intervista antonio di ciaccia

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74 IL VENERDI DI REPUBBLICA scienze IPSE DIXIT La sensazione che si ha è quella di una chiusura di una gran parte degli psi- canalisti francesi, della loro incapacità di interrogarsi e dialogare con istanze di- verse dalle proprie. Come se, paradossal- mente, fossero incapaci di un atto di au- toanalisi. Non tutti, sia chiaro. Ma alcuni (in gran parte lacaniani) assumono le ve- sti degli strenui difensori del verbo psi- canalitico e l’ortodossia non ha mai pro- dotto buoni risultati. Qualche decennio fa la psicanalisi era sovversiva. Oggi sembra essere in mano ai guardiani del tempio, più attenti a conservare il loro capitale (il paziente) che non a curarlo. tatore temporale delle riprese), in mo- do che si potesse constatare come, tec- nicamente, non vi sia stato alcun taglio inopinato delle sequenze. Ciononostan- te la sentenza di primo grado, lo scorso 26 gennaio, ha vietato di trasmettere le interviste dei tre psicanalisti (ovvero ha censurato il film, visto che è monta- to con le parti incriminate) e ha stabili- to un risarcimento di dodicimila euro per ciascuno di loro. Ora, sentenza a parte (che non piace perché è un precedente in materia di li- bertà d’espressione), ciò che ha scatenato un vero finimondo è stato l’atteggiamen- to degli psicanalisti. Ovvero una barrica- ta innalzata di fronte al dialogo. Rispetto al film, i genitori dei bambini autistici e le associazioni chiedevano un confronto. Hanno trovato solo uno sprezzante sde- gno, riassunto nei seguenti termini: «Le Tcc sono soltanto il frutto di un invaghi- mento americano, e la psicanalisi si batte contro questo invaghimento». Insomma, la psicanalisi come religione di Stato. Per- ché, ci si chiede, non si può discutere e aprire un dibattito? Per quale ragione lanciare una fatwa al documentario sem- plicemente perché apre porte e possibili- tà che non sono congeniali agli psicanali- sti? Del resto, sostengono i genitori e le associazioni che affollavano l’entrata del tribunale di Lille, sono loro a pronunciare parole gravissime. E l’impressione è che la regista sia riuscita a far dire a questi psicanalisti, davanti alle telecamere, quel- lo che pensano davvero, ma non hanno il coraggio di dire alle famiglie. Ciò che si legge nelle mi- gliaia di commenti nei vari si- ti e nei blog delle associazioni (come per esempio in quello di Autistes sans frontières, l’associazione che ha messo online il film, oggi rimosso per via della sentenza ma an- cora visibile su YouTube) è un ragionevolissimo buon senso delle famiglie: se mio figlio con la psica- nalisi non ottiene miglioramenti, anzi è costretto a vivere in un ospedale psichia- trico, perché non provare strade diffe- renti, che altrove hanno dato ottimi ri- sultati? Una madre racconta di quando ha deciso di portare il figlio autistico, che all’epoca non parlava, fuori dall’ospedale contro il parere dei medici psicanalisti: a distanza di anni e trattamenti comportamen- talisti oggi quel ragazzo parla, frequenta una scuola pubbli- ca ed è anche piuttosto bravo. Ed è per questo motivo che la sala del tribunale di Lille ha avuto un fre- mito di rabbia quando l’avvocato dei tre psicanalisti, riferendosi alle Tcc, ha usato le seguenti parole: chiedono di «ripetere e apprendere gesti come se si ammae- strasse uno scimpanzé». Se prima la psicanalisi era sovversiva oggi è diventata ortodossia da imporre PARLA ANTONIO DI CIACCIA, UNO DEI MASSIMI ESPERTI DI LACAN NO A GUERRE DI RELIGIONE MA LA PSICOANALISI FUNZIONA S e in Francia alcuni psicanalisti sono accusati di trincerarsi dietro a un muro, in Italia c’è chi ama il confronto e il dialogo. È il caso di Antonio Di Ciaccia, il nostro massimo esperto di Lacan e curatore dei suoi scritti (da Einaudi). Ha una lunga pratica analitica alle spalle e una ventina d’anni fa, con l’aiuto dello Stato belga, ha fondato una «scuola speciale» per bambini autistici. Ed è stata un’esperienza piuttosto fortunata. «Mi sono subito reso conto che non si poteva applicare la psicoanalisi sic et simpliciter. Ritenevo che bisognasse inventarsi qualcosa di nuovo, ovvero servirsi degli insegnamenti della psicoanalisi per creare un adeguato ambiente di vita. Non c’erano sedute di terapia, ma c’era la continua volontà di suscitare nei bambini autistici un desiderio servendosi delle identificazioni e dell’intreccio tra desiderio del bambino e desiderio dell’adulto. E questo metodo ha prodotto qualche buon risultato». E rispetto alle Terapie cognitive comportamentali? «Sarebbe auspicabile che i genitori, visto che i bambini autistici non possono decidere, potessero scegliere il metodo di cura. Se preferiscono quelo comportamentale, benissimo. Ma è necessario che le autorità lascino la libertà di scelta e che i genitori possano ricorrere anche a metodi che si ispirano alla psicanalisi». Qual è la differenza fra il metodo psicoanalitico e quello comportamentale? «Noi cerchiamo di stimolare il paziente sul versante del desiderio, mentre il metodo comportamentale è piuttosto una ripetizione di modalità che sono impositive: risponde a un protocollo». Lei ritiene che la psicoanalisi sia sotto attacco? «Personalmente ho paura quando la psicanalisi non è sotto attacco. Mettendo l’accento su quel sapere che “il soggetto non sa di sapere” (questa la definizione lacaniana di inconscio), la psicoanalisi necessariamente non può esser accettata con leggerezza dalla società. Quando questo avviene, significa che ha perso la sua capacità di essere la “peste” freudiana. Mi preoccupa piuttosto che in America la psicoanalisi sia entrata nella società come un elemento fra gli altri. E allora cosa produce? Una caricatura, come quella che fa molto bene Woody Allen. Ebbene, per me questa non è psicoanalisi». (m.f.) MARCO FILONI

