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“il Fuori si accorga che il Dentro è una sua parte” Periodico di Informazione dell’Area Sanitaria della Casa di Reclusione Milano-Bollate Anno 2 - Ottobre 2009 N. 9 IL VOLONTARIATO

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“il Fuori si accorga che il Dentro è una sua parte”

Periodico di Informazione dell’Area Sanitaria della 2° Casa di Reclusione Milano-Bollate

Anno 2 - Ottobre 2009 N. 9

I L VO LO NT AR IA TO

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on capita di essere te-stimoni di miracoli,quasi mai nella vita;

quando succede ai pochi pre-senti e se si ha la capacità, cheancora sa di miracolo, di scin-dere l’illusione dalla realtà, ab-biamo l’essenza di quantoviviamo in quel momento: ilpresente.Quando ancora gli eventi ciportano alla coscienza del pre-sente che accade, malgrado enonostante noi, ecco allora chesi apre la speranza.Non credo nei miracoli. Credoai segni, ai percorsi, alla volontàdi vivere nel bene, alla parte difelicità promessa ma non sem-pre realizzata di tutti noi esseriumani e credo al dolore cheprovochiamo con le nostreazioni, alle parole dette e nonritirate che sono pietre. Eccoforse credo che possiamo ca-pire il male, quello che rice-viamo, quello che arrechiamo.Credo che il presente, un pugnodi anni da vivere, sia un arcoba-leno di sensazioni, di emozioni,di possibilità da cogliere per noie per chi ci è compagno di viag-gio, raccogliendo la distruzioneper dare forma e contenuto allavita, così bella, così colorata diluce, così degna di essere vis-suta a testa alta da uomini edonne che partecipano, che vi-vono, che lottano, che amano. Chi vogliamo escludere? Io chesogno, tu che sei “giusto”, loroche pensano al bene comune?Magari escludiamo i carcerati ele carcerate, i pazzi degli ospe-

dali psichiatrici giudiziari, i de-pressi, gli autolesionisti, gliomosessuali, i violentatori, ibancarottieri e gli usurai, i ma-fiosi, gli assassini, gli stranierisenza timbro, i barboni? Altri?I famigliari delle vittime che cichiamano alle nostre responsa-bilità di esseri umani? Gli igno-riamo per dormire di notte?Se una definizione può esseredata al volontariato, a mio pa-rere, è che include e nonesclude nessuno. Non facciamopolitichese, facciamo e bastaquello che occorre in quel mo-mento proiettando tutte leenergie per costruire futuro esperanza; di tanti ci preoccu-piamo e cerchiamo di arrivarein tempo per tutti, prima che

l’arcobaleno passi e il buio citrovi impreparati e negligentivicino a chi volevamo aiutarecon tutte le nostre forze e il no-stro amore. Penso che fino aquando un uomo vorrà “scen-dere da cavallo” e occuparsianonimamente e gratuita-mente di un suo simile soffe-rente, offeso, costretto,abbandonato, tutti noi an-dremo a testa alta e ci ricono-sceremo, salutandoci comeuomini, fratello e sorella delpiù sfortunato, del più infelicee anche della pecora nera dellafamiglia umana.

Viviana BrinkmannPresidente

Ass.ne Gli amici di Zaccheo

EDITORIALE

Una grande famigliaIL VOLONTARIATO

N

Gaudí: Sagrada Familia

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N. 9 SALUTE inGRATA ottobre 2009

DIRETTORE RESPONSABILEAngelo Maj

VICEDIRETTORIViviana BrinkmannMatilde Napoleone

SEGRETERIAWalter BortolozzoVincenzo Micchia

CAPO REDATTOREPasquale Forti Karim

VICE CAPO REDATTOREIsidoro Bossio

R E D A Z I O N E Pasquale CesaranoGiacomo D’Angelo

Said KurtesiDiego PisanoEnzo Visciglia

REDAZIONE AL FEMMINILEVICE CAPO REDATTRICE

Ciretta Girardi

SEGRETARIA DI REDAZIONEPatrizia Milesi

F R E E L A N C ERoberto Allegri

Vincenzo ArtiacoEnzo BerlingeriPiero Cunzolo

T R A D U T T O R IDiego MelilloHoxha Qemal

Alexander Scheffler CORRETTORE TESTI

Roberto LumiaA R T D I R E C T O R

Antonino BartolottaVICE ART DIRECTOR

Rocco SquillaciotiFOTOGRAFIA INTERNA

Antonio SoriceIMMAGINI E FOTO ESTERNE

Ester Luisa LanfranchiAMMINISTRAZIONE

Diego PisanoDIFFUSIONE

Francesco Errede

LOGO Giuseppe Cassano

HANNO COLLABORATOGiuseppe Castigl ia Francesco Colotta

Roberto Danese Giancarlo Ferrari

D i e g o F u r l a n iLorenzo Gravell ini

Gruppo Carcere Mario CuminettiGruppo Sesta Opera

Alessio Lombardi Sante Merlini Ugo Palumbo

Adolfo Pugliese Simona Pugliese

Susanna Ripamonti Alessandra Uscidda

STAMPAVia Cristina Belgioioso, 120

20157 MILANOEDITORE

Associazione di VolontariatoGli amici di Zaccheo-Lombardia Sede Legale Via T. Calzecchi, 2

20133 Milano Tel. 02/33402990 Cell. 347 7402524

[email protected]

Aderente al la ConferenzaRegionale Volontariato

Giustizia del la LombardiaAderente al la Federazione

Nazionale del l ’Informazione dal carcere e sul carcere

Questo numero è stato chiuso in Redazione il20/10/2009 alle ore 18: 00

2 EDITORIALEViviana Brinkmann4 - 5 SANITÀ E VOLONTARIATO:UNA RISORSA DA SCOPRIREAlessandra Uscidda6 TIMORI E INCERTEZZE DI UN VOLONTARIOUgo Palumbo7 VOLONTARIATO, VALORE AGGIUNTOLorenzo Gravellini8 TRA TUTTI HO SCELTO: I CATTIVISimona Pugliese9 VOLONTARIATO IN INTERNETAlessio Lombardi10 MINISTRI DI CULTOLa Redazione Femminile11 IL BIVACCOGiancarlo Ferrari12 USCIRE DAL NULLAGruppo Carcere Mario Cuminetti13 VOLONTARIATO IN “SESTA OPERA”Gruppo Sesta Opera S. Fedele14 TEATRO AL SETTIMODiego Furlani15 OLTRE QUEL CHE SIAMOFrancesco Colotta16-17 LE OMBRE DEL DON CHISCIOTTERoberto Allegri18 IL VOLONTARIO INDIPENDENTEAdolfo Pugliese19 FRANCOBOLLI E SALUTESante Merlini20 VOLONTARIATO COME SOLA BENIFICENZA?Susanna Ripamonti21 VOLONTARI VOLENTEROSILa Redazione22 ART DIRECTOR? SI, LO VOGLIO! Antonino Bartolotta

LA REDAZIONE

10 PENSIERORocco Squillacioti19 RIDERE FA BUON SANGUEGiuseppe Castiglia23 CAMMEO STORICOLa Redazione29 L’AREA SANITARIAVACCINAZIONE ANTINFLUENZALE:STATO DELLE COSERoberto Danese30 I REPARTI - MASCHILESAPER ASCOLTARESalah Baadi, Dino Bonizzato,Lom Buzhala, Ettore Di Pasquale, Amir Elibzary31 LA SALUTE IN TAVOLAEnzo Visciglia

RUBRICHE

SOMMARIO

Registrazione Tribunale di MilanoN. 608 del 10/10/2008

2222

12

22 L’AUTUNNOPiero Cunzolo23 IL VOLONTARIATO CIAIUTA A ...Isidoro Bossio24 COSA, COME E PERCHÈ?Walter Bortolozzo25 L’EMICRANIAVincenzo Micchia25 DOMENICA MATTINAQemal Hoxha26 IL MATERASSOAlexander Scheffler 27 UN BEL SORRISORoberto Lumia28 RESPONSABILITÀE GRATIFICAZIONEPasquale Cesarano31 UN IMPEGNO A MIGLIORARE IL CARCERESaid Kurtesi

