la gestione dei fonti di inquinamento da reflui … · inquinamento da nitrati delle acque ad uso...

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28/02/2013 1 LA GESTIONE DEI REFLUI ZOOTECNICI E LA DIRETTIVA NITRATI Emissioni di ammoniaca Agricoltura 70% Industria 25% Trasporti 5% Industria Trasporti Rifiuti Altro Fonti di inquinamento da nitrati delle acque ad uso potabile in Europa Principali fonti di emissione di ammoniaca in Europa Nitrati nelle acque Agricoltura ~ 90% La situazione delle aree ad agricoltura intensiva con elevato carico zootecnico risulta critica per il rischio di inquinamento delle acque legato ai NITRATI I principali fattori di rischio di inquinamento da nitrati di origine agricola sono: 1 - rapporto squilibrato tra capi allevati, superfici coltivate e capacità di assorbimento delle colture: vi sono troppi reflui da smaltire rispetto alla superficie 2 - perdita di azoto per effetto di lisciviazione o ruscellamento a causa della piovosità eccessiva o di sistemi di irrigazione per scorrimento superficiale 3 - distribuzione degli effluenti zootecnici in periodi in cui la coltura non ne ha bisogno. Distribuisco i reflui anche nel periodo in cui la legge lo vieta se ho poca superficie rispetto ai capi allevati e poco tempo utile 4 - utilizzo non adeguato di contenitori per lo stoccaggio (es. platee non impermeabilizzate) degli effluenti per far fronte ai periodi in cui è proibito lo spandimento

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28/02/2013

1

LA GESTIONE DEI

REFLUI ZOOTECNICI

E

LA DIRETTIVA NITRATI

Emissioni di ammoniaca

Agricoltura 70%

Industria 25%Trasporti 5%

Industria

Trasporti

Rifiuti

Altro

Fonti di inquinamento da

nitrati delle acque ad uso potabile in

Europa

Principali fonti di emissione di

ammoniaca in Europa

Nitrati nelle acque

Agricoltura ~ 90%

La situazione delle aree ad agricoltura

intensiva con elevato carico zootecnico risulta

critica per il rischio di inquinamento delle acque

legato ai NITRATI

I principali fattori di rischio di inquinamento da

nitrati di origine agricola sono:

1 - rapporto squilibrato tra capi allevati, superfici

coltivate e capacità di assorbimento delle colture:

vi sono troppi reflui da smaltire rispetto alla

superficie

2 - perdita di azoto per effetto di lisciviazione

o ruscellamento a causa della piovosità eccessiva o di

sistemi di irrigazione per scorrimento superficiale

3 - distribuzione degli effluenti zootecnici in periodi

in cui la coltura non ne ha bisogno. Distribuisco i

reflui anche nel periodo in cui la legge lo vieta se ho

poca superficie rispetto ai capi allevati e poco tempo

utile

4 - utilizzo non adeguato di contenitori per lo

stoccaggio (es. platee non impermeabilizzate) degli

effluenti per far fronte ai periodi in cui è proibito lo

spandimento

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L’azoto contenuto nei reflui passa facilmente

anche nell’atmosfera soprattutto sotto forma di

AMMONIACA derivante dalla demolizione

dell’urea e dell’acido urico contenuti nelle

deiezioni animali

L’ammoniaca è molto volatile e, dall’atmosfera,

può ricadere sul terreno o nell’acqua causando

fenomeni di ustioni sui vegetali e di

acidificazione di suolo e acqua

La volatilizzazione dell’ammoniaca è favorita

dall’agitazione dei liquami e dalla distribuzione con

modalità che favoriscono la produzione di piccole

gocce (soprattutto se la pressione utilizzata

durante la distribuzione è elevata)

Come altri gas derivanti dagli allevamenti (metano,

anidride carbonica, protossido di azoto), anche

l’ammoniaca è responsabile dell’effetto serra e dei

cambiamenti climatici

L’ammoniaca può essere circa 80% dell’azoto

totale al momento della distribuzione in campo

Iniezione dei liquami nel terreno

Spandimento tradizionale dei liquami

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PERCHE’ LA

DIRETTIVA

NITRATI?

Negli anni ’80 l’attività agricola venne analizzata per gli effetti indesiderati

sull’ambiente e sulla salute umana

Responsabili principali dell’inquinamento delle acque furono ritenuti i nitrati il cui ritmo di crescita era di 1 mg/L/anno e per i quali fu

stabilito un valore soglia di 50 mg/L

Il loro incremento era dovuto alla massiccia presenza di allevamenti intensivi soprattutto di

bovini da latte e suini

L’ambiente viene danneggiato dai nitrati

(ma anche dai fosfati) soprattutto

attraverso l’eutrofizzazione delle acque

marine (a fine degli anni ’80 presente in

misura significativa nel Mar Adriatico)

L’uomo assume i nitrati attraverso l’acqua

potabile e gli alimenti Proliferazione di alghe nel

Mar Adriatico

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Proliferazione di alghe nei fiumi

nei laghi

Proliferazione di alghe conseguente all’inquinamento da nitrati nelle acque della

Cina meridionale

La Direttiva CE 676/1991, nota come

Direttiva Nitrati, “..reca disposizioni per la

protezione delle acque dall’inquinamento

provocato dai nitrati di origine agricola..”

Essa, inoltre, “..introduce misure specifiche

per l’applicazione al terreno dei fertilizzanti

azotati con limite/ha nella distribuzione degli

effluenti di allevamento e nella

concentrazione dei nitrati nelle acque..”