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Intervista Antonio Di Ciaccia

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74 I L V E N E R D I D I R E P U B B L I C A

scienzeIPSE DIXIT

La sensazione che si ha è quella di

una chiusura di una gran parte degli psi-

canalisti francesi, della loro incapacità di

interrogarsi e dialogare con istanze di-

verse dalle proprie. Come se, paradossal-

mente, fossero incapaci di un atto di au-

toanalisi. Non tutti, sia chiaro. Ma alcuni

(in gran parte lacaniani) assumono le ve-

sti degli strenui difensori del verbo psi-

canalitico e l’ortodossia non ha mai pro-

dotto buoni risultati. Qualche decennio

fa la psicanalisi era sovversiva. Oggi

sembra essere in mano ai guardiani del

tempio, più attenti a conservare il loro

capitale (il paziente) che non a curarlo.

tatore temporale delle riprese), in mo-

do che si potesse constatare come, tec-

nicamente, non vi sia stato alcun taglio

inopinato delle sequenze. Ciononostan-

te la sentenza di primo grado, lo scorso

26 gennaio, ha vietato di trasmettere le

interviste dei tre psicanalisti (ovvero

ha censurato il film, visto che è monta-

to con le parti incriminate) e ha stabili-

to un risarcimento di dodicimila euro

per ciascuno di loro.

Ora, sentenza a parte (che non piace

perché è un precedente in materia di li-

bertà d’espressione), ciò che ha scatenato

un vero finimondo è stato l’atteggiamen-

to degli psicanalisti. Ovvero una barrica-

ta innalzata di fronte al dialogo. Rispetto

al film, i genitori dei bambini autistici e le

associazioni chiedevano un confronto.

Hanno trovato solo uno sprezzante sde-

gno, riassunto nei seguenti termini: «Le

Tcc sono soltanto il frutto di un invaghi-

mento americano, e la psicanalisi si batte

contro questo invaghimento». Insomma,

la psicanalisi come religione di Stato. Per-

ché, ci si chiede, non si può discutere e

aprire un dibattito? Per quale ragione

lanciare una fatwa al documentario sem-

plicemente perché apre porte e possibili-

tà che non sono congeniali agli psicanali-

sti? Del resto, sostengono i genitori e le

associazioni che affollavano l’entrata del

tribunale di Lille, sono loro a pronunciare

parole gravissime. E l’impressione è che

la regista sia riuscita a far dire a questi

psicanalisti, davanti alle telecamere, quel-

lo che pensano davvero, ma non hanno il

coraggio di dire alle famiglie.

