itaca e il mondo - lazio4.it educazione... · concreto e astratto. “il formaggio e i vermi”,...
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Itaca e il mondoL’inserimento della storia locale nei percorsi della
storia generale: importante elemento nella formazione delle strutture cognitive degli allievi.
Sono queste intersezioni che aiutano ad acquisire alcuni fondamentali meccanismi della conoscenza,
che sono poi anche modi di procedere della scienza: il gioco continuo di particolare e generale.
Concreto e astratto.
“Il formaggio e i vermi”, Carlo Ginzburg, Einaudi
Itaca e il mondo
La conoscenza storica è sempre continua sintesi di locale e universale. E’ il suo stesso modo di
procedere che ha continuo bisogno di verifiche concrete, ma vive anche di astrazioni. Non possiamo mai strapparci dalla tradizione. La
coscienza dell’individuo non costituisce infatti un centro autosufficiente, isolato rispetto alla realtà
della storia che lo circonda. Interpretiamo gli eventi solo all’interno dell’orizzonte determinato
della nostra appartenenza a una tradizione .
Tabula rasa
Il nostro intendere non è, di conseguenza, mai logicamente puro, neutro, incondizionato. E’
illusorio immaginare che il nostro animo sia come una tabula rasa privo di condizionamenti o di
certezze pregresse.
Nessuno conosce se stesso
Si vede ciò che si sa
Portiamo sempre impressa in noi una traccia, e nessuno è un foglio bianco:
“ Quisque suos patimur Manes” (Virgilio)
La presenza dell’altro“Importa non restare attaccati caparbiamente e presuntuosamente ai pregiudizi. La semplice presenza dell’altro aiuta, aiuta già prima
che questi prenda la parola per replicare, a scoprire i nostri pregiudizi e la nostra parzialità.
Sentire se stessi come appartenenti a una storia implica il riconoscimento di altre storie e di altre persone, il lasciare che voci diverse e discordanti si contrappongano all’interno di ciascuno di noi e così lo delimitino. Capire significa provocare una “fusione di
orizzonti”, proprio perche la verità non è monologica, ma dialogica, perché non svela qualcosa che preesiste, ma il risultato
dell’intendere e dell’interpretare in comune.”
Remo Bodei: “Nessuno conosce se stesso”: Gadamer e l’ermeneutica
Indicazioni Nazionali 2012“(…) la scuola non può abdicare al compito di promuovere la capacità degli studenti di dare
senso alla varietà delle loro esperienze, al fine di ridurre la frammentazione e il carattere episodico che rischiano di caratterizzare la vita dei bambini e
degli adolescenti.
…la scuola è perciò investita da una domanda che comprende, insieme, l’apprendimento e il “sapere
stare al mondo”.
Etica pubblica come formazione alla cittadinanza democratica
Come la scuola dovrebbe affrontare la questione della giustizia e del pluralismo dei modelli di equità che la
caratterizza nel mondo di oggi ? Innanzitutto, cercando di conformare attraverso una consapevole azione degli
insegnanti e per quanto è possibile, a criteri di giustizia percepibili dagli studenti, la loro esperienza scolastica
concreta. Poi aprendo i propri curricoli a questa tematica. Infine, offrendosi come uno stimolante luogo di discussione fra insegnanti e studenti attorno ai criteri di giustizia anche
nelle loro concrete applicazioni alla vita scolastica, ivi comprese quelle relative alla valutazione.
Etica pubblica come formazione alla cittadinanza democratica
“..Soltanto se diventerà un luogo dove si esplicitano, si discutono e si praticano, cosa diversa
dall’ignorarle ma anche dal limitarsi a predicarle, l’etica pubblica e la giustizia, la scuola potrà
davvero favorire lo sviluppo di quei valori nelle giovani generazioni e porre così le premesse per
più etica pubblica e più giustizia nel futuro.”
Benadusi
Terra ed Economia
Il sistema economico è all’interno del pianeta Terra e ne deve tenere conto
Negli ultimi decenni il sistema economico sta riempendo progressivamente l’ecosistema e comincia sfondare i limiti di sostenibilità del
pianeta
Problemi
La comunità scientifica ci dice che abbiamo almeno 10 ecosistemi da tenere sotto controllo, su
tre abbiamo già problemi di perdita di controllo dei limiti:
cambio climatico
perdita di biodiversità
Ciclo dell’azoto
ProblemiCominciamo ad avere problemi su:
Ciclo del fosforo
Perdita ozono stratosferico
Acidificazione degli oceani
Inquinamento chimico
Acqua disponibile
Uso del suolo: spesso si costruisce senza tenere conto dei regimi idrografici dei fiumi, dei laghi, delle piogge, degli oceani che
tendono ad innalzarsi con il riscaldamento globale, l’impermeabilizzazione del suolo ha portato non pochi disastri, gli
aerosol atmosferici hanno prodotto danni rilevanti ( la convenzione internazionale di Montreal ne ha regolamentato l’uso)
Portare il mondo sul sentiero dello sviluppo sostenibile è un’utopia o un
dovere?
