ispi giornalino new impostazdef · sti maurizio ambrosini, docente dell’università degli studi...

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ISPI - Relazioni Internazionali Anno XIII - n. 21 - Ottobre 2005 Tariffa R.O.C.: "Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano ISPI Relazioni Internazionali 1 DIRITTI UMANI E CITTADINANZA IN UN MONDO MULTICULTURALE L’incontro fa parte di un più ampio progetto che l’Ispi ha voluto promuovere istituendo un gruppo di esperti sui diritti umani di diversa provenienza e di diversi campi disci- plinari: il Vieira de Mello Club. Tale proget- to è nato sotto gli auspici dell’Alto Commis- sario per i diritti umani, dell’UNCTAD e del Ministero degli Affari Esteri. segue a pag. 3 All’interno ISPI “In Brief” SPECIALE DIRITTI UMANI: DIRITTI UMANI E CITTADINANZA IN UN MONDO MULTICULTURALE SPECULANDO di Franco Bruni VERSO REGOLE EUROPEE PER BANCHE E FINANZE? DALLA RICERCA ISPI L’adesione della Turchia: un problema mal posto Il voto europeo: un voto ad una dimensione La Cina e il sistema sanitario: eridità scomo- de e prospettive di riforma “IN NETWORK” CON ISPI: VILLA VIGONI APPUNTAMENTO CON LE CARRIERE INTERNAZIONALI ISPI DA LEGGERE ALUMNI DIRETTORE RESPONSABILE Franco Bruni COMITATO EDITORIALE Franco Bruni, Paolo Magri, Franco Zallio Di migrazione, e delle sue strette implicazione con l’occupazione e la crescita, si è discusso durante il terzo incontro del ciclo “La via italiana verso Lisbona. Lavorare insieme per il nostro futuro in Europa” tenutosi presso la sede milane- se di Assolombarda il 24 ottobre. La discussione, che è stata moderata dal Presidente di Assolom- barda Diana Bracco, ha visto tra i suoi protagoni- sti Maurizio Ambrosini, Docente dell’Università degli Studi di Milano, il Vice Presidente della Commissione europea Franco Frattini, il Presi- dente dell’Ispi Boris Biancheri, il Sottosegretario alla Presidenza della Regione Lombardia per Alta Formazione, Ricerca e Innovazione Adriano De Maio, il Vice Presidente della Camera di Com- mercio di Milano Massimo Sordi. Ad aprire il con- fronto è stato il Professor Ambrosini che, basan- dosi su uno studio da lui realizzato, dal titolo “I Problemi della Regolazione politica dell’Immi- grazione e il libro verde della Commissione euro- pea”, ha sottolineato che la tensione tra mercato e politica rappresenta un aspetto sempre più evi- dente del panorama migratorio italiano ed euro- peo. Ambrosini ha inoltre affermato che, con il libro verde “sull’approccio dell’Unione europea alla gestione dell’immigrazione economica”, la regolazione politica dell’immigrazione a livello europeo sembra riprendere il processo intrapreso alla fine degli anni ’90 con il Trattato di Amster- dam ed il Consiglio europeo di Tampere. L’Unione si sta infatti muovendo verso una cauta apertura delle frontiere, riconoscendo anzitutto la neces- sità della definizione di una politica comune continua a pag. 2 INCONTRO CON IL COMMISSARIO FRATTINI: MIGRAZIONE,OCCUPAZIONE E CRESCITA Da destra: Boris Biancheri, Diana Bracco, Franco Frattini, Adriano De Maio

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ISPI - Relazioni Internazionali

Anno XIII - n. 21 - Ottobre 2005

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ISPIRelazioni Internazionali

1

DIRITTI UMANIE CITTADINANZA

IN UN MONDOMULTICULTURALE

L’incontro fa parte di un più ampio progettoche l’Ispi ha voluto promuovere istituendoun gruppo di esperti sui diritti umani didiversa provenienza e di diversi campi disci-plinari: il Vieira de Mello Club. Tale proget-to è nato sotto gli auspici dell’Alto Commis-sario per i diritti umani, dell’UNCTAD e delMinistero degli Affari Esteri. segue a pag. 3

All’interno

n ISPI “In Brief”

n SPECIALE DIRITTI UMANI: DIRITTI UMANI E CITTADINANZAIN UN MONDO MULTICULTURALE

n SPECULANDO di Franco BruniVERSO REGOLE EUROPEEPER BANCHE E FINANZE?

n DALLA RICERCA ISPIL’adesione della Turchia: un problema mal postoIl voto europeo: un voto ad una dimensioneLa Cina e il sistema sanitario: eridità scomo-de e prospettive di riforma

n “IN NETWORK” CON ISPI: VILLA VIGONI

n APPUNTAMENTO CON LE CARRIEREINTERNAZIONALI

n ISPI DA LEGGERE

n ALUMNI

DIRETTORE RESPONSABILEFranco Bruni

COMITATO EDITORIALEFranco Bruni, Paolo Magri, Franco Zallio

Di migrazione, e delle sue strette implicazionecon l’occupazione e la crescita, si è discussodurante il terzo incontro del ciclo “La via italianaverso Lisbona. Lavorare insieme per il nostrofuturo in Europa” tenutosi presso la sede milane-se di Assolombarda il 24 ottobre. La discussione,che è stata moderata dal Presidente di Assolom-barda Diana Bracco, ha visto tra i suoi protagoni-sti Maurizio Ambrosini, Docente dell’Universitàdegli Studi di Milano, il Vice Presidente dellaCommissione europea Franco Frattini, il Presi-dente dell’Ispi Boris Biancheri, il Sottosegretarioalla Presidenza della Regione Lombardia per AltaFormazione, Ricerca e Innovazione Adriano DeMaio, il Vice Presidente della Camera di Com-mercio di Milano Massimo Sordi. Ad aprire il con-fronto è stato il Professor Ambrosini che, basan-dosi su uno studio da lui realizzato, dal titolo “IProblemi della Regolazione politica dell’Immi-grazione e il libro verde della Commissione euro-pea”, ha sottolineato che la tensione tra mercatoe politica rappresenta un aspetto sempre più evi-dente del panorama migratorio italiano ed euro-peo. Ambrosini ha inoltre affermato che, con illibro verde “sull’approccio dell’Unione europeaalla gestione dell’immigrazione economica”, laregolazione politica dell’immigrazione a livello

europeo sembra riprendere il processo intrapresoalla fine degli anni ’90 con il Trattato di Amster-dam ed il Consiglio europeo di Tampere. L’Unionesi sta infatti muovendo verso una cauta aperturadelle frontiere, riconoscendo anzitutto la neces-sità della definizione di una politica comune

continua a pag. 2

INCONTRO CON IL COMMISSARIO FRATTINI:MIGRAZIONE, OCCUPAZIONE E CRESCITA

Da destra: Boris Biancheri, Diana Bracco, FrancoFrattini, Adriano De Maio

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all’interno dell’UE ed auspicando un riavvicina-mento delle legislazioni nazionali in materia.A seguire è intervenuto Franco Frattini, checome Commissario europeo alla Giustizia,Libertà e Sicurezza ha delineato in modo chiaroe preciso le linee politiche guida che intendeseguire in tema di immigrazione, occupazione ecrescita. Nello specifico Frattini ha sottolineatoquanto sia importante definire una chiara strate-gia politica, non soltanto fondata sulla riafferma-zione degli ideali europei, ma soprattutto sullacapacità di dare risposte concrete a problemi,antichi nella loro natura, ma estremamenteattuali nella società europea contemporanea. Inparticolare con la pubblicazione del Libro Verdesull’approccio dell’UE alla gestione della migra-zione economica, la Commissione ha aperto unampio dibattito che confluirà nella proposta diuna strategia europea per la gestione dell’immi-grazione economica. Il Commissario si è poi sof-fermato su una tra le più importanti istanze con-tenute nel Piano d’Azione europeo per l’immigra-zione economica (la cui pubblicazione è previstaentro la fine del 2005): l’uniformazione e la sem-plificazione delle procedure e regole per l’am-missione dei lavoratori immigrati si è fortementeauspicato che il sistema volto ad attrarre imigranti per motivi economici e a facilitarnel’ammissione multi trasparente e finalizzato adagire nell’interesse di tutte le parti in causa (siamigranti Paese d’origine e Paesi di accoglienza).Essenziale è anche omogeneizzare i requisiti ed icriteri che legittimano l’ammissione degli immi-grati, pur salvaguardando la facoltà degli Statimembri di determinare le quote in base al pro-prio fabbisogno. A tal fine verrà creata unabanca dati europea che consentirà di accedere escambiare informazioni in tempo reale sullemisure prese in ciascun Paese e sul loro impattosugli altri Stati dell’Unione. A conclusione delsuo intervento, Franco Frattini ha sottolineato

l’importanza della sinergia tra le azioni politicheintraprese a livello locale e quelle a livello euro-peo: da una parte è sempre più evidente come gliattori locali siano chiamati ad interagire con gliattori sociali, quelli economici e le comunitàdegli immigrati. In particolare il Vice Presidenteha annunciato che la Commissione creerà unForum permanente in cui confrontarsi sulle pro-poste per le strategie di parternariato (Rotter-dam si è candidata ad essere capitale europeaper il Forum sull’Integrazione per il 2006). Dal-l’altra il livello europeo giocherà un ruolo fonda-mentale nel finanziamento di programmi di edu-cazione, formazione e promozione del dialogo traculture differenti. Anche l’Amb. Biancheri haposto l’accento sull’importanza di perseguire unastrategia comune, sottolineando un aspetto cru-ciale: è opportuno che i Paesi dell’Unione scelga-no congiuntamente se adottare un approccio“multiculturale” o di “integrazione” nei confrontidegli immigrati. Secondo il primo approcciocomunità diverse (islamiche, latinoamericane,dell’Est-Europa ecc.) conservano e sviluppano lapropria identità, cultura e abitudini, in questomodo l’Unione sceglierebbe di accettare e acco-gliere il diverso all’interno di sé; seguendo, inve-ce, la via dell’integrazione, come avviene, adesempio, negli Stati Uniti, chi emigra si integrapressoché completamente con la cultura dellasocietà di destinazione. Premettendo che,entrambi gli approcci presentano pregi e con-troindicazioni e che essi non sono né equivalentiné politicamente conciliabili, ciò che è essenzia-le è delineare una strategia comune a livellocomunitario ed agire di conseguenza. Nei lorointerventi anche Adriano De Maio e MassimoSordi hanno auspicato una efficace strategiaeuropea in tema di migrazione, che veda comepartner l’Unione e la comunità locale. È statoinfatti sottolineato che il dialogo tra i due part-ner è tanto più necessario se si considera il diva-rio tra le politiche migratorie previste dalle legi-slazioni nazionali e i fabbisogni dei sistemi socia-li ed economici europei. A conclusione del dibat-tito, partendo dalla considerazione che l’Europapuò e deve essere il valore aggiunto in questiambiti delicati, tutti gli oratori si sono trovaticoncordi nell’affermare che compito dell’Unioneè costruire un nuovo equilibrio, bilanciando duelegittime esigenze: da un lato neutralizzare laminaccia che incombe sulla vita quotidiana deicittadini e sulla loro sicurezza, dall’altro proteg-gere i diritti fondamentali che la nostra tradizio-ne e la nostra storia hanno saputo affermare ecodificare.Diana Bracco e Boris Biancheri

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segue dalla copertina:DIRITTI UMANI E CITTADI-NANZA IN UN MONDO MULTI-CULTURALE.

A seguito della tragica morte diSergio Vieira De Mello, questogruppo permanente di studio èstato dedicato alla memoria del-l’Alto Commissario delle NazioniUnite per i diritti umani, che findall’inizio aveva incoraggiato lapromozione di una riflessionemultidisciplinare sui dirittiumani e la diversità culturale. Laprima riunione del Club a Torinonel gennaio 2004 ha consentitodi consolidare il gruppo di lavoroe di portare a una evoluzionemolto positiva dell’iniziativacirca i contenuti affrontati e gra-zie alle elevate competenze deimembri che hanno aderito alClub. Il successodell’iniziativa si èmanifestato anchenella numerosapartecipazione dipubblico durantela ConferenzaInternazionale“Human Rights:Bridging the Cul-tural Divide” (15Novembre 2004) ein occasione del-l’evento presso l’Aula Magna delRettorato dell’Università di Tori-no “Diritti Umani e cittadinanzain un mondo multiculturale”,tenuto lo scorso 24 ottobre aseguito dell’ultima riunione delClub. Durante l’apertura dei lavoritenuta dal rettore dell’Universitàdegli Studi di Torino, Ezio Peliz-zetti e dall’amministratore dele-gato dell’Ispi, Giovanni RoggeroFossati sono stati spiegati i moti-vi per cui si è voluto dedicarequesta edizione dei lavori delClub al tema “Diritti umani e cit-tadinanza in un mondo multicul-turale”. Infatti, è stato ricordato,la convivenza tra persone didiversa appartenenza culturale,

etnica e religiosa, a seguito dellacrescente presenza di immigrati,ha suscitato un dibattito - talvol-ta aspro - sui diritti culturali esull’integrazione in Europa. E’ stato anche precisato che iltema della cittadinanza riguardapiù specificamente l’inclusionedei nuovi immigrati nel sistemapolitico e sociale del paese ospi-tante. Il problema della estensio-ne della cittadinanza, legato alregime dei diritti di immigrati edi gruppi minoritari, è oggi cen-trale per la promozione di politi-che pubbliche che possanogarantire l’equilibrio tra ilrispetto dell’identità culturale eil mantenimento della coesionesociale. La Tavola rotonda è stata intro-dotta e moderata da Edoardo

Greppi, Professore di DirittoInternazionale presso l’Univer-sità degli Studi di Torino. Il Pro-fessor Greppi ha sottolineatocome possa esserci una sorta diconflitto tra cittadinanza e Dirit-ti Umani in quanto la prima è unconcetto giuridico legato allastato nazione e i secondi si riferi-scono invece a una dimensioneinternazionale. Sono state poiposte principalmente duedomande con cui iniziare la tavo-la rotonda riguardo alla coesi-stenza di diverse identità a fron-te di una comune cittadinanza eriguardo alla definizione di un“minimum standard” comunenella tutela dei diritti umani.La Tavola Rotonda è cominciata

con l’intervento di Ian Clark,Professore di Politica Internazio-nale presso l’Università del Gal-les, che ha definito la cittadinan-za non come un concetto staticoma una idea dinamica in conti-nua evoluzione al mutare dellecondizioni politiche, economi-che e sociali. L’idea di cittadi-nanza è influenzata a livellonazionale da esigenze internealla comunità statale. In questocaso è stato illustrato l’attualedibattito sul multiculturalismo.A livello internazionale invece èstata illustrata l’evoluzionelungo il XIX secolo di una defini-zione di standard universali. IanClark ha anche messo in relazio-ne il dibattito intorno alla citta-dinanza e l’attuale processo diglobalizzazione. Essa infatti sol-

lecita inizia-tive e politi-che non piùda parte dels i n g o l oStato-nazio-ne ma dauna comu-nità di Stati,e provoca lanecessità diarmonizzarele politiche

internazionali sulla base di valo-ri condivisi da tutte quelle nazio-ni interessate a entrare a pienotitolo nella comunità internazio-nale. Secondo Clark la cittadi-nanza, in quanto dinamica, vanegoziata e aggiornata in riferi-mento al momento storico e allecondizioni contingenti. Questointervento ha reso evidente laprofonda interazione tra il livellostatuale e quello internazionale.Infine le politiche pubbliche diintegrazione e, più in generale, ildibattito sul multiculturalismoin Europa sono stati affrontati apartire dalle nuove misure con-tro il terrorismo in molti paesieuropei. Bassam Tibi, Professore di Rela-

A partire da sinistra: Vojin Dimitrijevic, Bassam Tibi, Sona Khan, EdoardoGreppi, Jane Connors, François Trémeaud, Ian Clark

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zioni Internazionali presso l’Uni-versità di Goettingen in Germa-nia e A.D. Professor at largepresso la Cornell University, èintervenuto dando un contributoalla Tavola rotonda circa il ruolodella diversità culturale insocietà plurali come sono oggiquelle europee. L’intervento hapreso spunto dal diffuso timoreche comunità immigrate – diprima o seconda generazione –siano il luogo in cui si organizza-no attività che possano costituireuna minaccia alla coesionesociale, all’ordinamento politicoe alla sicurezza del paese ospi-tante. Per quanto riguarda inparticolare le seconde genera-zioni – giovani nati o scolarizzatiin Europa – si pone, da unaparte, la questione di come il fat-tore culturale influenzi i loro vis-suti e susciti nuove dinamichesocio-culturali nella societàeuropea e, dall’altra, come que-sto stesso fattore culturale evol-va con il contatto e la progressi-va integrazione nei paesi euro-pei. Attraverso molti esempi dipolitiche europee sulla conces-sione della cittadinanza il Pro-fessor Tibi ha illustrato il dibatti-to intorno al multiculturalismoargomentando che essere criticiverso il multiculturalismo nonsignifica essere contro l’immi-grazione o l’integrazione. A talproposito è stato illustrato il“pluralismo culturale” che, nellaconvivenza tra persone differentirichiede la condivisione di alcunivalori e procedure, a differenza diun approccio multiculturalista. Sona Khan, Avvocato della CorteSuprema di Nuova Dehli, haricordato che il fenomeno migra-torio dipende prevalentementedagli squilibri economico socialie che gli immigrati sono individuitendenzialmente sprovvisti dimezzi e di possibilità, che si spo-stano dalle loro regioni d’origineverso mondi totalmente nuovi edifferenti. La diversità di valori

tra diverse aeree del mondo siritrova nei paesi meta di immi-grazione. Secondo Sona Khan lamancanza di standard miniminecessari alla realizzazione diuna cittadinanza reale e globaleè conseguenza di una mancatascolarizzazione e di una inade-guata educazione ai Dirittiumani. Occorre pertanto che ipaesi che accolgono consistentiflussi migratori sappiano stanzia-re fondi mirati a realizzare per-corsi formativi tali da garantire lapiena comprensione dei modellidi vita del paese ospitante e chesappiano far crescere cittadiniresponsabili e pienamente inte-grati. L’attenzione è stata postain questo caso non solo sugliaspetti culturali ma anche sull’i-dentità religiosa e sul concetto disecolarizzazione; tra gli esempiportati è stato illustrato il rappor-to tra donne e islam. FrançoisTrémeaud, Direttore Esecutivodell’Organizzazione Internazio-nale per il lavoro di Ginevra eDirettore del Centro internazio-nale di formazione a Torino, haillustrato come le organizzazioniinternazionali interpretano ildiritto internazionale a frontedelle diversità culturali. L’accet-tazione di standard internaziona-li nelle istituzioni internazionali,attenti al pieno rispetto dei dirit-ti, è dunque facilmente condivisi-bile, tanto più laddove ci si pongacome obiettivo primario quello diuna condivisione di standardminimi. Criteri standard percombattere la discriminazionesul lavoro sono dunque essenzia-li. A questi va accompagnata unaconoscenza approfondita dellasituazione nei diversi paesi. Vojin Dimitrijevic, Direttore delCentro Studi per i Diritti Umanidi Belgrado, ha ricordato che latortura, il genocidio, la discrimi-nazione non possono essere giu-stificati in nessun modo. Secondolo studioso di diritti umani occor-re riaffermare alcuni principi fon-

damentali. Innanzitutto quellosecondo cui i diritti umani sonodiritti di ciascuno, in quanto esse-re umano, e solo pochi diritti sonolimitati ai cittadini di un singoloStato, ad esempio quelli politici.Esistono infatti norme condiviseda tutti, regolate non solo daitrattati internazionali, ma anchedal diritto consuetudinario chepuò costituire un altro efficaceframework per tutelare i dirittiumani. La riflessione di VojinDimitrijevic ha riguardato princi-palmente il rapporto tra individuoe stato nella sua complessità maha anche sottolineato che va gelo-samente preservato il diritto dilasciare ogni paese e di ritornarein ogni paese, così come va altret-tanto gelosamente custodito ildiritto da parte di uno stato diregolare le norme di concessionedella cittadinanza. La chiusuradei lavori della tavola rotonda èstata affidata a Jane Connors,funzionario senior presso l’AltoCommissariato per i Diritti Umanidelle Nazioni Unite, che ha volutoribadire come oggi la cittadinanzaviene spostata dal luogo di nascitaalla molteplicità dei luoghi dove sivive e si lavora. Questo nuovo pro-filo della cittadinanza implica,necessariamente, una nuovariflessione sugli strumenti giuridi-ci e sul diritto internazionaleimprontata comunque al princi-pio di universalità secondo ilquale tutti gli esseri umani sononati liberi e uguali.

Il vasto pubblico che ha assistito allatavola rotonda

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L’11 luglio scorso si è conclusala sesta edizione del Master inInternational Affairs, organiz-zato dall’Ispi d'intesa con l'I-stituto Diplomatico del Mini-stero degli Affari Esteri e conil sostegno della FondazioneCariplo. La consegna degliattestati è avvenuta in conco-mitanza con la presentazionedell’Annuario sulla politicaestera italiana, in occasionedella tavola rotonda “L’Italia ela politica internazionale”.I partecipanti al MIA, dopoaver frequentato lezioni eseminari in aula per un perio-do complessivo di nove mesi,hanno poi compiuto scelte dif-ferenti a seconda del percorsofrequentato durante il Master.La maggior parte di coloroche avevano scelto il percorso“Organizzazioni Internaziona-li” è partita, all ’ inizio delperiodo autunnale, alla voltadi Organizzazioni Internazio-nali e Comunitarie per effet-tuare uno stage della duratadi 3/4 mesi, sia presso gliHeadquarters che sul campo(presso, ed esempio, UNODCa Vienna, UNDP il Cairo,ACRA, Regione Piemonte,CeLIM Zambia, etc.).Gli studenti del percorso “Car-riera Diplomatica” si stannoinvece preparando alle proveattitudinali del Concorso delMinistero degli Esteri che siterranno presumibilmente nelmese di novembre. Coloro che supereranno leprove attitudinali sosterrannosuccessivamente le provescritte obbligatorie in Storiadelle relazioni internazionali,Diritto internazionale pubbli-co e dell ’Unione europea,Politica economica e coopera-zione economica, commercia-le e finanziaria multilaterale,Lingua inglese e Lingua fran-cese.

