori e bambini, che div-enta progetto della città, invade le

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più di 10 anni, è stata un’esperienza rivoluzionaria. La narrazione che nutre genitori e bambini, che diventa progetto della città, invade le piazze, i teatri, i cortili, diventa festa ma an-che allenamento alla vita grazie alle storie. Oggi conduco, con Bernardi-no Bonzani e Antonella Talamonti, il Bando internazionale per giovani Narratori che apre al futuro in col-laborazione con Reggio Children.

Poi il lavoro sul presente ci ha con-dotto all’incontro straordinario con i giovani rifugiati. Ne è nato uno spettacolo, “Questo è il mio nome”, esito di un denso percorso artistico e umano compiuto insieme ai rich-iedenti asilo provenienti da Sen-egal, Costa d’Avorio, Mali, Nigeria e Gambia. Nella Carta del XII secolo dei cacciatori del Mali si dice: “Ogni vita è una vita, ogni vita vale”. Ecco, un canto antico viene dall’Africa e ci ricorda, prima della nostra Carta dei Diritti dell’Uomo, che non esistono vite di seconda categoria. I giovani che abbiamo incontrato e che cal-cano la scena vengono dall’Africa sub-sahariana, hanno camminato i deserti, hanno attraversato i mari, sono Odissei che cercano un’Itaca chiamata vita. Chi vuole ascoltare il

loro canto può comprendere la ric-chezza di un sentire che ci dice uo-mini di pari dignità, gonfi di desideri e slanci verso la felicità. A differenza dell’informazione, il teatro svela un patrimonio di storie che apre non solo al sapere, ma al sentire. E cam-bia lo sguardo.

Quali sono le tematiche che prefer-isci affrontare nei tuoi spettacoli?Il mito, il rito, la fiaba sono le tre strade maestre che percorro oggi. Dentro sta l’eredità dei classici. La memoria antica ma anche l’immaginazione, il selvaggio scatenamento della fanta-sia così come la intendevano W. Ben-jamin, e forse Rodari. Una vocazione all’infanzia e alle storie. Poi la pas-sione civile, ai valori della Costituzi-one, la necessità di tradurre l’oggi, dar voce al cambiamento epocale che stiamo attraversando, con le migrazi-oni, la necessità del riconoscimento della dignità di ogni uomo e donna. È un cammino lungo che mi lega ad Antigone e alle grandi antenate dis-obbedienti. Mi fa ascoltare le storie delle donne che hanno cambiato la storia e pur rimangono invisibili nei libri che studiamo. A marzo sarò in scena con due nuove produzioni: “Fuochi, da Antigone a Malala”, e un

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altro spettacolo vincitore del bando nazionale “Create with Open Data” che traduce in forma narrativa, musicale, poetica gli open data1 delle città. A maggio con “L’Alveare delle Storie” saremo al teatro Valli, all’interno di Reggionarra.

Che consigli puoi dare ai ragazzi che intendono avvicinarsi al mondo del teatro?Nel teatro abbiamo bisogno di una curiosità famelica, s’impara il teatro, non solo facendolo ma cercando il teatro degli altri. Cercare e vedere molte forme di rappresentazione.

Incantarsi. Tutto ci forma, ci nutre, ci scompiglia, sposta le certezze, ci mette in bilico, ci mostra le contrad-dizioni, ci commuove e ci muove al cambiamento. Lo sguardo del tea-tro ci allena alla vita.. Perderemo e guadagneremo qualcosa lungo la via. Alla fine saremo diversi. In ogni caso iscriversi a un corso di teatro è un rischio che possiamo correre, se vogliamo capire meglio chi siamo. Non occorre diventare attori per ca-pire che il teatro è anche una forma di terapia, e una possibile strada ver-so la felicità.

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LO SCHIACCIANOCI

-DOSSIER-

DI francesca mazzali, v d CLASSICO

un balletto senza tempo.

Il 4 gennaio sono andata a teatro, con alcune mie compagne di classe.Era da anni che volevo vedere ques-to spettacolo dal vivo; una volta re-sami conto con grande stupore che avevo visto solo la versione Barbie della storia, quando andavo alle el-ementari.

Come sempre, per godersi uno spet-tacolo sono fondamentali, a dire poco, i posti.Avevamo preso i bigli-etti scontati per gli studenti e quindi siamo finite in balconata nel quarto ordine.Dirò soltanto che la visuale non era il massimo, dato che metà del palco era coperto da riflettori.E questo ha un po’ rovinato la magia del balletto.

Intendiamoci, costumi, ballerini, coreografie erano meravigliosi.A partire da giocattoli in formato gi-gante fino ad arrivare al duoteiera-

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tazzina versione “La bella e la bes-tia”, di sicuro Luzzati (per chi non lo sapesse, come me fino a dieci minu-ti fa, morto 10 anni fa: con questo spettacolo se ne festeggia la carri-era) non ci ha fatto mancare niente.I ballerini poi erano molto bravi, per quanto io capisca dell’argomento, e davvero sembrava scivolassero sul palco tanto erano aggraziati: ques-ta pia illusione era interrotta solo saluariamente quando si abbassava la musica e cominciavi a sentire le Eche botte!

