krautheimer-due capitali cristiane: roma e milano

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Krautheimer-Due Capitali Cristiane: Roma e Milano

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  • da Tre capitali cristiane

    di Richard Krautheimer

    Storia dellarte Einaudi 1

  • Edizione di riferimento:Richard Krautheimer, Tre capitali cristiane. Topogra-fia e politica, trad. it di Renato Pedio, Einaudi, Tori-no 1987Titolo originale:Three Christian Capitals. Topography and PoliticsUniversity of California Press, Berkeley - Los Ange-les - London' 1983 The Regents of the University of California

    Storia dellarte Einaudi 2

  • Indice

    Storia dellarte Einaudi 3

    I. Roma 4

    III. Milano 47

    Abbreviazioni 89

  • Capitolo primo

    Roma

    La mappa di Roma qual era il 28 ottobre del 312,giorno in cui Costantino sconfisse Massenzio ai SaxaRubra ovvero, come la si chiama comunemente, nellabattaglia di Ponte Milvio ed entr in Roma comedominatore unico e incontestato della met occidentaledellimpero, abbastanza ben conosciuta (fig. 1)1. Leturrite mura costruite quarantanni prima dagli impera-tori Aureliano e Probo, e pertanto denominate MuraAureliane, si sono ben conservate fino ai nostri giorninella loro totale lunghezza di dodici miglia, circa diciot-to chilometri, che cingono sulla riva orientale del Teve-re la massima parte della citt antica, e, sulla riva occi-dentale, trans Tiberim, Trastevere. Strade provenienti datutto il mondo conosciuto vi penetravano attraverso se-dici porte, maggiori e minori, proseguendo come arte-rie principali verso il centro della citt, la sua zona dirappresentanza monumentale e amministrativa, ideal-mente tuttora il cuore dellimpero. Qui, Romani e fore-stieri insieme restavano a bocca aperta dinanzi ai sim-boli della potenza di Roma: sul Campidoglio i templi diGiove e di Giunone; sul Palatino i palazzi imperiali, resi-denza ufficiale degli imperatori quando si trovavano aRoma. Ai piedi del Campidoglio e del Palatino si esten-deva il Foro Romano con i suoi templi, statue e architrionfali, con la Curia del Senato e la Basilica Giulia,ricostruite ambedue da Diocleziano intorno al 285, e

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  • con le nuovissime e pi grandiose aggiunte, impostatetra il 306 e il 312 da Massenzio, appena completate: ilTempio di Venere e Roma, da lui interamente rico-struito; una sala che oggi ospita la chiesa dei SantiCosma e Damiano, ma che originariamente, si presume,fosse laula dudienza del prefetto urbano, con antepo-sto un vestibolo rotondo con cupola; e, situata fra que-

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    1. La Roma di Costantino verso il 330 d. C. In base a un disegno di J. B. Lloyd.

  • sti due edifici, la Basilica Nova, le cui mura massicce ele cui volte a cassettoni tuttora torreggiano al di sopradel tratto in salita verso est della Via Sacra. Ancora piad est di quellaltura, il Colosseo, costruito sullo scor-cio del i secolo, sorge ancor oggi in tutta la sua altezza.A nord del Foro Romano si aprivano luno accanto allal-tro i Fori Imperiali realizzati da Cesare e Augusto finoa Vespasiano, Nerva e Traiano: quello di questultimoera il pi grandioso, dominato dalla sua basilica, daltempio e dallomonima colonna; il cortile antistante sidilata in immensi emicicli, dei quali quello destro sor-montato dai Mercati Traianei, alta costruzione nellaquale file di botteghe, a ciascun piano, davano su pas-saggi con o senza volte. Al di l del Campidoglio siestendeva il Campo Marzio: verso nord fino al Mauso-leo di Augusto; verso ovest fino al ponte sul Tevere avalico del fiume verso il Mausoleo di Adriano, CastelSantAngelo; e verso sud fino ai piedi dellAventino. Eraunarea di rappresentanza gremita di templi, teatri, cir-chi e terme: il Circo Massimo e il Pantheon, il Teatrodi Pompeo e lo Stadio di Domiziano oggi piazza Navo-na , le Terme di Alessandro Severo tra il Pantheon epiazza Navona, il Teatro di Marcello, e, accanto adesso, il Portico dOttavia e il Circo Flaminio. Questa-rea, che copriva allincirca un quarto dellintera super-ficie della citt, era tutta marmi e dorature, pretenzio-sa, si pu temere, quanto lattuale Vittoriano su piazzaVenezia.

    Discosti da questa spettacolare esibizione di gran-diosit, coloro che detenevano il potere abitavano in unacintura di verde che si estendeva tanto allinterno quan-to allesterno delle Mura Aureliane; le loro dimore, libe-ramente confinanti attraverso giardini e parchi, si dispie-gavano in unampia mezzaluna attraverso i colli, ove la-ria era salubre e fresca, dal Pincio al Quirinale e allE-squilino fino al Celio e allAventino e, oltre il fiume, fino

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  • al Gianicolo. Limmenso padiglione di giardino, erro-neamente denominato Tempio di Minerva Medica, nonpi avvolto nel verde comera ancora un secolo fa ma indeprimente vicinanza con lo scalo ferroviario; le rovinedegli Orti Sallustiani, similmente in deperimento, nonlontano da Via Vittorio Veneto; i resti del palazzo Ses-sorio presso Santa Croce in Gerusalemme, accanto allemura del bordo sud-orientale della citt; quelli di unal-tra lussuosa villa sepolta sotto la Bibliotheca Hertziananel settore urbano nord: questi ruderi tuttora contras-segnano i siti di tali dimore sontuose, molte delle qualidi propriet imperiale allinizio del iv secolo2. Tuttosommato, la fascia verde dellantica Roma, mille e set-tecento anni fa, non era dissimile da quella che av-viluppava la citt ancora nel xix secolo, prima che leimmense ville e i parchi delle grandi famiglie romane gli Aldobrandini, i Ludovisi, i Massimo o gli uliveti ele vigne dei ricchi conventi, come quello dei Santi Gio-vanni e Paolo a sud del Colosseo, cadessero preda dellaspeculazione edilizia. Intorno al 3oo d. C. quella zona agiardino, con le sue dimore aristocratiche e imperiali econ una quantit di siti edilizi disponibili, ospitava inol-tre le due massime terme datate al iii secolo, quelle diCaracalla e quelle di Diocleziano, e, sia per ragioni dispazio che di sicurezza, le grandi caserme delle truppedi stanza o di passaggio per Roma.

    Compressa tra la cintura verde e la grande area dirappresentanza, ristretta nelle valli fra i colli e nelleparti basse dellurbe (la citt bassa lungo il fiume, inTrastevere e attorno a Monte Testaccio, sempre minac-ciata da inondazioni ed epidemie), la massa della popo-lazione viveva in stamberghe, casette e case di appar-tamenti di ogni dimensione e forma e realizzate conmateriali edilizi di ogni sorta: molte solidamente costrui-te, alte quattro e pi piani, e sviluppate in lunghezza suotto o nove campate; altre piccole e in materiale sca-

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  • dente. Tali casamenti (insulae) che di norma ospita-vano al pianterreno botteghe, forni, laboratori o picco-li impianti termali si allineavano lungo strade strette,maleodoranti e rumorose come oggi a Napoli o a Fez,oscure, affollate, spesso valicate da archi, quali ancorasi possono vedere sul Clivo di Scauro e qua e l in Tra-stevere. Di tanto in tanto una dimora padronale, picco-la o grande, si era inserita o era sopravvissuta dai tempiantichi, serrata dalle case in affitto in perpetua espan-sione. Tali zone di casamenti in affitto, per la verit,protendevano lunghi tentacoli sia nella cintura verde chenella zona di rappresentanza; sopravvivono, incorpora-te nella costruzione dei Santi Giovanni e Paolo sul Clivodi Scauro, fra le ville sul Celio, le pareti di tre grandicorpi di questo tipo; le rovine di un altro sorgono aipiedi stessi dei Campidoglio, e altri ancora sono incor-porati entro la chiesa di SantAnastasia sotto il Palati-no: ambedue nel cuore del centro monumentale diRoma.

    Come ancor oggi accade nella citt vecchia convive-vano fianco a fianco i Costaguti e il piccolo ciabattino,il ricco e il povero, ledificio pubblico e lo squallore.

    La grande pianta in marmo di Roma, datata allini-zio del iii secolo, e i regionaria, repertori topografici deliv secolo, presi insieme danno abbastanza lidea dellestrade strette, delle insulae con le botteghe al pianter-reno, e del mescolarsi di lusso e miseria3. Il numero stes-so di casamenti da affitto e di tuguri, nonch di dimo-re signorili e di parchi, lo splendore dorato dei templi edegli edifici pubblici, i fori e le strade, e il labirinto dellecentinaia di vicoli strettissimi, riflettevano una Romache nella mente dei contemporanei, fossero tradiziona-listi o innovatori, restava ancora il vero caput mundi. Eraancora lunica capitale legittima dellimpero, malgradole nuove residenze imperiali per ogni dove a York e aTreviri, a Milano e a Nicomedia, a Tessalonica e ad

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  • Antiochia dalle quali, fin dagli ultimi decenni del iiisecolo, i successivi imperatori di fatto avevano gover-nato limpero.

    Questa era limmagine di Roma quando Costantinoconquist la citt. Poco dopo, egli decise di costruire unacattedrale per la comunit cristiana di Roma e il suovescovo, presumibilmente come ex voto a Cristo che gliaveva concesso la vittoria: lecaristrion che Costan-tino, come ci narra Eusebio, poi offr come ec, ciocome voto, consisteva forse pi in questa cattedrale chein una semplice preghiera di ringraziamento. La dedica-tio, latto di fondazione, di rinuncia alla propriet, sarcertamente caduto entro linverno del 312; forse inrealt bench sia una congettura ebbe luogo fin dal9 novembre, tredici giorni dopo la conquista, davverosollecitamente. Come sito per il nuovo edificio limpe-ratore scelse unarea sul colle Celio, assai esterna nel-langolo sud-orientale della citt, e appena dentro lemura. Doveva, cos, sorgere lungo le ricche dimore dellacintura verde, in una zona a giardino, pi o meno qualesorgeva ancora un centinaio danni fa5. Intorno al 312parte delle case signorili vicine erano ormai da lungotempo propriet privata dellimperatore, come quelleconfiscate da Nerone alla famiglia dei Laterani da quiil nome della zona o le due ville contigue della madree del nonno di Marco Aurelio, dove si ergeva la statuaequestre di questultimo, finch non venne trasferita aqualche centinaio di metri di distanza di fronte al palaz-zo pontificio, e poi da Michelangelo, nel 1538, sul Cam-pidoglio. Fra queste dimore, un vasto quadrato era occu-pato dai castra equitum singularium, la caserma delleguardie a cavallo imperiali. Pu darsi che questo corpoabbia combattuto dalla parte sbagliata, quella di Mas-senzio; in ogni caso venne sciolto nel 313. La casermafu confiscata e rasa al suolo, il sito sgomberato venneinterrato, e si costru la cattedrale lateranense, oggi San

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  • Giovanni in Laterano. I lavori ebbero inizio, ritengo, findalla primavera del 313; la costruzione procedette ra-pidamente e la consecratio, il trasferimento del dono exvoto dallambito del profanum alla divinit, in questocaso Cristo, pu aver avuto luogo il 9 novembre 318, seianni dopo la posa della prima pietra: periodo di costru-zione ragionevolmente lungo, considerati i sei o setteanni che occorsero per completare le strutture e inizia-re la decorazione della chiesa, assai pi grande di SanPietro. Mettere la cattedrale del Laterano in condizio-ni di essere consacrata pot richiedere altri quattroanni6.

