l a b r a m o · vfcir parfi da -figlio il dolce nome ... r i fp o n ci e r a n p e- ; ir. è. ......
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L A B R A M OCANTATA A 4. VOCI E STROMENTI
Bel Signor
€IVS£PPE DE TODIS ROMANO
Da Cantar/i
Nella Venerabile Compagnia del SS. Rofarlo di5. Zita nella Sollennità della Vergine
dell'anno i6gi.* k
M ufi e a del SiSCARLATI PALERMITANO
u ÌUI i//; ft^.f ^~''^'M----^wo:
Nella Stampala di Giacomo Epiro, 1691,
». T'eri-nini 7. G. Imp. Scema P.
INTEULOCVTORIÀBRAMO,
ISMAELE,
SARÀ,
AGAR,
ANGELO,
CHORQ.
3Sarà. T JDiftì Àbramo, vdifti i mìeidifi-rì»
V 3-utJgi da qttéfte fòglieAgar, con ìfmaeìeil pie ragiri.
rj&r. Tempra o Sara il rigor d'ingiuite voglie 4
E ti moaa a pietàVn •Ceffo ire beile vn'inocente Età.
Sa. Abramo :neltuoperro>Prcuaglia la Kagion, ceda l'affetto .
'Akr, E qual forte ragioneSemrrnnifìca al tuo corfì rioconfglio^
Bar Amor di Madre, Gè lefiads figlio.jìlr. Ciò di'si tuo fclegno èlpicue ,
Freno ciuien,ch'ii rok>.Tolci icipcnde*Sa. OhDiothiìiccm cu tr e ,
II decretare il denaro eiiglio.^èr.Zeio di gcnicor, pietiì di figlio, ^Star. Pktà diSìgho? e-'conve,
potrà l'Empio /fmaeleVfcir parfi da -figlio il dolce nomeSé de patera i prrgiDifdegnando feguir l'orma fedeleSen'zi nutrifos a tua virtù rubelliChiaro fon re non creafofchi rufcelli.
Chi lo fguardo fublirue/e eoiianteNon afiifra neVaggi del SoleNon è ppoJe di Regio volante,Benché v anteTiero il ro(ho, 'e rapaci gl'artigliEiconofcono al 5ol l'aquile i figli,
Ahr> Sia pur comet'^grada.;Sia d' firn 3 e le il^ore,,Nido d'&ffctrirei,E fiagràa colpa vn puerile errore,
A 2 Obli-
^a 2.
Obliar tu non deiQuella virtù- che nel tuo petto abbondala'tuaClemeazìiì fòlli fuoi confonda
Sa. Chi al Ciclo è in odio è di Pietade in degno.Abr. Si mafchera di Zelo ancor lo fdcgno,.Sa. Sdegno non vince^ ou'hà ragion l'impero* ,Abr. Scopre oiacchie nel Sol ciglio feuero.
, ^ Con frode graditaza. a --L;affer to c'inganna.Abr. Lofdcgno turri ta
Con forza tiranna»^ E cieca la guida2. vn tenero Amore
Abr. E (corta mal fida •Ingiufto rigore.
Sa, Afeolta Àbramo, afcolra,Pria chi declini in ver l'occafoil Sofe^Con la malnata proleDì difcacciari'an-celìa rea-confentiO che farà di fciolta,Da'laecrjche'gliordìfua fé colanteCol pargoletto Jùc al lido afcofoRiuolgerà le piante.Al fuon di queftì accenti,,Tu pendi ancor dubiofo^ ; ,A che fpargsr delcor fofpir peo fondi ?Palefa l-Jenzi tuoi, parla ritpoiidi^
Caro /fac amato figliaCon ijleatio affai loquace,Crudo Padre, sim duro efiglio*Ti condanna all'hor che tace».£ù veloci iì pie moliamo-A'cercar piaggie ftraniere >
Tro
rTrouarcm forfè d'Abramopiù elementi ancor Je fiere.
rj4br. Ferma Sarà,deli ferma oue ne vaiiSa. Per fottrarfi agl'oltraggi, iJ pie s'affretta,'dbr.ln chet'offefi mai$». D'Agat ramore e la inu fé negletta
R i fp o n ci e r a n p e- ; ir. è. . . .'Jèr.Ferma Sara ; ch'hai vinto, anefta il pie.