Ciò che si legge nelle mi-

gliaia di commenti nei vari si-

ti e nei blog delle associazioni

(come per esempio in quello

di Autistes sans frontières,

l’associazione che ha messo

online il film, oggi rimosso

per via della sentenza ma an-

cora visibile su YouTube) è un

ragionevolissimo buon senso

delle famiglie: se mio figlio con la psica-

nalisi non ottiene miglioramenti, anzi è

costretto a vivere in un ospedale psichia-

trico, perché non provare strade diffe-

renti, che altrove hanno dato ottimi ri-

sultati? Una madre racconta di quando

ha deciso di portare il figlio

autistico, che all’epoca non

parlava, fuori dall’ospedale

contro il parere dei medici

psicanalisti: a distanza di anni

e trattamenti comportamen-

talisti oggi quel ragazzo parla,

frequenta una scuola pubbli-

ca ed è anche piuttosto bravo.

Ed è per questo motivo che la

sala del tribunale di Lille ha avuto un fre-

mito di rabbia quando l’avvocato dei tre

psicanalisti, riferendosi alle Tcc, ha usato

le seguenti parole: chiedono di «ripetere

e apprendere gesti come se si ammae-

strasse uno scimpanzé».

Se prima la psicanalisiera sovversivaoggi èdiventataortodossiada imporre

PARLA ANTONIO DI CIACCIA, UNO DEI MASSIMI ESPERTI DI LACAN

NO A GUERRE DI RELIGIONEMA LA PSICOANALISI FUNZIONA

Se in Francia alcuni psicanalisti sono accusati di trincerarsi dietro a un muro,in Italia c’è chi ama il confronto e il dialogo. È il caso di Antonio Di Ciaccia, il nostro massimo esperto di Lacan e curatore dei suoi scritti (da Einaudi).Ha una lunga pratica analitica alle spalle e una ventina d’anni fa,

con l’aiuto dello Stato belga, ha fondato una «scuola speciale» per bambini autistici.Ed è stata un’esperienza piuttosto fortunata. «Mi sono subito reso conto che nonsi poteva applicare la psicoanalisi sic et simpliciter. Ritenevo che bisognasseinventarsi qualcosa di nuovo, ovvero servirsi degli insegnamenti della psicoanalisiper creare un adeguato ambiente di vita. Non c’erano sedute di terapia, ma c’era la continua volontà di suscitare nei bambini autistici un desiderio servendosi delle

identificazioni e dell’intreccio tra desiderio del bambino e desideriodell’adulto. E questo metodo ha prodotto qualche buon risultato».E rispetto alle Terapie cognitive comportamentali?

«Sarebbe auspicabile che i genitori, visto che i bambini autistici non possono decidere, potessero scegliere il metodo di cura. Se preferiscono quelo comportamentale, benissimo. Ma è necessarioche le autorità lascino la libertà di scelta e che i genitori possanoricorrere anche a metodi che si ispirano alla psicanalisi».

Qual è la differenza fra il metodo psicoanalitico e quello comportamentale?

«Noi cerchiamo di stimolare il paziente sul versante del desiderio, mentre il metodo comportamentale è piuttosto una ripetizione di modalità che sono impositive: risponde a un protocollo». Lei ritiene che la psicoanalisi sia sotto attacco?

«Personalmente ho paura quando la psicanalisi non è sotto attacco. Mettendol’accento su quel sapere che “il soggetto non sa di sapere” (questa la definizionelacaniana di inconscio), la psicoanalisi necessariamente non può esser accettatacon leggerezza dalla società. Quando questo avviene, significa che ha perso la sua capacità di essere la “peste” freudiana. Mi preoccupa piuttosto che in America la psicoanalisi sia entrata nella società come un elemento fra gli altri. E allora cosa produce? Una caricatura, come quella che fa molto beneWoody Allen. Ebbene, per me questa non è psicoanalisi». (m.f.)

MARCO FILONI