Arcimboldi: L’autunno

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a sanità penitenziariarappresenta uno deipunti nevralgici nella

vita di un istituto penitenzia-rio, con riflessi inevitabili sullagestione della sicurezza. Con-ciliare cura e pena, con tutto ciòche entrambe comportano percolui che vi è sottoposto, è uncompito delicato complesso,che richiede l'implementazionedi tutte le risorse a disposi-zione, messe in campo quoti-dianamente dalle molteplicifigure professionali che ruo-tano attorno al paziente - de-tenuto. Area della Sicurezza eArea Sanitaria devono operarecon una ideale convergenzadegli intenti e dei risultati, nellaconsapevolezza che l'obiettivoprimario da perseguire consistenell'attenzione alla persona, at-traverso la tutela dei diritti fon-damentali quali la vita,l'incolumità psicofisica e, ap-punto, la salute.La garanzia di tale diritto fon-damentale viene attuata in uncontesto fortemente vincolato,si pensi alla presenza di un rile-vante disagio psichico nelle car-ceri, la forte sovrapposizionetra questo disagio e la dipen-denza da sostanze, la necessitàdi transitare da un concetto dipena fine a se stessa, una coa-zione dannosa e inutile, se vo-gliamo “maligna”, ad unacoazione “benigna”, che intro-duca la terapia mentre esercitaun indispensabile controllo so-ciale, dando un senso alla pena.In questo contesto l’opera del

colare sottolineare che il volon-tariato ha svolto e svolge unafunzione importantissima sia alivello “locale” che a livello “disistema”.A livello locale l’opera quoti-diana, costante e vivace dei vo-lontari si rivela un aiutoprezioso per il lavoro degli ad-detti alla sicurezza, i quali, percompetenze e funzioni, nonpossono svolgere un'opera diassistenza morale e materialese non attraverso attivazione difigure altre, quali il cappellano,i ministri dei vari culti, gli psi-cologi, e appunto i volontari,chiamati ad intervenire in si-tuazioni in cui un contattoumano garantito con imme-diatezza è in grado di allentaretensioni e stress che, protratti,potrebbero sfociare in eventicritici che si riversano sulla si-curezza di persone e strutture.Si è inoltre consapevoli che laduplice condizione dei pazienti- detenuti rende l’opera

volontariato assume la valenzadi una linfa vitale che devescorrere fluida e veloce nelcorpo spesso stanco degli isti-tuti penitenziari. Tale valenza siconnota in termini ancor piùnetti quando il volontariato siarivolto ai bisogni e alle aspetta-tive di persone che vivono unacondizione di malattia, comedel resto accade anche nellestrutture sanitarie esterne, ovei volontari sono figure familiaridelle corsie ospedaliere. Ma incarcere, ove la privazione dellalibertà spesso aggrava patologiegià presenti o ne fa sorgere dinuove, il malessere psicofisicoporta ad una esasperazione deibisogni e delle aspettative, eaccentua quella necessità dicontatti umani che spesso lapur variegata e ricca offerta diprofessionalità che lavoranoquotidianamente a contattocon l'Area Sanitaria, riesce soloparzialmente a soddisfare.In questa sede preme in parti-

SANITÀ E VOLONTARIATO: UNA RISORSA DA SCOPRIRE

Alessandra UsciddaCommissario II C.R. Milano-Bollate

L

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dei volontari più complessa diquanto accade nei reparti de-tentivi diversi dal reparto Infer-meria, in quanto ai bisognimateriali, quali la mancanza dibeni di prima necessità, si as-sommano quei bisogni che de-rivano dalla salute carente, cheinfluiscono notevolmente sullecapacità di reazione dell'indivi-duo alle piccole e grandi diffi-coltà quotidiane.A livello di sistema si è consa-pevoli del fatto che il mondo delvolontariato, insieme ad altrecomponenti sociali, sono tra iprincipali promotori e sosteni-tori di importanti iniziative le-gislative, che hanno segnato unpassaggio importantissimonella direzione di una garanziareale ed efficace del diritto allatutela della salute delle per-sone recluse. Il Decreto delPresidente del Consiglio deiMinistri del l aprile 2008 stabi-lisce infatti che i detenuti e gliinternati, al pari dei cittadini instato di libertà hanno diritto,nell'ambito del Ssn, alla pre-venzione, alla diagnosi, allacura e alla riabilitazione.Il Volontariato e tutte le altrecomponenti coinvolte hannosostenuto con forza la necessitàdi questa legge e della sua at-tuazione, fino all'approvazione

governativa. Il mondo del vo-lontariato viene direttamentechiamato in causa in questoprogetto, in una prospettiva dicollaborazione tra Direzionedel carcere, servizi sanitari eProvveditorati, anche per l'atti-vazione di programmi di pre-venzione primaria e secondariae di educazione alla salute negliistituti.Dalle rare occasioni di incontroattivate tra volontari e Poliziapenitenziaria è emersa la con-sapevolezza che il volontariatopuò essere uno strumento perla promozione di interventi conla comunità locale, per lo svi-luppo di una sensibilità civicaverso le diverse forme di disa-gio e per un coinvolgimentoattivo nell’azione di risocializ-

zazione, e in un’ottica più gene-

rale può rivelarsi una levastrategica per portareavanti la battaglia control'esclusione sociale lavo-rando insieme a tutte le partisociali nel contrasto di politicheche incrementano le disugua-glianze e che ribadiscono lacentralità del carcere come ri-sposta sanzionatoria a scapitodi pratiche di integrazione.In questa prospettiva si auspicaper il futuro l’attivazione di mo-menti di incontro tra il perso-nale di Polizia penitenziaria ele forze del volontariato al finedi elaborare strategie comuni diintervento che consentanol'implementazione delle ener-gie disponibili nella consapevo-lezza che il volontariato, sia alivello locale che sistemico, nonrappresenta soltanto una ri-sorsa ma può diventare il vo-lano per nuove forme diintervento del sociale nel mi-crocosmo carcerario, contri-buendo alla realizzazione delmandato costituzionale checonsiste nell’opera finalizzataalla reintegrazione sociale dellepersone recluse.Questo è il modo migliore e piùefficace per garantire la sicu-rezza sociale.

Alessandra Uscidda

II Casa di Reclusione Milano-Bollate

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i chiamo Ugo Palumboe sono un volontariodell’associazione “Gli

amici di Zaccheo”, nonchè unodei membri fondatori. Vi rac-conto brevemente questa miaprima esperienza all’internodella casa di reclusione di Mi-lano Bollate. Confesso che al-l’inizio non è stata una sceltafacile; dubbi, incertezze e pauradi non farcela, mi avevano fattopensare di gettare la spugna.Grazie a tutti i membri dell’asso-ciazione, che mi hanno i n c o -r a g g i a t o e s o s t e n u t om o r a l m e n t e e g r a n d em e r i t o v a soprattutto a Vi-viana che in qualità di presi-dente dell’associazione, hacreduto in me dandomi tutta lasua fiducia. Il compito deman-datomi è quello delle praticheburocratiche, che comprendonoil rinnovo della carta d’identità,pratiche I.N.P.S. e iscrizioni ai

con il sostegno del sindacatoinquilini “SICET”, segnalo i no-minativi per un’eventuale iscri-zione al bando. Poi ci sono lepratiche I.N.P.S. che, compren-dono pensioni d’anzianità, in-validità ed esplorazionecontributiva I.N.P.S. Qui mi av-valgo della preziosa collabora-zione del patronatoINCA-CGIL. Il lavoro non è li-mitato solo all’interno dell’isti-tuto, dove sono presente duegiorni la settimana, ma questoha un proseguo all’esterno.Fare volontariato all’interno diun carcere non è facile. È un la-voro molto delicato, che vasvolto con serietà, responsabi-lità e discrezione, questo nel ri-spetto delle persone ristrette,delle istituzioni, di tutto il corpodi Polizia Penitenziaria, educa-tori e volontari. Il rapporto con le persone ri-strette è molto sereno. Molta èl’attenzione alle loro richieste emettendoli a proprio agio,cerco poi di trovare una rispo-sta adeguata ai loro problemi. Per quanto riguarda l’istitu-zione, c’è molta collaborazione,sia dalla direzione che da tuttigli agenti. Ottimo anche il rap-porto con i vari educatori. Noncredo di aver avuto difficoltà odi essere mai stato ostacolatonel mio lavoro, ad un anno emezzo da un inizio fatto d’in-certezze e timori, sono contentodi far parte di questo grandeprogetto Bollate.