Il 27-28-29 settembre si sonoinvece svolte le prove di sele-zione per l’edizione 2005-2006del MIA. I partecipanti prove-nivano per lo più da scienzepolitiche (38%), anche se si èregistrato un cospicuo numerodi studenti di scienze interna-zionali e diplomatiche (26%) egiurisprudenza (22%); lieve-mente inferiore rispetto aglianni passati il numero di stu-denti provenienti da economia(11%). Il 70% dei candidatiaveva un voto di laurea supe-riore a 100/110.Al termine delle selezionisono stati ammessi al Master47 studenti che, l’11 ottobre,hanno cominciato le lezionidei corsi base di Economia eDiritto.Gli studenti del percorso Car-riera Diplomatica nel corsodel Master approfondiranno lematerie oggetto delle provescritte del concorso diploma-tico:- Storia delle Relazioni Inter-nazionali- Diritto Internazionale pub-blico e dell’Unione europea- Politica economica e coopera-zione economica, commercialee finanziaria multilaterale- Lingua inglese- Lingua franceseIl programma sarà arricchitoda incontri con diplomatici eda una visita alle istituzionicomunitarie di Bruxelles.I partecipanti al percorsoOrganizzazioni Internazionali,invece, si concentreranno ini-zialmente sull’analisi delloscenario mondiale da unpunto di vista economico, giu-ridico e geopolitico.Successivamente, a partire dagennaio, verranno prese inesame le caratteristiche deiprincipali attori internaziona-li (Nazioni Unite e Unioneeuropea in primis, ma anche

ONG, banche regionali, etc.),le loro aree di intervento (dal-l’emergenza allo sviluppo) egli strumenti utilizzati nellarealizzazione dei progetti.Oltre a ciò sono previstiapprofondimenti su alcuniskills manageriali particolar-mente utili all’interno delleorganizzazioni internazionaliquali ad esempio il fundrai-sing, le tecniche di negozia-zione etc.In primavera è inoltre previ-sta una visita alle istituzioniche si occupano di interventiumanitari a Ginevra.Anche quest’anno la faculty,proveniente da docenti delleprincipali università milanesi(Bocconi, Cattolica e Statale),sarà integrata da funzionari diorganizzazioni internazionaligovernative e non governativeprovenienti direttamente dalcampo.Alle lezioni tradizionali ditipo frontale saranno alternatianalisi di casi, lavori di grup-po e simulazioni, la primadelle quali è prevista nel mesedi novembre nell’ambito delcorso di Analisi e Prevenzionedei conflitti.E’ previsto infine, per la finedell’anno, il tradizionale JointSeminar, che vede ogni annola partecipazione di studenti edocenti delle scuole delnetwork di Istituzioni formati-ve in International Affairs dicui l’ISPI fa parte e che com-prende: London School of Eco-nomics and Political Science(Gran Bretagna), SciencesPolitiques (Francia), Collèged'Europe (Belgio), InstituteUniversitaire des Hautes Etu-des Internationales de Genève(Svizzera), Universitat SanktGallen (Svizzera), StockholmSchool of Economics (Svezia),St. Petersburg University(Russia).

Formazione

MASTER IN INTERNATIONAL AFFAIRS

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AL VIA LA QUINTA EDIZIONE DELLA

WinterSchool

E’ cominciata il 21 e 22 otto-bre scorso la quinta edizionedella Winter School dell’Ispi,che propone un ampio catalo-go di corsi brevi intensivisulle principali tematicherelative allo scenario interna-zionale contemporaneo.

La Winter School offre a stu-denti, laureandi e giovani pro-fessionisti l 'opportunità dicostruirsi un percorso forma-tivo internazionale frequen-tando corsi brevi, della dura-ta di 15 ore ciascuno, su temiquali:

- Sviluppo , con un’analisiapprofondita delle caratteri-stiche e delle strategie diazione degli attori nonché deiprincipali settori di interventoe degli strumenti della coope-razione;

- European Affairs, con temiquali la riforma delle Istitu-zioni comunitarie, la Costitu-zione europea, il processo diallargamento, nonché le diver-se politiche europee in mate-ria di concorrenza, welfare,sicurezza comune e coopera-zione allo sviluppo;

- Interventi umanitari, perinquadrare il ruolo delle Isti-tuzioni preposte ad operare incontesti di emergenze causateda guerre, carestie o catastro-fi naturali;

- Atlante geopolitico , peranalizzare i temi più attualilegati ad aree di particolareinteresse in ambito interna-zionale, mettendone in luce le

caratteristiche storiche, poli-tiche, sociali, culturali ed eco-nomiche.

I primi corsi presentati nelmese di ottobre sono stati“Emergenze umanitarie”(corso base) e “Criminalità eterrorismo internazionale”,che hanno fornito l’uno indi-cazioni a chi si vuol avvicina-re al mondo dell’aiuto umani-tario internazionale e l’altro achi intende sviluppare le basiper una migliore comprensio-ne delle matrici sia ideologi-che che religiose del nuovofenomeno terrorismo.

Nel mese di novembre saran-no proposti due nuovi corsilegati a tematiche di grandeattualità: “Imprese responsa-bili per uno sviluppo sosteni-bile”, il 18 e 19 novembre, e“Analisi e prevenzione deiconflitti”, il 25 e 26 novem-bre.Il corso sullo sviluppo sosteni-

bile offre una panoramica sultema della responsabilitàsociale delle imprese, dallanascita del concetto all’attua-le dibattito internazionale.Attraverso la testimonianza dialcuni attori della cooperazio-ne internazionale vengonoanalizzati i nuovi equilibri e imeccanismi di dialogo traimprese e mondo no profitnonché gli effetti delle diffe-renze culturali, sociali e diregolamentazione sulle impre-se che operano a livello globa-le.Il corso “Analisi e prevenzio-ne dei conflitti” si propone difornire un approfondimentodei temi propri dei conflitti,passati e presenti , ed unapanoramica delle teorie chestudiano le cause delle guerrecivili e degli interventi di pre-venzione dei conflitti. Il con-cetto e l’applicazione di unapproccio preventivo, piutto-sto che reattivo, ai conflitti,rimangono infatti al centro

ISPI - Relazioni Internazionali 7

dell ’attenzione di governi,organizzazioni internazionalie ONG.In tutte le guerre, siano esselimitate nei confini di unoStato o transfrontaliere, qua-lora coinvolgano più Stati,ogni prevenzione che abbiauna possibilità di successodeve essere fondata su unarobusta analisi del conflitto,delle sue cause, dei suoi atto-ri, delle sue dinamiche.

Accanto a queste novità,saranno inoltre ripropostimolti dei corsi “storici” dellaWinter School dell’Ispi quali,ad esempio, “Project CycleManagement”, “Globalizza-zione e povertà” , “ONG e svi-luppo” e “Integrazione e Isti-tuzioni nell’Europa allarga-ta”. Tali corsi , pur con uncostante aggiornamento neicontenuti, sono stati ripropo-sti sistematicamente nel corsodelle cinque edizioni dellaWinter School e ottengono adogni loro edizione un impor-tante riscontro sia in terminidi iscrizioni che in termini diapprezzamento da parte deglistudenti.

Già in parte trattato in “Cri-minalità e terrorismo inter-nazionale”, il tema particolar-mente “caldo” della sicurezzainternazionale viene affronta-to anche in “Islam radicale esicurezza internazionale”che prevede un’analisi storicae dottrinale dell’espansionedel radicalismo islamico, dellesue motivazioni e delle sueconseguenze. Il corso si foca-lizza sul fenomeno del terrori-smo islamico e sul rischio del-l’uso di armi non convenziona-li, sul legame fra sicurezzainternazionale e risorse ener-getiche e su alcuni casi-Paese,esemplificativi dei nuovi con-testi geostrategici in Asia e inMedio Oriente.

Nell ’ambito della WinterSchool vengono inoltre propo-sti i diplomi part-time, per-corsi formativi di approfondi-mento di 75 ore sulle seguentiaree tematiche (cfr. grafico):• Emergenze e Interventi

Umanitari• European Affairs• Sviluppo e Cooperazione

Internazionale.

Per il diploma in “Sviluppo ecooperazione internazionale”

per esempio, sono previsti duecorsi obbligatori “La coopera-zione internazionale allo svi-luppo” e “Project cycle mana-gement” affiancati a corsi diapprofondimento come“Unione europea e sviluppo”,“Commercio equo e solidale”,“Microfinanza e sviluppo”,“Istituzioni Finanziarieinternazionali”, focalizzatisulle caratteristiche di singoliattori operanti nel complessomondo della cooperazione al

FormazioneADVANCED DIPLOMA – PROGETTO CINA

Lo scorso 27 settembre ha avuto inizio l’edizione autunnaledell’Advanced Diploma / Progetto Cina.L’iniziativa - promossa da Assolombarda, Fondazione Italia-Cina, Istituto nazionale per il Commercio Estero, UniversitàBocconi e Banca Popolare di Milano e che fa leva sull’espe-rienza acquisita dall’Istituto a partire dal 2002 con il corsoPostgraduate Certificate Business in China - è nata dallaconvinzione che la comprensione del “fenomeno Cina” (chesembra essere oggi una delle poche aree del mondo capacedi sostenere tassi di crescita elevati ad un ritmo costante)non può non essere preceduta ed accompagnata da un’ade-guata formazione. Anche questa seconda edizione è strutturata in due momen-ti di formazione:• un Advanced Diploma organizzato in collaborazione conIspi e coordinato dalla Professoressa Maria Weber, Univer-sità Bocconi e Senior Research Fellow dell’Ispi, che si basasull’esperienza acquisita dall’Istituto a partire dal 2002 conil corso Postgraduate Certificate Business in China. Obiettivo di questa prima fase è quello di approfondire siale caratteristiche generali del business climate cinese siagli aspetti più direttamente operativi (commercializzazionedelle merci e dei servizi, modalità degli investimenti esteri,problematiche e gestione di un’azienda in Cina). Tra gliinsegnamenti è, inoltre, previsto un corso base di linguacinese (mandarino). • un Progetto sul campo in Cina di sei mesi per i miglioristudenti del corso, preceduto da una fase preparatoria inItalia a cura delle aziende associate, e da un corso intensivodi lingua cinese, focalizzato sulla conversazione, che per-metta di acquisire ulteriori elementi di base che favorisca-no l’approccio con la realtà cinese.La fase d’aula di questa seconda edizione, che ha visto unincremento di partecipanti provenienti da facoltà scientifi-che (il 40% contro il 13% della prima edizione), terminerà ilprossimo 21 novembre. All’inizio di dicembre avranno poiinizio i colloqui dei partecipanti al corso con le impreseassociate. La seconda fase del Progetto, che coinvolgerà iselezionati, avrà inizio a gennaio 2006.

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fine di permettere una piùchiara e completa compren-sione delle dinamiche d’inter-vento che lo caratterizzano.Per il diploma in “Emergenzee interventi umanitari” inve-ce, è previsto, accanto alcorso base obbligatorio“Emergenze Umanitarie” uncorso avanzato che, attraversola sua impostazione marcata-mente tecnica e la presenta-zione di molteplici case stu-dies e di lavori di gruppo,chiarisca gli aspetti caratteri-stici della progettazione degli

interventi umanitari in conte-sti d’emergenza degli attoriinternazionali coinvolti, delleprofessionalità richieste edelle strategie di gestione efinanziamento degli interven-ti. In questa stessa area tema-tica, per venire incontro adesigenze formative semprepiù specifiche, si è deciso infi-ne di introdurre una nuovaforma di diploma, più articola-ta e più operativa. E’ in questaottica che si è decisa l’attiva-zione di un Advanced Diplo-ma voluto per soddisfare la

crescente domanda di un pub-blico sempre più interessatoad approfondire gli aspettioperativi e concreti del lavorosul campo.Il diploma in “EuropeanAffairs”, pur essendo il più“giovane” tra quelli proposti(introdotto solo a partiredalla Winter School2003/2004), raccoglie già il24% degli iscritti ai diplomi eriproporrà, per l ’edizione2005/2006, la struttura ormaiconsolidata, che prevede l’ob-bligo di frequentare due corsidi inquadramento sulla strut-tura economica e istituzionaledell’Unione, ai quali si affian-cano poi corsi legati ad aspet-ti più specifici della politicacomunitaria.I dati relativi al numero diiscritti hanno rilevato uncostante incremento di parte-cipanti ai diplomi, a riprova diun crescente interesse per ipercorsi formativi più artico-lati e completi (cfr. grafico).Si è voluto pertanto valorizza-re la proposta formativa intro-ducendo, a partire dall’annoaccademico 2004/ 2005, unaprova di valutazione finaleche tutti gli studenti devonosostenere alla fine del quintocorso e che verrà ripropostaanche nell ’edizione2005/2006.I diplomi e parte dei singolicorsi erano stati propostianche nell’ambito della Sum-mer School 2005 che, anchequest’anno, ha visto la parte-cipazione di circa 500 personeai 22 corsi organizzati.Da segnalare infine, cheanche quest’anno è stata rin-novata la Convenzione ISPI-Bocconi, che consentirà a 100studenti di questa universitàdi partecipare gratuitamenteai corsi ISPI, ottenendo credi-ti formativi.

ADVANCED DIPLOMA “EMERGENCIESAND HUMANITARIAN ASSISTANCE”L’offerta formativa estiva dell’Ispi ha quest’anno presentato,accanto ai tradizionali corsi brevi della Summer School, laprima edizione dell’Advanced Diploma “Emergencies andHumanitarian Assistance”.

Il programma – articolato in tre moduli didattici – ha forni-to gli strumenti necessari per poter operare nelle missioniinternazionali di aiuto umanitario, focalizzando l'attenzio-ne sugli aspetti concreti del lavoro sul campo e sulla neces-saria interazione tra gli attori coinvolti.

Alle sessioni di Working in conflict, corso svoltosi a Milanoil 17 e 18 giugno, si sono susseguiti i corsi Coordination ofthe multilateral response to humanitarian crises e Huma-nitarian assistance following major natural disasters, chehanno avuto luogo presso il John Knox Centre di Ginevra dal4 all’8 luglio.

La peculiarità di tali moduli, riservati a coloro che avevanoprecedentemente frequentato il Diploma base o presentava-no già alcuni anni di esperienza in questo settore, è dataproprio dalla possibilità di interagire nello “stimolante” con-testo ginevrino con una faculty costituita unicamente dafunzionari internazionali attualmente impegnati nellagestione di interventi umanitari e poter avere testimonianzadella loro diretta esperienza nelle operazioni di manage-ment dell’emergenza.

I partecipanti all’Advanced Diploma hanno così avuto mododi approfondire alcuni degli aspetti più critici legati allesfide che gli operatori umanitari si trovano quotidianamentead affrontare nelle cosiddette “emergenze complesse”, siain contesti di guerra che a seguito di catastrofi naturali.Dalla protezione delle vittime alla sicurezza personale, dalletecniche di negoziazione e mediazione alla gestione degliaspetti amministrativi e legali delle emergenze, concentran-do l’attenzione anche sulla necessità, sempre maggiore, dicoordinamento tra gli attori (governativi e non) che opera-no sul campo.

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Convegno

“LE STRADE VERSO LA LIBERTÀ.25 ANNI DI SOLIDARNOSC”

Lo scorso 24 ottobre si è tenutoa Palazzo Clerici il convegno“Le strade verso la libertà”,organizzato dal ConsolatoGenerale Polacco a Milano,dalla Regione Lombardia e dalCircolo Culturale Italo-Polaccoin Lombardia in collaborazionecon l’Ispi per celebrare il 25°anniversario della nascita diSolidarnosc, il primo sindacatolibero creato in Polonia ediventato presto una sfidaall’impero sovietico.L’incontro si è aperto con i salu-ti introduttivi di Gabriele Alber-tini, Sindaco di Milano, che haricordato gli avvenimenti chehanno portato, nell’agosto del1980, allo sciopero degli operaidei Cantieri Navali “Lenin” diDanzica e alla nascita del Sin-dacato Indipendente e Autoge-stito Solidarnosc, avvenimentiche hanno rappresentato unmomento di svolta nella storiadel dopoguerra per tutti i paesidell’Europa centro-orientale.Albertini, come in seguito tutti irelatori, ha sottolineato il signi-ficato che ha avuto Solidarnoscnon solo in Polonia, ma nell’Eu-ropa intera, dimostrando comel’unione e la compattezza dimolti hanno potuto far frontealla tirannide di pochi e ha defi-nito il sindacato un “chiavistel-lo grazie al quale si è aperta laporta alla libertà e all’unionedell’Europa”.Sono poi intervenuti BorisBiancheri, Presidente dell’Ispi,che ha letto una lettera scrittaper l’occasione da Lech Walesa,fondatore di Solidarnosc, Pre-mio Nobel per la pace ed expresidente della Repubblicapolacca; Michal Radlicki Amba-sciatore della Repubblica diPolonia in Italia; AntonellaMaiolo Sottosegretario alla Pre-sidenza della Regione Lombar-dia per i Diritti ai Cittadini ePari Opportunità; Barbara Trez-zani Presidente del Circolo Cul-turale Italo-Polacco in Lombar-dia.Dopo i saluti introduttivi si èsvolta la Tavola Rotonda, mode-rata da Cesare Cavalleri, Diret-

tore delle Edizioni Ares, allaquale hanno partecipato: MarioCervi, Giornalista e Storico,Hanna Suchocka, Ambasciatoredella Repubblica di Poloniapresso la Santa Sede; GiorgioBasaglia, Consigliere del Mini-stro per i Beni e le Attività Cul-turali.Aspetto fondamentale, sottoli-neato sia durante i saluti intro-duttivi sia dai relatori dellaTavola rotonda, è stato il ruologiocato da Papa Giovanni PaoloII e dal suo grido di speranza“Non abbiate paura”, pronun-

ciato all’inizio del suo pontifi-cato. Tutti hanno concordatonell’affermare che lo strettolegame tra Giovanni Paolo II ela Polonia ha reso Solidarnoscnon semplicemente un sindaca-to di rivolta, ma un vero e pro-prio movimento etico fondatosu una profonda radice cristia-na, una rivoluzione pacifica,basata sulla non violenza, sullasolidarietà, sulla fiducia e sullasperanza. Grazie all’appoggiodel Papa, in Polonia “lottare epregare è diventato la stessacosa”.

Tavola Rotonda“L’IRAQ DOPO LA COSTITUZIONE”

Molte luci e ombre accompagnano il risultato del referendum irache-no sulla Costituzione europea e, più in generale, la situazione irache-na corrente anche in relazione al quadro politico regionale e sullapolitica estera americana.A tale proposito, nell'ambito del ciclo di incontri Commentiall'attualità, si è tenuto lo scorso 24 ottobre presso l’Ispi la TavolaRotonda “L’Iraq dopo la costituzione”, a cui sono intervenuti:Alessandro Colombo, Docente dell’Università degli Studi di Mila-no e Direttore dell’Osservatorio Sicurezza e Studi Strategici dell’I-spi; Vittorio Emanuele Parsi, Docente dell’Università Cattolica delSacro Cuore di Milano; Riccardo Redaelli, Docente dell’UniversitàCattolica del Sacro Cuore di Milano e Senior Research Fellow del-l’Ispi. Ha moderato l’incontro Franco Zallio, Direttore GlobalWatch - Ispi.Al referendum costituzionale del 15 ottobre ha preso parte il 78%degli aventi diritto; i risultati evidenziano la natura etnica-confes-sionale delle posizioni espresse dai votanti: in ben 13 dei 18 gover-natorati, i voti a favore o contrari alla costituzione hanno infattisuperato il 90% del totale. Tutti i governatorati a maggioranza sciitao curda hanno approvato la costituzione, mentre quelli a maggio-ranza sunnita l’hanno respinta, ma soltanto in due di essi i voti con-trari hanno raggiunto la soglia dei due terzi. Non è dunque scattatala regola – originariamente introdotta per tutelare i curdi – secon-do cui la costituzione non sarebbe entrata in vigore se in almenotre governatorati fosse stata respinta da due terzi dei votanti. Il successo del referendum permette di rispettare il fitto calenda-rio elettorale previsto, che fissa per il prossimo 15 dicembrenuove elezioni parlamentari, a cui seguirà la nascita del primogoverno costituzionale. Si tratterà ora di vedere se il processoelettorale riuscirà a superare le logiche etnico-confessionali perassumere un significato esplicitamente politico-sociale.La natura federale della Costituzione irachena rappresenta inogni caso un importante segnale per la regione, indicando unastrada per superare il diffuso nazionalismo dispotico. Allo stessotempo, la vicenda irachena crea impreviste difficoltà alla politicaestera statunitense, specialmente per quanto riguarda la visionetrasformativa dell’ordine internazionale, l’unilateralismo (che sirivela avere costi assai più elevati delle attese) e le alleanze regio-nali preesistenti (con la Turchia e i paesi arabi).

Convegno

“VERSO UNA POLITICA ESTERA EUROPEA?UN CONFRONTO TRA ITALIA E GERMANIA”A fine ottobre, presso il CentroItalo-Tedesco Villa Vigoni, si èsvolto il tradizionale ColloquioVigoni, dedicato quest’anno altema Il futuro della politicaestera e di sicurezza europea.I punti di vista di Italia eGermania; quest’anno l’Ispiha partecipato direttamentealla organizzazione scientificadel Colloquio, insieme a VillaVigoni e allo IEP, l’Istituto diPolitica Europea di Berlino,con il quale l’Ispi organizza ilForum italo-tedesco e ha unalunga consuetudine di collabo-razione.Le due giornate di lavoro sonostate molto intense e hannopermesso di approfondiretematiche complesse, quali lepossibili vie d’uscita dalla crisicostituzionale europea, il futu-ro del Ministro degli Esteri del-l’Unione e del Servizio EsteriEuropeo, le possibilità di unacomune politica estera e delladifesa dell’Unione Europea, leprospettive dell’allargamento edella politica di vicinato. Laricerca di un terreno comuned’intesa, al di là delle divergen-ze su alcune scelte di politicainternazionale, e di un nuovopossibile significato delle rela-zioni italo-tedesche per unaripresa della politica europea:questo è stato il filo conduttoredell’incontro, che ha permessodi delineare una ideale agenda– evidentemente solo nel qua-dro di un confronto di studio -di taluni problemi di politicaestera e internazionale, di fron-te ai quali si troveranno ilnuovo governo della Repubbli-ca Federale di Germania equello italiano, che uscirà dalleelezioni della primavera 2006.Punto principale di riferimentodi questa ideale agenda è laPresidenza dell’Unione, chespetterà nel primo semestre2007 – in un momento di gran-de rilievo della politica europea– alla Repubblica Federale.