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La Direttiva Nitrati forniva agli Stati

indicazioni per determinare il livello di inquinamento

delle acque e dava tempo 2 anni per individuare le

Zone Vulnerabili ai Nitrati (ZVN) e per redigere Piani

di Azione e Codici di Buona Pratica Agricola,

contenenti criteri per limitare l’uso degli effluenti

zootecnici e degli apporti dei concimi azotati

La mancata o incompleta definizione di queste misure

in particolare l‘individuazione delle ZVN non conforme

ai criteri comunitari sono valsi all’Italia una

PROCEDURA D’INFRAZIONE

Le Regioni della Pianura Padana hanno applicato la

Direttiva nei tempi previsti stabilendo però ZVN

molto limitate e parametri tecnici ritenuti

insufficienti (quantità di azoto derivante dalle

diverse specie)

Il problema è stato più volte rinviato e non sono

state avviate (fino al 2006) azioni di governo e

promosse tecniche di equilibrato smaltimento dei

reflui zootecnici

In Olanda, Belgio e Germania il

problema è stato affrontato con

gradualità e con azioni condivise dai

produttori, consentendo loro di

ottenere deroghe temporanee o per

alcune specifiche modalità di

allevamento

In Italia l’iniziale delimitazione di ZVN

ristrette e di bassi parametri tecnici ha consentito

sino al 2006:

- generale aumento del carico di bestiame/ha

- agli allevamenti ricadenti nelle ZVN di rispettare

agevolmente i limiti ricorrendo allo spandimento di

reflui sui terreni di aziende vicine

Si sono, quindi, verificati rilevanti fenomeni di:

- concentrazione dei capi allevati in aree limitate

- elevati carichi zootecnici/ha

- peggioramento della qualità delle acque

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La notifica nel 2006 della procedura di

infrazione ha costretto lo Stato e le

Regioni ad emanare nel corso del 2006

provvedimenti per regolamentare la

materia in Italia

Nel frattempo, con la Riforma Fischler

della PAC nel 2003 (Reg. 1782/2003), il

rispetto della Direttiva è stato inserito

tra gli obblighi della CONDIZIONALITA’

In Italia le misure previste dalla Direttiva

sono divenute improvvisamente vincolanti ed i tempi

di adeguamento per gli allevamenti sono risultati

molto ridotti

In molte Province della Pianura Padana la

definizione di nuovi parametri tecnici per le diverse

specie di N escreto e distribuito al campo,

superiori ai precedenti, rendono oneroso il

mantenimento di tutti i capi allevati anche

ricorrendo ad una gestione consortile dei reflui

Dalla Direttiva Nitrati nasce, il 19 aprile 1999,

il Decreto del MiPAAF relativo al

“Codice di Buona Pratica Agricola”

Le Buone Pratiche Agricole sono definite come

"l'insieme dei metodi colturali, che un agricoltore

diligente impiegherebbe in una Regione interessata"

L’obiettivo principale del Codice è contribuire a

realizzare la protezione di tutte le acque

dall’inquinamento dai nitrati riducendo l’impatto

ambientale dell’attività agricola attraverso una più

attenta gestione del bilancio dell’azoto

I principi generali della Buona Pratica

Agricola considerano vari aspetti

Aspetti AGRONOMICI

.scelta del terreno: in funzione della vocazionalità

intesa sia come convenienza economica di una

coltivazione sia come salvaguardia dell'ambiente

naturale

.successioni colturali: sono regolati i tempi di

ritorno di alcune colture sullo stesso appezzamento

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.scelta della varietà: non utilizzare cv OGM

.concimazione: le esigenze nutritive di ogni

coltura sono valutate sulle rese conseguibili

e sul livello di fertilità dei terreni

.irrigazione: è condotta limitando l’utilizzo di

acqua e preservando l'integrità di tale

risorsa

LA SITUAZIONE NITRATI IN LOMBARDIA

ZONE VULNERABILI IN LOMBARDIA

LA DIRETTIVA

NITRATI IN

PIEMONTE

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La Direttiva Nitrati 676/1991 è recepita in Italia

con il Dlgs. 152/2006 e in Piemonte con i

Regolamenti 10/R 2007 e 12/R 2007

Il Reg.12/R prevede che il 52% della

pianura piemontese ricada in zone

vulnerabili da nitrati di origine agricola

(ZVN)

Regolamento 12R/2007

1- Tempi di arrivo in falda indice relativo al tempo di deflusso di contaminanti

nelle acque sotterranee

2- Indice GOD indice di vulnerabilità della falda acquifera

superficiale (5 classi di vulnerabilità: da estrema a trascurabile)

Alcuni parametri utilizzati per definire le ZVN

Indici Idrogeologici forniscono l’informazione sulla vulnerabilità di un

acquifero

ZONE VULNERABILI AI

NITRATI IN PIEMONTE

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ZONE VULNERABILI – Pianura Pinerolese

ZONE VULNERABILI – Torino Sud ZONE VULNERABILI – Carignano

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ZONE VULNERABILI – Poirino e Villastellone ZONE VULNERABILI – Villafranca P.te

ZONE VULNERABILI – Savigliano ZONE VULNERABILI – Fossano

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ZONE VULNERABILI – S.Albano Stura Il 12/R 2007 prevede inoltre che siano

considerate

vulnerabili da

nitrati le

fasce A e B

dei fiumi

Fasce di rispetto dei fiumi, secondo la classificazione del Piano per l’Assetto Idrogeologico

