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Iniziazione Cristiana: “cristiani non si nasce, ma si diventa”

Lettera Pastorale

di S.E. Rev.ma

VINCENZO APICELLAVESCOVO DI VELLETRI-SEGNI

A conclusione del Convegno Diocesano Ottobre 2017

7 Gennaio 2018Battesimo del Signore

INTRODUZIONE

All’inizio del mio servizio episcopale nella Chiesa di Velletri-Segni, nellontano 2006, la prima, breve Lettera pastorale fu dedicata al tema dell’Ini-ziazione Cristiana, elencando in 13 punti gli obiettivi minimi su cui conver-gere tutti per poter operare in spirito di verità e di comunione.

Più di recente, l’Anno Santo, indetto da Papa Francesco, ci ha guidatoa comprendere quanto sia necessario riscoprire la Misericordia come trattoessenziale e primario per rinnovare il volto della Chiesa, al fine di poter ri-spondere alla nostra vocazione di annunciare Gesù Cristo ai fratelli di oggi.

Questo ha portato a focalizzare di nuovo la nostra attenzione sull’iti-nerario che ci conduce all’incontro con Gesù Cristo ed in cui la Chiesa madre,per l’opera dello Spirito santo, genera continuamente al Padre nuovi figli nel-l’Unigenito Figlio.

E’ sembrato giunto, quindi, il tempo per iniziare insieme una rifles-sione più approfondita riguardante il tema fondamentale dell’Iniziazione Cri-stiana (da ora IC), su cui occorre operare ormai un serio discernimento.

E’ un argomento su cui tutta la Chiesa italiana si va interrogando daquasi 50 anni e si può dire che è anche il campo in cui spendiamo quotidia-

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namente maggiori energie: battesimi, cresime, prime comunioni sono glisnodi principali nel cammino delle nostre parrocchie e vedono impegnateschiere di validi e generosi collaboratori laici.

A fronte di tutto questo sforzo, forse bisognerebbe interrogarsi sui ri-sultati che esso produce, non perché abbiamo bisogno di impossibili calcoliconsuntivi, ma solo per valutare se esso si indirizza almeno nella direzionevoluta, dando per acquisita la definizione di IC offerta dai vescovi della CEI:

“Per IC, in generale, si può intendere il processo globale attraverso ilquale si diventa cristiani. Si tratta di un cammino diffuso nel tempo e scanditodall’ascolto della Parola di Dio, dalla celebrazione dei Sacramenti di Dio, dal-l’esercizio della carità e dalla testimonianza dei discepoli del Signore attra-verso il quale il credente compie un apprendistato globale della vita cristiana,si impegna a vivere come figlio di Dio ed è assimilato, col Battesimo, la Con-fermazione e l’Eucarestia, al Mistero pasquale di Cristo nella Chiesa” (Incon-triamo Gesù, n.49).

Non si tratta, allora, semplicemente di una preparazione a ricevere iSacramenti, quanto di una preparazione, attraverso i Sacramenti, a vivereuna vita cristiana piena e coerente: negli itinerari formativi delle nostre par-rocchie si riesce ad orientare a questo obiettivo, facendo maturare un stile divita cristiano a partire dai Sacramenti ricevuti?

Bisogna dare atto ai nostri catechisti, cui si deve profonda gratitudineper la disponibilità e l’impegno, oltre che al Servizio diocesano per la cate-chesi, che in questi anni si sono fatti notevoli passi avanti per qualificare me-glio i nostri itinerari: le giornate per i catechisti, gli incontri inter- parrocchialiresidenziali per cresimandi e comunicandi, il coordinamento per l’IC degliadulti.

Occorre, a questo proposito, ribadire l’importanza del servizio di so-stegno e collegamento cui debbono far riferimento le parrocchie ove sianoadulti che richiedono il Battesimo e, quindi, l’intera IC, in quanto, a volte, sipuò essere tentati di accelerare i tempi e concludere in fretta un camminoche, fatto con le dovute tappe e modalità, costituisce una provvidenziale edimperdibile occasione per i singoli interessati e per le intere comunità.

Vi sono, quindi, alcuni dati positivi e incoraggianti, ma questo non puòbastare.

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PREMESSE

Per iniziare il nostro dialogo sull’IC sembra opportuno fare tre pre-messe, prima di entrare nell’argomento specifico.

Anzitutto qualche precisazione circa l’affermazione riportata al n.6del documento della CEI “Il volto missionario della parrocchia”, che cita lafrase di Tertulliano: “cristiani non si nasce, ma si diventa”.

Qui occorre specificare che non lo diventiamo con le nostre forze e in-telligenze, ma per una vocazione immeritata (Gv. 15,16: “non voi avete sceltome…”) e per l’opera dello Spirito del Risorto, che ci plasma gradualmente nonsolo per recuperare l’immagine, ma per progredire nella somiglianza di Cristo.

