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CAPITOLO SETTIMO
IPOTESI DI CONSOLIDAMENTO PER IL TEMPIO DI SAN BIAGIO
IN MONTEPULCIANO
7.1 LA MESSA IN SICUREZZA E IL MONITORAGGIO DELLE LESIONI
Dopo aver compiuto attente verifiche sugli elementi fondamentali della
composizione e sulla situazione statica del monumento quali: ricognizione,
rilievo del quadro fessurativo, indagine diretta statisticamente significativa della
composizione dei pilastri tramite carotaggi e conseguente accertamento della
tecnica costruttiva, accertamento della concentrazione dei carichi, studio delle
correlazioni esistenti tra le lesioni riscontrate e il graduale cedimento del
terreno, sono stati approntati, sui due pilastri maggiormente danneggiati, dei
ponteggi per la messa in sicurezza dell’edificio ( cfr. foto 174-175).
174-Ponteggio di sicurezza del pilastro a 175-Ponteggio di sicurezza del pilastro a sud-est nord-ovest
E’ stata poi previsto un monitoraggio delle lesioni, finanziata dalla
Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici delle province di Siena e
Grosseto e condotta dallo studio del prof. Croci, allo scopo di registrare
periodicamente l’apertura o la riduzione dell’ampiezza delle lesioni, le
inclinazioni, le deformazioni in genere.
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176-177 Fessurimetri posti sui pilastri interni del Tempio. 178- Inclinometro
Sono stati collocati otto fessurimetri e un inclinometro1, (cfr. foto176-178),
collegati ad una unità di acquisizione dei dati che registra e trasmette i dati stessi a
intervalli prestabiliti, permettendo di seguire ogni evoluzione in atto. Inoltre è stato
effettuato un primo consolidamento, soprattutto per la messa in sicurezza delle
schegge di materiale in fase di distacco, con sigillatura delle lesioni attraverso
iniezione di resina epossidica pura EPO 150 della CTS, iniettata per caduta mediante
bicchierini in pongo, fino al riempimento della lesione (cfr. foto 179).
179- Bicchierino di iniezione 180- Lesione risarcita
1 Per la cui posizione sui pilastri si rimanda alla tavola di rilievo del quadro fessurativo interno.
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In alcuni casi si è reso necessario un consolidamento con imperniature con
barre in vetroresina e iniezione di resina epossidica di stessa natura di quella
usata nelle altre lesioni dei pilastri angolari.
7.2 IL CONSOLIDAMENTO DEL TEMPIO DI SAN BIAGIO: TRE IPOTESI DI
INTERVENTO
Una volta affrontata l’anamnesi e la diagnosi del manufatto, ci siamo
concentrati sulla necessità di predisporre una terapia adeguata per il restauro
dei pilastri interni, che tenesse conto delle problematiche riscontrate e delle
caratteristiche peculiari di questo monumento.
Il progetto di una tecnica di consolidamento deve necessariamente
passare attraverso varie fasi di studio, sintetizzabili nei seguenti punti:
conoscenza del supporto
conoscenza del comportamento della struttura muraria prima e dopo
l’intervento
scelta dell’intervento
esecuzione corretta della tecnica
verifica dell’efficacia dell’intervento
Alla luce delle informazioni raccolte a riguardo, risulta pregiudiziale a qualsiasi
intervento di consolidamento:
un accertamento sulle modalità esecutive dell’apparato fondale
una riflessione sulle modalità di sconfinamento dei movimenti del sedime
di appoggio di tali strutture basamentali
il controllo delle permeazioni dell’acqua di percolazione, predisponendo
un sistema di smaltimento delle acque meteoriche, così come previsto anche
nella relazione geologica “Palazzi”del 1987.
Visto il particolare pregio architettonico, il valore storico e quindi la
necessità di mantenere l’aspetto originario di questo monumento, le modalità di
consolidamento attuabili sulle murature dei pilastri angolari, potrebbero essere
configurabili all’interno di due tipologie, che rappresentano concezioni
filosoficamente differenti:
confinamento dell’espulsione in atto tramite riaggregazione e
consolidamento del paramento e del sacco interno mediante iniezioni, in alcuni
punti armate
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ricentratura del carico superiore tramite la sostituzione parziale del
paramento ed incremento della portanza del sacco interno
Proprio la delicatezza dell’intervento, del caso in esame, ha suggerito lo
studio di almeno tre soluzioni di intervento, che permettessero un confronto e la
valutazione degli aspetti positivi e dei limiti delle varie tecniche di
consolidamento. La prima ipotesi rientra nella prima tipologia, le altre due nella
seconda.
181- Sezione dei pilastri
7.2.1 PRIMA IPOTESI DI CONSOLIDAMENTO: riaggregazione del paramento
e del sacco interno dei due pilastri, attraverso iniezioni.
Questa tecnica di consolidamento può essere considerata efficace, visto
il valore storico e il pregio architettonico dell’edificio in oggetto, per le sue
caratteristiche di “metodo passivo” proprio perché non richiede l’esecuzione di
operazioni tali da alterare l’equilibrio o l’aspetto esteriore della struttura
originaria.
Dagli accertamenti e dalle indagini effettuate su due dei pilastri in
questione, si è potuto constatare la presenza di lesioni diffuse e di una certa
entità sul paramento esterno in travertino (cfr. foto 183-186) e supporre,
all’interno della muratura a sacco, una percentuale relativamente elevata di
vuoti dovuti al degrado progressivo dei materiali che la costituiscono2.
2 La condizione interna della muratura dovrà essere accertata tramite prove soniche effettuate prima e dopo l’intervento consolidativo, come verrà esplicitato più avanti.
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182- Pianta con localizzazione dei due pilastri più danneggiati
183- Lesione sul pilastro 1 184- Lesione sul pilastro 1
185- Lesione sul pilastro 2 186- Lesioni sul pilastro 2
Anche per questo motivo un intervento attraverso iniezioni di
riaggregante all’interno della muratura risulta appropriato, visto che una
1
2
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condizione essenziale affinché questo tipo di trattamento vada a buon fine, è
appunto che esista la “possibilità fisica” di far penetrare all’interno del corpo
murario le miscele leganti. Quest’ultime eserciteranno il loro ruolo di
miglioramento delle prestazioni meccaniche della muratura, sia eliminando
almeno in parte le cavità presenti, sia rafforzando i legami fra i vari componenti
della muratura stessa. In alcuni casi, da valutare, si potrà anche prevedere
l’inserimento di barre di acciaio di rinforzo all’interno della muratura dei pilastri
(iniezioni armate).
Volendo a questo punto indicare una procedura di intervento avremo:
1) Diagnosi preventiva attraverso l’esecuzione di indagini soniche che
permettano una verifica della omogeneità della struttura muraria e una verifica
dei vuoti presenti e del distacco dei materiali. Può anche essere fatta una
verifica della iniettabilità della struttura attraverso iniezioni di prova.
2) Scelta ponderata del riaggregante da impiegare.
3) Modalità esecutiva
4) Prove di controllo post-trattamento.