800 milioni di persone nel nostro pianeta vivono in povertà estrema
Circa 200 milioni sono i disoccupati
Utopia o dovere?
1 miliardo e 400mila persone non hanno accesso ancora all’energia elettrica (usano forme
di energia altamente inquinanti)
Metà della produzione agricola annuale viene sprecata
250 milioni di bambini sono ancora analfabeti
60 milioni lavorano in schiavitù (sono schiavi)
50% della popolazione mondiale non ha un’educazione secondaria
Utopia o dovere?
1 miliardo e mezzo della popolazione mondiale riceve solo il 5% del PIL
Il mezzo milione più ricco della popolazione ha il 90% della ricchezza
mondiale
Le 68 persone più ricche nel mondo hanno il 50% della ricchezza mondiale
Utopia o dovere?
Abbiamo 800 milioni di persone che sono sottonutrite, ma 600 milioni sono obese
700 milioni di persone non hanno acqua pulita
12 milioni di ettari di deserto si creano ogni anno a causa del cambiamento climatico
L’80% delle acque di scarto non vengono ripulite e portano quindi malattie
L’8% delle specie sono scomparse e il 22% sono a rischio
American life style
“American life style is not up for negotiations”, lo stile di vita americano non è oggetto di negoziato.
William Reilly (capo dell’agenzia Usa per l’ambiente sotto la presidenza di George W. Bush)
1 americano medio “pesa” sulla biosfera quanto circa 80 abitanti medi dell’India
American life style
Se India, Cina e Brasile raggiungessero un livello di motorizzazione ed
industrializzazione pari all’Italia o alla Francia, il nostro pianeta sarebbe al
collasso: l’inquinamento si raddoppierebbe.
American life style
Se volessimo generalizzare il nostro stile di vita del nord industrializzato del mondo a tutto il pianeta, o questo pianeta scoppierebbe, o ci sarebbe bisogno
di qualche colonia spaziale per trovare energia e materie prime e collocarvi i rifiuti
Vivere a proprie spese
“E’ tempo che il mondo industrializzato cominci a vivere a proprie spese, smettendola di consumare crediti
usurpati presso la biosfera e presso i poveri.”
Alexsander Langer
Etica della responsabilità
Ognuno di noi ha una responsabilità collettiva nei confronti della Terra e dei suoi abitanti, in particolare
della biosfera, sottile fascia di una trentina di chilometri di spessore che avvolge il pianeta. Il nuovo imperativo ecologico di Jonas, formulato alla maniera di Kant, suona pertanto così: “ Agisci in modo che gli
effetti della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita sulla Terra”.
Etica della responsabilità
“In che cosa dobbiamo sperare ?” (altra famosa domanda kantiana), sembra sostituirsi quella se è
ancora lecito sperare o se non sia piuttosto illusorio e regressivo abbandonarsi alla speranza,
farsi cullare da essa, invece di assumersi con coraggio e disincanto le proprie responsabilità.
Alcune considerazioni
L'attività economica non può risolvere tutti i
problemi sociali mediante la semplice estensione
della logica mercantile. Questa va finalizzata al
perseguimento del bene comune. Pertanto, va
tenuto presente che è causa di gravi scompensi
separare l'agire economico, a cui spetterebbe
solo produrre ricchezza, da quello politico, a cui
spetterebbe di perseguire la giustizia mediante la
ridistribuzione. (CiV, 36)
Nell’Enciclica “Laudato sì”
Paolo VI: «sotto l’effetto di contraccolpi dellaciviltà industriale, di […] una vera catastrofeecologica», sottolineando «l’urgenza e la necessitàdi un mutamento radicale nella condottadell’umanità», perché «i progressi scientifici piùstraordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, lacrescita economica più prodigiosa, se non sonocongiunte ad un autentico progresso sociale emorale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo».(Discorso alla FAO, 1970)
Le tre dimensioni dello svilupposostenibile
Lo sviluppo sostenibile è definito come uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza
compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni.
Per raggiungere uno sviluppo sostenibile è importante armonizzare tre elementi fondamentali: la crescita
economica, l’inclusione sociale e la tutela dell’ambiente.