Diventare cristiani, quindi, significa rispondere ad una vocazione delPadre e ricevere i “talenti”, che vanno poi fatti fruttare per tutta la vita, inuna crescita mai compiuta totalmente e definitivamente.

L’IC dona la grazia con cui ci vengono affidati questi talenti per poteriniziare il cammino di discepoli e ci viene donata integralmente, nel complessoinscindibile dei tre Sacramenti, che non possono essere scollegati e tanto-meno amputati, come talvolta avviene nel caso della Cresima.

In secondo luogo occorre richiamare la grande legge della salvezza,codificata e continuamente richiamata da san Paolo alle sue comunità, con-cernente l’assimilazione a Cristo Signore e la nostra configurazione con Lui eche potremmo sintetizzare così: quanto il Padre operò con lo Spirito Santosull’Umanità del Figlio, il medesimo con lo Spirito Santo opera anche per noi:se Cristo Signore fu battezzato, confermato e si offrì in sacrificio al Padre, fuprofeta, sacerdote, re e sposo, allora tutto questo dobbiamo esserlo anchenoi, al nostro modo; reciprocamente, se noi siamo battezzati, confermati eresi offerta vivente (Rom.12,1) e popolo profetico, sacerdotale, regale e spon-sale, allora tutto questo dovette essere anche Cristo Signore, al suo modo.

Più che cercare, allora, una esplicita forma di istituzione dei Sacra-menti da parte di Cristo, come si è quasi sempre fatto finora, occorre chiedersiquando e come il Signore ha vissuto nella sua Umanità questi Sacramenti:come si vedrà questo vale in modo speciale per la Confermazione, ma ancheper tutti gli altri sacramenti.

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Ultima premessa: ogni discorso, sia teologico, sia pastorale, se nonvuole essere una elucubrazione astratta costruita a tavolino, deve cominciareper obbligo inevitabile dal vissuto concreto, cioè dalla Lex orandi della Chiesa:come la Chiesa celebra così Ella crede e per capire chi è un cristiano bisognaconoscere cosa e come celebra e prega.

La vita cristiana è configurata, secondo la grande Tradizione divinaapostolica, come un perenne celebrare Cristo Signore Risorto nello SpiritoSanto per la gloria del Padre: “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, siache facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1Cor.10,31).

Proprio l’IC fa entrare nella Lex orandi: l’Iniziazione è la prima entratanella celebrazione di Cristo Signore Risorto, introduce, ormai per sempre, nelsuo indivisibile Mistero, agli Eventi della sua vita, alla sua Morte, alla sua Re-surrezione, al Dono dello Spirito Santo, al glorioso Ritorno; realtà che si cele-brano perennemente nell’esistenza redenta, ogni Domenica, nei Convito deiMisteri e quotidianamente nella preghiera, ciascuno nel proprio stato e conla vita di amore di carità.

Se come si celebra si crede, occorre anzitutto conoscere quanto si ce-lebra e questo si acquisisce solo se si entra nel modo e nello spirito della ce-lebrazione, la quale è contenuta fedelmente nei Libri liturgici della Chiesa,che non ammettono arbitrarie modifiche, abbreviazioni e innovazioni.

Il Rito romano dell’Iniziazione, conservando molto del vecchio Rito,per tanti aspetti è tornato alla struttura e allo spirito della Tradizione del se-colo IV, che ha come modello il Rito di Gerusalemme: da 45 anni è in uso nellanostra Chiesa l’apposito Libro liturgico tipico, l’OICA (Ordo Initiationis Chri-stianae Adultorum), in italiano RICA (Rito dell’Iniziazione Cristiana degliAdulti), edito per la prima volta nel 1972, tradotto dalla CEI ed entrato in vi-gore nel1978, che porta a compimento le indicazioni fondamentali del Con-cilio Vaticano II.

Da questo testo si possono trarre alcune importanti indicazioni:

Anzitutto, come si è già detto, la stretta connessione dei tre Sacra-menti dell’IC, che vanno conferiti nella stessa celebrazione non solo per gliadulti, ma anche per i bambini in età del catechismo (RICA, cap. V), per signi-ficare l’unità del Mistero di Cristo, Mistero di Morte-Resurrezione-Ascensione-Pentecoste-Venuta ultima.

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A questo Mistero i discepoli sono iniziati con l’effusione dello Spiritoin modo unitario, la mattina di Pentecoste secondo gli Atti degli Apostoli, lasera stessa della Domenica della Resurrezione secondo il quarto Evangelo,che sottolinea lo stretto rapporto tra la missione del Figlio da parte del Padree il dono dello Spirito: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’iomando voi…Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno ri-messi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv.20,21-23).

Per questo “i tre Sacramenti dell’IC sono così intimamente tra lorocongiunti, che portano i fedeli a quella maturità cristiana, per cui possanocompiere, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria del Popolo di Dio”(RICA, n.2).

