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LA CONVERSIONE DI COSTANTINO Riassunto del capitolo secondo “La conversione di San Costantino” del libro di Monsignor Antonio Francesco Spada, “Santu Antine - La sagra di San Costantino Imperatore”, Carlo Delfino Editore, 2009. Una conoscenza più completa di Costantino, specialmente per quanto riguarda la sua conversione alla fede cristiana, si ha principalmente dalle opere di Eusebio, vescovo di Cesarea, “Storia Ecclesiastica” e “Vita di Costantino”, da quelle di Lattanzio, “De mortibus persecutorum”, e da alcuni “Panegirici” latini. Costantino, ancora pagano, ricerca un Dio protettore. La visione della croce. In gioventù Costantino seguiva, come suo padre, il culto pagano del Sole di Emesa (Sol Invictus), il signore celeste dell’Impero Romano, che era stato introdotto insieme al culto dell’imperatore come religione di Stato nel 274 circa e si era diffuso particolarmente tra i militari. Dopo la morte del padre e quando fu nominato imperatore dai suoi soldati, dovette affrontare nuovi pericoli e la guerra contro gli avversari, particolarmente contro Massenzio. Egli iniziò la ricerca di un Dio che lo proteggesse, di un aiuto divino. Eusebio, vescovo di Cesarea, in “Vita di Costantino” racconta che Costantino stesso gli confidò che andava cercando un Dio protettore e che lo individuò nel Dio dei cristiani. Anche Lattanzio, appena cinque anni dopo la battaglia di Ponte Milvio, scrisse nel “De mortibus persecutorum” che Costantino era stato ammonito in sogno di apporre sugli scudi dei suoi soldati il celeste segno di Dio e di cominciare la battaglia. La scoperta di alcune monete coniate a Ticinum nel 315 hanno dato ancora maggiore forza alla tesi della visione del monogramma di Cristo. Esse infatti raffigurano sovrapposte sull’elmo di Costantino le due lettere greche iniziali del nome di Cristo, (X) (Chi) e P (Rho). Dopo la vittoria su Massenzio, Costantino fece il suo ingresso trionfale a Roma, acclamato da tutti, senatori e popolo. Non ringraziò della vittoria gli dei pagani, tuttavia continuò a conservare il titolo di pontifex maximus, cioè capo del collegio dei sacerdoti pagani, svolgendone l’ufficio. Nel luogo dell’ultimo accampamento prima della battaglia, a Malborghetto distante circa 16 km da Roma, fece costruire un arco di trionfo, mentre in un altro posto nella città fu innalzata una statua con il segno della croce nella destra e con l’iscrizione: “Con questo segno salvifico, vero emblema di fortezza, liberai la vostra città dalla tirannide”. Il Senato costruì poi il grandioso arco di trionfo, l’Arco di Costantino, vicino al Colosseo. Le scoperte archeologiche fatte nei sotterranei di San Pietro a Roma sono un’altra testimonianza della visione della croce: in uno dei graffiti nel

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LA CONVERSIONE DI COSTANTINO Riassunto del capitolo secondo “La conversione di San Costantino” del libro di Monsignor Antonio Francesco Spada, “Santu Antine - La sagra di San Costantino Imperatore”, Carlo Delfino Editore, 2009. Una conoscenza più completa di Costantino, specialmente per quanto riguarda la sua conversione alla fede cristiana, si ha principalmente dalle opere di Eusebio, vescovo di Cesarea, “Storia Ecclesiastica” e “Vita di Costantino”, da quelle di Lattanzio, “De mortibus persecutorum”, e da alcuni “Panegirici” latini. Costantino, ancora pagano, ricerca un Dio protettore. La visione della croce. In gioventù Costantino seguiva, come suo padre, il culto pagano del Sole di Emesa (Sol Invictus), il signore celeste dell’Impero Romano, che era stato introdotto insieme al culto dell’imperatore come religione di Stato nel 274 circa e si era diffuso particolarmente tra i militari. Dopo la morte del padre e quando fu nominato imperatore dai suoi soldati, dovette affrontare nuovi pericoli e la guerra contro gli avversari, particolarmente contro Massenzio. Egli iniziò la ricerca di un Dio che lo proteggesse, di un aiuto divino. Eusebio, vescovo di Cesarea, in “Vita di Costantino” racconta che