Altre definizioni
Ambito sociologico ( Veiderman): visione del futuro che indica all’umanità una strada da seguire e
permette di focalizzare l’attenzione su un set di valori e principi etici e morali per mezzo dei quali
guidare le proprie azioni. Tale definizione risulta più difficile da applicare in una visione
tecnicoscientifica. Numerosi incontri mondiali sul tema (obiettivo comune: riduzione dell’uso di
risorse naturali e di rifiuti)
La globalizzazione
Mette in contatto aree e popoli distanti
Riguarda:
• Beni e servizi
• Mercati finanziari
• Lavoro
• Istituzioni
È un grande Mercato sviluppatosi in poco tempo
Il mercato
• Benefici
Decentramento
Mutua soddisfazione
• Limiti
Non sempre democratico
Redistribuzione
Scambi non etici
Fallimenti di mercato
Processo di Mercificazione
Un focus sui limiti• Necessario intervento Autorità in presenza di fallimenti di
mercato (Beni pubb., monopoli, asimmetrie informative eesternalità)
• Il mercato e le virtù da esso promosse sarebbero in grado dideteriorare progressivamente il tessuto sociale e morale diuna collettività.Hirsch e Marx: il mercato, determinando l’affermazione divalori quali l’avidità e l’interesse personale e promuovendol’anonimato nelle relazioni interpersonali e «mercificando»tutti gli aspetti della vita umana, finirebbe per minare valorifondamentali del tessuto sociale come dono, altruismo efiducia interpersonale.
Ovviamente non è detto che questo accada!
Soluzioni ai limiti
Sviluppo “Economia civile”
attraverso:
• Voto con il portafoglio - Fair trade
• Finanza etica
• Responsabilità sociale d’impresa
• L’impresa sociale/civile
La globalizzazione
Non è solo un aspetto economico
(Sociale, culturale, istituzioni, regole, ecc.)
A priori non siamo né pro né contro
Ci sono opportunità e rischi
Si innesta nel processo di espansione economica e della popolazione e al tempo stesso concorre a
rinforzarlo
La globalizzazione (luci)
In termini economici
• Luci
- Negli ultimi dieci anni crescita del reddito nelleeconomie emergenti, una crescita di circa il70% per chi stava nella parte centrale delladistribuzione mondiale del reddito, unacrescita nei PVS del reddito del 60%nell'ultimo decennio.
- Abbiamo ampia possibilità di scelta.
La globalizzazione (ombre)
E ombre
• I più poveri sono rimasti fuori da questa crescita e la lorodistanza dall’elite globale in forte sviluppo si è allargata.
• Il declino della classe media nei paesi sviluppati (la maggiorparte della quale si trova in Europa) è in competizione con ilavoratori a basso salario dei PVS.
• Dalla distribuzione bimodale del reddito globale (ricchi epoveri) verso una unimodale, con una classe media inespansione (che è ancora abbastanza povera, con unreddito giornaliero da 3 a 16 Dollari) e una crescentedisuguaglianza tra i più ricchi e i più poveri.
La globalizzazione (ombre)
Pensiamo che - gli 85 individui più ricchi hanno un reddito pari a quello dei 3,5 miliardi di individui
più poveri;- l’1% della popolazione più ricca possiede 81.000 miliardi di Euro, che è 65 volte la
ricchezza della metà più povera del pianeta. La convergenza condizionata (ovvero tassi di crescita economica più alti per i paesi
meno sviluppati) ha ridotto, in media, la distanza tra i paesi ricchi e quelli poveri in termini di PIL pro capite, al tempo stesso si è tuttavia assistito ad un aumento della disuguaglianza dei redditi all'interno dei paesi (a causa dell’aumento del divario salariale tra persone qualificate e non qualificate).
I processi automatici di aggiustamento sono troppo lenti. Se provassimo a proiettare nel futuro gli attuali tassi di crescita:La Cina e i paesi africani terminerebbero, in media, il processo di convergenza tra 60-
100 anni. Ci sono oggi 2,7 miliardi di persone che vivono con meno di due dollari al giorno e
molti di loro non vivrebbero così a lungo per vedere completato questo processo.
La globalizzazione (ombre)
• La disuguaglianza crescente e le difficoltà del "bottom million” genera:
Gruppi di "persone emarginate" non in grado di sfruttare ivantaggi del mercato (Milanovic, 2014).
L’onda crescente solleva tutte le barche ad eccezione di quelle conun’ancora troppo corta, che, al contrario, saranno colpite eaffondate.
Nonostante la maggior parte della popolazione più povera non vivenei paesi della UE, la concorrenza con le persone con salari bassipresenti nei mercati globali del lavoro agirà come una legge digravità, determinando una spinta verso il basso delle condizioni delmercato del lavoro nei nostri paesi.
La globalizzazione (ombre)
• La mancanza di armonizzazione della normativa fiscalea livello mondiale genera una "corsa al ribasso" neisistemi di tassazione, rendendo difficile generarerisorse pubbliche necessarie per finanziare beni eservizi pubblici.