Infine, le coreografie sono risultate molto suggestive, anche se ne ho viste la metà: davano davvero l’impressione di passare da sogno a realtà senza fatica.In conclusione, mancava Roberto Bolle.. ma non si può avere sempre tutto e a parte uno spiffero qua e là (il Valli in effetti ha i suoi annetti, anche se li porta bene), posso dire che è stata una serata fi-abesca.

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il mondo in vetrina

la politica dello spettacolo

-DOSSIER-DI francesco nitrosi, iii b SCIENTIFICO

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Arriva Trump e nessuno vuole can-tare per lui. L’imbarazzante caccia alla rockstar per l’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti e all’opposto il commovente evento organizzato per l’addio di Obama sono la dimostrazione di una carat-teristica dell’America contempora-nea: tutto è spettacolo. Anche, anzi soprattutto, la politica.

Quello che succede in America può essere spiegato e letto con un libro edito dieci anni fa in Italia, scritto dal sociologo reggiano Vanni Code-luppi : La vetrinizzazione sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società. Un libro che analizza il fenomeno della spettacolarizzazione ossessiva, che caratterizza ormai tutti gli ambiti della società occidentale e che vede l’America come l’esempio migliore.

Ma a che serve spettacolarizzare tut-to? A vendere, ovviamente. Un pro-dotto come una proposta politica. Lo spettacolo, come la vetrina, spiega Codeluppi, deve colpire immediata-mente il passante, farlo specchiare in ciò che si mostra, aumentando l’immagine della merce. Ecco perché soprattutto in America politici , star

tv o del cinema, personaggi sportivi, grandi manager si mostrano al pub-blico con una spettacolarizzazione di se stessi. L’obiettivo, spiega il so-ciologo Codeluppi, è sedurre. Con la spettacolarizzazione si seduce. L’America trasforma in spettacolo il suo modello di vita, da sempre. Pen-siamo al cinema di Hollywood o alle serie tv. Seducendo con uno spet-tacolo di se stessa propone a tutto il mondo l’American way of life.

Il processo di vetrinizzazione, spi-ega ancora Codeluppi, nel suo libro, costruisce un’identità sociale basata sui valori delle merci. La merce può essere sostituita oggi con un modello politico, economico o sociale. Guar-diamo gli esempi che ci derivano dalle fiction tv, come quelle della Disney sugli adolescenti (da Jessiead Austin & Ally), che descrivono e danno vita a modelli molto ameri-cani e molto spettacolarizzati.

Persino Big Bang Theory trasforma in spettacolo un modello america-no, quello dei giovani scienziati che coabitano, vivono nelle università californiane, sono multiculturali e hanno relazioni complicate che nel-la serie diventano di vita ordinaria.

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che non vero, ma come lo si dice. Il rischio è che anche il confine tra re-ale e immaginario scompaia.

Ma se prima lo know how dello spet-tacolo era utilizzabile solo da famosi comunicatori esperti di psicologia sociale e fenomeni di massa, ora ci troviamo di fronte ad un fenom-eno collettivo che riguarda tutti noi: l’identità di ognuno di noi passa sempre di più dalla nostra capacità di crearci un personaggio e saperlo vendere. L’effetto nella politica è an-cor più pericoloso: si vota pensando che il modello proposto sia vero e realizzabile, non si tiene conto della realtà o della complessità delle cose da risolvere, delle leggi che esistono o dei trattati internazionali. Si finisce col credere a ciò che viene proposto e messo in vetrina, guidati, come consigliatoci, dalla pancia.

Con internet e i social network in particolare poi la vetrina è person-alizzata e libera, alla portata di tutti, con grandi opportunità per chi vuole manipolare le opinioni introducen-do personaggi o modelli finti nella rete. Ognuno di noi oggi nei social si mette in vetrina, si propone come modello o segue modelli postando foto o messaggi. Il reale e la fantasia (cioè lo spettacolo) sono mescolati e senza confini precisi. Anche questo aspetto nasce in America con Facebook che guarda caso esporta il modello della vetrina personale virtuale in tutto il mondo . Il pericolo però è dietro l’angolo.

La realtà messa in scena, avverte il sociologo nel suo saggio, diventa più vera del vero proprio perché filtrata dalla televisione. Ciò che conta non è ciò che si dice, che può essere an-

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DESIDERO LO STESSO PER LORO

il femminismo e la nostra società

-ATTUALITà-DI BEATRICE BALDINI, Iv B CLASSICO

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Sembra che il 2016 appena passato si sia ormai attirato la reputazione di anno inquieto, turbolento e pieno di sorprese; tra i fronti in movimento, merita attenzione quello della lot-ta alla violenza sulle donne. L’anno passato è stato segnato da una serie di movimenti, marce, proteste in ris-posta ai troppi episodi di molestie o addirittura uccisioni ai danni di vit-time che avevano, come unica colpa, quella di essere donna. Diciamocelo: era ora che il mondo femminista si facesse sentire. Queste prese di po-sizione significano anche una presa di coscienza e una consapevolezza dell’importanza dell’argomento. Ep-pure, i crimini non si fermano, men-tre non manca chi giudica le mani-festazioni eccessive. È possibile far valere le ragioni della parità dei sessi senza essere giudicati come femina-zi?