    Gli elementi oggi di spicco in San Giovanni in Late-rano sono, senza dubbio, lattuale facciata settecentescae linterno progettato e rimodellato da Borromini fra il1646 e il 1650: una delle sue creazioni pi grandiose epi raffinate. Tuttavia, la chiesa costantiniana nonvenne affatto distrutta. Larghe porzioni ne so-pravvivono sotto lattuale livello del pavimento o incor-porate nella fabbrica borrominiana, e sono state trattein luce in successive campagne di ricerca durante gli ulti-mi cinquantanni. Sono stati messi allo scoperto i muridi fondazione dellabside, della navata centrale e dellenavate laterali, affondati fra le muraglie della caserma,che essi tagliano e attraversano ad una profondit dioltre 7 metri e 53; sono solidamente costruiti in larghiblocchi di pietra pesantemente cementati e dello spes-sore di 1 metro e 70. Negli anni trenta vennero rinve-nuti frammenti del pavimento della navata, composto digrandi lastre di marmo policromo; ci sono noti da foto-grafie. Al di sopra del livello del suolo, parti di mura-glia si ergono ancora per 8 metri e mezzo, costruite inpietrame e malta tra guaine di mattone (opus caementi-cium); includono resti delle finestre e delle porte dellenavatelle. Inoltre, sono stati dissepolti numerosi fram-menti sparsi, sia struttivi che decorativi, e tra i primi un

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  • pennacchio proveniente da arcate di navata laterale.Rilievi della chiesa quale sorgeva fino al 1646, di manodello stesso Borromini nella sua grafia precisa ed ele-gante, e dei suoi assistenti, nonch precedenti descri-zioni, chiariscono ulteriormente la pianta, linterno e ladecorazione della basilica costantiniana. La navata cen-trale, lunga 100 metri (333 e 1/3 piedi romani) era con-clusa da unabside e fiancheggiata su ciascun lato danavate laterali gemelle, separate da arcate, su una lar-ghezza totale di oltre 53 metri (pi o meno 18o piediromani, fig. 2). Due ali, forse depositi per le offerte, siproiettavano dalle navate laterali entro la zona del coro.Al coro conduceva un percorso rialzato racchiuso datransenne, una solea, per lingresso solenne del vescovonella sua chiesa. Diciannove alte e snelle colonne tra-beate sostenevano su ciascun lato le pareti della navata;una serie di quarantadue colonne in marmo verde scom-partiva le navate laterali; le interne erano probabilmen-te pi alte di quelle esterne; e tutti e due gli elementi,navatelle e navata, erano illuminati da vaste finestre: unaffresco dipinto nel 1650, quantunque sia una ricostru-zione e non dia affidamento su alcuni punti, trasmette

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    2. Roma: ricostruzione dellassetto della Basilica di San Giovanni in Latera-no in et costantiniana. (Krautheimer e Corbett; disegno di J. B. Lloyd).

  • nondimeno limpressione dei colonnati snelli e della luceabbondante7. La decorazione era di uno splendido cro-matismo: le colonne in granito rosso della navata centra-le; quelle verdi delle navate laterali; il rivestimento mar-moreo del sistema di archi delle navate laterali e forsedelle pareti; il pavimento in marmo della navata cen-trale; un mosaico aniconico, a quanto sembra in purafoglia doro, nellabside; un fastigium dargento; unoschermo o baldacchino, sulla corda dellabside, che so-steneva statue, placcate in argento, di Cristo, angeli eapostoli, esempio notevolmente precoce di decorazionefigurale di una chiesa; e candelieri e candelabri dargentoe doro dovunque. Dietro la chiesa venne eretto un bat-tistero ottagonale, e nelle vicinanze si trov una resi-denza per il vescovo e la sua corte: pu trattarsi delladimora scoperta circa duecento metri dietro labside,oppure di una pi vicina alla facciata, donde egli pote-va fare convenientemente il suo solenne ingresso nellacattedrale8.

    Evidentemente la basilica del Laterano spezzava latradizione edilizia che fino a quel momento era servita,e che per parecchio tempo ancora continu a servire, peril culto cristiano in tutto limpero: quella delle domusecclesiae, centri comunitari, ovvero, come erano deno-minati a Roma, tituli. Il pi noto, e di fatto lunicoconosciuto a fondo sino ad oggi, quello trovato neglianni venti a Dura-Europo sulla frontiera dellEufrate:una piccola residenza adattata fin dal 23o d. C. alle esi-genze religiose e amministrative di una piccola congre-gazione (fig. 3)9. Come quella di Dura, altre domus eccle-siae erano case di tipologia locale, acquistate dalle con-gregazioni o ad esse donate da membri facoltosi. Adat-tate il meglio possibile alla nuova funzione, ospitavanosotto un unico tetto una stanza di riunione per i servi-zi religiosi, camere per istruire i postulanti e i catecu-meni, un battistero, uffici e alloggi per il clero, sgabuz-

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  • zini per immagazzinarvi cibo e vesti per i poveri e, nelladomus di una comunit ricca, una stanza di ricevimen-to per il vescovo. Solo raramente, e in tarda data, unacongregazione era in grado di possedere una sala appo-sita per le sole funzioni religiose, come a Roma, quellariscoperta presso San Crisogono in Trastevere, costrui-ta presumibilmente intorno al 310 sotto il regime tolle-rante di Massenzio. Ma di norma le comunit cristiane,per tutto il iv secolo, continuarono a usare, acquisire eadattare alle proprie esigenze le case ordinarie, quandosi rendessero disponibili: una piccola residenza urbanacome a Dura; una sala a giardino di una casa elegante,quale quella ritrovata a Roma sotto San Pietro in Vin-coli (fig. 4); o un vasto ambiente di una villa, come aSanta Sabina; o un appartamento in un casamento daaffitto, come quello incorporato nelle fondamenta enella parete laterale dei Santi Giovanni e Paolo. In ognicaso, erano eminentemente private, di dimensioni mode-ste e di funzioni utilitarie10.

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    3. Ricostruzione della casa della comunit cristiana (domus ecclesiae) a Dura-Europo. P. Lampl, in base a C. B. Kraeling (a cura di), The Excavationsat Dura-Europos, Final Report, VIII/2. The Christian Building, New Haven1967, pianta 3, disegno di Pearson.

  • La cattedrale del Laterano era di specie diversa. Pro-gettata unicamente per il culto, era assai vasta, poten-do contenere tremila o pi fedeli; gli appartamenti peril clero, gli uffici e persino il battistero divennero corpiseparati. Cos isolata, la chiesa era monumentale, si leva-va alta sul proprio intorno come faceva ancora un cen-tinaio danni fa; e per la dimensione, lo splendore e lastessa tipologia edilizia proclamava pi la propria con-dizione pubblica che quella privata11. Per la verit, men-tre rompeva con la passata tradizione delledilizia cri-stiana, la cattedrale di Costantino era profondamenteradicata nel filone maestro dellarchitettura pubblicaromana. La pianta, il progetto, la funzione generale sierano evoluti entro il genere della sala pubblica di assem-blee, la basilica, quale, per molti secoli, si era diffusa intutto il territorio romano con sempre nuove varianti diforma e di funzione: maneggi e bazar; ridotti di teatroe sale per ricevere i clienti, discutere di affari o ammi-nistrare la giustizia; sale di riunione per sette religiose;saloni di ricevimento nelle magioni dei grandi; aule deimagistrati; e sale dudienza imperiali, nelle quali il diovivente si rivelava ai fedeli. Tali basiliche potevano esse-re spartane come una palestra distruzione in un campo

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    4. Roma: ricostruzione della sala a giardino sottostante San Pietro in Vin-coli. Disegno di Leporini, da A. M. Colini e G. Matthiae, Ricerche intor-no a S. Pietro in Vincoli, in PARA, Memorie, IX (1966), fasc. 2, fig.73 bis.

  • militare, o grandiose come la Basilica Ulpia di Traiano;a una sola navata o con navate laterali; oppure con tre,due, una o nessuna abside; con pareti nude o con colon-ne marmoree e parti dorate e splendenti in un opus sec-tile policromo: tutto in funzione della tradizione locale,della destinazione specifica e dei mezzi disponibili. Lerisonanze religiose, sempre inerenti alledilizia pubblicaattraverso la presenza obbligata delleffigie di una divi-nit o dellimperatore, nel iv secolo avevano trasforma-to in santuario della Divina Maest la sala dudienza del-limperatore stesso, ove i suoi fedeli si raccoglievano peradorarlo. Pertanto il tipo di queste sale dudienza rapi-damente prevalse entro il genere globale della basilica:a navata unica, con absidi profusamente illuminate,risplendenti di marmi, pitture, mosaici e dorature: cometestimoniano la sede del prefetto urbano sul Foro Roma-no e, a scala ancora maggiore, la sala dudienza diCostantino a Treviri, costruita solo pochi anni primadella cattedrale lateranense.

    Tale cattedrale, pertanto, in linea generale, altro nonera se non unulteriore variante del genere della saladassemblee, della basilica. Nellambito di tale genereessa era stata adattata al suo compito specifico, al suorango particolare in quanto dono di Costantino, e allasua funzione di sala del trono del Re Celeste. Pertantovenne progettata in modo da corrispondere alle esigen-ze del rito cristiano quale veniva praticato a Roma, alleesigenze sia di rapida costruzione sia di opulento splen-dore che il donatore imponeva, e alla concezione di esse-re la sede del Cristo, Imperatore nei Cieli. Dimpiantolongitudinale, si focalizzava sullabside ove il vescovo,per cos dire il magistrato di Cristo, era sul trono e sul-laltare ove, nel sacrificio della Messa, il Cristo si rive-lava al Suo popolo. Poich nessuna sala a navata unicaavrebbe potuto contenere un pubblico tanto vasto qualedoveva raccogliersi nella cattedrale di Roma, la pianta

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  • venne espansa lateralmente mediante le navate lateraligemelle. Infine, la sua dimensione e magnificenza, lo-stentazione di dorature, mosaici, marmi, oro e argento,avrebbe proclamato la generosit e lopulenza del subli-me donatore imperiale, lo status della Chiesa di cui egliera patrono e la grandezza del Cristo, che risiedeva inessa come supremo basileus. Invero sin dal i e dal iisecolo Cristo era stato concepito come Sovrano Onni-potente, Re e Imperatore. Intorno al 314 Eusebio, informule prese a prestito dalla terminologia romana impe-riale, lo proclamava Sovrano basileus dellUniverso,Supremo Legislatore, sempre vittorioso; la sua statuain maest, placcata in argento, in trono e sorvegliata daangeli portatori di lancia fronteggiava il vescovo sedutonellabside del Laterano, mentre la congregazione lovedeva come maestro, fiancheggiato dagli apostoli; e,quasi un secolo pi tardi, il mosaico di Santa Pudenzianalo presenta come basileus in trono, con la mano levatanel gesto delladlocutio, vestito dellabito di porpora, tes-suto doro, dellimperatore, e fiancheggiato dagli apo-stoli in abbigliamento senatoriale12. Agli occhi degliuomini del iv secolo, pertanto, la cattedrale lateranen-se e le altre chiese costantiniane rievocavano nel modopi diretto, entro il genere della basilica, le sale du-dienza imperiali e, oltre a esse, i palazzi imperiali ingenere13.