• La "crescita-non-importa-come" (magari con gliespedienti di gonfiare le cifre del PIL con le attivitàillegali) non produce vero benessere e rafforza ilparadosso di Easterlin (il divario tra il PIL e le misure dibenessere) e mette in discussione il consenso sociale epolitico per governare.
La globalizzazione e la crisi
Siamo passati da crisi nazionali a crisi su scalaglobale:
- Più strumenti di contrasto (Istituzioniinternazionali: FMI, BM, BCE, UE, ecc.)
- Più difficoltà dovute alla correlazione dei ciclieconomici nazionali (non più soluzionedell’export e aiuto dall’esterno o svalutazionemonetaria … siamo contemporaneamente tuttialle prese con gli stessi problemi).
Crisi finanziaria … e soprattutto reale
Lo scenario socioeconomico in cui viviamopresenta diverse crisi o problematichestrutturali di fondo interconnesse tra di loro:
1. Economica
2. Finanziaria
3. Ambientale
4. Di felicità o senso della vita (infelicità)
Sintesi del contesto
• Quattro gravi problemi
Povertà, ambiente, crisi di senso della vita e crisi finanziaria
• Tre cause
Riduzionismo antropologico, di impresa e nella concezione e misura della «ricchezza delle nazioni»
• Le soluzioniMettere gli occhiali giusti (ISTAT/CNEL, indicatori),riforma della finanza, voto col portafoglio, riforma per l’Italia, creare valore economico puntando su fattori competitivi non delocalizzabili.
Povertà/Disoccupazione
Infelicità
Crisi finanziarie
Dissesto ambientale
Homo economicus
Massimizz. profitto
Valore=PIL
Le causeIl riduzionismo antropologico.L’uomo ridotto alla dimensione della soddisfazione materiale è triste e socialmente dannoso. La vita economica è fatta di dilemmi sociali. Dono, gratuità e fraternità sono fondamentali per fertilità sociale.
Il riduzionismo organizzativoLa dominanza di un solo modello d’impresa orientato alla superiorità dell’azionista su tutti gli altri portatori d’interesse (lavoratori, clienti, comunità locali) mortifica la diversità organizzativa che è ricchezza per il bene comune e genera società più resilienti.
Il riduzionismo nella misurazione del valoreLa «ricchezza delle nazioni» non coincide con il flusso di beni e servizi economici creati ma con lo stock di beni spirituali, culturali, relazionali, naturali ed economici di una comunità e di un territorio.
L’impresa deve caratterizzarsi per la capacità di servire il bene comune, Compendio 338
La vita dell’uomo al pari di quella sociale della collettività non può essere ridotta ad una dimensione materialistica..Compendio 375
La crisi e i problemi economici
In economie chiuse il problema della povertà in questipaesi restava locale (John Rawls e i missionari)
La globalizzazione ha reso questi immensi divari dibenessere un boomerang proprio per paesi più ricchi.
Le imprese profit max. cercano costi del lavoro più bassipossibili.
Ne segue la “delocalizzazione “ dei processi produttivi;oppure assumono a determinate condizioni gli immigrati.
La crisi e i problemi economici
Il problema strutturale di fondo dei sistemi economici èl’immenso divario di standard di vita tra le diverse aree delpianeta che si traduce in un altrettanto grande divario di costidel lavoro a parità di qualifica professionale (lavoratori menospecializzati).
Il Bureau of Labour degli Stati Uniti documenta nel 2011 unadifferenza di circa 30 a uno in termini di costo medio orario allordo delle tasse nel settore manifatturiero tra Italia e paesicome India e Cina se guardiamo al settore formale e fino a 60se guardiamo a quello informale.
La crisi e i problemi economici
• I divari di tenore di vita e di costi del lavoroNord-Sud sono immensi
• La globalizzazione trasforma i mercati dellavoro locali in globali, aumentando ladispersione salariale
• I processi di convergenza in media sono lenti(60 anni per la Cina), nel frattempo cresce ladiseguaglianza intra-paese e mondiale
La crisi e i problemi economici
Si sta scontando il “peccato originale”:
Aver creato benessere e tutela del lavoro danoi ma non in quei paesi ha trasformato lapovertà degli ultimi in minaccia al nostrobenessere.
La crisi e il problema economico• Esistono all’interno del sistema economico dei meccanismi di aggiustamento automatico
(Mani invisibili).
• Però occorre del tempo prima che producano effetti.
• Richiedono la nostra collaborazione alla con-creazione di un mondo più equo e sostenibile.
• Il sistema economico è disseminato di pianoforti che possono suonare armonie molto belle ma nulla accade senza suonatori.
