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1 La cogenerazione di piccola scala (tesina preparata a conclusione del corso di Energetica Elettrica Laboratorio, A.A.2006/2007) Cap 1 redatto da Bossi Michele Cap 2 redatto da Emolumento Marta Cap 3 redatto da Ferrara Letizia Gruppo 4 Bossi Michele (LT, Ingegneria elettrica) Emolumento Marta (LT, Ingegneria elettrica) Ferrara Letizia (LT, Ingegneria elettrica) Versione del 2007/07/09

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La cogenerazione di piccola scala (tesina preparata a conclusione del corso di Energetica Elettrica Laboratorio,

A.A.2006/2007)

Cap 1 redatto da Bossi Michele

Cap 2 redatto da Emolumento Marta

Cap 3 redatto da Ferrara Letizia

Gruppo 4

Bossi Michele (LT, Ingegneria elettrica)

Emolumento Marta (LT, Ingegneria elettrica)

Ferrara Letizia (LT, Ingegneria elettrica)

Versione del 2007/07/09

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COGENERAZIONE DI PICCOLA SCALA

Il continuo aumento della richiesta di energia sta portando ad una rivoluzione sul piano energetico nazionale ed internazionale. Oltre allo sviluppo delle tecnologie che mirano a sfruttare le fonti rinnovabili, si cercano di migliorare quelle già esistenti. Una di queste è la cogenerazione, in particolare quella di piccola scala sta cercando di affermarsi nel mercato energetico.

CAPITOLO 1

Con cogenerazione si intende produzione combinata di energia elettrica e calore, in modo da poter così ottenere un rendimento complessivo della trasformazione da combustibile ad energia effettivamente sfruttabile, di gran lunga superiore rispetto ai metodi di produzione separata di energia elettrica e calore. Infatti con la cogenerazione si riesce a recuperare e quindi utilizzare la parte di energia che, nelle centrali elettriche tradizionali, viene ceduta, tramite il condensatore all’acqua condensatrice e quindi completamente perduta nei corsi d’acqua o in atmosfera. L’energia ceduta all’acqua condensatrice spesso è molto maggiore dell’energia elettrica che si è riusciti a produrre, quindi recuperandola si riescono ad ottenere rendimenti che arrivano oltre l’80% per impianti cogenerativi, contro circa il 35% per la produzione di energia elettrica e l’85% per la produzione di calore con caldaia tradizionale. Da qui si può facilmente osservare che con la cogenerazione si ha un aumento del rendimento globale, rispetto alla produzione separata, di circa il 25% con un risparmio di energia primaria di circa 44%. La figura sottostante ne illustra graficamente le differenze.

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Naturalmente la cogenerazione è possibile solo nel caso in cui la domanda di energia elettrica e termica siano simultanee, altrimenti si renderebbe necessario disperdere il calore con la conseguenza che il rendimento calerebbe drasticamente, nel caso in cui ci sia eccesso di produzione elettrica quest’energia viene ceduta alla rete elettrica nazionale, con la quale gli impianti sono in parallelo, venendo quindi pagata ed utilizzata da terzi. Gli impianti di cogenerazione sono costituiti sostanzialmente da tre componenti fondamentali:

- un alternatore, che converte l’energia meccanica prodotta dal motore primo in energia elettrica;

- scambiatori di calore che permettono di trasferire il calore prodotto dal motore primo ad un fluido, solitamente acqua, che andrà ad alimentare le utenze sotto forma di acqua calda oppure vapore, a seconda delle necessità e del motore primo scelto;

- il terzo elemento sono i motori primi che possono essere:

• Turbine a vapore

si suddividono in impianti a contropressione o a condensazione e spillamento. Questi tipi di motore primo consentono di raggiungere potenze elevate e permettono l’utilizzazione di innumerevoli tipi di combustibile, ma dato l’alto costo iniziale dell’impianto e la scarsa capacità dell’impianto d’adattarsi alle variazioni di carico delle utenze, vengono normalmente utilizzate solo per impianti di grandi dimensioni e non per la generazione di piccola scala.

• Turbine a gas

stanno avendo un notevole sviluppo grazie al loro utilizzo nei cicli combinati, hanno tempi di realizzazione brevi e sono impianti molto compatti rispetto a quelli a vapore. Le turbine a gas sono accoppiate ad un compressore che comprime l’aria in ingresso prima della combustione, questa avviene sempre con un eccesso d’aria elevato, in modo da non far superare ai fumi le temperature di esercizio dei materiali che compongono la turbina. Per evitare che le pale della turbina si scaldino eccessivamente vengono raffreddate dall’interno con uno spillamento d’aria fresca proveniente dal compressore, questa crea un film d’aria protettivo, che permette alle pale di restare “isolate” rispetto ai fumi.

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Le turbine hanno velocità di rotazione molto elevate, che per microturbine possono arrivare anche a 120000 giri/min, è quindi necessario un riduttore di giri per poter far lavorare l’alternatore, oppure si fa ruotare l’alternatore ad alta velocità, questo produce energia elettrica ad alta frequenza che poi, tramite convertitori elettronici, verrà riportata in corrente alternata a 50Hz. Questa ultima soluzione ha il vantaggio di richiedere una minore manutenzione ed avere un rendimento di trasformazione migliore.

A causa dell’elevato eccesso d’aria, e quindi di azoto, in camera di combustione e delle elevate temperature a cui avviene la combustione, le turbine a gas sono soggette alla formazione di NOx, per ridurne la formazione si iniettano in camera di combustione vapore o acqua, se questo non bastasse possono essere applicati dei convertitori catalitici allo scopo di ridurre ulteriormente il quantitativo di NOx nei fumi. Un altro problema delle turbine a gas, lavorando con aria ad alta pressione, è il rumore che però, trattandosi di onde sonore ad alta frequenza, riescono ad essere smorzate con relativa facilità da materiali fonoassorbenti.

Per la micro cogenerazione negli ultimi anni sono state sviluppate delle microturbine, che fino a poco tempo fa non avevano larga diffusione a causa dei bassi rendimenti e dei costi d’acquisto elevati, ma con la loro propagazione i costi stanno diminuendo e grazie a recenti studi si riescono ad ottenere, in cogenerazione, rendimenti tra il 75 e l’82%. Inoltre le aziende produttrici tendono a fornire l’impianto pronto al funzionamento, con solo i collegamenti da effettuare

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Le microturbine sono in grado di fornire sia calore ad alta temperatura, proveniente dai fumi di scarico, sia calore a bassa temperatura. L’indice elettrico, cioè il rapporto tra energia elettrica ed energia termica prodotte, varia tra 0,2 e 4

• Motori a combustione interna: a ciclo Otto o ciclo Diesel

questi tipi di motori , che non vengono molto utilizzati per impianti di grandi dimensioni, hanno invece trovato larga diffusione in impianti medio piccoli, grazie alla loro facilità d’installazione ai bassi costi di manutenzione e di investimento iniziali. Dallo schema sotto riportato si vede come il calore venga recuperato dai gas di scarico ad alta temperatura e dal raffreddamento dell’olio e dell’acqua di raffreddamento per produrre acqua calda.

Dato che questi tipi di motore devono lavorare ad una temperatura di regime praticamente costante, infatti non possono essere ammesse durante il funzionamento grandi escursioni di temperatura che comporterebbero il rischio di surriscaldamento dei segmenti e dei pistoni con la possibilità di grippaggi del motore, vengono installati dei dispositivi

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in grado di dissipare l’energia termica prodotta dal motore nel caso in cui l’utenza smetta di richiederne. L’alternativa è installare serbatoi d’accumulo che immagazzinano il calore nei momenti in cui c’è bassa richiesta e lo cedono quando la richiesta è superiore alla produzione da parte del motore.

Anche in questo tipo di motori vi è il problema dell’inquinamento acustico, risolto collocando il motore su tamponi elastici, installando silenziatori allo scarico e confinando il motore in cabine fono isolate.

Questi tipi di motori hanno un rendimento elettrico piuttosto elevato, attorno al 35% e un indice elettrico variabile tra 0,4 e 2,2.

• Celle a combustibile:

questo tipo di tecnologia è ancora in fase sperimentale e non ha larga diffusione al momento, ma viene ritenuta molto valida in quanto ha rendimenti elettrici che si aggirano attorno al 50%. Le celle a combustibile sono in grado di convertire l’energia chimica del combustibile in energia elettrica. Esse sono costituite da un anodo (-), un catodo (+) solitamente formati da carbone poroso platinato e da un elettrolita interposto tra anodo e catodo. Il combustibile viene fatto fluire sull’anodo, mentre sul catodo viene fatto fluire l’ossigeno (solitamente aria) in questo modo vengono alimentate le reazioni di ossidazione e di riduzione.

Il notevole vantaggio è dato dall’assenza negli scarichi di sostanze inquinanti, infatti viene prodotto vapore acqueo.

Dato che ogni singola cella produce una tensione compresa tra 0.5 e 1.5 V a seconda dell’elettrolita e del carico a cui è collegata, si rende necessario collegare tra loro molte celle in modo da ottenere il valore di tensione desiderata, questo insieme di celle è detto pila a combustibile. L’indice elettrico in questo caso si aggira attorno all’unità.

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• Motori a combustione esterna: Stirling nemmeno questi sono molto diffusi, ma stanno prendendo piede in quanto per il suo funzionamento può essere usata una qualunque fonte di energia termica.

E’ quindi importante scegliere il motore primo più adatto alle proprie esigenze tenendo in conto soprattutto delle quantità di energia elettrica e termica necessarie in modo da poter far funzionare l’impianto senza sprechi.