Fascia A

fascia di deflusso della piena

Fascia B fascia di esondazione

UN’AZIENDA RICADE IN ZONA

VULNERABILE DA NITRATI QUANDO

PIU’ DEL 25% DELLA S.A.U. SI

TROVA IN ZONA VULNERABILE

LA S.A.U. CORRISPONDE AI

TERRENI CONDOTTI DALL’AZIENDA

A VARIO TITOLO (ES. PROPRIETA’,

AFFITTO, USO GRATUITO) ED

EFFETTIVAMENTE COLTIVATI

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La quantità di azoto che finisce in campo

ogni anno dipende dal numero e dalla

tipologia dei capi mediamente presenti

IL PERIODO MINIMO

• DIPENDE DAL TIPO DI EFFLUENTE

• E’ MAGGIORE PER LE AZIENDE IN ZVN

STOCCAGGIO DEI REFLUI ZOOTECNICI

OBBLIGHI DI STOCCAGGIO

L’attuale normativa prevede la durata minima degli

stoccaggi da 30 a 120 giorni a seconda della specie

coltivata, dell’area geografica e della vulnerabilità o

meno ai nitrati della zona

L’azienda deve dotarsi di strutture di stoccaggio con

volume sufficiente a contenere i reflui prodotti e le acque

meteoriche per il periodo tra 2 spandimenti successivi

Le vasche devono essere dimensionate in modo da

accogliere effluente liquido che deve essere stabilizzato

obbligatoriamente prima dello spandimento

Il volume delle vasche di stoccaggio dei liquami sarà:

(produzione giornaliera di liquame

+

volume di acqua convogliata giornalmente: da lavaggio impianti e acqua piovana)

X

tempo di stoccaggio

+

volume di sicurezza aggiuntivo

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MODALITA’ COSTRUTTIVE DI VASCHE E PLATEE

STOCCAGGIO DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI PALABILI

Lo stoccaggio deve avvenire su platea

impermeabilizzata provvista di cordolo o muro

perimetrale, con almeno 1 apertura per

l’accesso dei mezzi meccanici

La platea deve essere dotata di adeguata

pendenza per il convogliamento dei liquidi di

sgrondo

MODALITA’ COSTRUTTIVE DI VASCHE E PLATEE

STOCCAGGIO DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI NON PALABILI

Lo stoccaggio deve avvenire in contenitori

adeguatamente impermeabilizzati e con una

capacità tale da contenere anche le acque di

lavaggio e le acque meteoriche

Nel caso di costruzione di nuovi contenitori, per

aziende in cui vengano prodotti più di 6.000 kg di

azoto all’anno, ne devono essere previsti almeno 2

separati

OLTRE AL CICLO DELLA COLTURA PRINCIPALE, DEVE

ESSERE GARANTITA UNA COPERTURA DEI SUOLI

CON COLTURE O DEVONO ESSERE EFFETTUATE

IDONEE PRATICHE COLTURALI QUALI

L’INTERRAMENTO DI PAGLIE E STOCCHI PER

RIDURRE LA LISCIVIAZIONE DEI NITRATI

… ALCUNE BUONE PRATICHE AGRICOLE IN ZVN …

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Il 8R/2012 modifica i criteri per l'utilizzazione agronomica degli effluenti

nel periodo autunno-invernale

Il 7R/2011, in vigore dal 01/01/ 2012 introduce semplificazioni alle norme relative all’utilizzo agronomico degli

effluenti zootecnici

La deroga in Piemonte

Letame bovino:

0.4% N tal quale (100 kg di letame contengono 0.4 kg N)

Produzione letame vacche da latte:

circa 13.000-15.000 kg/anno/capo (20-25 volte p.v.)

CARICHI DI AZOTO AMMESSI

(fino a 250 kg/ha per le aziende che

usufruiscono della deroga)

Come si calcola la quantità di N prodotta dall’allevamento?

1656 kg N/anno

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In breve, la deroga concessa all’Italia ... REFLUO PERIODO

VIETATO DURATA (gg)

PALABILE

Letame con s.s. + 20% distribuito su prati permanenti o avvicendati

15 dic-15 genn 30

Lettiere e deiezioni esauste avicunicole, frazione palabile di reflui zootecnici trattati

15 nov-15 febb 90

Ammendante con N <2,5 % s.s. di cui non oltre 15% ammoniacale

15 dic-15 genn 30

Altri ammendanti organici 15 nov-15 febb 90

Deiezioni avicunicole essiccate con s.s >65% 1 nov-28 febb 120

Concimi contenenti azoto 15 nov-15 febb 90

NON PALABILE

Liquame su terreni con copertura vegetale o con residui colturali

15 nov-15 febb 90

Acque reflue settore alimentare, sgrondi insilati 1 nov-28 febb 120

DIVIETO DI SPANDIMENTO IN ZVN

REFLUO PERIODO VIETATO DURATA (gg)

PALABILE - -

NON PALABILE 1 dicembre-31 gennaio 60

DIVIETO DI SPANDIMENTO FUORI ZVN

REFLUO SUINO

La frazione solida derivante dal trattamento di separazione solido/liquido del refluo suino non è

distribuibile sui terreni in deroga ma deve essere:

• Stabilizzata (aerata per ridurre emissioni gassose, migliorare le proprietà agronomiche,

facilitare la gestione)