Innanzitutto, numeri alla mano, nell’anno passato sono state registrate in Italia 120 uccisioni di donne, oltre a una serie ben maggiore di episodi di stalking, molestie, stupri e vio-lenze, quasi sempre domestiche, che sembrano continuare la tradizione anche nel 2017 - l’ultimo caso, lo sfregio dell’ex miss Romagna 2016.

Le speculazioni fatte dai giornalisti identificano spesso un raptus di ira a origine del folle gesto; spiegazione attendibile, ma impossibile da appli-care a ogni evento.

Agli antipodi sta la discussa po-sizione della regista Margaret Laza-rus, giunta a definire la nostra unac-ultura dello stupro. L’unica certezza è che le violenze non sono che la punta di un iceberg e alla loro base vi sono una serie di ragioni sia psicologiche che sociali. Perché è vero, noi non insegniamo lo stupro ai nostri bam-bini. Tuttavia tanti insegnano loro che i maschietti sono forti mentre le femminucce sono graziose e obbe-dienti; regalano pupazzi di supereroi ai primi e cucine giocattolo alle al-tre; chiamano il figlio campione e la figlia principessa. Comportamenti che, insomma, conferiscono ad un genere un sottile carattere attivo e all’altro un carattere passivo

Nulla di intenzionale, nulla che con-danna il futuro di un uomo o di una donna, eppure questi atteggiamenti sono gli stessi della cultura patriar-cale che voleva la donna obbediente all’autorità del padre o del marito. Si tratta di un pensiero sessista, per

cui un uomo e una donna hanno naturalmente capacità e destini di-versi. Conseguenza: per secoli il ruolo della donna è stato relegato all’interno delle mura domestiche, rimanendo per forza di cose subor-dinato alla parte maschile, che si era autoassegnata l’istruzione, il lavoro e il reddito migliore. La moderna rivoluzione dell’indipendenza delle donne è qualcosa che molti non san-no ancora accettare, lo testimoniano le violenze ma anche le ingiustizie sociali come il fatto che un uomo e una donna vengano retribuiti in modo diverso per lo stesso lavoro.

Di certo gli stereotipi non facilitano il compito e l’elemento più inqui-etante è che siano molte donne a dif-fonderli in prima persona, trattando maschi e femmine in modi diversi, come nell’esempio dei bambini di cui sopra. Si tratta del sessismo benevo-lo, l’attribuzione ai due generi di car-atteristiche stereotipate, mascherate da complimenti: il fenomeno che ci fa dire frasi come ovvio che lei abbia preso un voto più alto di lui, le raga-zze sono più portate per lo studio... vedrai che lui sarà più bravo a edu-cazione fisica.

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Tutti questi processi psicologici non giustificano la violenza, ma sem-brano autorizzare un uomo a consid-erare la partner come sua e a reagire violentemente quando lei si oppone. È la dinamica alla base dello stupro, così come della vendetta su una ex, fino ai banali ma avvilenti fischi per strada: una sensazione di superiorità. Anche il comportamento dispotico di un fidanzato che controlla cos-tantemente la donna è spesso causa-to dalla paura che lei diventi troppo libera e indipendente rispetto a lui.

Le manifestazioni che hanno seg-nato il 2016 non significano dunque un segno di odio verso gli uomini, piuttosto una protesta verso la cul-tura sessista che è causa di relazioni disparitarie. Il femminismo è aper-to anche agli uomini, come quello della foto, immortalato durante una marcia con un cartello che recita: sono seminudo, circondato dal ses-so opposto, ma mi sento protetto, non intimidito: desidero lo stesso per loro. È il concetto della parità e dell’uguaglianza quello per cui vale la pena di lottare: insieme alle marce, un buon inizio sarebbe anche trat-tare maschi e femmine allo stesso modo, soprattutto da giovani.

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UN ANNO NEGLI USAINTERVISTA A VALENTINA SERRI

-ANNO ALL’ESTERO-DI BEATRICE BALDINI, Iv B CLASSICO

valentina Serri,che frequenta la VC della sezione classica ,ha avuto la possibilità di vivere e di studiare negli Stati Uniti per un anno. Ha rilasciato volentieri al nostro gior-nalino un’intervista sulla sua espe-rienza all’estero. Buona lettura!

1-Com’è stato il primo impatto,una volta arrivata in Texas? L’impatto iniziale è stato positivo,soprattutto quello delle prime due settimane. La mia prima famiglia si è poi rivelata inadeguata per vari motivi,ma inizialmente si è dimostrata molto amorevole,gentile e disponibile. Si sono adeguati grad-ualmente alle mie esigenze. Poi tutto mi sembrava spettacolare,enorme,gigante in confronto all’Italia. Mi hanno colpito le autostrade con 8 o 9 corsie e le pianure immense. Inizial-mente era tutto simile al Paese dei Balocchi. A scuola le cose,invece,si sono un po’ complicate.