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COGENERAZIONE E LEGISLAZIONE

Da punto di vista legislativo la cogenerazione è definita come, impianto di produzione combinata di energia elettrica e di calore; quelli che utilizzano calore di risulta, fumi di scarico ed altre forme di energia recuperabile in processi e in impianti.

Dal 1982 con la legge n.29 si è cominciato a liberalizzare il mercato dell’energia, infatti questa legge autorizzava la costruzioni di centrali per la produzione di energia elettrica da cogenerazione e fonti rinnovabili che non avessero potenze superiori ai 3MW. L’energia prodotta doveva essere però consumata direttamente dal produttore e l’energia eventualmente in eccesso non poteva essere venduta a terzi ma solo all’ENEL.

Nel 1991 con le leggi n.9 e 10, riguardanti l’incentivazione per la razionalizzazione dell’energia e il risparmio energetico per tentare di diminuire la dipendenza energetica dell’Italia dai paesi esteri, si elimina la limitazione di potenza degli impianti e liberalizza la cessione a terzi di energia, secondo tariffe stabilite dal ministero dell’industria.

Nel 1992 con il provvedimento CIP 6/92 si equipara la cogenerazione alle fonti rinnovabili se l’indice energetico Ien è maggiore o uguale a 0.51 (cip6/92) ed è calcolato come segue:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −−++=

EcEe

EcEt

EcEeIen 51.01

51.01

9.01 dove:

Ee = Energia elettrica utile prodotta annualmente dall'impianto, al netto dell'energia assorbita dai servizi ausiliari, sulla base del programma annuale di utilizzo;

Et = Energia termica utile prodotta annualmente dall'impianto;

Ec = Energia immessa annualmente nell'impianto attraverso i combustibili fossili commerciali.

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Questo indice veniva prima verificato dall’ENEL a cui si dovevano dare i vari parametri, poi con il decreto legislativo n. 112/98 le verifiche vengono attribuite alle regioni, per impianti fino a 300MW. Con la liberalizzazione del settore energetico e la delibera n.22/99 questa funzione è passata all’AEEG (Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas) alla quale le aziende dovevano comunicare lo Ien. Con la legge del 2007 l’indice Ien non ha più valore, o meglio, ha valore solamente per chi, prima dell’ entrata in vigore della nuova legge, usufruiva dei finanziamenti dovuti alla comunicazione di questo indice.

Il provvedimento Cip 6/92 in sostanza garantiva alla cogenerazione, come per gli impianti a fonti rinnovabili, un prezzo minimo garantito per il pagamento dell’energia da esso prodotta. Le tariffe vengono aggiornate ogni anno e tengono conto di:

o costo evitato di impianto;

o costo evitato di esercizio, manutenzione e spese generali connesse;

o costo evitato di combustibile;

o ulteriore componente (per i primi otto anni di esercizio dell'impianto).

Nel 2002 l’AEEG ha emanato la delibera 42/02 con la quale si stabiliscono due parametri e i loro relativi valori limite perché un impianto possa essere considerato di cogenerazione. Questi indici sono:

1) l’ indice di risparmio di energia IRE che è il rapporto tra il risparmio di energia primaria conseguito dalla sezione di cogenerazione rispetto alla produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e termica e l’energia primaria richiesta dalla produzione separata definito dalla formula:

indts

ind

civts

civ

es

EtEtp

EeEcIRE

,,

1

ηηη++

−=

dove:

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- Ec è il consumo di energia primaria della sezione d’impianto in cui viene calcolato l’IRE;

- Ee è l’energia prodotta dalla sezione dell’impianto al netto dei consumi dei servizi ausiliari;

- Etciv

è l’energia termica prodotta dall’impianto per usi civili;

- Etind

sé l’energia termica destinata ad uso industriale;

- ηes

è il rendimento elettrico medio netto per la produzione di sola

energia elettrica;

- ηts,civ

è il rendimento termico netto medio annuo per la produzione di

sola energia termica per usi civili Etciv

;

- ηts,ind

è il rendimento termico netto medio annuo per la produzione di

sola energia termica per usi industriali Etind

;

- p è un coefficiente che rappresenta le minori perdite di trasporto e di trasformazione dell’energia elettrica che gli impianti cogenerativi comportano quando autoconsumano l’energia elettrica autoprodotta, evitando le perdite associate al trasporto di energia. Il coefficiente p è calcolato come media ponderata dei due valori di perdite evitate p

immessa e p

autocons rispetto alle quantità di energia elettrica

autoconsumata Eeautocons

ed immessa in rete Eeimmessa

, secondo la

seguente formula:

autoconsimmessa

autoconsautoconsimmessaimmessa

EeEeEepEep

p+

⋅+⋅=

2) il Limite Termico (LT) è il rapporto tra l’energia termica utile annualmente prodotta Et e l’effetto utile generato dalla sezione di produzione combinata, pari alla somma dell’energia elettrica netta e dell’energia termica utile prodotte (Ee + Et), riferiti all’anno solare, secondo la seguente formula:

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EtEeEtLT+

=

L’articolo 2 di questa legge presenta le tabelle coi relativi valori per i vari impianti esistenti e in costruzione da inserire nelle formule di LT e IRE che sono: η

es,

ηts,civ

, ηts,ind

, LTmin

e IREmin

. Questi valori vengono aggiornati annualmente dalla

stessa Autorità per l’Energia, però per gli impianti restano validi per 10 anni i valori di riferimento dell’anno in cui sono stati costruiti.

Gli impianti riconosciuti come cogenerativi con il metodo sopra descritto accedono agli incentivi del decreto legge n.79/99 che obbliga all’utilizzazione prioritaria dell’energia prodotta a mezzo di fonti energetiche rinnovabili e di quella prodotta mediante cogenerazione.

Successivamente con la delibera 201/04 viene stabilito l’ordine con cui, a parità di prezzo, l’energia proveniente da cogenerazione ha utilizzazione prioritaria rispetto alle altre fonti fatta eccezione per l’energia da fonti rinnovabili.

Inoltre col decreto n.79/99 gli impianti di cogenerazione non sono più assimilati a fonti rinnovabili e quindi non hanno diritto al rilascio dei certificati verdi, con l’eccezione degli impianti per il tele-riscaldamento, ma non hanno l’obbligo, al contrario degli altri impianti, di acquisto dei certificati verdi.

Successivamente col decreto ministeriale del 20 luglio 2004 viene riconosciuto alla cogenerazione di introdurre un risparmio di energia primaria e quindi il diritto al rilascio dei titoli di efficienza energetica detti anche certificati bianchi. Con il decreto emanato nell’ottobre del 2006 si è stabilito che la cogenerazione con teleriscaldamento non ha più diritto al rilascio dei certificati verdi e che il fabbisogno coperto coi certificati verdi provenga per almeno l’80% de fonti rinnovabili e per un massimo del 20% da cogenerazione per teleriscaldamento. Questo è stato reso necessario in quanto gli impianti cogenerativi hanno solitamente taglie grandi e quindi avevano diritto all’acquisizione di molti certificati verdi che squilibravano il mercato.

Nel decreto n. 239 del 2004 viene detto che l’installazione di un impianto di microcogenerazione è soggetto a norme autorizzative semplificate. In particolare se l’impianto è termoelettrico è soggetto agli stessi oneri tecnici ed autorizzativi di un generatore di calore con la stessa potenza termica.

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Infine con il decreto del 07/02/2007, che si occupa della promozione della

cogenerazione ad alto rendimento, si afferma che entro sei mesi dall’entrata in

vigore di questo decreto verranno stabiliti i criteri per l’incentivazione della

cogenerazione ad alto rendimento.

Definisce inoltre il concetto di cogenerazione ad alto rendimento che risponde a due criteri:

• la produzione mediante cogenerazione che dia un risparmio di energia primaria di almeno il 10% rispetto alla produzione separata di energia elettrica e calore

• la produzione tramite unità di micro-cogenerazione che forniscono un risparmio di energia primaria, sono considerate cogenerazione ad alto rendimento.

Inoltre per le unità di micro-cogenerazione il calcolo di risparmio energetico può essere basato su dati certificati invece che su dati effettivamente misurati.