Qualunque politica europeanon può essere riattivata senon si prende consapevolezzadella difficile situazione di crisie di impasse, nella quale l’U-nione Europea versa dopo irisultati dei referendum inFrancia e in Olanda: pur condiverse sfumature è apparsoperò chiaro che Italia e Germa-nia, le quali hanno già ratifica-to il Trattato Costituzionale,devono continuare a lavorareper l’ulteriore sviluppo del pro-cesso di ratifica. Solo successi-vamente, una volta consideratacon attenzione la situazionecreatasi, potranno essere consi-derate altre alternative, checerto possono essere già messeallo studio; interrompere inanticipo il previsto processo diratifica non avrebbe altro risul-tato che quello di un ulterioreaggravamento della crisi inatto. Dalla situazione di crisinon si può però uscire se non siintensificano intanto tuttequelle forme di collaborazioneeuropea che sono comunquegià possibili all’interno dei trat-tati esistenti; il campo di lavoroè veramente molto ampio, eItalia e Germania, sulla basedel loro tradizionale rapportoche impone loro – come èstato notato – dei compitiaddizionali rispetto alla loroposizione in Europa, possonofornire un importante contribu-to per infondere nuovo vigore eslancio all’Unione. Ciò puòavvenire anche se è difficile

attendersi mutamenti sostan-ziali della politica estera deidue Paesi dopo il formarsi delnuovo governo tedesco e leprossime elezioni politiche inItalia; non appare però impre-vedibile un mutamento diaccenti, che può aprire spazinuovi soprattutto se si sapràquanto prima intensificare lapropria collaborazione di fron-te ai tanti compiti concreti chenon possono in ogni caso essereelusi. Un’indicazione è emersada questo incontro italo-tede-sco: dalla circospezione, quasidal timore iniziale verso laprofondità della crisi europea everso alcuni motivi di raffred-damento nelle relazioni tra Ita-lia e Germania, il dibattito èandato crescendo e ha trovatomotivi di incoraggiamento con-statando molte possibilità diconvergenza e collaborazione.L’impressione che se ne puòcosì trarre, senza indurre afacili generalizzazioni, è chel’intensificazione e l’accelera-zione nella collaborazione quo-tidiana e concreta tra duePaesi fondatori possano arreca-re un contributo significativoper risolvere o sminuire l’im-patto di talune contrapposizio-ni di fondo - quali quella traapprofondimento o allargamen-to, identità comune o area discambio, Trattato Costituziona-le o Nizza-Plus, ricostruzionedell’occidente o antiamericani-smo, che caratterizzano oggi ildibattito europeo.

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Da sinistra: Antonio Puri Purini, Carlo Secchi, Jurgen Trumpf

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L’ADESIONE DELLA TURCHIA:UN PROBLEMA MAL POSTO

suoi territori a nord del Bosforo) pos-sono fare domanda di adesione, madevono impegnarsi a soddisfare tre cri-teri, noti come "criteri di Copenha-gen", dal Consiglio europeo che nel1993 li mise a punto. I primi due crite-ri, uno politico e uno economico, devo-no essere soddisfatti dal paese candi-dato quale condizione necessaria perl’avvio formale dei negoziati. Il criteriopolitico impone che il paese candidatodebba essere una democrazia dotata diistituzioni stabili, che rispetta i dirittiumani e le minoranze. Il criterio eco-nomico prevede che il paese candidatoabbia una economia di mercato funzio-nante, in grado di far fronte alle pres-sioni competitive del mercato internoeuropeo. Una volta soddisfatti entram-bi, a insindacabile giudizio della Com-missione, l’Unione decide all’unani-mità l’avvio di negoziati bilaterali voltial rispetto di un terzo criterio per l’a-desione, ossia l’incorporazione nel cor-pus legislativo del paese candidato ditutte le norme giuridiche che discipli-nano il funzionamento del mercatounico in Europa (il cosiddetto acquiscommunautaire). Chiuso questo pro-cesso, la cui durata non è definita,tutti i membri dell’Unione Europea e ilpaese candidato devono formalmenteratificare (con voto parlamentare oattraverso referendum popolari) l’ade-sione del nuovo Stato. Nell’ottobre2004, la Commissione europea ha rite-nuto che la Turchia, a seguito delleriforme varate dal governo Erdogan,soddisfi i primi due criteri, politico edeconomico. Nel dicembre 2004 i capidi Stato e di governo dell’Unione Euro-pea hanno dunque deciso all’unani-mità di avviare, appunto da ottobre2005, i negoziati per l’adesione della

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A distanza di circa 40 anni dalle primerichieste avanzate dai turchi, sono uffi-cialmente partiti lo scorso ottobre inegoziati per l'adesione della Turchiaall'Unione Europea. Negli ultimi mesisi sono susseguiti – e con ogni probabi-lità si ripeteranno negli anni a venire -numerosi dibattiti sull’opportunità omeno di accettare la Turchia in Euro-pa. Ridotta ai minimi termini la que-stione è stata posta in questo modo:sei contrario o favorevole all’ingressodella Turchia in Europa?Si tratta evidentemente di un quesitomal posto che rischia di travolgere l’a-desione turca, così come il referendumin Olanda e Francia ha travolto il testodella Costituzione europea. In entram-bi i casi infatti si corre il rischio diessere schiacciati dallo “status quo”.Nel caso del referendum infatti il nodei cittadini non è stato tanto un noall’Europa, quanto piuttosto un noall’odierna Europa a 25 che la Costitu-zione ha cristallizzato nel propriotesto, non avendo la forza di pensaread una nuova Europa frutto dell’era

della globalizzazione (e non più dellaseconda guerra mondiale). Anche nelcaso dell’adesione della Turchia sirischia di essere vittime dello “statusquo”. Il problema infatti non è tantol’adesione o meno della Turchia, quan-to quello di definire in quale Europa laTurchia dovrebbe fare il proprioingresso. Il nostro timore è che l’in-gresso della Turchia nell’Europa dello“status quo” – ovvero nell’Europa enelle Istituzioni comunitarie di oggi –sia controproducente non solo per l’U-nione europea ma anche per la Turchiastessa (le cui aspettative potrebberoessere clamorosamente deluse).

I 3 criteri di adesionePrima di procedere ad una valutazioneoggettiva di questi timori, riteniamosia essenziale partire dal quadro in cuisi inserisce l’adesione turca e dallecondizioni che sono state poste perl'avvio delle trattative. L’adesioneall’Unione Europea comporta vari pas-saggi istituzionali: tutti i paesi "euro-pei" (inclusa la Turchia, in virtù dei

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Turchia, affinché il paese si avvii aincorporare al proprio interno tutta lalegislazione in vigore nell’Unione Euro-pea. Fin qui, si potrebbe argomentare,niente di strano: si tratta della stessaprocedura formalmente seguita negliscorsi anni per l’adesione all’UnioneEuropea degli otto nuovi Stati dell’Eu-ropa centro-orientale più Malta eCipro, e attualmente in corso di defini-zione finale con Bulgaria e Romania.Tuttavia sono in molti a ritenere chedal punto di vista sostanziale l’adesio-ne della Turchia sia qualcosa di diver-so dagli altri allargamenti ai paesi del-l’Europa centro-orientale (Peco)

Il confronto tra paesi PecoeTurchia Tale diversità la può dimostrare unasemplice analisi oggettiva condotta suiprimi due criteri di Copenhagen. Talicriteri fanno riferimento a giudizimolto generali (democrazia "stabile",economia di mercato "funzionante"),che tuttavia possono essere quantifica-ti attraverso una analisi statistica, edunque confrontati in termini più omeno "scientifici". Partendo da uninsieme di variabili1 che misurano ilgrado di efficienza delle istituzionipolitiche ed economiche, si può effet-tuare una analisi fattoriale sulle stes-se, ossia identificare due o tre indica-tori che, essendo legati a tutte le altrevariabili, da soli rappresentano inlarga misura il criterio che si vuoleanalizzare. Ad esempio, facendo taleanalisi sui dati di Polonia e Romania,si trova che in larga parte il criteriopolitico viene colto dalle variabili lega-te agli indicatori di corruzione perce-pita e indice delle libertà civili, mentre

il criterio economico è colto in largamisura dalla composizione settorialedel prodotto interno lordo (quanto lostesso risulti più o meno ancorato alsettore agricolo) e dalla incidenzadegli investimenti diretti esteri sultotale del Pil2 . Confrontando poi taliindicatori per la media dei Peco e perla Turchia nel tempo, si può tentare dicapire se, al momento dell’avvio deinegoziati di adesione nel 1998, questipaesi erano più o meno nelle stessecondizioni della Turchia di oggi. Comesi può notare dai grafici, le differenzesono evidenti. Allo stato attuale, pertutte le variabili considerate, la Tur-chia risulta molto più indietro di quan-to non fossero, nel 1998, i paesi del-l’Europa centro-orientale. Eppure, laCommissione europea nell’ottobre2004 ha dato luce verde all’avvio deinegoziati, cui ha fatto seguito, all’una-nimità, la decisione dei governi dei 25Stati membri. Si tratta di un clamorosoabbaglio? Probabilmente no, poiché, a

leggere tra le righe della decisione,appaiono differenze significative tra ilcaso turco e quello dei paesi dell’Euro-pa centro-orientale. La Commissioneeuropea ha chiarito infatti che nelcaso turco verranno avviate sì le proce-dure, ma "i necessari preparativi perl’adesione dureranno fino al prossimodecennio". Inoltre, la Commissioneafferma che "per sua stessa natura, sitratta di un processo il cui esito nonpuò essere determinato o garantito inanticipo". Insomma, si sa quando siinizia, ma non si sa quando, e soprat-tutto se, si finisce. In alcuni settorichiave, che di fatto reggono il mercatounico europeo, come le politiche strut-turali e l’agricoltura, la Commissioneritiene poi che "possono essere neces-sarie intese specifiche", ossia che ilmercato europeo sarà unico, ma conl’eccezione specifica della Turchia.Infine, si ritiene che per la libera cir-colazione dei lavoratori, una dellequattro libertà fondamentali del mer-cato interno, "possono essere conside-rate misure di salvaguardia permanen-ti", che la limitino dunque per sempre.–––––––––––––––––––––––––––––1 Variabili quali indici di libertà delle istituzio-ni, di corruzione, di stabilità governativa, pesodel settore pubblico, inflazione, crescita, com-posizione settoriale del Pil, variabili di finanzapubblica, tasso di cambio eccetera, sono tuttemisurate dalle istituzioni internazionali (adesempio, World Bank ed Imf) in serie storica eper vari paesi.2 Gli indicatori scelti spiegano oltre l’80 percento della varianza delle variabili politiche(dodici variabili iniziali) e di quelle economi-che (venti variabili iniziali). Ad esempio, taliindicatori mostrano la sostanziale differenzatra Polonia e Romania al 1998, anno in cui la

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(in altri termini sullo “status quo” acui accennavamo all’inizio).Le nostre considerazioni al riguardonon possono che partire dalla analisidella crisi che l’UE sta attraversandoin questi mesi. Tale crisi è particolar-mente profonda e complessa in quantoè, al contempo, crisi economica, crisidi leadership, di identità e di identifi-cazione. Ed è proprio in questo conte-sto che deve inevitabilmente inscriver-si il dibattito sull'adesione della Tur-chia. Il no francese e olandese hannoinfatti fornito un chiaro messaggiopolitico: la gente ha perso fiducia nontanto nel testo di Costituzione europea(che risulta ai più pressoché scono-sciuto) quanto nella odierna UE a 25.E' innegabile infatti che i cittadini per-cepiscano una distanza geografica,"culturale" e addirittura religiosa giàall’interno della stessa UE a 25, distan-za che inevitabilmente aumenterà conl’ingresso della Turchia. In altri termi-ni, il cittadino europeo è definitiva-mente uscito da una "psicologia diguerra fredda", in cui il rafforzamentointra-sistemico (anche all'internodella UE) era necessario e funzionaleal successo a livello inter-sistemico(nella contrapposizione fra bloccooccidentale e quello sovietico), perentrare in uno scenario globalizzato,rispetto al quale le Istituzioni europeenon sono ancora in grado di dare rispo-ste coerenti. Da qui i rigurgiti naziona-listi e un crescente populismo chesembra attraversare molti paesi euro-pei.Nell'era della globalizzazione i cittadi-ni percepiscono dunque un senso divulnerabilità che trova più risposte alivello nazionale o sub-nazionale (in

cui peraltro sono concentrate le politi-che di welfare) che a livello europeo.La paura dei cittadini europei di per-dere una posizione di privilegio spingead allontanare chi è percepito comedistante e "diverso". Ciò è valido sianel caso del recente allargamentoche, “a fortiori”, nel caso della Turchia.Nell’Europa di oggi, dunque, il proble-ma della "distanza" percepita dal citta-dino va la di là del classico deficitdemocratico dell’Unione, fino a tradur-si in una crisi di identificazione con leIstituzioni comunitarie (aggravata daun “corto circuito informativo” tra que-ste e i cittadini, e da un “blame-game”che accomuna diversi governi europei)e in una crisi di identità, per cui non sipercepiscono più con chiarezza gliideali e gli interessi che stanno allabase della costruzione europea.In tale ambito un approfondimentoparticolare merita la questione religio-sa. Ciò che solleva dubbi nel casoturco, a nostro parere, non è e nonpotrà essere – è bene sottolinearlo - ilfatto che si parli dell’adesione di unpaese musulmano. Lo stesso preambo-lo della Costituzione europea non haincluso le radici giudaico-cristiane e,quand'anche l'avesse fatto, ciò nonavrebbe comunque precluso l'ingressoad un paese musulmano. Quello cheinvece preoccupa è il fatto che il prin-cipio "libera Chiesa in libero Stato",tipico di tutti i paesi europei, non trovaapplicazione in Turchia. Dal punto divista formale, la laicità dello statocostituisce ancora uno dei principi car-dini della Repubblica turca. Nelpreambolo della Costituzione in vigoredal 1982 e nell' art. 24 paragrafo 4della stessa si "vieta ogni tentativo di

Commissione certificò l’avvenuto rispetto deiprimi due criteri di Copenhagen da parte dellaPolonia, ma non della Romania. –––––––––––––––––––––––––––––

L'opportunità dell'adesioneDate queste eccezioni che implicita-mente riconoscono le difficoltà susci-tate dal caso Turchia, perché alloraostinarsi a proseguire sulla strada del-l’adesione? Motivazioni di vario tipo,ma principalmente di carattere geopo-litico, spingono verso l'ulterioreampliamento dell'Unione. La logica èpiuttosto semplice: con la Turchia (giàmembro Nato), l’Unione entra a pienotitolo da protagonista in un’area geo-grafica strategica per i futuri equilibrimondiali. Inoltre, si vuole avvicinare laTurchia all’Unione nel timore chediversamente questa possa rivolgersiverso i suoi vicini (considerati “perico-losi” dagli europei). Questo ragiona-mento, che ha il pregio della sempli-cità e della chiarezza, nasconde peròuna clamorosa debolezza dell’Unioneeuropea, ovvero la sua annosa incapa-cità di avere una vera politica estera.Difendere i propri confini annettendoo conquistando il vicino scomodo èinfatti una caratteristica tipica dellegrandi potenze del passato, dalle“poleis” greche all’Impero romano,dall’Impero asburgico all’Unione sovie-tica. L’Unione europea non è però unImpero, ma è costretta a ricorrere aquesta logica imperiale per far frontead una politica estera comune resainefficace e impossibile da governaredalla ferrea regola della unanimità.Accettare l’idea dell’ingresso della Tur-chia sulla base di un mero calcolo geo-politico postula, implicitamente, ilriconoscimento che la UE non è ingrado di usure i mezzi di una vera poli-tica estera ed è quindi costretta a sop-perire a tale mancanza con un conti-nuo ampliamento dei propri confini.Lo stesso problema si ripresenteràperaltro con altri paesi (ad esempiol’Ucraina) che – seguendo la stessalogica – sarà prima o poi inevitabileinglobare.Ma anche a prescindere dal ragiona-mento puramente geopolitico, vale lapena soffermarsi sugli effetti che l’ade-sione turca potrebbe avere sull'attualearchitettura istituzionale dell'Unione esulle sue odierne dinamiche politiche,sia a livello nazionale che comunitario

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abusare della religione". Tale rigoreformale viene tuttavia tradito nellapratica. Lo Stato, infatti, tramite unasua istituzione (la Presidenza degliaffari religiosi) gestisce l'organizzazio-ne della vita religiosa, amministra ibeni religiosi e finanzia il personaleaddetto al culto. E' dalla Presidenzadegli affari religiosi che dipendonoquindi gli imam e tutti gli altri funzio-nari religiosi addetti alle moschee divillaggio e di quartiere. Per dirla neitermini espressi da Emre Okten, pro-fessore di diritto internazionale allaGalatasaray University "è accaduta unacuriosa osmosi. Il politico è penetratonel religioso per controllarlo meglio,ma il religioso ne ha approfittato perintrodursi nell’apparato statale”.Al di là della questione culturale e reli-giosa, altri elementi spingono versouna grande cautela, qualora l’adesioneturca abbia luogo nell’UE dello “statusquo”. Il primo riguarda il numero diabitanti della Turchia. Il tasso di cre-scita annuo della popolazione in Tur-chia e dell'1,2%, mentre in Germania èdello 0,1 (fonte Encarta). Consideran-do anche la dinamica del tasso di mor-talità (6 morti per mille abitanti inTurchia , 10 morti per mille abitanti inGermania), entro la data di adesionedella Turchia (non prima di 10 anni)quest'ultima sarà verosimilmente piùpopolosa della Germania (attualmente82 milioni di abitanti). Inoltre, questimilioni di nuovi cittadini, a oggi, godo-no di un reddito pro-capite pari ameno del 20 per cento di quello medioeuropeo. Tutto ciò rischia di avereripercussioni di grande entità sia sulConsiglio che sul Parlamento. Nelprimo caso infatti vale la pena ricorda-re che il sistema di voto a maggioranzaqualificata previsto nel testo di Costi-tuzione europea (60% della popolazio-ne europea e 50% degli Stati membri)probabilmente verrà introdotto daipaesi membri anche se la Costituzionenon verrà ratificata, al fine di migliora-re l’efficienza decisionale del Consiglio(espressa in termini di probabilità diapprovazione di una proposta qualsia-si). Questo significa che il peso che laTurchia potrà esercitare in seno alConsiglio sarà fortissimo, tanto chepotrebbe addirittura superare quellotedesco. Risultati del tutto simili siraggiungerebbero nel Parlamentoeuropeo. Le dinamiche demografiche

sopra ricordate renderebbero infatti laTurchia il paese con il maggior numerodi seggi. Inoltre è difficile prevederel'impatto dell'ingresso turco sul siste-ma partitico europeo. I partiti turchiinfatti potrebbero incontrare difficoltànell’identificarsi con gli odierni gruppiparlamentari in ragione della stessa"laicità" che da sempre caratterizzal'azione del Parlamento (ci riferiamo,in particolare, al rapporto “individuo-società”, più che a quello “Stato-Chie-sa”, che ha ripercussione rilevanti sutemi quali l'uguaglianza uomo-donna,omosessualità, ricerca genetica ecc.).Chiaramente, non intendiamo discute-re sulla opportunità o meno di unaridotta "laicità" del Parlamento. Ciòche invece ci preme rilevare è che la"laicità" ha rappresentato negli ultimidecenni uno strumento a disposizionedel Parlamento europeo per acquisirecredibilità, centralità politica e, inultima analisi, nuovi margini di poteresia nei confronti delle altre Istituzionicomunitarie, sia nei confronti deipaesi membri. Quindi una ridotta “lai-cità” si tradurrebbe a lungo andare inun minor potere del Parlamento emodificherebbe in maniera sostanzialeil ruolo che esso stesso si è guadagnatonegli ultimi decenni.Da queste considerazioni emergonocon chiarezza delle preoccupazionilegate, come osservato all’inizio, nontanto all’adesione della Turchia, quan-to al tipo di Unione a cui la Turchiadovrebbe aderire.

ConclusioniIl problema dell’ingresso della Turchiaè dunque intimamente legato al dibat-tito sul futuro della UE. L’adesionedella Turchia all’Unione europea cosìcome essa è oggi (ed è prevista daltesto della Costituzione europea) sem-bra sconsigliabile per i motivi sopraesposti. Se si vuole veramente integra-re la Turchia nell’UE, è allora necessa-rio procedere anzitutto ad una profon-da revisione dell’Unione in modo darenderla capace di competere nel con-testo globale e di dare risposte chiaree convincenti ai cittadini che chiedonomeno Europa in alcuni campi (si pensiai problemi legati all’eccesso di regola-mentazione) ma che auspicano piùEuropa in altri campi (come nel casodella politica estera e di difesa). Soloquesto percorso parallelo di allarga-

mento e approfondimento, come giàaccaduto nel caso del passaggio da 15a 25 Stati membri, garantirebbe infattiil successo dell’adesione turca all’U-nione. Le soluzioni che si potrebberotrovare al riguardo sono numerose, maquella che appare probabilmente piùpercorribile è l’ipotesi dell’Europa a“più velocità”. In questo contesto alcu-ni paesi potrebbero accordarsi per unrafforzamento della loro unione politi-ca (che includa anche la maggioranzaqualificata nel campo della politicaestera). Il primo gruppo potrebbe esse-re rappresentato dai paesi dell’AreaEuro che hanno sicuramente molto daguadagnare da un rafforzamento deiloro legami. Tali paesi agirebberocome un unico grande attore – nellematerie in cui decideranno di farlo –nei confronti degli altri paesi membrie all’interno delle Istituzioni comuni-tarie. In questo modo si supererebberomolti problemi di identità e di identifi-cazione sopra ricordati, senza però farcrollare l’intero costrutto europeo, inquanto le Istituzioni rimarrebbero lestesse per tutti i paesi. In questa nuovaEuropa l’ingresso della Turchia e dialtri paesi non solo non sarebbe dan-noso ma sarebbe anche auspicabile,nella misura in cui contribuirà adaccrescere il peso dell’Unione sulloscacchiere internazionale.Invece nell’Europa dello “status quo”.quella del possibile allargamento allaTurchia senza approfondimento, da unlato continuiamo a sostenere con gliamici turchi che stiamo negoziando laloro piena adesione all’Unione Euro-pea, chiedendo loro i sacrifici necessa-ri per adattare la struttura economico-giuridica del paese al nostro contestolegislativo. Dall’altro, tranquillizziamoi nostri inquieti concittadini nascon-dendoci dietro formule che, se il con-senso politico dovesse mancare, pos-siamo all’occorrenza tirare fuori dalcilindro. Una sola domanda: comeinsegna John Maynard Keynes nel suosaggio "The Economic Consequencesof the Peace", a commento del Trattatodi Versailles del 1919, non è forse peri-coloso gestire le relazioni tra Statisovrani con questa elevata dose diambiguità?