Questo aiuta a comprendere che i tre Sacramenti necessariamenteinsieme operano la nascita del cristiano e non solo il Battesimo, come tutti etre sono Sacramenti dello Spirito Santo e non solo la Cresima e, inoltre, chela pienezza dell’IC, la cosiddetta “maturità” cristiana, si raggiunge non con laCresima, ma piuttosto con l’Eucarestia, a cui tutti gli altri Sacramenti sono or-dinati, come aveva ben compreso S. Tommaso.

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INIZIAZIONE AL MISTERO DI CRISTO

Come si è detto nelle premesse, il criterio migliore per orientarci nel-l’IC consiste nel partire sempre dal Mistero di Cristo, dal Progetto che il Padreporta a compimento attraverso il Figlio nello Spirito Santo, anzitutto nellastessa Umanità del Figlio.

Il Disegno del Padre in Cristo si realizza in primo luogo mediante l’ef-fusione dello Spirito, che nel Battesimo al Giordano abilita Gesù di Nazarethad iniziare la sua missione di annunciare l’Evangelo, di compiere le opere delRegno, in vista della Croce e della Resurrezione.

Al Battesimo di Gesù i Cieli si aprono, Dio si protende verso gli uo-mini, per così dire, con il seno aperto, perché il perdono e la salvezza sonodate plenariamente a tutti e lo Spirito, che viene e rimane sull’umanità del Fi-glio, potrà abitare sugli uomini che accettano di vivere da figli, a immagine diCristo, di immergersi in Lui per diventare con Lui un solo corpo e un solo spi-rito.

Per comprendere chi è questo Spirito e perché è donato all’Umanitàdi Cristo, bisogna partire dalle parole del Padre, che fa udire la sua voce, di-chiarando che questo Gesù di Nazareth è l’Unico Figlio, il Diletto, in cui Egli sicompiace: termini impressionanti, che, riletti alla luce della Scrittura, rivelanoil Mistero di Cristo, Primogenito della nuova creazione e del nuovo Popolo, Remessianico, Profeta ultimo, Isacco nuovo che deve essere offerto in sacrificio,Servo sofferente, che dona sacerdotalmente se stesso in riscatto per tutti,Adamo nuovo, finalmente obbediente, da cui sgorgherà la nuova Eva, laSposa, corpo del suo corpo e sangue del suo sangue.

Il nostro Battesimo non è altro che una inserzione piena e definitivanel Corpo di Cristo, che è la Chiesa tutta, Corpo di sacrificio, Corpo di santità,ripieno di Spirito Santo.

Ma questa prima effusione dello Spirito è seguita da una “conferma-zione”, in cui il Padre rinnova la vocazione battesimale di Cristo, reiterando lemedesime parole ed inviando nuovamente lo Spirito, che si posa su CristoTrasfigurato nel segno della Nube luminosa, come avvenne al Giordano nelsegno della colomba.

Infatti, tutti i Vangeli sinottici usano qui, per indicare la discesa dellaNube-Spirito, lo stesso termine che si ritrova il Lc.1,35 al momento dell’An-8

nunciazione-Incarnazione, in cui a Maria viene detto: “lo Spirito Santo scen-derà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo”; la stessaNube che sottrarrà il Cristo Risorto allo sguardo degli Apostoli il giorno del-l’Ascensione (At.1,9)

Alla Trasfigurazione, Cristo è confermato dal Padre con lo SpiritoSanto, la Gloria divina, nella vocazione battesimale (messianica, profetica, re-gale, sacerdotale, nuziale), in vista del sacrificio di se stesso che dovrà offriresulla Croce, di cui Egli parla con Mosè ed Elia apparsi al suo fianco (Lc.9,31).

Insieme a Lui sono confermati anche i discepoli, che dovranno af-frontare lo scandalo della Croce, come afferma esplicitamente Pietro nellasua seconda lettera parlando della sua esperienza diretta della Trasfigura-zione di Cristo: “Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dallamaestosa gloria gli fu rivolta questa voce: ‘Questi è il Figlio mio prediletto,nel quale mi sono compiaciuto’. Questa voce noi l’abbiamo udita scenderedal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E così abbiamo confermamigliore della parola dei profeti…” (2Pt.1,18-19).

Lo Spirito del Risorto permetterà ai discepoli di fare memoria di quelleparole, con cui ricevettero anche il mandato di “ascoltarlo”, cioè di obbedirea Lui, di seguire Lui, di conformarsi a Lui, accettando la propria croce per la re-surrezione.

In Cristo trasfigurato, d’altra parte, Cristo stesso ed i discepoli fannoesperienza della divinizzazione, tema fondamentale e pressoché ignorato, acui lo Spirito condurrà l’Umanità del Signore, come Primogenito dai morti e,in Lui, quella dei discepoli, partecipi della sua morte e resurrezione, con-cor-porei, con-sanguinei, con-spirituali (1Cor.6,17).