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CAPITOLO 2 ASPETTI ECONOMICI Gli impianti di micro-cogenerazione sono vantaggiosi dal punto di vista del risparmio energetico perché permettono di ottenere rendimenti maggiori rispetto alla produzione separata di energia elettrica e termica. Ma non basta che contribuiscano a diminuire l’impatto ambientale, essi vengono realizzati solo se è possibile trarne anche un ritorno economico negli anni successivi all’investimento. Di conseguenza occorre stimare i benefici economici annuali derivanti dal risparmio energetico ottenibile dalla scelta di un impianto cogenerativo rispetto ad uno tradizionale. Potrebbe sembrare una valutazione facile, ma bisogna tenere conto di molti fattori che sono soggetti a variazioni nel tempo. Secondo la delibera 42/02 un impianto produce con caratteristiche di cogenerazione quando il suo Indice di Risparmio di Energia (IRE) e il suo Limite Tecnico (LT) sono maggiori di due valori limiti fissati dalla delibera stessa che possono essere così schematizzati: - per sezioni di cogenerazione già esistenti IREmin è pari al 0,050 (5,0%)e rimane fisso, ai fini del riconoscimento della condizione tecnica di cogenerazione, per dieci anni a partire dall’entrata in vigore del provvedimento stesso; - per i rifacimenti di sezione IREmin viene definito 0,080 (8,0%) e rimane fisso per un periodo di quindici anni; - per ciascuna sezione di nuova realizzazione IREmin è pari a 0,100 (10,0%) e rimane fisso anch’esso per quindici anni. Il limite tecnico non può essere inferiore al LTmin che viene fissato pari a 0,150 (15,0%) fino alle stesse scadenze degli IREmin per le diverse sezioni. Un impianto microcogenerativo, così come uno cogenerativo, è un investimento a lungo termine. Perciò si deve tenere presente il concetto di attualizzazione; ovvero se al presente, dalla scelta di utilizzare un impianto cogenerativo, suppongo di ottenere dei risparmi economici dopo n anni questi soldi varranno meno perché soggetti all’inflazione che è la riduzione del valore effettivo del denaro legato al suo potere d’acquisto. In generale attraverso il metodo del flusso di cassa scontato si considerano tutti gli introiti e gli esborsi di denaro relativi alla progettazione, alla costruzione e alla gestione dell’impianto durante la sua vita utile (comprendente la manutenzione). La convenienza dell’investimento si ottiene proprio dalla differenza tra i flussi degli incassi e degli esborsi che possono essere attribuiti ad una cassa ipotetica che gestisce le operazioni finanziarie. I flussi di denaro avvengono in tempi diversi perciò per essere confrontati li si deve attualizzare tutti allo stesso istante a causa della presenza di un tasso di sconto effettivo diverso da zero che valorizza in modo differente le somme di denaro che entrano ed escono dalla cassa in momenti diversi. Perciò i flusso di cassa sono attualizzati (se si

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concretizzano in futuro) o scontati (se nel presente). È importante capire in quanto tempo il capitale investito nel progetto può essere recuperato, prima viene ottenuto più sicuri sull’investimento si può essere. Questa valutazione approssimativa può essere fatta con il metodo del Pay Back (PB). Il PB è definito dal rapporto tra i risparmi economici conseguiti e l’investimento fatto. I risparmi economici derivano in buona parte dai risparmi di energia primaria. Un esempio del calcolo di questi risparmi può essere fatto per sistemi di microcogenerazione nel settore civile per la climatizzazione invernale ed estiva degli ambienti e la produzione di acqua calda sanitaria. Considerando un processo di trigenerazione per la produzione combinata di elettricità, freddo e calore qui schematizzato il risparmio netto di energia primaria conseguibile (RN) è

RN = RNt+RNf+Rne Ottenuti dalle formule

Dove RNt è risparmio di energia primaria riferito a EPt RNf è risparmio di energia primaria riferito a EPf RNe è risparmio di energia primaria riferito a Epe Ec è il contenuto energetico dei combustibili utilizzati [MWh] Ee è l’energia elettrica netta prodotta dall’impianto

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Eeimmessa è l’energia elettrica prodotta in eccesso e ceduta alla locale rete di distribuzione [MWh] Et è l’energia termica utile complessivamente prodotta dagli impianti e destinata a soli usi civili [MWht] EFe è l’energia elettrica assorbita dall’utenza servita, per usi diversi dalla climatizzazione [Mwhe] EFf è l’energia frigorifera destinata a usi diretti di raffrescamento ambienti [MWhf] EFt è la quota di Et destinata a usi diretti di riscaldamento, post-riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria [MWht] EPc è l’energia primaria corrispondente ai combustibili impiegati dagli impianti [tep] EPe è l’energia primaria corrispondente all’energia elettrica netta prodotta Ee [tep] EPf è l’energia primaria corrispondente all’energia frigorifera fornita EFf [tep] EPt è l’energia primaria corrispondente all’energia termica fornita EFt [tep] EP è l’energia primaria complessiva, associata ai flussi energetici prodotti dall’impianto [tep] EP=EPt+EPf+EPe Pn è la potenza della caldaia sostituita o della caldaia di riserva/integrazione con la quale il calore verrebbe prodotto in assenza di cogenerazione fE è il fattore di conversione dell’energia elettrica in energia primaria (0,207 tep/MWhe per l’anno 2007) IREmod è l’indice di risparmio energetico TEE sono i Titoli di Efficienza Energetica riconosciuti all’intervento suddivisi in tre tipi. Questi dati sono rilevati con misure dirette tramite strumentazioni di adeguata precisione o, dove non è possibile, con misure indirette ma con uguale precisione del metodo diretto. A questo punto è possibile compilare una scheda di rendicontazione.

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COLLEGAMENTO CON LA RETE ELETTRICA Un impianto cogenerativo può funzionare in isola oppure in parallelo con la rete o in entrambe le modalità (più difficoltosa). Il funzionamento ad isola consiste nell'isolamento totale dell'utente dalla rete. Questa soluzione è adatta a quelle località che per motivi geografici (ad esempio paesini di alta montagna) non riescono ad essere servite dalla rete pubblica; ma non sono molto numerose. La maggior parte degli impianti cogenerativi è collegata in parallelo alla rete elettrica. Questa soluzione ha il vantaggio per il proprietario dell'impianto cogenerativo di immettere in rete l'energia elettrica autoprodotta in eccesso e in un secondo momento di prelevarla dalla rete quando la sua produzione risulta essere insufficiente. Dal punto di vista pratico non è così semplice lo scambio d’energia elettrica nelle due direzioni utente-rete. L'allacciamento deve soddisfare i requisiti tecnici previsti dalle norme tecniche CEI; queste sono in continua fase d’evoluzione per rispondere in modo sempre più efficace alle esigenze correlate alla generazione distribuita. Si deve poter misurare con precisione la quantità di energia elettrica che fluisce nelle due direzioni perché il proprietario dell'impianto, che possiamo chiamare utente, paga solo la differenza tra l'energia consumata e quella immessa in rete. Qualora questa differenza fosse negativa, ovvero l'energia assorbita dalla rete è minore di quella che vi è stata immessa, l'utente ha diritto ad un equivalente credito d’energia elettrica da utilizzare successivamente entro un periodo di tempo stabilito. La scelta delle regole da applicare a questa situazione è

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determinante in quanto incide sui possibili ritorni economici della cogenerazione ma soprattutto della microcogenerazione, più avanti spiegherò il motivo. Diventa necessaria una ristrutturazione delle reti di distribuzione e dei dispositivi di interfaccia con esse per creare le condizioni per renderle capaci di gestire flussi bidirezionali e, in caso, di dialogare con generatori e carichi per ottimizzare in funzionamento delle reti stesse. Gli aspetti di connessione alla rete di generazione distribuita sono attualmente coperti in Italia dal punto di vista tecnico dalla norma CEI 11-20 “Impianti di produzione di energia elettrica e gruppi di continuità collegati a reti di I e II categoria.” La norma si applica agli impianti di produzione rotanti, statici e a gruppi di continuità(UPS), per quanto applicabile in installazione fissa, mobile o trasportabile di potenza superiore ad 1 kW. Tali sistemi convertono ogni forma di energia utile in energia elettrica e sono collegati in parallelo alle reti pubbliche di I (BT) e II (MT) categoria in modo normale, di breve durata oppure funzionanti in isola su una rete del produttore. Gli impianti di produzione sono costituiti dai seguenti componenti: A con riferimento alla fonte di energia: - motore a combustione interna o esterna, motore ad espansione, motore eolico, motore idraulico, motore elettrico; - celle a combustibile, accumulatore elettrochimico, celle fotovoltaiche; B con riferimento alla macchina elettrica: - Generatori sincroni,generatori asincroni, convertitori c.c./c.a., . convertitori

c.a./c.c., convertitori c.a./c.a. C con riferimento al bilancio energetico: - Impianti senza o con accumulo, impianti con produzioni di energia

esclusivamente elettrica o combinata elettrica e di altro tipo. Questa norma non copre tutti gli aspetti che la microcogenerazione e microgenerazione richiedono e sarà quindi rivista dal CEI e utilizzata anche per la discussione a livello europeo ed internazionale. Infatti anche la IEC (International Electrotechnical Commission) e il CENELEC, che è l’ente normatore elettrico europeo, stanno studiando l’argomento. In particolare il CENELEC ha preparato un progetto di norma europea che è già stato approvato ma non ancora ratificato. Si tratta del progetto di norma EN 50438 che ha per oggetto le prescrizioni per il collegamento di microgeneratori in parallelo con le reti pubbliche di distribuzione a bassa tensione. Tale norma è destinata principalmente a impianti del mercato residenziale con microgeneratori fissi indipendentemente dalla sorgente di energia primaria con correnti non superiori a 16 A per fase e tensioni fini a 400V. Questa futura norma non è completamente concorde con la legislazione italiana e prima che entri in vigore il CEI chiederà una cosiddetta deviazione che esenti dal rispetto di parti della norma quando in contrasto con la legge nazionale.