2-Come sono le scuole americane? Quali sono le differenze con quelle italiane? La mia scuola era immensa:c’erano più di 4000 studenti,10 volte il clas-sico, forse. C’era talmente tanta

gente che non riuscivi a conoscere nessuno. Era come essere dentro a un frullatore di persone che parlano dieci lingue diverse,perché Houston è comunque una città multiculturale. Quindi,camminando nei corridoi,si sentiva della gente che parlava in cinese,in arabo,in spagnolo,in franc-ese...Per me era davvero troppo!

Comunque mi sono abituata alle lezioni in poco tempo. C’è la possi-bilità di scegliere 7 materie,tra cui 4 obbligatorie. Nel mio anno erano inglese,storia americana,algebra e un corso di scienze a scelta,nel mio caso anatomia. Per quanto riguarda,invece,le materie facolta-tive ,ho scelto danza,francese e sto-ria dell’arte. Si può scegliere anche il livello dei corsi:io ho fatto l’errore di scegliere un corso di storia americana troppo complicato per le mie cono-scenze linguistiche non “all’altezza”.

Poi a Novembre ho cambiato sia scuola che famiglia e tutto è migl-iorato. Nella mia nuova scuola c’era molta più apertura mentale e gente disposta a conoscermi.

3-Durante la tua permanenza,hai

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proposte. Ho trovato tanta vuotez-za nei discorsi e tanta ipocrisia da parte di chi ascoltava. Si criticavano le persone,non le idee proposte. Non ho comunque ancora capito la vit-toria di Trump,visto che tutti erano contro di lui. Per il Texas il discorso è un po’ diverso:qui sono tutti repub-blicani e non avrebbero mai votato Hillary,nonostante Trump. -

4 Alcuni fatti,alcuni oggetti ti han-no ricordato dei film americani? Sì,infatti sono moltissime cose iden-tiche ai film. Il mio arrivo a scuola è stato effettivamente come ritrov-arsi in un film. Anche la storia degli armadietti è vera:per almeno due mesi non sono stata capace di apr-ire il mio. In seguito ho chiesto aiu-to e mi hanno spiegato il meccan-ismo (nello specifico bisogna “darci un bel colpetto e poi si apre”). Poi c’erano le cheerleader,i giocatori di football,quelli di basket... ma anche i club di scacchi!

Io ho partecipato a tantissimi pro-getti di volontariato per bambini e ragazzi disabili. L’associazione si chi-amava “Best Buddies” e ognuno di noi aveva un Buddy,cioè un ragazzo da affiancare durante il pomeriggio.

avuto la possibilità di vedere da vicino lo svolgimento della cam-pagna elettorale. Come hai vissuto quest’esperienza? Potrei parlartene per più di tre ore. Secondo me è stata un’esperienza che mi è servita tantissimo,perché ho capito come il popolo americano sia suscettibile e incline ad ascoltare i pareri altrui. Ho potuto vedere dei bambini che ripetevano come pappagalli ciò che sentivano in casa dai genitori. Poi c’erano dei miei compagni di classe che non sapevano fare 2+2 ,ma erano in grado di dire:”Obama ci ha rovinato la vita” . La campagna elettorale era seguita da tutta la popolazione,non solo dagli adulti,come magari qui in Italia,dove i giovani che seguono la politica tendenzialmente sono pochi.

Ci sono tantissimi programmi sulla politica,sulle campagne elettorali:io e la mia mamma ospitante guardava-mo sempre il Late Show di Colbert,un programma molto divertente,ma cheprendeva sempre per i fondelli i vari personaggi politici. Però nei dibattiti si sentiva solo quello che la gente voleva sentire,non si dicevaciò che si pensavarealmente. Insomma,è

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petto molto strano,anche perché molti adulti mi domandavano,forse a causa del tipo di educazione del mio paese:dzMa hai davvero l’età che dimostri?dz. Allo stesso tempo,però penso che sia buono il fatto che insegnino a portare ris-petto alle persone più grandi. C’è la cultura del padre di famiglia,del pa-dre e della madre come persone da rispettare,cosa che in Italia non suc-cede. Io,per esempio,ho sempre con-siderato i miei più come amici che come genitori.

7- Consiglieresti questa esperienza? Assolutamente, perché forma un bagaglio culturale grandis-simo. Inoltre ti insegna ad essere più indipendente e a vincere la timidezza,perché se non la vinci,non riesci a vivere in un mondo che non è il tuo. La lingua si impara,anche se Dzsgrammaticatadz. Poi si conosce un’altra cultura e capisci il mondo. Io sono tornata in Italia con una mentalità completamente diversa e con priorità diverse. Io non mi iden-tifico più con la persona media,non parlo di te Fra, che ha come inter-essi divertirsi o uscire. Sono ritor-nata in Italia già proiettata verso il futuro,verso l’università.