Non più. ciuci, «o» più quereleRafìereria il indirò ciglio,Che d'Agar. eo'IfmaeleD'afpro e figli o.Sarà vittima d'amoreDel mio coreConfacrato alla tua Fé
Ferma Sara-ch'hsi vinto arrefia il pie.Sa. Non lungi Agar, con l'empia prole io miro;
Temo o Contorte amato,Ch'vn lufinghier fofpiroDolcemente efalato3
Eftingua nel tuo «or l'affetto mìo^//w.Pad-re Signor,Sa. Coftanza Abramo.A ir. Oh Di o.Ag. Tratta in diparte il tuo volere intefl
Anzi del tuo volere,A barìanzacomprdl,Effèr fede, ed a m or fogni, e chimere»S'accuie mcnibgt-sìcDjftrpgger poisnojiu cosi bteue -infante.'Anior di P^-drC) cteddtà d'Amante.
Ag, ) A bramo pie tàiftn~}& 3.Di ciii non errò.Ahr.) f an i r noa fi può Clii
èChi colpa no'f^hà..
//*».Mercede ti ch-iéggioAb. 11 cote, è di fcoglio.Ifm. Afcolta palefaya'r.Non voglio non deggiosJ/w, O'fiero dcflo- - • : - . .
£ pure fon' /o ;Quel germe bramato* •Vn tempò adorato,Or pò fto in oblio.
'Ag. U gmfto, èchi dice./ibr.Dìl giallo fon mofTo*Ag. Rifletti, rammenta,.^.Non poffixnonlice.,Ag' O'cruda fauci la» . - ' • ' - •
£ pure lo fon quella,,Che fu. del tuo core?J
Con dolce rigore.Tiranna, ed ancella
'Ab- All'alitouocente,Che fparge della; colpa iFrio>veleno;.Cade eftiata la fede^1 amor vien-meno..
J/^j. Mente^ quel labro m ente,,Ch'efpreile a danni miei menfogne.» e folco.
Ag. Quello figlioInoeerite.Altra colpa non ha, chfeiTer tua prole ,•Con auaro tiraorj cori fete eternaD'ingorda moglie auidameate affale,Che nel t u o d i fa t a. I eDiu ìfa iia 1 'eredità pa terna ..La ftia brama vorace,E'quelPlnuida faceChe ti deftò Bell'alma odi], e furori ;
Boa
,Son colpe d'Ifmaele a tuoi tèfbri.Non lià limiti, né meteII defiod'auarocor,E qua! egro in duolo ardenteDi fua brarna«gn'hor creicentc,Ko« eftingue l'empia fi te,Bench-e copia habbiadi'ilum.or.Nonhì&c.
Kori ii.i termine,nepaceL'ingordigi-t del voler.E qua l mar ch'ogn'hor coftumìIng-oiar torrenti, e fiumi..Sempre mai v'è più vorace,Più ch'ottici!, più brama hauer.Non Jia termine, &c.
Ifm. Inuan s'affligge in vanoL'auida geiiirnce,Al mio minor germanoCedo quella ragion, ch'à me più lice.Ottenga pur feliceDa té Padre, e SignoreIfacgl'armenti, ed Ifmaell'amore.
No, nò, l'ai ma miaTefori non chiede .Che molio poffiede,Chi nulla defia.Auara folliaDi me non fa giocoNon brama ilpiù,, chisi goder nel
Di lieta ventura.Non feguole fcorte;Se manca la forte»Supplifce
poco.
• ilien-
$II fenno s'ófcufàAi raggi dell'oro:Contenta pouertà vale vn teforo
. Tacere olà tacete;£ ornai dviquefte foglie.Senza, interp'jr dimora il pie mouete.
"m. Ecco m'ih vio per eieguir tue voglie>Don e con arfo voloAuftro cocente inaridisce il fido.O doue fra il ngor d'eterne brine,in orrido confineBatte il freddo Aquilon vanni di gelo,
2. A fmarrira Inocenza è fcorra il Cieìo.Sgombra pure i rimori, e lè-pene»
Di che terni mio core di che>Sempre inv i t ta trionfa le peneIn quell 'alma oue regna la féSgombrale.
Kon dìfpeti l'aita celefteChi negletto, e ramingo fen vatra gl'orrori d'incolte torceteSplende ancora l'eterna pietà.Non d i fpe r i , &c. -
Sì sì figlio gradito . . • • m - * 1
Tempra dei duo! i'afprezzt,D'efficace fpéranza al dolceìnuito.Sé il Genitor con barbara fierezzajPofto in oblio le forme tue legiadreTiciifcaccra r'abborre^e ti diiprexzatQuel Dio ti fouuerà, ch'à tui
///».O per me lieta forte,Che più bramar pofs'Io.