    Implicitamente, pertanto, le chiese costantinianerivendicavano uno status ufficiale. Nel 325-26 Costan-tino stesso, in una lettera a Macario vescovo di Gerusa-lemme, sottolineava tale pretesa: la chiesa del SantoSepolcro doveva essere non soltanto, tra le basiliche, lapi bella di qualsiasi altra, ma tale che ledificio superile bellezze, sotto ogni rispetto, di qualsiasi citt14. Difatto, tutte le chiese costruite da lui e dalle dame dellacasa imperiale a Roma nei circa quindici anni successivialla sua conquista della citt aspiravano implicitamente

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  • a rango pubblico. Tutte erano vaste. Tutte erano ricca-mente provviste di suppellettili preziose. Tutte eranoprofusamente sovvenzionate; i loro proventi per la solamanutenzione totalizzavano circa venticinquemila solidiaurei15. Tutte, come la cattedrale lateranense, eranovarianti di una tipologia eminentemente pubblica, labasilica. Ma tutte differivano, sia per la funzione che perla pianta, da questultima, prima fondazione sacra diCostantino a Roma, e cos pure fra di loro. Sorgendopresso le catacombe che custodivano le tombe di san Lo-renzo, di santAgnese, dei santi Marcellino e Pietro Dia-cono, e sopra un sacrario che commemorava gli apostoliPietro e Paolo ad catacumbas (oggi San Sebastiano), ser-vivano come cimiteri coperti e sale per banchetti fune-bri; a pianta longitudinale, col pavimento tappezzato ditombe, con le navate laterali che avvolgevano labside amo di deambulatorio, spesso con mausolei che vi siaffollavano intorno; pu servirne di esempio San Loren-zo fuori le Mura (fig. 5). Talvolta si collegavano ad un

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    5. Roma: ricostruzione del cimitero coperto e della camera catacombale diSan Lorenzo fuori le Mura. (Krautheimer e Frankl; disegno di W.Frankl).

  • mausoleo imperiale: nel caso di SantAgnese a quellodella figlia di Costantino, Costantina, oggi Santa Costan-za; per i Santi Marcellino e Pietro a quello di Elena, pro-babilmente inizialmente di Costantino, ceduto alla madreuna volta che egli si fu trasferito a Costantinopoli. SanPietro, nel combinare la funzione del sacrario di un mar-tire con quella di unaula funeraria, era provvista di duenavate laterali gemelle che fiancheggiavano quella prin-cipale, e di un basso transetto e abside per coprire latomba dellapostolo; i resti della navata hanno offerto,fino allinizio del xvii secolo, unidea della dimensione edella monumentalit delledificio sacro costantiniano. InSanta Croce in Gerusalemme, su ununica navata siestendevano due serie di arcate triple: queste ultime inse-rite quando, probabilmente allinizio degli anni venti deliv secolo, una sala del iii secolo nel palazzo Sessoriovenne trasformata in chiesa di palazzo dellimperatricemadre e della sua corte; una reliquia della Vera Croce,forse da lei acquistata nella sua visita in Terra Santa del326-27, era custodita o nella chiesa vera e propria o inun ambiente adiacente, sotto un baldacchino che, comstato di recente suggerito, copiava quello collocato daCostantino sul Sepolcro di Cristo a Gerusalemme (fig.6)16. Tutte queste chiese, pertanto, sorgevano su lottiappartenenti alla res privata, che, nei secoli, si era venu-ta accumulando, come patrimonio personale, nelle manidegli imperatori: San Lorenzo sullAger Veranus lungo laVia Tiburtina, propriet imperiale sin dai tempi di LucioVero (morto nel 168); SantAgnese sui terreni della villadella figlia di Costantino Costantina (Costanza), sulla ViaNomentana; i Santi Marcellino e Pietro nella tenuta adduas lauros, sulla Via Labicana, di Elena; ledificio adcatacumbas, San Sebastiano, lungo lAppia, su un terre-no lasciato in eredit, si suppone, da Erode Attico al pa-trimonio privato imperiale; San Pietro negli Orti Nero-niani oltre Tevere, non lontano da un ramo della Via

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  • Cassia; infine Santa Croce entro il palazzo Sessorio.Tutto, pertanto, sorse su terreni privati, per cos dire sot-tratti allambito pubblico generale. Eppure tutto, perdimensione, ricchezza, splendore, anzi per il fatto stes-so di appartenere a quellordine architettonico emi-nentemente pubblico che era la basilica, proclamava lin-tento di rivaleggiare con ledilizia pubblica vera e pro-pria. Esiste, sembra, una contraddizione intrinseca allabase stessa delle fondazioni sacre di Costantino a Roma.

    Troppo facilmente si pensa a Costantino come impe-ratore cristiano; e cos alle chiese da lui costruite, o chesi suppone abbia costruito, a Roma e altrove. MaCostantino era, soprattutto e prima di tutto, imperato-re romano, e un imperatore romano era tenuto a dimo-strare la propria grandiosit e il proprio potere elevandoedifici pubblici immensi e rappresentativi: pubblici nonimplicitamente, ma in senso estremamente reale.Costantino non sfugg a tale responsabilit17. A Roma,sul Quirinale, egli eresse sin dal 315 circa una vastacostruzione termale. Le sue rovine, ancora parzialmen-te in piedi sullo scorcio del xvi secolo sono state ritro-vate per una lunghezza di oltre duecento metri e una lar-

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    6. Roma: ricostruzione di Santa Croce in Gerusalemme. Da Corpus, I, fig.117. (Krautheimer e Frankl; disegno di W. Frankl).

  • ghezza di almeno cento, e si estendono dal sito di palaz-zo Rospigliosi e della Consulta sulla cresta del Quirina-le verso sud fino a quello della Banca dItalia al di quadi piazza Magnanapoli: lestremit meridionale si soste-neva su un immenso terrazzo, e lintera struttura sep-pelliva sotto la propria vasta distesa un gran numero diedifici precedenti, espropriati a causa di essa: magazzini,forse case ad appartamenti, e certamente una mezzadozzina o pi di residenze private lussuosamente arre-date. Entro le loro sale a cupola e a volta le terme con-tenevano una profusione di statue, alcune sin dallinizio,altre accumulate nel successivo iv secolo: i domatori dicavalli, statue di Costantino e dei suoi figli, gli di flu-viali oggi al Campidoglio, i barbari vinti. Non lontano,forse nella porticus Constantini, una sala colonnata atti-gua alle terme, unottantina di anni fa sono state ritro-vate le statue in bronzo di un sovrano ellenistico e unpugilatore sedente. Sul Foro Romano, ancora in tempicarolingi, sorgeva una statua equestre di Costantino. LaBasilica di Massenzio venne modificata e ridecorata daCostantino: nellabside sullestremit ovest della nava-ta si levava la sua statua colossale, eretta subito dopo lasua conquista di Roma, i cui frammenti, trovati in situ,e in particolare la testa, dominano oggi il cortile delPalazzo dei Conservatori. Successivamente, una nuovaabside venne costruita sul fianco nord della navata perospitare il tribunale, un tempo nellabside ovest, e siaggiunse un nuovo portico dingresso che, verso sud,guardava i palazzi sul Palatino. Presso la basilica, sia lapresunta aula dudienza del prefetto urbano sia il suovestibolo coperto da cupola possono essere stati anches-si portati a termine da Costantino che pare abbia anchecostruito sul Foro Boario un grande tetrapylon, daller-rato nome di Giano Quadrifronte. Il Circo Massimo, aipiedi del Palatino, fu da lui restaurato con colonnedorate e alti portici, lobelisco oggi al Laterano era

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  • stato trasportato da Tebe ad Alessandria, al fine disituarlo sulla spina del circo, ma il suo trasferimento aRoma e la sua erezione ebbero luogo soltanto nel 357,sotto il figlio Costanzo II. Infine si ha, ovviamente,larco trionfale presso il Colosseo, in gran parte edifica-to con materiale sottratto ad altri monumenti e dedica-to a Costantino nel 315 dal Senato, per celebrare la vit-toria ai Saxa Rubra18.

    Tutti questi monumenti costruiti o portati a termi-ne da Costantino, oppure a lui dedicati, erano edificipubblici in senso reale, opera publica in linguaggioamministrativo, come i templi, i teatri, le struttureburocratiche e le terme costruite dai precedenti impe-ratori e funzionari. Il loro rango legale coincideva conle pretese implicite nella loro dimensione, nella lorotipologia architettonica e nello splendore dellorna-mentazione; costituirono il contributo di Costantino inquanto imperatore romano allesibizione della genero-sit imperiale in mattone e marmo, nel cuore delluni-ca capitale legittima dellimpero. Similmente, il suosigillo ufficiale venne apposto da lui, o da un compia-cente Senato, sui grandi edifici pubblici lasciati dallosconfitto Massenzio: la sua basilica, la Basilica Nova,prese naturalmente il nome da Costantino, in quanto neospitava la statua; le iscrizioni proclamarono in Costan-tino il costruttore dellaula dudienza del prefetto urba-no, se davvero era questa un tempo la funzione dellachiesa dei Santi Cosma e Damiano; e un decreto delSenato gli attribu la ricostruzione del Tempio di Vene-re e Roma, appena completato da Massenzio. Come siaddiceva a un imperatore romano, Costantino, per deci-sione del Senato, assunse il controllo del centro mo-numentale di Roma e del suo impero.

    Tanto pi degna di nota , dunque, la collocazionedelle sue fondazioni per la comunit cristiana della citt.Dopo tutto, anchesse erano grandi pezzi di rappresen-

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  • tanza: vaste, rifulgenti di marmi e di mosaici, altissime,splendidamente arredate e riccamente dotate. Ovvia-mente avevano lo scopo di rivaleggiare con larchitettu-ra pubblica e con i palazzi imperiali. Pure, nessuna sorse,neppure approssimativamente, in vicinanza del centrourbano, ove avrebbe potuto competere visualmente contali strutture, ed essere vista da tutti. Le chiese dei mar-tiri, naturalmente, eo ipso vennero collocate allesternodelle Mura Aureliane, fuori le mura. I sepolcri e icimiteri, su cui esse sorgevano, come tutti i luoghi disepoltura erano banditi dalla legge romana dallinternodella cerchia urbana: dalle Mura Serviane prima dellacostruzione delle Mura Aureliane, e in seguito, percostume se non per legge, anche da queste ultime. Lacollocazione di Santa Croce in Gerusalemme allinternodel palazzo Sessorio ha senso anchessa; si trattava, dopotutto, della cappella di palazzo dellimperatrice madre.Ma il fatto di rinvenire la cattedrale di Roma al margi-ne stesso della citt, sepolta lontano nella cintura verde,esige una spiegazione. Difficilmente si sarebbe potutatrovare una posizione meno opportuna. Nei grandi gior-ni di festa a Pasqua in particolare, ma anche a Nata-le i fedeli a migliaia dovevano trascinarsi fin l, conunora intera di cammino o qualche volta di pi. Sol-tanto il vescovo, daltra parte, poteva impartire il bat-tesimo, e solamente a Pasqua. Il luogo era parimentipoco conveniente per lamministrazione episcopale. Lecomunicazioni con le parrocchie di tutta la citt, dalCampo Marzio a nord fino a Trastevere, erano difficilie comportavano spreco di tempo. Gli ecclesiasticipotranno ben essersi lamentati, in privato, del capricciodi Sua Maest nello scegliere un luogo tanto fuori mano,il Laterano. Ma, in quel tempo, la nuova cattedrale eracaval donato. E in ogni modo, come avanzare rimo-stranze alla divina maest dellimperatore?

