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ricostruzione tridimensionale della fase islamica La campagna di scavi 2011/2012 e il progetto didattico “A scuola di Catalogazione: il Castello di Maredolce” Giuseppina Battaglia - Emanuele Canzoneri - Stefano Vassallo L’U.O. X della Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo ha condotto una campagna di scavo dall’agosto 2011 al febbraio 2012; inoltre ha partecipato al progetto didattico “A scuola di Catalogazione: il Castello di Maredolce” fornendo, agli studenti delle scuole coinvolte nel progetto, alcuni reperti, pro- venienti dagli scavi condotti nel corso di diverse campagne che negli anni si sono succedute nel sito di Maredolce. I saggi si sono svolti in diverse zone del complesso monumentale: 1) a ridosso dell’abside della cappella, lungo il muro perimetrale interno del comples- so; 2) all’interno del portico; 3) lungo l’argine del fossato lato W; 4) lungo il muro perimetrale esterno lato E. I dati emersi permettono di definire la seguente successione di fasi storiche: - nell’area interna al portico è stata messa in luce una struttura muraria che testimonia la presenza, in età ellenistica (intorno al III-II sec. a.C.), di un insediamento a carattere rurale; - tra l’età romano-imperiale (I sec. d.C.) e la fine dell’età bizantina (prima metà IX sec. a.C.) non vi è alcuna traccia di insediamenti nell’area del castello di Maredolce. In età islamica, venne costruito un grande recinto fortificato a pianta quadrangolare (ribat? kasr?) con una principale fase costruttiva databile entro la me- tà del X secolo. L'ubicazione dell’edificio è determi- nata da chiare esigenze strategico-difensive ed è strettamente connessa alla viabilità che, provenendo da Sud-Est, dava accesso alla città di Balarm (Palermo). In tutti i settori di scavo si è riscontra- ta, lungo la fascia interna del muro perimetrale, un esteso pavimento in terra battuta, elemento che po- trebbe rafforzare l’ipotesi di un'interpretazione in chiave militare. In questa fase, l'area in seguito occupata dal bacino artificiale è interessata da una serie di canalizzazioni irrigue che convogliavano le acque provenienti dalle sorgenti di S. Ciro. In età normanna (1061-1250), il Castello di Mare- dolce venne interamente ristrutturato, con importanti lavori che trasformarono il complesso in un “sollazzo”, simile ad altri grandi palazzi sorti nello stesso perio- do, alla periferia di Palermo, come la Zisa e la Cuba. L'edificazione del palazzo, sopra le spoglie opportu- namente riadattate della precedente struttura è av- venuta in un unico ed organico momento costruttivo, certamente un progetto che, con i suoi ben riconosci- bili tratti architettonici (tessitura muraria a piccoli conci ben squadrati, archi rincassati, piccole aperture ogivali, etc.), rappresenta uno dei più suggestivi tas- selli della ben nota architettura cosiddetta "arabo- normanna" di Palermo. È in questa fase che viene realizzato il grande bacino artificiale, il “mare dolce” con l’isola artificiale. In un momento di poco successivo alla ristrutturazio- ne, a seguito di un evento sismico, probabilmente entro la fine del XII secolo, si data un intervento di ristrutturazione dei pilastri, la ricostruzione del mu- ro esterno dell'abside ed un generale innalzamento del pavimento coperto dalle volte a crociera che scandivano lo spazio porticato che cingeva il giardino interno. Tra il XIV e il XV secolo, dopo la fase normanna, l’area circostante è destinata alla coltivazione della canna da zucchero e il complesso viene utilizzato co- me opificio per la lavorazione della cannamela = canna miele. In questo periodo sono in uso quattro forni in mattoni che hanno tagliato il pavimento del portico, innestandosi tra i pilastri. E' questo il momento, in cui le splendide strutture del palazzo, ancora in pie- di, vengono in parte stravolte da attività artigianali, connesse principalmente con la lavorazione della canna da zucchero, una delle attività agricole ed economi- che più importanti in Sicilia nel tardo medioevo e nel- la prima età moderna, danno luogo ad una vera e propria “industria”. La coltivazione della canna da zucchero venne intro- dotta in Sicilia dagli Arabi e si diffonderà dal 1300 in poi nel contado intorno Palermo, come è attestato anche da alcuni toponimi fra cui “Falsomiele”, non lon- tano dal complesso di Maredolce. Questa fase è attestata, oltre che dalle fornaci messe in luce nel portico, anche da molti vasi utiliz- zati per la coltivazione, lavorazione e trasformazione dalla canna da zucchero: vasi da noria, forme e can- Incisione di Filippo Galle di Harlem (XVI secolo) raffigurante le fasi di produzione della cannamela ruota con vasi da noria da www.macchinetecnologiaromane.blogspot.it La produzione della cannamela avveniva mediante un procedimento complesso, che attraverso l'estrazione del succo dalle fibre della canna da zucchero, pre- vedeva la cottura dello stesso sino all'addensamento e la successiva colatura entro vasi. Vasi da noria Forme e cantarelli Forno in mattoni fra i pilastri del portico