Lo Spirito, si è detto, è effuso per la missione che si compie nellaCroce-Resurrezione, nell’offerta del Corpo e Sangue suo, di cui l’Eucarestia èmemoriale: Cristo può dare il Pane della Vita perché su di Lui il Padre ha postoil suo Sigillo (Gv.6,27), il medesimo Sigillo che è posto anche sui credenti almomento della Confermazione (2Cor.1,21-22; Ef.1,12-14; Ap.7,3), perché pos-sano prendere parte ai Divini Misteri.

La Cresima, quindi, abilita i discepoli ad offrire nell’Eucarestia lo stessoSacrificio, cui sono ormai associati in forza già del proprio battesimo: ecco la“forza speciale”, la testimonianza, l’impegno al “culto spirituale”, quello di

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offrire i propri corpi come “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”(Rom.12,1) per essere trasfigurati “ad immagine di Cristo” per la potenza dellostesso Spirito (2Cor.3,18-4,6; Rom.8,29-30).

Si può comprendere, allora, come già dal terzo secolo viene esplici-tamente prescritto che nessuno che non abbia ancora ricevuto la Cresimapossa accostarsi alla Mensa eucaristica; la prima attestazione la si trova nellaTradizione degli Apostoli (n.21) di Ippolito, l’ultima nel magistero di Pio XI nel1932, ma anche tutti i documenti posteriori, dal Concilio Vaticano II in poi,mantengono il tradizionale ordine dei tre Sacramenti dell’IC.

Lo Spirito battesimale, crismale, eucaristico costituisce quindi laChiesa come Sacramento di Cristo, nella effusione unitaria della Pentecoste,cui solo per appropriazione è riferita la Cresima, e da cui inizia la missione deidiscepoli.

Pietro stesso, il mattino di Pentecoste pone la scansione iniziale: cia-scuno si faccia battezzare, poi riceverà lo Spirito Santo, in seguito parteciperàalla Frazione del pane (Cf. At.2,38.46).

A partire da questi dati emergono due esigenze: assicurare a tutti icristiani la completezza della IC ed una catechesi mistagogica permanente,che aiuti, cioè, i cristiani ad entrare sempre più profondamente e vitalmentenel Mistero di cui sono divenuti partecipi; ambedue oggi sembrano essereper lo più disattese.

Normalmente, di fatto, una buona percentuale dei bambini di PrimaComunione non prosegue l’itinerario per completare l’IC e la posticipazionedella Cresima, recentemente introdotta ‘per motivi pastorali’, oltre a met-tere in ombra la sua vera funzione, riduce la comprensione della stessa Eu-carestia, che a volte viene ridotta a fenomeno devozionale, a evento singolo,enfatizzato, fine a se stesso e non inizio di un cammino permanente.

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L’INIZIAZIONE NELLA CHIESA

Dopo il Concilio Vaticano II, come si è detto, la Chiesa ha stabilito unitinerario ben articolato ed organico, attraverso il quale deve compiersi la for-mazione iniziale di un uomo che desideri rispondere alla vocazione cristiana.

L’indicazione era stata data già nel primo documento conciliare del1963, Sacrosanctum Concilium n. 64 e ripresa in uno degli ultimi, Ad Gentesn.14, ma ci vollero otto anni perché fosse pubblicato l’OICA nel 1972, altri seianni passarono prima che fosse disponibile la traduzione ufficiale italiana, ilRICA, nel 1978.

Dalle nostre parti la cosa non fece molto rumore, perché si pensavache quelle norme riguardassero principalmente le Chiese in terra di missione,dove molti adulti chiedono il Battesimo e con esso, inseparabilmente, la Cre-sima e l’Eucarestia; da noi, si diceva, diventiamo cristiani appena nati e poi cipensano la famiglia, la parrocchia, la scuola, le tradizioni sociali a completarel’opera.

In verità, i vescovi italiani avevano già compreso che questo Rito rap-presentava una svolta importante anche per la nostra azione pastorale, chenon può limitarsi “ad una attenzione esclusiva sulla prassi sacramentale, laquale finirebbe col ridurre il sacramento ad un puro gesto di pratica esteriore,senza riflessi concreti e fecondi nella vita”.

Così è scritto nella Premessa alla traduzione italiana, che proseguivadicendo: “E’ importante quindi richiamare l’attenzione sul fatto che l’itinera-rio, graduale e progressivo, di evangelizzazione, iniziazione, catechesi e mi-stagogia è presentato con valore di forma tipica [cioè normativa, obbligante]per la formazione cristiana….e fa emergere pertanto l’esigenza di un’azionepastorale che conduca alla riscoperta o alla consapevolezza progressiva e per-sonale della propria fede, mediante una catechesi permanente o itinerario ditipo catecumenale, che segua gradualmente i cristiano dall’infanzia alle suc-cessive fasi della vita.”