1) Diagnosi preventiva
Come già accennato, l’intervento di iniezione consiste nel far penetrare la
miscela legante, in pressione o per colo a seconda dello stato di degrado della
muratura, nei vuoti presenti all’interno della stessa. E’ evidente che l’efficacia di
tale operazione dipende dalla possibilità della miscela iniettante di permeare e
diffondersi sufficientemente all’interno della massa muraria in modo da
raggiungere tutti gli interstizi presenti. Per questo motivo risulta necessario
procedere, in primo luogo, all’esecuzione di Indagini soniche che forniscano
informazioni utili sullo stato di degrado della muratura e permettano, se ripetute
dopo l’intervento di iniezione mediante un confronto prima-dopo, di verificare
l’efficacia e la diffusione della miscela riaggregante all’interno della muratura. La
prova sonica viene effettuata attraverso un apparecchio di registrazione
collegato elettronicamente ad un martelletto che misura il tempo intercorso tra
l’urto e l’arrivo dell’onda elastica. La velocità di trasmissione aumenta con la
densità del mezzo, adeguando corrispondentemente ampiezza e frequenza.
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A velocità più elevate corrispondono materiali migliori, velocità più basse
indicano invece materiali scadenti o comunque lesionati, poiché le lesioni
rallentano la velocità di trasmissione delle onde.
Registrazioni di incrementi di velocità per effetto, ad esempio, di
un’iniezione, denotano maggiore compattezza e forniscono quindi,
un’indicazione della buona riuscita dell’intervento.
Le prove possono essere di tipo diretto ( la sonda e il punto d'impulso
sono posizionate in modo simmetrico sulle facce opposte della parete3), semi-
diretto (si posizionano i due punti nelle facce, ortogonali del paramento4) o
indiretto (il punto d'impulso viene scelto sulla stessa faccia dove si trova la
sonda ricevente), che risulta essere il metodo meno sensibile perché risente
soprattutto della composizione dello strato superficiale, che può essere diversa
dagli strati profondi. E’ buona norma effettuare più tipi di misurazione allo scopo
di avere un quadro il più completo possibile delle caratteristiche dell’elemento in
esame.
187- Prova sonica
2) La scelta del riaggregante
La scelta del riaggregante da utilizzare per le iniezioni deve seguire una
attenta analisi delle caratteristiche del materiale da consolidare, in particolare la
porosità. Le caratteristiche generali richieste al riaggregante sono:
3 Risulta il tipo di trasmissione più sensibile, ma richiede l'accessibilità alla faccia interna della muratura, che nel nostro caso non è possibile. 4 Data l'incertezza della lunghezza della linea di trasmissione risulta meno sensibile del metodo precedente.
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- Caratteristiche meccaniche: si richiede generalmente una resistenza
meccanica e caratteristiche di deformabilità (modulo elastico e
coefficiente di Poisson) simili a quelle della muratura originaria;
- Penetrabilità: per ottenere un’elevata penetrabilità della miscela i
materiali impiegati devono presentare omogeneità ed assenza di grumi,
granulometria fine, e scarsa viscosità allo stato fluido;
- Presa e indurimento: il tempo di presa deve essere adeguato alle
procedure d'impiego e quindi non deve essere eccessivamente breve o
prolungato; l'indurimento può essere richiesto anche alle basse temperature; il
ritiro dev’essere assente o limitato;
- Proprietà chimiche: le caratteristiche chimiche devono rimanere stabili
nel tempo e le reazioni irreversibili; è opportuno che si instaurino forti legami
chimici con i materiali esistenti;
- Caratteristiche igroscopiche: si richiede che la miscela non risulti
solubile in acqua, non vari il proprio volume con l'umidità e non crei una barriera
alla libera circolazione del vapore;
- Caratteristiche di economia: il materiale deve naturalmente risultare
poco costoso e di facile reperibilità ed impiego.
E’ quindi necessario, in sintesi, che il riaggregante scelto risulti
compatibile con il suppotro, e non provochi cioè reazioni chimiche dannose.
Questa garanzia rende accettabile anche l’irreversibilità del processo di
penetrazione in profondità della miscela. Inoltre il coefficiente di dilatazione
termica del riaggregante e quello della muratura da consolidare dovranno
essere simili, e non dovranno svilupparsi tensioni interne alla struttura muraria
derivanti da un veloce ed elevato sviluppo delle resistenze meccaniche.
Dalle analisi effettuate sulle carote prelevate dai due pilastri angolari,
riportate nella relazione del Dott. Geologo Paolo Pierattini5, si desume che il
sacco interno è costituito da un calcestruzzo i cui frammenti lapidei grossolani
sono dati da arenaria a cemento calcareo molto compatta, calcare marnoso a
grana fine, calcareniti, travertino, calcare organogeno, laterizio. Le
caratteristiche fisiche di questi ( resistenza a compressione pari a 900 KG/ cmq)
sono migliori rispetto a quelli della malta che li lega, che presenta una maggiore
porosità (P%)e un valore elevato di porosità all’acqua (WP%) , con la totalità dei
5 Cfr. capitolo 4.
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pori di dimensioni tali da far penetrare l’acqua ( macropori e mesopori)6. La
malta risulta quindi essere l’elemento debole di questo impasto.
Infine le resistenze di rottura a compressione della malta risulta stimabile
intorno ai 35 KG/cmq7.
Come sufficientemente descritto nel capitolo quarto, su un volume totale
pari a 1,8 mc a metro quadrato di superficie verticale proiettata, è presumibile la
possibilità teorica di effettuare un riempimento di miscele leganti per circa il
70% del parametro WP% (compreso tra il 30% e il 45%) e cioè per circa:
min. 0,32 mc a metro quadrato
max. 0,47 mc a metro quadrato.
Date quindi le caratteristiche chimiche, meccaniche e fisiche proprie della
struttura in esame, la scelta del riaggregante dovrà ricadere su prodotti: privi di
cemento quindi compatibili, dal punto di vista chimico, con i solfati presenti nella
muratura; che garantiscono una miscela estremamente fluida e coesiva quindi
omogeneamente iniettabile ma con bleeding8 assente; resistenze meccaniche
non elevate (compatibili con quelle notoriamente basse della muratura storica)
che evitino la creazione di punti di irrigidimento e stati tensionali in grado di
generare fenomeni fessurativo (lo scopo principale delle iniezioni non è, infatti,
quello di far lievitare la resistenza a compressione dei vari elementi ma quello di
sfruttare al massimo quella disponibile, riaggregando e riomogeneizzando il
tessuto della struttura e quindi il suo comportamento meccanico); uno sviluppo
del calore modesto in fase di indurimento che rimuovano il problema
dell’aumento del volume della massa iniettata con formazioni di microlesioni
della struttura. Dovendo intervenire, infatti, su murature molto spesse, quali
appunto quelle storiche, la generazione di calore da parte della miscela
iniettata, spesso in grosse quantità all'interno della muratura, provocherebbe
l'instaurarsi e la formazione di elevati gradienti termici tra la parte più interna
delle zone consolidate e le superfici esterne, con il rischio di provocare
eccessive dilatazioni ed addirittura nuove fessurazioni all'interno degli stessi,
pregiudicando in partenza l'esito delle operazioni di consolidamento.
Tutto questo risulta certamente di primaria importanza per la riuscita
dell’intervento. Sul mercato oggi esistono prodotti che possono garantire questi 6 L’elevata porosità risulta però utile per la circolazione del riaggreganti all’interno del materiale. 7 Per maggiori dettagli riguardo le caratteristiche dei materiali si rimanda al capitolo quinto. 8 Fenomeno in cui l’acqua tende a separarsi dal legante; pericoloso in prossimità dei materiali lapidei che assorbendo l’acqua, riducono il grado di permeabilità del legante, abbassando contemporaneamente l’adesione allo scheletro inerte.