Ovviamente è stata un’esperienza molto bella.

-5 Gli americani hanno dei precon-cetti nei confronti degli italiani? Esistono dei luoghi comuni legati al nostro paese?

Appena dici la parola DzItaliadz loro dicono “pasta”, ”pizza” e “ma-fia”. Credono che noi,pur parlando in italiano,pensiamo in inglese e che l’Europa sia come l’America, cioè un paese diviso in piccoli stati. Gli adulti vedono nel nostro paese il sogno da coronare durante la vecchiaia,una casa in Toscana per intenderci.

6- Cosa ti è piaciuto/cosa non ti è piaciuto in generale? Non mi è piaciuta la mentalità:sec-ondo me gli americani sono molto chiusi, molto “caproni”, molto bigot-ti. La società americana è la società dei consumi:se uno ha una cosa,la devono avere tutti. Inoltre c’è trop-po gap tra gli adulti e i bambini/ra-gazzi, che vengono trattati in modo troppo ingenuo. In Italia un ragazzo di 14 anni comincia già ad andare in discoteca,negli Stati Uniti a 14 anni, come anche a 20,invece, ti chiamano ancora “kid”;ho trovato questo as-

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mosca eSan pietroburgo

10 cose da vedere nelle capitali del mondo russo

-viaggi-di beatrice baldini, iv b classico

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Mi sono permessa, per questo nume-ro, di prendere il posto della nostra giornalista abituale, per cercare di raccontarvi delle due principali città della Russia. Mosca e S. Pietroburgo non potrebbero essere più diverse: una ha ospitato letterati come Dos-toevskij e Tolstoj, laltra è una mega-lopoli dinamica e tipicamente russa. Dunque non risponderò allimman-cabile domanda ma qual è la più bel-la?, ma cercherò di darvi un assaggio delle loro meraviglie.

1-Il palazzo dell’ErmitageChi visita S. Pietroburgo non può perdersi questo museo. Oltre a essere uno dei più forniti al mondo,èsituato nel palazzo che era la residenza dei Romanov: insomma, ovunque volgerete lo sguardo, rimarrete a bocca aperta. Le stanze splendenti, gli arredi e i lampadari trasportano il visitatore direttamente sul set di Anastasia͟... E, una volta ammirato ledificio in sé, avrete limbarazzo della scelta fra i quadri degli Impressionisti, di Van Gogh, di Matisse e molti altri.

2-La residenza di Caterina la Grande a Puskin

Questo palazzo lo conferma: Cate-rina era davvero una grande donna. Si trattava infatti della sua residenza estiva e, a mio parere, non ha nulla da invidiare a regge come Versailles. Fuori è uno splendido palazzo clas-sico, allinterno si susseguono una serie di sale da ballo e stanze ricca-mente decorate e ornate da ritratti. A togliermi il fiato è stato però la Cam-era dAmbra, al centro del palazzo: una stanza dalle pareti interamente rivestite di ambra del mar Baltico, di ogni colore, prezioso dono del re di Prussia allo zar.

3-I giardini di Peterhof

Il palazzo di Peterhof era la residenza estiva di Pietro il Grande, lo zar a cui si deve la fondazione della stessa cit-tà e che ha voluto creare un giardino alla francese degno di un regnante ... Tuttavia, in un parco così grande, non si trovano due fontane uguali:

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alcune sono monumentali, fra cui limpareggiabile Grande Cascata di fronte al palazzo, altre imprevedibi-li, come quelle che si azionano cam-minando su alcune mattonelle e che vanno a colpire i turisti seduti sulle panchine.

4-La fortezza dei Santi Pietro e Paolo

S. Pietroburgo è stata fondata pro-prio come fortezza, perciò visitare questo complesso significa acce-dere al nucleo originario della città. Da non perdere la cattedrale, la cui guglia svetta sul resto degli edifici.

5- La gita in battello sui canali Dato che S.Pietroburgo è attraver-sata da una serie di canali navigabili, una gita in battello permette di am-mirare quasi tutta la città, per poi giungere nel possente fiume Neva. Lelemento delizioso di S.Pietroburgo è che nulla è lasciato al caso, i pal-azzi sono tutti simili per stile e vi-

perare mai laltezza del palazzo dello zar...

6-La Piazza Rossa

Una volta giunti a Mosca, non si può tralasciare la visita alla Piazza Rossa, nome che in russo significa Piazza Bella e, parola mia, è decisa-mente calzante. Attorno alla piazza gravitano una serie di chiese (fra cui la famosa cattedrale di S. Basilio), le mura del Cremlino, il mausoleo di Lenin, vari musei e i grandi maga-zzini GUM: un insieme eterogeneo di edifici – in cui il rosso prevale – che, soprattutto la sera, assume unatmosfera a dir poco affascinante. In ogni caso, il GUM è anche un ot-timo centro per lo shopping.

