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Introduzione alla progettazione dei dispositivi biomedici
Obiettivi della lezione: apprendere le modalità secondo le quali si sviluppa il percorso progettuale di dispositivi medici. Acquisire familiarità con i concetti di compatibilità e affidabilità. Analizzare le principali problematiche legate all’impianto di dispositivi medici nel corpo umano
Una definizione di carattere generale…
Uno strumento, un apparato, un arnese, una macchina, un’invenzione, un reagente in vitro o un altro oggetto similare o correlato, compreso ciascun componente, ciascuna parte o ciascun accessorio per il quale è previsto l’uso in medicina.
Tale uso può riferirsi alla diagnosi di una malattia o di un altro stato, o alla cura, alleviamento, trattamento o prevenzione di malattie dell’uomo.
(Es: organi artificiali, protesi, dispositivi percutanei ecc. ma anche aghi, siringhe, fili da sutura, telini operatori, guanti, ecografi…..)
Dispositivo medico
• La Direttiva CEE 93/42 sui dispositivi medici (abbreviata in DDM 93/42), pubblicata sulla GUCE nel giugno del 1993, è un documento che riporta i criteri generali da utilizzare nella progettazione e realizzazione di alcune categorie di dispositivi medici, vigente negli stati dell'Unione europea.
• Essa impone l'obbligo della marchiatura CE per la commercializzazione di tali dispositivi (DM); per ottenere il marchio CE occorre rispettare dei requisiti essenziali.
• I requisiti citati nel documento «devono essere interpretati e applicati in modo da tener conto della tecnologia e delle pratiche esistenti nella fase di progettazione».
• La DDM 93/42 è un documento di validità sovranazionale ed è stata recepita in Italia nel febbraio del 1997 con il Decreto Legislativo 24 febbraio 1997, n. 46 ("Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici"). Successivamente il è stata emendata col D. lgs. 25.01.2010 n.37 a recepimento della Direttiva comunitaria 2007/47/CE
Regolamentazione
Nell’allegato I i requisiti che un dispositivo medico deve rispettare ai fini della marcatura CE sono divisi in due sottocategorie:
Requisiti generali: riguardano disposizioni finalizzate alla sicurezza del paziente e degli utilizzatori del DM e a minimizzare i potenziali rischi
Requisiti relativi alla progettazione e alla costruzione, ossia:
1. Caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche
2. Infezione e contaminazione microbica
3. Caratteristiche relative alla fabbricazione e all'ambiente
4. Dispositivi con funzione di misura
5. Protezione contro le radiazioni
6. Requisiti per i dispositivi medici collegati o dotati di una fonte di energia
7. Informazioni fornite dal fabbricante
Regolamentazione
Nella direttiva i Dispositivi Medici vengono suddivisi in 4 classi.
Le regole di classificazione tengono conto dei rischi potenziali legati alla fabbricazione e all'utilizzo di tali dispositivi. Per ogni classe sono indicate specifiche prescrizioni:
• classe I: in linea di massima le procedure di valutazione della conformità possono essere svolte sotto la sola responsabilità del fabbricante (autocertificazione)
• classe IIa: un organismo notificato* deve effettuare determinati controlli durante la fase di fabbricazione
• classi IIb e classe III: è necessario il controllo da parte di un organismo notificato sia nella fase di progettazione sia nella fase di fabbricazione dei dispositivi (per la commercializzazione dei dispositivi della III classe occorre una esplicita autorizzazione di conformità preliminare)
*Organismo di certificazione o Ente di Certificazione o Laboratorio di Prova autorizzato dall'Autorità Governativa Nazionale e notificato alla Commissione Europea
Classificazione dei dispositivi
L'allegato IX contiene le definizioni e le regole necessarie per assegnare la giusta classe al DM. Tra i principali criteri di scelta della classe ci sono:
durata di impiego:
• temporanea (destinato a utilizzo < 60 minuti)
• breve termine (destinato a utilizzo < 30 giorni)
• lungo termine (destinato a utilizzo > 30 giorni)
Il dispositivo è invasivo?
È un dispositivo medico attivo?