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requisiti, anche se risulta complicato trovare un prodotto che possa realmente
riunire insieme tutte queste caratteristiche, per cui si rende necessaria una
scelta ponderata in base a quanto richiesto dall’intervento specifico e dalle
procedure attuabili.
3) Le modalità esecutive
L’esecuzione delle iniezioni risulta una operazione articolata che richiede
attenzione e precisione nelle varie fasi in cui si esplica. Una non corretta
esecuzione delle opere potrebbe compromettere il risultato finale. Le fasi per
una corretta esecuzione dei lavori sono le seguenti:
Preparazione della parete: poiché il rivestimento esterno del
pilastro è in travertino è possibile preparare la superficie ricoprendola
con un intonaco a base di calce a bassa resistenza tale da poter essere
facilmente rimosso( intonaco di sacrificio), oppure compiendo una
stilatura dei giunti e sigillatura delle fessure presenti per evitare la
fuoriuscita della miscela durante l'operazione di iniezione. E' bene
utilizzare malte di calce e sabbia o calce e cemento con caratteristiche di
deformabilità il più possibile simili alla malta della murature. Sono anche
in uso stucchi speciali e adesivi strutturali scelti tra la vasta produzione
industriale.
Tracciamento del reticolo di foratura: prima di eseguire le
perforazioni va studiata attentamente la loro ubicazione e geometria
(diametro, profondità e inclinazione). Risulta perciò importante
determinare il raggio d'azione del foro cioè la massima distanza dal foro
raggiungibile dalla miscela. Per fare ciò si pratica nella muratura un foro
principale da cui sarà introdotta la miscela ed una serie di altri fori a
distanze diverse. Durante l'iniezione si chiudono i fori da cui man mano
esce la miscela finché il processo si interrompe. La distanza dell'ultimo
foro otturato dal foro principale fornisce il raggio d'azione cercato.
I fori di diametro pari a 12 - 24 mm verranno eseguiti inclinati
verso il basso, sino ad una profondità pari ai ¾ dello spessore della
muratura secondo uno schema predeterminato in fase di progetto.
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188- Disposizione dei fori di iniezione
189-Schema del reticolo di foratura
Esecuzione dei fori: decisa la geometria e la localizzazione dei
fori si procede alla loro realizzazione. È opportuno utilizzare perforatrici a
rotazione, in particolare carotiere, in modo da non trasmettere alla
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struttura vibrazione e scuotimenti dannosi. Sono da evitare trapani a
roto-percussione o percussione.
Posizionamento dei tubetti di rabbocco: nei fori praticati vanno
inseriti i tubetti che possono essere costituiti da rame, alluminio o resine
sintetiche. Generalmente sono previsti attacchi per l'innesto rapido del
tubo di mandata, ed è bene lasciare fuoriuscire il tubetto di una certa
quantità in modo da garantire una certa sovrapressione al termine
dell'operazione. Infine, vanno sigillati alla parete con malta a presa
rapida sia per evitare l'espulsione durante l'iniezione che per evitare
l'uscita della miscela nella giunzione. Si esegue poi (se possibile) un
lavaggio preventivo della muratura con iniezioni d’acqua.
190–Cantiere-particolare dell’intervento 191- Cantiere-particolare dell’intervento di iniezione di iniezione
192- Cantiere-particolare dell’intervento 193- Cantiere-particolare dell’intervento di iniezione di iniezione
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Può risultare utile individuare e segnare le lesioni più profonde e quelle
più superficiali, indicandole con diverso colore dei boccagli; ponendo poi in
corrispondenza di ogni foro di iniezione un cartellino con l’indicazione della
quantità di malta assorbita sarà possibile verificare, seppur quantitativamente,
l’omogeneità della diffusione del riaggregante, confrontando le quantità
assorbite in ogni zona con “l’intensità” della fessurazione preventivamente
rilevata nella stessa zona.
Esecuzione delle iniezioni: una volta fissati i tubi di iniezione nei
fori praticati si comincia ad iniettare la miscela a bassa pressione,
iniziando dalle file più basse risalendo progressivamente verso quelle più
alte, in considerazione dell’entità di carico idraulico sopportabile dalla
muratura. Ad iniezione completata si sigillano gli iniettori proseguendo
l’operazione nelle file dei fori posti ai livelli superiori. Risulta molto
importante la pressione esercitata per iniettare la miscela; una pressione
insufficiente non permette, infatti, di occludere completamente i vuoti,
mentre una pressione elevata può recare danno alla muratura ed
intrappolare bolle d'aria che impediscono alla miscela di saturare i vuoti,
(cfr. fig. 194). Il valore ottimale si determina per tentativi partendo da
valori di 1 atm per poi salire gradualmente fino ad un limite massimo di 6
atm, da applicare solo in casi particolari.
194- Effetto di pressioni inadeguate nelle iniezioni
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Tutte le diverse operazioni dovranno essere organizzate secondo una “
check list”, preventivamente predisposta, ove verranno indicate le quantità di
miscela via via assorbita in ogni foro.
Come già accennato all’inizio di questo paragrafo, vista la diffusione delle
lesioni, spanciamenti e distacchi incipienti di materiale sui due pilastri in
questione, data anche la forma dei conci dei paramenti esterni in travertino, che
presentano, salvo che per alcuni elementi architettonici sporgenti (vedi le
mezze colonne a parasta), una configurazione a tronco di piramide, con il
contatto di allettamento presente soltanto in corrispondenza della superficie
esterna9, potrebbe risultare necessario, oltre ad iniezioni a chiusura delle lesioni
più profonde e con materiale in fase di distacco, l’inserimento di armature
metalliche nella muratura, precedentemente consolidata, tale da garantire
l’ammorsamento e il ricongiungimento delle parti lesionate del paramento di
travertino e del sacco, e il rinforzo dell’intero elemento strutturale e un
miglioramento della resistenza a trazione. In corrispondenza delle lesioni verrà
quindi effettuato uno schema di forature incrociate nelle quali verranno inserite
le barre di acciaio ad aderenza migliorata (Ǿ12 mm), che dovranno risultare
ben collegate, rese collaboranti con la struttura con iniezioni di riaggregante.
Per essere efficaci le staffe devono essere poste ad un interasse non
superiore alla metà della dimensione del lato più corto del pilastro (cfr. fig.195).
9 Cfr. capitolo 4.
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195-Reticolo per iniezioni armate.
Per assicurare una efficace protezione nei confronti della corrosione, e
garantire quindi la durabilità, occorre assicurare una perfetta aderenza tra la
malta e la superficie dell’acciaio. Procedimenti efficaci di protezione, oltre a
quella offerta dalla malta di iniezione, sono la zincatura, la protezione con
vernici epossidiche ecc.
La tecnica delle iniezioni armate è sicuramente più radicale rispetto a
quella delle iniezioni semplici, per cui questo tipo di intervento deve essere
proceduto da una valutazione specifica sulla compatibilità con il carattere
storico della costruzione e da una valutazione delle possibili conseguenze
negative che l’alterazione nella distribuzione delle rigidezze può indurre nella
struttura nel suo insieme; è quindi necessario evitare una eccessiva rigidezza
della struttura che risulterebbe dannosa anziché migliorativa, limitando
l’intervento allo stretto necessario. Il vantaggio di avere rigidezze confrontabili
consiste nel fatto che quando la muratura viene compressa si evita la
concentrazione degli sforzi, mentre quando è tesa viene facilitata una
microfessurazione più diffusa, che meglio consente alla muratura di adattarsi
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alle varie situazioni di carico; la microfessurazione consente anche una certa
dissipazione di energia sotto eventuali azioni sismiche.