• Ad esempio il divario salariale :
I meccanismi di riequilibrio cosiddetti automatici sono lentissimi e il loro funzionamento
dipende in modo cruciale dai comportamenti degli attori e dalle regole del gioco.
• La mano invisibile non funziona per i fallimenti di mercato .
• Nella realtà i pianoforti suonano le loro armonie nella misura in cui gli elementi meccanicicon cui sono stati costruiti per suonarle vengono attivati da regole del gioco lungimiranti e daattori socialmente responsabili (imprese e cittadini).
La crisi e il problema ambientale
• Da una parte una popolazione di più di settemiliardi e ancora in crescita in cerca di unbenessere sempre maggiore (economico esociale).
• Dall’altra parte risorse scarse e molte voltenon rinnovabili o riutilizzabili.
• Inoltre anche i poveri di una volta hanno oggile nostre stesse ambizioni (non solo diconsumo).
La crisi e il problema ambientale
Torniamo ai nostri “pianoforti”
Le stesse aziende massimizzatrici di profitto conoscono ilproblema ambientale.Investire per innovare in questo ambito consentirebbe diessere pronte in presenza di una regolamentazione piùstringente e genererebbe un flusso di innovazioni in gradoper sé di generare risparmi di energia incontrando alcontempo il favore dei cittadini sensibili.Il meccanismo funziona meglio e speditamente in presenzaregole virtuose e di cittadini ed imprese socialmenteresponsabili.
• Il consumo collaborativo (di beni e servizi)
• Ciò che conta non è la proprietà (che puòessere condivisa) ma la fruizione e l’accessoche può essere partecipato.E’ proprio necessario che tutti possiedano unbene di consumo che utilizzano pochissimo?O dobbiamo piuttosto muoverci verso ilconcetto della “capacità consumativautilizzata”?Pensiamo al car sharing!
La crisi e i problemi della finanza
• Lo sforzo della finanza di moltiplicare la suacapacità di generare risorse dal nulla (e dipensare di esservi riuscita creando peròspesso bolle speculative) ha generato effettidevastanti.
La crisi e i problemi della finanza
Quando la bolla è scoppiata:
Banche e fondi di investimento (cheimpiegavano i risparmi delle persone) sonoandati in rovina.
La crisi e i problemi della finanza
Per evitare questi fallimenti sono stati utilizzati soldi pubblici
Trasformazione di un problema di debito privato in un problema didebito pubblico
Trasferimento dell’onere dal privato al pubblico
Qualche numero:Una spesa per il salvataggio delle banche e del sistema che oscillatra i 5000 e i 15000 miliardi di dollari
Per eliminare la mortalità infantile entro il 2015 basterebbero tra i36 e i 45 miliardi di dollari.
La crisi e il problema dell’infelicità
• Assistiamo al tempo stesso ad una gravissima crisi di senso della vita.
• Gran parte dell’umanità vive infatti una condizione lavorativa (dimensione costitutiva del suoessere) nelle trappole di significato che la crisi ha portato in primo piano.
• Si è consapevoli dello scarto tra le proprie istanze ideali profonde e le finalità di molte realtàlavorative.
• Ciò porta a profonde conseguenze negative sulla possibilità di vivere pienamente la propriavita di relazioni e di fede perché questi vincoli avviliscono, immiseriscono e riducono libertà dipensiero necessarie per vivere la ricchezza di una vita relazionale e spirituale piena di fugadell’indifferenza nel quale il dolore del naufragio del senso viene anestetizzato da piccolipiaceri e trasgressioni che in realtà sono divenute nuovi conformismi.
• Il naufragio di senso non è un’invenzione perché suffragato da evidenza e dati (non soltantoquelli estremi dei tassi di suicidio).
• Nel nostro paese nel corso dell’ultimo decennio il consumo di antidepressivi è infattiraddoppiato.
• Gli economisti davano per scontato che l’aumento del reddito avrebbe aumentato la felicità…
• … Il paradosso di Easterlin sembra negare quest’assunto.
Le cause
• La radice di tutte e quattro queste crisi è identificabile in unamatrice riduzionista dell’uomo e dell’organizzazione produttiva.
• Il riduzionismo antropologico ha il nome dell’homo economicus,l’uomo a una dimensione la cui soddisfazione di vita dipenderebbeunicamente dalla crescita del reddito e dei consumi, un modelloantropologico a fondamento di quasi tutti i modelli interpretatividella realtà che gli stessi economisti liberali alla Hayek ammettonoessere “la vergogna di famiglia” e che Sen chiama il “follerazionale” perché del tutto privo di due componenti fondamentalidella natura umana, rappresentate dal dovere morale e dallapassione per l’altro.