Questo itinerario si compone di quattro tempi, di durata variabile maabbastanza distesi, scanditi da tre Celebrazioni ‘di passaggio’.

Il primo periodo è quello dell’Evangelizzazione: il primo incontro conCristo e il suo Mistero di Morte e Resurrezione, che è il Mistero di un Amoresconfinato che vuole raggiungere ogni creatura, accogliendoci come siamo,

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senza nessun nostro merito, per donarci una gioia ed una pace che maiavremmo immaginato, rivelandoci un Dio che è Padre provvidente e miseri-cordioso, Figlio partecipe della nostra natura e consapevole della nostra de-bolezza, Spirito operante efficacemente nella nostra vita e nella storia umana.

Non può esserci nessuna celebrazione efficace dei sacramenti senzaquesta evangelizzazione iniziale, in cui accogliamo consapevolmente il fattodi essere già stati accolti e chiamati per nome.

Solo allora può iniziare la Catechesi vera e propria, preceduta dal Ritodi Accoglienza, in cui si viene segnati col segno della Croce e si ricevono gliEvangeli.

Questa Catechesi non è l’apprendimento di una ‘dottrina’, ma un ti-rocinio in cui si comincia ad ascoltare la Parola di Dio, ad entrare nella Storiadella Salvezza, di cui ci scopriamo protagonisti, a prendere coscienza delleesigenze dell’Evangelo, che ci propone una sapienza tanto diversa da quelladi questo mondo, a praticare le virtù cristiane, a cominciare da quella più im-portante e fondamentale, che è la carità in tutti i suoi aspetti, a riconoscersicome membra di un corpo, di una comunità che naviga su una stessa barcain un mare spesso tempestoso, a comprendere che da soli non possiamo farnulla, per cui occorre pregare e chiedere al Signore che ci venga in aiuto at-traverso i mezzi che Lui stesso ci ha messo a disposizione, principalmentequelli che chiamiamo Sacramenti, ma anche tante altre Celebrazioni.

Alla fine di questo lungo periodo si celebra il Rito dell’Elezione, con cuiinizia il tempo della Illuminazione, che dura quaranta giorni, l’ultima Quare-sima, scandita da momenti ben precisi, che sono gli Scrutini e le Consegne: iprimi hanno lo scopo di verificare e discernere l’efficacia del cammino com-piuto e di chiedere l’aiuto e la forza per proseguirlo, le seconde mettono nellenostre mani gli strumenti fondamentali per orientarci nel cammino della vita:il Credo, che è la bussola della nostra fede, il Padre Nostro, che è la regoladella nostra preghiera, il Comandamento della Carità e le Beatitudini, chesono lo stile della vita cristiana.

Solo a questo punto, nella Veglia Pasquale, si viene immersi e si di-venta sacramentalmente, cioè efficacemente, realmente e definitivamentepartecipi del Mistero di Morte e Resurrezione di Cristo, viventi per Lui, con Luied in Lui, ad opera dello Spirito Santo e per la gloria del Padre, ricevendo,nella stessa Celebrazione il Battesimo, se non lo si è già ricevuto, la Cresima

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e, per la prima volta, l’Eucarestia.

L’itinerario, a questo punto, non è compiuto, non ci si è ‘tolti il pen-siero’, ma inizia il tempo della mistagogia, parola che già è risuonata più voltenei nostri discorsi e che significa il progressivo inoltrarsi in questo inesauribilee sconfinato oceano dell’Amore di Dio, che è anche il fine definitivo ed ul-timo di tutta la nostra esistenza e che ci viene incontro in tanti modi sor-prendenti, soprattutto nella realtà sacramentale a cui siamo stati iniziati.

Questo itinerario, si è detto, è ‘tipico’, cioè è il modello su cui si deveconfigurare ogni percorso di iniziazione alla vita cristiana, anche se con i do-vuti adattamenti e le dovute modifiche, in base alla situazione concreta in cuici troviamo ed alle esigenze delle nostre comunità e delle singole personeche vi partecipano.

Attualmente, oltre alla frammentazione dei tre sacramenti, è invalsol’uso, solo da una cinquantina d’anni, di posticipare la Cresima all’Eucarestiaper ragioni pastorali.

Ma restano fermi i grandi principi su cui poggia tutto il RICA e che pos-sono essere così riassunti in base agli Orientamenti della CEI, come indicatonel primo documento del 1997:

Il necessario primato dell’evangelizzazione, che solleciti una salutareinquietudine di fronte alle mutate condizioni pastorali e sociali.

Il rapporto tra l’iniziazione e la comunità cristiana: è la Chiesa che ge-nera i cristiani e tutta la Chiesa è coinvolta in questo compito, non solo al-cuni ‘specialisti’ o ‘delegati’. L’iniziazione avviene in seno alla comunità, cheaccogliendo i nuovi arrivati edifica e rinnova continuamente se stessa.