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L’Autorità ha dichiarato che sarà suo compito specificare le condizioni e le tariffe per l’interconnessione degli impianti di microgenerazione e microcogenerazione. Le scelte tecniche e normative non fanno parte dei suoi compiti ma vengono demandate al CEI con cui è stata stipulata una convenzione. L’Autorità però partecipa ai lavori normativi e si impegna a riconoscerli e utilizzarli in particolare per il punto di connessione per il quale sono da definire i diritti e gli obblighi del fornitore e dell’utente. Tali diritti vengono riconosciuti quando l’impianto rispetta le regole tecniche. Per affrontare queste tematiche tecniche alla luce degli aspetti legislativi rappresentati dalle direttive europee, dalle leggi nazionali e degli aspetti regolatori, propri delle Autorità; il CEI ha creato un nuovo comitato tecnico (CT 311) che in collaborazione con il Comitato Termotecnico Italiano riunirà i vari detentori di interessi in questo campo per definire e coordinare le normative tecniche riguardanti gli impianti di micro(co)generazione comprendenti anche fonti alternative come fotovoltaico, eolico e biomasse. Saranno considerati tre tipi di impianti a isola con interconnessione alla rete e misti. Sarà affrontato anche il tema dello stoccaggio di energia oltre che con batterie convenzionali anche ipotizzando l’utilizzo di aria compressa e celle combustibile. Una particolare attenzione va rivolta alla microcogenerazione nel settore residenziale. Infatti è stato rilevato che l'andamento dei prelievi elettrici è caratterizzato da molti picchi di breve durata che quindi comportano la necessità di uno scambio bidirezionale continuo tra rete ed impianto cogenerativo e che possono ridurre le prestazioni della macchina. Per quanto riguarda l'andamento dei carichi termici esso dipende dalla tipologia di utenza considerata ( monofamiliare o condominiale) e per ogni tipo l'andamento non è uniforme, il suggerimento è di adottare un serbatoio di accumulo, dove è possibile. Solitamente quando si realizza un impianto cogenerativo si cerca di soddisfare i carichi di base e non i picchi per evitare di dimensionare eccessivamente l’impianto ed avere un rendimento minore in quanto la maggior parte del tempo funzionerebbe al minimo delle sue possibilità. APPICAZIONE ALL'EDILIZIA RESIDENZIALE Si parla molto spesso di ridurre lo sfruttamento ambientale e negli ultimi decenni il settore industriale ha fatto grandi passi avanti ma ora la sfida è rivolta al terziario e più precisamente all'edilizia residenziale che rappresenta circa un terzo della spesa per combustibili. Per questo ritengo che sia interessante esaminare una ricerca realizzata dal ITC-CNR per un impianto sperimentale di microcogenerazione applicato ad una utenza residenziale con il fine di ottimizzare le prestazioni energetiche del complesso edificio-impianto. È necessario scegliere il motore in base alle esigenze dell'utenza, all'affidabilità, alla maturità tecnologica, alla semplicità di manutenzione e alla reale disponibilità sul mercato dei motori. Questi elementi offrono all'utente finale la garanzia di

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risparmio energetico ed economico oltre ad un corretto funzionamento per un periodo significativo lungo. Le possibilità sono tra sistemi più tradizionali come i motori a combustione interna (MCI) e motori a ciclo Stirling oppure tecnologie innovative quali fuel cell, micro-turbine e sistemi termofotovoltaici (TPV). Sulla base del mercato attuale la scelta migliore è il motore a combustione interna in quanto è più economico e ha una buona efficienza energetica grazie a prestazioni termiche elevate (maggiori di fuel cell e TPV) e buoni rendimenti elettrici (secondi dopo le celle a combustibile). 1 Palazzina sperimentale ITC-CNR

L'edificio preso in considerazione ha tre piani fuori terra di 100 m2 ciascuno, con prestazioni energetiche medie sia dal punto di vista dell’involucro (isolamento) che dell’impianto costituito da una caldaia da 43,6 kW. Si considerano tre unità abitative (una per piano) per le quali è proposto un intervento di retrofit energetico, agendo solo sulla parte impiantistica. È stata molto utile l’applicazione del software EnergyPlus per scegliere correttamente la taglia del package microcogenerativo e dimensionare i diversi componenti d’impianto sulla base del reale fabbisogno termico dell’edificio. EnergyPlus è uno strumento di simulazione dinamica del complesso edificio-impianto . Significativo è stato l’obiettivo di mantenere l’elevata semplicità costruttiva dei sistemi di riscaldamento tradizionali, in quanto in un edificio residenziale già costruito come questo non è allettante per chi vi abita stravolgere completamente le proprie abitudini. Queste considerazioni hanno portato alla scelta di un cogeneratore costituito da un MCI alimentato a gas, con un funzionamento a ciclo Otto, quattro tempi, monocilindrico a pistone (578 cm3) ed è previsto per una durata di oltre 80.000 ore di lavoro. È della marca SenrTec Dachs tipo HKA G-S1 per una potenza elettrica di 5,5 kW e potenza termica 12,5 kW. Inoltre si è installato un catalizzatore ossidante e un generatore asincrono trifase collegato in parallelo con la rete elettrica ed uno scambiatore di calore per gas combusti ed oli lubrificanti.

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2 Cogeneratore SenerTec 3 Sistema di accumulo termico Una caldaia ausiliaria copre i picchi di domanda termica e un serbatoio di accumulo termico (500 litri) serve per superare lo sfasamento temporale della domanda di calore e di elettricità con un accurato controllo delle fasi di carico e di scarico e di conseguenza contenere la taglia del motore primo. Per migliorare l’efficienza del cogeneratore sono state studiate diverse configurazioni di funzionamento di esso: impostazione della temperatura di accensione in relazione o meno al profilo di temperatura esterna, regolazione dello stato di on-off di pompe, elettrovalvole e bruciatore caldaia. In un prossimo futuro sarà possibile anche per le utenze private scegliere il proprio fornitore di energia elettrica in base ai piani tariffari proposti. In questo modo chi avrà un sistema cogenerativo potrà valorizzare economicamente l’energia elettrica autoprodotta concentrando il funzionamento del motore nelle fasce corrispondenti alle ore in cui l’elettricità viene acquistata ad un prezzo più elevato ottenendo consistenti abbattimenti dei costi energetici. Le conclusioni che sono state tratte da questo esperimento evidenziano significativi risparmi di energia primaria conseguibili dall’opzione microcogenerativa rispetto al caso tradizionale di generazione separata (caldaia e produzione elettrica remota): una stima di circa 36.898 kWh pari al 37,9% del fabbisogno energetico annuo complessivo dell’edificio. Interessanti sono anche gli aspetti ambientali che ne derivano con una riduzione del 47% della quantità di C02 emessa in atmosfera. Le emissioni di altri inquinanti quali gli NOX grazie alle tecnologie che evolvono

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rapidamente sono pari o inferiori a quelli emessi da caldaie domestiche. Sul fronte economico l’energia elettrica prodotta e ceduta in rete potrebbe far decollare rapidamente questi sistemi; con un rapporto unitari per il prezzo dell’energia elettrica ceduta e quella acquistata si è ottenuto un tempo di ritorno semplice dell’investimento (circa 18.000€) inferiore ai sette anni. Tenuto conto che al di sopra di 20 kWe i costi tendono a ridursi notevolmente per le tecnologie più consolidate (MCI e microturbine) ,essi risultano nell’ordine degli 800 - 1.200 €/kWe per taglie fino a 1.000 kWe, mentre al di sotto i costi salgono rapidamente. Secondo una ricerca del GSE (Gestore per i Servizi Elettrici) la produzione relativa agli impianti di cogenerazione dal 2003 al 2005 è aumentata da circa 36 TWh sia elettrici che termici (equivalenti al 13% dell’intera produzione elettrica nazionale) a 43 TWh elettrici e 37 TWh termici. È importante osservare dal grafico come, sebbene le unità cogenerative più consistenti siano le turbine a gas

a ciclo combinato, quelle che fanno registrare il maggior tasso di crescita sono le turbine a gas a ciclo semplice, tipiche degli impianti di tagli media e piccola, che quasi raddoppiano nel periodo considerato. L’aumento degli impianti di media e piccola taglia è dovuto in parte all’introduzione di nuovi benefici previsti dalla normativa a partire dal 2004 ovvero - l’entrata in vigore della legge 239/04 (“Riordino del settore energetico, nonché

delega al governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”) che riconosce il diritto di certificati verdi agli impianti di cogenerazione associati a reti di teleriscaldamento.

- La nuova disciplina introdotta dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas con la delibera 34/05, che, sotto opportune condizioni, remunera in modo

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particolarmente conveniente l’energia elettrica prodotta in regime di cogenerazione da impianti di potenza inferiore a 10 MVA.

Questi due provvedimenti hanno esteso l’incentivazione non solo a impianti di grande taglia ma anche ad impianti di piccola taglia.

CAPITOLO 3 Applicazioni industriali In campo industriale la cogenerazione di potenza medio-bassa (da 100kW a 2 MW) trova applicazione essenzialmente nell’ambito di aziende caratterizzate da condizioni ben precise. Anzitutto i costi dell’energia elettrica elevati a causa di contratti di bassa o media utilizzazione oppure perché, in presenza di tariffa multioraria, ci sono forti prelievi nelle fasce orarie più onerose. Sono poi solitamente presenti processi di produzione con elevati consumi termici magari prevalentemente a bassa temperatura che facilitano così l’impiego di motori endotermici più adatti per le realizzazioni di minore potenza. Gli impianti con potenze superori impiegano invece turbine a gas o vapore e sono normalmente di interesse di realtà industriali più significative oppure di consorzi di imprese minori il cui scopo è proprio quello di abbattere mediante un economia di scala i costi fissi dell’impianto. Particolarmente interessante ed ancora aperto a continue e significative innovazioni, è anche in campo industriale, l’uso di residui di lavorazione o di rifiuti urbani ed industriali come combustibili. Gli ultimi sviluppi trattano il biogas, un combustibile derivante dalla trasformazione anaerobica di sostanze organiche contenute nei rifiuti e generalmente composto dal 50-60% di metano, anidride carbonica, composti solforati e acqua.

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Fig. motore endotermico a biogas

I paramenti fondamentali che individuano il campo di applicazione della tecnologia di cogenerazione sono:

• la dimensione dell'impianto;

• il rapporto potenza elettrica/potenza termica;

• la temperatura alla quale deve essere fornito il calore;

• il combustibile utilizzabile;

• il rendimento;

• il costo dell’investimento.