4) Controllo dei risultati
Una volta terminato l’intervento di consolidamento, verranno compiute
prove di controllo dei risultati, per accertare l’efficacia della campagna di
iniezione, che ne certifichi la qualità. Attraverso la compilazione di una “check
list” delle caratteristiche da controllare durante e dopo i lavori si potranno
verificare l’incremento di resistenza, la diffusione del legante e la riduzione della
porosità della muratura raggiunti. Gli strumenti atti a questa verifica saranno
quelli dell’indagine preventiva (prove soniche) e la strumentazione usata per il
monitoraggio (sensori termici, estensimetri , fessurimetri, misuratori di
deformazione).
Spesso, tenendo conto che le singole prove hanno una attendibilità limitata,
conviene infatti riferiti a una serie di controlli su diversi parametri dal cui
confronto dei risultati si può migliorare sensibilmente la validità e attendibilità
globale delle informazioni acquisite. L’accettazione finale di un lavoro di
consolidamento deve comprendere un controllo dei seguenti punti:
I criteri progettuali, basati su una diagnostica attendibile, devono
essere stati correttamente applicati, soddisfacendo i requisiti di
sicurezza;
Gli interventi devono corrispondere a quanto previsto in progetto;
I materiali impiegati devono essere certificati sia con prove
preliminari, sia durante l’esecuzione dell’opera, confermando la
qualità e l’idoneità per essere usati nelle specifiche condizioni di
lavoro;
Lo sviluppo dei lavori deve essere in accordo con le specifiche
progettuali.
Concludendo possiamo dire che questo tipo di intervento risulta
accettabile ma presenta alcuni limiti non trascurabili. Infatti tale modalità ha
qualche validità come misura temporanea di sconfinamento provvisorio e vista
la diffusione delle lesioni e le progressive sostituzioni di materiale dei paramenti
eseguite nel tempo con riprese di malta (vedi tavola pilastri), l’intervento
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potrebbe risultare di scarsa efficacia per la possibile evoluzione nel tempo dei
fenomeni in atto.
Questa riflessione ci ha convinto a continuare lo studio alla ricerca di
altre metodologie di intervento più opportune, anche se di più complessa e
economicamente più onerosa attuazione.
7.2.2 SECONDA IPOTESI DI CONSOLIDAMENTO: incamiciatura di
sostegno
Dai risultati ottenuti dalla modellazione numerica dello schema costruttivo
del Tempio, correlati con le specifiche osservazioni sui plessi fessurativo in atto,
si può affermare che un consolidamento più opportuno per i pilastri potrebbe
realizzarsi attraverso la ricentratura dei carichi trasferiti dagli arconi a sostegno
del tamburo della cupola, sostituendo parzialmente il paramento fratturato con
travertino proveniente dalla stessa cava degli elementi originali (cave di
Sant’Albino). Tale obiettivo potrebbe essere raggiunto attraverso la
progettazione di una incamiciatura di sostegno in cemento armato, realizzata in
aderenza al paramento in travertino e una cerchiatura metallica esterna alla
incamiciatura stessa. Questa soluzione costituirebbe sia una prima opera
“provvisionale” di messa in sicurezza, ma permetterebbe anche, in un secondo
momento, il rafforzamento statico dei pilastri, in assoluta sicurezza.
Un intervento di questo tipo venne realizzato negli anni ’80 del
novecento, per il consolidamento dei quattro piloni del tiburio del Duomo di
Milano. In quella circostanza la cerchiatura metallica e l’incamiciatura in
cemento armato erano appunto servite come intervento di urgenza per la
messa in sicurezza del monumento e solo anni dopo si procedette alla
sostituzione delle parti lesionate dei pilastri con nuovi elementi in marmo di
Condoglia prelavorati e immediatamente collaboranti (cfr. fig. 196-197).
192
196- Sezione-Progetto di incamiciatura per i 197- Prospetto-Progetto di incamiciatura
pilastri del Duomo di Milano per i pilastri del Duomo di Milano
Le condizioni in cui versavano i piloni del Duomo di Milano e i problemi
strutturali allora riscontrati, pur con tutte la dovute differenze, presentano delle
similitudini con la situazione dei pilastri del Tempio di San Biagio. In primo luogo
l’azione giocata dal terreno, in relazione ai movimenti della falda freatica, che in
entrambi i casi risulta essere una delle cause del dissesto statico di questi
monumenti.
In secondo luogo, pur essendo la dimensione dei pilastri adeguata a
sopportare i cariche delle strutture sovrastanti, la tecnologia costruttiva
impiegata, l’eterogeneità dei materiali, la loro vetustà, il deterioramento e molto
spesso l’assenza di coesione e ripartizione delle malte originarie degradatesi
nel tempo anche a causa delle infiltrazioni d’acqua, hanno esaltato gli effetti
deleteri dei cedimenti precedentemente accennati.
Visto le affinità tra le due situazioni abbiamo ritenuto di una certa validità
l’adeguamento dell’intervento operato a Milano ad un progetto specifico per il
Tempio di San Biagio.
La procedura di intervento dovrebbe essere la seguente:
1) Campagna di indagini preliminari
2) Fase preparatoria
3) Fase operativa
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1) Indagini preliminari
Prima di procedere al restauro dei pilastri si dovrà predisporre una
indagine geotecnica e dei saggi fondali. Individuato il dimensionamento effettivo
della fondazione si compieranno delle verifiche e se necessario si provvederà a
redarre un progetto di allargamento delle fondazioni con sottomurazione.
La mappatura delle lesioni dei pilastri eseguita durante la campagna di
rilievo servirà da guida durante la fase di sostituzione degli elementi di
travertino lesionati.
Avendo individuato l’andamento delle forze agenti sui pilastri e
provenienti dalle strutture superiori, quali arconi e cupola, potranno essere
predisposte delle prove di carico e delle misurazioni di controllo sulle strutture.
2) Fase preparatoria
Il sostegno provvisorio dei due pilastri realizzato con incamiciatura in
cemento armato imposterà direttamente sulla parte superiore delle fondazioni e
si arresterà appena sotto i capitelli per una altezza di circa 8 m. Questa
incamiciatura verrà gettata in aderenza al paramento in travertino, avendo
preventivamente calcolato il coefficiente di aderenza, tra il calcestruzzo e il
travertino, idoneo alla funzione provvisoria di contenimento e sostegno.
Un limite di questa operazione consiste nell’eccessivo ritiro del
calcestruzzo, che dovrà essere ridotto attraverso opportuni accorgimenti.
Per quanto riguarda la cerchiatura esterna all’incamiciatura, sarà
realizzata con struttura metallica estesa per tutta l’altezza del pilastro in modo
da aumentare la sicurezza in fase di restauro.