Agisce sul sistema nervoso? Sul sistema circolatorio?
È un dispositivo terapeutico? È destinato alla diagnosi?
Per poter applicare correttamente le regole contenute nell'allegato, e quindi assegnare la giusta classe, occorre conoscere bene il dispositivo considerato (grado di invasività, destinazione e modalità d'uso, principio fisico di funzionamento…).
Classificazione dei dispositivi
Verifica dei requisiti
Verifica dei requisiti
“I dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo che la loro
utilizzazione non comprometta lo stato clinico e la sicurezza dei
pazienti, né la sicurezza e la salute degli utilizzatori ed
eventualmente di terzi quando siano utilizzati alle condizioni e per i
fini previsti, fermo restando che gli eventuali rischi debbono essere
di livello accettabile, tenuto conto del beneficio apportato al
paziente, e compatibili con un elevato livello di protezione della salute
e della sicurezza.”
(Direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici)
La normativa ISO 10993
Oggi: 22 (+1) parti Quasi tutte le parti sono s t a t e r i e l a b o r a t e e riemesse tra il 2002 e il 2015
Cosa contiene la ISO 10993-1:
• Principi generali da applicare nella
valutazione biologica dei dispositivi medici
• Processo di valutazione biologica
• Caratterizzazione dei materiali
• Test di valutazione biologica
• Categorizzazione dei dispositivi medici
• Natura del contatto con i tessuti
• Durata del contatto
Dispositivo medico secondo EN-ISO
Dispositivo medico secondo EN-ISO
Organo artificiale
Un dispositivo medico che sostituisce in parte o completamente le funzioni di uno degli organi del corpo umano
Protesi
Un dispositivo medico che sostituisce un arto, un organo od un tessuto del corpo umano
Bioprotesi
Una protesi impiantabile costituita totalmente o sostanzialmente da un tessuto biologico trattato e non vivente (es. valvola cardiaca porcina o bovina)
Dispositivo percutaneo
Un disposit ivo medico che passa attraverso la cute rimanendo in tale posizione per un significativo lasso di tempo (es. fili per trazione, fissatori esterni)
Altre definizioni di interesse
Graft
Un pezzo di tessuto vivente, od un insieme di cellule viventi, trasferito da una zona di un donatore ad una zona di un ricevente a scopo terapeutico/ricostruttivo
Trapianto
Una struttura completa (ad esempio un organo) che viene trasferita da una zona di un donatore ad una zona di un ricevente a scopo terapeutico/ricostruttivo
Impianto
Un dispositivo medico fabbricato con uno o più biomateriali posto intenzionalmente all’interno del corpo umano e totalmente o parzialmente inglobato al di sotto di una superficie epiteliale cutanea o mucosa (es. impianti dentali)
La progettazione dei dispositivi medici
La progettazione di un dispositivo medico differisce da quella di un qualunque altro componente ingegneristico?
La progettazione dei dispositivi medici
La progettazione di un dispositivo medico differisce da quella di un qualunque altro componente ingegneristico?
.....dipende dal tipo di dispositivo!!!
• In alcuni casi il dispositivo è destinato a replicare le funzioni di un componente umano (organo, arto, tessuto, ecc.)
• Dunque, ingombri, masse, forma ed interfacce sono rigidamente fissate
• Globalmente ci si trova di fronte ad un notevole numero di vincoli
Purtroppo i vincoli di progetto non sono sempre ben conosciuti o identificabili
• La conoscenza dell’anatomia e della fisiologia è spesso qualitativa e non quantitativa
• Esistono differenze tra soggetto e soggetto (non è una produzione «in serie»)
Occorre partire da un’accurata conoscenza della struttura umana
La progettazione dei dispositivi medici
Pancreas artificiale:
• Rilevare costantemente la concentrazione di glucosio (glicemia) nel sangue
• Adattare la somministrazione di insulina alla concentrazione corrente
Cuore artificiale:
• Conoscere i requisiti dell’organismo in termini di ossigenazione ed adattarla alle varie situazioni (riposo, attività fisica moderata, intensa, stati di eccitazione e stress ecc.)