Nel caso più generale e frequente, di carichi e tariffe fluttuanti, il sistema di cogenerazione è chiamato a funzionare in condizioni variabili nel tempo. E’ quindi particolarmente importante chiarire le modalità di regolazione dell’impianto, nella fattispecie i gradi di libertà nella variazione del rapporto elettricità/calore.

Dal punto di vista dell'utilizzo del combustibile vi sono due discriminanti di cui bisogna tenere conto:

• modalità di combustione;

• limiti alle emissioni.

Grazie alla combustione esterna, il ciclo a vapore è il più flessibile; al contrario, la combustione interna ed il funzionamento continuo vincolano la turbina a gas all’uso di combustibili pregiati.

La microcogenerazione La microcogenerazione, ossia la cogenerazione di taglia inferiore ai 50 kWe (potenza elettrica installata; definizione introdotta dalla direttiva 2004/8/CE; in

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Italia è ancora valida la definizione della legge 239/2005 che indica una taglia massima di 1.000 kWe) rientra nel modello della generazione distribuita, che prevede la produzione di energia elettrica e calore laddove l’utenza li richiede, riducendo o eliminando le perdite connesse al trasporto dell’energia e favorendo il ricorso alle fonti rinnovabili. L’evoluzione della tecnologia e le dimensioni del mercato potenziale del residenziale (in Italia 12 milioni di edifici e 26 milioni di appartamenti) hanno favorito negli ultimi anni l’introduzione nel mercato di nuovi modelli di cogeneratori di taglia anche inferiore al kWe, in alcuni casi ancora a livello prototipale, che potranno competere con le caldaie di ultima generazione e con le fonti rinnovabili contribuendo al miglioramento dell’efficienza energetica del sistema. L’impiego di cogeneratori di piccola potenza (sotto i 100 kW elettrici) può trovare un proficuo impiego nell’ambito di quelle realtà caratterizzate da una richiesta termica una cui frazione, anche se di ridotta entità, si mantiene pressochè costante durante l’anno. Nell’ambito del terziario questo si può verificare quando si abbia la presenza di un consumo rilevante di acqua calda per usi sanitari e quindi tipicamente a bassa temperatura (40-48°C). È questo il caso delle piscine dove ad una forte richiesta di acqua sanitaria per i servizi, si aggiunge anche il consumo per il riscaldamento dell’acqua della vasca che, pure se con entità diversa, risulta esteso ad un periodo ben più ampio della stagione invernale. Analogamente si possono considerare le grandi comunità, quali: collegi, ospedali, caserme, scuole e poi impianti sportivi e alberghi. L’impianto di cogenerazione viene allora dimensionato proprio sulla base di questa richiesta termica sempre presente. La conseguente produzione elettrica sarà utilizzata per lo più dall’utente e data la sua entità si dovrà quindi normalmente aggiungere l’integrazione della rete. Viceversa nell’eventualità di esuberi questi possono comunque essere ceduti in modo vantaggioso alle aziende del settore (come l’ENEL) dato l’elevato valore dell’indice energetico Ien. Normalmente ne risultano allora impianti di cogenerazione piuttosto piccoli e quindi necessariamente basati su motori a combustione interna. Sul mercato sono così disponibili molti modelli di unità compatte per la microgenerazione completamente equipaggiate e insonorizzate. Queste utilizzano spesso motori di derivazione automobilistica derivanti da grandi produzioni di serie che permettono così di ridurre i costi. Il generatore elettrico è di tipo asincrono, munito della relativa apparecchiatura di rifasamento, e viene solitamente offerto anche il sistema di auto eccitazione per poter impiegare la macchina come gruppo di emergenza in caso di caduta della linea pubblica. Il recupero termico risulta essere totale e quindi a bassa temperatura (massimo 80/85°C).

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fig. piccola centrale PEM per usi domestici (mini cella a combustibile) Alla macchina cogenerativa vengono quindi affiancati generatori di calore di tipo tradizionale per soddisfare i fabbisogni del riscaldamento invernale ed eventualmente le punte di carico anche negli altri periodi. Il gruppo di cogenerazione, date le sue dimensioni contenute, può così spesso semplicemente venire direttamente alloggiato in centrale termica insieme alle caldaie, che forniscono il calore addizionale. In questo contesto risulta molto conveniente l’introduzione di accumuli termici sia per prolungare nel tempo la produzione dell’acqua calda necessaria in modo da ottimizzare la potenza cogenerativa installata e anche per permettere un funzionamento meno intermittente dei motori. È inoltre così possibile spostare la produzione combinata in periodi più proficui, ad esempio, nelle ore in cui si concentra anche la richiesta elettrica. In queste condizioni si possono realizzare investimenti con tempi di ritorno decisamente interessanti (3/5 anni) anche per le utenze private minori e quindi più restie ad un esposizione finanziaria più lunga. Recentemente poi da parte di alcune società produttrici nazionali vengono proposti dei contratti di noleggio o leasing in cui l’impianto non viene pagato inizialmente dall’utente, ma invece ratealmente in base ai risparmi che questo è in grado di fornire sulla bolletta energetica annuale in quel contesto applicativo. Si tratta evidentemente di una forma contrattuale molto appetibile dato che non comporta rischi finanziari per l’utente. L’impiego infine di gruppi ad assorbimento per un utilizzo nell’ambito del condizionamento estivo del calore recuperato è ancora notevolmente penalizzato dalle basse rese delle macchine frigorifere quando alimentate da calore a bassa temperatura. Come già chiarito però, eventuali incentivi economici pubblici o privati, possono facilitarne l’installazione.

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Fig.Centrale di cogenerazione alimentata a gas metano con cella comustibile e una pompa ad assorbimento

Il terziario Il settore terziario ha conosciuto recentemente un notevole sviluppo caratterizzato dalla tendenza a concentrare in grossi poli le attività commerciali e direzionali. Si tratta di complessi di notevole dimensione ce presentano rilevanti fabbisogni elettrici durante l’intero arco dell’anno con picco nel periodo estivo a causa degli assorbimenti delle macchine frigorifere preposte al raffrescamento degli edifici e una rilevante richiesta termica nel periodo invernale per il riscaldamento degli ambienti. La forte incidenza degli oneri energetici sul costo di gestione annuale di questa tipologia di edifici è d’altra parte un forte stimolo alla ricerca di soluzioni impiantistiche in grado di ridurli anche a fronte di consistenti investimenti iniziali. A titolo esemplificativo, segnaliamo un programma di simulazione sofisticato, il TRNSYS, che permette con buona approssimazione di studiare le migliori opportunità offerte dalla cogenerazione con motori endotermici in questo settore, vale a dire: centri commerciali e direzionali di dimensioni medio-piccole. Questo nella convinzione che un’analisi relativa a strutture terziarie, di rilevanza contenuta, ma molto frequenti, possa interessare una fascia di progettisti più vasta (in entrambi i casi sono stati ipotizzati parametri progettuali assolutamente tipici e quindi generalizzabili a gran parte degli edefici di questo tipo). Le soluzioni individuate più vantaggiose in termini monetari sono comunque caratterizzate da potenze elettriche cogenerative alquanto inferiori ai picchi elettrici degli edifici. Il teleriscaldamento Il teleriscaldamento consiste nella produzione e distribuzione anche a notevole distanza di energia termica che può essere così fornita ad utenze tra loro del tutto indipendenti. Questa tecnologia ha avuto un considerevole sviluppo in molte nazioni con clima particolarmente rigido nell’ambito del riscaldamento urbano. In Italia ha iniziato a diffondersi più recentemente soprattutto ad opera delle aziende municipalizzate che distribuiscono nelle città l’acqua, l’elettricità e il gas. La cogenerazione in questo caso è la soluzione più spontanea per una produzione

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di energia caratterizzata dalla massima efficienza possibile. La diffusione del teleriscaldamento avviene piuttosto lentamente essenzialmente ad opera di impianti di modeste dimensioni che servono aree limitate a pochi quartieri e che possono quindi essere considerati come degli episodi di una strategia globale ancora agli inizi. La distribuzione del calore avviene attraverso una rete di tubazioni di andata e ritorno che collega la centrale di produzione con gli utenti. Normalmente viene realizzata una separazione fisica netta tra la rete pubblica e l’utenza privata mediante l’inserimento di uno scambiatore di calore per motivi di funzionalità, sicurezza e igiene. La tipica sottocentrale di utenza è dotata di un sistema di contabilizzazione dell’energia termica ceduta. Possono inoltre essere presenti, come avviene nelle centrali termiche, regolatori della temperatura di mandata dell’acqua all’utenza asserviti alla temperatura esterna. La rete di distribuzione è normalmente sotterranea, interrata o in un cunicolo, e naturalmente adeguatamente coibentata. Essa può assumere forme di tipo diverso rappresentate nella figura sottostante: la rete ramificata (più a destra), ad anello e a maglie. Naturalmente al crescere della complessità aumenta la sicurezza di servire l’utente anche in caso di interruzione in un punto della rete, ma cresce anche il costo. Di solito la scelta è basata sulla densità delle utenze. Così la rete a maglie è riservata di norma alle zone più affollate.