Un evidente problema per quanto riguarda la cerchiatura metallica è dato
dal fatto che i pilastri di San Biagio non sono isolati ma addossati alle pareti
d’andito della croce. Per questa ragione dovranno essere predisposti appositi
fori nella muratura delle pareti al fine di farvi passare la struttura metallica e
permettere una cerchiatura efficace del pilastro (cfr. fig. 198).
La struttura metallica sarà realizzata con travi in ferro e anelli orizzontali
muniti di tenditori per il bloccaggio.
Dette cerchiature, dimensionate con ampio margine di sicurezza,
garantiranno una maggiore resistenza alla struttura di sostegno in cemento
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armato e verrà rimossa progressivamente durante le operazioni di sostituzione
e riaggregazione degli elementi del pilastro.
198- Schema per l’incamiciatura dei pilastri del Tempio di San Biagio
Il progetto delle due strutture di sostegno, una volta verificato, garantirà
un coefficiente di sicurezza accettabile; delle prove su modelli appositamente
realizzati permetteranno di verificare che i cedimenti sui pilastri siano ridotti al
minimo, che le deformazioni siano accettabili e che vi sia assenza di lesioni sui
conci sostituiti.
Non potrà essere trascurata la tollerabilità del resto della struttura per
effetto della trasmigrazione dei carichi dovuta ai cedimenti operativi in fase di
restauro.
3) La fase operativa
Una volta eseguita l’incamiciatura e la cerchiatura metallica si
provvederà ad approntare le attrezzature per il taglio (disco diamantato) e per
la perforazione a secco all’interno dei pilastri con attrezzature speciali per il
carotaggio che riducano al minimo la vibrazioni.
I sistemi e le tecnologie utilizzate saranno da un lato estremamente
avanzate, dall’altro estremamente semplici diremo “primordiali” come l’uso del
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cuneo e della mazza per lo smontaggio delle strutture di rinforzo e gli elementi
da sostituire.
L’intervento sul pilastro comincerà dall’alto verso il basso. Si provvederà
ad eseguire un primo taglio verticale sull’incamiciatura in cemento armato, e
della cerchiatura orizzontale con speciali macchine tagliapareti con disco
diamantato, e un secondo orizzontale mediante carotatrice. Rimosso il solo
calcestruzzo, ma avendo ancora in opera le cerchiature di sicurezza della
incamiciatura, si potranno eseguire sondaggi esplorativi sui conci portati alla
luce, attraverso trapano a punte da 6-8 mm di diametro, per individuare tutti gli
spessori dei materiali, ottenendo infine una sorta di radiografia stratigrafica della
struttura.
Effettuata la cavità all’interno del pilastro si provvederà manualmente alla
rifinitura dei piani orizzontali e verticali, ( avendo preventivamente consolidato il
sacco interno, sfruttando le sue specifiche caratteristiche fisiche già descritte in
precedenza, dove non risulti necessaria la sua sostituzione totale con blocchi
pieni di travertino).
A questo punto verranno realizzate delle sagome di cartone (“dime”),
rifinite con la massima precisione nelle forme e misure che dovranno poi avere i
singoli nuovi conci di travertino. Le “dime” verranno spedite al cantiere dove
verranno realizzati i nuovi elementi in travertino.
Una volta in possesso dei nuovi elementi si provvederà a applicare una
malta, con caratteristiche analoghe a quella originaria, nelle superfici interne del
pilastro e vi si inserirà il nuovo concio con l’ausilio di elementi in acciaio su cui
farlo scorrere, che verranno subito rimossi.
Per ridurre al minimo i cedimenti locali e per realizzare l’immediata
collaborazione dei nuovi blocchi di travertino con il resto della struttura,
potrebbe essere utilizzato lo stesso procedimento scaturito dall’esperienza
Milanese. Lì infatti il blocco che chiudeva in alto ogni singola cavità era
costituito da un concio “a serraglia” ottenuto dal suo sdoppiamento in due parti
lavorate a cuneo. La parte superiore veniva forzata orizzontalmente con ripetuti
colpi di pesanti mazze, in modo che la forza orizzontale applicata nella messa
in opera del concio, determinasse la necessaria componente verticale tale da
rendere immediatamente attivi anche i nuovi conci sottostanti già inseriti e
quindi subito disponibili a portare i carichi presenti nella struttura in quel settore,
senza determinare cedimenti significativi.
196
Questo accorgimento potrebbe risultare essenziale nel nostro caso,
come lo fu nel caso del Duomo di Milano.
Quando tutti gli elementi saranno sostituiti e saranno rifinite le parti in
vista, il risultato sarà quello di aver ottenuto un pilastro di aspetto identico a
quello originario ma evidentemente con una resistenza maggiore.
7.2.3 TERZA IPOTESI DI CONSOLIDAMENTO: sostituzione del
paramento fratturato attraverso disarticolazione sommitale del paramento
stesso con l’ausilio di una struttura metallica di sconfinamento e contenimento.
Come già visto in precedenza, il consolidamento più opportuno pei i
pilastri sembrerebbe realizzarsi attraverso la ricentratura dei carichi trasferiti
dagli arconi a sostegno del tamburo della cupola. Abbiamo ritenuto necessario
approfondire un’altra ipotesi che, pur seguendo lo stesso principio di quello
sopra descritto, ne costituisce una variante.
Infatti al contrario del caso precedente in cui l’incamiciatura di sostegno
andrebbe rimossa durante le operazione di sostituzione del paramento in
travertino, si può pensare di intervenire invece su un pilastro libero che
permetta di “vedere” direttamente dove si va ad intervenire, con possibilita’ di
correzione “in progress” dell’intervento.
Tale obbiettivo viene ragionevolmente raggiunto producendo fisicamente
una disarticolazione orizzontale fra due conci a contatto nelle zone del
paramento dei pilastri A) B) C), in modo da ridistribuire verso la parti laterali o
tergali i flussi delle azioni provenienti dalle porzioni superiori della costruzione.
Non esistendo zone laterali, la ridistribuzione avverrà verso l’interno del
nucleo costituito dal sacco.
197
199- Geometria media rilevata sui quattro pilastri angolari porta-tamburo.
E’ chiaro che il conglomerato che costituisce il sacco dell’intero pilastro,
dovrà essere preventivamente consolidato sfruttando le sue specifiche
caratteristiche fisiche così come descritte in precedenza, mentre nelle zone in
crisi avverrà la sostituzione del travertino, che ha oramai smarrito la sua
originale resistenza. Si sostituiranno quindi i conci di travertino lesionati con
materiale prelevato dalle cave originarie (cave di Sant’ Albino) e si consoliderà il
sacco interno, compromesso nel corso dei secoli dall’umidità di risalita e dalle
infiltrazioni delle acque meteoriche, grazie a malte specifiche. E’ chiaro altresì
che lo studio della fattibilità di tale disarticolazione dovrà esser oggetto di
specifico approfondimento e la sua fisica attuazione potrà esser posta in essere
solo a fronte della posa di specifiche misure provvisionali di confinamento
laterale, la cui ubicazione si ritiene ragionevolmente possibile, in via preventiva,
soltanto in corrispondenza della proiezione dei quattro arconi di sotto-tamburo.
Le fasi di tale consolidamento dovranno quindi seguire la seguente
cronologia:
1) Posa di struttura di confinamento e contenimento parziale delle
azioni superiori trasferite al paramento dei pilastri verso l’interno del Tempio.
198
2) Consolidamento per riaggregazione profonda del conglomerato
di sacco interno ai pilastri angolari tramite iniezioni di calci pompabili
modificate.