    Costantino, peraltro, aveva buoni motivi per sce-

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  • gliere una collocazione remota per la sua prima fonda-zione sacra. Vi alluse cinquantanni fa Schnebeck, e liha elaborati poi Alfldi nella sua magnifica Conversionof Constantine19. Politicamente e religiosamente il centrodi Roma era terreno delicatissimo. Sul Campidoglio,nel Foro e nei Fori Imperiali, nonch sul Campo Mar-zio e a sud di esso sorgevano i templi degli dei che perun migliaio danni avevano protetto Roma. L, inoltre,sorgevano le basiliche, i teatri, le terme e i mausoleiimperiali, quasi tutti dotati di santuari per divinit mag-giori e minori e per gli imperatori elevati al rango deglidi. Qui il Senato si riuniva, nella Curia che ospitavalaltare della Vittoria, ancora fervidamente difeso mezzosecolo dopo; qui, nei loro edifici amministrativi, sede-vano i magistrati, appartenenti tutti alle maggiori fami-glie romane. Tutte queste strutture erano state fondateda membri delle medesime famiglie o da imperatori, ela loro manutenzione era curata dai loro discendenti esuccessori in carica. Porre accanto a simili strutture labasilica destinata alla congregazione cristiana era fuoriquestione, anche se si fosse trovato un lotto convenien-te. Sarebbe stato un affronto gravissimo al Senato e aiRomani tradizionalisti, sia della classe superiore che diquelle inferiori. Tenere la sua prima chiesa, e, a dire ilvero, tutte le successive, il pi possibile lontano dal cen-tro di Roma, a causa del predominio di gruppi conser-vatori e religiosamente tradizionalisti sia in Senato chefra la popolazione, costituiva necessariamente (nel 312-313 di certo, ma anche per alcuni anni a venire) parteintegrante della politica edilizia costantiniana. I san-tuari fuori le mura e le tombe dei martiri e di san Pie-tro non potevano urtare il sentimento di alcuno. NSanta Croce, celata entro il palazzo Sessorio, potevaledere la suscettibilit anche dei pi accesi sostenitoridellantica fede. Solo la cattedrale sul Laterano sorgevaallo scoperto, per dir cos, allinterno delle mura urba-

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  • ne. Pure, come Santa Croce, restava al di fuori delpomoerium, il confine religioso segnato dalle anticheMura repubblicane, le cosiddette Serviane, rispettateanche dopo la costruzione, assai pi esterna, delle MuraAureliane. Il luogo in cui sorgeva la cattedrale del Late-rano, a mezzora o pi di cammino dallarea critica delcentro urbano con le sue risonanze pagane, almeno nonavrebbe offeso in modo troppo flagrante il sentimentopagano conservatore.

    Fu elemento di una politica di rispetto per i senti-menti pagani il fatto che Costantino, come fece a Roma,collocasse le fondazioni sacre sue e della sua famiglia suterreni di propriet privata, al di l delle mura ed entroil palazzo Sessorio. Sulla propria terra ciascuno era libe-ro di fare ci che voleva. Inoltre, pur accessibili a qual-siasi fedele che provenisse dalla comunit cristiana diRoma e volesse camminare qualche miglio, o al pelle-grino occasionale proveniente da lontano, queste aulefunerarie, come le tombe dei martiri ad esse vicine,avrebbero attratto fedeli in primo luogo dalle grandicasate stabilite sulle propriet e dalla popolazione con-tadina che viveva nei pressi. Certamente in Santa Crocein Gerusalemme la congregazione, nel complesso, si limi-tava a chi vivesse nel palazzo e sui suoi terreni. I noncristiani erano ovviamente al corrente degli edifici cheCostantino stava erigendo sulle proprie terre: aule fune-rarie, sacrari di martiri, una chiesa di palazzo; ma pote-vano e volevano ignorarne lesistenza. Tali costruzioninon erano certamente affare delle autorit, n intende-vano offendere i grandi signori del Senato. In verit, didiritto come di fatto le fondazioni costantiniane di chie-se (certamente a Roma e nella prima met del suo regno)vennero accuratamente poste a distanza dagli edificipubblici, sia della grande zona di rappresentanza, siasparsi in tutta la citt. Templi, edifici amministrativi,teatri, terme, archi trionfali, basiliche, circhi e strade

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  • erano opera publica. In tutto limpero si trovavano sottola giurisdizione, o quanto meno lamministrazione, delleautorit municipali o provinciali. A Roma, lorganismomunicipale responsabile era il Senatus populusque Roma-nus, rappresentato dal Senato; e qui, in via eccezionale,una parte di quanto ci si sarebbe atteso fosse proprietimperiale, i palazzi sul Palatino, rientrava anchessa tragli opera publica. Tutte le altre residenze degli impera-tori facevano parte del patrimonio imperiale: quellim-mensa congerie di beni fondiari e altri possedimenti chenei secoli si era accumulata nelle mani dei successiviimperatori per via di eredit, di acquisto e di confisca,la res privata, i loro beni personali. Giuridicamente, essaera distinta rispetto al fiscus che amministrava la pro-priet dello stato. In pratica, nel iv secolo la linea di con-fine era fluida, e limperatore controllava tanto il fiscoche i suoi beni privati20. I terreni riservati da Costanti-no alle sue fondazioni sacre a Roma e intorno a Romavennero scorporati, di certo nei primi anni del suoregno, dalle tenute imperiali, propriet controllata dallasua amministrazione privata. Erano libere donazioni diCostantino, e tali erano pure le somme necessarie per lacostruzione delle chiese, e le vaste estensioni di terra ilcui reddito doveva provvedere alla loro manutenzione,in servitio luminum o in redditum. Sia di fatto che didiritto le chiese fondate da Costantino a Roma, e nellaprima met del suo regno, erano e intendevano essere,agli occhi dei contemporanei, sue elargizioni private.Solo pi tardi, quando la Chiesa era ormai stata pi pie-namente integrata entro uno Stato concepito da Costan-tino come imperium Christianum, e solo lontano daRoma, egli avrebbe usato per la fondazione di chieseanche propriet del fisco21.

    La cattedrale lateranense va anchessa considerataentro tale quadro. Costantino, come per le sue succes-sive fondazioni sacre a Roma, fu attento a impiegare per

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  • essa, prima donazione alla comunit cristiana, una pro-priet terriera sottoposta al suo incontestato controllo.La dimora signorile, sulla quale sorsero tanto labsidedella basilica che il battistero retrostante, per qualchetempo aveva presumibilmente fatto parte, come le altreville in quella zona del colle Celio, della propriet impe-riale personale, la res privata. Il pi ampio terreno ove lanavata principale della basilica si sovrapponeva allacaserma delle guardie a cavallo era ricaduto ovviamen-te, una volta radiato il corpo, entro la propriet perso-nale, come di norma accadeva per i beni confiscati.Costantino poteva disporne a suo piacimento. Non glioccorreva il consenso di alcuno, come doveva inveceaccadere settantanni dopo ai tre imperatori fondatoriquando si progett San Paolo fuori le Mura; in taleoccasione il prefetto urbano, a loro nome, dovette rivol-gere al Senato e al popolo romano unistanza per otte-nerne il permesso di costruire sovrapponendosi a unastrada minore di campagna, legalmente propriet degliopera publica. N Costantino, progettando la cattedraledel Laterano, dovette comperare, o espropriare forzo-samente, propriet privata, come fece per le terme sulQuirinale. La basilica lateranense era sua fondazioneprivata, privatamente finanziata dalla sua borsa e da luidonata alla comunit cristiana di Roma. Se, nellatto didonazione, il beneficiario nominato fosse il corpus chri-stianorum Romae, il catholicae (ecclesiae) venerabile con-silium, o magari il vescovo in persona, ha poca impor-tanza22. In ogni caso, e certamente nel 312-13, si trat-tava di un ente giuridico o di un individuo estraneo aqualsiasi istituto ufficiale, e pertanto, giuridicamente,privato. Con tale sua prima donazione, ritengo, Costan-tino fiss un precedente per la sua politica nei riguardidi fondazioni di chiese, politica che non mut fino allamet degli anni venti del iv secolo, quando cominci sulserio il processo di fusione della Chiesa nello Stato. Ma

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  • a quel tempo Roma e i suoi specifici problemi apparte-nevano ormai, a causa di lui, al passato.

    Preservare, almeno sulla carta, il carattere privato epersonale delle sue fondazioni di chiese sembra avercostituito, in ogni caso a Roma, un principio fonda-mentale della politica edilizia di Costantino. Dimensio-ne e magnificenza, risplendere di marmi nei pavimentie nei rivestimenti delle pareti, mosaici doro e soffittidorati (fulgore corruscans aula, suonava liscrizione sullacroce doro di Costantino e di Elena in San Pietro), pro-fusione di candelieri e di immensi candelabri in oro e inargento, tutto ci contribuiva al quadro di lusso osten-tato che gli uomini del iv secolo si attendevano di vede-re in un edificio eretto da e per un imperatore23. Ma,finanziate comerano dai suoi fondi privati, dalla res pri-vata, e trasmessi alla Chiesa, ente giuridicamente priva-to, le chiese costantiniane a Roma erano giuridicamen-te private anchesse, e, in ogni caso, edifici non pubbli-ci, distinti dagli opera publica, cio dallarchitettura pub-blica in senso proprio. Emerge un aspro conflitto tra lepretese implicite nella pianificazione, nel progetto e nel-larredo degli edifici chiesastici costantiniani a Roma, ele caratteristiche inerenti alla loro collocazione remota,al margine o fuori addirittura della citt, nonch al lorostato giuridico di donazioni fatte dalla propriet perso-nale dellimperatore a un ente giuridicamente privato,qual era la Chiesa fino agli ultimi anni del regno diCostantino.

    Tale conflitto era, a me sembra, intrinseco ed ele-mento cruciale della politica religiosa generale di Costan-tino nei primi anni del suo regno; dal 312 alla met deglianni venti ci emerge a Roma in modo pi marcato chealtrove. Cristo, Costantino ne era convinto, gli avevaassicurato la vittoria nella battaglia alle porte di Roma;per gratitudine, egli sistruiva nella nuova fede, e pro-pendeva per essa24: aveva deliberato di proteggere e

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  • favorire la Chiesa e i suoi fedeli; ma intendeva proce-dere con mano leggera, particolarmente a Roma; ferirenervi gi allo scoperto non avrebbe portato alcun van-taggio. Senza dubbio, ampi strati della popolazione diRoma e di tutto lOccidente sebbene in proporzionenon altrettanto vasta che in Oriente erano, nel 312-313, cristiani; ma i ceti dirigenti della societ, il Sena-to e le grandi famiglie che detenevano a Roma il pote-re e con essi gran parte del popolo, rimanevano indisparte. Con poche eccezioni, laristocrazia restavalegata alle tradizioni antiche: alla storia di Roma, alla suacultura classica, alle sue credenze religiose. Individual-mente questi grandi signori (come chiunque altro, quan-to a questo) potevano aderire, e di fatto in molti casiaderivano, a uno dei nuovi culti importati dallOriente:quelli di Iside, della Grande Madre, di Mitra, e unamezza dozzina daltri. Potevano credere, e gran partedelle persone pi colte vi credeva, in una Divinit Supre-ma, superiore a tutte le altre, sia innominata sia identi-ficata come Invincibile Dio del Sole, Sol Invictus, Divi-no Compagno, sin dallultima parte del iii secolo, del-limperatore: Divus Comes Augusti. Ancora nel 310, sidiceva che Costantino avesse riconosciuto se stesso nel-lepifania del dio del Tempio del Sole ad Autun, comefuturo dominatore del mondo. Di fatto, fino al 325 il diocompare sulle monete costantiniane, sia come DivusComes, congiunto al ritratto dellimperatore di profilo,sia da solo, in piedi o in corrispondenza dellimperato-re sul rovescio della moneta25. Tuttavia, ufficialmenteoccorreva sostenere gli dei dello Stato, da Giove alGenius populi romani, e agli imperatori divinizzati, non-ch il loro culto: collegia sacerdotali, sacrifici e cos via.Era, se non altro, un dovere civico; gli dei di Romaerano i garanti della salute dellimpero, la salus publica.Le grandi famiglie della citt, quali erano rappresenta-te in Senato, erano vicendevolmente custodi delle anti-

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  • che fedi civiche e religiose, del culto degli dei e dellaconservazione degli altari e dei templi.

