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LA LETTERATURA VOLGARE IN ITALIA – IL SECOLO XIII E LA
SCUOLA POETICA SICILIANAPROF. STEFANO MIANI
LA LETTERATURA IN ITALIA NASCE NEL
DUECENTO
sotto forma di poesia
SITUAZIONE POLITICA DELLA PENISOLA
Nella penisola italica non c’è un unico centro politico:
• Nella zona centro-settentrionale: comuni (ordinamento di tipo
repubblicano)
• Al centro: Stato della Chiesa (monarchia teocratica)
• Al sud: monarchie (prima Normanni, poi gli Svevi e infine
Angioini)
SITUAZIONE POLITICA DELLA PENISOLA
Dopo gli scontri tra impero e comuni nei secoli XI e XII, nel corso
del Duecento si acuiranno le tensioni interne ai Comuni e si
formeranno due grandi fazioni:
I guelfi e i ghibellini
Sostenitori: del Papa dell’Imperatore
SITUAZIONE LINGUISTICA DELLA PENISOLA
Ne consegue che, alla mancanza di un centro politico si ha una
mancanza di una lingua comune a tutto il territorio.
Si parla quindi di policentrismo linguistico.
SITUAZIONE LINGUISTICA DELLA PENISOLA
Nell’Italia centro-settentrionale, con l’affermarsi dei Comuni, si ha l’ascesa
di una nuova classe sociale, quella borghese-mercantile.
Il volgare, è una lingua «pratica», utilizzata principalmente per fini
commerciali.
Ogni comune ha il suo volgare, non si ha una lingua nazionale.
SITUAZIONE LINGUISTICA DELLA PENISOLA
Dante, che è stato il primo ‘‘linguista’’ della storia, in un’opera
intitolata De vulgari eloquentia(‘l’eloquenza della lingua volgare’)
• Cataloga ben 14 volgari
SITUAZIONE LINGUISTICA DELLA PENISOLA
Il successo del volgare fiorentino, e la sua progressiva ‘‘conquista’’ di
prestigio, avverrà nel corso del Trecento, grazie alle opere in versi e
in prosa dei tre maggiori scrittori del tempo: Dante, Petrarca e
Boccaccio.
Il fiorentino diventerà la base della lingua comune, ma si badi bene:
solo a livello letterario.
SOCIETÀ E CULTURA NELL’ETÀ COMUNALE
Con l’avvento della civiltà comunale la vita economica si sposta nelle
città.
L’attività principale diventa quella mercantile ed è sempre più
importante la figura del mercante.
SOCIETÀ E CULTURA NELL’ETÀ COMUNALE
Si passa da un’economia chiusa (quella feudale) a un’economia
aperta (fondata sullo scambio e sulla circolazione dei capitali)
SOCIETÀ E CULTURA NELL’ETÀ COMUNALE
Anche i nobili sono attratti dalla vita urbana e si trasferiscono nelle città, diventando essi stessi imprenditori.
Tra Due e Trecento:
fusione tra ceto mercantile e ceto nobiliare: lenta, graduale e non
senza difficoltà.
SOCIETÀ E CULTURA NELL’ETÀ COMUNALE
La struttura sociale di una città è così composta:
• Magnati
• Popolo grasso (professioni: giudici, notai, medici, ecc.)
• Clero
• Popolo minuto (bottegai, piccoli funzionari, ecc.)
• Lavoranti a giornata
• Poveri
SOCIETÀ E CULTURA NELL’ETÀ COMUNALE
Se nell’età feudale il valore cortese della liberalità caratterizzava i nobili,
la nuova classe borghese ha nella masserizia (il mettere da parte e
amministrare oculatamente i propri averi) il suo nuovo valore.
La Chiesa, dal canto suo, insegna al mercante che, se si sente in colpa nei
confronti di Dio per la troppa avidità e l’accumulo di ricchezze, può sempre mettersi a posto la coscienza con le
offerte.
SOCIETÀ E CULTURA NELL’ETÀ COMUNALE
Per quanto riguarda la cultura in senso stretto si assiste alla nascita di scuole e
università che tolgono il monopolio culturale alla Chiesa.
Nei cui monasteri si continua a copiare e produrre libri, non più solo in latino,
ma anche in volgare (soprattutto per le prediche al popolo).
SOCIETÀ E CULTURA NELL’ETÀ COMUNALE
La scuola:
Nasce per l’esigenza pratica dei mercanti di ‘‘saper scrivere e far di conto’’ utilizzando il
volgare.
In città esistono scuole tenute da religiosi, ma le famiglie facoltose preferiscono assumere maestri privati (precettori) per l’educazione
dei figli.
Nasceranno vere e proprie scuole laiche, anche a cura degli stessi Comuni.
SOCIETÀ E CULTURA NELL’ETÀ COMUNALE
Le università:
In origine è un’associazione privata di studenti e docenti.
È una corporazione: universitasdesigna l’associazione che
raggruppa la totalità di docenti e discenti.