• I risultati su vasta scala dell’economia sperimentale ci dicono cheper fortuna l’uomo non è questo anche se rischia di diventarloperché la cultura riduzionista è presente.
Impresa massimizzatrice
di profitto
Azionisti Lavoratori
Consumatori
Comunità Locali
Ottimo Sociale per Lavoratori, Azionisti, Consumatori e Comunità Locali
Concorrenza(mano invisibile)
Istituzioni benevolenti, perfettamente informate e
indipendenti(mano pubblica)
Reputazione
Il modello riduzionista
La mancanza di equivalenza tra stakeholders nell’impresa che max profitto
Figura 2 Impresa capitalistica che massimizza il profitto
Risultato dell’attività
“produttiva
Il valore aggiunto del bene o servizio prodotto
Contributi in entrata
Fette distribuite in
uscita
Lavoratori
Azionisti
Fornitori
Azionisti
Lavoratori (salari)
Fornitori
Comunità locali
Comunità locali (filantropia)
Easterlin paradox Divario PIl/felicità, crescita senza creazione posti di lavoro
Concorrenza imperfetta
Istituzioni non benevolenti, non
perfettamente informate e catturate
Reputazione
Il modello riduzionista: perché non funziona?
Impresa massimizzatrice
di profitto
Lavoratori
Consumatori
Comunità Locali
Azionisti
Impresa multi-Stakeholder
(cooperativa, etica, soc.
resp.)
Azionisti Lavoratori
Consumatori
Comunità Locali
Bene Comune
Concorrenza produce risultati sociali con voto p.
Consumatori e imprese SR producono capitale sociale
e migliori regole e istituzioni
Reputazione agevolata da responsabilità sociale
Come dovrebbe funzionare: la rivoluzione copernicana dell’Economia civile
Consumattori
Cittadini socialmente responsabili
che votano col portafoglio
per autointeresse lungimirante
L’homo economicus è triste • Leibnitz: la felicità è “delectatio in felicitate alterius”.
• “Per ogni granello di gioia che seminerai nel petto di un altro, tu troverai un raccolto nel tuo petto, mentre ogni dispiacere che tu toglierai dai pensieri e dai sentimenti di un’altra creatura sarà sostituito da meravigliosa pace e gioia nel santuario della tua anima”. Jeremy Bentham
• John Stuart Mill: “sono felici solo coloro che hanno le menti fissate su qualcos’altro che la propria felicità: sulla felicità degli altri, o nel miglioramento dell’umanità”.
• La preoccupazione per la nostra felicità dovrebbe raccomandarci la virtù del discernimento e farci capire attraverso di questo che essa dipende dalla nostra preoccupazione per quella degli altri” (Adam Smith, 1759: 385)
L’homo economicus è minoranza
• Engel (2010): i risultati di 328 diversi esperimenti riassunti per un totale di 20,813 osservationi da diversi paesi del mondo.
• Solo il 36% degli individui segue il modello dell’homo economicus e dà zero.
• La quota degli homines economici scende al 28% se i “diritti di proprietà” sono del ricevente e bisogna prendere i soldi da lui, 25% se si usano soldi veri nel gioco, 19% se il ricevente è identificato come bisognoso.
• Gli studenti sono i più vicini all’homo economicus (40%), solo il 20 % dei bambini, il 10% dei giocatori di mezzaetà, nessuno tra chi ha più di 50 anni si comporta così.
• Engel’s finally comments results of his meta-analysis by saying that “While normally a sizeable fraction of participants does indeed give nothing, as predicted by the payoff maximisation hypothesis, only very rarely this has been the majority choice. It by now is undisputed that human populations are systematically more benevolent than homo oeconomicus”
L’homo economicus è socialmente dannoso…
• « Il tuo grano è maturo, oggi, il mio lo sarà domani. Sarebbe utile per entrambi se oggi io... lavorassi per te e tu domani dessi una mano a me. Ma io non provo nessun particolare sentimento di benevolenza nei tuoi confronti e so che neppure tu lo provi per me. Perciò io oggi non lavorerò per te perché non ho alcuna garanzia che domani tu mostrerai gratitudine nei miei confronti. Così ti lascio lavorare da solo oggi e tu ti comporterai allo stesso modo domani. Ma il maltempo sopravviene e così entrambi finiamo per perdere i nostri raccolti per mancanza di fiducia reciproca e di una garanzia.» (Hume, Trattato sulla natura umana, 1740, libro III).
• Il pensiero economico recente ammette che il centro della vitaeconomica è fatto di dilemmi sociali:dilemma del prigioniero e viaggiatore, giochi di fiducia, ecc.