    Il cristianesimo era manifestamente incompatibilecon lantica fede. Non ammetteva alcun dio fuor chelUnico, e per tutto il ii e iii secolo il rifiuto di sacrifi-care o giurare su qualsiasi divinit, compresa quella del-limperatore, aveva bollato i cristiani come sovversivi daescludere dal servizio pubblico; al massimo li si potevatollerare, purch si tenessero al di fuori della vita pub-blica. Tali atteggiamenti, che gi avevano cominciato amutare dalla fine dellultima persecuzione del 3o6,ovviamente non erano pi applicabili. Nel 312-13 ancheil pi conservatore fra i fautori dellantico ordine dove-va pensare a un accomodamento. Milioni di persone intutto limpero aderivano alla nuova fede; non la si po-teva reprimere, come aveva dimostrato il fallimento del-lultima persecuzione. Limperatore, era noto, andavaaccostandosi al cristianesimo: persone di fede cristianafacevano carriera a corte e nellamministrazione; vesco-vi, appartenenti al suo seguito, gli davano consigli inmateria ecclesiastica e, inevitabilmente, si suppone,anche talvolta in materia temporale; fin dal 312-13 ilclero era stato dispensato dal pubblico servizio e dallepesanti spese che esso comportava26; e chiunque avesseocchi poteva vedere come Costantino, a cominciare dal-lautunno del 312, riversasse fondi nella costruzione dichiese e riservasse grandi lotti di terreno per provvede-re al mantenimento di esse e del clero. I maggiorenti pa-gani ben vedevano che era meglio evitare scontri fron-tali; limperatore, dopo tutto, era limperatore, e nelcomporre uniscrizione o un panegirico la cosa miglioreera impiegare una formula discreta, cui facilmente sigiungeva in un clima nel quale il concetto di una Divi-nit Suprema senza nome era comune fra i ceti superiori:La Mente Divina che a te solo degna rivelarsi, lascian-do a noi la cura degli di minori; il Supremo Creato-

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  • re, che ha tanti nomi quante sono le lingue... forza chepervade tutta la creazione... potenza al di sopra di tuttii Cieli; quella potenza, quella maest che distingue ilbene e il male e soppesa ogni merito; la Mente Divi-na che permea il mondo, fusa con tutti gli elementi;oppure, come sullArco di Costantino, la vittoria con-seguita per ispirazione della divinit e per grandezza dispirito, formula mirabilmente vaga alla quale giunse, sipu sospettare, una commissione bipartitica, di cristia-ni e gentili, di senatori e cortigiani, che mirava a ricon-ciliare tutta una gamma di sentimenti religiosi27. Qua-lunque ne fosse lespressione verbale, era necessaria unaqualche formula come questa per non ferire n la suscet-tibilit pagana n quella dellimperatore; tanto pi inquanto le sue credenze religiose e il grado in cui egliinclinava al cristianesimo erano noti con altrettantavaghezza quanto, presumibilmente, tra i pagani i dogmidella nuova fede. Tutto sommato, nella cornice delleforze politiche, le antiche famiglie avevano ogni moti-vo di cercare un accomodamento con il vincitore; nonsoltanto egli deteneva il potere, ma era inoltre venuto,come la sua propaganda sottolineava, da liberatore diRoma e da restauratore della sua antica gloria: esatta-mente quanto essi stessi ambivano.

    Come i pagani in Senato e fra le grandi famiglieromane, Costantino al momento della conquista e perqualche tempo dopo di essa volle procedere con manoleggera; nella sua mente il problema fondamentale nonera quello della nuova fede rispetto allantica. Senzadubbio, a quel tempo egli non era affatto rigidamentecontrario al paganesimo; n la sua fede religiosa era peril momento saldamente fondata. Imperatore romano,questo egli era anzitutto e soprattutto; nel 312-13 avrconsiderato tab, io suppongo, la religione di Stato, perquanto potesse disapprovarla. E precisamente perchera imperatore non intendeva tagliare completamente il

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  • vincolo con il Sole Invincibile, suo Divino Compagno,n spezzare il legame con la propria stessa natura divi-na, inerente al suo rango imperiale. Era cresciuto allacorte di Diocleziano, ed era stato nutrito alla dura scuo-la degli di-imperatori della tetrarchia, e non vi alcunmotivo per cui egli dovesse dubitare della propria divi-nit: n nel 312-13 n, davvero in profondo, mai. E nep-pure i suoi contemporanei ne dubitavano: la testa dellastatua colossale eretta nel 313 nellabside ovest dellaBasilica Nova ribattezzata col suo nome aveva lo scopodi ispirare timore reverenziale nei mortali che si acco-stavano alleffigie imperiale: una testa divina che ispi-rava severit, forza ed equit, anzich intimidire i fede-li con paurosa brutalit, come le immagini dei tetrarchi;ma pur sempre una testa divina. Il sogno che aveva pre-ceduto la battaglia di Ponte Milvio, gli aveva mostratoil Chi-Rho, il monogramma di Cristo, il segno della sal-vezza. Lo aveva adottato per s e per il suo esercitocome lxhma: segno protettivo, grazia magica di cui siaveva estremo bisogno per contrapporsi alla magia deidemoni che combattevano dalla parte del nemico; unmedaglione in argento coniato nel 315 mostra Costan-tino che lo reca come insegna sullelmo, comepresumibilmente aveva fatto tre anni prima, nella con-quista di Roma. Uno stendardo con la stessa configura-zione del segno, doro e incrostato di gemme, il labarum,divenne cos il fulaktrion, il talismano dellesercito.Chiaramente, operava miracoli, come lo stesso Costan-tino disse a Eusebio dopo il 324: il suo portatore nonera stato toccato dalle armi nemiche, e dovunque il laba-rum fosse apparso, protetto dalla sua guardia scelta dicinquanta uomini, la battaglia si era volta a favore diCostantino in tutte le sue guerre. Era il niktikon tro-pa i~on, il trofeo che reca vittoria, la garanzia sicura deltrionfo. Per Costantino, il segno dimostrava al di l diogni dubbio la potenza senza limiti del Cristo, potenza

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  • necessaria a superare quella degli antichi di; poichessi, i demoni, non erano affatto impotenti. Mediantequestinsegna egli si poneva sotto la protezione di Cri-sto, e in cambio, prima di conoscere granch della nuovafede, sosteneva la causa di Cristo e quella della sua chie-sa. Nellautunno del 312, e ancora un paio di anni dopo,si pu desumere, il suo cristianesimo era di poco piprofondo. La base delle convinzioni religiose diCostantino, per citare qui Alfldi, era il successo ter-reno28.

    Quella di Costantino non fu per la verit una con-versione subitanea, con buona pace dellencomio diEusebio o dei ricordi dellimperatore quali li espose alsuo biografo ventanni dopo. Piuttosto, per riprenderequi una frase felice, fra le tante, di Ramsay MacMullen,egli cercava a tentoni la strada dai margini indistinti delpaganesimo ai margini indistinti del cristianesimo29.Per i successivi otto o nove anni, difatti, egli venneinfluenzato equamente, o quasi, tanto dai pagani che daicristiani. Sia che fin dallautunno del 312 egli lasciassecadere dal cerimoniale del corteo trionfale latto diomaggio e il sacrificio protocollare al Tempio di Giovesul Campidoglio gesto di sfida difficilmente concilia-bile con la sua politica in quel periodo sia che taleomissione avesse per la prima volta luogo durante la cele-brazione del suo anniversario decennale nel 315, unfatto che a partire dallinverno del 312-13 egli favornettamente e sempre pi la nuova fede30. Ma cerc diessere, se non equanime, quanto meno non apertamen-te antipagano, e forse non lo fu mai con tanta violenzaquanto Eusebio vorrebbe farci credere. Persino intornoal 320 il suo atteggiamento verso lantica superstizio-ne, la pratica desueta non ancora di ostilit, ma qualcosa di simile a una sprezzante tolleranza. La metdei suoi sudditi, dopo tutto, e pi della met fra i cetidominanti, era pagana. In ogni modo il compromesso era

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  • unassoluta necessit politica nel primo decennio delsuo regno. La legge del Sabato del 321, che imponevaper la domenica la vacanza rispetto agli affari, si riferi-sce unicamente al dies solis, al giorno del Sol Invictus peri pagani: evitando il termine cristiano allora tradiziona-le, dies dominica. La preghiera composta per lesercitonel 324 durante la guerra contro Licinio invoca unasuprema divinit mal definita: ferire il sentimento pa-gano fra gli ufficiali e le truppe sarebbe stata pura fol-lia. Flamines della gens Flavia, la famiglia di adozione diCostantino, operavano in Africa settentrionale. Ancoranellultimo decennio del suo regno, fra il 326 e il 337,Costantino concede alla citt di Spello il permesso di ele-vare un santuario alla gens Flavia e di dedicarlo a lui stes-so; quantunque a condizione che esso non venisseinquinato fraudibus superstitionis dalle arti magichedella Vecchia Fede, si vorrebbe tradurre vale a dire,presumibilmente, da sacrifici, sia di animali che din-censo. N abdic mai al titolo e allufficio di pontifexmaximus; il che pu essere stato, in ogni modo, utile, percontrollare le attivit pagane e agire da arbitro supremonella Chiesa31. Costantino, senza dubbio, si accost sem-pre pi al cristianesimo, e negli anni venti, se non ginel 317, era cristiano: a modo suo32. Ma, allevato nel-lantica fede, comprendeva bene i sentimenti pagani, e,in pieni anni venti o ancor pi tardi, aveva cura, ogniqualvolta vi fosse sollecitato dalla necessit di un com-promesso o dal suo dovere di imperatore romano, di farproseguire il culto della famiglia imperiale e del suo pro-prio nome.

    Pi che altrove, la tolleranza verso lantica fede eranecessaria a Roma. Certamente quando vi entr nel312, e per un certo tempo in seguito, Costantino dovet-te trovare un modus vivendi con ambedue i poteri chefino a quel momento lo avevano sostenuto e continua-vano a sostenerlo, e con quelli che governavano la citt.

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  • I quadri del servizio civile e di quello militare,prevalentemente pagani, lo avevano servito bene. ARoma, il Senato e le grandi famiglie, che erano stati perqualche tempo ai ferri corti con Massenzio, erano dispo-sti a collaborare; la popolazione, sofferente per la care-stia e priva di sostegno per la propria sussistenza, accol-se il conquistatore con acclamazioni di gioia, come salva-tore e benefattore33. Egli non poteva permettersi dioffenderne i sentimenti imponendole il nuovo dio chegli aveva dato la vittoria; forse si era spinto gi troppoinnanzi, nella prima ebbrezza del trionfo, nei giorniimmediatamente successivi alla conquista. Non soloaveva portato sullelmo e dipinto sugli scudi dei soldatiil segno magico del Cristo, ma aveva pure eretto nel belmezzo della citt un trofeo che mostrava il Chi-Rho, euniscrizione lo aveva designato come talismano,fulaktrion, del potere romano e di tutto limpero.Una sua statua doro o dorata forse in veste di divi-nit a lui consacrata nei medesimi giorni dal Senatonel luogo pi frequentato della citt, presumibilmente ilForo, egli laveva alterata collocando nella sua mano illabarum e apponendovi uniscrizione asserente cheattraverso questo Segno di Salvezza, lautentica provadel valore, [egli] aveva affrancato la loro citt dal giogodel tiranno, liberando e restaurando allantico splendo-re di gloria il Senato e il Popolo romano; era una sfidaai non cristiani. Eusebio, fin dal 316-17, e informatosolo per sentito dire, ben avvertiva la provocazione;non lavranno avvertita parimenti i circoli pagani diRoma, e non se ne saranno risentiti? Certamente erastata unimprudenza, cui il vincitore si era lasciato anda-re senza riflettere. Ma se imprudenza era stata, Co-stantino laveva riequilibrata lusingando i custodi dellatradizione romana nelliscrizione stessa collocata sullasua statua. La propaganda ufficiale in quegli anni lorappresentava costantemente come difensore della

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  • libert romana, liberatore della citt, restauratore dellasua antica gloria34. La sua immagine, quale si propagavain quegli anni basti solo pensare alla testa colossaledella Basilica di Massenzio intendeva ricollegarsi agliimperatori del passato, come Traiano, princeps, per cosdire, del Senato35. Le istituzioni tradizionali e le antichefamiglie vennero di conseguenza adulate. Monete ono-rarono il Senato e gli equites, ricordando il grande pas-sato di Roma. Sul medaglione stesso del 315, nel qualeCostantino reca sullelmo il segno del Chi-Rho, lo scudo adornato dalla lupa che allatta i gemelli fondatori diRoma. Evitare lurto frontale con le potenze conserva-trici di Roma costituiva parte integrante della politicadi Costantino in questi primi anni. Di fatto, egli sisforz di costruire unalleanza con i difensori dellanti-co ordine36.