Ugo Palumbo

bandi d’edilizia popolare“ALER”. Sono contattato tramite doman-dina, dove è evidenziato il re-parto e il tipo di richiesta di cuinecessitano i richiedenti. Ritiratele domandine le smisto per re-parto e partendo dall’ufficiodell’associazione mi reco nei re-parti per i colloqui con le personeche ne hanno fatto richiesta.Per quanto riguarda il rinnovodel documento d’identità, itempi di consegna a volte sonopiù lunghi del previsto, perchéla prassi è diversa da quella chesi compie da libero cittadino.Essendo poi questo un servizioa domicilio comporta vari pas-saggi. Alla richiesta d’alloggiodi edilizia popolare si accedetramite bando pubblico“ALER”. Fatta la ricezione e ve-rifica di tutta la documenta-zione prodotta, qualora ve nesiano tutti i requisiti richiesti,

M

Burocrazia e dirittoTIMORI E INCERTEZZE DI UN VOLONTARIO

Il difficile compito di delegatoUgo PalumboVolontario Gli amici di Zaccheo

Murales di Santi Sindoni

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sostegno, una speranza a chi haveramente deciso di voler cam-biare. In quest’ultimo anno conl’associazione, abbiamo atti-vato un nuovo servizio che ab-biamo chiamato “SPORTELLOSALUTE” e che si è rivelato ve-ramente utile, poiché si dannoindicazioni su quella che è lamigliore procedura da seguire,per vedere soddisfatte le pro-prie necessità nell’ambitodell ’ass istenza sanitaria.Questo innovativo servizio, hadi fatto reso più serena l’aspet-tativa delle persone che vi si ri-volgono. Il progetto è portatoavanti da detenuti che collabo-rano volontariamente, decinedi persone che mi hanno sor-preso. Constatare le loro capa-cità nello svolgere i compitiaffidati e l’osservare con quantaserietà e dedizione si impe-gnano nell’aiutare i loro com-pagni, è la realtà che rinnova inme la voglia di fare.

Lorenzo Gravellini

tariato carcerario è maturata inseguito a tale riflessione, mapossiamo aggiungere anche cheil mio essere persona religiosame lo “imponeva”. Secondo iVangelo di Matteo 25:31-46, èscritto che Gesù parlando con isuoi discepoli disse: “Quandoho avuto sete, mi deste da bere,quando fui ignudo, mi vestite equando fui carcerato, mi visitaste.”I discepoli risposero: “Signorequando ti abbiamo fatto questo?”La risposta fu: “Quando l’avetefatto a quegli uomini è come sel’aveste fatto a me.” Con queste motivazioni ho ini-ziato la mia esperienza, a voltegratificante vedendo l’anda-mento degli incontri e dei pro-gressi ottenuti con le personevisitate, altre volte scoraggiatoper la regressione nel cam-mino, ma mi è bastato un sor-riso, un ringraziamento venutodal cuore per far rinascere il de-siderio di continuare a dare un

ono tre anni che comevolontario, dell’associa-zione “Gli amici di Zac-

cheo”, svolgo la mia missionenella Casa Reclusione di Mi-lano-Bollate. Mai nella mia vitaavrei pensato, fra tutte le formedi volontariato che esistono(anziani, ammalati, bambini,animali ecc.), di trovarmi coin-volto in un’attività a favore deicarcerati, perché mi ha sempreaccompagnato il seguente pen-siero: “Se quelle persone sonoin carcere, è perché se la sonocercata ed è giusto che pa-ghino.” Il volontariato quello carcerarioè il meno conosciuto, ma com’ègiusto che sia, il tempo e leesperienze di vita, ci dannonuove visioni ed il pensiero siallarga; ma i carcerati quandohanno pagato il loro debito conla Giustizia come possono rein-serirsi se rimangono isolati? La mia scelta di fare del volon-

S

Una cristiana educazioneVOLONTARIATO, VALORE AGGIUNTO

Questa nuova realtà rinnova in me la voglia di fareLorenzo GravelliniVolontario Gli amici di Zaccheo

L’albero del conforto

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uando ero bambina,sognavo di diventaregrande per tantissimi

ovvi motivi; uno tra questi eraavere la possibilità di scrivere oaddirittura visitare le personedetenute.Probabilmente era un sognobizzarro, tanto da far pronun-ciare a chiunque la fatidica do-manda: “Perché con tutti i postiin cui puoi fare volontariato, tene vuoi proprio andare lì, daquelli cattivi?”. Gli anni sonopassati, almeno ventidue per laprecisione, ma le cose non sonocambiate. Ancora oggi mi sentoripetere la stessa domanda, edio spesso rispondo con unpasso della Bibbia che amo inmodo particolare, e dice: “Inverità vi dico, che perché loavete fatto a uno di questi mieiminimi fratelli, l'avete fatto ame”. Vorrei approfittare di que-sto spazio per provare a tra-smettere ciò che realmente mispinge a fare volontariato in uncarcere, ovvero ciò che defini-sco “la cura del cuore”, quel bi-sogno di accarezzare lo spirito,l'anima dell' altro con i pochi stru-menti che si hanno a disposizione.Penso sempre a cosa vorrei io

pevole di non avere la bac-chetta magica o addirittura lapresunzione di cambiare qual-cuno. Sono altresì consapevoledi quanto bene faccia sapereche fuori, oltre alla tua fami-glia, se ce l’hai, esiste qualcunoche crede in te sinceramente.Chi mi assicura che un giornotutti i momenti vissuti insiemequi nel carcere, non possanoriaffiorare alla mente di chiormai libero deve decidere delsuo futuro? Chi mi dice chequesta piccola collaborazionenon faccia del bene a mestessa, quando dovrò deciderese fare la differenza nella miavita? Il volontariato non è soloa beneficio degli altri, fa delbene a chi lo fa e poi a chi lo ri-ceve. Credo che tutti debbanoavere una seconda opportu-nità, con la speranza che ungiorno qualcun’altro faccia lostesso con me.

Simona Pugliese

se fossi dall’altro lato del muro,se fossi la persona detenuta,colei che è già stata giudicatama che, volente o nolente, con-tinua ad esserlo per ogni occhiopuntato su di sé. Credo profon-damente nel bisogno che ogniuomo ha dell'altro, così comecredo nel potere che un sorriso,una parola di conforto o addi-rittura il semplice ascoltarehanno su chi è solo. Soprattuttocredo che nel dare, ricevo a miavolta. In questi tre anni di vo-lontariato con l’associazione Gliamici di Zaccheo ho avutomodo di conoscere persone congrandi talenti, fragili, forti edorgogliose, persone con la vo-lontà di dare una svolta allapropria vita e persone che in-vece questa svolta non inten-dono darla. Ho visto occhi pienidi gratitudine, mani pronte astringere le mie ben stese. Hovisto bambini vivere dodici oredi pura felicità riabbracciando ilproprio papà e mogli e madricondividere momenti difficili,momenti gioiosi, di lacrime esorrisi. Ho avuto il privilegio diconoscere le famiglie di alcunepersone e sentirmi, per un at-timo, parte della loro realtà.Ho pensato che realmente allasocietà là fuori e a me bastapoco per accorgersi che il “den-tro” è una parte del “fuori” eche insieme si può provare a ri-cominciare. In questo modo hofatto mia l’idea che la cura delcuore è un mio problema, perme stessa ed anche per chi mista accanto. Certo, sono consa-