Rene artificiale:
• Valutare la presenza e la concentrazione di alcune sostanze tossiche in circa 400 litri di sangue al giorno
• Depurare il sangue, ed eliminare i prodotti di scarto
Ad esempio…
Protesi totale d’anca:
• Riprodurre la cinematica dell’articolazione coxo-femorale
• Sopportare carichi verticali che, in condizioni dinamiche, possono essere di entità rilevante (fino a 7 volte il peso corporeo)
Protesi vascolare:
• Veicolare il flusso sanguigno pulsatile senza deformarsi in modo permanente
• Garantire limitati (o assenti) fenomeni di trombogenicità
Protesi valvolare cardiaca:
• Consentire il passaggio del flusso sanguigno in condizioni analoghe a quelle fisiologiche
• Aprirsi e chiudersi 60-70 volte al minuto per tutta la vita del paziente (fenomeni di fatica)
Ad esempio…(endoprotesi)
Organizzazione gerarchica del corpo umano
Occorre partire da un’accurata conoscenza della struttura umana
Organizzazione gerarchica del corpo umano CELLULA
Unità morfologica e fisiologica fondamentale degli organismi viventi di cui possiede tutte le proprietà metaboliche, accrescimento, riproduzione, eccitabilità e motilità. La cellula può esistere come unità singola (organismo unicellulare) oppure aggregata ad altre cellule (organismo pluricellulare). In quest’ultimo caso tutte le cellule che svolgono la stessa funzione sono riunite a formare un tessuto.
TESSUTO
Insieme di più cellule correlate dal punto di vista morfologico e funzionale che costituisce gli organi. I quattro tipi principali di tessuto nel corpo umano sono:
1. Epiteliale (epiteli di rivestimento, epiteli ghiandolari, epiteli sensoriali, smalto dei denti, unghie, peli ecc.)
2. Connettivo, tessuto di collegamento, sostegno e nutrimento dei tessuti dei vari organi (ossa, sangue, cartilagini, linfa ecc.) caratterizzato da una sostanza fondamentale nella quale sono immerse cellule di vario tipo
3. Muscolare (cellule di forma allungata specificamente differenziate per la funzione contrattile)
4. Nervoso, costituito da cellule specificamente differenziate per la conduzione di impulsi elettrici (neuroni) e cellule di supporto (gliali)
Organizzazione gerarchica del corpo umano ORGANO
Struttura differenziata costituita da cellule e tessuti deputata ad una o più funzioni specifiche nell’ambito di un organismo animale o vegetale. Tutti gli organi ripetono un comune piano costruttivo nel quale il tessuto di prevalente importanza è organizzato in unità ripetute che sono riunite in una struttura la cui impalcatura è costituita da tessuto connettivo
APPARATO
Insieme di più organi le cui singole funzioni si sommano dando luogo ad una funzione più generale (digerente, respiratoria, circolatoria, riproduttiva, locomotoria ecc.)
ORGANISMO
Essere vivente e, in quanto tale, dotato di strutture ben distinte con propri caratteri morfologici e funzionali. In genere si considerano caratteri peculiari degli organismi la capacità di accrescimento, di reagire a determinati stimoli e di riprodursi
Nel cuore....