    Questa politica mut solo gradualmente, sotto lim-patto del suo crescente zelo cristiano, e del disprezzoche, di pari passo, cresceva in lui per lantica fede da unlato e il risentimento pagano dallaltro. Necessariamen-te i gentili dovevano offendersi quando entrando inRoma, fosse ci nel 312 o nel 315-16, egli evit il tra-dizionale atto domaggio a Giove sul Campidoglio. An-cor pi si offesero quando, nellanniversario decennaledel 315 0 del 316, rifiut di consentire a qualsiasi sacri-ficio salvo quelli senza fuoco o fumo, escludendo costanto i sacrifici di animali quanto luso dellincenso, eammettendo soltanto o qualche variante deistica, o i ser-vizi divini cristiani. Malgrado la tensione sempre mag-giore e la convinzione sempre pi forte dei propri obbli-ghi di cristiano, Costantino ancora si astenevaaccuratamente dalloffendere il sentimento popolarepagano di Roma. Tre decreti indirizzati ai Romani nel319 e nel 320 chiariscono nettamente il suo atteggia-mento. Il primo, del 1 febbraio 319, proibisce sottopena di morte al rogo lammissione di qualsiasi aruspi-

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  • ce in una residenza privata: pu darsi che egli sospet-tasse riti di magia nera, e i demoni, dopo tutto, eranopotenti. Il 15 maggio del 319, un secondo decreto indi-rizzato al popolo di Roma anzich al prefetto urbano,procedimento insolito reitera lingiunzione preceden-te, ma consente la consultazione di sacerdoti e aruspiciin pubblico, e la continuazione pura e semplice dei servi-zi del vecchio rito, a coloro che credono che ci sialoro utile. Infine un terzo decreto, del 17 dicembre del320 0 321, provvede a che gli aruspici vadano consul-tati nel caso che i palazzi sul Palatino o altri edifici pub-blici, opera publica, siano colpiti dal fulmine, per inve-stigare il portento e riferirne allimperatore37. Eviden-temente il Senato e il popolo, sconvolti dal primo decre-to, avevano insistito sul diritto di proseguire i riti e ilprocedimento consueti, e Costantino venne sorpren-dentemente a compromesso, malgrado la propria federeligiosa, ormai del tutto cristiana. A Roma la paroladordine era la prudenza.

    E neppure nel periodo precedente linizio degli anniventi, i consiglieri cristiani avrebbero spinto limpera-tore in modo troppo deciso perch a Roma si battessecon maggior energia a favore della loro causa; i fanaticinon fioriscono a corte; lasciata a se stessa, Sua Maestavrebbe ceduto a tempo debito. Il posto della Chiesa difronte allo Stato era alquanto ambiguo: protetta dal-limperatore, colmata di doni e privilegi e riconosciutaper decreto imperiale quello di Milano ma in forzadi questo stesso editto riconosciuta soltanto alla pari conle altre religioni, e guardata di traverso e con sospettodalla maggioranza di coloro che detenevano il potere aRoma: i capi cristiani non potevano che sentirsi a disa-gio in quel baluardo della fede antica.

    Pertanto, la politica cristiana di Costantino a Roma caratterizzata dallambiguit. Sin dalla vittoria ai SaxaRubra la sua fede, che sulle prime era una fragile cre-

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  • denza nel Cristo e nel suo segno di vittoria, si era irro-bustita. La protezione da lui accordata alla Chiesa, espli-cita sin dallinizio, mano a mano si espanse: ne sonotestimonianza i suoi editti, dal 312 e 313 fino agli anniventi, che favoriscono il clero e consentono testamentia favore della Chiesa. Egli profess apertamente la pro-pria fede in decreti e lettere, e, come bene attestatodallallocuzione allAssemblea dei Santi, in lunghi ser-moni sia allinterno del suo palazzo che in pubblico38. Macos non si comport mai a Roma. Qui egli sottrasse alpubblico esame le sue convinzioni pi profonde: i circolipagani conservatori potevano pretendere di non sapere;ufficialmente, Sua Maest era soltanto limperatore,arbitro neutrale; la sua fede religiosa, pur apertamenteprofessata, era suo affare privato: per il Senato nonoccorreva esistesse. Alla sua morte nel 337, Roma,seguendo ancora lantico costume, lo elev fra gli di:soltanto questo pu essere il senso del dipinto esibito inquesta occasione, che lo raffigurava al sommo della voltadel Cielo, dopo aver raggiunto la sua dimora celeste39.Era una tacita ammissione di mutua conoscenza, manon un riconoscimento; integra cos il ritirarsi nel pri-vato che sottende la collocazione e lo stato giuridicodelle fondazioni sacre di Costantino a Roma. I paganivolevano e pretendevano che tali chiese, semplicemen-te, non esistessero. Nessuna di esse menzionata daalcun biografo pagano di Costantino: n da Aurelio Vit-tore, che elenca succintamente le sue opere pubbliche,n dallAnonimo Valesiano, n da Eutropio. Eusebio,che senza dubbio le avrebbe elencate e portate ai cieli,non fu mai a Roma, e Costantino, cosa singolare, nongliene parl. Le sue chiese a Roma erano splendide;erano vastissime; erano radicate nella tipologia delledi-lizia pubblica, e pertanto erano in competizione conlarchitettura pubblica e, implicitamente, ne pretende-vano lo status. Ma giuridicamente, e agli occhi dello stes-

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  • so Costantino, pubbliche non erano; per quanto eglifosse potente non poteva renderle tali, non nel 312-13,e neppure poteva trasformare la Chiesa in un ente pub-blico fino a tal punto, anche se lo avesse desiderato. ARoma fino allinizio degli anni venti, sia il cristianesimoche i suoi monumenti rimasero in posizione ambigua,aspirando implicitamente, ma non giuridicamente, a unrango ufficiale entro la struttura dellimpero.

    Dagli anni venti in poi, la politica religiosa di Costan-tino mut. La sua fede si era consolidata; era cristiano.Nello stesso tempo, considerava sempre pi chiaramen-te il potenziale della Chiesa come strumento politico diunificazione a sostegno della propria politica interna:sempre pi pensava allimpero romano come a un impe-ro cristiano40. Roma, guidata dal Senato e dalle vecchiefamiglie pagane, resisteva; Costantino non aveva maiamato particolarmente Roma, vi si era recato solo trevolte, nel 312-13, nel 315 e nel 326, e mai per pi diquattro mesi; lultimo soggiorno si concluse con una-perta rottura con il potente governo della citt: ovvia-mente Roma rifiut di diventare la sua capitale cristia-na. Ritengo che tale atteggiamento di rifiuto fosse unotra i motivi, unitamente a molti altri, politici e strate-gici, che indussero Costantino ad abbandonare defini-tivamente sia Roma che lOccidente. In Oriente egliavrebbe eretto la capitale cristiana del suo impero cri-stiano: a Serdica (Sofia), a Tessalonica, o, ancor meglio,in una citt di nuova fondazione, non gravata da tradi-zioni e scevra di ogni opposizione conservatrice: la suapropria citt, Costantinopoli.

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  • 1 Le idee che sostanziano i capitoli i e iv, sulla Roma costantinia-na e su Roma come capitale papale, vennero adombrate da me in IlLaterano e Roma: topografia e politica nel quarto e quinto secolo, inAccademia Nazionale dei Lincei. Adunanze straordinarie per il confe-rimento dei premi A. Feltrinelli, i (1975), fasc. 11, pp. 231 sgg. e inRoma: Profilo di una Citt, Roma 1981, capp. i e ii.

    Le fonti spesso usate in questo capitolo sono Eusebio, VC e HE; eC Th, qui citate secondo le edizioni standard. Cfr. anche Eusebio, Lastoria ecclesiastica e i martiri di Palestina, testo e trad. it. a cura di G.del Ton, Roma 1964 e Id., Vita di Costantino, Triakontaeterikos, testoe trad. it. a cura di J. Straub, Milano (in preparazione). Frequente qui pure il riferimento a diverse opere concernenti Costantino: N. H.Baynes, Constantine the Great and the Christian Church (Proceedingsof the British Academy, 15), London 1929; Alfldi, Conversion; Dr-ries, Selbistzeugnis; e MacMullen, Constantine. Fondamentale per lin-quadramento storico del periodo Jones, Later Roman Empire. Per rapi-di elenchi dei monumenti della Roma antica collocati nei Fori e inCampo Marzio sono particolarmente pratici Lugli, Monumenti; Lugli,Centro; e Nash, Dictionary. Sulla Curia Senatus in ispecie cfr. Nash,Dictionary, I, pp. 301 sgg.; Lugli, Centro, pp. 131 sgg.; e A. Bartoli,Curia Senatus, Roma 1963. Sullaula che ospita oggi la chiesa dei SantiCosma e Damiano, un tempo forse aula dudienza del prefetto urba-no, e sul suo vestibolo con cupola, cfr. Nash, Dictionary, I, p. 434, eII, p. 268; nonch A. K. Frazer, Four Late Antique rotundas..., in Mar-syas, ii (1962-64), p. 81.

    2 Quanto a Minerva Medica, cfr. M. Stettler, St. Gereon in Klnund der sogenannte Tempel der Minerva Medica in Rom, in Jahrbuch desRmisch-Germanischen Zentralmuseums Mainz, iv (1957), pp. 123sgg.; Nash, Dictionary, II, p. 127; e Lugli, Monumenti, III, pp. 48o sgg.Per gli Orti Sallustiani cfr. K. Lehmann-Hartleben e J. Lindros, Ilpalazzo degli Orti Sallustiani, in Opuscula Archeologica, i (1935), fasc.2, pp. 196 sgg. Per il palazzo Sessorio cfr. A. M. Colini, Horti Spei Vete-ris, in PARA, Memorie, viiii (1955), fasc. 3. Quanto agli aspettigenerali della cintura verde, cfr. Colini, Celio, passim.

    3 Per la casa ad appartamenti che tuttora sorge ai piedi del colleCapitolino, cfr. Nash, Dictionary, I, pp. 5o6 sgg. Ulteriori esempi pos-sono trovarsi in R. Meiggs, Roman Ostia, Oxford 1973, passim. Cfr.Pianta marmorea, per la pianta di Roma in marmo, e Valentini e Zuc-chetti, Codice, I, pp. 63 sgg., per i regionaria.

    4 La citazione proviene da Eusebio, VC, i, 39 (Winkelmann, 36):ecaristrion peddou paracr`ma ecn t t`j nikj atw. Isignificati giuridici, nonch i riti connessi a inauguratio, sanctio, dedi-catio e consecratio nelle disposizioni liturgiche romane sono chiariti inL. Voelkl, Die Kirchenstiftungen des Kaisen Konstantin im Lichte des

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  • rmischen Sakralrechts, in Arbeitsgemeinschaft des Landes Nor-drhein-Westfalen, xi (1964), pp. 17 sgg.

    5 Per le dimore signorili sul Celio, cfr. Colini, Celio; V. SantaMaria Scrinari, Per la storia e la topografia del Laterano, in BollettinodArte, v (1965), pp. 38 sgg. e Id., Scavi sotto Sala Manzoni allospe-dale di S. Giovanni in Roma, in PARA, Rendiconti, xli (1968-1969),pp. 167 sgg.