La cura del cuoreTRA TUTTI HO SCELTO: I CATTIVI

Una seconda opportunitàSimona PuglieseVolontaria Gli amici di Zaccheo

Q

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onobbi Viviana dueanni fa, mi parlò dellasua associazione e della

necessità di creare un loro sitoweb. Non pensavo esistesseroassociazioni di volontariato pe-nitenziario; noi “esterni” siamocosì abituati dai media a noncurarci del “dentro” che assi-miliamo solamente notizie chevanno totalmente nella dire-zione opposta alla riabilita-zione dei detenuti. Seppurestudente di Informatica al-l’Università e poco o nulla sa-pessi di programmazione web,decisi comunque di accettarel’incarico per impratichirmi ecoltivare passioni extra curri-culari. Molte versioni del sito sisusseguirono fino a giungereall'attuale, creata grazie allapassione che nel frattempo hopotuto coltivare nello sviluppoweb. Di lì a poco, decisi di de-dicare maggior tempo all'asso-ciazione, ottenendo ilpermesso di svolgere attivitàintramurarie nell'area infor-matica: dal semplice seppur importante lavoro di manuten-zione, alla creazione di uncorso di informatica per sup-portare le attività della reda-zione di SALUTE inGRATA. Ilcorso è concepito per fornire leconoscenze base, nell'utilizzodel pc e trattare tematiche piùavanzate quali, per esempio, losviluppo di database. Ricordocome fossero ieri, le prime en-trate in carcere; il contatto cosìravvicinato con gli agenti diPolizia Penitenziaria e con i de-

tenuti, mi spaventava nonpoco nonostante fossi piena-mente supportato da Viviana.Mi guardavo attorno senten-domi piccolo, come di chi desi-dera nascondersi, ma volendocomunque capire ciò che suc-cede attorno a lui.I cavalli, le finestre colorate ele pareti dipinte hanno contri-buito nel tempo a creare in mequello stato di tranquillità e se-renità, che si ha quando sisvolgono le normali attivitàquotidiane. È un'emozioneforte, un contatto con unmondo sconosciuto e con unedificio che appare sempre cosìlontano, anche passandoci apochi metri di distanza con lamacchina durante un viaggio.L’esperienza informatica cheho potuto accumulare grazieall’associazione, è insignifi-cante se rapportata all’espe-rienza umana di cui mi sonoequipaggiato e che mi farà da

timone ogni giorno della miavita. Sono mutato, da total-mente indifferente, anzi a volteanche un po’ estremo, all'es-sere conscio che “il dentro” faparte di tutti noi “del fuori” edè inutile nasconderlo. Magariper alcuni che lavorano daanni in quest’ambito, può sem-brare un gesto di poco conto,ma sono certo che se fosseromolte più le persone a contattocon questa realtà, giunge-remmo finalmente nel cosìtanto desiderato mondo mi-gliore!

Alessio Lombardi

Alessio LombardiVolontario Gli amici di Zaccheo

Informatico per professione, volontario per vocazioneVOLONTARIATO IN INTERNET

Prima in rete, poi in carcere

C

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are volontariato è piùdi un’occupazione è unavocazione: è il risultato

dell’impegno di persone fanta-stiche che all’interno di questoistituto operano per dare so-stegno e conforto a chiunquene necessiti; ecco perchè inquesto numero del nostro men-sile “SALUTE inGRATA” nonpoteva mancare la testimo-nianza di due veri angeli.Sono Cira e faccio parte dellaRedazione da poco tempo edunitamente a Patrizia, unamia compagna abbiamo vo-luto intervistare, due donneche svolgono il loro compitocon dedizione e serietà. Duevolontarie: ministri di cultoevangelici.Angela e Patrizia esempiolampante di quanto è possibilefare per il prossimo e alle qualiabbiamo fatto le seguenti do-mande:Da quanto tempo fate vo-lontariato? Abbiamo cominciato entrambenel carcere di Opera e lavo-riamo insieme per i detenuti datre anni, anche se in realtà An-gela lo fa da quattro anni emezzo.Con quale spirito incon-trate noi recluse?Lo spirito è confortato dallapreghiera, pertanto è speciale.Questa esperienza ha cambiatomolto la nostra esistenza. Por-tiamo la parola di Dio, cosìcome facciamo fuori da questemura, ma è al loro interno chepartecipazione ed interesse

sono oltremodo gratificanti. Avete mai avuto paura?Assolutamente no! L’ansia èmolta, ma è dovuta al timore dinon riuscire a trasmettere ilconforto che dona la parola diDio. Per noi è una vera respon-sabilità! Quando v’incontriamo e ci rac-contate le vostre storie, alcunedelle quali sono davvero tristi,ci sentiamo coinvolte al puntoche è come averle vissute convoi e a volte vi è il timore d’in-vadere l’intimità dell’interlocu-tore e misurare le parolediventa fondamentale per nonrischiare di perdere il delicatocontatto con l’interlocutore.Il vostro operato è ricono-sciuto da qualche organoistituzionale?Ciò che facciamo come volonta-rie in carcere è solo l’estensionedi quello per cui ci adoperiamoall’esterno e cioè diffondere laparola di Dio e come all’esternolo svolgiamo a titolo gratuito.Burocraticamente abbiamo ilsolo obbligo di firmare una li-beratoria per il Ministero.Qual è il metodo secondo ilquale riuscite ad istaurareun simile rapporto di fidu-cia con i detenuti?Nessun metodo prestabilito,semplicemente cerchiamo ditrasmettere serenità affron-tando ostacoli e diffidenza conpacatezza e limpidità. Cer-chiamo di trasmettere un prin-cipio fondamentale e cioé che lalibertà dell’anima la si può tro-vare solo dando se stessi senza

riserve.Dopo l’intervista ciò che ne tra-iamo, è che quello che questedue donne fanno è fatto colcuore e che riescono a trasmet-tere davvero pace e serenità ocome anche noi abbiamo im-parato ad esprimere: “La li-bertà dell’anima”.

La Redazione Femminile

F

Angeli tra le sbarreMINISTRI DI CULTO

Intervista a Patrizia e Angela

PENSIERO

M’allegra il cuoreed i pensieri

mi porta oltre imuri

fin su sentieri

sentendo dentrome....

come una voce

che a dir a sta figura poco

s’addice

Mi alzo

per rispetto di stavoce

che casca nel silenzio di chi

tace

a portarun lieve brillo

o un po’ di luce.

Rocco Squillacioti

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ollecitato dall’amica Vi-viana, racconto la miaesperienza di volontario

all’interno delle carceri.Circa alla metà degli anni ’90,durante una riunione per la for-mazione del Comitato di con-trollo della nascente A.S.L. diLegnano, incontrai il sig. Ber-tuzzi Pierfelice che stava for-mando l’associazione “IlBivacco” per dare ospitalità aidetenuti in permesso premio ela Cooperativa Soligraf, perpermettere loro di lavorare siaall’interno del carcere che al-l’esterno presso la sede a Mele-gnano. Ero volontario presso laCaritas della mia parrocchia aBinasco e avendo lavoratonell’ambito dell’handicap edegli anziani, mi interessavamolto questa nuova espe-rienza; iniziai come volontariocon l’art. “78” all’interno delcarcere di Milano-Opera e nellacasa-alloggio sita in Mele-gnano. Era un mondo a me to-talmente sconosciuto evenendo a contatto con i dete-

nuti (malati terminali di AIDSe non) mi resi conto delle sof-ferenze che queste persone vi-vono. Nonostante avessi deipregiudizi nei confronti di certitipi di delinquenza, mi resiconto che malgrado gli erroricommessi, i detenuti riman-gono sempre delle “persone”alle quali si deve dare la possi-bilità di capire gli sbagli com-messi e potersi riabilitare,rientrare a pieno titolo nella so-cietà. Inizialmente facevo i col-loqui in carcere cercando di darloro un sostegno morale e miadoperavo, dove vi erano i ter-mini di legge, a far trascorre legiornate di permesso premiopresso il Bivacco e ciò mi per-metteva di conoscere i loro fa-miliari e di conseguenza diinstaurare un rapporto di ami-cizia. In seguito, per poter for-nire ai detenuti sostegno

psicologico e accompagnarlinel cammino di rientro nellasocietà, si sentì l’esigenza di co-stituire Il Bivacco Servizi che èuna cooperativa di tipo A. Il Bi-vacco, poi ha deciso di operareanche nel carcere di Bollateche, a mio avviso, presentavadiverse novità trattamentali,anche se sperimentali, checondividevo pienamente. Allaluce dell’esperienza fatta inquesti anni, è nata in me laconsapevolezza che è giunto ilmomento di pensare all’aspettoaffettivo in carcere, in quanto ildetenuto è una “persona”,anche se di difficile soluzione.Ringrazio “SALUTE inGRATA”per avermi dato l’occasione diparlare della mia esperienza eporgo cordiali saluti.