Il funzionamento degli organi è definito dall’accoppiamento e dall’integrazione degli obiettivi funzionali dei tessuti o dei componenti elementari
I vasi coronarici
Hanno la funzione di trasportare ed accumulare l’energia chimica associata al flusso di sangue che li percorre
Le fibre muscolari
Convertono l’energia chimica in energia meccanica e il modo in cui esse sono assemblate lega gli effetti contrattili locali in una contrazione complessiva che coinvolge tutto il ventricolo
Tessuti nervosi
Che generano gli stimoli necessari alla contrazione, ne regolano intensità e ritmo
Esempio: progettazione di un organo artificiale
1) Fase di identificazione dell’organo naturale Raggruppa una serie di operazioni finalizzate a definire le specifiche di progetto dell’organo artificiale, inclusa la raccolta di informazioni di carattere qualitativo su forme, pesi, funzioni e interfacce. Tali informazioni di carattere anatomico saranno poi integrate con quelle relative alle modalità di impiego, ossia durata (permanente, temporaneo, periodico) e tipi di impianto (intracoroporeo, extracorporeo, percutaneo.) 2) Fase di progettazione dell’organo artificiale Prevede la realizzazione dei disegni costruttivi, la definizione delle modalità di funzionamento e la scelta dei materiali da utilizzare per la costruzione del dispositivo 3) Fase di verifica Prevede l’esecuzione di una serie di prove atte a valutare la rispondenza dell’organo artificiale alle specifiche di progetto. Tali prove devono essere effettuate a tutti i livelli, quindi sui materiali, sui singoli componenti e sull’assemblato finale 4 e 5) Il superamento della fase di verifica porta alla realizzazione finale ed alla utilizzazione (produzione industriale ed uso clinico)
Progettazione di un organo artificiale
Livello 1 (cellule/materiali)
Livello 2 (tessuti/componenti)
Livello 3 (organo naturale/artif.)
Fase di identificazione dell’organo naturale
Identificazione e caratterizzazione chimico/fisica
delle cellule
Identificazione e caratterizzazione
morfologica e funzionale dei tessuti
Identificazione e caratterizzazione
morfologica e funzionale dell’organo
Fase di progettazione dell’organo artificiale
Scelta dei materiali
Definizione funzionale e disegno dei componenti
Definizione delle modalità di assemblaggio e di
interfaccia dei componenti
Fase di verifica Caratterizzazione chimico/fisica /meccanica dei materiali
Prove funzionali dei componenti
Realizzazione del prototipo, prove funzionali in vitro e in
vivo
Fase di realizzazione
Produzione industriale
Fase di utilizzazione
Uso clinico definitivo
La progettazione dei dispositivi medici La fase di valutazione prevede tutta una serie di verifiche il cui esito può portare a retroazioni su operazioni o fasi precedenti la verifica stessa
Compatibilità
Le fasi di ideazione, realizzazione e valutazione, non possono prescindere da un controllo di COMPATIBILITA’
Uno dei problemi peculiari, e forse quello maggiore, che riguarda le applicazioni dei biomateriali, è quello della compatibilità con l’ambiente biologico.
La compatibilità investe fondamentalmente tre aspetti:
La compatibilità
1. Compatibilità MORFOLOGICA (riguarda le interfacce dimensionali e le masse). Una protesi impiantabile deve avere dimensioni tali da poter essere inserita al posto del tessuto naturale, deve essere geometricamente compatibile e deve avere una massa adeguata.
2. Compatibilità FUNZIONALE (aspetto che riguarda il ruolo svolto dalla protesi o dall’organo artificiale rispetto al ruolo atteso). Non sempre un dispositivo artificiale si comporta esattamente come l’originale naturale che deve sostituire. Talvolta non ne ha tutte le caratteristiche funzionali, talvolta ne ha qualcuna in più…
3. Compatibilità BIOLOGICA (biocompatibilità). Riguarda tutti gli aspetti di natura chimica e biologica che possono indurre alterazioni indesiderate sia per i tessuti naturali, sia per i materiali impiegati per la costruzione dei dispositivi a contatto con i tessuti stessi.
La compatibilità morfologica
La compatibilità
La compatibilità nel suo complesso è influenzata da un insieme di proprietà che sono legate all’interazione tra dispositivo ed organismo, interazione che inizia al momento dell’impianto e muta dinamicamente nel tempo in funzione delle mutate caratteristiche dell’organismo (invecchiamento?, patologie?, ecc.)
Previsioni sul lungo periodo? Difficili in assenza di una adeguata casistica
Affidabilità Un altro concetto di fondamentale importanza nell’ambito del processo progettuale è quello relativo all’affidabilità del dispositivo. Questa è definita come la probabilità che il dispositivo svolga la funzione per la quale è stato progettato senza che avvengano cedimenti strutturali.