3) Disarticolazione sommitale del paramento.
4) Smontaggio e rimontaggio del paramento con interventi a
campione nelle zone massimamente fratturate o con smontaggio e
rimontaggio totale.
5) Ancoraggio di forza fra paramento riposizionato e sacco interno,
da effettuare anche contemporaneamente al punto 4) in relazione alla
tecnologia esecutiva.
6) Rilascio delle azioni superiori in concomitanza dello smontaggio
della struttura di confinamento.
Le opere di pronto intervento, tese a confinare l’avanzamento dello stato
di degrado sui paramenti interni dei pilastri, dovranno quindi garantire la futura
fattibilità della procedura principale.
Per quanto attiene al progetto della struttura di confinamento e
contenimento parziale delle azioni superiori trasferite ai pilastri, partendo dalla
modellazione del complesso cupola-tamburo-archi-pilastri, eseguita con Straus
7 (vedi cap. 6), è stata modellata una struttura reticolare sott’arco. Per operare
sui pilastri in tutta sicurezza, abbiamo pensato alla creazione di due strutture
metalliche in grado di sostenere i pesi degli elementi soprastanti gli archi. Lo
scopo di queste strutture di sostegno è quello di dare una valida alternativa alla
nostra seconda ipotesi che prevedeva ugualmente la sostituzione dei materiali
dei pilastri ma incamiciando gli stessi, dovendo quindi scucire anche
l’incamiciatura costruita intorno ad essi. Creando invece delle strutture di
sostegno per gli archi di scarico, possiamo in alternativa sostituire il materiale
dei pilastri dai loro lati liberi evitando di smantellare la muratura ad essi
adiacente. Il lavoro di consolidamento dovrebbe coinvolgere tutti e quattro
pilastri anche se solo due di essi sono in una condizione di instabilità molto più
evidente. Infatti si sospettano, per i pilastri meno danneggiati, interventi di
consolidamento parziale nella prima decade del novecento. Questo lo si può
dedurre sia dall’analisi compiuta sui documenti, dove gli interventi vengono solo
accennati e non descritti, e da dettagli in sito. Sui pilastri appaiono chiaramente
degli interventi precedenti, staffe collocate all’altezza dei capitelli, lesioni
stuccate, pietre mancanti sostituite probabilmente con altri materiali e
199
successivamente riprese a stucco. Infine, giunti non veri ma disegnati, o meglio
incisi su di un intonaco fresco, che riprendono l’andamento di quelli reali. E’
molto probabile quindi che detti interventi, abbiano solo “mascherato” e non
consolidato evidenti problemi statici attualmente non visibili. E’ certo però che
coinvolgere contemporaneamente tutti e quattro i pilastri nel progetto di
consolidamento avrebbe una notevole ripercussione sui tempi, sui costi e sulla
organizzazione del cantiere. Sarà utile quindi ipotizzare una struttura aperta a
qualsiasi tipo di intervento. Una struttura che può essere utilizzata per
consolidare un numero crescente di pilastri a seconda delle disponibilità
finanziarie e tecniche.
A nostro avviso assolve perfettamente a questo scopo una struttura
reticolare metallica (cfr. fig. 200-204), grazie alla quale andremo ad intervenire
su di un pilastro alla volta.
200- Collocazione delle strutture di sostegno.
200
201 – Pianta tipo delle strutture di sostegno.
202- Inquadramento delle strutture di sostegno.
201
203 - Prospetto delle due strutture lamellari.
204 – Sezione tipo della struttura di sostegno.
202
ALTEZZA 18,15m LARGHEZZA 9,45m PROFONDITA’ 1,85m
TOTALE ELEMENTI 293 PESO DI OGNI ELEMENTO campata max
288kg
PESO DI OGNI ELEMENTO campata min
108kg
ELEMENTI DIAGONALI max 441kg ELEMENTI DIAGONALI min 260kg ELEMENTI SPAZIALI DIAGONALI max
495kg
ELEMENTI SPAZIALI DIAGONALI min
285kg
PESO TOTALE DELLA STRUTTURA 92000kg x 2 = 184t
Tabella 7- Descrizione compositiva delle strutture.
Per prima cosa ci siamo preoccupati di dimensionare i profilati da
utilizzare. La scelta, a fronte dei pesi che provengono dall’insieme cupola-
tamburo, è caduta su profilati in acciaio a sezione scatolare quadrata 300 x 10
(cfr. fig. 205).
205– Profilato a sezione scatolare quadrata 300x10mm.
203
Le specifiche tecniche riguardo questo tipo di sezione sono riportate in tabella
8:
PROFILATO TUBOLARE
LARGHEZZA BASE cm 30
ALTEZZA cm 30
ANIMA cm 1
AREA cm2 116
PESO kg/ml 91
RES. Caratteristica kg/cm2 1600
SFORZO assiale max kgf 140000
Jx cm4 16279
ρx cm 11.85 Tabella 8- Specifiche tecniche del profilato utilizzato.
Abbiamo scelto un profilato di tipo scatolare per aumentare, benché le
travi in acciaio siano state adeguatamente suddivise in campate corte, la
stabilità degli elementi. Per travi, come nel nostro caso, caricate di punta, è
necessario che i due momenti principali di inerzia differiscano il meno possibile
fra di loro.
Per questo motivo non si prestano profili tipo IPE o HE. Sono invece indicate le
sezioni circolari cave e le sezioni scatolari. Gli elementi più lunghi sono quelli di
rinforzo diagonale delle campate maggiori di 3,2 metri, raggiungono una
lunghezza di 550 cm. Ma non risultano snelli, infatti operando la verifica di
snellezza le travi risulta;
per la stabilità deve essere;
λes ≤ λlimite
essendo λes = lo/ρmin
risulta 550/11.85 = 46.41
essendo invece λlimite = π √ E/δp
risulta 3.14159 x √ (2,1x106) / 2000 = 100
Quindi risulta essere λes ≤ λlimite
La scelta comunque prescindendo dai risultati su scritti, è caduta su sezioni
scatolari rettangolari, piuttosto che circolari, immaginando una piu’ semplice ed
204
efficace realizzazione dei giunti di raccordo. Sulle travi verranno saldati
fazzoletti di acciaio, per permettere la successiva imbullonatura. Si intende, con
tale procedura, facilitare la fase dello smontaggio e il successivo
riassemblaggio. Il risultato è una struttura composta da circa 300 elementi
connessi fra di loro con cerniere scatolari di acciaio. (cfr. fig. 206-211). Gli
elementi in chiave sono uniti tramite martinetti all’intradosso degli archi. La
struttura non è però collegata ai pilastri per permettere le varie operazioni di
consolidamento degli stessi.
La struttura al di sotto dell’arco appare così divisa in tre campate principali. Le
laterali di 3.75 m ciascuna, la centrale di 1.95 m. Questa ripartizione viene
mantenuta sino a terra. Le strutture sono state vincolate a terra, poste in
posizione ortogonale al pilastro del tempio oggetto di consolidamento, (cfr. fig.
210-212), e calcolate. Il modulo base è composto da un quadrato
completamente controventato con puntoni diagonali (cfr. fig. 206).
206- Straus 7-Il modulo base in vista 3d della struttura.
205
207- Straus 7-La composizione geometrico-strutturale.
208 - Straus 7- Veduta di insieme.