Giancarlo FerrariPresidente

Ass. Il Bivacco

Un intenso percorsoIL BIVACCO

A.S.L. Caritas e carceri, ambienti diversi, un comune bisogno

S

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erché abbiamo scelto difare volontariato in car-cere? È una domanda

che c’è rivolta molto spesso siada amici e conoscenti che daglistessi detenuti con cui entriamoin contatto. La risposta non èsemplice...Abbiamo scelto di portare incarcere il nostro vissuto perconfrontarlo con chi è in car-cere, per fare assieme un pezzodi strada verso una conquista dilibertà nuova, consapevole epartecipata.Abbiamo scelto di andare incarcere per costruire spazi e re-altà nuove in cui assieme pen-sare, discutere e crescere.Abbiamo scelto di andare incarcere per scambiare quelloche abbiamo maturato e sof-ferto nella nostra quotidianaconquista di consapevolezza elibertà.Abbiamo scelto di andare incarcere perché sappiamo cheogni giorno progettiamo unpiccolo pezzo di vita e il dete-nuto no.Da quando il detenuto mettepiede in carcere e fino a quando

esce, il suo progetto di vita èchiuso e per uno o trent’ annidice addio ad affetti, casa, la-voro, amici e libertà (in so-stanza, alla vita come progetto).Quando uscirà però, come ri-prenderà quel progetto inter-rotto se in carcere non hacreato nulla?Come farà a tornare in societàsenza essersi appropriato incarcere di tempi e spazi in cuirifondare “Un progetto di vita?”Pensiamo quindi, che un'op-portunità da cogliere per un de-tenuto sia data dal poter gestirein modo consapevole e respon-sabile il tempo in carcere, in-teso come attesa e sospensionee non come isolamento e sepa-razione; che sia una necessità,la riappropriazione di spazi etempi di vita più vicini possibiliagli spazi e ai tempi della vitaesterna al carcere; che solo laresponsabilità creerà momentie spazi di crescita e formazionecivica; che solo un uso del

tempo diverso potrà portare adun processo di riappropria-zione di stimoli, di crescita cul-turale, di conoscenze e diabilità.Queste riflessioni per arrivareinfine a dire che, se la sospen-sione della vita normale sottraela libertà, non deve togliere lagestione della vita quotidianain carcere proiettata sul futuro.Noi, come gruppo di volontari,dovremmo affrontare temi effi-caci, quali per esempio: il ri-spetto delle regole diconvivenza; il rispetto dei di-ritti del detenuto e l’affianca-mento agli organismi che sioccupano dell'uscita (casa/la-voro), l’affettività e non ultimol’elaborazione del dolore pro-vato nonché del dolore provo-cato, che purtroppo è filoconduttore dell’agire quoti-diano esterno.

Alcuni volontari Gruppo Carcere Mario Cuminetti

In attesa della libertàUSCIRE DAL NULLA

Progettare spazi e tempi di vita

P

II Casa di Reclusione Milano-Bollate

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ssociazione SestaOpera San Fedele, que-sto è il nome dell’asso-

ciazione di cui faccio parte,opera con i propri volontari al-l'interno delle carceri milanesida tantissimi anni.Perché si chiama così? Tuttonasce da uno stile, da un mododi vivere la propria fede, così, ifondatori, desiderando esserevicini ai carcerati, presero dalVangelo, dall’insegnamento diGesù Cristo un dettato che sonole Opere di Misericordia. Dellesette, la sesta, è appunto visi-tare i carcerati perciò, ecco leragioni del nome.Non è poi così facile parlare divolontariato, quando ciò signi-fica anche parlare di te, diquello che fai e perché lo fai. E'la domanda che spesso misento fare dalla gente, quandodico “vado in carcere”, facciovolontariato in carcere. Ti guar-dano sconcertati, meravigliatie, la domanda successiva è:“Come fai?” È inevitabile iltema della gratuità, che è l’ele-mento fondante del volonta-riato.Tutto ciò che viene dato gratui-tamente entra a far parte del-l'economia dei valori, di unostile di vita, di un modo di es-sere in cui tolleranza, compren-sione, attenzione, solidarietàsono fondamentali e descri-vono il senso della relazione.Il gruppo dei volontari della no-stra associazione svolge diverseattività, ma quella che prevalesu tutte è il “guardaroba”. Altre

attività sono i cineforum, lepratiche pensionistiche, la di-sponibilità della casa per i per-messi premio, la forniturad’occhiali. Tutto questo impe-gna i volontari a far sì che l'in-contro con i detenuti siasempre più efficace, orientato amigliorare e aumentare, se pos-sibile, la qualità della vita diciascuno.Migliorare la qualità di vita incarcere significa anche miglio-rare le condizioni di salute fi-sica e mentale poiché quando ilvolontario accosta il detenuto,è sempre nell’atteggiamento diassistere e sostenere la persona,in particolare, quando si trattad’incontri, colloqui nei quali èimportante il momento del-l’ascolto e del dialogo.Tutte le attività svolte a favoredei detenuti ci permettono di

A

contribuire a migliorare la sa-lute della persona detenutaperché è dignitoso avere un ab-bigliamento sufficiente a farti starbene con te stesso e con gli altri, èsalute poter dialogare e rappor-tarsi anche con chi viene “dalfuori”, è salute vivere i momentidi socialità con i cineforum.Vorrei chiudere con alcune pa-role che hanno in comune lalettera iniziale “S”:Solidarietà, Socialità, Sicu-rezza, Sentimenti, tutto ricon-duce alla Salute uno stato fisicoe mentale che deve essere man-tenuto accettabile perché lapersona, in qualunque situa-zione si trovi, si senta parte diuna Società di persone capacidi rapporti umani Stabili e Sin-ceri.

Gruppo Sesta Opera S. Fedele

Non solo vestitiVOLONTARIATO IN “SESTA OPERA”

Il sostegno alle persone, passa anche attraverso la fornitura di beni materiali

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ll’inizio di questaesperienza non pen-savo che le cose an-

dassero così, mi spiego meglio:quando per la prima volta homesso piede nel carcere di Bol-late, ho pensato che tutto fossemolto chiaro nella mia testa,poiché avevo sviluppato unprogetto teatrale preciso.Penso che il programmaretutto sia stato un atto dettatodall’ansia che un simile impe-gno mi procurava ma, unavolta iniziato a lavorare con iragazzi, tutto ciò che avevo intesta è stato stravolto!Mi sono reso conto col passaredel tempo che il soggetto prin-cipe dei miei propositi sono di-ventati i detenuti, anzi i mieiobiettivi si sono innalzati a li-velli prima inimmaginati e ciòha contribuito ad una crescitaprofessionale ed umana anche

della mia persona. Col susse-guirsi degli incontri si è for-mato un vero e propriogruppo, un insieme di personecon un obiettivo comune: por-tare a termine un progetto.Alle volte mi convinco che lalinea tra il “dentro” ed il “fuori”sia davvero labile e che troppo

spesso sfortuna, anche solo inriferimento al fatto di esserecresciuti in ambienti sbagliati,determini la vita di individuiche altrimenti avrebbero po-tuto sviluppare in modo pro-duttivo il grande talento cheposseggono.Ciò che mi ha colpito e che cer-tamente mi accompagnerà, è lavoglia di continuare. Quellache ho vissuto, vivo e spero dicontinuare a vivere è un’espe-rienza unica nel suo genere. Ilpensiero di dover lasciare per-sone splendide, mi turba pro-fondamente, ma purtroppoquesto primo mio progetto tea-trale al settimo reparto è ormaial termine. Ora che è quasigiunto il momento di salutarele persone con le quali ho in-trapreso questo tipo di per-corso, mi rendo conto che giàdomani, quando mi sveglierò,sentirò che qualcosa mi man-cherà.