Carlo AltomonteRicercatore Associato Ispi

Antonio VillafrancaRicercatore Ispi

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In materia di regole e vigilanza finan-ziaria l’Italia ha vissuto un periodo dif-ficile e controverso. Il varo di una nuovalegislazione sul risparmio, che rimedianche ai problemi emersi dagli scanda-li Cirio e Parmalat, si è rivelato più dif-ficile di quanto si poteva pensare. E’ poinata una questione Banca d’Italia conuna crisi del consenso alla persona delGovernatore. Al di là dell’evolvere diqueste vicende nel breve andare èopportuno domandarsi qual è il lorosignificato strutturale e come le que-stioni della regolamentazione e dellavigilanza finanziaria andranno ponen-dosi nel lungo periodo.La risposta è che sono questioni chehanno radice e soluzione in Europa eche non ha senso trattare su scalameramente nazionale. Le debolezzedella nostra legislazione sono emersein seguito all’internazionalizzazionedei mercati finanziari. Qualunqueriforma che non si saldi coerente-mente in un quadro europeo è ineffi-cace e inutile. Anche il problema delGovernatore è nato in seguito a deci-sioni relative all’acquisizione dall’e-stero di banche italiane.Il significato strutturale dei nostriproblemi va dunque rintracciato nellatensione fra un mercato finanziariosempre più integrato e globale e unaserie di regole e di autorità che sonoancora segmentate dai confini nazio-nali. La domanda importante diventaallora: dove sta andando la coopera-zione internazionale nella regolamen-tazione e nella vigilanza sui mercatifinanziari? Alcuni passi molto importanti si stan-no compiendo e si accumula pressio-ne perché si facciano presto balzi inavanti più importanti. L’avvenimento principale prende ilnome di “Basilea II”. Sta giungendo amaturazione un nuovo assetto di con-trollo dei rischi bancari e nuove rego-le che riguardano la quantità minimadi capitale che le banche devonoavere per affrontarli, le modalità concui le autorità di vigilanza controllanoil loro “risk management” e quelle concui le banche devono comunicare ai

mercati le informazioni necessarie avalutare la loro rischiosità. Basilea IIè un processo di cooperazione e armo-nizzazione che ha luogo a livello mon-diale. Le sue conclusioni vengonorecepite dall’UE con una direttiva cheha praticamente concluso il suo iterdi approvazione. L’Europa è in primalinea nel promuovere e applicare lariforma. Si è anzi creata tensione fral’UE e Usa perché gli americanimostrano di voler procedere menospeditamente, più timorosi di distur-bare le gestioni bancarie più conser-vatrici. Nell’esercizio di diplomaziafinanziaria per risolvere tale tensionele autorità europee hanno un’opportu-nità per rinsaldare la loro concerta-zione, preziosa perché i nostri opera-tori e mercati finanziari vedano sup-portato il loro ruolo e la loro competi-tività globale. Un altro avvenimento da sottolineareè la conclusione del cosiddetto“Financial Service Action Plan”(FSAP) con cui la Commissione haintrodotto una serie di direttive permodernizzare e armonizzare le legi-slazioni finanziarie dei Paesi membri.Le direttive programmate sono statevarate e molte adottate dai Paesimembri. In alcuni casi, come in quel-lo della direttiva sulle OPA, si trattaperò di direttive “annacquate” chelasciano troppa discrezionalità prote-zionistica ai singoli Paesi. Inoltrel’implementazione effettiva è ancorainsoddisfacente e, in un “Libro Verde”con cui delinea le ipotesi di lavoroper il post-FSAP, la Commissione pro-mette di insistere d’ora in poi soprat-tutto nel controllare l’effettiva appli-cazione in tutti i Paesi delle regoleadottate. In un allegato si classificanoe analizzano in dettaglio i vari tipi diostacoli che frenano le acquisizioni dibanche “cross border”. Fra questispicca l’uso improprio e protezionisti-co della vigilanza prudenziale chedovrà essere perciò resa più omoge-nea e coordinata internazionalmente.Il FSAP ha beneficiato del lavoro dei“Comitati Lamfalussy” che riunisconoi rappresentanti delle autorità di

regolamentazione nazionale dei set-tori bancario, assicurativo e del mer-cato dei titoli. Particolarmente impe-gnato è, in questo momento, il comi-tato bancario (CEBS) cui spetta fral’altro di contribuire a risolvere il dif-ficile problema delle relazioni fra leautorità di vigilanza dei diversi Paesidove operano le banche multinazio-nali. Si tratta di un problema sempre piùimportante anche in seguito a unterzo avvenimento che testimonia larapida internazionalizzazione delsistema bancario europeo: la crescitaesponenziale del peso delle attivitàdelle banche di alcuni Paesi della“vecchia Europa” in quelli dell’Euro-pa centro-orientale e balcanica. Nelcaso di alcuni di questi Paesi emer-genti il peso raggiunge ormai quasi il100% del sistema bancario. Alcunebanche italiane sono in prima fila inquesta attività di esportazione di tec-nologie finanziarie e di fornitura diservizi creditizi essenziali allo svilup-po economico nella “nuova Europa”.Ma l’attività bancaria multinazionaledeve far fronte a sistemi di regole, diautorità e di vigilanza, diversi e tantonumerosi quanti sono i Paesi in cuiopera. E ciò è costoso e inefficiente. In conclusione: l’integrazione finan-ziaria europea progredisce, ma siavvicina il momento in cui non saràpiù possibile per i Paesi membri evi-tare di cedere, ad appositi organieuropei, una parte dei poteri di rego-lamentazione e vigilanza finanziariache, a differenza di quelli di politicamonetaria, sono per ora rimasti inte-ramente decentrati a livello naziona-le. Vi sono diversi modi per farlo enon si può che procedere con gradua-lità: ma bisogna presto cominciare adiscuterne in modo convinto e con-creto. Nel caso italiano, una cosa dafare subito è guardare alle riformenecessarie del nostro sistema finan-ziario senza ombre di nazionalismo eprovincialismo, in un’ottica centratasull’Europa e sulla costruzione delsuo mercato unico dei capitali e deiservizi finanziari.

Speculando

VERSO REGOLE EUROPEE PER BANCHE E FINANZA?di Franco Bruni

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La posizione del PE nell’architetturaistituzionale dell’Unione europea haassunto man mano un ruolo sempre piùimportante, adesso che sono ancheaumentate le interazioni tra politicadomestica e sovranazionale. Pertanto la carenza di un dibattito stret-tamente connesso alle questioni euro-pee sulla scena politica, ha dato l’im-pressione (veritiera) che questo Parla-mento, creato proprio per riempire lospazio vuoto fattosi tra i cittadini e leistituzioni, funzionasse zoppicando; laconseguenza naturale di questa evolu-zione ha fatto si che la legittimazionedemocratica che tanto si era cercata, eche finalmente aveva trovato una rispo-sta con le prime elezioni dirette deglieurodeputati avvenute nel 1979, venga acadere nel momento in cui i cittadinidell’Unione non sanno esprimersi adovere sui temi affrontati all’internodell’aula parlamentare. Gli elettori,disaffezionati, non ripongono nel votoeuropeo la medesima forma di fiducia edi assegnamento che invece contraddi-stingue il voto alle elezioni interne al loroStato di appartenenza. Il voto accordato dagli elettori almomento delle elezioni europee dovreb-be infatti contenere due elementi: ilprimo legato al mandato ideologico chesi vuole trasferire al futuro eurodeputa-to, proprio di ogni persona, ed il secon-do foriero di una domanda più o menointensa di Europa da parte dei cittadini.Questo in virtù del fatto che i gruppi delPE devono, oltre che schierarsi politica-mente, pronunciarsi anche su temi cherichiedono un’idea compiuta su quale equanta Europa essi desidererebbero; ladimensione entro la quale i cittadinidevono esprimersi alle elezioni europeeè duplice: da una parte il credo pretta-mente politico, dall’altro il grado dieuropeismo.Se, ad esempio, un elettore di centrosinistra è euroscettico, egli non per que-sto voterà le formazioni che si professa-no euroscettiche, ma considererà la suavariabile fondamentale di voto quellaideologica, votando per i partiti di cen-

tro-sinistra, tradizionalmente euroentu-siaste, anzichè quelle di centro-destra.In questo senso al Parlamento mancaquel mandato europeista che è insiemesua origine storica e sua funzione futu-ra, quella ragione per cui esso è nato, lastessa sulla quale dovrebbe svilupparsiin (auspicati) aumenti di potere. Ilsistema parlamentare europeo, in que-st’ottica, potrebbe non essere considera-to maturo, e ciò a causa dell’immaturitànon solo degli elettori, che non conside-rano il loro grado di europeismo unavariabile fondamentale nell’assegnare ilproprio voto, ma anche e soprattutto deipartiti, che battagliano fra loro su que-stioni nazionali, tralasciando il fatto chequesto depaupera il mandato parlamen-tare di una delle sue componenti essen-ziali. Gli elettori paiono essere in qual-che modo non consapevoli del ruolo delParlamento europeo, e pertanto non rie-scono ad assegnargli un mandato chesuperi la mera dimensione ideologica.

Il ruolo dei partiti.Il passaggio importante della democra-zia parlamentare, di feedback tra l’elet-torato e i propri rappresentanti, arrivanel PE a singhiozzo, col risultato che icittadini non riescono a capire la loroidea di Europa, ne’ ad organizzarla perpoi trasferirla, attraverso il momentoelettorale, al candidato prescelto. La selezione dei candidati avviene sullabase di delicati equilibri partitici, chenulla hanno a che vedere con le faccen-de europee. L’esistenza di una classepolitica europea, indipendente, cheseleziona i propri candidati con criteridifferenti e più rispondenti alle esigenzedel sistema parlamentare sovranaziona-le, creerebbe un rapporto immediatocon la società. Adesso non esiste una relazione imme-diata tra i parlamentari e i cittadini, inquanto questa è imbrattata dalla longamanus delle questioni politiche interne. L’identificazione dei soggetti ai qualiaffidare le proprie domande e sui qualiriporre la propria fiducia stimola un pro-cesso circolare, secondo cui la classe

politica europea agisce per conto pro-prio, pungolando gli elettori sulle que-stioni da discutere e magari da inserireanche in campagna elettorale (ed in talmodo i politici altro non fanno cherispondere alla propria funzione socialedi aggregazione delle domande); diseguito i cittadini possono in tal modoesprimere le proprie domande ed otte-nere le risposte adeguate, cercando disensibilizzare a loro volta la classe poli-tica sulle questioni a loro più care.In questo senso l’europeizzazione delsistema parlamentare europeo sarebbecompleta, matura ed indipendente. Que-sti “investimenti” sulla classe politicasovranazionale ripagheranno in terminipiù alti di responsabilità dell’intero pro-cesso politico, realizzandosi in tal modouna completa legittimazione democrati-ca del Parlamento europeo.

Le campagne elettorali nazio-nali: causa o conseguenza?Le campagne elettorali, incentrate sullequestioni nazionali, rimangono dense diriferimenti specifici di politica interna,nonostante abbiano acquisito nel corsodel tempo livelli sempre più alti di euro-peizzazione. Questa cultura che leaccompagna non solo non le rende auto-nome dalle campagne nazionali, ma leconsegna schiave anche del ciclo politi-co in cui si ritrovano ad essere. Se essesono collocate a metà legislatura, peresempio, vengono ad assurgere ad unruolo simile a quello delle mid-termelections americane, una verifica cioèdel governo in carica, e della eventualecoalizione che lo forma.I partiti dovrebbero innanzitutto accet-tare le elezioni europee in quanto tali,senza sporcarle di significati politici invista degli equilibri di potere interni alloro Paese di appartenenza; vincere leelezioni europee significa a tutt’oraacquisire maggior peso politico all’inter-no del proprio Stato, o della propria coa-lizione partitica, mentre andrebbe vissu-to come un momento in cui il partitovincente di quel Paese va a rappresenta-

DALLA RICERCA ISPI

IL VOTO EUROPEO:UN VOTO AD UNA DIMENSIONE

ISPI - Relazioni Internazionali 17

re delle posizioni, ideologicamenteschierate si, ma anche inerenti allarichiesta d’Europa del proprio elettora-to. Gli equilibri partitici vanno modifica-ti in seguito alle elezioni nel Parlamentoeuropeo, non nel Parlamento nazionaledi provenienza, e devono intaccare ibilanciamenti di potere laddove sonostati votati per farlo, nella giusta sede,quella europea.Il voto europeo apre ancora un’ulterioreprospettiva per gli elettori, quella delvoto di protesta, secondo cui il votoviene accordato a partiti adagiati suposizioni estremiste, che vengono pre-miati alle elezioni. E’ come se questotipo di voto ampliasse in qualche manie-ra i contorni per un voto di protesta, chegli elettori non si permettono di produr-re in sede di elezioni nazionali, o alme-no non in determinate misure. Se guardiamo ad esempio i risultati elet-torali europei di una formazione comequella radicale, o dei Verdi, o di ForzaNuova, ci accorgiamo che questi partitiricevono molti più consensi, come se cisi potesse permettere, in un certo senso,di agire in modo piu’ spregiudicato, evotare queste formazioni a volte anchedichiaratamente anti-sistema.Il motivo deriva dalla semplice conside-razione che, non essendoci un governoda sostenere, gli elettori vogliano nontanto dare adito alle loro idee più estre-me o anticonformiste, ma permettersi diessere irresponsabili, tenendo un com-portamento altrove passibile di essereconsiderato dannoso per il Paese. Anche per questo le elezioni europee ven-gono considerate delle elezioni disecond’ordine, in quanto la condotta elet-torale denuncia un movimento più scrite-riato, meno incline al ragionamento che cispinge a chiederci, in un’elezione naziona-le, “Quale governo per il mio Paese?”.

Lo strano caso delle elezioninazionali e del referendumcostituzionale.Se le elezioni per il PE vengono vissuteprincipalmente dai partiti come unmomento da vivere all’interno dell’are-na politica nazionale, le elezioni nazio-nali diventano, in contro senso, semprepiù europee.Le elezioni tedesche del 18 settembre,ma potremmo citare anche i casi dellerecenti elezioni anglosassoni o delleprossime francesi e italiane, hannoassunto, man mano che il momento delle

urne si avvicina, un rilievo sempre piùampio non solo sulla stampa estera, maanche sul dibattito politico paneuropeo.I partiti “omologhi” delle coalizioni delcentro destra o del centro sinistra tede-sche hanno fatto proclami di voto ai cit-tadini tedeschi, così come avvenne nellacampagna per il referendum costituzio-nale in Francia. Paradossalmente il senso di apparte-nenza ad una coalizione partitica euro-pea, con lo stesso sentire sulle proble-matiche elettorali (economia, statosociale, visione sulla famiglia solo percitare alcuni esempi) si avverte molto dipiù durante le campagne per le elezioniinterne che non per quelle europee.La scelta del governo tedesco si è tra-sformata così in una scelta che hariguardato da vicino ogni cittadino euro-peo, così come la scelta francese refen-daria si riverberò non solo sull’equilibriopolitico interno, ma anche sui cittadinicomunitari.Questo fenomeno si spiega ancora unavolta con il fatto che gli Stati hanno unpotere più evidente del Parlamentoeuropeo.I cittadini che si trovano di fronte alleelezioni per eleggere il governo che liguiderà per i prossimi cinque anni sonopiù consapevoli e sicuri non solo dellaloro scelta, ma anche delle domande daporre ai futuri rappresentanti; i cittadinieuropei preferiscono agire tramite gliStati che tramite il Parlamento europeo. Il fatto che ad interessare l’elettore siasempre e comunque la campagna eletto-rale incentrata sulle questioni nazionalici fa comprendere come debole sia l’ap-parato e propositivo e politico sottostan-te al Parlameno Europeo; le elezioninazionali e il dibattito refendario sonoriusciti a spostarsi invece su un pianocomunitario, attirando gli interessi del-l’elettorato e dei partiti omologhi. Se il PE fosse più forte il rapporto elet-tori/Europa sarebbe più semplice edimmediato, mentre adesso passa attra-verso i momenti elettorali statali, attra-verso le scelte che riguardano sì l’Euro-pa (vedi il referendum) ma che nonattraverso l’Europa si compiono.

Conclusioni.La richiesta d’Europa da parte dei citta-dini esiste?La risposta è sicuramente affermativa,dacché nel momento in cui ciascunoesprime la propria opinione sull’Unione

europea stessa ne sta operando un giu-dizio; il problema forse si trova nell’arti-colazione di questa domanda d’Europa.La relazione tra il grado di europeismoproprio di ogni elettore e il voto accor-dato ai candidati è un modo di guardarealle elezioni, una delle tante variabiliche si dovrebbero conoscere nell’ambitodell’analisi degli studi elettorali europei.Se gli elettori sapessero esprimersi sucosa significa per loro la Comunità, sulsenso che assegnano alla sempre piùvicina e fitta architettura istituzionale,allora, e solo allora, il voto al Parlamentopotrà essere dato coscientemente, anchese non esiste un governo da sostenere.In tal modo i partiti, di fronte a richiestesempre più pressanti, dovranno esserein grado di fornire risposte sempre piùadeguate al ruolo che l’elettore/cittadi-no intende assegnare al Parlamento, efarsi portavoce di quell’idea di Europache egli ha bene in mente.Il momento in cui il mandato degli elet-tori potrebbe (dovrebbe) pesare di più ècertamente quello delle votazioni insede parlamentare, quando i gruppi par-titici del Parlamento Europeo devonoassumere delle posizioni contrarie ofavorevoli all’integrazione, all’approfon-dimento, all’allargamento delle funzionidell’Unione.Per molto tempo tante variabili riguar-danti le elezioni europee sono state tra-scurate, perchè considerate non rilevan-ti, a vantaggio di una letteratura che si èconcentrata sugli aumenti di potere delParlamento europeo, o sull’interazionedi questo con altri organi (Consiglio,Commissione).Una della variabili meno considerate èquella di una classe politica sovranazio-nale, parallela a quella domestica, chesia capace di imporre la propria autoritàe la propria competenza su quei temisquisitamente comunitari ed una cam-pagna elettorale paneuropea.In tal senso la creazione auspicabile dispazi, anche all’interno dell’arena politi-ca nazionale, in cui discutere di Europa,potrebbe aiutare il cittadino ad orien-tarsi meglio, e ad esprimere una prefe-renza di voto più consapevole, più matu-ra e infine più rappresentativa della sua“voglia d’Europa”.

Valeria PatanéRicercatrice associata Ispi

ISPI - Relazioni Internazionali 18 ISPI - Relazioni Internazionali

In seguito al moltiplicarsi dei focolai diinfluenza aviaria e all’aumento deidecessi verificati, l’OrganizzazioneMondiale della Sanità ha alzato il livel-lo di allerta temendo che un’imminen-te modifica del virus possa portare allatrasmissione tra esseri umani e ad unasua espansione su scala mondiale. Equindi tornato tristemente attuale ilproblema della sicurezza sanitaria inAsia sud-orientale, e la paura chepossa verificarsi una “nuova SARS” hafatto concentrare l’attenzione in parti-colare sulla Cina. La Cina è attraversa-ta dal 70% delle rotte migratorie mon-diali, ospita un quinto della popolazio-ne mondiale di polli (circa 14 milioni)e oltre il 60% dei suoi abitanti risiedenelle campagne: tutte caratteristicheche la rendono un bacino potenzial-mente perfetto per lo scoppio e la dif-fusione di una pandemia da influenzaaviaria. A questo si deve aggiungereche l’OMS da tempo denuncia ledisfunzioni e le lacune della sanitàcinese: la decentralizzazione e il sotto-finanziamento del sistema sanitariohanno seriamente compromesso lacapacità di gestire eventuali pandemieinfettive, come l’episodio della SARSnel 2003 ha dimostrato. Il sistemaattuale non sembra nemmeno esserein grado di tenere sotto controllo lemalattie infettive “più classiche”, cheancora oggi rappresentano un graveproblema per la salute pubblica. LaCina è infatti il secondo paese almondo per incidenza complessiva dellatubercolosi (TB) (4,5 milioni di indivi-dui malati nel 2000) e per il numero dinuovi casi annui, e nel 2002 circa 1milione di persone era affetto dal virusdell’AIDS/HIV, anche se l’assenza diuna precisa rilevazione storica inducea sostenere che la percentuale possaessere più alta. Il sistema sanitario cinese ha vissutonel corso degli anni delle fasi alternema oggi sembra davvero giunto ad unpunto oltre il quale non è più possibilespingersi, e non solo a causa della pre-caria situazione sanitaria nazionale:

con oltre 1,3 miliardi di abitanti, i pro-blemi della Cina sono i problemi di unquarto della popolazione mondiale egli eventi recenti stanno mettendoancora una volta in evidenza come leconseguenze di una cattiva sanità pos-sano rappresentare un serio pericoloben al di fuori dei confini nazionali.

Le Comuni e la nascitadell’assistenza sanitariapubblicaNel 1949, quando i comunisti guidatida Mao Ze Dong andarono al potere, sitrovarono tra le mani un paese marto-riato da anni di guerra civile; il tasso dimortalità infantile era del 250/1000 ela speranza di vita alla nascita arrivavaad appena 35 anni. Nei decenni cheseguirono la Cina visse dei profondicambiamenti con esiti e risultati nonsempre positivi, ma se un successovenne realizzato questo riguardò senzadubbio il miglioramento delle condi-zioni di salute della popolazione. Signi-ficativa in questo senso è stata la ridu-zione della mortalità infantile, partico-larmente rapida negli anni ’50 e ’60:tra il 1952 e il 1982 il tasso medioscese al 34/1000 e l’aspettativa di vitaalla nascita raggiunse i 68 anni. Fusoprattutto l’accesso all’assistenza dibase a consentire di ottenere i risultatiosservati, grazie alla creazione di unsistema sanitario pubblico a coperturapraticamente universale, istituito conil Primo Congresso Nazionale dellaSanità (1950). Il dualismo città-campagna, che anco-ra oggi caratterizza la Cina, definivagià da allora la struttura del sistemasanitario. Dal 1951 i lavoratori dellezone urbane vennero inseriti nei dueschemi assicurativi del Governo - ilGovernment Insurance Scheme (GIS)per i dipendenti statali e il LabourInsurance Scheme (LIS) per i dipen-denti delle grandi imprese di stato(State Owned Enterprises, SOEs) –che garantirono per oltre 30 anni lacopertura sanitaria sia per i bisogni dibase che per i ricoveri al 50% della

popolazione urbana. Nelle aree ruraliinvece l’istituzione alla base dellasocietà era la Comune. Essa provvede-va anche all’assistenza sanitaria attra-verso uno schema assicurativo comuni-tario, il Cooperative Medical SystemCCMS). Durante la Rivoluzione Cultu-rale vennero addestrati più di un milio-ne di medici per l’assistenza sanitariadi base nei villaggi, dando così origineal mito dei “medici scalzi” (i famosibarefoot doctors) come sinonimo direale efficienza nell’incontrare le esi-genze della popolazione, mito diffusosial di fuori dei confini nazionali e spes-so portato come esempio da imitare.Tra il 1950 e il 1960 molte Comuni agri-cole adottarono il CSM e verso la finedegli anni ’70 circa il 90% della popola-zione rurale risultava coperta dalpunto di vista sanitario.

Le riforme e il mercatoCon l’avvio delle riforme promosse daDeng Xiaoping nel 1978, il sistema eco-nomico cominciò a dirigersi verso ilmercato; un tasso di crescita senzaprecedenti (9,4% annuo in media dal1978 al 2004) avrebbe portato all’in-nalzamento del reddito e ad un ulterio-re miglioramento delle condizioni divita per milioni di persone. Il sistemasanitario come era stato fino ad alloraconcepito smise di esistere ma non fusostituto da nessuna valida alternativa,portando ad una drammatica riduzionenel livello di copertura della popolazio-ne sia rurale che urbana: tra il 1978 eil 1993 la popolazione rurale con assi-curazione sanitaria scese dal 90% al7%. Alcuni provvedimenti ebbero deglieffetti particolarmente drammatici sulsistema post-riforme. In primo luogo laresponsabilità dei servizi sanitaripassò ai governi locali; il Governo cen-trale perse così parte del suo ruolo diredistributore delle risorse economi-che e in questo modo le ricche provin-ce costiere furono le meno danneggia-te dal cambiamento, potendo contaresu possibilità di spesa maggiori dato ilreddito più elevato

DALLA RICERCA ISPI

LA CINA E IL SISTEMA SANITARIO:EREDITÀ SCOMODE E PROSPETTIVE DI RIFORMA

ISPI - Relazioni Internazionali 19

venir meno del Cooperative MedicalSystem la popolazione rurale concopertura sanitaria scese dal 90% del1978 al 7% del 1993. I centri sanitaridei villaggi vennero in gran parte priva-tizzati e anche i “medici scalzi”, tantovantati come fiore all’occhiello deisistema sanitario cinese, si trovaronocostretti a dedicarsi all’attività privata.