Costantino stesso gli confidò che andava cercando un Dio protettore e che lo individuò nel Dio dei cristiani. Anche Lattanzio, appena cinque anni dopo la battaglia di Ponte Milvio, scrisse nel “De mortibus persecutorum” che Costantino era stato ammonito in sogno di apporre sugli scudi dei suoi soldati il celeste segno di Dio e di cominciare la battaglia. La scoperta di alcune monete coniate a Ticinum nel 315 hanno dato ancora maggiore forza alla tesi della visione del monogramma di Cristo. Esse infatti raffigurano sovrapposte sull’elmo di Costantino le due lettere greche iniziali del nome di Cristo, (X) (Chi) e P (Rho). Dopo la vittoria su Massenzio, Costantino fece il suo ingresso trionfale a Roma, acclamato da tutti, senatori e popolo. Non ringraziò della vittoria gli dei pagani, tuttavia continuò a conservare il titolo di pontifex maximus, cioè capo del collegio dei sacerdoti pagani, svolgendone l’ufficio. Nel luogo dell’ultimo accampamento prima della battaglia, a Malborghetto distante circa 16 km da Roma, fece costruire un arco di trionfo, mentre in un altro posto nella città fu innalzata una statua con il segno della croce nella destra e con l’iscrizione: “Con questo segno salvifico, vero emblema di fortezza, liberai la vostra città dalla tirannide”. Il Senato costruì poi il grandioso arco di trionfo, l’Arco di Costantino, vicino al Colosseo. Le scoperte archeologiche fatte nei sotterranei di San Pietro a Roma sono un’altra testimonianza della visione della croce: in uno dei graffiti nel

“muro G” presso la tomba di San Pietro è raffigurata accanto al monogramma costantiniano, il motto “Hoc vince” che secondo la tradizione di Eusebio, vescovo di Cesarea, Costantino avrebbe visto risplendere nel cielo accanto al segno di Cristo, prima della battaglia. Nonostante ciò non si può affermare che Costantino sia partito pagano dalla Gallia ed arrivato cristiano a Roma. Era un soldato, preso dalla volontà di vittoria e assorbito dai problemi pratici. Tuttavia in quel tempo la sua vita ebbe probabilmente una svolta: la sua non poteva essere una vera conversione ma probabilmente solo l’avvio al catecumenato. Non diventò cristiano prima della battaglia, né subito dopo la vittoria. La sua mentalità ancora pagana gli imponeva l’estinzione del debito verso il Dio dei cristiani mediante il culto, senza l’obbligo di coinvolgere la propria vita con la fede. Probabilmente aggiunse al culto precedente quello del Dio dei cristiani. L’incontro con Licinio a Milano (313) Un altro tema discusso dai critici riguarda il cosiddetto “Editto di Milano” che Costantino e Licinio avrebbero emanato, dopo che si incontrarono in quella città per prendere decisioni importanti. L’esistenza dell’editto è stata messa in dubbio perché non si è mai trovato il documento anche se è stato citato in diverse fonti. L’accordo di Milano rappresenta il punto di svolta tra la storia antica ed il Medioevo. Esso stabili la fine delle persecuzioni dei cristiani; la concessione della libertà di culto a tutti i cittadini; la restituzione ai cristiani di tutti i beni che erano stati loro sequestrati durante le persecuzioni. Costantino e i concili di Arelate (314) e di Nicea (325) Costantino fu chiamato dai cristiani stessi a dirimere contrasti tra essi su alcune verità di fede. La prima eresia fu quella dei Donatisti. Essi dicevano che i lapsi, i caduti, cioè coloro che durante le persecuzioni avevano rinnegato la fede, non potevano amministrare validamente i sacramenti neanche dopo il pentimento e l’espiazione della colpa, e facevano dipendere l’efficacia del battesimo e dell’ordine sacro dalla dignità del ministro. Venne convocato un sinodo dei Vescovi, che si riunì ad Arelate (Arles), in Gallia, nel 314. Alla fine della disputa i Donatisti furono condannati come eretici e Costantino li proscrisse per evitare turbamenti della pace pubblica. Non è ancora chiaro se Costantino fosse solo un governante che cercava la pace tra i suoi cittadini, oppure se già convertito entrava in modo sempre più approfondito nei principi cristiani. Costantino fu chiamato a dirimere un’altra questione. Si trattava dell’eresia di Ario, prete libico, che sottolineando l’unicità e la trascendenza di Dio, affermava che il figlio è una creatura, sebbene di ordine superiore, ed è generato dal Padre nel senso che è fatto da Lui. Di conseguenza il figlio di Dio non sarebbe della stessa sostanza del Padre, né eterno. Costantino invitò Ario ed il vescovo Alessandro ad arrivare ad un accordo; ma poiché ciò non avvenne convocò i vescovi al concilio di Nicea, in Bitinia, nel 325. Alla fine i vescovi raggiunsero l’accordo unanime definendo che il