Diego Furlani

Arte a BollateTEATRO AL SETTIMO

I detenuti: soggetto principe

ADiego FurlaniRegista Teatrale

Gruuppo teatrale 7° Reparto C.R. Bollate

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in un altro, né capisco perchéquesto poco tempo che mi èdato da vivere, mi è dato aquesto punto piuttosto che adun altro di tutta l'eternità chemi ha preceduto e di tuttaquella che mi seguirà.Io non vedo che infinito datutte le parti, che mi rinchiudecome un atomo e come un’om-bra che dura solo un istantesenza ritorno. Tutto quello checonosco, è che debbo prestomorire ma, quel che ignoro dipiù è proprio questa morte chenon saprei evitare”. Così misono trovato a superare i cin-quanta da perfetto esemplaredi laico militante, attento a nonscivolare nel dubbio. Il mio ri-sveglio da questa condizione dianestesia è stato favorito damia moglie, che ha condivisocon me la condizione di laicoimperterrito, ma che stimolatadalla sua innata curiosità istin-tiva ha conosciuto CL e mi haparlato di Cristo entrato nellastoria e reso attuale dallaChiesa. Ho cominciato a capire il sensodi quanto andava dicendomi.

uando un mio amicodella redazione di SA-LUTE inGRATA mi ha

proposto di scrivere qualcosasul mio operato come volon-tario, parlando della mia esperienza, sono rimasto letteralmente terrorizzato. Mi si chiedeva di affrontare lamia parte più intima e nasco-sta. Ho speso gran parte dellamia vita nell’analisi del duro ra-zionalismo illuminista, radica-tosi in me dagli anni in cuifrequentavo la scuola di Stato,il sessantotto e tutto quello chene è seguito: la lettura degli av-venimenti in chiave politica.Periodo nel quale la fede rap-presentava una sorta di aliena-zione e, l’affiorare di domandesul senso della vita, mi procu-rava un indefinito disagio,quasi vergogna, un muro oltreil quale era consigliabile nonaprire neppure il discorso. Unmuro dal quale sistematica-mente scavalcavo dicendomiche simili domande erano pue-rili e insensate, ma la nascita ela morte erano fatti concreti!Prendendo in prestito le paroledi chi alcuni hanno definito“Malato e squilibrato, bambinoPascal”: “Io non so chi mi hamesso al mondo, né che cos’è ilmondo e né che cosa sono iostesso. Vedo questi impressio-nanti spazi dell'universo chemi chiudono e mi trovo attac-cato a un angolo di questavasta distesa, senza che io sap-pia perché sono stato collocatoin questo luogo, piuttosto che

Altri incontri e un po’ d’impe-gno nella caritativa mi hannoconvinto di quanto segue: Cri-sto si è fatto uomo e ci ha datoun grande dono: la Chiesa el’essere cristiani, in questomodo Cristo è sempre attuale,il mistero della fede è sempre inmezzo a noi, dentro di noi, tuttala realtà è abitata. Compito delcredente è lasciarsi penetraredal Mistero, lasciarsi plasmareda Cristo, che vuole solo la no-stra felicità. Questo non è un at-teggiamento passivo, anzi è digrande attenzione perché, iopiccolo uomo limitato, ho l’op-portunità di cogliere tracce diinfinito, di rendermi conto del-l'immensa opera di Dio, dellaquale sono parte attiva. Diovuole la mia felicità, ma essapassa per la mia libertà, checonsiste nell’aderire o meno algrande progetto Divino. Il mio“si” è sempre parziale, ma puòrinnovarsi ogni volta che mirendo conto della presenza diCristo. L’alternativa è restare inbalia delle mode o del capo diturno, che si sente Dio.

Francesco Colotta

Ha fede in noi e noi in Lui?OLTRE QUEL CHE SIAMO

Non cercare Cristo, è sempre fra noi

Q

Blaise Pascal

Francesco ColottaVolontario Ass. Incontro e Presenza

Don Giussani

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iustamente vi chiede-rete qual è il nesso traDon Chisciotte e la sa-

lute. Cervantes descrive comela pazzia è motivo di scherno ecome a causa delle sue allucina-zioni il Don Chisciotte vengamalmenato e diventi oggetto diderisione; condizione questache accresce ancor più l’insta-bilità psicoemotiva del protago-nista. Se teniamo conto delfatto che questo romanzo risaleal 1600, possiamo verificareche purtroppo ai giorni nostrinulla è variato. Ancora oggi il13% della popolazione detenutacontiene parecchi Don Chi-sciotte lasciati al proprio de-stino. Purtroppo per tanti chehanno avuto la sfortuna di nonriuscire a mantenere un equili-brio psichico, le patologie sisono accentuate non solo acausa della condizione di per-sone recluse. Per l’igiene men-tale è necessarioun trattamentoindividualizzato, ma la scarsitàdell’organico sanitario e com-plice il sovraffollamento, sonospesso motivo di esami pocoapprofonditi che troppo spessosfociano in diagnosi corretteche non possono essere coadiu-vate da una terapia di recupero,ma solo da una in grado ditener in sospeso quelli che po-trebbero essere anche violentisviluppi; quotidianamente sene possono constatare i risul-tati, incrociando gli sguardi dipazienti che sembrano zombi acausa della somministrazionedi pesantissimi psicofarmaci.

Questi ultimi sono soggetti dif-ficili, che a causa dell’emargi-nazione collettiva cercano difraternizzare il meno possibilecon i propri simili. Molti arri-vano da un’infanzia difficile,altri da una vita in salita, c’è chifinisce in questo male a causadi un esaurimento nervoso tra-scurato, che passa in ansia, pa-nico e depressione che, con inaggiunta solitudine ed abban-dono, spezza le ali ad una far-falla che non sarà mai più ingrado di volare ed in alcunicasi, la droga come determi-nante tassello di un ancor piùaccentuato stato confusionale.Purtroppo può capitare che ilnostro Don Chisciotte finiscadietro alle sbarre, vittima diuna linea sottile che si spezzaanche nelle più forti personalitàe reduce da colloqui con psico-logi e psichiatri senza mai es-sersi arreso ad un destino dalfinale già scritto. Persone chespesso non si accorgono delmale che in un attimo li avvolgecome un mantello pesante cheoffusca corpo e mente, portan-doli alla morte dell’anima chelascia un corpo malato, succubedi una crisi esistenziale. Biso-gna rendersi conto del fatto cheesistono malattie inguaribili,ma non esistono malattie incu-rabili. La condivisione della fra-gilità restituisce ai nostri DonChisciotte, la fiducia e il corag-gio e a chi si prende cura deisofferenti nuovi stimoli. Pur-troppo come nel 1600 ancoraoggi nelle carceri c’è tanta in-

La giusLE OMBRE DEL D

L’incudine e il martello:abbRoberto Allegri

Doré: Don Chisciotte

G differenza da parte di noi tutti eper le vittime delle malattiementali è inevitabile trovarsitra l’incudine e il martello. Daun lato vi è uno scarso interes-samento dell’area sanitariadell’amministrazione, ma que-sto è appurato che sia causatodalla carenza di fondi, notiziache trova riscontro nella re-cente pubblicazione “Diritti eCastighi” di Lucia Castellano eDonatella Stasi. Dall’aprile del2008 la sanità penitenziaria èpassata all’A.S.L. e sono statistanziati ottantaquattro milionidi euro da trasferire al fondonazionale sanitario, che ha poiil compito di dividerli tra le re-gioni e da qui alle A.S.L. terri-toriali. Non voglio pensare aitempi che ci vorranno per acce-dere ad un efficiente serviziosanitario e nel frattempo i no-stri Don Chisciotte vengono te-nuti tranquilli con pesantiterapie di psicofarmaci e diconseguenza oggetti di burla,emarginazione e derisione dauna parte della popolazione pe-nitenziaria; ecco l’incudine ed ilmartello.