• Il capitale sociale (fiducia e meritevolezza di fiducia) è quella linfafondamentale che rende possibile la vita economica stessa che, inpresenza di asimmetrie informative e inevitabile incompletezza deicontratti, sarebbe del tutto paralizzata da interazioni tra purihomines economici.
• Senza elementi di dono, gratuità, reciprocità le interazionieconomiche tra soggetti che non si conoscono a fondo e nonpossono tutelarsi con contratti che coprono ogni conseguenza èsemplicemente impossibile.
Il riduzionismo nella concezione d’impresa
• Se esistono solo imprese che hanno l’obiettivo di massimizzare il profitto sigenera una scala di valori alterata nella quale la creazione di valore perl’azionista diventa il criterio cui subordinare il benessere di tutti gli altriportatori d’interesse influenzati dalla vita
• Ciò non può che generare una scala di valori alterata che provoca risultatiindesiderati ogni qualvolta l’interesse dell’azionista entra in conflitto convalori superiori (come quello della tutela del lavoro o anche della salutedel cliente).
• La crisi ci insegna che intermediari finanziari orientati alla massimizzazionedel profitto (a differenza delle banche etiche e cooperative) abbandonanoprogressivamente la loro missione originaria di finanziare con il credito gliinvestimenti delle imprese (riducendo progressivamente la quota di utiliche derivano da tali attività) quando, come accade ai nostri giorni, ilcredito diventa una “commodity” di scarso interesse perché attività daibassi rendimenti
Sui limiti del PIL
Franklin Delano Roosevelt, nel 1933, avevaaffermato:
“...il nostro popolo riconosce che il benessereumano non si raggiunge unicamente attraversoil materialismo ed il lusso, ma cresce grazieall’integrità, all’altruismo, al senso diresponsabilità e della giustizia”.
Sui limiti del PIL (2)• “Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle
sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle [...]. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. [...] Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”(Robert Kennedy del 18 marzo del 1968)
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•Uno dei più noti è lo Human Development Index (HDI),o Indice di Sviluppo Umano, realizzato per la prima voltanel 1990 dall'UNDP (Programma per lo Sviluppo delleNazioni Unite).
•Ispirato alle idee di Amartya Sen riguardo le molteplicicapacità (capabilities) degli individui e la necessità dilasciare spazio al loro libero sviluppo, lo HDI è unamisura composta da tre elementi:
•1. Reddito pro-capite annuo
2. Aspettativa di vita alla nascita
3. Un indice di educazione basato sugli anni di scolarizzazione
Ogni indicatore viene espresso in un valore compreso tra 0 ed 1.
I tre indicatori vengono poi aggregati, ognuno con lo stesso peso, in un unico Indice
di Sviluppo Umano .
Human Development Index•Le nazioni sono classificate in base al loro livello di sviluppo umano:
• Tra 0 e 0,5: basso
• Tra 0,5 e 0,8: medio
• Tra 0,8 e 0,9: alto
• Sopra 0,9: molto alto
L ’UNDP pubblica ogni anno un Rapporto che contiene statistiche e
classifiche delle nazioni di tutto il mondo sulle 3 dimensioni del benessere
menzionate.
FONTE: http://hdr.undp.org/en/statistics/
La cartina qui a fianco
mostra l’indice di
sviluppo umano nel
2011
Genuine Progress Index (GPI) (Indice di Progresso Autentico) .
•Il GPI parte dal PIL e lo corregge, aggiungendo o sottraendo la stima monetaria di altre variabiliconsiderate importanti nella misurazione di un progresso “autentico”
•Utilizzando una terminologia aziendale il PIL rappresenta il fatturato dell’azienda, mentre il GPIrappresenta l’utile netto.
Vengono ad esempio inclusi lavoro domestico
e volontario, così come si aggiusta per la spesa
in infrastrutture o l’indebitamento estero.
Al PIL viene sottratto anche il valore monetario
dei costi sociali (come criminalità e
disoccupazione) e ambientali (inquinamento di
acqua e aria, cambiamento climatico e altri)
Fonte: Rapporto sul GPI dello stato dello Utah, disponibile a questo link
Da cui si pone lo spinoso problema di
come assegnare un valore monetario ai
beni sociali e ambientali.
Come sono variati PIL e GPI negli USA?
Il GPI è molto citato soprattutto
a causa del grafico a fianco, che
mostra l’andamento del GPI e
del PIL procapite degli Stati
Uniti a partire dagli anni ’50,
entrambi misurati in dollari del
2000.
Si può vedere come ad una
forte crescita del PIL si è
associata, a partire dagli anni
‘70, una sostanziale
stagnazione del progresso
misurato dal GPI!
Fonte: Redefining progress, 2004
Perché è successo?
Perché la crescita economica si è accompagnata ad un processo di degrado
dei beni ambientali e delle relazioni sociali, che il PIL non considera.