SOCIETÀ E CULTURA NELL’ETÀ COMUNALE
Le università:
Col tempo queste associazioni possono essere istituzionalizzate
• Dal vescovo = Parigi
• Dal Comune = Bologna
• Dall’Imperatore = Napoli
SOCIETÀ E CULTURA NELL’ETÀ COMUNALE
Le università:
Quattro facoltà:
• Arti
• Diritto
• Teologia
• Medicina
Al termine laurea = corona di alloro
SOCIETÀ E CULTURA NELL’ETÀ COMUNALE
Le università:
Si impartivano gli insegnamenti in latino, lingua internazionale:
accorrevano discenti da ogni parte d’Europa per seguire gli
insegnamenti dei maestri più famosi.
LA LETTERATURA ITALIANA NASCE SOTTO FORMA DI POESIA
• 1224-26 Cantico delle creature di Francesco d’Assisi.
In area Umbra
PERCHÉ COSÌ IN RITARDO?
• Per l’influsso del latino
• Debolezza politica
LA LETTERATURA IN ITALIA PRENDE AVVIO DALLA DIASPORA DEI
TROVATORIche trovarono asilo nell’Italia settentrionale e,
soprattutto, in Sicilia, alla corte dell’Imperatore Federico II di Svevia:
• Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Italia: titoli ereditati dal padre Enrico, figlio di
Federico I detto il Barbarossa;
• Re di Sicilia: di cui era erede la madre, la normanna Costanza d’Altavilla.
FEDERICO II
L’Imperatore è uomo colto, poeta egli stesso, definito stupor mundi per le sue eccezionali doti.
Federico II, infatti:
•Dà impulso alla Scuola Retorica di Capua e a quella Medica di Salerno
•Fonda l’Università di Napoli
•Si interessa allo studio delle discipline filosofiche e promuove lo studio del Latino
•Scrive un trattato di falconeria in Latino e alcune rime.
SI PARLA DI SCUOLA POETICA SICILIANA (LA DEFINIZIONE È DI
DANTE)
perché tutti i poeti facevano parte della corte di Federico II di Svevia
(1220-1250).
LA SCUOLA POETICA SICILIANA
Si tratta di imitatori della poesia trobadorica che però non utilizzano più la lingua d’oc, ma un volgare siciliano
depurato, estremamente raffinato ed influenzato dal periodare latino: il siciliano illustre (l’espressione è di
Dante), .
Questo è un fatto importante perché la loro sarà la prima poesia d’arte in volgare italiano.
LA SCUOLA POETICA SICILIANA
NB: le loro poesie però non ci sono giunte nelle redazioni originali, ma sono state
toscanizzate da copisti toscani.
Questa toscanizzazione creerà un particolare tipo di rima:
la rima siciliana.
LA RIMA SICILIANA
Si chiama rima siciliana la rima di "i" con "e" chiusa ("morire" e "cadere") e di "u" con "o"
chiusa ("distrutto" e "sotto").
Questo fenomeno si deve alla traduzione manoscritta toscana, seppur sbagliata.
Rime originariamente perfette come luci:cruci sono diventate luce: croce,
aviri:serviri diventarono avere:servire.
LA RIMA SICILIANA
I poeti toscani, successivamente, leggendo le poesie siciliane tradotte in toscano, notarono
queste rime imperfette. Pensarono che fossero un vezzo, una moda dei siciliani, le
considerarono lecite e le utilizzarono essi stessi.
L’unica condizione all’utilizzo di queste rime era trovare degli antecedenti nelle poesie dei
siciliani.
LA RIMA SICILIANA
Lo stesso Dante utilizza questo tipo di rima:
«Questi parea che contra me venisse
con la test'alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l'aere ne tremesse.»
(Inf. I, vv. 48-50)
LA SCUOLA POETICA SICILIANA
I poeti della scuola sono tutti funzionari, notai, giudici, cancellieri della corte
Non sono nobili (questo fatto è molto importante perché, non avendo un’educazione musicale, le
loro poesie saranno solo scritte e non musicate) e non scrivono per professione (non esiste neanche il
termine tecnico per indicare il poeta).
LA SCUOLA POETICA SICILIANA
Riprendono i temi e le forme della lirica provenzale
MA
Unico argomento della loro poesia è l’amore
E
Inventano un nuovo genere poetico: il sonetto
LA SCUOLA POETICA SICILIANA
L’amore è convenzionale
Utilizzato come unico mezzo per nobilitarsi
La poesia è un’evasione dalla realtà, un segno di appartenenza a una élite
L’amore è un gioco, aristocratico e raffinato.
LA SCUOLA POETICA SICILIANA
I temi delle poesia sono quelli tipici dell’amor cortese:
• Omaggio feudale alla donna amata
• Lode all’eccellenza della donna
• Amore mantenuto segreto
• Dolore per la lontananza
LA SCUOLA POETICA SICILIANA
Il poeta più importante della scuola poetica siciliana fu Jacopo (o Giacomo) da Lentini detto
per antonomasia il Notaio, funzionario – del resto come tutti gli altri poeti – della corte di
Federico II.
Considerato l’inventore del Sonetto
14 versi endecasillabi divisi in due quartine (ABAB ABAB o ABBA ABBA) e due terzine (CDE
CDE o CDC DCD).