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ta curaDON CHISCIOTTEbandono ed emarginazione

Che cosa succede quando si fi-nisce tra l’incudine e il mar-tello? Il ferro modellato a fuocopuò prendere svariate forme enon sempre quelle desiderate.Il paziente malato, spesso im-paziente, aspetta con ansia unavisita psichiatrica per potersialleggerire del pesante fardello,convinto che la terapia sommi-nistrata non è adeguata alla suapatologia. Il malato ha il fortebisogno di parlare con qual-cuno che lo capisca e lo aiuti atogliersi il pesante mantell. Fi-nalmente arriva il momentodella visita psichiatrica ed unavolta spiegate le difficoltà in-contrate, che a causa dellalunga attesa sono espresse confoga, nella disperata ricerca diuna più adeguata somministra-zione terapeutica ed un soste-gno psicologico che lo aiuti,prendono ancor più la formadella patologia diagnosticata.Inevitabilmente finito il collo-quio, lo psichiatra rilascia il suoreferto medico: “Il paziente ap-pare chiacchierone, con fortetendenza alla razionalizzazionee alle lunghe spiegazioni” Tera-pia invariata! Ancora una volta“accanimento terapeutico”. Ilnostro Don Chisciotte non harisolto nulla oltre ad un’enne-sima inutile lotta contro i mu-lini a vento. Intorpiditi nellapsiche a causa della eccessivasomministrazione di psicofar-maci, il ritorno in cella ha lostesso sapore dell’abbandonodi quando si era usciti e tutt’in-torno emarginazione e risacome offese lanciate all’indi-

rizzo degli inermi. Situazionedalla quale non vi è via di fuga:un vicolo chiuso dove si può es-sere solo bersaglio. Per i debolinon c’è spazio! Il Don Chi-sciotte ora è solo nella ricerca diun contatto con Dio, che troppospesso sfocia in una sanguina-ria crociata, senza rendersiconto che non si può lottarecontro i mulini a vento. Nellasfera del quieto vivere, la dispe-rata ricerca di soluzioni,manessuna sembra risolutiva.L’unico modo di contrastare gliavvenimenti, sfocia spesso inatti autolesionistici o peggio ag-gressivi. Il non essere ascoltatie capiti è pericoloso, soprat-tutto quando chi dovrebbefarlo, ti sta a sentire senzaascoltare, col solo pensiero chechi ha di fronte non ha bisognodi nulla di più che una pesantedose di chi sa quale sostanza, apatto comunque che questa siain grado di stordirlo, al punto dinon fargli sentire più nulla. Ciòche però non è preso in consi-derazione, è che ciò che fa vera-

mente male è il dover subirel’avarizia di sorrisi. La vita è undono! Vi sono persone piùforti e altre meno, ma per tuttiè precaria, fragile e allo stessotempo unica e preziosa. Oc-corre in ogni modo evitare diaggiungere pena a pena e dun-que insicurezza a insicurezza.Il Don Chisciotte chiede soloche le persone più deboli sianoefficacemente aiutate a viverecon dignità, non a morire perfalsa pietà. Per terminare nonso se la mia sia un’utopia, mavoglio di nuovo citare il libro“Diritti e Castighi” nel cui pro-logo, è presente una frase chedice: “Nessuna carovana hamai raggiunto l’utopia, però èl’utopia che fa muovere le ca-rovane”. A voi lettori lascio lariflessione, con l’augurio checiò vi faccia attivare un pro-cesso di profondo esame di co-scienza, quando anche voiincontrerete un Don Chi-sciotte.

Roberto Allegri

Paesaggio della Mancia, Spagna

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olti t ipi di volon-tariato, r iguarda-noattività mediate

attraverso una o più istitu-zioni. Il volontariato in carcereè invece una delle attività divolontariato a contatto direttocon l'utente, aspetto che perme è stato decisivo.La motivazione più comune alvolontariato, soprattutto tra chiaffronta la tanto desiderata etemuta pensione è: “dalla vita edal lavoro ho ricevuto tanto edè dunque mio preciso dovererestituire, almeno in parte, ciòche ho ricevuto”. Non fa unagrinza e non c’è neppure dasentirsi particolarmente bravi.È soltanto un dovere.Invece appena ho cominciato,prima a S. Vittore e poi a Bol-late e una volta acquisito unminimo di dimestichezza conl’ambiente, mi sono reso contoche avevo cannato in pieno.Quel poco che riesco a resti-tuire attraverso la mia profes-sionalità di manager ecomunicatore, sommato al mioabituale rispetto per la persona,è molto superato dall’enormeaffetto dal quale sono semprepiù attivamente circondato. E'un affetto alquanto diverso daquello che ho la fortuna di tro-vare fuori dalle mura del car-cere. E' meno formale, menoeducato, direttamente impo-stato sull'amicizia, sulla simpa-tia, sul rispetto reciproco eanche sull'implicita ricono-scenza del “Ma chi te lo fafare?”. Un affetto che ti è spa-

rato in faccia con un sorriso, inmaniera diretta e sincera.Non sono curioso e non chiedoa nessuno qual è il suo reato; selo conosco, è perché lui, perqualche suo motivo, ha deside-rato parlarmene. Non chiedereè per me un modo di evitareche i nostri rapporti individualisiano condizionati dalla loro si-tuazione giuridica.Con le persone che per un qual-che motivo (nostalgia, primavolta, problemi di famiglia, oaltro) soffrono di tristezza, didepressione, di quello cioè chea Milano chiamiamo “el ma-goun”, (il magone), lo strizzoneallo stomaco insomma, faccioun lavoro tanto semplicequanto complesso: gli do unamano a soffrire un po’ meno e avivere un filo meglio. Quelloche modernamente si chiama“counseling” e che da esperto dicomunicazione interpersonaleconosco particolarmente bene.Mentre su suggerimento e inca-rico della Direzione, mi occupoall'interno del 2° reparto delleattività di socializzazione, leidee, le proposte e il lavoro verosono soprattutto dei detenuti ein particolare dei rappresen-tanti dei piani, una decina divolontari che lavorano con iloro compagni e con me, cer-cando di affrontare e risolvere iproblemi, mettendo insiemeidee e progetti per migliorare laqualità di vita in reparto e persviluppare capacità e regole diautodisciplina e di autoge-stione.

In questi tempi di risorseumane e finanziarie ridotte al-l’osso, in un reparto in cui i de-tenuti non sono ancora apertitra i piani ed esposti a ben dueattività di riabilitazione, quelladel SERT e il normale lavorotrattamentale, la strada è sem-pre in salita e disseminata d’in-finiti ostacoli. I risultati sonoobiettivamente scarsi e anchequei pochi tendono a diluirsinel pessimismo. È dunque an-cora più apprezzabile la calma,il buon senso e l'intelligenzacon cui i detenuti e i loro rap-presentanti cercano comunquedi darsi da fare, tanto che fino aora sembrano sopportare an-cora di buon grado l’Adolfo.Per concludere una mia im-pressione generale su noi vo-lontari indipendenti: siamooperatori che mettono a dispo-sizione del mondo carcerario lepiù diverse esperienze, le capa-cità professionali e umanesenza alcuno status operativoufficiale, pertanto senza alcunvero potere decisionale. Forseproprio per questo, a mio pa-rere, siamo la categoria che piùconcretamente riesce nel lavorodi tutti i giorni, a smussare certiinveterati spigoli culturali, tradetenuto e detenuto, tra ita-liano e straniero, tra “delin-quente e sbirro”.Se questo è vero e non è sol-tanto una mia pia illusione,beh, possiamo esserne soddi-sfatti!

Adolfo Pugliese

Esperienza diversificataIL VOLONTARIO INDIPENDENTE

Nessun potere istituzionale, ma tanta buona volontà

MAdolfo Pugliese Volontario art. 78

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Circolo filatelico FRANCOBOLLI E SALUTE

0vvero: Mens sana in Corpore sano

ra le molteplici oppor-tunità culturali e ricrea-tive che il nostro istituto

offre ai suoi utenti, una dellepiù originali è quella di poteraderire alle attività del circolofilatelico. Nato a giugno del2008 il circolo filatelico IN-TRAMUR ha visto alternarsi,nello spazio di pochi mesi, oltreuna decina di detenuti che so-vente, sopperendo con l’entu-siasmo alla scarsa competenza,si sono dedicati con soddisfa-centi riscontri all’avanzamentodelle varie raccolte contri-buendo a dare un notevole im-pulso all’ambizioso obiettivoprefissato di allestire, nei tempidebiti, una mostra filatelica al-l’interno dell’istituto: avveni-

mento straordinario ed esclu-sivo per una casa di reclusione.Aldilà di queste considerazioni,la domanda che ci poniamooggi per restare in tema è però,come sia possibile conciliareun hobby qual è la filatelia coneventuali riscontri benefici perla salute?La risposta al quesitova considerata nella consape-volezza che dall’ applicazionementale dedicata ad una atti-vità piacevole e rilassante nederiva non solo una proficualucidità di pensiero e un oppor-tuno senso dell’ordine dellecose e delle idee, ma soddisfa-zione interiore e senso di com-pletamento. Tutto ciò alimentacoscienza culturale derivantedall’approfondimento della

materia, dallo studio e dalla ri-cerca influisce positivamentesull’equilibrio psicofisico indivi-duale e pacificamente possiamodare per scontato quanto, dauna gratificazione mentale con-segua pure uno stato, non tra-scurabile, di benessere fisico.Per finire aggiungeremo che lafilatelia si è da sempre prodigataper sensibilizzare le popolazionisui problemi della salute.