• Distribuita su suoli a basso contenuto di sostanza organica

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REFLUO SUINO

I reflui suini devono essere monitorati nel tempo

Le analisi devono riguardare: contenuto di s.s., azoto e fosforo totali delle singole

frazioni

Le analisi hanno periodicità di 4 anni e devono essere ripetute se vi sono variazioni

di tipologia di animale allevato, stabulazione, alimentazione, tipo di

separazione S/L

GESTIONE DEI TERRENI IN DEROGA

Le aziende beneficiarie della deroga devono essere caratterizzate da:

1.Almeno 70% della SAU con colture a

lunga stagione di crescita e forte assorbimento di N (forti asportazioni di

azoto)

2.Nei prati al massimo il 50% di specie N-fissatrici (non assorbono N dal terreno)

GESTIONE DEI TERRENI IN DEROGA

Le aziende beneficiarie della deroga devono essere caratterizzate da:

1. Erbai in seconda semina (es. erbaio dopo raccolta

di frumento) devono essere seminati entro 2 settimane dalla raccolta della coltura principale

(evitare di lasciare nudo il terreno a lungo)

2. Prati avvicendati (arati in primavera) devono essere sostituiti entro 2 settimane da coltura ad elevato grado di assorbimento di N (che a sua volta non deve venire concimata da N minerale nell’anno in

corso)

GESTIONE DEI TERRENI IN DEROGA

L’azienda che beneficia della deroga:

• non può applicare fosforo minerale ai terreni

• deve tenere registro delle fertilizzazioni (come da All. V del Reg. Regionale 10/R

del 2007)

• nel registro deve riportare: - quantitativi di fertilizzanti applicati

- calendario di distribuzione

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GESTIONE IDRICA DEI TERRENI IN DEROGA

I terreni in deroga devono avere disponibilità idrica sufficiente per garantire fabbisogni di colture a lunga stagione di crescita ed elevato

grado di assorbimento dell’azoto

Per codesti terreni viene richiesta la seguente documentazione:

buona disponibilità idrica = buon assorbimento dei nitrati

Controlli effettuati dalla Provincia

- Almeno 5% delle aziende con deroga approvata

- Almeno 1% delle operazioni di trasporto dei

reflui zootecnici

LE AZIENDE CHE NON ADEMPIONO AGLI OBBLIGHI DI LEGGE, SONO

AUTOMATICAMENTE ESCLUSE DAL REGIME DI DEROGA PER L’ANNO SEGUENTE

necessario fornire informazioni su

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PdC = Piano di Concimazione

CRITERI PER L’ADESIONE ALLA DEROGA

… per accedere all’Anagrafe Agricola su www.sistemapiemonte.it

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Dal 1/1/2008 è obbligatorio

=

- effettuare la Comunicazione di Spandimento di liquame e letame per tutti gli allevamenti

- compilare il Piano di Utilizzazione Agronomica (PUA o PUAS)

- presentare il Documento di Trasporto

- detenere il Registro delle Fertilizzazioni

1 – COMUNICAZIONE DI SPANDIMENTO

Deve essere presentata da parte di ogni

tipologia di allevamento TRANNE gli

allevamenti fuori ZVN che producono meno

di 1000 kg di azoto/anno

Deve essere aggiornata ogni anno tramite

procedura informatica

2 – PIANO DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA

Deve essere presentata da ogni tipologia di allevamento con produzione superiore a 6000 kg di N/anno in qualsiasi zona

Gli allevamenti in ZVN devono presentare un PUA semplificato se producono da 3000 a 6000 kg di N/anno

PUA e PUAS devono essere aggiornati annualmente con procedura informatica

La redazione del Piano di Utilizzazione Agronomica si basa fondamentalmente su due principi

- il fabbisogno di azoto della coltura

- la disponibilità di azoto già presente nel suolo

FABBISOGNO DI AZOTO DEL MAIS

DISPONIBILITA’ DI AZOTO GIA’ PRESENTE NEL SUOLO

=

QUANTO AZOTO DEVO APPORTARE CON LA CONCIMAZIONE?

FARE UN BILANCIO DELL’AZOTO

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Per apportare la giusta quantità di N

al terreno è necessario effettuare il

Apporti Asporti

Come si calcola la quantità di N asportata dalla coltura?

3 – DOCUMENTO DI TRASPORTO (DDT)

È obbligatorio per chi produce più di 3.000 kg

N/anno di origine zootecnica

Se i terreni non sono aziendali, il DDT è costituito da:

- Copia della comunicazione di spandimento

- Natura e quantità degli effluenti trasportati

- Estremi identificativi del mezzo di trasporto

- Estremi identificativi dell’azienda destinataria

Se il refluo è utilizzato su terreni aziendali il

DDT è rappresentato da copia della comunicazione

di spandimento

4 – REGISTRO DELLE FERTILIZZAZIONI

Le aziende tenute alla redazione del PUA

devono registrare e conservare almeno per 3

anni un’apposita scheda delle operazioni di

fertilizzazione effettuate

Tale registro deve essere compilato anche

dalle aziende cerealicole con fabbisogno

annuo di azoto superiore ai 3.000 kg

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MAI DISTRIBUIRE GLI EFFLUENTI

ZOOTECNICI SU TERRENO GELATO,

INNEVATO O ALLAGATO

DEROGA ALLA DIRETTIVA NITRATI

Il Ministero per le Politiche Agricole e Forestali ha chiesto alla Commissione Agricoltura dell’UE una deroga circa la

Direttiva Nitrati

Perché?