Sperimentazioni in corsoIl Governo ha cominciato a rendersiconto dell’insostenibilità della situa-zione, e negli ultimi anni ha promossodei primi timidi tentativi di riforma. L’esito tendenzialmente positivo deiprogetti pilota avviati nel 1994 (poiestesi nel 1996) in alcune città hafinalmente portato nel 1998 all’intro-duzione di un nuovo sistema di assicu-razione sanitaria per le aree urbane, ilBasic Medical Insurance System(BMI), da sostituire gradualmente aivecchi LIS e GIS. Con la riforma l’ade-sione allo schema assicurativo è diven-tata obbligatoria per tutte le imprese,sia private che di proprietà dello stato.Sono stati istituiti due tipi di fondi neiquali confluiscono i contributi versati,il Medical Saving Account (MSA) e ilSocial Pooling Account (SPA), che sidifferenziano per la destinazione deirimborsi: le risorse finanziarie del MSAcoprono le spese mediche fino ad unmassimo equivalente al 10% del salarioannuo, tetto oltre il quale scatta laspesa straordinaria a carico del fondosociale (SPA) per le cure di graveentità, che elargisce finanziamentifino al 400% dello stipendio annuo. Percontenere la spesa e ridurre le uscitedelle assicurazioni è previsto però ilconcorso parziale ai costi delle cure daparte degli assicurati (copayment),mentre la novità più interessante risie-de nel metodo di erogazione dei sussi-di ai fornitori dei servizi sanitari: ilprecedente schema di totale e passivorimborso delle prestazioni (fee-for-ser-vice) è stato sostituito da un sistemain cui l’ammontare dei contributi sta-tali è fissato in anticipo. Dal 2003 lamaggior parte delle grandi città haaccelerato l’adesione al BMI, esten-dendone la copertura a circa 109milioni di lavoratori, che rappresenta-no però ancora una percentuale moltobassa rispetto ad una popolazione tota-le di oltre 1,3 miliardi di persone.

La maggior parte della popolazionecinese è infatti concentrata nelle cam-pagne; una riforma che non tenga ade-guatamente conto di questo dato nonavrebbe alcun senso. Nel 2003 il Gover-no ha lanciato in 300 comuni ruraliuna riforma da estendere poi a tutte lezone entro il 2010: il New CooperativeMedical System (NCMS). La novità delsistema risiede nello schema di finan-ziamento, che coinvolge Governo cen-trale, Governo locale ed individui: gliassicurati sono invitati a versate 10renminbi (circa 1,25 dollari) comecondizione necessaria per ottenereulteriori 10 renminbi di contributo daparte del Governo locale, cui poi siaggiungono altri eventuali 10 renminbidal Governo centrale. Forse 20 renmin-bi di contributo governativo possonosembrare pochi - e lo sono sicuramen-te considerando che 30 renminbi rap-presentano appena il 20% della spesasanitaria annua pro capite - ma rap-presentano un passo avanti rispetto adun recente passato in cui il Governo siè pressoché astenuto dal finanziare lasanità nelle aree rurali. Fonti cinesiparlano del coinvolgimento fino adoggi di 156 milioni di persone, con untasso di copertura del 70%.

La spesa sanitaria oggiNel 2002 la spesa sanitaria totale inCina è stata di circa 68 miliardi di dol-lari, in crescita rispetto ai 9,4 miliardidi dollari del 1981. In percentuale delPIL si è avuto un incremento dal 3,04%del 1978 al 5,42% del 2002, inferiorerispetto agli standard di molti paesi areddito medio-alto. L’aumento dellaspesa sanitaria è un fenomeno che siosserva contemporaneamente all’au-mento del reddito pro capite, ma que-sto andamento crescente non devetrarre in inganno facendo supporre unconseguente miglioramento del livelloqualitativo dei servizi né una loro piùampia copertura. La Cina è in questosenso un perfetto esempio. La quota della spesa pubblica cinese(che l’OMS definisce essenzialmentecome somma della spesa governativa edei fondi sociali) sul totale della spesasanitaria nazionale è scesa dal 60% del1990 al 33,7% del 2002. La spesa diret-ta del Governo (che costituisce circametà della spesa pubblica) è passatadal 32,2% (1978) allo scarso 15,2%

Un secondo provvedimento dalle conse-guenze ancora più drammatiche fu laderegolamentazione del sistema diprezzi. Con il nuovo ManagementResponsability System si iniziarono adelargire i contributi alle strutture sani-tarie successivamente alle prestazionieffettuate (fee-for-service) e i prezziper le cure di base erano fissati daun’apposita Commissione al di sotto deicosti reali, in modo da poter garantirel’accesso alle cure sanitarie essenzialianche a buona parte della popolazionenon assicurata. Fu quindi concesso adospedali e cliniche di rivalersi delleeventuali perdite subite nell’erogazionedelle cure di base fissando autonoma-mente i prezzi di nuovi farmaci e nuovecure ad alta tecnologia, anche con ampimargini di profitto. Il sistema dei salaridei medici iniziò ad includere dei bonuscorrelati con i redditi generati a favoredell’ospedale: venivano premiati i medi-ci che facevano guadagnare di più, esiccome attività più redditizie eranoproprio quelle che riguardavano la ven-dita di nuovi medicinali o l’utilizzo dinuove tecnologie, essi erano fortementeincentivati a prescriverle. Questo meccanismo portò a degli esitidavvero paradossali: un sovrautilizzo dicure mediche costose e all’avanguar-dia, spesso non necessarie, e una con-giunta sovraprescrizione di farmaci pervia dei profitti che essi generavano.Poiché le farmacie erano generalmentegestite e di proprietà degli stessi ospe-dali, la vendita dei farmaci divenne (edè tutt’ora) la prima fonte di guadagnoper le strutture ospedaliere (anche dueterzi dei ricavi totali). La spesa sanita-ria esplose: il peso degli schemi assicu-rativi statali (GIS e LIS) sul budgetsanitario pubblico crebbe drasticamen-te, perché gli assicurati erano incenti-vati ad utilizzare cure moderne per lequali non doveva sostenere nessuncosto. La crescente percentuale dipopolazione che non era assicurata tro-vava sempre più impossibile affrontarele spese proibitive e rimaneva esclusadall’assistenza medica, di fronte adun’emergente classe di nuovi ricchi cheinvece riceveva cure e servizi all’avan-guardia e da standard occidentali.Il terzo radicale provvedimento fu losmantellamento delle istituzioni socialiche erano state i pilastri della colletti-vizzazione agricola, le Comuni. Con il

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(2002) della spesa sanitaria complessi-va, un calo dall’1% allo 0,8% in terminidi percentuale del PIL. In termini procapite, la spesa sanitaria complessivanel 2002 è stata pari a 63 dollari, di cuiperò solo 9,45 dollari direttamente

provenienti dal budget del Governo. Oltre il 90% della spesa privata (assi-curazioni private, spese delle di istitu-zioni non-profit, spese dirette degliindividui ecc) è invece costituito daspese a carico degli individui (speseout-of-pocket), data l’assenza pratica-mente totale di forme di assicurazioneprivata. Le sole spese out-of-pocketrappresentano quasi il 60% della spesasanitaria nazionale, percentuale chenel 1978 arrivava appena al 20%. Intermini reali la spesa privata in Cina èsalita a ritmi del 20% annuo durantegli anni ’90 mentre la spesa pubblica ècresciuta ad un tasso dell’8%.

Perché c’è ancora bisognodi riformeRicerche ed analisi condotte dallaBanca Mondiale e dall’OMS negli anniscorsi hanno rivelato come le disfunzio-ni ereditate dal passato continuino apersistere nel sistema sanitario cinesenonostante i tentativi di rinnovamento.Esistono pertanto ancora molte ragioniper sostenere che ulteriori riformesiano davvero necessarie ed ormaiimprorogabili. La prima ragione è forse la più grave:ancora troppi di coloro che hanno biso-gno di cure sanitarie non ne fanno uso acausa dei costi elevati. Nelle indaginieffettuate per la National Health Survey(NHS, 2003) il 30% degli intervistati ha

dichiarato di non essere ricorso a curemediche pur essendo stato consigliatodi farlo, e per la maggior parte di essi –ma si arriva a tre quarti nelle aree rura-li e all’85% tra il quinto più povero dellapopolazione – la ragione principale era

stata proprio il costo eccessivo. Un secondo motivo, connesso al prece-dente, è che non solo il sistema esisten-te tende ad escludere i poveri, ma chi viricorre spesso lo fa a rischio della pro-pria situazione finanziaria. Nella Natio-nal Health Survey del 2003 il 30% degliindigenti intervistati ha dichiarato diesserlo diventato a causa delle elevatespese sanitarie sostenute. Chi si trova adover sostenere delle spese medichestraordinarie ed onerose è nella mag-gior parte dei casi chi non è in condizio-ne di pagarsi un’assicurazione privata equindi si trova in una situazione reddi-tuale già di per sé precaria. Una terza ragione è che le assicurazio-ni sanitarie sono ancora troppo pocodiffuse e quelle esistenti offrono unacopertura sempre minore. Nelle areeurbane circa il 50% della popolazionerisulta coperto da qualche forma diassicurazione sanitaria (percentualeche scende al 12% tra le fasce piùpovere): la copertura degli schemigovernativi – LIS, GIS e BMI – è dimi-nuita tra il 1993 e il 2003, scendendo al40% della popolazione urbana, mentrela maggior parte del residuale 10%ricorre alle assicurazioni private. Unmercato di assicuratori privati rivoltoalle classi più abbienti sta infatti pren-dendo piede nelle aree urbane e laCina sta gradualmente concedendospazio anche alle società assicuratrici

estere, decisamente allettate dal vastomercato potenziale. Un problema chesta assumendo dimensioni considere-voli è inoltre quello dell’assistenzasanitaria per i lavoratori emigrati dallecampagne, poiché, anche qualora sianocoperti da un’assicurazione rurale (tipoNCMS), non possono goderne al difuori dell’area di competenza e nel con-tempo non possono ottenere l’assicura-zione urbana perché privi di residenza.Nelle aree rurali invece la coperturanel 2003 è risultata inferiore al 20%, el’aumento registrato tra il 1993 (quan-do era appena del 12,7%) e il 2003 èstato dovuto all’introduzione di nuovischemi assicurativi (NCMS) e alla cre-scita delle assicurazioni private.Anche il livello di assistenza finanziariagarantito è andato progressivamenteriducendosi. Dal 1997 gli assicuratiprovvedono di tasca loro a coprire unterzo dei costi di ricovero, quota cheper le spese sanitarie di base arrivaanche ai due terzi; nel 1987 era del 30%. Una quarta ragione riguarda il ruolo

dello Stato. L’esperienza storica dimolti paesi suggerisce che lasciare ilsettore sanitario interamente nellemani del mercato può essere un’opera-zione pericolosa e controproducente.Il Governo cinese dovrebbe fare moltodi più in questa direzione, a comincia-re dall’invertire il trend decrescentedella spesa pubblica rispetto alla spesasanitaria totale. Se confrontato con glistandard internazionali, un paese conil reddito pro capite come quello dellaCina dovrebbe avere una spesa sanita-ria pubblica pari al 2,4% del suo PIL;nel 2003 la spesa sanitaria pubblicacinese arrivava all’1,9% del PIL, scen-dendo allo 0,8% senza i fondi sociali. Il livello di equità in un sistema sanita-rio è correlato negativamente con lapercentuale della spesa di tipo out-of-pocket e con il divario tra i livelli direddito tra la popolazione: entrambiquesti fenomeni sono marcatamentepresenti in Cina. L’equità è quindi laquinta ragione che spinge a chiedereurgenti riforme. Finché i governi localidovranno contare essenzialmente sulleloro risorse, il livello della spesa sani-taria pro capite non potrà essere chemolto diverso tra le varie province aseconda del loro reddito, accentuandocosì un gap in continuo aumento. Lasituazione si fa drammatica se si con-

Figura 1: Spesa sanitaria a confrontoFonte: The World Health Report 2005 (Annex 5)

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fronta la realtà urbana con quellarurale. Nel 2002 la spesa sanitaria tota-le urbana è stata di circa 34 miliardi didollari contro i 23,4 miliardi delle areerurali; questo significa che la spesa per500 milioni di residenti urbani è statasuperiore rispetto a quella per irestanti oltre 780 milioni delle campa-gne, e che la spesa pro capire nellecittà è stata circa 3,5 volte quella nellecampagna, differenza che sale a 5 voltese si considera la sola spesa del Gover-no. Anche la qualità dei servizi offertiè molto diversa: le aree rurali hannomeno posti letto e meno medici (1,5letti e 1,1 medico ogni 1.000 abitantinelle campagne contro i 3,5 e i 2,3nelle città) ed il personale è spessomeno preparato e competente. Il tassodi mortalità infantile nelle aree ruraliè ancora da 3 a 5 volte più alto rispettoa quello delle aree urbane (nel 1999 inmedia 37/1000 contro l’11/1000 dellecittà), come è più elevato il tasso dimorte al parto (nel 2002 72 su 100.000contro 54 su 100.000 nelle città).Una sesta ragione è il permanere dievidenti inefficienze nel sistema com-plessivo. Innanzitutto la spesa per ifarmaci è ancora elevatissima: rappre-senta il 70% della spesa sanitaria, datodecisamente superiore alla media deipaesi in via di sviluppo (15-40%) orispetto ai paesi più avanzati (6-12% enegli Stati Uniti è inferiore al 10%). Laspesa in farmaci raggiunge picchi del

90% nelle zone rurali, perché la preva-lenza di medici privati in questa areefavorisce la tendenza alla sovra-pre-scrizione. Il sistema non sembra poi ingrado di far adeguatamente fronte allemalattie infettive, che dopo decenni dirallentamento stanno riprendendovigore, anche a causa di una rapida ederegolamentata urbanizzazione. Un ultimo aspetto riguarda due granditransizioni attualmente in corso in Cina,che si accompagnano e sono in parteeffetti di una più generale transizioneeconomica. La prima è una transizionedemografica: la struttura anagraficadella popolazione comincia a modificar-si a causa della riduzione del tasso difecondità totale (indicativo del numeromedio di figli per donna) – in questosenso in Cina è stata decisiva la pianifi-cazione familiare imposta con la politicadel figlio unico - e dell’allungamentodell’aspettativa di vita media alla nasci-ta (71 anni nel 2004), fenomeni checongiuntamente portano all’invecchia-mento generalizzato della popolazione.L’invecchiamento della popolazione – sicalcola che oggi circa il 10% sia over 60,vale a dire 130-135 milioni – ha degliovvi riflessi sul sistema sanitario, in par-ticolare attraverso l’aumento delladomanda di cure mediche per il tratta-mento dei disturbi cronici legati all’età. La seconda è la transizione epidemio-logica: con l’aumento del livello di red-dito diminuisce la mortalità causata da

malattie infettive, infezioni o penuriaalimentare, mentre si registra unaumento dell’incidenza di disturbi car-diaci e cardiovascolari (ipertensione,infarti, ischemie), tumori, patologieconnesse con il metabolismo e la pre-senza di diete ricche di grassi (come ildiabete) e ridotta attività fisica. Sonofenomeni che si aggravano e si intensi-ficano anche in relazione al ritmo del-l’urbanizzazione, data la profonda dif-ferenza negli stili di vita tra aree ruralie città. Si stima che questo tipo didisturbi siano oggi responsabili dei dueterzi dei decessi nella popolazionecinese di età superiore ai 40 anni. Datoil previsto aumento di intensità difenomeni nei prossimi anni, questidovranno essere attentamente valutatiin sede di definizione di nuove riforme.

ConclusioniIl fine ultimo di un sistema sanitario èquello di aumentare e tutelare lo statodi salute della popolazione garantendoun’appropriata assistenza. Questa assi-stenza deve essere disponibile maanche – e non secondariamente - eco-nomicamente accessibile. Dalla Rivo-luzione del 1949 fino alla fine deglianni ’70 il sistema sanitario cinese haottenuto con un certo successoentrambi gli obiettivi, mentre neglianni ’80 e ancor di più negli anni ’90 lasituazione è andata drammaticamentepeggiorando. Oggi la Cina sta ancorapagando le conseguenze dello smantel-lamento del sistema sanitario in segui-to alle riforme del 1978, ma il fatto chela leadership politica sembri oggiintenzionata ad accettare la sfida diridefinire un sistema iniquo ed ineffi-ciente lascia ben sperare per il futuro.Non c’è ancora chiarezza su qualeassetto avrà il nuovo sistema, ma cer-tamente dovrà combinare assiemeforme di finanziamento private e pub-bliche e dovrà conciliare le diverserealtà esistenti in un Paese vasto ecomplesso come la Cina, in primisquelle tra città e campagne: non sipossono più ignorare le esigenze diquasi 800 milioni di residenti dellearee rurali che fino ad ora hanno godu-to troppo poco dei frutti di una straor-dinaria crescita economica.

Elisa CalzaRicercatrice Ispi

Figura 2: Copertura assicurativa della popolazione cineseFonte: National Health Survey (2003)

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E´noto che il valore di una rete dipendedal suo numero di “nodi” – dai punti diincontro e dai momenti di contattoquindi che il promotore e coordinatoredella rete riesce a stabilire con altriorgani e istituzioni.Per questo ci sembra opportuno, in que-sto numero della rivista, di riferire suitemi affrontati in occasione di un conve-gno, alla cui organizzazione Villa Vigoniha collaborato, ma che non si è tenutopresso il nostro Centro: ci riferiamo alperiodico convegno dell’Associazioneitaliana dei borsisti della FondazioneAlexander von Humboldt, che è statoospitato a fine settembre 2005 nellanuova sede dell’università di Verona. Illuogo non è casuale, perché Verona è uncentro vivacissimo nell’interscambio traItalia e Germania e svolge un ruolo diprimo piano in quella “regione trasver-sale” che da Monaco di Baviera giunge aincludere una parte consistente delNord-Est italiano.Il convegno degli humboldtiani italianiha risentito molto positivamente di que-sta dimensione di fattiva operosità,egregiamente testimoniata ad esempiodalla vivace attività della locale Cameradi Commercio italo-tedesca. Lo stessotema del convegno, apparentementeconfinato in un ambito di pura specula-zione e considerazione teorica, si èarricchito di connotazioni inattese: laricerca sui concetti filosofici e scientifi-ci più rilevanti si è così non di rado tra-sformata in un’originalissima operazio-ne di ideale “terapia” dei linguaggi edelle forme di comunicazione sulle qualisi fonda la nostra convivenza sociale epolitica. In alcuni casi, inoltre, la storiadi talune idee politiche o costituzionali– ad esempio quella dell’idea di repub-blica – si è collegata strettamente aitemi principali dell’odierno dibattito sultrattato costituzionale europeo.Questa polivalenza di toni non può sor-prendere, se si pensa che la FondazioneAlexander von Humboldt sostiene giova-ni studiosi di tutto il mondo e in tutte lediscipline nei loro soggiorni di ricerca inGermania. Assai spesso borsisti hum-boldtiani hanno ricoperto importantiincarichi politici o economici, così chela Fondazione Humboldt è stata e conti-nua a essere uno dei principali strumen-ti di quella politica culturale all’estero,

che la Repubblica Federale di Germaniaha saputo realizzare con grande succes-so e prestigio dopo la conclusione delsecondo conflitto mondiale.Il confronto vivace e originale tra stu-diosi italiani e tedeschi, provenienti damolteplici discipline e in genere forte-mente impegnati nelle dinamiche diinternazionalizzazione del sistema diricerca, ha trovato il suo momento cul-minante nel dibattito conclusivo dedica-to al tema Libertà, sicurezza e vulnera-bilità nelle società avanzate, al qualehanno partecipato fisici, giuristi, inge-gneri, politologi e filosofi impegnati sudiversi fronti. Questo tema è ricorrenteanche nei programmi di Villa Vigoni,che ha ad esempio avviato quest’announa nuova iniziativa, quella del Euro-pean Workshop on Integrated Emer-gency Communications. Dal primoincontro realizzatosi nel 2005 è scaturi-to in questi giorni un interessante qua-derno dedicato al tema Europa e Sicu-rezza, che trova il suo epicentro nell’a-nalisi dei sistemi di protezione civile inEuropa; chi è interessato può richiedereil quaderno presso il nostro Centro(rivolgersi a: [email protected]).Nell’affrontare il tema della sicurezza èfondamentale tener presente che lesocietà avanzate divengono sempre piùvulnerabili; proprio la complessità dellaloro organizzazione, la loro dipendenzadalla tecnologia e la difficoltà di un lorocontrollo ne determinano la loro fragi-lità e la tendenziale difficoltà ad affron-tare con rapidità i rischi che la minac-

ciano.È bene quindi avere una percezioneampia della vulnerabilità e nello stessotempo rideterminare con più precisionelo stesso concetto di rischio, che non èsemplicemente dettato da situazioniignote e casuali, ma è provocato dall’in-tersezione di tre elementi, l’hazard, l’e-sposizione e la vulnerabilità. Bisognaquindi lavorare su tutti e tre questi ele-menti contemporaneamente con uncoordinamento efficiente e con ungrado di conoscenza adeguato per poterdiminuire e fronteggiare le situazioni dirischio.Naturalmente tutto ciò ha conseguenzerilevanti sulla stessa concezione dellalibertà e sulla stessa “pratica” effettivadi una società democratica: dalla tuteladella privacy alla concezione dellostato alla produzione e alla valutazionedella conoscenza, tutto in qualche mododeve essere ripensato rispetto a questa“società del rischio”. Il convegno diVerona, come il workshop di Villa Vigoni,hanno però aperto uno spiraglio di otti-mismo: le società avanzate devonoacquisire una sempre maggiore consa-pevolezza e sensibilità per la gestionedel rischio, che non è affatto un proble-ma esclusivamente tecnico. Da questaconsapevolezza può derivare una piùadeguata coesistenza tra libertà, demo-crazia e sicurezza, senza ricadere inansie irrazionali o in controlli totalitari.