I salti termici utilizzati nel primario dipendono dai motori primi utilizzati. Con motori a combustione interna si opera con mandate a 85/90°C e ritorni a 65/70°C. Con i turbogas e le turbine a vapore si possono usare livelli più alti ad esempio acqua pressurizzata ad una temperatura di circa 120°C con ritorni a 65/70°C. In quest’ultimo caso si può convenientemente pensare ad un utilizzo estivo. La produzione del freddo può essere centralizzata mediante l’uso di macchine ad assorbimento, munite di torri evaporative per lo smaltimento del calore, in grado di operare con elevate rese. In questo caso si tratta di prevedere però anche una rete di trasporto per l’acqua refrigerante. Oppure il calore ad alta temperatura può alimentare gruppi ad assorbimento monostadio locali. In entrambi i casi sarà ora conveniente spillare direttamente il fluido vettore dal circuito primario per evitare penalizzazioni legate al salto termico nello scambiatore.

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La progettazione della centrale di teleriscaldamento opta ancora una volta per soluzioni che permettono di utilizzare l’utilizzo pieno dell’energia prodotta nelle due forme in gran parte dell’anno. Si tratta della realizzazione da parte di un’azienda municipalizzata dell’impianto di cogenerazione a servizio di un quartiere di nuova costruzione in cui quindi la rete di teleriscaldamento può essere realizzata nella fase di urbanizzazione dell’area. La previsione è quella di distribuire direttamente in ambito urbano tutta l’energia elettrica prodotta. Inoltre date le dimensioni contenute dell’intervento, si supponga di essere già orientati verso l’impiego di motori a combustione interna. Tenendo allora anche conto dell’efficienze non particolarmente elevate di produzione elettrica sarà conveniente pensare ad un funzionamento cogenerativo legato alla domanda termica. Dato il suo basso livello termico, l’utilizzo del calore sarà d’altronde limitato al riscaldamento degli ambienti e alla produzione di acqua calda sanitaria e sarà quindi concentrato soprattutto durante la stagione invernale. Per la valutazione dei fabbisogni energetici che possono essere soddisfatti dall’impianto si può in questo caso utilizzare il Bin method con un sufficiente grado di precisione. Infatti la conoscenza delle frequenze orarie di accadimento della temperatura esterna permettono di stimare le frequenze dei fabbisogni termici per il riscaldamento in base alle caratteristiche medie degli edifici previsti. È possibile così conoscere per una certa taglia di motore primo l’energia termica che può essere prodotta per soddisfare l’utenza e la conseguente energia elettrica resa disponibile. Facendo riferimento a dati metereologici di un anno medio si hanno così le previsioni di funzionamento dell’impianto che permettono una valutazione dei benefici economici. La valutazione economica finanziaria di questo tipo di installazione porta di norma a preferire centrali di cogenerazione la cui potenza termica massima risulta decisamente inferiore al picco previsto per il fabbisogno termico per il riscaldamento. La motivazione va ricercata nel fatto che, in gran parte della stagione di riscaldamento il carico è decisamente inferiore a quello di picco. È quindi evidente la chiara convenienza a dimensionare l’impianto cogenerativo in modo decisamente contenuto rispetto al picco massimo, assegnando a generatori di calore di tipo tradizionale, decisamente più economici,il compito di coprire le punte di carico. Gli ospedali Una struttura ospedaliera moderna può a tutti gli effetti essere considerata alla stregua di un’azienda industriale caratterizzata da forti consumi energetici. Si tratta quindi di una realtà favorevole per l’installazionedi un impianto cogenerativo di potenza medio-alta. Lo studio di fattibilità dell’impianto deve, anche in questo caso, individuare nella prima fase i consumi elettrici e termici presenti nel complesso ospedaliero. Per quanto riguarda il fabbisogno termico occorre ricordare che l’ospedale è una delle poche utenze civili in cui è richiesta solitamente anche la produzione di vapore. Questo vapore è infatti necessario per i processi di sterilizzazione della

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biancheria (a circa 140°C), per i mangani utilizzati per stirare nella lavanderia (circa 180°C) ed eventulmente per le cucine. Questa circostanza ha portato in passato ad un impiego estensivo dei generatori di vapore utilizzati a questo punto anche per altri impieghi termici quali il riscaldamento degli ambienti e acqua sanitaria e, a volte, per il condizionamento estivo con gruppi ad assorbimento. Inoltre l’impiego del vapore per l’umidifizione invernale nelle centrali di trattamento dell’aria garantiva igenicità del sistema. In realtà oggi si assiste ad una controtendenza dovuta all’alto costo di gestione di una centrale a vapore con la relativa distribuzione ad alta temperatura. Per quanto riguarda il trattamento dell’aria sono stati poi introdotti nel mercato sistemi di atomizzazione dell’acqua ad ultrasuoni decisamente più economici ed altrettanto affidabili. Si tende quindi oggi ad usare il vapore limitatamente a quei servizi ausiliari cui si è già accennato. Si ha allora un impiego di acqua calda o pressurizzata per il riscaldamento (da 40-50°C fino a 90-110°C), e per la produzione di acqua calda sanitaria (40-50°C). In presenza di refrigeratori ad assorbimento si ha una richiesta di acqua sui 110-10°C per alimentare gruppi monostadio, di vapore a 170-180°C per quelli bistadio. Per i consumi elettrici occorre considerare l’illuminazione e gli usi vari fra cui le macchine elettriche espressamente necessarie per l’attività ospedaliera. Ci sono poi gli assorbitori dei gruppi frigoriferi a compressione di vapore azionati da motori elettrici attualmente presenti. Per quanto riguarda l’aspetto elettrico si deve ricordare che in ogni caso in un ospedale l’impianto elettrico deve prevedere una certa produzione autonoma di energia elettrica. Esistono infatti delle utenze interne, ad esempio sale operatorie, alle quali si deve sempre e comunque assicurare l’alimentazione elettrica senza la minima interruzione. Determinate utenze privilegiate sono quindi collegate a gruppi elettronici di continuità che intervengono istantaneamente in caso di caduta sulla rete dell’azienda fornitrice. Perdurando tale guasto intevengono allora successivamente gruppi elettrogeni, normalmente azionati da motori c.i., in grado di assicurare la fornitura elettrica per tempi più lunghi. Da questo punto di vista la scelta cogenerativa può quindi essere considerata semplicemente un’estensione di questa aliquota autoprodotta non più quindi solo in caso di emergenza, ma anche in condizioni normali e per una maggiore frazione dell’intera utenza. Per quanto riguarda il consumo per la produzione di acqua sanitaria e i consumi per i servizi ausiliari presenti si può fare riferimento a situazioni simili e ad un’ampia letteratura tecnica sull’argomento. Normalmente si usano distribuzioni giornaliere differenziate solo tra giorno feriale e festivo e al più in base alla stagione. Sommando i fabbisogni orari giornalieri si ottengono i carichi contemporanei del giorno tipo per il riscaldamento, raffrescamento e elettricità, ottenendo così due curve; una per la richiesta termica, l’altra per la richiesta elettrica. Questo ci permette di iniziare a valutare l’impatto connesso con l’inserimento di un gruppo cogenerativo di un certo tipo e di una certa taglia.

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Esistono due criteri progettuali che permettono di dare priorità di risposta alla richiesta termica oppure a quella elettrica:

− Nel primo caso l’impianto cogenerativo viene regolato seguendo la richiesta termica in modo da soddisfarla tutta o in parte in base alla potenzialità installata. Non c’è quindi mai dissipazione di calore. L’energia elettrica conseguentemente prodotta viene utilizzata dall’utenza e l’eventuale esubero può essere venduto alle aziende produttrici se conveniente. Tale convenienza è però variabile perché dipende anche dalle modalità di cessione e in particolare dalla fascia oraria relativa.

− Viceversa il criterio che dà priorità di risposta al carico elettrico regola la cogenerazione in base a questo carico. L’energia elettrica viene tutta utilizzata dall’utenza mentre il calore in eccesso deve essere smaltito. Al crescere della quota di calore dissipata aumenta naturalmente il costo dell’elettricità autoprodotta. Questa strategia è allora conveniente fino a quando tale costo si mantiene inferiore alla tariffa imposta dal mercato. In presenza di tariffa multioraria la risposta può essere ancora diversificata in base alla fascia oraria.

Si tratta quindi di analizzare le possibili prestazioni tecnico-economiche applicando i due diversi criteri e per un’ampia gamma di impianti alternativi per tipo e potenza nominale. Si tratta di una valutazione laboriosa, ma piuttosto ripetitiva una volta impostate le premesse. Può trovare quindi oggi l’ausilio di programmi che permettono di sfruttare la rapidità del calcolo automatico. Dalla complessità delle valutazioni si può trarre l’impressione che la scelta finale dipenda da moltissimi parametri. In realtà nella maggior parte dei casi non è così, perché il giudizio finale si basa fondamentalmente sull’analisi finanziaria che impone rapidi tempi di ritorno degli investimenti e alte redditività. L’ottimizzazione degli impianti tende così a privilegiare la scelta degli impianti di taglia ridotta, rispetto ai picchi dei carichi dell’ospedale, ma piuttosto in grado di soddisfare quell’ammontare di fabbisogni che si mantiene pressochè costante nell’intero arco dell’anno. Lo scopo è naturalmente quello di ottenere un pieno utilizzo del sistema cogenerativo. Ricerca di mercato La tabella seguente riassume gli intervalli delle caratteristiche prestazionali delle soluzioni disponibili sul mercato di microcogenerazione. I dati sono tratti da varie fonti (listini produttori, Politecnico di Milano, Platts, ENEA) e i costi sono da ritenersi indicativi. Sopra i 20 kWe questi ultimi tendono a ridursi per le tecnologie più consolidate (motori a combustione interna e microturbine), risultando nell’ordine degli 800-1.200 €/kWe per taglie inferiori ai 1.000 kWe. Sotto i 20 kWe si sale rapidamente, ma un confronto è prematuro, sia per il diverso stato delle soluzioni considerate (che va dal commerciale al prototipo avanzato), sia per le differenze più marcate nei parametri prestazionali. Tecnologia Taglie disponibili