:u di fede ii geni wr non Dio;
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M/T"13:C)-A; '
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'Ab. Chi non sa che fia dolore,SaopJ» pur ch'ogn'altro auanzaQj'jci do i or ch^in mezzo al coreFa tacer finta coftanzaSolo il nome han di tormentiBenché altrui fembrin penofe,Quelle lagrime apparentiCh'il dolor su il ciglio efpofeMa qu a 1 hor per vie naicofeA'cader nel cor fen vaiino;
' rh i re f ì f rea lchiufoa t fant tOE'immortal, fé all'or non muore
Abr. A'ffctti pafernfi , - *Che l'anima amante -Con ftiaioli interniOgn'hora affiigeteTaceteDecreto coftante ^v>Dell'alto motore JpMi aftringe al rigore lc -,^nlDell'efiglioch'impofeitlabromio 1Se manco al figliolo fon fedele a Dio*>
Sa.E di ré degno il tuo peilero Àbramo I" " i Ibi cenno del Ciel,niia legge chiamllK
•-•>
.il
?
Sa.Qual Cor fido mio fpofoSara auuien che rìpenfiAllegrarle infinite ai doni in menfìCh'à noftro pio l'Eterna manScorgo ch'il Ciel pietofo,L'altrui viltà col ino fa u or confonde,Son Hi Nu m e a naorofo,Infoiiti portenti,Ch' io ftefik confort^
'Ke
ioNegli anni mici cadenti,Del Vertìo infra i rigori,Crescere ammiri inaspettati i fiori.
Veggio pure in ferii campoBiondeggiar feconda coetTe,Che deJ Ciei propir.ro vn lampoRende Fertili anco*l'arene iitcffe,
Vn foi rifo che tributi,Bel ferend'amico CicloPà con oftri non credutiFiammeggiar vaghe.-refem mezzodì .gelo.
, Ma qwa/llanja funefta :Imagìne dolente oiFje.aJ jnio ciglio-,.In orrida forefta, .Chi m'addita i i m io figlio,Priuo d'ogni confortoD'Agar nel feno, o moribondo, o morto,
Sa. Al>ramo,equal timorj'aknat'ingombra?Tu, che qual'hor pugaatìi, .I n tre pi do fpte'zz a tiriDi miliefpa'de 1 lampi, hor temi m'ombra.Come l'antico vantoDi generoso Eroe giace depreìTq?
J^-Quanto èditterfo, o quanto ;Vincer nemicive(ft!p«rarvsp fieilb.
Sa. Serbi dunque nel pettoDel tuo primiero a.tdore accefi i rai.?.
jAhr. D,i padte i 1 dolce afFetto,Langue taThor: rnà^on s'efìingue. mai.
Sa. El'etórino^elfijri;Non può gi'Incen-dji tuoi, pender di giace io. Gran Motor delie sfere
KGIÌ Padre, adoro i tiioj,d.ccreti > e;taccioùi ..!•*• . ' • • • ' . " •- ~" * • ,,•
• A Ifm.
a 2.
•bino:'-3|.mVi.'
-A$1»gt ,
'frnv'CJ•Agirti?,
Quandèo^Dib quando farijCh'h. ibbiian fin gPfEinni naftri]
Quando fu, eh'a noi ii moftriiVn fol, raggio di Pietà -Quando-oli Dio quando farà..
, Qui dei Sol gl'infàufti l'ampi. .Sondi moneaccefi ftrali>»-a >•^inzi par, il Ciclo-auuampibCon. ardori, a DiteeguaJi:*:'?v -. • • ' ? • ;
7/Jw, A q u a l d'mgnoto mondo arfo confineMi t caffè, o madre il mio deftin- crudele ?Suenrurato/fmaele». ' " - . • ; ^rl£cco d'acerba Era, più; acerbo il finéw-iv'CXDel Soie ai rai cocenti, r:n*^Molle il volto, egro il fen, languido il pfe^c».Inquef te piaggie ardenti, I r \,,Sento ch;'ìl mio vigpr vacilla, e cede^ t ̂ liASé riftoro amie pene iLCiel non da» ; rioor2
« 2-. Quando o Ciel quando farà^ ' a.oK7y/»..D'vn incendio mortale, ,',vpnl
Mi fsrpeggja nel feno occulto fuoca ^ -4^5-iCh'adugg,e a poco, a poco .-•„•>. ^l sàDDelle vincere miel.'h.umor, vitale'»<r. oispq?».^Con tùmido pallore-, .