Aldo VenturelliSegretario Generale di Villa Vigoni

Il Centro italo-tedesco diVilla Vigoni a Loveno diMenaggio sul lago di Comosorge nella villa omonima,carica di ricordi nel segnodella tradizione di Goethee Manzoni e lasciata ineredità alla Repubblicafederale di Germania dal-l’ultimo erede della fami-glia italo-tedesca Mylius-Vigoni. In seguito a unaccordo tra i due governi, esso svolge dal 1986 la funzione di un forum di eccellenzanei rapporti bilaterali tra Italia e Germania attraverso la realizzazione di un’intensaattività scientifica, convegnistica e formativa.Centro italo-tedesco Villa Vigoni – Via Giulio Vigoni, 1 – 22017 Loveno di Menaggio (CO)Tel. 0344/36111 – Fax 0344/361210 – e-mail: [email protected], http: www.villavigoni.it

LIBERTÀ E SICUREZZA IN EUROPA.UN CONFRONTO ITALO-TEDESCO

“IN NETWORK” CON ISPI: VILLA VIGONI

23ISPI - Relazioni Internazionali

Sierra Leone, Liberia, Haiti, Burundi,Sudan…sono solo alcune delle nazionidove l’ONU sta attualmente operando conmissioni di mantenimento della pace.Le cosiddette “United Nations Peacekee-ping operations” sono il mezzo con il qualel’ONU interviene per incoraggiare la crea-zione di una pace sostenibile in luoghi esituazioni nelle quali il conflitto minaccia discoppiare o è stato recentemente tenuto afreno, contribuendo a consolidare quei fra-gili processi di pace che emergono nellesituazioni post belliche. Ma quante persone lavorano nelle missionidi pace? Di cosa si occupano? Attualmente sono in corso 16 missioni (veditabella), all’interno delle quali operanocirca 83.000 persone, l’80% delle quali è rap-presentato da personale militare.Il rimanente 20% è composto da personalecivile internazionale (4500 persone circa),personale civile locale (poco più di 8000persone) e volontari delle Nazioni Unite(“UN Volunteers”, quasi 2000 persone).Oltre a ciò al Segretariato ONU di New Yorklavorano circa 500 persone presso il Depart-ment of Peacekeeping Operations.

Per quanto riguarda il personale militare, laCarta delle Nazioni Unite stabilisce chetutti gli stati membri rendano disponibileper il Consiglio di Sicurezza le forze armatee le strutture necessarie alle operazioni, for-nendo soldati, poliziotti civili e osservatorimilitari, la maggior parte dei quali proven-gono da Paesi in via di Sviluppo (Pakistan,Nigeria, India, Bangladesh, Ghana, etc.).

Di cosa si occupano, invece, i civili che lavo-rano in questo settore?Un esempio è quello di Laura Zanotti, chenei circa 10 anni passati alle Nazioni Uniteha lavorato in diversi settori:"Sono arrivata alle Nazioni Unite dopoun MBA alla Bocconi ed alcuni anni nelsettore della consulenza aziendale, in Bain& Cuneo prima e presso la GEA di Milanopoi. Alla fine degli anni '80 ho superato ilNational Competitive Exam (ndr. Concor-so bandito dall’ONU per i paesi numerica-mente sottorappresentati nella composi-

zione del personale del segretariato); edho preso servizio nel Dipartimento diManagament and Adminsitration dovemi occupavo della preparazione e gestionedi contratti con fornitori di beni e serviziper il segretariato. Dopo il mio ingressoalle Nazioni Unite ho completato la miaformazione a New York e presso la FloridaInternational University con un Ph.D. inRelazioni Internazionali.Il primo lavoro all'estero è stato ad Haiti,dove gestivo vari contratti di approvvigio-namento. Nel 1998 sono passata al settorelogistico del Department of PeacekeepingOperations.Le principali funzioni in questo ambitoconsistevano nel coordinamento dei variattori, a New York e sul campo, per assicu-rare il corretto flusso delle informazioni eil rispetto dei tempi e delle procedure rela-tive alla messa in opera delle infrastruttu-re e agli approvvigionamenti delle risorsenecessarie a far funzionare le missioni dipace. Era mio compito anche individuaree coordinare la soluzione di eventuali pro-blemi Per le missioni nuove ho presoparte a diverse negoziazioni delle condi-zioni di collaborazione con i paesi contri-butori di truppe e forze dell’ordine. Hoinoltre partecipato alla pianificazione deibisogni logistici delle missioni ed allaredazione dei contratti riguardanti lecondizioni di uso di infrastrutture e benimateriali con i paesi ospitanti.Successivamente sono passata, a svolgerefunzioni di consigliere politico per le mis-sioni di pace in America Latina ed Euro-pa, in particolare ad Haiti e in Croazia.In questo caso mi sono occupata del moni-toraggio delle attività del Consiglio diSicurezza per le aree di cui ero responsabi-le, di mantenere i contatti con i referentipolitici sul campo e con le sedi diplomati-che di New York della fase di istruttoriadelle informazioni che avrebbero poi com-posto i rapporti del Segretario Generale edella preparazione delle bozze di tali rap-porti.. Preparavo anche gli interventi del“Senior Management” al Consiglio diSicurezza. Mantenevo inoltre continuirapporti con le missioni e con altri dipar-

timenti delle Nazioni Unite per allertare iltop managment riguardo ad eventuali ele-menti critici e proporre approcci e soluzio-ni. Ho anche partecipato alla pianifica-zione, in coordinamento con altri diparti-menti e i paesi membri interessati, dellatrasformazione della presenza ONU adHaiti da peacekeping a peace building. Nel 2003 sono stata assegnata all’UnitedNations Liaison Office in Croazia dove hosvolto le funzioni di vice capo ufficio. Quimi sono dedicata, in coordinamento conle altre organizzazioni internazionali e lacomunità diplomatica presenti a Zaga-bria - in particolare l’Unione Europea, l’O-SCE e i partecipanti ad una commissionediplomatica di monitoraggio nota come“Artiche 11 Commission” - allo studio eformulazione di proposte e consigli algoverno locale sul tema dei diritti e ritor-no dei rifugiati, al coordinamento di ini-ziative diplomatiche mirate a promuovereil rispetto degli impegni internazionalipresi dal governo croato, e alla progetta-zione ed implementazione di iniziative diriconciliazione mirate ai ragazzi dellescuole”.

Ma quali sono le caratteristiche che unapersona deve avere se vuole lavorare in que-sto settore?"La disponibilità a sradicarsi è la primacosa" prosegue Laura Zanotti "Occorre inol-tre un grande equilibrio interiore. Special-mente se si è donne, bisogna mettere inconto che il lavoro in questo settore puòdiventare una scelta difficile da conciliarecon la famiglia. Purtroppo la promozionedelle carriere femminili è tuttora limitatada un approccio “numerico”, che si focaliz-za sul tentare (senza peraltro riuscirvi) dipareggiare le statistiche riguardanti lepresenze femminili in alcuni settori.Manca tuttavia, come del resto in moltealtre istituzioni, un approccio piùapprofondito, che metta a disposizionedelle donne un effettivo supporto in termi-ni di condizioni di lavoro ed infrastruttu-re che permettano loro di conciliare il con-tributo alle attività di punta delle NazioniUnite con un ruolo famigliare che è diver-

LAVORARENELLE OPERAZIONI DI PACE

GLI APPROFONDIMENTI DI GLOBE

ISPI - Relazioni Internazionali 24

TABELLA 1: MISSIONI DI PACE ATTUALMENTE IN CORSO E PERSONALE IMPIEGATO - (AGGIORNATO AL 30/09/2005)Missione* Personale civile Totale personale impiegato

internazionale (civile e militare)

United Nations Peacekeeping Force in Cyprus 36 1154

United Nations Disengagement Observer Force (Syria) 38 1170

United Nations Interim Force in Lebanon 103 2389

United Nations Interim Administration Mission in Kosovo 648 5508

United Nations Mission in Sierra Leone 218 3225

United Nations Organization Missionin the Democratic Republic of the Congo 803 18880

United Nations Mission in Ethiopia and Eritrea 193 3797

United Nations Mission in Liberia 566 17808

United Nations Operation in Côte d'Ivoire 337 7915

United Nations Stabilization Mission in Haiti 428 9154

United Nations Operation in Burundi 316 6520

United Nations Mission in the Sudan** 485 4059

*: La tabella non include le missioni in Israele, Pakistan, Western Sahara e Georgia che hanno un numero totale di personale impiegatoinferiore a 1000**: I dati si riferiscono all’approvvigionamento attuale; il personale militare autorizzato è pari a 10000 truppe e 715 funzionari di polizia.E’ inoltre stato proposto un contingente di 1018 funzionari internazionali, 2632 locali e 214 UNV.

Numerosi sono, sia in Italia che all’estero, icorsi di laurea e Master che si occupano dipeacekeeping o di tematiche affini.In Italia si va, ad esempio, dallo “storico”Corso di Alta Formazione in Peacekeepingdella Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, aprogrammi più recenti quali i Master in Pea-cekeeping dell’Università di Torino o diRoma 3.All’estero, interessante il panel di corsi offer-to dal “The Lester B. Pearson CanadianInternational Peacekeeping Training Centredi Clementsport (Canada) che, oltre a corsibase sulle operazioni di pace (The Founda-tions of Peace Operations) o sulle competen-ze che il personale civile e militare deveavere (Civilian Core Competences in PeaceOperations, Military Core Competences inPeace Operations) a corsi che mirano ad affi-nare gli skill necessari per operare in que-st’ambito, quali le tecniche di negoziazione,l’amministrazione e la logistica, etc. (Nego-tiation for Peace Operation, Administrationand Logistics in UN Peace Operations, etc.).

Indirizzato anche a persone che abbiano giàlavorato nelle operazioni di pace e con unprogramma di più ampio respiro è invece ilMasters in Post-war Recovery Studies dell’u-niversità di York, della durata di 12 mesi. Ilcosto è di circa 6600 euro. Il programma èdiviso in quattro moduli dedicati a Conflictand Response to Conflict (Peace and Con-flict, International Responses to Conflict,International Humanitarian Law), Practicalskills of working with communities in conflict( Humanitarian Practices, Conflict Manage-ment & Peace Processes, Researching withCommunities), Perspectives on Post-warRecovery (Strategic Overview of Reconstruc-tion, Social and Political Issues in Recon-struction, Physical and Economic Issues inReconstruction), Planning and ManagingReconstruction (Planning & Programming,Management of Reconstruction Projects,Monitoring and Evaluation).

I corsi

so da quello maschile”.Ma quante sono le possibilità di impiego?Dipende da quante missioni sono in corso.A titolo esemplificativo si può tuttaviasegnalare che al momento l’ONU sta cer-cando circa 90 persone per missioni dipace, a fronte di un numero di vacanciesper altri settori pari a circa 240.Solo il 7% dei posti vacanti sono per lau-reate con poca esperienza (i cosiddettiP2, per i quali sono generalmente richiesti2/3 anni di esperienza); gli altri profiliriguardano persone con almeno 5 anni diesperienza alle spalle.I settori sono molto vari anche nelle mis-sioni di pace: administration, engineering,finance, human resources, human rights,humanitarian affairs, information manage-ment, information system and technology,jurists, logistics, medical, political affairs,procurement, programme management,public information, social affairs, etc.

Ma ci sono spazi per i giovani che voglianolavorare in questo ambito?Un esempio confortante ci viene da Chri-stian Swan, che ha frequentato il Masterin International Affairs dell’ISPI nel 2002-2003 e che attualmente lavora per la Fon-dazione Clinton, Iniziativa HIV/AIDS - inqualità di Manager Regionale per l'AfricaOccidentale.“Dopo la laurea in Scienze Politiche a Pisanel 1999, ho effettuato un tirocinio presso il

Canadian Peacekeeping Center prestigio-sa istituzione di formazione nell'ambitodell'intervento umanitario per civili emilitari. Completato il Master dell’ISPI nel2003 e dopo una breve esperienza nel setto-re privato come export manager, nel 2004sono stato selezionato come consigliereelettorale per l'Operazione delle NazioniUnite in Burundi, partecipando, in colla-borazione con le commissioni elettoralinazionali a livello centrale e periferico,all'organizzazione dei vari passaggi delciclo elettorale: dalla stesura delle liste elet-

torali al referendum costituzionale finoall'elezione dei consiglieri comunali. Iltutto nel contesto di un paese intento aduscire da un spirale di guerra civile e ten-sioni inter-etniche protrattosi per più diun decennio. Questa esperienza, non privadi difficoltà, mi ha avvicinato alla realtàdel controverso continente africano, spin-gendomi a continuare ad impiegare lemie energie in questa direzione”.

Paolo MagriSegretario Generale Ispi

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ISPI-Policy Brief

Gli effetti dell’aumento del prezzo delpetrolio sulle economie occidentalihanno attirato molta attenzione. Assaiminore è invece l’attenzione rivoltaagli effetti dell’aumento del prezzo delpetrolio sulle economie del Mediterra-neo allargato, effetti che tuttaviahanno un rilievo non indifferente perl’Italia.Il Policy Brief “Non solo petrolio: leprospettive economiche del Mediterra-neo allargato” di Franco Zallio, pubbli-cato nel luglio 2005, analizza la situa-zione nel Mediterraneo allargato, areache sta attraversando un periodo diforte espansione economica stimolatadall’elevato prezzo del petrolio. Attra-verso flussi di capitale e turistici, lacrescita economica si sta diffondendoanche ai Paesi non petroliferi dellaregione. A differenza dei boom petroli-feri degli anni Settanta, è il settoreeconomico privato a svolgere in granparte degli stati del Golfo il ruolo cen-trale, con possibili ricadute politiche.La crescita elevata e i processi di inte-grazione regionale qui descrittidovrebbero proseguire ancora per(almeno) alcuni anni, offrendo rilevan-ti opportunità economiche.E’ importante che la politica europeasappia superare i limiti del Partenaria-to Euro-Mediterraneo e della Politicadi Vicinato (che escludono en-trambi i

paesi del Golfo) per delineare unapolitica di cooperazione coerente congli sviluppi regionali. Nel Policy Briefviene affermato che, dopo molti anniin cui sono prevalse le lamentazionisulla crisi economica, sociale e politi-ca, oggi il Mediterraneo allargato offrerilevanti opportunità economiche.

Oggetto del Policy Brief pubblicato nelluglio 2005 “La Cina alla ricerca dellasicurezza energetica” di Marco Rossi, èl’aumento della domanda energeticacinese, come conseguenza dello svilup-po economico del Paese. In particola-re, viene sottolineato che la Cina nonha problemi di approvvigionamentoper la sua principale fonte energetica,il carbone, al contrario è crescente ladomanda cinese di petrolio (e, inminor misura, di gas) sui mercatiinternazionali. Ciò ha portato la Cina adefinire una strategia di approvvigio-namento di respiro globale.La proiezione verso l’estero delle com-pagnie petrolifere nazionali assicuraperò solo una parte del fabbisognoenergetico, mentre la strategia didiversificazione dei fornitori deve farei conti con il ruolo, che rimarrà inevi-tabilmente centrale del Medio Orientee quindi delle rotte navali dal Golfoall’Asia orientale, controllate dagliStati Uniti. Più in generale, viene sot-tolineato che la necessità dell’approv-vigionamento energetico espone laCina ad alcune serie vulnerabilità sulpiano strategico. Ciò la porta ad affian-care alla competizione con le altrepotenze, pur ineludibile per conqui-starsi relazioni vantaggiose con i forni-tori, forme di cooperazione utili perevitare frizioni incontrollabili.Dall’analisi della situazione fatta nelPolicy Brief appare chiaro che la que-stione dell’approvvigionamento ener-getico cinese è molto complessa. L’e-stendersi della rete dei fornitori testi-monia il crescente impatto delladomanda cinese sulla economia e sullapolitica internazionale, tuttavia possi-bile etichettare tout court questoimpatto né come una forza destabiliz-zante, ovvero come una mera sfida allealtre potenze e in primo luogo agli

Stati Uniti, né viceversa come unaforza che porti solo a una compresenzasenza gravi frizioni sul mercato o aspunti di collaborazione con le altrepotenze. In realtà, convivono entrambigli aspetti.

Sempre nel luglio 2005 è stato pubbli-cato un terzo Policy Brief dal titolo“L’eterno dilemma britannico: Europao Stati Uniti?”, scritto da Luca Belloc-chio, in cui viene sostenuta la tesi chel’impossibilità per il Regno Unito discegliere tra Europa e Stati Uniti è ilfrutto di una percezione continentale.Quando alle strette, e quando questio-ni di high politics sono in gioco, lapriorità strategica di Londra sarà sem-pre il rapporto con Washington. È cosìnon dalla strage dell’11 settembre, madal 1956, l’anno della crisi di Suez che,oltre a ridimensionare le ambizioniimperiali britanniche, è stato indotto ilRegno Unito a non fare mai più a menodegli Stati Uniti in politica estera. Fuquesto l’anno di nascita della cosiddet-ta speciale relazione anglo-americana,una delle più intense e duraturealleanze tra due democrazie, in gradodi resistere all’alternarsi di sistemiinternazionali diversi, governi e ammi-nistrazioni di ogni orientamento ideo-logico. Speciale relazione anglo-ameri-cana che costituisce, tra l’altro, il prin-cipale ostacolo ad una adesione since-ra del Regno Unito alla causa europea,da sempre vista oltremanica comeniente più di una alleanza di cui farparte per impedirne derive egemoni-che e per godere dei vantaggi economi-ci che uno dei mercati più grandi delmondo indubbiamente offre.

Il Policy Brief pubblicato nel settem-bre 2005 “Libano: l’inverno dopo la Pri-mavera, nell’attesa dell’estate”, scrittoda Alessandro Quarenghi, si concentrasulle manifestazioni pacifiche dellaPrimavera libanese e la pressioneinternazionale, eventi che hannocostretto la Siria a lasciare il Paese,chiudendo così una pagina di storia.La Primavera, nel rifiutare la violenzacome elemento normale del gioco poli-tico interno, ha avuto successo perché

ISPI da leggere

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“diplomazia periferica” promossa danuovi attori regionali quali Ucraina eRomania e sostenuta – oltre che daUE, NATO, OSCE – dall’azione di orga-nizzazioni come la BSEC, il GUUAM eil nascente Forum del Mar Nero.Il caso della Moldova appare partico-larmente interessante perché consen-te di affrontare una serie di tematichecruciali per la sicurezza e la stabilitàeuropea. Dopo il no francese e olande-se alla Costituzione e il mancatoaccordo sulle prospettive finanziarie(2007-2013), l’UE risulta menoattraente per i Paesi terzi e più deboleper risolvere questioni aperte e sensi-bili come quella della Transdnistria odel Ko-sovo. In conclusione vieneaffermato che, per una strategia di sta-bilizzazione di lungo periodo, oltre allapresenza dell’UE, è necessario, cosìcome auspicato dalle parti in causa,anche il coinvolgimento di Washingtone dei nuovi attori regionali, Ucraina eRomania in primis.

Sempre nell’ottobre è stato pubblicatoun Policy Brief dal titolo “Rivolta neldeserto. La questione del Sahara Occi-dentale”di Massimiliano Mondelli.L’autore si concentra sulla questione,a lungo dimenticata, del Sahara Occi-dentale alla quale sembrano oggi tor-nare ad intrecciarsi rilevanti interessigeopolitica di attori quali Stati Uniti,Unione europea, Spagna, Francia,oltre naturalmente Marocco, Repub-blica Araba Saharawi Democratica eAlgeria. In particolare, in seguito adun accordo firmato a Madrid nel

novembre 1975, il regno del Maroccooccupò militarmente parte delle pro-vince spagnole in Africa occidentaleincontrando una combattiva resistenzada parte del Fronte POLISARIO.Dopo trent’anni di fallimenti diploma-tici e un problematico cessate il fuoco,due novità dell’estate 2005 mirano asbloccare la situazione di stallo: dauna parte le nomine di un nuovo capodella missione onusiana in SaharaOccidentale e di un nuovo Inviato spe-ciale per l’area, e dall’altra la libera-zione degli ultimi prigionieri ma-roc-chini in mano al Fronte POLISARIO.Ciononostante, secondo la tesi soste-nuta nel Policy Brief, solo un rinnovatocoinvolgimento degli Stati Uniti a pro-tezione dei propri interessi economicie politici nell’area potrebbe essere ingrado di riaccendere le speranze peruna soluzione negoziata. L’alternativa,oltre che una disastrosa ripresa delleostilità, è lo stallo che sempre più sipresenta quale loss-loss solution pertutte le parti coinvolte.

ha permesso alla discussione balbet-tante di una democrazia in gestazionedi avere inizio. Ma ha fallito nella fon-dazione completa di un nuovo pattosociale: il Libano si trova oggi in uninverno fuori stagione, durante il qualealcune questioni irrisolte bloccano ilprocesso politico. Fra queste, la piùimportante riguarda quale sia e debbaessere la fonte d’identità politica pri-maria dei libanesi: se la nazione o lacomunità confessionale. Nonostante ipericoli di breve periodo che potrebbe-ro turbare una situazione fragile, ilprocesso di lungo periodo sembra ten-dere verso l’instaurazione di unademocrazia funzionante. Nel PolicyBrief l’impasse politico attuale vienedefinito come il frutto di un equilibrioinsieme fragile e resistente. Resisten-te, perché è determinato dalla opposi-zione ‘incrociata’ esistente fra gli inte-ressi primari delle varie comunità, valea dire di quegli interessi che riguarda-no l’identità e la sopravvivenza dellesingole comunità confessionali. Allostesso tempo, è un equilibrio fragileperché ogni modifica che tocchi quegliinteressi e quelle identità rischia d’es-sere inaccettabile per qualche attore.

E’ uscito in ottobre il Policy Brief daltitolo “Moldova: ancora una sfida perla sicurezza europea. Il ruolo della“diplomazia periferica”, scritto daSerena Giusti. In esso si fa riferimentoal fatto che mentre il processo di rati-fica della Costituzione è stato bloccatoe l’accordo sulle prospettive finanzia-rie rimandato, l’UE si trova non soloimpegnata a dover affrontare la lottaal terrorismo ma anche a stabilizzarearee europee suscettibili di minare lasicurezza pan-europea. Uno dei Paesieuropei ancora a rischio instabilità èla Moldova. Sotto la guida del Presi-dente comunista Voronin, il Paese haintrapreso la via della democratizza-zione e si è riorientato ad Occidentema ancora lontana è la soluzione dellaquestione della Transdnistria, un terri-torio su cui Mosca continua ad eserci-tare un’influenza molto forte.Nel Policy Brief viene affermato che laPolitica europea di Vicinato non sem-bra poter avere effetti immediati sullastabilizzazione della Moldova. Oltreall’impegno degli Stati Uniti, un ruolodeterminante lo potrebbe assumere la

Tavola Rotonda

“L’EUROPAA RISCHIOCRIMINALITÀ?”Il 14 novembre si è tenuta all’Ispila Tavola Rotonda dal titolo “L’Eu-ropa a rischio criminalità?”, allacui organizzazione hanno collabo-rato l’Ispi e il Ministero della Giu-stizia. Hanno partecipato all’e-vento: Carlo Corti, Direttore del-l’Ufficio coordinamento attivitàinternazionali del Ministero diGiustizia; Donato Masciandaro,Docente di Economia della Rego-lamentazione Finanziaria all’Uni-versità Bocconi; Giusto Sciacchi-tano, Sostituto Procuratore Dire-zione Nazionale Antimafia; Gian-franco Tatozzi, Alto Commissarioper la prevenzione e il contrastodella corruzione. L’incontro èstato moderato da Franco Bruni,Vice Presidente dell’Ispi e Docen-te di Teoria e Politica MonetariaInternazionale presso l’UniversitàBocconi.