La stretta e organica connessione dei tre sacramenti: il Battesimo, laConfermazione e l’Eucarestia, che ne costituisce il culmine.

L’inserimento nell’anno liturgico, che pone al centro la celebrazionedella Domenica, Pasqua settimanale e la celebrazione della Pasqua annualecon la preparazione quaresimale ed il suo prolungamento fino alla Penteco-ste.

La valorizzazione ed il coordinamento dei vari aspetti del vivere cri-stiano, che costituisce una globalità inscindibile: l’ascolto della Parola, la pre-ghiera, la continua conversione morale, l’esercizio della carità, la vitacomunitaria e la testimonianza all’Evangelo.

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La rispettosa attenzione alle singole persone nelle loro varie situa-zioni ed esperienze umane. Il RICA richiede la necessaria maturazione, nel ri-spetto dei ritmi di crescita e fa emergere l’esigenza di un’azione pastoraleche conduca alla riscoperta o alla consapevolezza progressiva e personaledella propria fede.

A fronte di tutto questo, appare chiaro che non è sufficiente ammi-nistrare sacramenti, senza preoccuparsi che siano ricevuti nello spirito e conlo scopo per cui ci sono stati consegnati e, pertanto, occorre ricercare le viee gli strumenti che possano consentirci di adeguare la nostra azione pastoralea questi principi di fondo.

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SCELTE PASTORALI

Nell’ultimo Convegno diocesano, guidato da P. Rinaldo Paganelli, si èiniziato a comprendere cosa entra in gioco nel mettere l’Iniziazione Cristianaa tema della nostra riflessione, prendendo coscienza che questo significa ri-pensare, in ultima analisi, il nostro stesso essere Chiesa.

Le domande che sono state poste sono, fondamentalmente, due:

Siamo disposti a prendere gli adulti e la famiglia come perno dellaproposta catechistica?

Quali porte di entrata a questo cambiamento decidiamo di aprire e dicurare particolarmente?

La prima domanda ci pone dinanzi ad una scelta d fondo, che implicaun cambiamento di mentalità e di prospettiva da parte di ogni operatore pa-storale, a cominciare dai presbiteri e dai catechisti.

“Un’inchiesta a livello italiano – diceva p. Rinaldo – a metà degli anni’90 indicava che su circa 300mila catechisti italiani, il 91,2% si dedicava al-l’Iniziazione Cristiana dei fanciulli e dei ragazzi (circa 273000). Sarebbe comese il 92% dei medici italiani fossero pediatri. Un’inchiesta successiva nel 2004non modificava sostanzialmente questo dato e confermava a grandi lineequesto sbilanciamento. Il nucleo unificatore attuale della catechesi è ancorail bambino, catechesi puerocentrica”.

E’ evidente che questo modello non regge più ed è decisamente inef-ficace in seguito alle radicali trasformazioni che si sono prodotte nella fami-glia e nella società, che richiedono, ormai da lungo tempo, una capacità dievangelizzazione iniziale da parte della Chiesa, che sappia riproporre anzi-tutto agli adulti il nucleo essenziale della fede cristiana, che non può più es-sere dato per scontato.

Rispondere positivamente a questa prima domanda esige, natural-mente, una adeguata formazione e riqualificazione anzitutto di chi è chia-mato a svolgere il servizio della catechesi, ma anche il l’allargamento, comediceva p. Rinaldo, della ministerialità pastorale: “Sono le persone che vivonosulla loro pelle i passaggi di Dio nella loro vita le più indicate per testimoniarliai loro fratelli e alle loro sorelle. Per questo dobbiamo allargare la ministe-rialità attuale, fidandoci dei battezzati che conoscono il sapore dolce e amaro

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della vita in tutti i suoi aspetti. Dobbiamo avere più coraggio nel fidarci deilaici”.

La seconda domanda è più operativa, si tratta di scegliere il punto dipartenza da cui iniziare il nuovo percorso dell’Iniziazione Cristiana e fare unprimo passo, indispensabile per fare quelli successivi, nella consapevolezzache il cambiamento non potrà che essere graduale per poter essere condivisoe, quindi, efficace.

Sarebbe fuorviante e ingenuo limitarsi a procedere a qualche aggiu-stamento in merito all’età o all’ordine con cui si ricevono i sacramenti, senzafarli precedere da un cambiamento più profondo e condiviso della mentalitàdi chi si accosta all’’IC.

La risposta al quesito può venire da quanto i vescovi hanno scrittonegli Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, pubblicati nel 2014col titolo: Incontriamo Gesù, di cui vale la pena riportare per intero il n.59:

“Per valorizzare la presenza dei genitori – almeno di coloro che sono di-sponibili a lasciarsi coinvolgere- appare sempre più promettente curare la pre-parazione al Battesimo e la prima fase della vita (0-6 anni). L’evangelizzazionepassa, in questo periodo attraverso il linguaggio delle relazioni familiari.