Verbo è “Dio vero da Dio vero, generato non fatto, della stessa sostanza del Padre”. I libri dell’eretico furono condannati al rogo. Successivamente Costantino, ingannato da un prete ariano, concesse udienza ad Ario e lo riabilitò, dopo una professione di fede vaga e ambigua. Costantino, nel dirimere il contrasto, in realtà, non si intromise nelle questioni dogmatiche, applicando il principio di Cristo: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. In quale periodo si deve porre la conversione di Costantino, cioè la sua adesione convinta e totale ai principi cristiani? La conversione di Costantino viene fissata da moderni studiosi, che si basano su fonti classiche, al 326 circa. Nel 324 vi fu la vittoria definitiva a Crisopoli di Costantino su Licinio. Successivamente ci furono i tragici avvenimenti del 326 cioè la morte del figlio Crispo e della moglie Fausta. Crispo, all’età di 21 anni, fu condannato a morte dal Senato di Pola ed ucciso. Poco dopo venne annegata nel bagno Fausta, la trentenne moglie di Costantino. I due episodi nei quali Costanatino, secondo alcuni, sarebbe pesantemente coinvolto vengono ritenuti collegati al peccato di adulterio. Secondo questa tesi, Costantino nel 326 fece uccidere il figlio Crispo avuto da Minervina, su istigazione della matrigna Fausta, e successivamente la stessa sua moglie Fausta, sospettata di attentare al suo onore. Non si sa, tuttavia, cosa avvenne con certezza. Soffermandoci sulla conversione di Costantino, il testo pagano di Zosimo (“Istoria nea”) e quello cristiano di Eusebio di cesarea (“Vita Costantini”) la pongono dopo la metà degli anni venti, cioè dopo il concilio di Nicea. Eusebio e Zosimo dicono che Costantino cercò il colloquio con i sacerdoti cristiani e da loro ebbe l’istruzione religiosa. In quel periodo matura la conversione: egli inviò i “manifesti” alle province d’Oriente per raccontare l’origine della sua conversione. Si trattava della fede di un catecumeno che non era ancora membro del corpo della Chiesa ma che aveva manifestato il desiderio di ricevere il battesimo. Perché Costantino restò catecumeno Secondo gli autori sopra ricordati, Costantino visse da catecumeno almeno dal 326, anche se le sue opere ed i suoi discorsi sembrerebbero anticipare tale data di vari anni. La lunga permanenza di Costantino nel catecumenato si può spiegare con le regole allora adottate nell’ambito della Chiesa. La Chiesa antica aveva instaurato una disciplina penitenziale molto rigida: la maggiore difficoltà per il peccatore non consisteva nell’accusare le proprie colpe ad un sacerdote, ma nell’eseguire la penitenza, che era pubblica, severa e lunga anche anni. Per queste ragioni l’antichità cristiana, dal II al VI secolo, aveva timore della confessione e anche del battesimo, che veniva ritardato volentieri. Coloro che cadevano in peccato grave dopo il battesimo potevano essere assolti con l’imposizione di una penitenza pubblica, una sola volta. Per i recidivi non c’era una seconda assoluzione e il sacramento della penitenza non veniva accordato più. Molti quindi ritardavano il battesimo fino al