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Il 3 novembre, presso PalazzoClerici, si è tenuta una TavolaRotonda dal titolo “Ma la Cinarispetta le regole?” nell’ambitode Gli incontri di Focus China.Focus China è un network diaziende, coordinato da MariaWeber nell’ambito delle attivitàdi ricerca e formazione propostedall’Ispi. Il progetto nasce nel2002 per dare vita ad uno spaziodi dialogo, ricerca ed approfondi-mento realizzato in base alleconcrete esigenze di aziende ed“addetti ai lavori” che operano inun business climate unico epeculiare come quello cinese. Ilnetwork propone scambi di espe-rienze tra le aziende aderentiattraverso incontri periodici conrappresentati del mondo impren-ditoriale, professionale e accade-mico, ed è promotore di iniziati-ve di formazione-informazionesulla Cina, come il ciclo di incon-tri “Verso il Secolo Asiatico?”,tenutosi lo scorso autunno, e ilciclo “Dove va la Cina?”. Con l’adesione della Cina alWTO, l’accesso ai mercati cinesiè diventato realmente più facilee si sono moltiplicate le opportu-nità offerte dalla crescente inte-grazione nell’economia mondia-le. D’altra parte è andata anche

aumentando la percezione dellaCina come minaccia e forzadestabilizzante, in grado di com-petere e di creare molte diffi-coltà anche alle economie deiPaesi più avanzati. In particolarela questione della proprietàintellettuale ed industriale hafatto sorgere non pochi dubbiagli operatori internazionali, chedenunciano sempre più spesso ilmancato rispetto delle regole daparte cinese e la conseguenteconcorrenza sleale a danno diinvestitori e produttori interna-zionali. L’aumento della circola-zione di beni esteri è stato infattiaccompagnato dall’aggravarsidelle problematiche connessealla tutela dei prodotti, dei mar-chi e dei brevetti stranieri, por-tando alla luce le ampie lacuneesistenti in un sistema normativoancora incompleto ed inadegua-to. I beni facilmente replicabilied imitabili sono quelli maggior-mente minacciati dalla pirateriae dalle varie forme di contraffa-zione, che pare stiano appuntoarrecando ingenti danni econo-mici ai Paesi produttori. Il rispetto della proprietà intel-lettuale è divenuto perciò untema di forte attualità e partico-larmente caro ai Paesi occiden-

tali, sul quale sembra giocarsi ilfuturo delle relazioni - forse nonsolo economiche – con la Cina.L’entrata della Cina nel WTO èuna garanzia sufficiente per unamaggior tutela di prodotti emarchi stranieri o sono invecepiù ragionevoli le posizioni dichi accusa Pechino di non osser-vare le regole e di non fareabbastanza per recuperare ilritardo nell’adeguamento dellenormative e reprimere il feno-meno? Questa domanda è stata ilpunto di partenza per questonuovo incontro proposto nel-l’ambito di Focus China. L’in-contro ha fornito un’immaginedell’attuale grado di tutela dellaproprietà intellettuale ed indu-striale e di valutare il livello dirispetto delle relative regola-mentazioni internazionali.All’incontro hanno partecipatoRenzo Cavalieri, Docente diDiritto Privato Comparato pres-so l’Università Ca’ Foscari diVenezia e l’Università degliStudi di Lecce, Danilo Taino,Inviato del Corriere della Sera eMaria Weber, Docente di Rela-zioni Internazionali presso l’U-niversità Bocconi e SeniorResearch Fellow dell’Ispi.

Si sta per concludere la prima edizione del “Cer-tificate per operatori istituzionali dell’interna-zionalizzazione”, il corso organizzato da Ispi eCamera di Commercio di Milano che ha offertoagli operatori dell’internazionalità milanesenumerosi spunti di approfondimento e messa afuoco di alcune tra le principali tendenze in attoa livello mondiale con le quali oggi si sta con-frontando il Sistema Italiano.Come è avvenuto per i precedenti workshop,anche gli ultimi incontri trattano tematiche digrande interesse ed attualità quali l’adesionedella Turchia all’Unione europea alla luce dell’a-pertura dei negoziati che hanno avuto inizio loscorso 3 ottobre. Questo tema è stato discussodurante il decimo workshop, tenutosi lo scorso14 ottobre, che ha visto come main speaker Ste-fano Dotto, rappresentante del Turkey teamdella Commissione europea e come testimonePierangelo Davite di UniCredit. Il 4 novembre sitiene l’ultimo incontro del 2005, sul tema della

“WTO e i negoziati commerciali”, al quale parte-cipano Luca De Benedictis, Docente di Econo-mia Internazionale presso l’Università degliStudi della Macerata come main speaker e Mas-simo Gaiani, Consigliere diplomatico del Mini-stro per le Politiche Comunitarie che porterà inaula la sua testimonianza.A gennaio del 2006 si terrà l’incontro conclusivodella prima edizione del Certificate dal titolo“Global Outlook”, al quale parteciperà GianniRiotta, Editorialista del Corriere della Serainviato a New York, che offrirà ai partecipantiuna visione d’insieme delle tendenze generalidel prossimo anno. Il corso ha avuto sin dall’ini-zio un’elevata frequenza di partecipazione, conuna presenza di circa 40 partecipanti per ogniincontro e sono già molti coloro che, avendoseguito il corso nella sua interezza, otterrannoal termine un certificato di partecipazione, pre-visto per chi avrà preso parte ad almeno 8 dei 12incontri previsti.

Gli incontri di Focus China

MA LA CINA RISPETTA LE REGOLE ?

GIUNGE AL TERMINE LA PRIMA EDIZIONE DEL CERTIFICATE PEROPERATORI ISTITUZIONALI DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE

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La PESC, Politica Estera diSicurezza Comune, che, nataall’interno del Trattato di Maa-stricht, rappresenta la rispostaeuropea che consente dicogliere la portata dell’impe-gno dell’Unione su un terrenotanto attuale quanto rilevante,è stata al centro del dibattitoche si è svolto a Palazzo Cleri-ci, dal titolo “L’Europa nellerelazioni internazionali: qualediritto per l’Unione europea?”lo scorso 28 ottobre.Questo incontro è stato pro-

mosso dall’Ispi in collabora-zione con l’Università Bocconidi Milano in occasione dellapubblicazione del volume apiù voci “Le relazioni interna-zionali dell’Unione europea :aspetti giuridici della politicaestera, di sicurezza e difesacomune” a cura di PaolaMariani, Docente di DirittoComunitario presso l’Univer-sità Bocconi.All’evento, presieduto e mode-rato da Giorgio Sacerdoti, Com-ponente dell’Organo d'Appello

dell'OMC/WTO e ProfessoreOrdinario all’Università Bocco-ni, sono intervenuti Enzo Moa-vero Milanesi, SegretarioGenerale Aggiunto della Com-missione europea, AntonioPadoa Schioppa, ProfessoreOrdinario presso la Facoltà diGiurisprudenza dell’Univer-sità degli Studi di Milano eFausto Pocar, Vice Presidentedel Tribunale Penale Interna-zionale per la ex Jugoslavia eMembro del Comitato Scienti-fico dell’Ispi.

Curato da Alessandro Colombo eNatalino Ronzitti, anche questoanno si rinnova la collaborazio-ne tra ISPI e IAI per l’uscita del-l’edizione 2005 dell’Annuariodella Politica Estera Italiana,realizzata con il sostegno dellaCompagnia di San Paolo di Tori-no e della Fondazione Cariplo diMilano. La pubblicazione è stata presen-tata in occasione di una tavolarotonda sul tema “L’Italia e lapolitica internazionale” che si ètenuta lo scorso 11 luglio a Palaz-zo Clerici. Erano presenti in que-sta occasione Enrico Letta, Par-lamentare europeo, Franco Ven-turini Editorialista del Corrieredella Sera, oltre a Boris Bianche-ri, Presidente dell’Ispi e GianniBonvicini, Direttore dello IAIche hanno presieduto e modera-to l’evento.L’Annuario, che tratta dei nume-rosi eventi politico-economici del2004, è diviso in quattro parti;nella sua prima sezione si dedicaampio spazio alla difficile impas-se del dopo guerra iracheno, inparticolare affrontando il tema

dei diritti umani e del dirittoumanitario e, in scala più ampia,il punto della situazione sullaguerra al terrorismo. In particola-re vengono analizzate le scelte dipolitica estera italiana sia in que-sti ambiti che nella oltremodocomplessa riforma del Consigliodi Sicurezza delle Nazioni Unite.Nella seconda e terza parte delvolume viene portato all’attenzio-ne del lettore l’attuale stato del-l’Unione europea. Rispettivamen-te nella seconda, con un’ap-profondita analisi dell’allarga-mento ad est dell’Unione.Nella terza parte sono invece stu-diati gli aspetti economici dell’U-nione europea dando particolarespazio al Patto di Stabilità, sotto-posto a critiche da diversi mem-bri dell’Unione e recentementeriformato, ed alla forbice chedivide la produttività europea daquella statunitense. L’ampia ana-lisi sulla situazione europea con-tiene uno specifico studio sullapossibilità dell’Italia in una ulte-riore internazionalizzazione dellasua economia.L’ultima parte del volume è, a dif-

ferenza delle precedenti, più ete-rogenea e analizza diversi aspettidella geopolitica mondiale. Sonoinfatti studiati i difficili conflitticaucasici e i complessi dopoguer-ra di Iraq e Afghanistan. Ampiospazio è dedicato all’AmericaLatina, spesso relegata ai marginidella politica estera internazio-nale. Infine l’Annuario si conclu-

de con una complessa analisi delconflitto Israelo-Palestinese. Sicerca di definire se allo statoattuale della situazione il conflit-to sia giunto ad uno stato diimpasse oppure se ci troviamodavanti ad una possibile svoltafinalmente positiva.

Da sinistra: Enrico Letta, BorisBiancheri, Gianni Bonvicini e FrancoVenturini

Antonio Padoa Schioppa, Universitàdegli Studi di Milano; Fausto Pocar,Tribunale Penale Internazionale per laex Jugoslavia; Giorgio Sacerdoti,Organo d'Appello OMC/WTO e Univer-sità Bocconi; Enzo Moavero Milanesi,Commissione europea.

Tavola Rotonda

“L’EUROPA NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI:QUALE DIRITTO PER L’UNIONE EUROPEA?”

Tavola Rotonda

L’ITALIA E LA POLITICA INTERNAZIONALE

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L’EUROPA VA A SCUOLA … A STRASBURGOLa prima edizione de “L’Europava a scuola” (realizzata in col-laborazione con la Provincia diMilano e sostenuta dalla Rap-presentanza della Commissioneeuropea e dall’Ufficio del Parla-mento europeo a Milano, dallaFondazione per la Scuola dellaCompagnia di San Paolo e dal-l’Ufficio scolastico per la Lom-bardia) si è conclusa con ilviaggio a Strasburgo della V Cdell’Istituto Italo Calvino diRozzano, classe vincitrice delprogetto.Grazie al contributo dell’Ufficiodel Parlamento europeo a Mila-no, gli studenti hanno avutol’importante opportunità dicompiere un viaggio di tre gior-ni nella città francese. I ragazzisono partiti da Milano la matti-na del 26 settembre e, in pull-man, hanno raggiunto Strabur-go in serata. Il giorno seguenteè stato per loro molto intenso:accompagnati dalla DottoressaMaria Grazia Cavenaghi-Smith,Direttrice dell’Ufficio del Parla-mento europeo a Milano e dadue suoi collaboratori, ElenaBello e Massimo Trabucco, dap-prima hanno visitato il palazzodell’Euro-parlamento assisten-do, nella mattinata, alla SedutaPlenaria in cui i Parlamentarisi stavano confrontando sultema dell’immigrazione. Inseguito, i ragazzi hanno incon-trato personalmente setteEuro-parlamentari: Vittorio

Agnoletto, Romano La Russa,Luigi Berlinguer, Marco Pan-nella, Lapo Pistelli, Iles Bra-ghetto, Roberto Musacchio el’assistente di Sepp Kusstacher. Questo incontro è stato un’inte-ressante occasione di confrontosia per gli studenti della V C siaper i Parlamentari, che hannoavuto modo dialogare con iragazzi su diversi temi. Tra gliargomenti trattati: la descrizio-ne del lavoro di Euro-parla-mentare (giornata tipo, princi-pali compiti istituzionali, etc) ele opportunità offerte ai giovaniin Europa.L incontro è stato percepitodagli studenti della V C comeuna grande opportunità loroofferta. In particolare France-sco Ciceri afferma che “ilmomento che mi ha più colpitoè stato senza dubbio l’incontrocon gli Euro-Parlamentari, per-ché hanno dialogato con noi,rispondendo alle nostre doman-de e cercando di farci capiremeglio che cosa è e come fun-ziona il Parlamento europeo”. Alui si uniscono Andrea Visentine Giada Melis “in quel momen-to ci siamo sentiti protagonisti,e non spettatori passivi, abbia-mo sentito l’Unione più vicina anoi”. Gli studenti intervistatihanno affermato che il viaggioa Strasburgo è stato importanteper la loro formazione persona-le, in particolare Marta Manzoasserisce che “la mia consape-

volezza di far parte dell’Unionee di esserne cittadina a tutti glieffetti è cresciuta” e sempreAndrea Visentin aggiunge“anche prima del viaggio misentivo cittadino europeo, certoè che ora guardo con un mag-giore interesse all’Unione. Sefino a qualche tempo fa, infatti,quando leggevo sul giornale untitolo che riguardava l’Europaprestavo poca attenzione, orainvece mi soffermo: il mio inte-resse nei confronti dell’Unioneè decisamente aumentato”.Francesco Ciceri pone l’accen-to su un aspetto importante“sono stato affascinato dal fattoche durante la Sessione Plena-ria Parlamentari di nazionalitàdifferenti si trovassero in unicoluogo a dibattere di problemicomuni. Spero che anche inItalia si parli di più di Europa,credo che questo sia moltoimportante per il futuro delprogetto europeo”. Alla doman-da sull’insegnamento da trarrea conclusione di questa espe-rienza, i ragazzi hanno datorisposte significative: MariaLuisa Calvarese “sono diventa-ta concretamente partecipe diun progetto grandissimo, oraconsidero l’Unione come qual-cosa che mi appartiene e sonopiù che mai determinata a por-tare questo messaggio positivoai miei coetanei”; Marta Manzo“il viaggio a Strasburgo mi haresa più consapevole di checosa significhi essere cittadinacomunitaria. Questa è senzaalcun dubbio una esperienza daripetere e da estendere a piùscuole possibili. Da studentessavorrei che altri studenti avesse-ro l’interessante opportunità disperimentare in modo direttoche cosa è veramente l’Unioneeuropea, visitando una istitu-zione comunitaria così impor-tante”.L’Ispi insieme agli altri partnersta per avviare la II edizione,ampliata e rinnovata, del pro-getto “L’Europa va a scuola”.(per informazioni: Silvia Del-l’Acqua, tel. 02 863313284)I vincitori: la IV C dell’Istituto Calvino di Rozzano

ISPI - Relazioni Internazionali30

Tavola Rotonda

“GERMANIA ED EUROPA ALL’INDOMANIDEL VOTO TEDESCO”Lo scorso 19 settembre, all’indo-mani delle elezioni tedesche, aPalazzo Clerici si è svolta unaTavola Rotonda organizzata dal-l’Ispi sul risultato del voto inGermania e sulle possibili pro-spettive del Paese all’internodella politica europea. All’incon-tro, moderato da Katarina Kort,Corrispondente in Italia perHandelsblatt, sono intervenutiAngelo Bolaffi, Ricercatore eDocente di Teoria Politica pres-so l’Università “La Sapienza” diRoma, Thesy Kness-Bastaroli,Corrispondente in Italia perBörsen Zeitung e Gian EnricoRusconi, Professore Ordinario diScienza Politica all’Universitàdegli Studi di Torino. Il giorno successivo alle elezioniancora non era chiaro chi avreb-be vinto. Angela Merkel, cristia-no-democratica, aveva solo470mila voti e 3 deputati in piùrispetto al suo rivale, il socialde-mocratico Gerard Schroeder(35,2 per cento dei voti contro34,3): questi erano i risultati uffi-ciali delle elezioni tedesche, equeste sono state le premesse peril dibattito tra i relatori e il nume-roso pubblico intervenuto in sala.Cosa aspettarsi dalla situazionepolitica tedesca? Quali ipotesiformulare dopo che nessunadelle due coalizioni proposteagli elettori ha dimostrato diavere i numeri sufficienti performare un governo? Questi iquesiti principali che hannoanimato la discussione, che hapreso le mosse dall’intervento diRusconi, secondo il quale l’alli-neamento dei risultati sarebbericonducibile direttamente allaclasse politica tedesca. I due sfi-danti avrebbero infatti fallito,non riuscendo a spostare l’agodella bilancia a loro favore, per-ché la campagna elettorale èstata giocata principalmentesulle personalità dei candidati,piuttosto che sui loro program-mi, e su questo piano è statofacilitato Schroeder, grandecomunicatore definito “vincito-re morale”, a scapito della “vit-

toria apparente” condotta daFrau Merkel.Avendo come sfondo uno scena-rio politico di questo tipo, i rela-tori hanno dunque ragionatoanche sulle conseguenze dellaformazione di un’unica coalizio-ne in Germania, sulla crisi tede-sca, oltre che francese ed italia-na, del modello bipartitico. Ulte-riore spunto di riflessione èstata poi l’analisi della politica

estera tedesca, soprattutto neiconfronti del progetto europeo,che non è stato quasi mai nomi-nato nei programmi elettorali. Oltre all’analisi della recentetornata elettorale, sono statefornite esaustive spiegazionisul sistema proporzionale tede-sco, dimostrando che esso nonsi può considerare né merite-vole né colpevole dei risultatidelle elezioni.

Convegno“VERSO UNA NUOVA GOVERNANCEECONOMICA IN EUROPA”La collaborazione tra Ispi, Chatham House, think thank londi-nese, e Johns Hopkins University ha portato all’organizzazionedi una conferenza che si terrà il 6 dicembre prossimo a Torino.L’incontro, dal titolo “Verso una nuova governance economica inEuropa” offrirà ai partecipanti l’occasione per confrontarsi, adalto livello, su temi estremamente attuali ed importanti per ilfuturo dell’Unione. Nello specifico, i lavori saranno aperti daPiero Gastaldo, Segretario Generale della Compagnia di SanPaolo e da Roggero Fossati, Amministratore delegato dell’Ispi,seguirà poi la relazione introduttiva di Domenico Siniscalco,Professore presso l’Università degli Studi di Torino e già Mini-stro dell’Economia e delle Finanze. Il programma della giornataprevede due sessioni: “Riforme istituzionali e governance econo-mica nell’UE” e “Governance and Regulation in Settori Strategi-ci Privati”, a sua volta suddivisa in una prima parte che si foca-lizzerà su questioni finanziarie ed una seconda che avrà pertema le telecomunicazioni. La prima sessione, che sarà conclusadall’intervento del Ministro per le Politiche Comunitarie GiorgioLa Malfa, sarà moderata da Carlo Secchi, Vice Presidente Ispi evedrà la partecipazione di Carlo Bastasin, Inviato editorialistade La Stampa, Stefano Micossi, Direttore Generale di Assonime,Francesco Passarelli, Senior Research Fellow Ispi e Professoreall’Università Bocconi e Università di Teramo e Paola Subacchi,Responsabile del Programma di Economia Internazionale pres-so Chatham House. La seconda sessione sarà moderata dal Pro-fessor Franco Bruni, Vice-Presidente Ispi. Relatori di questaseconda parte, dedicata ai temi finanziari, saranno: AndreaEnria, Segretario Generale del Committee of European BankingSupervisors di Londra, Alfonso Iozzo, Amministratore Delegatodi Sanpaolo IMI S.p.A. e Karel Lanoo, Amministratore Delegatodel Centre for European Policy Studies di Bruxelles. RiccardoPerissich, Presidente di Telecom Italia Media S.p.A.; CarloMario Guerci, Docente di Economia Politica all’Università Stata-le di Milano, Luigi Prosperetti, Docente di Economia Industrialeall’Università degli Studi di Milano Bicocca di Milano e AndreaRenda, Senior Research Fellow presso il CEPS di Bruxelles, siconfronteranno su questioni riguardanti il mondo delle teleco-municazioni. La realizzazione dell’iniziativa sarà resa possibilegrazie al sostegno della Compagnia di San Paolo.

ISPI - Relazioni Internazionali 31

Winter SchoolCorsi brevi, di 15 ore ciascuno, per inquadrare le più attuali

tematiche internazionali, proposti in versione “intensiva” nel

periodo ottobre 2005 – maggio 2006.

Diplomi3 Sviluppo e Cooperazione Internazionale

3 Emergenze e Interventi Umanitari

3 European Affairs

Ogni diploma prevede la frequenza di cinque corsi scelti fra

quelli della Winter School e della successiva Summer School.

Diplomi AvanzatiApprofondimenti dal taglio operativo, destinati a chi abbia già

conseguito un diploma base dell’ISPI o abbia maturato una

significativa esperienza sul campo.

ISPIISTITUTO PER GLI STUDI DI POLITICA INTERNAZIONALE

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ISPI - Relazioni Internazionali32

Si è tenuto il 14 ottobre a Leccol’annuale convegno di Vera Brian-za, promosso unitamente allaBanca Popolare di Milano, in col-laborazione con l'Ispi e con ilpatrocinio della Regione Lom-bardia e della Provincia, delComune e della Camera di Com-mercio di Lecco.Questo appuntamento è statoun’occasione per analizzare, dalpunto di vista delle imprese italia-ne, le complesse problematicherelative ai rapporti con Turchia,India e Paesi Balcani, valutandosfide e opportunità presenti. Come fare per cogliere appienoqueste opportunità, soprattuttoper imprese di piccola e mediadimensione? È sufficiente ilsistema dell’associazionismo,attraverso cui le imprese si orga-nizzano e ricercano sinergie gra-zie a sforzi comuni? Oppureoccorre affiancare a tali iniziati-ve lo sforzo di tutto il sistemaPaese, attraverso una attentastrategia di studio e pianificazio-ne dei potenziali sviluppi delmercato, un accesso favorevole alcredito e adeguati contatti alivello politico?