È indispensabile che il dispositivo medico sia caratterizzato da un elevato livello di affidabilità in quanto è spesso impossibile (ad es. se il dispositivo è impiantato) effettuare operazioni di manutenzione o sostituire eventuali componenti malfunzionanti
Le esigenze di affidabilità sono variabili in funzione di alcuni aspetti:
Appare evidente che i livelli di affidabilità e compatibilità devono essere superiori per dispositivi a funzione vitale che devono essere permanentemente impiantati in posizione intracorporea
Protesi valvolari cardiache
Drenaggi chirurgici
Protesi d’arto esoscheletriche
Affidabilità
Extracorporea
Percutanea
Intracorporea
Affidabilità È importante tenere presente che, in forza della dinamicità dei fenomeni di interazione tra dispositivo medico ed organismo, la compatibilità e l’affidabilità variano (solitamente peggiorano) con il trascorrere del tempo
Si voglia valutare, a titolo di esempio, l’affidabilità di una protesi di anca: se I(t) è la probabilità percentuale di insuccesso, l’affidabilità viene definita come complemento all’unità di I, ossia
A(t) = 100 – I(t) In genere, le cause di insuccesso sono molteplici. Nel caso della protesi d’anca possiamo avere, ad esempio:
1. Infezione post-operatoria
2. Mobilizzazione (insorgere di gioco all’interfaccia con l’osso)
3. Usura dell’accoppiamento articolare
4. Rottura meccanica per fatica
5. Errore chirurgico
Supponendo i fattori i tra loro indipendenti (semplicistico) risulterà per ognuno di essi Ai(t) = 100 – ΣIi(t)
Compatibilità e affidabilità
Affidabilità
Il termine osteointegrazione fu usato per la prima volta da Albrektsson (1981) che la definiva come una “Diretta connessione funzionale e strutturale tra osso vitale e la superficie di un impianto sottoposto a carico”
Problemi connessi all’impianto di dispositivi
1. Lesione (da intervento chirurgico)
2. Reazione dell’organismo alla presenza di elementi estranei
3. Impianti che attraversano la cute
• L’intervento chirurgico (necessario nella quasi totalità degli impianti) provoca lesioni t issutali che possono essere una semplice interruzione della continuità del tessuto, o l’asportazione di porzioni più o meno estese di tessuto.
• L’organismo reagisce tentando di ripristinare la continuità interrotta, e il meccanismo secondo il quale tale reazione avviene è in forte relazione con la biocompatibilità
• L a s e q u e n z a d i e v e n t i c h e c a r a t t e r i z z a n o i l p r o c e s s o infiammatorio sono gli stessi per lesioni accidentali o intenzionali e non dipendono dal tipo di tessuto leso.
Il processo di guarigione di una lesione
1. I capillari lesi si vasocostringono immediatamente in modo tale da ridurre l’emorragia
2. L e c e l l u l e e n d o t e l i a l i c h e costuiscono la parete dei capillari aumentano la loro attività
3. I capillari si ricoprono di globuli bianchi, rossi e piastrine
4. Si ha una vasodilatazione con perdita di plasma dai capillari
5. Il plasma, combinato con i globuli bianchi e le cellule morte dei tessuti lesi, forma l’essudato (il cosiddetto “pus”)
Tutt i questi eventi determinano arrossamento, tumefazione, aumento locale di temperatura e dolore.
Il processo di guarigione di una lesione
Il processo di guarigione di una lesione
Il protrarsi del processo infiammatorio dà or ig ine al le fasi prol i ferat iva e di rimodellamento, durante le quali cellule giganti polinucleate aggrediscono e tentano di rimuovere il materiale estraneo e i batteri favorendo la produzione di collagene.
Il collagene rende possibile la cicatrizzazione dei lembi del tessuto leso e l’incapsulazione del materiale estraneo.
In genere le fasi prol i ferat iva e d i rimodellamento durano diverse settimane.
La cicatrice nella maggior parte dei tessuti è costituita da collagene e quindi la cicatrizzazione è da considerarsi un vero e proprio processo di riparazione.
Solo nel caso delle ossa e del fegato la cicatrizzazione si esplica mediante rigenerazione del tessuto leso.