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TECNOLOGIEtaglie disponibili

kWerendimento

elettricorapporto

elettricità/calorecosto €/kWe

motori a combustione interna 1,0-50 20-28 1:1,5/1:3 1200-1600microturbine 30-50 25-28 1:1,5/1:3 1000-1200motori Stirling 0,5-50 12,0-30 1:3-1:8 2500-3000celle a combustione 1,0-50 30-35 1:1-1:2,5 5000-6000ciclo Rankine 1-4,6 6,0-19 1:4,2-1:13 n.d Per quanto riguarda il ruolo dell’industria italiana, lasciando da parte la nutrita rappresentanza di società di servizi energetici e di assemblatori di packages, esistono produttori di tecnologie per i primi quattro settori (Energia Nova, Turbec, Merloni, Nuvera, ecc). Riguardo ai cicli Rankine è presente Turboden, che opera per ora su taglie nell’ordine di qualche centinaio di kWe. Essendo un settore in continua espansione, una breve ricerca informatica permette di trovare con estrema rapidità le aziende più importanti del settore, con importanti novità sempre aggiornate e personale pronto a fornire preventivi online senza impegno e a chiarire ogni sorta di dubbio. Basti visitare i seguenti siti internet: www.energia-alternativa-rinnovabile.it e www.energydefender.com.

La trigenerazione Un particolare campo dei sistemi di cogenerazione è quello della trigenerazione che, oltre a produrre energia elettrica, consente di utilizzare l’energia termica recuperata dalla trasformazione anche per produrre energia frigorifera, ovvero acqua refrigerata per il condizionamento o per i processi industriali. La trasformazione dell’energia termica in energia frigorifera è resa possibile dall’impiego del ciclo frigorifero ad assorbimento il cui funzionamento si basa su trasformazioni di stato del fluido refrigerante in combinazione con la sostanza utilizzata quale assorbente. Le coppie principali di refrigerante/assorbente usate sono:

• acqua/bromuro di litio • ammoniaca/acqua

L'efficienza di questi cicli o COP (coefficient of performance), definita come il rapporto fra energia frigorifera in uscita ed energia termica in ingresso, varia da 0.7 a 1.3 in funzione principalmente delle temperature di attivazione (in ingresso) che consentono l'utilizzo di assorbitori a singolo o doppio stadio.

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Fig. schematizzazione un CHCP (cioè, Combined Heat,Cooling & Power, acronimo che contraddistingue un impianto di trigenerazione, composto da un sistema di cogenerazione CHP combinato con un gruppo frigo ad assorbimento)

La principale energia meccanica richiesta dai cicli ad assorbimento è quella per la pompa di circolazione della soluzione refrigerante/assorbente. Non è presente un compressore del refrigerante come nei condizionatori tradizionali, con conseguente minore richiesta di potenza elettrica e maggiore semplicità (meno parti in movimento). Per contro il COP dei condizionatori tradizionali, definito come il rapporto fra energia frigorifera in uscita ed energia elettrica in ingresso, si attesta su valori superiori a 2.

Rispetto alla generazione di sola energia elettrica, in un sistema di trigenerazione il rendimento globale aumenta perché viene sfruttata una maggiore percentuale del potere calorifico del combustibile; si tenga presente che le centrali termoelettriche convenzionali convertono circa un 1/3 dell'energia del combustibile in elettricità (il resto è perso in calore), mentre in un impianto trigenerativo più di 4/5 della stessa energia è sfruttata visto che il calore è recuperato direttamente (funzionamento cogenerativo) o come fonte per un ciclo frigorifero ad assorbimento (funzionamento trigenerativo).

In definitiva, osservando il bilancio energetico di un trigeneratore (rappresentato qui sotto), possiamo notare che il rendimento energetico può raggiungere con le migliori tecnologie la soglia dell’85%.

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fig. bilancio energetico di un ciclo trigenerativo

Per quanto riguarda l’applicazione di sistemi trigenerativi di piccola taglia, quello a microturbina è sicuramente il più adatto, in quanto comporta i seguenti vantaggi:

• permette di ottenere un’efficienza maggiore almeno del 30%, grazie alla flessibilità di risposta ai carichi parziali;

• offre la possibilità di funzionamento come boiler per produrre acqua a 55 °C (riscaldamento a tubi radianti);

• offre la possibilità di funzionamento indipendente dal package CHP (bruciatore interno);

• permette una riduzione dei costi complessivi di impianto per le piccole potenze, grazie alla facilità di gestione, ai bassi costi di manutenzione e a una vita mediamente lunga dell’intero impianto (infatti assicura 60.000 ore di funzionamento).

Fig. impianto di rigenerazione a microturbina Un esempio pratico di trigenerazione è quello dell’impianto dell’aeroporto di Malpensa, qui di seguito illustrato: Il primo impianto e' costituito da 2 turbine a gas (costruzione MAN) per complessivi 21 MWe alimentate a gas naturale: il gas viene prelevato da una rete SNAM appositamente realizzata per i servizi dell'aeroporto. I gas di scarico delle due turbine vengono inviate a due scambiatori che ne recuperano il calore trasferendolo al circuito di acqua surriscaldata.La potenza termica recuperata complessiva e' di 32 MWt.Sei postcombustori a gas naturale, inseriti nei condotti di ingresso dei recuperatori, incrementano la potenzialità' termica di 12 MWt. pertanto la potenza termica cogenerativa risulta essere di 44 MWt. A completamento della potenzialita' termica della centrale, e' installata una caldaia ausiliaria dalla potenzialita' di 22 MWt.

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La circolazione di acqua alle caldaie viene garantita da sette pompe di circolazione a giri fissi che creano un anello, l'intero circuito è corredato da quattro serbatoi di accumulo (termico) dalla capacità di 200 m3 ciascuno. Altre otto pompe a giri variabili, collegate a questo anello, garantiscono la portata di acqua surriscaldata richiesta dall'utenza aeroportuale alla temperatura massima di 150 °C. Sempre dall'anello principale è derivata l'alimentazione ai gruppi frigoriferi ad assorbimento che utilizzano il calore dell'acqua surriscaldata per produrre l'acqua refrigerata (a 6°C) da inviare alla centrale di condizionamento e alle altre utenze (batterie di raffreddamento sulle turbogas) tramite nove pompe (a giri variabili). La potenzialità attuale dell'impianto frigorifero è di 36 MWf suddivisa su 8 gruppi della YORK, la più grande d'Europa (ad assorbimento). La centrale Tecnologica è collegata al nuovo terminal da una grande galleria tecnica sotterranea, carrabile, lunga 2 Km, che rappresenta fisicamente il passaggio dei flussi energetici.

Il potenziamento con il nuovo ciclo combinato si è reso necessario seguire la crescita dell'utenza termofrigorifera ed elettrica dell'aeroporto, è stato completato nel primo semestre 2003. Il nuovo gruppo è basato su un turbogas da 24 MWe, installato in un

package unico, compreso alternatore e sistema di filtrazione aria ingresso, lungo circa 19 metri. I fumi di scarico del turbogas alimentano un generatore di vapore a recupero a circolazione naturale da 36 tlh di vapore a 46 bar e 450 °C. Il vapore prodotto muove quindiuna turbina a vapore a contropressione, ad elevatissimo numerodi giri che permette al nuovo gruppo di erogare un totale di circa 30 MWe con un rendimento elettrico, in cogenerazione, del 41 % ed un fattore di utilizzo del combustibile attorno all'85%. Il nuovo impianto è completato da due compressori del metano di alimentazione e da un sistema di produzione acqua demineralizzata particolarmente innovativo comprendente due linee in serie ad osmosi inversa. Per immettere in rete la produzione elettrica del nuovo impianto, e stata ampliata la sottostazione elettrica con un nuovo stallo in AT e un trasformatore elevatore a 132 kV da 40 MVA.La turbina a gas utilizza bruciatori "dry Iow Nox" per contenere le emissioni di ossidi d'azoto entro i 75 mg/Nm3 e la CO entro i 60mg/Nm3; i dati di emissione di tutte e tre le turbine a gas, come prescritto dalle normative, sono misurati e archiviati in continuo da un sistema di monitoraggio dedicato.

Nei primi mesi del 2006 è stato relizzato un nuovo impianto che ha trasformato il primo ciclo a recupero semplice, con le due turbine MARS 100, in ciclo combinato a condensazione. Ciò è stato realizzato inserendo, tra i condotti fumo esistenti, uno nuovo stacco atto ad alimentare una caldaia a recupero per la produzione di vapore surriscaldato. I fumi di scarico dei turbogas alimentano un generatore di vapore a recupero a circolazione naturale Questo assetto consente di produrre circa 32 ton/h vapore a 36 bar e 450 °C necessario ad alimentare una turbina a vapore della TOSI e produrre circa 8 Mwe. Il GVR è dotato inoltre di un sistema di Post-Combustione che, con entrambe le turbine al massimo carico, permette di arrivare a produrre sino a 40 ton/h di vapore a 45 bar e di spingere la turbina a vapore sino ai 10 Mwe nominali. L'impianto è già predisposto per uno spillamento da cui si potrà prelevare vapore da destinare al teleriscaldamento dell'aeroporto. Questa trasformazione ha fornito una notevole flessibilità alla centrale, dando la possibilità di poter scegliere un assetto termico piuttosto che uno elettrico o addirittura misto [un turbogas a recupero semplice e l'altro in ciclo combinato] secondo le necessità. Questo nuovo impianto ha permesso di incrementare il rendimento elettrico del ciclo MARS dal 30% attuale, in assetto a recupero semplice, al 42% con ciclo a condensazione, fermorestando che in entrambi gli assetti, il fattore di utilizzo del combustibile rimane superiore al 85 %.