Elevata produttività delle nostre colture che necessiterebbero di un maggior apporto di effluenti

zootecnici

Stato stazionario della qualità delle acque superficiali della Pianura Padana

Buona qualità delle acque del Mediterraneo

Calo del numero di capi allevati

Diminuzione negli ultimi anni dell’uso di fertilizzanti azotati

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MODALITA’ DI UTILIZZO DEI CONCIMI CHIMICI

Nelle ZVN le concimazioni azotate sono consentite

soltanto IN PRESENZA DELLA COLTURA O AL

MOMENTO DELLA SEMINA, ad eccezione dei

seguenti casi di pre-semina:

• su colture annuali a ciclo primaverile-estivo

(limitando al massimo il periodo che intercorre tra

fertilizzazione e semina)

• usando concimi contenenti più elementi nutritivi

In entrambi i casi la somministrazione di azoto in

pre-semina non può eccedere i 30 kg/ha

MODALITA’ DI UTILIZZO DEI CONCIMI CHIMICI

Inoltre non sono ammessi apporti in

un’unica soluzione superiori a:

- 100 kg di azoto per ettaro (colture

erbacee e orticole)

- 60 kg di azoto per ettaro (colture

arboree)

IN CONCLUSIONE

Le novità introdotte con la Direttiva Nitrati

rappresentano una sfida per le aziende agricole

perché comportano la necessità di modificare

abitudini consolidate

…in primo luogo…

considerare i reflui zootecnici (soprattutto i

liquami) come sottoprodotti di cui disfarsi al

pari di un rifiuto

IN CONCLUSIONE

Non tener conto del contenuto di N, P

e K dei reflui, porta ad eccedere con

le concimazioni chimiche: in questo

modo non solo si causano diffusi

fenomeni di INQUINAMENTO DELLE

ACQUE ma si fanno anche lievitare i

COSTI DI PRODUZIONE

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ALCUNE NOZIONI

PRATICHE

LE ZVN ESISTENTI RESTANO PER SEMPRE LE STESSE, O IN FUTURO POTREBBERO

CAMBIARE?

La Direttiva Nitrati prevede una REVISIONE QUADRIENNALE: se in un'area si ravvisasse un miglioramento della qualità delle acque tale area

potrebbe non risultare più designata

Viceversa, se un'area non designata presentasse caratteri di criticità in aumento, potrebbe venire

inclusa tra le aree ZVN

COME SI VALUTA SE UN'AZIENDA AGRICOLA RICADE IN ZVN?

Un'azienda ricade in ZVN quando almeno il

25% dei terreni in conduzione ricade in ZVN

IL VINCOLO A 170 o 250 KG MASSIMI DI APPORTO DI AZOTO NELLE ZVN È RIFERITO ALLA SOMMA DI AZOTO

ORGANICO E MINERALE?

No, il vincolo è riferito al solo apporto di azoto di origine zootecnica

A QUALI VINCOLI DEVONO SOTTOSTARE LE AZIENDE CHE IN ESTATE ALPEGGIANO, E TORNANO IN PIANURA

SOLO PER L'INVERNO?

Anche queste aziende devono presentare la Comunicazione di utilizzo agronomico

Tutte le superfici disponibili, alpeggi compresi, concorrono al rispetto del tetto massimo di apporto di azoto zootecnico in

campo

Qualora la stalla di pianura non abbia strutture di stoccaggio sufficienti, o manchino i terreni, l'azienda ha dovuto

presentare un Piano di Adeguamento (portato a compimento entro il 31/12/2010) nel quale ha dichiarato l'intenzione di

adeguare le strutture e/o di attivare contratti di cessione dei reflui prodotti

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QUAL È LA FREQUENZA DI AGGIORNAMENTO DELLA COMUNICAZIONE?

La comunicazione va aggiornata una volta l'anno almeno 20 gg prima della data dello spandimento

Quanto dichiarato nella Comunicazione 10/R è

un'informazione previsionale media

Sarà cura dell'azienda aggiornare la dichiarazione qualora ci si discosti

significativamente da quanto dichiarato

E' POSSIBILE, PER CHI CONFERISCE REFLUI AD UN IMPIANTO DI BIOGAS CON CONTRATTI DI 10 ANNI,

AVERE UNA DEROGA PER L'ADEGUAMENTO DELLE VASCHE? LA MIA AZIENDA DOVREBBE IN TEORIA ADEGUARSI, MA

CON LE CESSIONI AVREBBE LE VASCHE VUOTE…

L'azienda indicata può adeguarsi secondo due strade: costruendo gli stoccaggi integrativi

necessari, oppure dichiarando la sottoscrizione di un contratto di cessione dei reflui

Tuttavia, se viene meno il funzionamento

dell'impianto, l'azienda che cede il refluo si trova senza stoccaggi e senza acquirenti del refluo

Se l'azienda si adegua attivando un contratto di

cessione, la Provincia può richiedere comunque uno stoccaggio "di sicurezza" che prevenga situazioni di

rischio legate ai contratti di cessione

PER I TERRENI CEDUTI IN ASSERVIMENTO, L'ONERE DELLA REDAZIONE DEL PUA/PUAS È IN CAPO ALL'AZIENDA CHE PRODUCE IL REFLUO O A CHI METTE A DISPOSIZIONE IL TERRENO?

Presenta il PUA chi ha preso in asservimento il

terreno

SE UN'AZIENDA CEDE DEL REFLUO, DEVE FARE COMUNQUE IL PUA ANCHE SE AL NETTO DI TALE CESSIONE RISULTEREBBE SOTTO LA

SOGLIA DEI 3.000 O 6.000 KG?