7-La Metropolitana

Quello che nelle altre città è un sem-plice mezzo di trasporto, a Mosca di-venta una vera città sotterranea. La metropolitana moscovita si estende per chilometri e ogni stazione è resa preziosa da mosaici, dipinti o statue, collegate al nome della stazi-one e che riflettono ciò che si trova

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in superficie. Il mio consiglio è di perdervi volentieri in questa città parallela.

8-Il Cremlino Nessun turista resta indifferente alle guglie dorate e alle rosse torri color-ate del Cremlino. Una volta entrati nelle sue mura imponenti, oltre-passati gli edifici sede del governo – fra cui la residenza di Putin – vi troverete nella piazza, straordinari-amente luminosa: qui si trovano le chiese dalle cupole dorate in cui si svolgevano le incoronazioni, i bat-tesimi o le sepolture degli zar. Non perdetevi i due elementi più curiosi della fortezza ... la campana che non ha mai suonato e il cannone che non ha mai sparato.

9-Il Monastero del Venera-bile Sergio A qualche chilometro da Mosca si

trova questo complesso di chiese, refettori, cappelle e residenze dei monaci: unenorme città fuori dal tempo, in cui dominano gli edifici colorati e le cupole a bulbo. Vale de-cisamente la pena di entrare nelle chiese, per non perdersi le icone e i mosaici che rivestono gli alti soffitti. Potrete anche prendere lacqua mi-racolosa del venerabile Sergiev, ma ricordatevi che il suo alto contenuto di ferro rende sconsigliabile berla..

10-.La vista dal colle dell’università L’edificio dellUniversità di Mosca è stato costruito sotto il governo di Stalin ed è stato una ben riuscita di-mostrazione di potere, tanto che lo stile ha meritato la definizione di Gotico Staliniano͟... A renderla un sito turistico è la splendida vista che offre dello skyline della città, un ot-timo modo per ricordarsi laspetto di Mosca in modo indelebile.

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BASKET

-SPORT-DI GIOVANNI MONTANARI, V B classico

TUTTI GLI AGGIORNAMENTI MENSILI

Sicuro come la morte e le tasse ec-covi il resoconto mensile sulla Pal-lacanestro Reggiana. La partita nu-mero 11 del girone d’andata vede Reggio impiegata a Varese, dove una brutta prestazione comples-siva dei biancorossi porta alla terza sconfitta stagionale (81-71). Il trend negativo continua nella trasferta di

Torino: con la Fiat i reggiani sono svogliati e fuori forma, privi anche della grinta per reagire, e il punteg-gio di 85-73 non rende giustizia alla brutta prestazione della Grissin Bon. Il periodo negativo sembra divenire un baratro profondo: Gentile e Della Valle sono infortunati, Lesic e James sono fuori forma e il resto della

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squadra è svogliata. Il 27 dicembre al PalaDozza di Bologna ecco Milano, prima in classifica: dopo un inizio disastroso (9 punti in 10 minuti), ecco la riscossa biancorossa, impet-uosa e potente; 36 punti nei secondi 10 minuti e un finale punto a pun-to portano i reggiani a vincere 91-87, dando a Milano la sua seconda sconfitta in campionato, anche gra-zie a un Aradori sublime (26 punti). La pur favolosa vittoria bolognese è un fuoco di paglia, tuttavia: a Pistoia i reggiani arrivano stanchi e nervosi, e arriva un altra sconfitta fuori casa

Il girone d’andata si chiude con la partita casalinga con l’ultima della classe, Cremona. Un inizio terribile e la stanchezza dovuta agli infortu-ni portano però al tonfo interno dei reggiani per 66-83, e chiude la Gris-sin Bon 4^ alla fine del girone di an-data con 9 vinte e 6 perse, venendo appaiata alla 5^, Capo D’Orlando, in coppa Italia (a Rimini a febbraio). Da segnalare l’addio di Delroy James, accasatosi in Turchia, e il ritorno di Rimantas Kaukenas dopo 6 mesi di ritiro. L’ex capitano rientrerà contro Caserta domenica 22.

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STUDIOcome migliorare il proprio metodo

-ORIENTAMENTO-

DI DARIO BIZZARRI, I B CLASSICO

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Ciao a tutti, vi sono mancato? Ok, forse no... Dato che l’argomento del numero di questo mese è lo spet-tacolo, mi sono dovuto adeguare, anche se a modo mio... No, non vi insegnerò come diventare star del palcoscenico (non è assolutamente il mio campo), anche se in un cer-to senso vi può aiutare a farlo, se è questo il vostro scopo; vi suggerirò alcuni trucchetti sempre inerenti a compiti e studio che vi permetter-anno di stare al pari con la scuola potendo ugualmente dedicarvi alla vostra passione. Come dite? Non fate teatro? Beh, in tal caso sappi-ate che questi consigli vi torneranno utili anche per lo sport. E se non fate nemmeno sport, allora... Perchè dia-volo avete preso questa copia de “La Nottola”?