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Trattamento delle emissioni Il Protocollo di Kyoto impone ai Paesi dell’Unione Europea una notevole riduzione delle emissioni inquinanti responsabili dell’effetto serra: il ricorso alla cogenerazione riveste un ruolo importante nel raggiungimento di tale obiettivo, grazie al notevole miglioramento dell’efficienza energetica rispetto alla generazione separata di energia e calore. Tuttavia, le emissioni rilasciate da un numero sempre crescente di piccoli impianti, se non trattate, rischiano di vanificare i potenziali vantaggi di questa tecnologia. L’aumento dell’efficienza energetica rappresenta uno dei metodi più efficaci per ridurre l’emissione di anidride carbonica in atmosfera, come è facilmente dimostrabile nel caso degli impianti di cogenerazione. Ricavare contemporaneamente calore ed energia elettrica dai combustibili fossili, permette un risparmio nei consumi, e quindi, una riduzione delle emissioni, pari al 30-40%. In realtà, anche la cogenerazione presenta risvolti negativi, in quanto l’utilizzo di una combustione ad alta efficienza comporta livelli più elevati di ossidi di azoto e monossido di carbonio nei gas di scarico. Nelle emissioni degli impianti di cogenerazione troviamo gli inquinanti generalmente prodotti dalla combustione degli idrocarburi:

• Il monossido di carbonio (CO), generalmente correlato ad una combustione incompleta dovuta ad un rapporto combustibile/comburente non corretto;

• Il biossido di zolfo (SO2), prodotto dai combustibili contenenti zolfo, come il carbone e i derivanti dal petrolio (il gas naturale ne è privo). Questo è una delle principali cause delle piogge acide e assai dannoso per i convertitori catalitici;

• Gli ossidi di azoto (NOx), una classe di inquinanti dotata di un notevole impatto ambientale: contribuisce alla formazione delle piogge acide e indirettamente, attraverso l’interazione con l’irraggiamento solare, provoca la formazione di notevoli quantità di ozono ed altri inquinanti. La sua formazione dipende principalmente dalle massime temperature raggiunte in camera di combustione e dal rapporto stechiometrico;

• L’anidride carbonica (CO2), rappresenta l’inquinante percentualmente emesso in maggiore volume, in modo direttamente proporzionale al consumo di carburante. Può essere ridotto significativamente solo aumentando il rendimento energetico. È considerata la maggiore responsabile dell’effetto serra e quindi dei cambiamenti climatici che rischiano di sconvolgere l’intero ecosistema;

• Gli idrocarburi incombusti (HC), rappresentano la frazione di combustibile sfuggita ai processi di combustione. Rappresentano uno spreco energetico, sono molto inquinanti e contribuiscono all’effetto serra.

Tutti questi inquinanti possono in qualche misura essere ridotti, intervenendo sulla composizione del combustibile o sulle caratteristiche tecniche dei motori, delle turbine o delle caldaie dove avviene la combustione: abbinando combustibili “puliti” e generatori di concezione moderna è possibile contenere parzialmente le concentrazioni allo scarico. Ad ogni modo, nella maggior parte dei casi è necessario intervenire con un trattamento delle emissioni allo scarico per rientrare nei limiti di legge imposti delle competenti autorità (nel nostro Paese, in genere, dalle delibere regionali).

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Le strategie di controllo sono numerose e variano a seconda della tipologia di impianto. I motori alimentati a metano e GPL presentano emissioni prevalentemente di Nox e CO, mentre per gasolio e biogas dobbiamo aggiungere il particolato. Altro elemento da considerare per l'impatto ambientale è il rumore derivante dal funzionamento dell'impianto. Anche se le macchine, i bruciatori ed i sistemi di ventilazione utilizzati negli impianti di cogenerazione possono raggiungere se non contenuti anche livelli di rumore di circa 100 dBA ad 1 metro, per le applicazioni in special modo di tipo civile è possibile contenere con opportuni sistemi di cofanatura delle macchine e di trattamento del rumore sui flussi di aria e o gas esausti tali emissioni entro livelli di circa 65 dBA ad un metro tanto da renderli idonei ad applicazione anche in ospedali o zone residenziali. In particolare per impianti di taglia sino a 1.5 MW con singola macchina gli impianti di cogenerazione con motore alternativo si prestano alla realizzazione di sistemi containerizzati in grado di contenere con costi relativamente bassi e con ridotti ingombri le emissioni sonore derivanti dall'impianto.

fig. impianto di cogenerazione in container Conclusioni A conclusione di tale studio si può evidenziare che le situazioni analizzate si offrono a soluzioni piuttosto interessanti: è stata dimostrata infatti la reperibilità sul mercato di diversi moduli per la microcogenerazione che, a fronte di un investimento iniziale piuttosto limitato, garantiscono accettabili tempi di ritorno e una significativa riduzione delle emissioni in atmosfera, fine ultimo di questo studio. Tutto ciò nonostante le peculiarità energetiche delle utenze analizzate e del loro basso coefficiente di utilizzo. Si sono inoltre individuate quelle situazioni che in un prossimo futuro, in seguito allo sviluppo e nascita di altre utenze, si potrebbero prestare alla cogenerazione. Quantificare i consumi, i costi e l’impatto ambientale delle utenze comunali servirà inoltre ad individuare i margini di miglioramento ottenibili dalle prestazioni energetiche anche degli impianti tradizionali e degli edifici, mettendo in evidenza situazioni di spreco ed inefficienze. Conoscere infatti la propria situazione energetica, contribuisce a maturare una coscienza dei costi ambientali e

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finanziari volta a sviluppare quegli interventi per ridurli, ricercando una migliore efficienza e un più razionale utilizzo. Intraprendere la strada della cogenerazione significa anche abbracciare una tecnologia che non solo garantisce allo stato attuale importanti riduzioni nei consumi di energia primaria, ma predisporre le utenze ad importanti sviluppi futuri. Infatti se nel campo della cogenerazione industriale le tecnologie sono piuttosto consolidate, nel campo della piccola cogenerazione c’è spazio per l’introduzione di tecnologie innovative. In generale si può affermare che nel segmento di mercato al di sotto dei 100 kW si intravedono spiragli di grande interesse, vuoi per le possibilità che si aprono attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie di generazione (celle a combustibile in primis) vuoi per l’ampiezza della domanda termica da soddisfare che, se sfruttata con l’efficienza che la cogenerazione permette, potrebbe consentire notevoli risparmi nella futura generazione di energia elettrica. Oppure si potrebbe pensare a combustibili alternativi al gas naturale, come ad esempio le biomasse, fino alla concimazione con atmosfera controllata di CO2, riducendo ulteriormente le emissioni in atmosfera. Tutte queste considerazioni dipingono in definitiva una situazione in continuo sviluppo, spinto innanzitutto dalle incalzanti tematiche di rispetto ambientale e sostenibilità. Anche a livello legislativo si riconosce come visto la primaria importanza che gli interventi per il risparmio energetico e le riduzioni di emissioni garantiscono, grazie anche ai nuovi metodi di incentivazioni: i cosiddetti "Certificati Bianchi", o "Titoli di Efficienza Energetica" (TEE), rilasciati dal GME (Gestore del Mercato Elettrico) e attestanti il risparmio energetico conseguito da distributori, società controllate o società operanti nel settore dei servizi energetici attraverso specifici progetti per il miglioramento dell'efficienza energetica, si prefiggono infatti il raggiungimento di un grado di efficienza pari a 2.9 milioni di tep1 (tonnellate equivalenti di petrolio) annuo per il quinquennio 2005-2009. In conclusione si può riconoscere che la produzione decentralizzata risponde in maniera ottimale alle esigenze di una politica sostenibile per il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni nocive in atmosfera, coniugando i vantaggi ambientali nel rispetto dei vincoli economici che sempre accompagnano gli investimenti.

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Bibliografia • “La cogenerazione di energia elettrica e calore” di Luigi Schibuola, ed.

Esculapio, 2002 • “Small-scale cogeneration handbook” di B.F. Kolanowski, ed.Thte fairmont

press, 2000 • “Interazione fra le macchine e l’ambiente” di Giovanni Urbinelli 2005 • “Sistemi di cogenerazione” di Lino Gavi 2003 • “Microcogenerazione” di Roberto Lollini 2005 • “Spirax Sarco” magazine di Rinaldo Fiori 2003 • “La generazione distribuita” di Omar Perego e Matteo Marzoli del CESI

Italia 2006 Elenco dei siti consultati

1. www.nationalvulcan.it 2. www.la220azzurra.it 3. www.parlamento.it 4. www.tpg.unige.it 5. www.eos.polito.it 6. www.enea.it 7. www.fire-italia.it 8. www.cnr.it 9. www.ceiuni.it 10. www.cenelec.org 11. www.aertecno.org 12. www.impianti-cogenerazione.com 13. www.cofathec.it 14. www.enel.it 15. www.gruppoab.it 16. www.energoclub.it 17. www.turbec.it 18. www.energydefender.com 19. www.energia-alternativa-rinnovabile.it