Sì, il regolamento reg. 10R/2007 parla di aziende che producono e/o utilizzano azoto zootecnico:

l'azienda deve fare comunque il PUA

Lolium multiflorum è un erbaio di largo impiego nelle aziende zootecniche, anche in successione

al mais (a ciclo breve o da insilato)

La loiessa è in grado di accumulare grandi quantità di nitrati

Ne favoriscono l’accumulo: basse temperature, scarsa luminosità, periodi di siccità, terreni con elevata disponibilità di azoto, elevati livelli di

concimazione azotate

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EFFETTO DELLA CONCENTRAZIONE DEI NITRATI SULL’ALIMENTAZIONE DEL BESTIAME

Con elevati livelli di nitrati negli alimenti si sviluppano tossicosi con gravi danni sull’animale e, in base alle quantità

assunte ed al tempo di esposizione di distinguono due sindromi: la tossicosi ACUTA e CRONICA

La tossicosi acuta si ha con alimenti ad alto contenuto di

nitrati, provoca anossia, vasodilatazione, miocardia. I sintomi sono difficoltà nella deambulazione, atteggiamenti di “fame d’aria”, mucose cianotiche, ipotensione, collasso

cardiocircolatorio e si può giungere alla morte dell’organismo in un tempo molto breve

La tossicosi cronica si verifica soprattutto nei bovini in seguito all’assunzione per lungo tempo di acque e foraggi

contaminati con concentrazione non elevate; gli effetti sono gli stessi di quella acuta, ma più sfumati con una sensibile diminuzione delle produzioni zootecniche, aborti tardivi,

ipotiroidismo e ipovitaminosi A

IMPIANTI A BIOGAS

Una soluzione per la Direttiva Nitrati?

IL MECCANISMO DI PRODUZIONE DEL BIOGAS

degradazione della sostanza organica dei reflui zootecnici e di

altro materiale organico (insilati, i rifiuti organici domestici,

ecc.): la BIOMASSA

tale degradazione avviene in assenza di ossigeno ad opera di

microrganismi che permettono la produzione di anidride

carbonica e metano: il BIOGAS

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I prodotti più utilizzati sono i reflui zootecnici e le colture

dedicate (soprattutto insilati di mais)

Le matrici sono scelte in base alla disponibilità a livello locale, al

costo ed alla produttività (resa in biogas per unità di peso)

…a basso costo e ridotto

impatto ambientale

Le biomasse trattate negli impianti a biogas

rappresentano una fonte energetica alternativa

DIGESTORE liquame, letame, colture (es. mais insilato), scarti

dell’industria alimentare, rifiuti organici domestici, ecc.. BIOMASSA INIZIALE

BIOGAS DIGESTATO

produzione di energia elettrica

produzione di calore per mantenere la temperatura del

digestore a circa 41°C e consentire la digestione della

biomassa

produzione di biometano per autotrazione

solido liquido

riavviato alla digestione per produrre altro

metano stoccato in vasche circolari

meglio se coperte

fermentazione/digestione

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Le fasi di gestione di un impianto

di digestione anaerobica

Carico del digestore

Utilizzazione dell’energia prodotta

Gestione del liquame digerito

Controllo del processo

Scelta della biomassa

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Il trattamento anaerobico con produzione di

BIOGAS (da cui energia elettrica) e

DIGESTATO può essere una soluzione per lo

smaltimento parziale dei reflui zootecnici in

eccesso

Il processo non contribuisce però alla riduzione

di N nel digestato, ma lo rende più facilmente

assimilabile dalle colture e ne incrementa

l’efficienza di utilizzo

RIDUZIONE DI VOLUME del digestato (sanificato,

deodorato, facilmente stoccabile, con minori costi di

trasporto e di spandimento) e la possibilità di vendere

l’ENERGIA prodotta dagli impianti

Rese in biogas

Tipo materiale % sostanza secca

% sostanza organica nella sostanza secca

m3 di biogas in ogni tonnellata di sostanza organica

Liquame bovino 6-11 68-85 200-260

Letame bovino 11-25 65-85 200-300

Liquame suino 2.5-9.7 60-85 260-450

Letame ovino 25-30 80 240-500

Stocchi mais 86 72 300-700

Insilato d’erba 26-82 67-98 300-500

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AZIENDA CON IMPIANTO A BIOGAS

ELEVATA SUPERFICIE

DISPONIBILITA’ DI BIOMASSA DA AVVIARE ALLA

FERMENTAZIONE

360 ha (350 ha mais + 10 ha triticale)

150 suini ingrasso

200 bovini carne

70 vacche latte

2 digestori in cemento (6.000 m3) per la fermentazione

1 vasca di stoccaggio (6.000 m3)

ESEMPIO DI AZIENDA CON IMPIANTO A BIOGAS

30% silomais

40% liquame suino

30% letame bovino

DIGESTORE

3.500.000 m3 biogas al 60% metano

105 giorni il tempo di

permanenza nel digestore prima dello stoccaggio

Energia vendibile

La riduzione del carico di N deve essere ottenuta attraverso l’integrazione di più sistemi:

1. impianti di trattamento collettivi

3. miglioramento delle tecniche di spandimento

4. razionalizzazione dell’alimentazione

Quantità di azoto presente nelle deiezioni di animali allevati

LETAME % N sul tal quale

bovini 0.4

suini 0.5

LIQUAME

% N sul tal quale

bovini 0.4

suini 0.25

La produzione di letame si aggira attorno a

20-25 volte il peso vivo dell’animale

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Densità del letame

fresco

350 kg/m3

mediamente maturo

700 kg/m3

maturo

800 kg/m3

tipo di animale

peso vivo medio

stabulazione

liquame letame o materiale palabile

kg/capo m3/t peso vivo/anno

m3/t peso vivo/anno

SUINO GRASSO DA CASEIFICIO

120

pavimento pieno con

lavaggio ad alta

pressione

73

--

pavimento totalmente fessurato

37

--

Quantità di reflui prodotti a seconda del tipo di stabulazione

tipo di animale

peso vivo medio

stabulazione

liquame letame o materiale palabile

kg/capo

m3/t peso vivo/anno

m3/t peso vivo/anno

VACCA DA LATTE IN PRODUZIONE

600

fissa con paglia

9.0 26.0

fissa senza paglia

33.0 --

libera su lettiera

permanente

14.6

22.0

libera su cuccetta

senza paglia

33.0

--

Quantità di reflui prodotti a seconda del tipo di stabulazione

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31

2

31

48

34

17

2

30

1 2

1

1 2

1

7

179 impianti (39 in costruzione)

attivi = 5

in costruzione = 2

progetto approvato = 6

in programma = 18

IMPIANTI A BIOGAS IN PIEMONTE

…al consumatore

dal produttore…

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Dobbiamo iniziare a guardarci intorno e cercare fonti energetiche alternative ai

combustibili fossili soprattutto in previsione dell’attuazione della Direttiva Europea 28/2009 che impone entro il

2020:

Riduzione del 20% del consumo di energia

Riduzione del 20% di emissione di gas serra

Aumento del 20% delle fonti energetiche rinnovabili

Un impianto a biogas modello

Azienda agricola «La speranza» Candiolo (TO)

L’impianto di Candiolo è costituito da un miscelatore nel quale i differenti substrati in ingresso vengono mescolati, due differenti

digestori (primario e secondario) ed infine un separatore liquido-solido seguito da una vasca di

stoccaggio

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Le caratteristiche dei prodotti ottenuti dopo la digestione anaerobica dipendono da due

fattori delle matrici:

– quantità e caratteristiche chimico/fisiche dei prodotti utilizzati

– mutamenti che intervengono durante il

processo di digestione anaerobica (idrolisi - acidogenesi - acetogenesi - metanizzazione) e di trattamento (stoccaggio e/o separazione

solido/liquido)

Processi fermentativi nel digestore

IDROLISI carboidrati, proteine e grassi vengono scissi in zuccheri

semplici, amminoacidi, acidi grassi e glicerina

ACIDOGENESI i composti semplici sopra citati vengono trasformati

fino a produrre acidi grassi volatili

ACETOGENESI formazione dei prodotti precursori del biogas ovvero di acido acetico, idrogeno molecolare e anidride carbonica

METANIZZAZIONE

produzione di metano, per decomposizione dell’acido acetico, e sua sintesi a partire da CO2 e H2

Parametri di corretto avanzamento del processo

CONTENUTO IN SOSTANZA SECCA fornisce un’indicazione sulla concentrazione del

prodotto

QUANTITATIVO IN SOLIDI VOLATILI è riferito al tenore in sostanza organica e quindi

indicativo della potenziale “produttività” della matrice

FORMA CHIMICA DELL’AZOTO E RAPPORTO C/N troppo carbonio impedisce il corretto sviluppo dei

microrganismi decompositori -

troppo azoto determina elevata volatilizzazione dell’ammoniaca

ANALISI DEI REFLUI ZOOTECNICI DELL’IMPIANTO DI CANDIOLO

(% s.s.)

concentrazione resa in metano andamento

processo

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ANALISI DEGLI INSILATI USATI COME MATRICI NELL’IMPIANTO DI CANDIOLO

CONFRONTO TRA LE DIVERSE MATERIE PRIME

materia prima

quantità s.s. s.o. C/N

LETAME BOVINO

100 kg 20,55 kg 17,23 kg 16,41

LIQUAME BOVINO

100 kg 5,98 kg 4,53 kg 8,08

INSILATO MAIS

100 kg 38,43 kg 35,35 kg 52,99

INSILATO LOIETTO

100 kg 19,86 kg 16,94 kg 24,11

Elevata resa in biogas nel letame e nell’insilato di mais

Volatilizzazione dell’ammoniaca più spinta nel liquame bovino dove il C/N è inferiore

VALORI RELATIVI AL DIGERITO DELL’IMPIANTO DI CANDIOLO

Nel digerito si osserva

la produzione di metano (CH4) e di anidride carbonica (CO2), ovvero di

biogas, a partire dal carbonio posseduto dalle matrici iniziali

l’azoto, il cui contenuto totale resta quasi invariato rispetto a quello in

ingresso, muta nella forma

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l’azoto organico, attraverso il processo di mineralizzazione viene trasformato in

azoto ammoniacale

Nel digerito si osserva

il contenuto varia in funzione di alcuni parametri quali:

• tipo e quantità dei prodotti utilizzati per l’alimentazione

• efficienza dell’impianto • tempo di ritenzione della biomassa nel

digestore

Nel digerito si osserva

• riduzione del rapporto C/N per effetto del consumo del carbonio

organico utilizzato per la produzione di CO2

• aumento del pH a causa della produzione di azoto

ammoniacale

come per i reflui zootecnici non palabili, anche per il digerito è possibile separare solido/liquido per ottimizzare le successive fasi di stoccaggio e/o

utilizzazione agronomica attraverso:

- frazione palabile (con prevalenza di azoto organico)

- una frazione liquida (con prevalenza di azoto

ammoniacale)

la frazione liquida si comporterà come un concime azotato ad effetto più o meno rapido e quella

palabile come un ammendante organico

SEPARAZIONE SOLIDO/LIQUIDO NEL DIERITO

in Italia non vi è una normativa riguardante le concentrazioni massime di metalli pesanti ammissibili (CMA)

nei reflui zootecnici e nemmeno nel prodotto digerito

è possibile confrontare i valori ottenuti solo con le CMA riportate nella normativa sui fertilizzanti (D.M.,

29819/2009) e sui fanghi da depurazione utilizzabili in agricoltura (D.Lgs. 99/1992)

Concentrazione di metalli pesanti

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le feci dei bovini possono essere contaminate da numerosi microrganismi patogeni per l’uomo come

Contaminazione microbiologica

Escherichia coli

Salmonella

Listeria monocytogenes

Yersinia enterocolitica

la concentrazione dei metalli pesanti nel digerito non differisce molto da quella posseduta dal liquame bovino, nella maggior parte dei casi senza superare la CMA nei

fertilizzanti e nei fanghi

il contenuto in metalli risulta più alto nella frazione liquida rispetto alla frazione solida, probabilmente per la presenza

di metalli solubili

analisi microbiologiche (conta di indicatori e ricerca di microrganismi patogeni) condotte per

comprendere le caratteristiche igienico-sanitarie del liquame bovino e del digerito sono state effettuate presso l’impianto di Candiolo

Contaminazione microbiologica

riduzione di E.coli ed Enterobacteriaceae nel digerito rispetto alla matrice iniziale

presenza di Listeria monocytogenes e Salmonella sia nella frazione solida sia in quella liquida

Contaminazione microbiologica

Considerando la possibilità di reimpiegare in agricoltura il digerito è importante sottolineare che i valori dei parametri microbiologici analizzati sono sempre risultati inferiori alla

CMA della legislazione italiana per i fertilizzanti (E. coli < 1000 CFU/g) (D.M. 29819/2009)

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tendenza alla riduzione della carica dei microrganismi

indicatori e della contaminazione da patogeni

Nello studio è stato anche valutato l’effetto dello stoccaggio a 120 giorni della frazione liquida del digerito, in quanto impiegata come fertilizzante

Contaminazione microbiologica

il prodotto digerito proveniente dall’impianto di Candiolo ha dimostrato di possedere caratteristiche chimiche sostanzialmente assimilabili a quelle di

un liquame

l’elevata presenza di azoto ammoniacale suggerisce la necessità, per evitare perdite per volatilizzazione, di distribuire tale refluo INTERRATO in epoca prossima a quella di

utilizzo da parte delle colture

CONCLUSIONI

a causa delle differenze evidenziate per le due frazioni ottenibili dalla separazione solido/liquido del digerito, è opportuno prevedere finalità d’uso differenziate:

• fertilizzante per il liquido, in cui si concentra l’azoto ammoniacale con

conseguente alto coefficiente di efficienza

• ammendante per il prodotto solido in cui si concentra la sostanza organica

CONCLUSIONI

per quanto riguarda la contaminazione da metalli, il digerito derivante dalla co-

digestione di refluo zootecnico bovino + biomasse vegetali, per la maggior

parte dei parametri rientra nelle caratteristiche richieste per i fertilizzanti

nel digerito (fresco, liquido e liquido

stoccato), pur osservando una riduzione della contaminazione microbica rispetto al liquame in ingresso, non può essere esclusa

la presenza di microrganismi patogeni

CONCLUSIONI

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la presenza di Salmonella e di Listeria monocytogenes in alcuni campioni evidenzia

come il digerito può rappresentare un potenziale veicolo di contaminazione

microbiologica dei vegetali se impiegato in agricoltura

è fondamentale ricordare che i concimi organici di origine zootecnica (letame e liquame) vengono da sempre impiegati in

agricoltura senza alcun limite di riferimento per quanto riguarda la

contaminazione microbiologica

CONCLUSIONI PROBLEMATICHE GESTIONALI DI UN IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI BIOGAS

• DIFFICILE SCELTA DELLA BIOMASSA INIZIALE

• CARICO DEL DIGESTORE IN CUI AVVIENE LA CODIGESTIONE DI REFLUI E COLTURE DEDICATE

• FORMAZIONE DI CROSTA ALL’INTERNO DEL

FERMENTATORE

• CARENZA DI SISTEMI DI MONITORAGGIO DEL PROCESSO

• RIDOTTA UTILIZZAZIONE DELL’ENERGIA TERMICA

• EMISSIONI DI AMMONIACA ED ANIDRIDE

CARBONICA DAL DIGERTITO

SISTEMI TRADIZIONALI PER IL CARICO DELLE BIOMASSE

VASCA DI STOCCAGGIO CON SISTEMA DI COPERTURA TRADIZIONALE

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VASCA DI STOCCAGGIO CON SISTEMA DI COPERTURA GALLEGGIANTE

STRUTTURA GALLEGGIANTE PERIFERICA

STRUTTURA GALLEGGIANTE CENTRALE

FASI DI MONTAGGIO

DELLA COPERTURA

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VANTAGGI NELLA

COPERTURA DELLA VASCA

DI STOCCAGGIO

VANTAGGI NELLA

COPERTURA DELLA VASCA

DI STOCCAGGIO

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