su ilabri miei l'interna, arfuraMadre sé nel tuo core: • 'Gl'vfficìj fuoi non obliò natura»,Porgi asta fedele,.Con pietofo liquoreAl tuo morto /fmaeleìCh'ia fi peaofa forte, ' JEGià del viuere tuo gitingfralle mete ?..E preludio di morie - — ' • : '"'.'•- ••
*
n
I 'afpi'd rigor d'kifatiabiì fete. ;.L'aura mefta d'accefi fofpiri ;
Gl'ardenti mart i r i^Temprare non può :Figurando l'imago al defioD'vn fonte, d'vn rio,StrugeKdomi vò.L'Aura, &c.
Per nutrire vn tormento più fieroL'ifreflTo pensiero,Ti ranno m i fò.Figurando l'imago; al defioD'vn fonte, d'vn rioStruggendo mi vò.
;. O figliodqtmiocor parte più cara ,Qual conforto darà madre infeliceAlla tua doglia amaraSecchi fanti, arfi i rius, efaufti i fiumi?Non veggono i mie lumiIn quell'ernia pendiceScaturir altri humorì,Che le lacrime mie, i tuoi fudon.
Jfffl- Sperare alle fu e peneYnaft i l la d'humor nonpuò,chilangue?
^."Figlio di quelle vene ,Già ch'altro a me non lice, Io t'offro il fangue.'
Jjm. Speranze ch'ii coréIn van difendete;Su vinte cedete o i ; •li campo al timore-,, jai/L'incendio cocente ,^^t. • • i ">Da cui non ho fea m pò, ^M'addita ch'è vn lampo
,t: a
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1313
Mia vita cadente,Tu morte clenieate
Coi freddo ruo geloDel foco, ch'io celoEftmgai l'ardore,Sperante ch'il coreInucn difendeteSu vinte cedeteil campo al timore,Pietà mercé, riSoroArfodi fete io manco, o madre /o moro»
* Tu ianguifci Ifmael tu fpiri òfiglio :M'accrefce il dolor mio,II non poter con poche ftille, oh DioJnuoiarn di morte al fiero artiglioTu Ianguifci Ifmael tu fpiri o figlio, •Già di rigida Parca acerboftraleDifeioghe a danni tuoi rapido il volo^E rende vn colpo folo,,Semiuiua fa madre il figlioefrintO'Hai vinco Sara. Ingrato Abramo hai viantov
L'Inoeenza opprcfla langueGode, e regna l'empietà •>.Madre afflitta, e figlio efangucSon trof-i di crudeltà
Cieca in- vidia^odio mortaleNon conofce amor,ne fé,,Padre ingiufto, empfa i iualeMorte, e duo! dannoin mercé»
Ma lo (guardo pictofb^Di genitrice amante,,
Zaf-
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Diiua prole fpirantc
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,v\vìF .V•-- -* jsf *h>
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14ls!ra più di foifrir non 'Ila vigore.Pana aunque il olio .pie: ina redi i i cose
Agar.Agar.. Qual dolce fuono afcolto;Gh'auuicn che rende il mio penar
lato meflagieroDelia (Iellata moie-à te fon volto ;,Quel micelio .che. miriCon tremoli TiaifiriImprouifo i r r i g a r l 'arido trance,"Varrtrms - tuo prò l'ai tra pktaper fonte,A quei vitali hism©ri,Vanne a t e m p ra r g ! ' a r doriDel gertnfeTpo -languenteChe'fia d'imeufaDal Cic lo «e i et ta a pr-opag a r g ! 'imperi.E eoa gli E fé rapi) iVoi cLr£olE,e , .(pori. ,
&tf. E foiJe,-chi pauentaEterno i l ino do! or;Sé il Ciei Saette. a-ouentaS t i 11 a TU g i a de •an.co r . y
N o n fé in p s e - v n e o r iì d uo leDel fuo defi-in cru<iel;Fiorili o n t e vioìeIDoppo le br jneèl^el.
I L . F I 3̂ ; 1,
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