    6 La data, congetturale, della dedicatio e/o consecratio della catte-drale del Laterano qui proposta si fonda sulle seguenti premesse: la festadella dedicatio, il 9 novembre, bench documentata per la prima voltaintorno allanno 1000 (P. Jounel, Le culte des Saints dans les basiliquesdu Latran et du Vatican (Collection de lcole franaise de Rome, 26),Roma 1977, p. 305), probabilmente assai pi antica; le dedicazionie consacrazioni di chiese la differenza giuridica venne rapidamenteobliata sin dallinizio del medioevo, e con ogni verosimiglianza sinda epoca paleocristiana, venivano di solito fissate, secondo lopinionecorrente, di domenica; e allinizio del regno di Costantino la domeni-ca cade il 9 novembre soltanto nel 312 e nel 318: i casi del 329 e del335 sono, ovviamente, troppo tardivi. Si veda anche Corpus, V, pp.10, 89 sgg., e J. Ruysschaert, Linscription absidiale primitive de S. Pier-re, in PARA, Rendiconti, xl (1967-68), pp. 17 sgg.

    7 Per i dati archeologici, documentari e visuali che sostengono laricostruzione da noi proposta della basilica costantiniana al Laterano,cfr. Corpus, V, pp. 1 sgg. Cfr. anche Krautheimer, 1986, pp. 44 sgg.,fig. 8 e tavv. 4 sgg. Gli errori principali di ricostruzione nellaffrescodi Gagliardi sono la sostituzione con arcate dellarchitrave originarioe linserimento di un transetto di cui la chiesa costantiniana era priva:quello esistente risale al medioevo.

    8 Per la possibile collocazione della dimora del vescovo, cfr. SantaMaria Scrinari, Per la storia cit. ed E. Nash, Convenerunt in domum Fau-stae in Laterano S. Optati Milevitani, I, 123, in R. Qu. Schr., LXXI(1976), pp. 1 sgg.

    9 Per la domus ecclesiae a Dura-Europo cfr. C. B. Kraeling (a curadi), The Excavations at Dura-Europos, Final Report, VII/2. The ChristianBuilding, New Haven 1967. nota unaltra domus ecclesiae in una pic-cola citt a Costantina (Cirta) nellAfrica settentrionale, in base allenote riguardanti la sua confisca nel 305, riferite da Ottato (CSEL,XXVI, pp. 186 sgg.).

    10 Circa laula di San Crisogono, cfr. Corpus, I, pp. 144 sgg.; e pirecentemente B. M. Apollonj-Ghetti, S. Crisogono (Le Chiese di Romaillustrate, 92), Roma 1966; e Krautheimer, 1986, pp. 25 sg., tav. 5.Pu darsi che laula risalga ai primi anni di Costantino. Per la sala agiardino, sotto San Pietro in Vincoli, cfr. A. M. Colini e G. Matthiae,Ricerche intorno a S. Pietro in Vincoli, in PARA, Memorie, ix (1966),

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  • fasc. 2, p. 57. Una domus ecelesiae, presumibilmente collocata in unappartamento di una casa daffitto, incorporata entro la chiesa deiSanti Giovanni e Paolo e la si pu ricostruire congetturalmente; cfr.Corpus, I, pp. 243 sgg. Cfr. il recente F. Guidobaldi e A. Guiglia Gui-dobaldi, Pavimenti marmorei di Roma (Studi di antichit cristiana,36), Citt del Vaticano 1983.

    11 R. Krautheimer, The Constantinian Basilica, in DOP, xxi(1967), pp. 117 sgg., e J. B. Ward Perkins, Constantine and the Originsof the Christian Basilica, in PBSR, xxii (1954), pp. 69 sgg.

    12 Per la concezione di Cristo come basileus cfr. J. Kollwitz, Das Bildvon Christus dem Knig..., in Theologie und Glaube, xxxviii (1947),pp. 95 sgg.; P. Beskow, Rex Gloriae: the Kingship of Christ in the EarlyChurch, Uppsala 1962, passim; e U. Sssenbach, Christuskult und kai-serliche Baupolitik bei Konstantin, Bonn 1977, passim. La citazione daEusebio, HE, 10, 4, 16 (Lake, II, p. 4o6).

    13 Sssenbach, Christuskult cit., a mio avviso passa il segno ascri-vendo al solo Costantino la creazione del nuovo tipo di chiesa e facen-dolo derivare unicamente dalle aule dudienza, anzich considerarlo unanuova variante entro lintero genere della basilica. Quelli che ven-gono definiti elementi imperiali nelle chiese costantiniane (R. Sta-pleford, Constantinian Politics and the Atrium Church, in H. A. Millon(a cura di), Art and Architecture in the Service of Politics, Cambridge(Mass.) 1979, pp. 2 sgg.), sono a mio parere dovuti meno al coinvol-gimento imperiale nellimpostazione architettonica che alla concezio-ne di Cristo come Imperatore dei Cieli.

    14 Eusebio, VC, 3, 3 (Winkelmann, 82).15 Circa i mezzi finanziari della Chiesa in questepoca, cfr. Pitri,

    Roma Christiana, pp. 89 sgg.16 Su San Lorenzo fuori le Mura, cfr. Corpus, II, pp. 1 sgg.; su

    SantAgnese fuori le Mura, F. W. Deichmann, Die Lage der Konstan-tinischen Basilika der heiligen Agnes an der Via Nomentana, in RAC,xxiii (1946), pp. 1 sgg.; per i Santi Marcellino e Pietro, F. W. Deich-mann e A. Tschira, Das Mausoleum der Kaiserin Helena und die Basi-lika der heiligen Marcellinus und Petrus an der Via Labicana vor Rom, inJDAI, lxxii (1957), pp. 44 sgg., e Corpus, II, pp. 191 sgg. (recentiscavi intrapresi dallcole franaise hanno rivelato il tracciato di unvasto cortile porticato fiancheggiante la basilica su uno dei lati e pre-sumibilmente su ambedue: cfr. anzitutto J. Guyon, L. Struber e D.Manacorde, Recherches autour de la basilique constantinienne des SaintsPierre et Marcellin sur la via Labicana Rome, in MEFR, xciii (1981-82), pp. 999 sgg., in particolare pp. 1019 sg.); per San Sebastiano, Cor-pus, IV, pp. 99 sgg.; per San Pietro, ibid., V, pp. 165 sgg.; cfr. ancheKrautheimer, 1986, pp. 53 sgg., figg. 13 sg. e tavv. 10 sg. Circa la fun-zione di tali coemeteria subteglata, cfr. R. Krautheimer, Mensa - Coe-

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  • meterium - Martyrium, in CA, xi (1960), pp. 15 sgg.; nonch Id., Stu-dies, pp. 35 sgg. Si contrappone a questo punto di vista F. W. Deich-mann, Mrtyrerbasilika, Martyrion, Memoria und Altargrab, in RM,lxxvii (1970), pp. 144 sgg.

    Per la chiesa di palazzo di Santa Croce in Gerusalemme, cfr. Coli-ni, Horti Spei Veteris cit., e Corpus, I, pp. 165 sgg.; cfr. anche Krauthei-mer, 1986, p. 48, fig. 10. Non vedo alcun motivo di porre in dubbiola tradizione, secondo cui Elena avrebbe portato al proprio palazzoromano la reliquia della Croce dal suo pellegrinaggio in Terra Santa.Che il baldacchino ospitante la reliquia in Santa Croce venisse rap-presentato intorno al 440 sulla capsella (o cassettina) di Pola erichiamasse quello sulla tomba di Cristo a Gerusalemme, sug-gerimento circa il quale sono lieto di concordare con M. Guarducci, LaCapsella eburnea di Samagher, in Atti e Memorie della Societ Istria-na di Archeologia e Storia Patria, nuova serie, xxvi (1978), pp. 77 sgg.

    17 Circa lobbligo, per un imperatore romano, di erigere edificimonumentali, cfr. MacMullen, Constantine, p. 49; e circa il fatto cheCostantino cos si comport, cfr. Pangyriques Latins, x (4), 35 (Galle-tier, II, p. 195).

    18 Sulle Terme di Costantino, cfr. Lugli, Monumenti, III, pp. 307sgg. e Nash, Dictionary, II, pp. 442 sgg.; sulla statua equestre, il cabal-lus Constantini, cfr. lItinerarium Einsidlense, in Valentini e Zucchetti,Codice, II, p. 166, e Lugli, Centro, p. 160. Per la Basilica Nova e perla statua colossale di Costantino e la sua precoce data, cfr. H. Khler,Konstantin 313, in JDAI, lxvh (1952), pp. 1 sgg.; T. Buddensieg,Die Konstantinsbasilika... und der Marmor-Koloss Konstantins.... inMJBK, serie III, xiii (1962), pp. 37 sgg.; e W. Helbig, Fhrer durchdie ffentlichen Sammlungen Roms, 4 voll., a cura di H. Speier, Tbin-gen 1966, II, pp. 252 sgg., n. 1441. Per lo Janus Quadrifrons, cfr. Lugli,Centro, pp. 592 sgg. Per il restauro del Circo Massimo, cfr. SestoAurelio Vittore, Liber de Caesaribus, 40, 27 (edizione a cura di F.Pichlmayr, revisione di R. Gruendel, Leipzig 1966, p. 124); Pangyri-ques Latins, x (4), 35 (Galletier, II, p. 195); Lugli, Centro, pp. 599 sgg.;e Nash, Dictionary, I, pp. 236 sgg.

    19 H. von Schnebeck, Beitrge zur Religionspolitik des Maxentius undKonstantin (Klio, 43), Wiesbaden 1939 (ristampa Aalen 1969), pp.87 sgg., seguito da Alfldi, Conversion, pp. 50 sgg., aveva anticipato lamia spiegazione dei motivi politici che sottendono la collocazione delLaterano in sito remoto, come scoprii dopo aver approfondito indipen-dentemente il problema.

    Linterpretazione delle fonti circa la politica di Costantino puappartenermi direttamente, com ovvio, solo in piccola misura. Sifonda e in gran parte coincide con quella di Alfldi, Conversion; Mac-Mullen, Constantine; J. Straub, Vom Herrscherideal in der Sptantike,

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  • Stuttgart 1939 (ristampa 1964); e Id., Konstantins christliches Sen-dungsbewusstsein, in Regeneratio Imperii, Darmstadt 1972, pp. 70 sgg.(pubblicato originariamente in Das neue Bild der Antike, ii (1942),pp. 374 sgg.).

    20 Quanto agli opera publica, cfr. C Th, l. XV, e Jones, Later RomanEmpire, pp. 461 sgg. e passim. Sulla res privata, cfr. ibid., pp. 411 sgg.,732 sgg., e passim; inoltre A. Masi, Ricerche sulla res privata del prince-ps (Universit di Cagliari, Pubblicazioni della Facolt di Giurispru-denza, i, fasc. 2), Milano 1971.

    21 Per doni provenienti dalla res privata, cfr. anche R. MacMullen,Two notes on imperial properties, in Athenaeum, nuova serie, liv(1976), pp. 19 sgg. La propriet del fisco venne impiegata a Costanti-na (Cirta) nel 330; cfr. Ottato (CSEL, xxvi, pp. 213 sgg.).

    22 Circa il permesso del Senato per luso degli opera publica in SanPaolo fuori le Mura, cfr. Epistulae Imperatorum Pontificum... (CSEL,xxxv, a cura di O. Guenther, Wien 1895, pp. 46 sgg.). Eusebio, HE,10, 5, 10 (Lake II, p. 450), citando leditto di Milano, chiama il corporicevente t sma tn cristiann, traducendo ovviamente da cor-pus Christianorum, mentre C Th, l. XVI, 2, 4 (3 luglio del 321) fa rife-rimento al catholicae [ecclesiae] venerabile consilium.

    23 Circa liscrizione sulla croce doro di San Pietro, cfr. LP, I, p.180, e R. Egger, Das Goldkreuz am Grabe Petri, in sterreichischeAkademie der Wissenschaften, Philosophisch-Historische Klasse,Anzeigen, 1959, pp. 181 sgg. Circa quanto ci si attendeva dagli edi-fici imperiali, cfr. MacMullen, Constantine, p. 49.