Come mostrano molte esperienze, si tratta di mettere in atto gradual-mente un’attenzione pastorale per e con gli adulti, oltre che impegnarsi nel-l’annuncio ai piccoli. Del resto, lo stesso catechismo dei bambini, “Lasciateche i bambini vengano a me”, offre elementi tuttora validi sia quanto alla fi-sionomia dei piccoli e all’annuncio che può essere loro proposto, sia relativa-mente alla vita familiare, alle dinamiche che investono i genitori, ai compitiche li attendono.

La domanda del Battesimo dei bambini è un’occasione propizia per av-viare contatti che potranno dare frutto col tempo, soprattutto se lo stile del-l’accoglienza nelle nostre comunità saprà coniugare rispetto della verità delVangelo e attenzione alle storie personali e di coppia, che non di rado sonochiamate a maturare, magari verso lo stesso matrimonio cristiano, con l‘aiutodella vicinanza dei credenti.

Occorre far sì che, preparando al Battesimo, si pongano le premesse diuna qualità di relazione, affinché dopo il Sacramento possa continuare e con-solidarsi un cammino che si apre all’ascolto, all’annuncio ed alla crescita di16

fede. Si tratta di mostrare che la Chiesa condivide l’interesse dei genitori peri figli, dai quali sono a loro volta interpellati. Ancor di più, quando il contestoriguarda genitori separati o divorziati, coppie in situazione canonica irrego-lare, quando uno o entrambi i genitori sono lontani dalla pratica ecclesiale,sarà cura della comunità cristiana accogliere la domanda del Sacramento ac-costando con delicatezza queste situazioni, proponendo un cammino di pre-parazione anche attraverso il dialogo con famiglie cristiane che possanoaccompagnare la riscoperta della fede.

La pastorale battesimale e delle prime età costituisce, dunque, un terrenofecondo per avviare buone pratiche di primo annuncio per e con genitori, fa-miglie…”

In sostanza, per avviare un itinerario più adeguato dell’IC, diretto an-zitutto gli adulti e le famiglie, sembra opportuno iniziare proprio dal Batte-simo, coinvolgendo i genitori, perché diventino protagonisti dell’IC del figlioe, perciò stesso, siano chiamati a recuperare anzitutto la propria IC.

Il vero catecumenato nella nostra situazione pastorale non può cheiniziare da una scelta consapevole dei genitori, che, nel momento in cui ri-chiedono il Battesimo per i propri figli, devono sentir risuonare nella loro vitail rinnovato annuncio di Cristo, che, attraverso di loro vuole far crescere il suoCorpo e affida ad essi la responsabilità di prendersi cura di Lui, che cresce nelloro figlio.

Se al momento del Matrimonio la coppia può aver vissuto il momentodella preparazione in modo forse poco incisivo, certamente la nascita di un fi-glio costituisce un vero spartiacque nella loro vita, sia per l’impegno che sisono assunti umanamente, sia perché in nessun’altra occasione possiamosperimentare così concretamente la presenza ineffabile di Dio come quandocontempliamo, con stupore, un fragile e innocente neonato.

In quel momento dinanzi ai nostri occhi si concretizza il mistero in-sondabile della vita, questo miracolo continuo che ci porta il sorriso di Dio, checi apre al futuro e ci rimanda ad una realtà che ci trascende, che non può es-sere semplicemente un prodotto nostro, ma un dono immeritato, scaturito dauna sorgente nascosta.

Per questo Gesù potrà dire: “Chi accoglie anche uno di questi bambiniin nome mio, accoglie me” (Mt.18,5) e, poco più avanti: “Guardatevi dal di-

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sprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielovedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt.18,10).

Gli occhi del bambino vedono ciò che noi non possiamo più vedere,perché tanti diaframmi si sono ormai interposti tra noi e Colui che abita neicieli, cioè nella profondità del nostro essere, se qualcuno non guarisce la no-stra cecità.

Si comprende, quindi, quell’altra frase misteriosa di Gesù: “In veritàvi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entre-rete nel regno dei cieli” (Mt.18,3).

Si potrebbe dire che il bambino ci viene donato come un sacramento,un segno efficace della presenza di Dio in mezzo a noi, un Dio che non sistanca di amarci e ci chiede amore, che solo possiede la vita e la mette nellenostre mani.

Ecco perché la nascita di un bambino è un momento privilegiato digrazia per riprendere un cammino che forse si era interrotto o procedeva atentoni e stancamente tra tante distrazioni e ingannevoli miraggi.