1-Prima il duro del morbido

E no, non è parte della ricetta dei Twix ma una delle tecniche più utili per finire tutto in tempo per l’eventuale lezione di sport, danza, teatro o qualsivoglia attività extras-colastica alla quale siete iscritti, e consiste nel fare prima le materie più lunghe, difficili, noiose o fastidiose.

Il motivo? Semplicemente, sapendo dopo aver finito le cose più dure di avere ancora pochi compiti, la voglia di lavorare non diminuirà come nel caso contrario. Provate a immagin-are: odiate una materia e ve lalasciate per ultima, impiegando tutta la buo-na volontà che a volte può venire a meno più avanti nel pomeriggio con le materie banali,corte o divertenti, e avendo ancora una montagna di la-voro da svolgere; come credete che si sentirà il ragazzo in questione?

Si abbatterà, non avrà voglia di con-tinuare perchè sa che lo aspetta una (o più) materia che detesta, oppure lunga e noiosa ed è qui che gli sareb-be servito lo spirito di operosità. Per gli studenti meno determinati, un tale scoglio da superare potrebbe sp-ingerli alla decisione di non fare quei compiti, mentre per gli altri sarebbe una vera tortura.

Se poi vi aggiungiamo un ipotetico limite di tempo per una lezione o un allenamento, la depressione non può che aumentare. Ecco invece cosa succederebbe con questo me-todo: lo studente, una volta termi-nata la materia “nera”, sarà sollevato nel pensare che resta solo il meno

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del lavoro da fare, e la sua forza di volontà sarà rinnovata.

2-occhio alle distrazioni!

Se però la mole di compiti del gior-no comprende una ricerca, una relazione o un tema da stendere al-computer, le cose cambiano: molto spesso lo studente, durante il lavoro al computer è così attratto dall’icona di youtube, o da quella del suo gioco preferito, tanto vicino e accessibile, si lascia scappare la tanto agognata conclusione “Suvvia, che sarà mai? Soltanto cinque minuti non potran-no certo rovinare il lavoro...” ed ecco qui l’errore, perchè a quei cinque minuti spesso ne succedono altri cinque, e altri, e altri ancora, sempre supportati da quel “che sarà mai?”

Certo, non sempre è possibile re-sistere a questo supplizio di Tantalo (anzi, quasi mai!), ma basta fare un piccolo strappo alla scorsa regola e mettere il lavoro a computer per ul-timo, in modo che la famosa forza di volontà gli permetta di resistere alla tentazione sapendo che non gli rimane molto tempo da attendere per potersi godere il relax. C’è però

chi dice che così diminuisce la qual-ità del lavoro perchè, venendo termi-nato in fretta e furia, non è stato ben curato. Ecco, io mi permetto di obi-ettare dicendo che la cosa dipende dallo studente in questione: spesso, per gli alunni diligenti si prova un certo senso di colpa nel svolgere un compito velocemente per potersi rilassare, e questo comporta un rip-ensamentoche condurrà a terminare il compito per bene, e poter godere del tanto reclamato di riposo senza pesi al cuore. Ci sono poi quegli alun-ni che darebbero di tutto per potersi togliere quel fastidio dei compiti e rilassarsi fregandosene della scuola, ma per quelli posso solo dire che ci vuole un po’ di voglia di lavorare; do-potutto, sono solo un pezzo di carta colorata!

3-a volte ritornano...

tecnicamente, in questo numero ci saranno solo i due consigli che avete già letto, perchè c’è sempre quello che prende “La Nottola” un giorno sì e un giorno no, e i consigli trat-tati nell’articolo di due mesi fa sono fondamentali, integrati con questi, per riuscire a farcela con scuola e

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e attività varie, quindi ecco qua i più significativi:-non fare i compiti un giorno per il successivo, ma fare tut-ti i compiti che vengono dati quello stessogiorno, anche se non sono per il giorno dopo;-studiare un po’ tutti i giorni (può tornare utile se il gior-

no dopo avete una verifica ma non volete rinunciare a svagarvi);-ma soprattutto, non lasciarsi prendere dal panico o dalla pigrizia quando si tratta di compiti.Noi ci ritroviamo al prossimo numero, sempre se avrò qualcos’altro da dirvi!

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17 maggio 2019

-letteratura liceale-

DI samuele teneggi, iii a CLASSICO

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Voglio avvisare il gentile lettore che alla fine di questa storia il nostro amato Giòrgin sarà – nel vero senso della parola – morto e deceduto come un tacchino su un tavolo (nel giorno del ringraziamento). Detto questo, mi sento pronto a in-iziare il mio racconto.

Era una giornata come tutte le altre, per il signor Giòrgin Salamoia, ones-to cittadino di classe sociale medio-alta e attivo partecipante della vita politica napoletana, ma ben presto anch’egli scoprì che quella sensazi-one di mancata straordinarietà nell’aria sarebbe in poco tempo venuta meno: egli si trovò infatti a disquisire con lo specchio del bagno di un bar per un rimasug-lio di insalata rimasto incastrato tra due dei molari della sua mas-cella superiore. Il bar vendeva solo caffè decaffeinati. Giacca e cravatta a doppio nodo, scarpe lucidate e infiocchettate con cura, capelli tirati all’indietro da un massiccio strato di cera, egli camminava silenziosamente verso il palazzo di giustizia. Quale strana co-incidenza – pensava nel mentre – ha mai potuto fare in modo che questa piccola creatura verde sia soprav-

vissuta al mio attento lavaggio dentale mattutino? E, pur contor-cendo la sua mente e memoria, non trovava una risposta.