Qualificati esperti di banche, uni-versità e Istituzioni hanno affian-cato gli esponenti del mondoimprenditoriale nel dibatterequesti temi, con il coordinamen-to scientifico di Carlo Secchi,Direttore dell’ISLA - UniversitàBocconi e Vice Presidente dell’I-spi; la segreteria scientifica èstata affidata a Carlo Altomonte,Docente dell’Università Bocconi.In particolare sono intervenuti:Gianluca Vannini dell’Agenziaper la Ricostruzione della Com-missione Europea (Belgrado) sultema dell’integrazione europeadei Balcani; Franco Zallio, Diret-tore Global Watch dell’Ispi cheha analizzato opportunità e pro-spettive dell’adesione della Tur-chia all’UE, e infine Fabrizio Per-retti, Docente dell’UniversitàBocconi, ha parlato dell’evoluzio-ne e delle prospettive del merca-to indiano.L’allargamento dell’Unione euro-pea è ormai un fatto acquisito,così come l’entrata a pieno titolodella Cina sul mercato mondiale,anche grazie alla ultima fasedella liberalizzazione negoziatain seno all’Organizzazione Mon-

diale del Commercio, che havisto, dal dicembre 2004, lalibertà di iniziativa in Cina per leimprese dei servizi e della distri-buzione, e l’abolizione, dal gen-naio 2005, delle barriere doganalisul commercio dei prodotti tessi-li. Eppure nuove sfide si prospet-tano all’orizzonte delle impreseitaliane, in uno scenario interna-zionale sempre mutevole.Da un lato, la strategia di parte-nariato (European Neigh-bourhood Policy) dell’Unionecon i Paesi nuovi confinanti staportando al graduale completa-mento della ricostruzione nell’a-rea dei Balcani, e dunque allaprogressiva integrazione di que-st’area nel mercato comuneeuropeo. Data la vicinanza geo-grafica dei Balcani al cuore del-l’Europa, si tratta di una pro-spettiva importante per leimprese che sapranno per tempocoglierne le opportunità.Parallelamente a questo percor-so, nell’ottobre 2005 sono partitii negoziati per l’adesione dellaTurchia nell’Unione europea.Qualunque sia l’esito di talinegoziati, in ogni caso nel corsodei prossimi anni settanta milio-ni di nuovi consumatori si affac-ceranno sul panorama continen-tale, con redditi che, grazie aibenefici del mercato unico edagli aiuti strutturali di pre-ade-sione cui avranno accesso, cre-sceranno a tassi di oltre il cin-que per cento l’anno per il pros-simo decennio.E infine il nuovo grande “gigan-te” economico che si sta affac-ciando sulla scena internaziona-le: l’India. Un Paese ancora pococonosciuto, ma dalle enormipotenzialità sia in termini dirisorsenaturali che di capitale umano,con una evoluzione futura com-parabile a quella cinese e dun-que con interessanti opportunitàdi sviluppo per le imprese italia-ne, soprattutto alla luce dellaminore concorrenza che per ilmomento si registra su questomercato.

Convegno

GUARDANDO A EST - OPPORTUNITÀ EPROSPETTIVE PER LE IMPRESE ITALIANE

Tavola Rotonda

DOVE VA L’AIUTO UMANITARIO?RIFLESSIONI A UN ANNO DALLO TSUNAMIIl 26 dicembre 2004 il sud-est asiatico veniva colpito dallafuria dello Tsunami, che lasciava dietro di sé migliaia tramorti, feriti e dispersi. I giorni che seguirono la tragediahanno visto la mobilitazione di tutta l’Italia a sostegno dellepopolazioni colpite. Molte sono state, tuttavia, le polemicheche hanno accompagnato la mobilitazione di ONG e la raccoltae la gestione dei fondi. A questo proposito il 23 novembre l’Ispiha organizzato una Tavola Rotonda che ha analizzato la gestio-ne dei fondi destinati a sostenere le persone vittime dellacalamità naturale, evidenziando le criticità nel coordinamentodegli interventi a un anno di distanza dal disastro. A questoappuntamento, organizzato nell’ambito del ciclo di incontri“Gli orizzonti della cooperazione internazionale”, hanno par-tecipato Luca De Fraia, Responsabile Analisi e Strategie diActionAid International, Fabio Melloni, Esperto di cooperazio-ne, Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo,Ministero degli Affari Esteri, Antonella Prete, Dirigente Rela-zioni Internazionali della Presidenza della Regione Lombar-dia, Gianni Rufini Esperto di aiuto umanitario di Fields e Ispi,Vincenzo Spaziante, Vice Capo Dipartimento della ProtezioneCivile e Danilo Taino del Corriere della Sera.

ISPI - Relazioni Internazionali 33

Lo scorso 15 novembre, inoccasione del 30° Anniversa-rio del vertice di Rambouilletche sancì l’ingresso dell’Italianel G6, si è tenuta presso lasede dell’Ispi una TavolaRotonda dal titolo “Le grandipotenze nell’economia globa-le: G6, G8, G...”.Traendo spunto da questoAnniversario, si è fatta unariflessione sulle reali capa-cità che i Paesi membri delG8 hanno di indirizzare ledinamiche globali in un con-testo in cui continuano adaffermarsi attori, economiciin primo luogo ma anche connatura e finalità politiche, e apresentarsi sfide semprenuove, dal terrorismo inter-

nazionale allo sviluppo soste-nibile.Sono intervenuti a questodibattito il Professor AlbertoMartinelli, ordinario di Scien-za della Politica dell’Univer-sità degli Studi di Milano, ilProfessor Fabrizio Onida,ordinario di Economia Inter-nazionale dell’Università Boc-coni e l’Ambasciatore BorisBiancheri, attuale Presidentedell’Ispi, che negli anni delvertice di Rambouillet ha vis-suto, da diplomatico, il dibat-tito legato a quel primo verti-ce tra i Paesi più industrializ-zati del mondo, da cui haavuto origine il cosiddetto“nuovo ordine mondiale”.

Il 9 novembre l’Ispi ha organiz-zato una Tavola Rotonda inoccasione della pubblicazionedel volume “L’Italia vista dallaCia” a cura di Paolo Mastrolilli,corrispondente dagli Stati Unitiper La Stampa e Radio Vatica-na e di. Maurizio Molinari,anch’egli corrispondente dagliStati Uniti per La Stampa.Inizialmente l’idea era quelladi raccogliere le testimonianzee i rapporti della Cia e delDipartimento di Stato sullarealtà Italiana per la redazionedi articoli da pubblicare sulquotidiano La Stampa, sfrut-tando la recente normativa Usache consente ai cittadini -ame-ricani e non- di chiedere ladeclassificazione dei documen-ti governativi.La ricerca si è poi progressiva-mente ampliata fino a diventa-re un vero e proprio excursus dicome gli agenti e gli analistidella più famosa agenzia diIntelligence americana hannointerpretato la storia del nostropaese: dalla campagna eletto-rale del 1948 vinta dalla Dc diAlcide De Gasperi contro ilFronte Popolare di PlamiroTogliatti e i retroscena dei par-titi, passando per il rapimentodi Moro, le Brigate Rosse, l’at-tentato a Giovanni Paolo II, lascelta di Silvio Berlusconi dipassare dall’imprenditoria tele-visiva alla politica, al conflitto

combattuto in Kosovo nel 1999sino ad arrivare ai recentissimiaccordi di Bush e Berlusconisulla guerra al terrorismo dopol’11 settembre con il conse-guente intervento in Iraq.All’evento sono intervenuti,oltre ai sopraccitati autori dellibro, anche Sergio Romano, giàambasciatore d’Italia a Mosca

ed editorialista del Corrieredella Sera e Sergio Vento, giàAmbasciatore d'Italia negliStati Uniti e presso l'Onu.Ha introdotto e moderato emodera Massimo de Leonardisprofessore di Storia delle Istitu-zioni e delle Relazioni Interna-zionali all’Università Cattolicadi Milano e Ispi.

Tavola Rotonda

“I RAPPORTI ITALIA-USA VISTI DALLA CIA”

Tavola Rotonda

LE GRANDI POTENZENELL’ECONOMIA GLOBALE:G6,G8,G...

Tavola Rotonda

L’AFGHANISTAN DOPO LE ELEZIONIPARLAMENTARIA Palazzo Clerici si è tenuta il 18 novembre una Tavola Rotonda durante la quale sono stati com-mentati i risultati delle storiche elezioni politiche dello scorso 18 settembre, le prime dal lonta-no 1969, durante le quali il popolo afgano è ritornato alle urne per eleggere i rappresentanti allaCamera bassa dell’Assemblea nazionale e i membri dei Consigli provinciali.Sono intervenuti a questa iniziativa personaggi che sono stati testimoni diretti di questo storicoevento quali: Emma Bonino, deputata europea per i radicali, che è stata in Afghanistan allaguida della missione di osservazione elettorale dell'Unione Europea per vigilare sulla correttezzadel voto; Anna Della Croce, inviato speciale del Ministro degli Affari Esteri per l’Afghanistan;Enzo Nucci inviato del Tg3; Ettore Sequi, Ambasciatore italiano a Kabul e Sandro Tucci espertodi Afghanistan dell’Ispi.

ISPI - Relazioni Internazionali34

Vittorio Agnoletto, Parla-mento Europeo; GabrieleAlbertini, Sindaco di Mila-no; Giorgio Aliberti, Consi-glio UE Bruxelles; CarloAltomonte, Università Boc-coni e KU Leuven; AntonellaAttardo, London University,Birkbeck College; RosaBalfour, CeSPI Roma; Fran-cesca Ballarin, Intersos;Fabrizio Barbaso, Commis-sione europea - DG Enlarge-ment; Guido Barbera, Asso-ciazione delle ONG italiane;Giorgio Basaglia, Ministeroper i Beni e le Attività Cultu-rali; Pierpaolo Bergamini,Consorzio IRIS; Marco Ber-totto, ICS; FrancescoBestagno, Università Catto-lica del Sacro Cuore; SaraBin, Università degli Studidi Padova; Angelo Bolaffi,Università di Roma “LaSapienza”; Paolo Bonetti,Università degli Studi diMilano – Bicocca; GianniBonvicini, IAI; GiorgioBosaglia, Ministero per iBeni e le Attività Culturali;Gabriele Caiati, Universitàdegli Studi di Milano; Fran-cesco Camilletti, Universitàdegli Studi di Milano; Miche-le Candotti, WWF Italia;Carola Carazzone, VIS;Angelo Cardani, UniversitàBocconi; Giorgio Cardone,ICS; Giorgia Carloni, Micro-finanza srl; Cesare Cavalle-ri, Edizioni Ares; MarioCervi, Giornalista e Storico;Michele Cocchiglia, EspertoICT per lo sviluppo; StefanoColombo, Università Bocco-

ni; Francesca Comunello,Università di Roma “LaSapienza”; Roberta Cosenti-no, STEM-VCR; Luca Cri-staldi, VIS; Renato D’arca,Consulente; Francesca del-l’Acqua, Esperto processielettorali UE e ONU; Pieran-gelo Davite, UniCredit;Primo Di Blasio, FOCSIV;Gianluca Di Feo, L’Espres-so; Stefano Dotto, Commis-sione Europea – TurkeyTeam; Piersilvio Fagiano,CESVI; Emanuele Fantini,CISV, Consorzio ONG Pie-montesi; Matilde Ferraro,Università di Roma “LaSapienza”; Maurizio Floridi,Consulente; Emanuele Gior-dana, Lettera 22; Carlo Giu-bitosa, Peacelink; MicolGuarnieri, Microfinanza srl;Rodolfo Helg, Università diCastellanza; Thesy Kness-Bastaroli, Börsen Zeitung;Katharina Kort, Handel-sblatt; Enrico Letta, Parla-mento Europeo; AntonellaMaiolo, Regione Lombardia;Alberto Malatesta, Univer-sità di Castellanza; EzioMargelli, Esperto in educa-zione allo sviluppo; RaffaeleMasto, Radio Popolare;Marco Merelli, UniversitàBocconi; Antonio Missiroli,EPC Bruxelles; Marco Mon-tanari, Istituto per l’Europacentro-orientale e balcanica;Maria Cristina Negro,ACRA; Michele Novaga,Esperto in cooperazioneinternazionale; Guido Olim-pio, Il Corriere della Sera;Gianguido Palumbo, CeSPI

Roma; Vittorio EmanueleParsi, Università Cattolicadel Sacro Cuore; MichelePasca Raymondo, DG Regio-nal Policy, Commissioneeuropea; Francesco Passa-relli, Università Bocconi eUniversità degli Studi diTeramo; Federico Perotti,CISV; Daria Quatrida, Uni-versità di Padova; MichalRadlicki, Ambasciata dellaRepubblica di Polonia in Ita-lia; Stefano Riela, Univer-sità Bocconi; Ivana Roagna,Università di Torino; Miche-le Romano, COOPI; Ales-sandro Rotta, CeSPI Roma;Gianni Rufini, Fields; GianEnrico Rusconi, Universitàdegli Studi di Torino; Loren-zo Saa, Unicredit; SilviaSanna, Università degliStudi di Milano; Ivan Sanni-no, Microfinanza srl; Rober-to Santaniello, Rappresen-tanza a Milano della Com-missione Europea; CristinaScarpocchi, Università dellaValle d’Aosta; JavierSchunk, Federazione ACLIInternazionali; Sandro Side-ri, Istituto di Studi Sociali;Alessandra Siniscalco, Uni-versità di Castellanza;Hanna Suchocka, Ambascia-ta della Repubblica di Polo-nia presso la Santa Sede;Alessio Surian, Universitàdi Padova; Lucia Tajoli,Politecnico di Milano;Andrea Tamagnini, UNDP;Barbara Trezzani, CircoloCulturale Italo-Polacco inLombardia; Franco Venturi-ni, Corriere della Sera.

Di passaggio in ISPI

ALUMNI

Andrea Cascone nasce a Napoliil 16 maggio 1973 dove si laureapresso l’Università Federico II inScienze Politiche nel luglio 1996.Sceglie di discutere una tesi inStoria delle Relazioni Internazio-nali che ha come soggetto lerelazioni fra Italia e Cina. Dopo la laurea, frequenta nellostesso anno il Corso in prepara-zione alla Carriera Diplomaticapresso l’Ispi completando ilciclo di studi nel giugno succes-sivo. Il 29 dicembre 1997 vince il

concorso diplomatico e va subitoa ricoprire il ruolo di Segretariodi Legazione in prova.I suoi primi incarichi al Ministe-ro degli Affari Esteri riguardanoinformatica e telecomunicazio-ni, successivamente viene asse-gnato per circa tre anni allaSegreteria Generale presso l’U-nità di Analisi e Programmazio-ne. Nel 2001 riceve la primaassegnazione all’estero, dall’ago-sto di tale anno presta serviziocome Consigliere per gli Affari

Economici presso l’Ambasciatad’Italia a Damasco in Siria, fun-zione che ricoprirà per esatta-mente 4 anni. Attualmente, dopo la sua nomi-na a Console d’Italia, svolge l’at-tività di agente diplomatico pres-so il Consolato Italiano di Cham-bery nell’Alta Savoia francese.Pubblico ufficio al quale è statoassegnato dal settembre 2005. Sposato, padroneggia cinque lin-gue: inglese, francese, spagnolo,portoghese e arabo.

Andrea Cascone

ISPI - Relazioni Internazionali 35

Day by dayGIUGNOGio. 23 Incontro “Fondi strutturali dopo l’allargamento: riforme e risorse” (Michele Pasca Ray-

mondo, Francesco Passarelli)

LUGLIOLun. 4 Incontro “Gli allargamenti dell’Unione: nuovi scenari per le imprese europee” (Fabrizio

Barbaso, Carlo Secchi)Lun. 11 Tavola Rotonda “L’Italia e la politica internazionale” (Boris Biancheri, Gianni Bonvicini,

Enrico Letta, Franco Venturini)Da Lun. 11 a Ven. 15 Corso “Integrazione e istituzioni nell’Unione Europea allargata” (Carlo Altomonte, Gian

Pietro Fontana Rava, Francesco Passarelli, Roberto Santaniello, Lucia Tajoli, Antonio Vil-lafranca)Corso “L’aiuto umanitario” (Marco Bertotto, Gianni Rufini)Corso “La cooperazione internazionale allo sviluppo” (Cristina Scarpocchi, Javier Schunk)Corso “Ambiente ed economia: lo sviluppo sostenibile” (Sara Bin, Gabriele Caiati, MicheleCandotti, Daria Quatrida) Corso “Election monitoring” (Francesca dell’Acqua, Marco Montanari)Corso “L’economia dell’Unione Europea” (Carlo Altomonte, Stefano Colombo)Corso “Project Cycle Management (Pierpaolo Bergamini, Javier Schunk)

Da Lun. 18 a Ven. 22 Corso “Globalizzazione e povertà” (Vittorio Agnoletto, Rodolfo Helg, Sandro Sideri, LuciaTajoli, Antonio Villafranca)Corso “Informazione e sviluppo: il divario Nord Sud” (Luca Cristaldi, Carlo Giubitosa, EzioMargelli, Raffaele Masto, Maria Cristina Negro, Alessio Surian)Corso “Management e tecniche di assistenza umanitaria” (Francesca Ballarin, GiorgioCardone, Emanuele Giordana, Gianni Rufini) Corso “Nazioni Unite e sviluppo” (Andrea Tamagnini, Enrico Turrin)Corso “Digital Divide e sviluppo” (Michele Cocchiglia, Francesca Comunello, Matil-de Ferraro)Corso “Unione Europea e sviluppo” (Roberta Cosentino, Renato D’arca, Maurizio Floridi)

SETTEMBREDa Lun. 5 a Ven. 9 Corso “Diritto” (Paolo Bonetti, Francesco Camilletti)

Corso “I diritti dell’uomo nel terzo millennio” (Francesco Bestagno, Carola Carazzone,Emanuele Fantini, Alberto Malatesta, Alessandra Siniscalco)Corso “Project Cycle Management (Federico Perotti, Javier Schunk)Corso “Unione Europea: mercato e concorrenza” (Angelo Cardani, Francesco Passarelli,Stefano Riela)Corso “Economia” (Marco Merelli)Corso “Il diritto nelle emergenze umanitarie” (Antonella Attardo, Emanuele Fantini,Alberto Malatesta, Ivana Roagna, Silvia Sanna)Corso “La politica estera e di sicurezza comune dell’UE” (Giorgio Aliberti, Rosa Balfour,Antonio Missiroli, Gianguido Palumbo, Alessandro Rotta)Corso “Microfinanza: strumento per lo sviluppo” (Giorgia Carloni, Micol Guarnieri, FabioMalanchini, Lorenzo Saa, Ivan Sannino)Corso “ONG e sviluppo” (Guido Barbera, Primo Di Blasio, Piersilvio Fagiano, Ezio Margelli,Maria Cristina Negro, Michele Novaga, Michele Romano)

Lun. 19 Tavola Rotonda “Germania ed Europa all’indomani del voto tedesco” (Angelo Bolaffi,Thesy Kness- Bastaroli, Katharina Kort, Gian Enrico Rusconi)

OTTOBREVen. 14 Corso “La Turchia alle porte dell’Europa” (Pierangelo Davite, Stefano Dotto, Fran-

co Zallio)Tavola Rotonda "Guardando a est - Opportunità e prospettive per le imprese italiane"

Ven. 20 – Sab. 21 Corso “Emergenze umanitarie” (Marco Bertotto, Gianni Rufini)Corso “Criminalità e terrorismo internazionale” (Gianluca Di Feo, Guido Olimpio, Riccar-do Redaelli, Sandro Tucci)

Lun. 24 Tavola Rotonda “Diritti Umani e cittadinanza in un mondo multiculturale”Incontro “Migrazione, occupazione e crescita” (Maurizio Ambrosini, Boris Biancheri,Diana Bracco, Adriano De Maio, Franco Frattini, Massimo Sordi)Convegno “Le strade verso la libertà” (Gabriele Albertini, Giorgio Basaglia, Boris Bianche-ri, Rocco Buttiglione, Cesare Cavalleri, Mario Cervi, Roberto Formigoni, Antonella Maiolo,Michal Radlicki, Hanna Suchocka, Barbara Trezzani)

Mar. 25 Tavola Rotonda “L’Iraq dopo la costituzione” (Alessandro Colombo, Vittorio EmanueleParsi, Riccardo Redaelli, Franco Zallio)

Ven. 28 Tavola Rotonda “L’Europa nelle relazioni internazionali: quale diritto per l’Unione Euro-pea?” (Enzo Moavero Milanesi, Antonio Padoa Schioppa, Fausto Pocar, Giorgio Sacerdoti)

ISPI - Relazioni Internazionali36

Periodico quadrimestrale registrato al Tribunale di Milano al n. 400 del 3/6/88Editore: Istituto per gli Studi di Politica Internazionale – ISPI – Via Clerici, 5 – MilanoDirettore responsabile: Franco BruniCoordinamento: Antonio VillafrancaEditing: Francesca Bertini, Silvia Dell’AcquaStampa: Nuova Polistylegraf srl – Corso S. Gottardo, 12 – Milano

Per essere inseriti nella mailing list dell’Ispi, scrivere a:[email protected] o chiamare 02 8693053

Per informazioni sulle attività dell’Ispi: www.ispionline.it

Anno XIII - n. 21 - Ottobre 2005ISPI Relazioni Internazionali

PRESIDENTE: Boris BiancheriVICE PRESIDENTI: Franco Bruni (Direttore del Comitato Scientifico), Carlo Salvatori, Carlo SecchiAMMINISTRATORE DELEGATO: Giovanni Roggero FossatiSEGRETARIO GENERALE: Paolo Magri

3 AREA FORMAZIONEFederica Adami, Eleonora Bolis, Fabio Bucchioni, LuisaCucchi, Francesca Robbiati, Enrico Sabatini (stagiaire)

3 AREA EVENTI E PROGETTI SPECIALIAlessandro Alfieri (collaboratore esterno), Francesca Bertini, Emanuela Brunetti (stagiaire), Francesca Delicata, Gianpietro Fontana-Rava (collaboratore esterno),Carmela Gravina, Silvia Invrea (collaboratore esterno),Claudio Maffioletti, Marialaura Mazzola, Anna Senn, SandroTucci (collaboratore esterno), Stella Zamprogno (collaboratore esterno)

3 STAFFAmministrazione: Anna Azzarito, Mariabarbara Costa,Francesca MerliBiblioteca, Emeroteca e Pubblicazioni:Elia Grassi, Renata Meda, Marta Pozzato(collaboratori esterni)Ricerca: Cristina CrivelliSegreteria: Barbara TammisoServizi generali/Altri collaboratori:Giuseppina Cereda, Francesco Moi, Valeria Sciscioli

3 AREA RICERCA

Osservatorio Europa: Antonio Villafranca, FrancescoPassarelli, Silvia Dell’Acqua, Raffaele Caso (stagiaire)

Osservatorio Politica di prossimità: Lucia Tajoli, Serena Giusti(Est Europa), Franco Zallio, Valeria Talbot

Osservatorio Sicurezza e studi strategici: AlessandroColombo, Carlo Giunipero

Osservatorio Asia/Focus China: Maria Weber, Elisa Calza, Stefano Raimondi (stagiaire)

Programma Argentina: Antonella Mori

3 RICERCATORI ASSOCIATI

Carlo Altomonte, Giacomo Boati, Marta Calì, Andrea CaratiGiovanni Marco Carbone, Giovanni Colombo, Aldo Ferrari,Maurizio Ferrera, Alberto Malatesta, Nicoletta Marigo,Donato Masciandaro, Marco Pedrazzi, Riccardo Redaelli,Paolo Ruspini, Sandro Sideri, Corrado Stefanchi