Questo può diventare problematico, ma per questo ancor più neces-sario, nella situazione di crisi in cui si trova oggi la famiglia e che non è certoignorata nel documento della CEI sopra citato, ma a questo proposito risultaindispensabile porre attenzione alle indicazioni che provengono dalla AmorisLaetitia, che offre innumerevoli e preziosi spunti per l’evangelizzazione dellafamiglia.

La mistagogia, allora, non è solo l’ultimo stadio dell’IC, ma ne diventala premessa, riguardando anzitutto i genitori, per potersi estendere poi ainuovi iniziati; il Battesimo non può rimanere confinato, nella migliore delleipotesi, ad un grande evento privato della famiglia, che ha bisogno di esseresostenuta ed accompagnata discretamente anche nei primi anni di vita delnuovo battezzato.

Come si è già detto, occorre, quindi, formare operatori pastorali chesiano in grado di svolgere questo ministero, ma occorre anche individuare imezzi e le occasioni perché tutta la comunità parrocchiale si senta coinvoltain questo cammino di IC, poiché attraverso il Battesimo di un bambino e lesuccessive tappe della sua IC è l’intera Chiesa che cresce, realtà a cui nessunbattezzato può considerarsi estraneo.18

Inutile dire che questo impegno, da considerare come una vera “con-versione pastorale”, non può concretizzarsi se non viene assunto unanime-mente da tutta la comunità diocesana: non ci possono essere parrocchie chenon tentino almeno di proporre questo itinerario battesimale e post-battesi-male ai genitori e la parrocchia che accetta di celebrare un Battesimo se nedovrà far carico.

Se la parrocchia dove si celebra il Battesimo non è quella di residenzadella famiglia, sarà l’accordo tra i parroci a proporre il cammino più oppor-tuno.

Per i contenuti ed i metodi di questo itinerario esistono già numeroseesperienze positive a cui far riferimento, tra cui il recente sussidio pubblicatodall’Ufficio catechistico di Roma, ma abbondante materiale potrà esseremesso a disposizione anche dal nostro Ufficio diocesano, per accompagnarei genitori per i primi sei anni di vita del bambino.

Non si tratta certo di organizzare per i genitori dei percorsi catechisticinel senso tradizionale del termine, ma di curare anzitutto la preparazione alBattesimo con alcuni incontri (due o, meglio, tre), che possano costituire unaggancio umano, cui far seguire, negli anni successivi, iniziative di incontro, difesta, di riflessione, anche solo epistolare, che aiutino i genitori a svolgere illoro ruolo fondamentale di educatori alla fede già nei primi sei anni di vitadei loro figli.

Non è da sottovalutare, comunque, l’importanza del momento stessodella celebrazione del Battesimo, che spesso sottolinea ancora di più il ca-rattere “privato” e “secondario” di questo evento fondamentale, senza canti,senza ministranti, con la chiesa vuota e con un’assemblea occasionale, di-stratta e spesso rumorosa, con segni poco evidenziati e poco compresi, senzail richiamo indispensabile alle ulteriori tappe dell’IC.

Dopo il sesto anno di età, il cammino dell’IC proseguirà, poi, anchenella comunità parrocchiale, che è sempre tutta corresponsabile della for-mazione e della crescita dei suoi nuovi membri e li introduce gradualmentenella sua esperienza di ascolto della Parola, di vita di preghiera, di eserciziodella carità fraterna.

In quel momento sarà possibile procedere ad una seconda fase, in cuiristabilire l’ordine appropriato della celebrazione della cresima e della prima

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Eucarestia, momento supremo e conclusivo dell’IC, che apre al tempo per-manente della mistagogia.

Due avvertenze conclusive sembra opportuno fare a questo punto: ilcammino non potrà che essere graduale e la prima fase non potrà duraremeno di due anni, anche se occorre iniziare subito e insieme.

A questo proposito può essere forse utile nei prossimi mesi un in-contro dei Consigli pastorali parrocchiali, singolarmente o per zone cittadine,con il vescovo, fin d’ora disponibile a prendere accordi in tal senso.

Inoltre, non possiamo certo nasconderci le difficoltà, oggettive e sog-gettive, che incontreremo nel far accogliere la proposta, che non potrà certocoinvolgere subito la totalità delle persone.

Ma ci sostiene in questo il primo principio enunciato da Papa Fran-cesco nell’ Evangelii Gaudium: “il tempo è superiore allo spazio”; occorre,cioè, con pazienza, discrezione e delicatezza, iniziare dei processi e dare orien-tamenti che penetrino gradualmente nel tessuto delle nostre comunità, senzafretta, senza scoraggiamenti e senza tentennamenti.

Ci aiuti e ci assista l’intercessione della Vergine Madre, Icona dellaChiesa e dei Santi Patroni Clemente e Bruno, Pastori sempre solleciti delgregge affidato al loro patrocinio.

Velletri, 7 Gennaio 2018

Battesimo del Signore

+ Vincenzo Apicella, vescovo

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