206
209- Straus 7- Dettaglio. La sezione di intradosso.
210- Straus 7-La strutture ortogonali al pilastro oggetto di consolidamento.
207
211-Straus 7- Gli arconi di scarico.
212– Straus 7-Il sistema cupola-tamburo con le due strutture di sostegno.
208
La reticolare, lo ricordiamo, deve riuscire a scaricare il pilastro in fase di
consolidamento, per permettere in primo luogo la rimozione del paramento e il
consolidamento del sacco in tutta sicurezza.
E’ stata studiata l’ utilità dell’opera in successivi steps, preoccupandoci di
verificare ad ogni fase:
- la resistenza della struttura di sostegno e le relative deformazioni degli
elementi che la compongono.
- il livello delle tensioni sul pilastro oggetto di intervento e sui rimanenti
- gli spostamenti dei nodi appartenenti agli intradossi degli archi di scarico, onde
evitare eccessivi abbassamenti dei suddetti con pericolose conseguenze
statiche.
Il calcolo numerico è stato effettuato sempre con il programma ad elementi finiti
Straus 7 allo scopo di rendere possibili le verifiche sopra accennate.
Gli steps di calcolo sono stati tre:
1) Verifica della struttura soggetta al solo carico portato del complesso
cupola-tamburo e conseguente monitoraggio dello stato tensionale sui sostegni.
2) Analisi capillare delle tensioni sulla reticolare, sui pilastri liberi e sul
pilastro oggetto di consolidamento a seguito della rimozione di una sezione
muraria fittizia dal pilastro stesso, con conseguente sovraccarico parziale dei
rimanenti pilastri.
3) Simulazione della totale mancanza di una sezione di materiale sul
pilastro oggetto di consolidamento, allo scopo di sondare gli effetti
sull’andamento sullo stato delle tensioni sui paramenti lapidei dei rimanenti
pilastri.
1) Nella tabella 9 è possibile vedere lo stato di tensione iniziale nei
pilastri, prima che la struttura inizi a caricarsi per effetto dei pesi portati. Questo
risultato è stato ottenuto abbassando il modulo di elasticità del sacco interno
per i due terzi dell’altezza totale dei pilastri. Il procedimento era già stato
affrontato nel capitolo 6, riguardante l’analisi numerica. Lo scopo era di simulare
la disgregazione del sacco interno ai pilastri e, indagare di conseguenza sullo
stato di tensione derivante. Ci premeva confrontare il risultato con un valore di
tensione il più possibile vicino alla realtà. (cfr.tab.9 e fig. 229) . Il primo passo
obbligato è stato la verifica a sforzo normale delle travi in acciaio che
209
compongono la reticolare una volta che la struttura fosse caricata dei pesi
sovrastanti. I dati di output sono visibili nella tabella 10. Ci preme sottolineare
che le tabelle 10-13, tengono in considerazione solo i dati pertinenti ai
paramenti. I dati inerenti ai sacchi, anch’ essi monitorati in ogni fase, si possono
leggere nelle fig.re 229-32.
Per capire il percorso della visualizzazione degli output, è sufficiente fare
riferimento alla figura 213, dove viene esplicata la numerazione seguita nelle
tabelle dei quattro pilastri del Tempio.
213 – Schema di riferimento per gli output di calcolo. Posizione dei pilastri P1,P2,P3,P4.
Le tensioni nelle travi di acciaio sono molto al di sotto di quelle critiche, quindi la
struttura risulta verificata con ampio margine di sicurezza, e le tensioni nei
pilastri sono sensibilmente più basse. (cfr. fig. 213-216).
INTERVENTO
Struttura di sostegno
σ assiale travi kg/cm2
σ22 Pilastri Sacco kg/cm2
σ22 Pilastri Rivestimento kg/cm2
Spostamento max Intradosso mm
nessuno Assente - -22 -158 -
Tabella 9. Ipotesi di partenza.
210
214 – Le sollecitazioni nel rivestimento del pilastro 1, al primo step.
Intervento STEP 1 Struttura
Sottoposta
al peso
Cupola-
tamburo
σ22 assiale Nelle travi kg/cm2
σ22 Rivestimento P1 kg/cm2
P2
P3
P4
Spostamenti
massimi
intradosso
arconi
mm
Deformazioni
travi della
struttura
mm
470 -116 - 94
- 116
- 52 - 3
Tabella 10. Valori di output, relativi al primo step di calcolo. P1, rivestimento del pilastro 1, e seguenti. In rosso i risultati del pilastro al centro delle strutture di sostegno in fase di consolidamento.
211
215 – Le sollecitazioni del paramento del pilastro 2.
216 – Le sollecitazioni del paramento del pilastro 3.
212
217 – Le sollecitazioni del paramento del pilastro 4.
2) La fase successiva è stata quella di verificare lo stato delle tensioni nel
paramento di travertino del pilastro in fase di consolidamento per effetto della
rimozione di una porzione di materiale lapideo. Abbiamo monitorato i dati che
volevamo tenere sotto controllo ovvero:
Lo stato di tensione nella struttura, nei rivestimenti in travertino dei
rimanenti pilastri, nel pilastro oggetto di intervento, nei sacchi
interni degli stessi.
Le deformazioni nelle travi in acciaio.
Gli spostamenti degli archi di scarico, soprastanti la struttura.
Nello specifico, questa fase, consiste, come accennato, nel rimuovere
parte del paramento esterno dei pilastri, allo scopo di stabilire se a seguito di
tale azione, si sviluppino tensioni ancora tollerate dai pilastri e dalla struttura di
sostegno. Questa simulazione, rappresenta quello che verrà poi fatto in sito,
ovvero la sostituzione, strato dopo strato, del travertino danneggiato, e del
sacco interno ormai deteriorato. A questa operazione seguirà il ripristino del
rivestimento di travertino tolto in precedenza per intervenire all’interno del
pilastro.
213
Ripristino, che coinvolgerà solo le pietre maggiormente lesionate con capacità
meccanica compromessa e quelle che presentano gravi esfoliazioni e/o
porosità.
Durante questa fase è stato registrato un prevedibile incremento delle tensioni
nei paramenti del pilastro scopo della nostra indagine come si nota in tabella
10. Valori comunque non allarmanti e ben al di sotto delle resistenze
caratteristiche del materiale (cfr. fig.221-2).
. 218 - Le sollecitazioni nel rivestimento del pilastro 1 al secondo step.
Intervento STEP 2 Parziale
svuotamento
del
paramento
lapideo
σ22 assiale Nelle travi kg/cm2
σ22 Rivestimento P1 kg/cm2
P2
P3
P4
Spostamenti
massimi
intradosso
arconi
mm
Deformazioni
travi della
struttura
mm
470 -116 - 94
- 116
- 77
3.6 3
Tabella 11. Valori di output, relativi al secondo step di calcolo.
214
219 - Le sollecitazioni nel rivestimento del pilastro 2 al secondo step.
220 - Le sollecitazioni nel rivestimento del pilastro 3 al secondo step.
215
221 - Le sollecitazioni nel rivestimento del pilastro 4 al secondo step.