termine della vita, nella speranza di ottenere il perdono di tutti i peccati ed entrare nella gloria di Dio. Secondo lo storico italiano Santo Mazzarino (1916 –1987), la circostanza che Costantino attenda la morte per ricevere il battesimo ci fa capire che egli era ansioso di arrivare presso il suo Dio senza macchia, con la recente purificazione del battesimo. Verso l’Impero cristiano Dal giorno in cui appose le iniziali del nome di Cristo sugli sudi dei suoi soldati prima della battaglia di Ponte Milvio, Costantino intervenne a favore della Chiesa. Questa azione di Costantino può classificarsi in tre fasi. La prima fase va al 312 al 320: Costantino rispettò il paganesimo, ma esalto sempre più la Chiesa. La seconda fase va dal 320 al 320: Costantino inserì l’organizzazione della Chiesa nella vita pubblica e mosse un attacco al paganesimo. La terza fase va dal 330 al 337, ossia fino alla sua morte: Costantino dichiarò la sua avversione alle antiche religioni, fece opera di proselitismo e invitò i soldati a convertirsi al cristianesimo. Egli inoltre dava alla legislazione un carattere sempre più cristiano. Le grandi basiliche cristiane A Costantino vengono attribuite la costruzione delle grandi basiliche cristiane. Costantino donò a papa Silvestro il palazzo del Laterano; egli costruì la basilica dedicata al Salvatore, che più tardi divenne Basilica dei Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, e l’attiguo battistero. La basilica venne totalmente ricostruita in età barocca. Anche la chiesa di San Pietro in Vaticano viene attribuita a Costantino. La chiesa fu edificata su richiesta di papa Silvestro. Costantino costruì anche un loculo per deporvi il corpo di San Pietro. La Chiesa venne ricostruita nel Rinascimento. Durante il pontificato di Pio XII, sotto il pavimento, fu ritrovata la tomba di San Pietro. Anche la costruzione della basilica di San Paolo fuori le mura, sulla via Ostiense, viene attribuita a Costantino. La basilica, distrutta da un incendio, fu ricostruita nel 1823. Costantinopoli fu arricchita di numerose basiliche, tra le quali quella dei Santi Apostoli, nell’atrio della quale venne sepolto Costantino. A Gerusalemme edificò la chiesa del Santo Sepolcro, poi ricostruita al tempo dei crociati. A Betlemme la madre di Costantino, Sant’Elena, fece costruire la basilica della Natività. Le leggi cristiane I venticinque anni dell’impero di Costantino segnarono la prima decisiva tappa verso la cristianizzazione. Costantino abolì il supplizio della crocifissione e propose la croce come simbolo di salvezza per tutti. Vietò la marchiatura sulla fronte dei deportati, tutelò la libertà degli schiavi e la dignità degli illegittimi, protesse la famiglia ed i bambini; si occupò dei bambini bisognosi. Proibì i combattimenti

nell’anfiteatro. Estese a tutto l’Impero la festività della domenica, riconoscendola come giorno di riposo da dedicare al Signore. Si fece promotore della diffusione del cristianesimo. Il battesimo e la morte di Costantino Nel 337, dopo aver dato ordine all’esercito di prepararsi alla guerra contro i Persiani, partecipò a Costantinopoli ai riti pasquali. Successivamente fu colto da malore e da febbre alta. Si fece portare ad Elenopoli e da lì ad Ankyrona, un sobborgo di Nicomedia. Sentendosi vicino alla morte, chiamò i vescovi che stavano con lui, chiedendo di ricevere il battesimo che fu amministrato da Eusebio, vescovo di quella città. Si tolse l’abito imperiale ed indossò l’abito bianco dei neofiti. Prima del sacro rito disse: “E’ venuto il giorno del quale avevo da molto tempo viva sete. E’ questa l’ora della salvezza che aspettavo da Dio”. Dopo il battesimo disse:”In questo giorno sono davvero felice. Io vedo la luce divina”. Morì pochi giorni dopo aver ricevuto il battesimo, il 22 maggio 337, a circa 57 anni. Con il rito del battesimo si era compiuto l’atto conclusivo del suo lungo cammino di adesione totale alla fede, durato circa 25 anni. Il genio di Costantino Costantino fu il primo imperatore romano a ricevere il battesimo. Ciò è stato un atto di rilevanza straordinaria per la diffusione della fede nel mondo. La nuova Roma cristiana elevò sul piano spirituale le doti eminenti dell’antica e le illuminò di una luce più umana. Egli - come è stato affermato - ha avuto il coraggio di spezzare i vecchi schemi e di accettare senza grandi compromessi il portato dell’enorme trasformazione che si era compiuto nell’impero.