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ricostruzione tridimensionale

della fase islamica

La campagna di scavi 2011/2012 e il progetto didattico “A scuola di Catalogazione: il Castello di Maredolce”

Giuseppina Battaglia - Emanuele Canzoneri - Stefano Vassallo L’U.O. X della Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo ha condotto una campagna di scavo dall’agosto 2011 al febbraio 2012; inoltre ha partecipato al progetto didattico “A scuola di Catalogazione: il Castello di Maredolce” fornendo, agli studenti delle scuole coinvolte nel progetto, alcuni reperti, pro-venienti dagli scavi condotti nel corso di diverse campagne che negli anni si sono succedute nel sito di Maredolce. I saggi si sono svolti in diverse zone del complesso monumentale: 1) a ridosso dell’abside della cappella, lungo il muro perimetrale interno del comples-so; 2) all’interno del portico; 3) lungo l’argine del fossato lato W; 4) lungo il muro perimetrale esterno lato E. I dati emersi permettono di definire la seguente successione di fasi storiche: - nell’area interna al portico è stata messa in luce una struttura muraria che testimonia la presenza, in età ellenistica (intorno al III-II sec. a.C.), di un insediamento a carattere rurale; - tra l’età romano-imperiale (I sec. d.C.) e la fine dell’età bizantina (prima metà IX sec. a.C.) non vi è alcuna traccia di insediamenti nell’area del castello di Maredolce.

In età islamica, venne costruito un grande recinto fortificato a pianta quadrangolare (ribat? kasr?) con una principale fase costruttiva databile entro la me-tà del X secolo. L'ubicazione dell’edificio è determi-nata da chiare esigenze strategico-difensive ed è strettamente connessa alla viabilità che, provenendo da Sud-Est, dava accesso alla città di Balarm (Palermo). In tutti i settori di scavo si è riscontra-ta, lungo la fascia interna del muro perimetrale, un esteso pavimento in terra battuta, elemento che po-trebbe rafforzare l’ipotesi di un'interpretazione in chiave militare. In questa fase, l'area in seguito occupata dal bacino artificiale è interessata da una serie di canalizzazioni irrigue che convogliavano le acque provenienti dalle sorgenti di S. Ciro.

In età normanna (1061-1250), il Castello di Mare-dolce venne interamente ristrutturato, con importanti lavori che trasformarono il complesso in un “sollazzo”, simile ad altri grandi palazzi sorti nello stesso perio-do, alla periferia di Palermo, come la Zisa e la Cuba. L'edificazione del palazzo, sopra le spoglie opportu-namente riadattate della precedente struttura è av-venuta in un unico ed organico momento costruttivo, certamente un progetto che, con i suoi ben riconosci-bili tratti architettonici (tessitura muraria a piccoli conci ben squadrati, archi rincassati, piccole aperture ogivali, etc.), rappresenta uno dei più suggestivi tas-selli della ben nota architettura cosiddetta "arabo-normanna" di Palermo. È in questa fase che viene realizzato il grande bacino artificiale, il “mare dolce” con l’isola artificiale. In un momento di poco successivo alla ristrutturazio-ne, a seguito di un evento sismico, probabilmente entro la fine del XII secolo, si data un intervento di ristrutturazione dei pilastri, la ricostruzione del mu-ro esterno dell'abside ed un generale innalzamento del pavimento coperto dalle volte a crociera che scandivano lo spazio porticato che cingeva il giardino interno.

Tra il XIV e il XV secolo, dopo la fase normanna, l’area circostante è destinata alla coltivazione della canna da zucchero e il complesso viene utilizzato co-me opificio per la lavorazione della cannamela = canna miele. In questo periodo sono in uso quattro forni in mattoni che hanno tagliato il pavimento del portico, innestandosi tra i pilastri. E' questo il momento, in cui le splendide strutture del palazzo, ancora in pie-di, vengono in parte stravolte da attività artigianali, connesse principalmente con la lavorazione della canna da zucchero, una delle attività agricole ed economi-che più importanti in Sicilia nel tardo medioevo e nel-la prima età moderna, danno luogo ad una vera e propria “industria”. La coltivazione della canna da zucchero venne intro-dotta in Sicilia dagli Arabi e si diffonderà dal 1300 in poi nel contado intorno Palermo, come è attestato anche da alcuni toponimi fra cui “Falsomiele”, non lon-tano dal complesso di Maredolce. Questa fase è attestata, oltre che dalle fornaci messe in luce nel portico, anche da molti vasi utiliz-zati per la coltivazione, lavorazione e trasformazione dalla canna da zucchero: vasi da noria, forme e can-

Incisione di Filippo Galle di Harlem (XVI secolo)

raffigurante le fasi di produzione della cannamela

ruota con vasi da noria

da www.macchinetecnologiaromane.blogspot.it

La produzione della cannamela avveniva mediante un procedimento complesso, che attraverso l'estrazione del succo dalle fibre della canna da zucchero, pre-vedeva la cottura dello stesso sino all'addensamento e la successiva colatura

entro vasi. Vasi da noria

Forme e cantarelli

Forno in mattoni fra i pilastri del portico