222 - Le sollecitazioni nel rivestimento del pilastro 4 al secondo step. Dettaglio della rimozione parziale del rivestimento e tensioni nel suo contorno. 3) In fase di consolidamento occorrerà spingersi oltre la fase 2, forse sarà
necessario in taluni casi rimuovere una intera sezione resistente la dove risulti
impossibile ammorzare perfettamente sacco e travertino, se non sostituendoli
entrambi, e quindi abbiamo ipotizzato la rimozione totale di una sezione
216
resistente, eliminando una intera striscia di materiale, comprendente sia il
paramento esterno, sia il sacco interno.
Essendo comunque una situazione limite, quella di isolare il Tempio dal
completo apporto di uno dei quattro pilastri, se mai si dovesse verificare questo
tipo di esigenza, è probabile che per motivi di sicurezza si dovrà ricorrere alla
cerchiatura parziale del pilastro, anche se dai calcoli il pilastro in fase di
consolidamento risultasse efficacemente scarico e i pilastri rimanenti
risultassero a sua volta ragionevolmente sovraccaricati.
Le tensioni nei tre pilastri rimanenti, come si può notare dai valori nella tabella
12, salgono in media di 20-30 kg/cm2. Il valore massimo è di 130 kg/cm2, valore
che non mette in crisi il paramento in travertino dei pilastri, materiale che può
resistere a sollecitazioni anche fino ai 600 kg/cm2. La sostituzione dei conci
lesionati, grazie all’ausilio di queste strutture di supporto sembra quindi
auspicabile. (cfr. fig. 223-226)
223 - Le sollecitazioni nel rivestimento del pilastro 1 al terzo step.
217
224 - Le sollecitazioni nel rivestimento del pilastro 2 al terzo step.
225 - Le sollecitazioni nel rivestimento del pilastro 3 al terzo step.
218
226 – Asportazione totale di una sezione resistente. I valori di output di tensione sono giustificabili a fronte delle 110 tonnellate di peso proprio del pilastro. Il pilastro sostanzialmente risulta scarico.
227- Le deformazioni del tempio sul lato Sud-Est, a causa della totale mancanza del supporto del pilastro fra le due strutture di sostegno.
219
228 – Le deformazioni sul lato Nord-Ovest.
Nella tabella 12 sono riportati i valori di output, relativi alla terza ipotesi.
L’assenza di collaborazione del terzo pilastro, porta ad un ovvio aumento delle
tensioni nei rimanenti pilastri di sostegno del Tempio e nelle strutture di
supporto in acciaio. Nella tabella riassuntiva 13, e nelle figure 228-31, si
possono notare le differenze che vi sono sullo stato di tensione, dapprima,
grazie all’inserimento delle strutture in acciaio, e successivamente per effetto
degli interventi sul pilastro oggetto di studio.
Step 3 Rimozione
totale di una
sezione
resistente
σ22 assiale Nelle travi kg/cm2
σ22 Rivestimento P1 kg/cm2
P2
P3
P4
Spostamenti
massimi
intradosso
arconi
mm
Deformazioni
travi della
struttura
mm
690
-130
- 128
-130
-
6 5
Tab. 12. Valori di output, relativi al terzo step di calcolo.
220
229 - Valori in kg/cm2 delle tensioni che vi sono sui pilastri per effetto del parziale degrado del sacco interno. I valori corrispondono a quelli dei pilastri adiacenti. Delle quattro coppie di numeri quello in alto indica le tensioni nel rivestimento in travertino, mentre quello in basso, le tensioni del sacco interno.
230 – STEP 1. Valori in kg/cm2 delle tensioni che si vengono a scaturire per effetto dell’ apporto offerto dalle strutture di sostegno in acciaio. Si possono notare diminuzioni fino al 60%.
221
231 – STEP 2. Valori in kg/cm2, delle tensioni che si vengono a creare per effetto della rimozione di alcuni elementi lapidei di rivestimento nel pilastro 4.
232 – STEP 3. Valori in kg/cm2, delle tensioni che si vengono a creare per effetto della rimozione di una intera sezione resistente alla base del pilastro oggetto di consolidamento. Le tensioni vengono ripartite rispettivamente alle strutture di sostegno e ai rimanenti pilastri.
222
Simulazione degrado STRUTTURA ASSENTE
Sforzo assiale Nelle travi kg/cm2
σ22 Rivestimento kg/cm2
P2
P3
P4
-158 co sta nte
Descrizione Intervento
Step 1 Struttura
sottoposta al
peso
Cupola-
tamburo
Sforzo assiale Nelle travi kg/cm2
σ22 Rivestimento kg/cm2
P2
P3
P4
Spostamenti
massimi
intradosso
arconi
mm
Deformazioni
travi della
struttura
mm
470 -116 -94
-116
- 52
- 3
Step 2 Parziale
svuotamento
del
paramento
lapideo
Sforzo assiale Nelle travi kg/cm2
σ22 Rivestimento kg/cm2
P2
P3
P4
Spostamenti
massimi
intradosso
arconi
mm
Deformazioni
travi della
struttura
mm
470 -116 -94
-116
- 77
3.6 3
Step 3 Rimozione
totale di una
sezione
resistente
σ22 Rivestimento kg/cm2
P2
P3
P4
Spostamenti
massimi
intradosso
arconi
mm
Deformazioni
travi della
struttura
mm
690 -130 130
-130
nullo
6 5
Tab 13. Descrizione completa dei valori di output, inerenti i rivestimenti dei pilastri nei tre diversi
steps di calcolo.
A seguito dei risultati ottenuti crediamo che un intervento del genere sia
possibile. Al primo step, nel pilastro fra le due strutture, le tensioni diminuiscono
del 60%. Questo è un dato che fa ben sperare sulle potenzialità di una struttura
simile. Potremmo riflettere comunque sulle opportunità che le due strutture di
sostegno possano fornire. Hanno un range di utilizzazione molto superiore.
223
Una sezione scatolare simile potrebbe essere sovraccaricata e portata ad uno
stadio limite di resistenza offrendo un servizio molto utile al Tempio. L’idea
sarebbe quella di dare una controspinta alla reticolare sottarco. Questa
operazione permetterebbe di sfruttare le potenzialità ancora ampie della
struttura in termini di resistenza, e eviterebbe lesioni sugli arconi di spinta. Per
fare ciò, basterebbe un sistema di monitoraggio laser, sistemato all’imposta dei
due arconi. Deciso il margine limite di abbassamento, produrre, grazie ad un
sistema di pompaggio adeguato, una forza opposta che risollevi, a mezzo di
martinetti idraulici, la reticolare e di conseguenza l’arco. Evitare abbassamenti
dell’ordine dei 6 mm o comunque molto vicini al valore fornitoci dal software di
calcolo, per archi con rivestimenti in pietra di grande spessore come quelli del
Tempio di S. Biagio, significa evitare lesioni che possono danneggiare i
paramenti in travertino in modo serio, vista la elevata rigidezza del materiale.
Concludendo, riteniamo soddisfacente il risultato raggiunto e quindi
riteniamo fattibile la disarticolazione del paramento e lo smontaggio e
rimontaggio con interventi a campione nelle zone più fratturate. Potrà essere
anche necessario, come già accennato, realizzare un ancoraggio di forza fra
paramento riposizionato e sacco interno preventivamente consolidato, oppure
una sostituzione del travertino e del sacco, là dove si interviene. La scelta
dipenderà dalla tecnologia esecutiva scelta.
A consolidamento avvenuto si provvederà poi al rilascio delle azioni
superiori, in concomitanza dello smontaggio della struttura di sconfinamento.