Alla stessa ora, un vaso di medie dimensioni precipitava dal davan-zale della finestra dell’appartamento della signora Mariangela e si fran-tumava al suolo, spaventando un gatto nero con una macchia grigia sull’occhio sinistro. Raggiunto il palazzo di giustizia, Giòrgin, quella mattina, ebbe per caso l’istinto di incantarsi a guard-are la statua di rame rappresent-ante la dea Giustizia che calcava con la pianta del piede una mas-siccia bilancia pesapersone digitale.

La bilancia segnava 80 e rotti chili. Giòrgin si rese conto allora di es-sere fermo tra due strisce pedonali in mezzo alla strada. Improvvisa-mente nella sua mente balenò un ricordo ancestrale: egli si ricordò che da bambino giocava a saltare su quelle lunghe strisce bianche e che sbagliarsi significava per lui cadere in un lago di lava bollente. A quel ricordo Giòrgin si lascio scappare un sorriso, poi si spostò di un passo in avanti, sulla stris-

cia pedonale che lo precedeva e tra sé e sé sussurrò: “Sono salvo.” Come disturbato da quella distrazione, egli tornò a contemplare la sua statua.Il semaforo era verde. Nello stesso momento la signo-ra Mariangela si accorgeva del misfatto e si precipitava fuori dall’appartamento per assicurarsi di non aver fatto male a nessuno, ma, tranquillizzandosi nel vedere che non v’era anima viva nei paraggi, si metteva a raccogliere i cocci rotti. Il signor Giòrgin Salamoia ritornò in se stesso solo quando una macchina blu dall’aspetto strano gli sfrecciò a pochi centimetri dalla punta del naso e un’altra dal colore verde-marcio gli suonò il clacson ner-vosamente.

Pertanto pensò che la gente dei suoi tempi era troppo nervosa e finì di attraversare la strada. Nel palazzo di giustizia, Giòrgin detto anche George scrisse il suo nome a caratteri leg-gibili (come richiesto) su un docu-mento che non lesse, fece una firma su un altro ed entrò infine in tribu-nale. Il processo cominciò alle 10:44. Alle 10:45, la signora Mariangela si accorgeva che, nel raccogliere i cocci del vaso rotto, aveva lascia-

to sul marciapiede alcune righe che componevano, nel loro complesso, la forma di una stella. Credendo che fosse una coincidenza astrale, alle 10:46 immortalava l’immagine con una foto (che avrebbe tenuto visi-bile per ventiquattro ore su La Sua Storia di Snapchat) con la quale avvertiva il segno dell’ariete di stare attento agli amori da poco infranti.

Il cliente dell’avvocato Giòrgin Salamoia detto George arrivò con un ritardo di dieci minuti, causa un semaforo difettoso in via Do-menico Cirillo, e fu ripreso dalla corte giudiziaria, la quale non ac-cettò le sue scuse, essendo quello il decimo ritardo che commetteva. Tuttavia il processo si svolse re-golarmente, Giòrgin fu abile nel prendersi le difese dell’imputato, ma non abbastanza da evitare che il giudizio fosse rimandato alle set-timana seguente. Il suo cliente aveva il raffreddore. Tornando a casa, il signor avvo-cato inciampò in un gatto nero con una macchia grigia sull’occhio sinistro, spaventandolo, ma riuscì a non cadere grazie al sostegno di una bacheca su cui erano affissi alcuni manifesti.

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Uno di questi: “Ci ha lasciati sta-mane l’83enne Giòrgin Erme, lasciando la moglie e i due figli. Domani i funerali alle 14:45 nella chiesa di San Vito.”

Quella sera il signor Salamoia si guardò allo specchio e scoprì che quella che pensava fosse insalata, tra due dei suoi molari, era in verità un frammento di verza. Il giorno dopo, alle 14:34, comin-

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ciò a studiarsi le basi del discorso che avrebbe tenuto in tribunale la settimana successiva. Nello stesso momento, la signora Mariangela, accompagnata dai suoi due figli, si dirigeva nella chiesa di San Vito per i funerali di suo mari-to.

La foto che aveva postato su Snap-chat era scomparsa 3 ore e 48 minuti prima.

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GAIA GRASSELLI

BEATRICE BALDINI

GIORGIA DI TRIA

DIMITRI CORRADINI

SAMUELE TENEGGI

FRANCESCO NITROSI

DARIO BIZZARRI

FRANCESCA MAZZALI

FRANCESCA FAINA

VITTORIO CHIELI

ALICE GUALERZI

IL DOMANI