Il processo di guarigione di una lesione
Cicatrici cheloidee (cheloidi)
L’organismo possiede la capacità di difendersi da situazioni che potenzialmente sono in grado di danneggiarlo
I processi naturali originati da questo meccanismo di difesa (controllabili in parte farmacologicamente) possono rappresentare un serio ostacolo all’applicazione di dispositivi medici, in quanto l’organismo non è in grado di apprezzare gli effetti benefici che da essi possono derivare
Il problema fondamentale risiede nel fatto che l’accettazione (o il rifiuto) del corpo “estraneo” dipende dal riconoscimento della natura dei materiali da parte dei tessuti, piuttosto che dalla valutazione della funzione svolta.
Esempio: i trapianti d’organo
Situazioni simili si verificano negli impianti protesici e negli organi artificiali
Nelle protesi vascolari sintetiche, esiste il rischio che il sangue coaguli sulla superficie interna occludendo il dispositivo rendendolo inutile (se non addirittura dannoso)
Quindi un fenomeno fisiologico, essenziale per la sopravvivenza dell’organismo, diventa potenzialmente pericoloso quando il sangue scorre su superfici che non sono quelle con le quali è abituato ad interagire.
L’organismo reagisce ai materiali estranei
L’organismo reagisce ai materiali estranei
Nelle protesi vascolari sintetiche, esiste il rischio che il sangue coaguli sulla superficie interna occludendo il dispositivo rendendolo inutile (se non addirittura dannoso)
Quindi un fenomeno fisiologico, essenziale per la sopravvivenza dell’organismo, diventa potenzialmente pericoloso quando il sangue scorre su superfici che non sono quelle con le quali è abituato ad interagire.
Espianto dopo 13 mesi dall’intervento in cavia canina
In generale, la reazione dell’organismo alla presenza di un corpo estraneo è quella di espellerlo, o comunque eliminarlo mediante aggressione e metabolizzazione, come accade per i liquidi (si pensi ai farmaci iniettati nei fasci muscolari).
Nel caso in cui il materiale sia solido, l’organismo tende ad espellerlo se è mobile (es. una scheggia di legno nella cute) o ad isolarlo con una superficie epiteliale se non può essere spinto verso la superficie. Questo meccanismo produce una capsula intorno al corpo estraneo.
In ogni caso, il tipo di reazione che si manifesta dipende dall’interazione chimica tra i tessuti e i materiali estranei.
Nel caso dei metallli, l’aggressione dell’organismo si traduce verosimilmente in corrosione con rilascio di ioni metallici nei tessuti. Ciò conduce ad una riduzione delle caratteristiche meccaniche del dispositivo impiantato e alla presenza di ioni difficlmente eliminabili e talvolta tossici nei tessuti.
I polimeri sono potenzialmente inerti dal punto di vista chimico, ma altre sostanze usate nelle fasi di sintesi e lavorazione possono essere rilasciate e produrre effetti tossici a livello locale o sistemico.
Risposta dei tessuti a materiali estranei
Risposta dei tessuti a materiali estranei
RISPOSTA MINIMA
RISPOSTA INDOTTA CHIMICAMENTE
RISPOSTA NECROTICA
RISPOSTA INDOTTA FISICAMENTE
• Impianto incapsulato da un sottile strato fibroso (materiali inerti: gomme siliconiche, Teflon, ceramici, leghe di Ti e Co)
• modesta risposta infiammatoria acuta (materiali bioassorbibili: acido polilattico, suture assorbibili)
• grave risposta infiammatoria cronica (materiali degradabili: polimeri con additivi tossici, metalli corrodibili)
• Strati di detriti necrotici (cemento per ossa, adesivi chirurgici)
• risposta infiammatoria al particolato (materiali usurabili in genere, polimeri UHMWPE, PMMA, anche metalli)
• crescita di tessuto nei materiali porosi (materiali porosi, polimeri, ceramici, metalli, compositi)
Risposta dei tessuti a materiali estranei
Al fine di evitare problemi legati alla coagulazione del sangue (formazione di trombi) occorre controllare alcune caratteristiche superficiali dei materiali quali:
Rugosità: il sangue coagula preferibilmente e più velocemente su superfici rugose e quindi per prevenire la coagulazione e facilitare il distacco di microscopiche formazioni trombotiche prima che raggiungano dimensioni pericolose è bene che le superfici a contatto con il sangue siano lucidate.