    24 Eusebio, VC, 1, 32 (Winkelmann, 31 sgg.).25 Sul Sole quale Divino Compagno dellimperatore, cfr. Baynes,

    Constantine cit., pp. 95 sgg.; A. D. Nock, The Emperors Divine Comes,in Journal of Roman Studies, xxxvii (1947), pp. 102 sgg.; ed E. Kan-torowicz, Oriens Augusti Lever du Roi, in DOP, xvii (1963), pp.117 sgg.; cfr. anche Panegirico viii (5), 14, in Pangyriques Latins (Gal-letier, 11, p. 102), com stato notato da E. Faure, Notes sur le pangy-rique VIII, in Byzantion, xxxi (1961), pp. 1 sgg., in particolare p.33. Lapparizione divina a Costantino nel 310 viene menzionata inPangyriques Latins, vii (6), 21 (Galletier, II, p. 72). Per la rappresen-tazione del Sole sulla moneta di Costantino del 325, si veda M. R.Alfldi, Die Sol Comes-Mnze vom Jahre 325. Neues zur Bekehrung Con-stantins, in Mullus, pp. 10 sgg., a sostituzione di P. Bruun, The disap-pearance of Sol from the coins of Constantine, in Arctos, nuova serie,ii (1958), pp. 15 sgg., e della sua datazione delle ultime monete con ilSole al 321.

    26 Sulla carriera dei cristiani a corte, cfr. Ottato (CSEL, XXVI,Appendice iii, pp. 204 sgg.); sul ruolo dei vescovi, cfr. Eusebio, VC,1, 32 (Winkelmann, 31); e sullesenzione del clero dal servizio pubbli-

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  • co, cfr. Eusebio, HE, 10, 7, 1 (Lake, II, pp. 462 sgg.), confermata daC Th, l. XVI, 2, 1 (3 ottobre del 313).

    27 Le citazioni provengono da Pangyriques Latins, ix (12), 4 e 26,e x (4) (Galletier, II, pp. 124, 144 e 172). Sulle formule vaghe impie-gate per designare la Divinit, cfr. pure Eusebio, VQ 2, 12 (Winkel-mann, 53); MacMullen, Constantine, p. 841; Alfldi, Conversion, pp.132 sgg.; e J. Straub, Constantine as koinj pskopoj, in DOP, xxi(1967), pp. 37 sgg., in particolare pp. 41 sgg.

    Lespressione instinctu divinitatis nelliscrizione sullArco di Costan-tino viene interpretata da H.-P. LOrange, Der sptantike Bildschmuckdes Konstantinsbogen, Berlin 1939, pp. 176 sgg., come riferimentodiretto ed esclusivo alle divinit pagane che compaiono nei rilievi,soprattutto al Sol Invictus; e a mio avviso possibilissimo che i paganiin Senato intendessero il termine cos; cfr. anche H. Lietzmann, DerGlaube Konstantins des Grossen, in Sitzungsberichte der PreussischenAkademie der Wissenschaften, Philosophisch-historische Klasse(1937), pp. 263 sgg. Ma io rimango daccordo con lipotesi, avanzatada G. De Rossi, Liscrizione dellArco trionfale di Costantino, in BAC,i (1863), pp. 57 sgg., che il termine fosse ambiguo e, aggiungerei, scel-to intenzionalmente.

    28 Alfldi, Conversion, pp. 61 sgg.; cfr. anche Pangyriques Latins, ix(12), 19 (Galletier, II, pp. 138 sg.) ed Eusebio, VC, 1, 40 (Winkelmann,36 sgg.). Sul sogno, cfr. Eusebio, VC, 1, 29 (Winkelmann, 30), e Lat-tanzio, De mortibus persecutorum, 44 (CSEL, XXVI, 2, 2, pp. 223 sgg.).Sul labaro e i suoi miracolosi poteri, cfr. Eusebio, VC, 1, 3o e 2, 7-9(Winkelmann, 30 sgg. e 50 sgg.), nonch Eusebio, LC, 9, 8 (Heikel, 220).Sugli atteggiamenti cristiani nei riguardi degli antichi di, cfr. Eusebio,VC, 1, 27 e 2, 3 (Winkelmann, 28 sgg. e 48 sgg.). Sul primo approcciodi Costantino al cristianesimo, cfr. Eusebio, VC 1, 32 (Winkelmann, 31sgg.); la citazione ripresa da Alfldi, Conversion, p. 21.

    29 Sul racconto della propria conversione da parte di Costantino cfr.Eusebio, VC, 1, 30 sgg. e passim (Winkelmann, 30 sgg.). La citazioneproviene da MacMullen, Constantine, pp. 110 sgg.

    30 Sul fatto che Costantino evitasse la visita rituale allo Juppiter Capi-tolinus nel suo ingresso trionfale in Roma sin dal 312, cfr. J. Straub,Konstantinus Verzicht auf den Gang zum Kapitol, in Historia, iv(1955), pp. 297 sgg., fondato su Pangyriques Latins, ix (12), 19 (Gal-letier, II, pp. 138 sg.). F. Paschoud, Zosimus 2.29, in Historia, xx(1971), pp. 334 sgg., pone la rottura col cerimoniale tradizionale allacelebrazione del decennale di Costantino nel 315.

    31 Sugli atteggiamenti di Costantino nei riguardi del paganesimo,cfr. J. Straub, Constantine as koinj pskopoj cit. Le leggi citate sonoC Th, l. IX, 16, 1 e 2 (1febbraio e 15 marzo del 319).

    Sulla legge del Sabato, cfr. C Th, l. II, 8, 1 (3 luglio del 321). Sui

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  • flamines della gens Flavia, cfr. Sesto Aurelio Vittore, Liber de Caesari-bus, 40, 28 (ed. cit. p. 124). Sul santuario a Spello, cfr. CIL, XI, 2,5265, qual citato in Drries, Selbistzeugnis, pp. 209 sgg., seguendoL. Brhier e P. Battifol, Les survivances du culte imprial, Paris 1920,p. 14. Sul fatto che Costantino serbasse il titolo di Pontifex Maximus,cfr. CIL, V, 8004, 8412 e 10059 e Drries, Selbstzeugnis, pp. 216 sgg.

    Residui del desiderio di rispettare il sentimento pagano medianteluso frequente di termini vaghi in riferimento alla Divinit t qeon,t kretton sembrano introdursi, ancora nel 324, nella lettera indi-rizzata ai provinciales delle province orientali; cfr. Eusebio, VQ 2, 24sgg. (Winkelmann, 58 sgg.).

    32 AllOratio ad sanctorum coetum di Costantino, strettamente orto-dossa, stata assegnata una data precoce come il 317, anzich il 325,da T. D. Barnes, The emperor Constantines good Friday sermon, inJournal of Theological Studies, xxvii (1976), pp. 414 sgg.; Id., Con-stantins and Eusebius, Cambridge (Mass.) - London 1981, p. 278, pro-pone invece una data tra il 321 e il 324.

    33 Eusebio, VC, 1, 36 e 39 (Winkelmann, 33 sgg. e 36).34 Sul trofeo col Chi-Rho cfr. Eusebio, VC, 1, 40 (Winkelmann, 36);

    sulla statua dorata di Costantino eretta dal Senato, cfr. PangyriquesLatins, ix (12), 25 (Galletier, II, p. 143) e Ch. Ligota, Constantiniana,in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, xxvi (1963), pp.178 sgg.; su questa (o una seconda?) immagine che Costantino forndel labaro (o di un Chi-Rho) e di una mutata iscrizione, cfr. Eusebio,HE, 9, 9, 10 sgg. (Lake, II, pp. 362 sgg.); cfr. inoltre Alfldi, Conver-sion, pp. 64 e 132, nota 23, e Ligota, Constantiniana cit., pp. 185 sgg.Sulla pretesa di Costantino di aver liberato e reintegrato il Senato e ilpopolo romano attraverso il segno della salvezza, cfr. Eusebio, HE, alpunto citato; sulla manifesta provocazione nei riguardi dei non cristiani,cfr. ibid., 10, 4, 16 (Lake, II, pp. 406 sgg.).

    35 La data della testa colossale proveniente dalla Basilica Nova tut-tora oggetto di discussione. La datazione precoce proposta per primoda Khler, Konstantin 313 cit. e sostenuta da H. von Heintze, in Hel-big, Fhrer durch die ffentlichen Sammlungen Roms cit., ai miei occhipi convincente di una data tarda quale quella indicata da R. Delbrck,Sptantike Kaiserportraits, Berlin-Leipzig 1933, pp. 121 sgg., e ripro-posta da E. Harrison, The Constantinian portrait, in DOP, xxi (1967),pp. 79 sgg., specialmente pp. 94 sgg., e da J. Breckenridge, in The Ageof Spirituality... Catalogue, a cura di K. Weitzmann, New York 1979,pp. 18 sgg. Sul luogo del ritrovamento, labside ovest della basilica, cfr.Buddensieg, Die Konstantinsbasilika cit. Il riferimento a Traiano mi stato indicato da David Wright.

    36 Sulle monete in onore del Senato e degli equites, cfr. Alfldi, Con-version, pp. 64 e 99 sgg.; sul medaglione del 315, cfr. M. R. Alfoeldi,

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    Storia dellarte Einaudi 45

  • Die Constantinische Goldprgung, Mainz 1963, pp. 41 sgg. Sul tentati-vo di persuadere la vecchia guardia, cfr. Alfldi, Conversion, pp. 61 sgg.

    37 Circa la restrizione imposta ai sacrifici da Costantino in occasio-ne del suo decennale, cfr. Eusebio, VC, 1, 48 (Winkelmann, 40). Peri decreti riguardanti gli haruspices, cfr. C Th, l. IX, 16, 1 e 2 (1 feb-braio e 15 maggio del 319), e l. XVI, 10, 1 (17 dicembre del 320 o 321).

    38 I decreti in favore del clero, che cominciano sin dal 313 e prose-guono fino al 330, si trovano sparsi in C Th, LXVI: 2, 1 (31 ottobredel 313(?); 2, 2 (21 ottobre del 319); 2, 3 (18 luglio del 320); 2, 5 (25maggio del 323); 2, 5 (1 giugno del 326); 5, 1 (1 settembre del 326);e 2, 7 (5 febbraio del 330). Si hanno, inoltre, un rescritto al governa-tore dellAfrica settentrionale, precedente lottobre del 313 (Eusebio,HE, 10, 7, 1 (Lake, II, p. 465); e Ottato (CSEL, XXVI, pp. 213 sgg.),e una lettera indirizzata il 15 febbraio del 330 ai vescovi della Numi-dia. Il gran numero di decreti riguardanti le province africane lega-to, ovviamente, alla repressione dei cattolici da parte dei donatisti. Infi-ne, un decreto del 3 luglio del 321 (C Th, LXVI, 2, 4) consente di lascia-re beni in testamento alla Chiesa: privilegio decisivo.

    Sulla data dellallocuzione allAssemblea dei Santi di Costantino,cfr. Barnes, The emperor Constantines good Friday sermon cit.

    39 Sul dipinto con Costantino in Cielo, cfr. Eusebio, VC, 4, 65(Winkelmann, 146 sgg.); per consimili concezioni, cfr. CIL, VI, 1151e 1152; VIII, 4414, qual citato da Drries, Selbstzeugnis, pp. 216 sgg.

    40 Alfldi, Conversion, p. 50.

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    Storia dellarte Einaudi 46

  • Capitolo terzo

    Milano

    La mappa di Milano nella seconda met del iv seco-lo rispecchia un conflitto di concezioni politiche e reli-giose, esattamente come quella di Roma cinquantanniprima sotto Costantino, con la differenza che a Milanola contesa avveniva tra fazioni cristiane e tra il vescovoe limperatore, anzich tra un imperatore che si eravolto al cristianesimo e un senato pagano conservatore.

    Fino allultimo decennio del iii secolo, Milano era unarispettabile sede provinciale, centro commerciale eamministrativo fra tante altre consimili citt in tuttolimpero (fig. 7)1. Aveva le sue mura urbane, il foro