Di questo se ne sono accorti ormai in molti!•Un’esperienza molto presente sui media e’ ad esempio quella del Bhutan, una piccola nazione sulla catena dell’Himalaya.
•Su iniziativa del suo re, il Bhutan ha iniziato calcolare la sua Felicità Interna Lorda(Gross National Happiness), un indicatore di sviluppo calcolato combinando nove domini:
1. Tenore di vita2. Salute3. Istruzione4. Uso del tempo5. Buon governo6. Diversità e resilienza ecologica7. Benessere psicologico8. Vitalità della collettività9. Diversità e resilienza culturale
Per saperne di piu’: www.grossnationalhappiness.com
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•Esistono poi altri importanti indicatori che si concentrano su specifiche variabili,
ad esempio ambientali, solitamente escluse dal PIL, come nel caso dell’ImprontaEcologica (Ecological Footprint).
Come si vede dalla
figura a lato, l’impronta
ecologica della nostra
società globale e’
fortissima!
E alcuni paesi
contribuiscono piu’ di
altri ad appensantirla..
L’Impronta Ecologica misura l'area di mare e di terra
biologicamente produttiva necessaria per rigenerare
le risorse consumate da una popolazione umana e
per assorbirne i rifiuti.
Utilizzando l'impronta ecologica, è possibile quindi stimare
quanti "pianeta Terra" servirebbero per sostenere l'umanità
Fonte: Global Footprint Network (2007)
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Indicatori simili all’Impronta Ecologica sono:
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Il Sustainability Index della Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEMSI), cheraccoglie numerose variabili economiche, sociali ed ambientali (link perapprofondire) in un unico indicatore di sostenibilita’.
Lo Happy Planet Index (HPI) della New Economics Foundation, che è
una misura dell’efficienza con cui le nazioni trasformano le proprie
risorse naturali in benessere sostenibile, inteso come vite lunghe e
soddisfacenti. (link per approfondire)
Lo HPI e’ quindi calcolato come un rapporto tra:
•L’aspettativa di vita alla nascita aggiustata per un indicatore di
benessere soggettivo (che discutiamo piu’ avanti);
•L’Impronta ecologica (che abbiamo presentato nella slide
precedente).
Se un paese e’ in grado di garantire lunghi anni di benessere alla
propria popolazione utilizzando poche risorse naturali, risultera’ ben
piazzato nella classifica dell’HPI..
Il FEEMSI ha la peculiarita’ di offrire una prospettiva temporale dell’evoluzione delle variabili considerate.
Attraverso le simulazioni di un modello di equilibrio economico generale e’ infatti in grado di proiettare la
dinamica dell’indice di sostenibilita’ fino al 2020.
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E L’Italia?
•L’Istat (il nostro ufficio statistico nazionale) ha presentato l’11 marzo il primorapporto sul Benessere Equo e Sostenibile. Si tratta di un’analisi basata su 134indicatori raggruppati in 12 dimensioni.
L’Italia non è stata con le mani in mano!
L’ex Presidente dell’ISTAT Enrico Giovannini
è il promotore di quella che lui definisce l’alba di una
nuova ‘“Una nuova Costituzione Statistica”
Siamo l’unico Paese che introduce gli indicatori di
Benessere equo e sostenibile all’interno della
programmazione economica (DEF)
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Cosa misura il BES?•Il BES non è un indicatore unico. Sfrutta piuttosto un approccio orizzontale diaggregazione di diverse statistiche. In particolare, si tratta di 12 dimensioni del
benessere e di 134 indicatori tra i più utilizzati in letteratura:Salute
Istruzione
Lavoro e conciliazioni
tempi di vita
Benessere economico
Sicurezza
Relazioni Sociali
Ambiente
Benessere soggettivo
Paesaggio e
patrimonio culturale
Politica e istituzioni
Qualità
dei servizi Ricerca e innovazione
Come spendereste 100 milioni da dividere tra i domini del BES?
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01
52
00
Health Edu Job Innov Env Serv Cul Ecowell Soc Sec Pol
Right Left
BES Domains and Poltical Orientation
La filosofia alla base del BES
La“ricchezza delle nazioni” non dipende solo dal flusso di beni e servizi prodotti efatturati per unità di tempo …
… ma (anche se questo resta un fattore importante) …
…. dipende in modo molto più ampio da beni e servizi non contabilizzati perchéprodotti dai volontari e nelle famiglie, e dallo stock di risorse economiche,naturali, culturali e religiose che una comunità ha a disposizione.
La prima sollecitazione cui rispondere per vincere questa sfida è dunque quella
di cambiare gli “occhiali” statistici con cui guardiamo la realtà.