Bagnabilità: il sangue coagula preferibilmente su superfici idrofobe piuttosto che su superfici idrofile
Carica superficiale: la parte corpuscolata del sangue (ed in particolare le piastrine) è carica negativamente, di conseguenza il sangue coagula preferibilmente su superfici elettropositive
Altri inconvenienti derivanti dall’interazione tra sangue e dispositivi medici sono rappresentati dai danni fisici alla parte corpuscolata per azione fisica o chimica (emolisi). È quindi essenziale garantire condizioni fluidodinamiche tali da minimizzare sforzi di taglio e urti.
La risposta del sangue
Esistono dei dispositivi medici che, per esplicare la loro funzione, devono attraversare la cute (drenaggi posizionati dopo un intervento chirurgico per scaricare all’esterno i prodotti di scarto del processo infiammatorio, fili metallici per la trazione degli arti a seguito di fratture, impianti dentali endoossei ecc.)
In tutti questi casi la lesione non può ripararsi in quanto il dispositivo rimane all’interno della cute dovendo garantire il trasporto di materiale (o lo scambio di forze) tra interno ed esterno
Talvolta questa condizione porta al fallimento dell’impianto (si parla in particolare di estrusione) che si verifica essenzialmente con le seguenti modalità:
1. Estrusione causata da marsupializzazione
2. Estrusione causata da permigrazione
3. Estrusione causata da infezione e formazione di ascesso
4. Estrusione causata da avulsione
5. Estrusione causata da una qualsiasi combinazione delle precedenti cause
Impianti che attraversano la cute
Impianti che attraversano la cute
Estrusione per marsupializzazione
Si origina quando un dispositivo non poroso è impiantato in posizione percutanea. La proliferazione e migrazione delle cellule presenti nei bordi lesi dell’epidermide provoca la creazione di una sorta di “tasca” cutanea che avvolge l’impianto e diventa sede di detriti cellulari (potenziale sorgente di fenomeni infettivi).
L’impianto, alla fine, non è più in posizione percutanea ma completamente extracoroporeo
Estrusione causata da permigrazione
Si origina quando un dispositivo poroso è impiantato in posizione percutanea.
Inzialmente i pori si riempiono di tessuto connettivo, presto raggiunto da cellule basali dell’epidermide (negli animali è stata misurata una velocità di permigrazione di 2 mm nei primi 10 giorni) che possono riempire totalmente l’impianto per tutta la sua estensione
Successivamente la porosità si riempie di cellule epidermiche cheratinizzate (tessuto duro e resistente presente nello strato corneo della pelle e nei peli) e si presenta una situazione di isolamento dell’impianto simile alla marsupializzazione
In presenza di un processo infettivo si osserva lo stesso comportamento per impianti porosi e non.
Il derma e il sottostante tessuto in contatto con l’impianto contaminato formano una spessa capsula di tessuto infiltrato con cellule derivanti dal processo infiammatorio acuto.
L’epidermide non riesce a crescere né intorno né dentro l’impianto e i bordi della lesione restano vicini alla capsula anche per mesi.
Manca pertanto il sigillo epidermico e le cellule nella capsula non riescono a combattere l’infezione.
Tali fenomeni possono presentarsi in qualunque momento dopo l’impianto e non sono eliminabili mediante trattamento antibiotico
Estrusione causata da infezione
In alcuni casi gli impianti percutanei sono soggetti a movimenti che possono indurre sollecitazioni meccaniche sul tessuto circostante causando il danneggiamento del tessuto all’interfaccia (es. impianti dentali)
Ciò provoca dei microematomi e la necrosi del tessuto all’interfaccia
In alcuni casi le forze in gioco sono sufficientemente grandi da estrarre l’impianto, in altri casi le forze causano lesioni locali che mantengono attivi i processi infiammatori e le possibili sorgenti infettive
Estrusione causata da avulsione