Sante Merlini

FSante Merlini

RIDERE FA BUON SANGUEImprevisti di caccia

Due compari dopo tanto tempo s’incontrano e decidono di andare a caccia, come ai vecchitempi.La mattina dopo si ritrovano. Salvatore armato fino ai denti e Antonio con tremartelli.Salvatore: Antonio dove sono le armi?Antonio: Quali armi!Sei rimasto all’antica? Vieni con me che ti faccio vedere.Entrano nella boscaglia per cacciare e trovano una tana.A questo punto Antonio verificata la tana dice: Qui ci vuole il martello numero due.Si avvicina con la testa alla tana e grida bù-bù, esce fuori un coniglio che lui cattura.Vanno ancora in avanti, un’altra tana. Antonio verifica e dice: Qui martello numero tre. Ilsolito grido bù-bù, esce fuori un cervo e lo cattura. Salvatore stupito di tutto ciò, ci prova einfatti trascorrono la giornata cosi e, soddisfatti, tornano a casa dandosi appuntamento tradieci giorni, ma al decimo giorno Salvatore manca all’appuntamento. Antonio lo va a cercaree viene a sapere che da una settimana è ricoverato in ospedale e lo va a trovare, trovandolotutto ingessato. Cosa è successo!?Salvatore: Niente sono andato a caccia come mi hai insegnato, vedo la prima tana e veri-fico che ci voleva il martello uno perché era piccola. Poi ne vedo altre e vado avanti nellacaccia, ne trovo una bella grande pensando che il martello tre bastasse, faccio bù, e un trenomi prende in pieno!

Giuseppe Castiglia

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uando leggo la rasse-gna stampa quoti-diana di “Ristretti

Orizzonti” l’organo d’informa-zione del carcere di Padova,noto una grande assenza. Leassociazioni di volontariato cheprendono posizione sui pro-blemi del carcere e della giusti-zia sono davvero poche, mentread esempio la Polizia Peniten-ziaria è quotidianamente pre-sente, attraverso i suoiorganismi sindacali, per de-nunciare lo scempio del si-stema penitenziario el'inadeguatezza delle propostegovernative. Mi chiedo perché.La prima risposta che mi vienein mente è che il volontariato simuove troppo nel solco di ungeneroso impegno solidale etroppo poco sul terreno del-l'impegno politico. Temo in-

somma, che sia più incline allabeneficenza e meno schieratosul fronte della difesa dei dirittidei detenuti. La mia esperienzadi volontariato, all'interno dellaredazione di "carteBollate" miha consentito di ridare unsenso al mestiere di giornalista,che ho fatto per trent'anni. Ilsenso è di informare o meglio

Volontariato e politicaVOLONTARIATO COME SOLA BENEFICIENZA?

Il mio senso al mestiere di giornalista

Q

di contro-informare sulla realtàdel carcere, portando al-l'esterno il punto di vista di chi,la detenzione, la vive sulla pro-pria pelle. C’è poi un significatopiù legato al mezzo: un gior-nale carcerario è uno stru-mento di democrazia e cometale ha due principali obiettivi;far vivere la democrazia all'in-terno di un’istituzione totale(anche Bollate è galera, anchese a trattamento avanzato)dare strumenti di democrazia achi, (nel caso specifico i dete-nuti) per esclusione, per sfidu-cia o per disabitudine, non sautilizzarli. Per quanto mi ri-guarda il volontariato, è que-sto: un’esperienza in cui mettoa disposizione tempo e compe-tenze e che mi dà sorprendentipossibilità di scambio, sulpiano umano e del confrontod’idee. In questo dare/avere misento assolutamente in debito.

Susanna Ripamonti Direttrice di "carteBollate"

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Una grande qualità dell ’essere umano è identificabile nelquanto un individuo sia volenteroso di fare. Non importacosa s i faccia a l f ine di questa nostra considerazione,poiché è innegabi le che quando s i abbia a che fare conuna persona che si dà da fare, i l commento è quasi sem-pre benevolo, s i insomma qualcosa del genere: “Va chepersona volenterosa, quello sì che è un gran lavoratore!”Quando s i parla di volontari , r isulta assai di f f ic i le nonassociare tal i individui al la parola “volenterosi” . È fuoridiscussione che quando una persona fa un qualcosa peri l piacere di dare, consapevole che non vi sarà alcun ri-torno in termini mater ia l i , questa s ia def ini ta personavolenterosa di fare; una persona che si adopera per la vo-lontà di dare soprattutto se stessa.Anche tra i detenuti v i sono, persone volenterose espesso, questi si offrono per un’occupazione come volon-tari .Insomma, vi sono persone volontarie non detenute e de-tenuti con eguali caratterist iche, sotto certi aspetti , mala diversa condizione riguardante la possibi l i tà di poteroltrepassare le mura del carcere influisce anche sull ’op-portunità che ta luni individui rec lusi possano o menorendersi uti l i .I l paradosso è che si dovrebbe interpretare la buona vo-lontà di un individuo, considerando che questo si rendedisponibile come volontario per dedicarsi ad una qualchemansione ma, nel la realtà carceraria, prima di poter ac-cedere ad una qualunque funzione come volontario, biso-gna dimostrare di essere persone volenterose.Proprio a l l ’ in iz io di questo scr i t to abbiamo cercato didare una def iniz ione a l l ’espress ione “persona volente-rosa” che, quando questa esprime la volontà di occuparsidi qualcosa, s i dimostra come tale. Ricapitolando chi siof fre volontar io per una quals ias i mansione, è dunquepersona volenterosa. Perché dunque negare la possibil itàdi rendersi uti le a chi dichiara d’averne i l desiderio?È da qualche tempo che m’ interrogo e sottopongo ta lequesito, ma ancora nessuno è stato in grado di darmi unarisposta esauriente, quindi con la speranza che qualcunodei lettori s ia i l luminato, da chi sa quale lampo di genio,resto in attesa…

La Redazione

LA REDAZIONE

VOLONTARI VOLENTEROSI

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ALUTE inGRATA è il no-stro giornale; di noi dete-nuti tutti!

È ormai da sei numeri che rive-sto la carica di Art-director dellatestata. Bella esperienza; stimo-lante e creativa. Un’esperienzada volontario che oltre al-l’aspetto tecnico dell’incarico,mi ha dato molto. Ovvio, sentocon particolare gratificazione lacrescita del giornale, ma ancorpiù il beneficio dato dall'espe-rienza maturata in questi mesi.Ho avuto la possibilità di inten-dere un modo diverso di rice-vere e fare volontariato incarcere.Ero un po’ scettico all’inizio, maosservando e vivendo la realtàdella redazione, ho avuto la pos-sibilità di penetrare il senso di

quanto viene fatto. Ho respiratoda subito il senso della crescitain gruppo. Persone che portanoavanti il progetto salute attra-verso l’impegno di due organidell’associazione Gli amici diZaccheo: SALUTE inGRATA eSPORTELLO SALUTE .Vivere personalmente un cosìinsolito modo di fare volonta-riato mi ha regalato stimoli tal-mente coinvolgenti da farmisentire in dovere di fare infor-mazione inerente tematiche difondamentale importanza perun detenuto.Ci “preoccupiamo” di salute,mica fagotti! Esperienza assolu-tamente singolare nel pano-rama penitenziario e lofacciamo così: ascoltando, di-scutendo, scrivendo, pubbli-

cando.Coinvolgere e collaborare con lepersone attraverso il riconosci-mento d’interdipendenza reci-proca e fiducia, questo facciamo!Certo, non curiamo le persone,ma prestiamo attenzione ai pro-blemi di tutti a prescindere dal-l’argomento salute. Mettiamo aconfronto i vari problemi in unmodo che meccanico non è,consci che a noi serve soprat-tutto una scuola, un mezzo perriconoscere le nostre esigenze equindi essere disposti ad assu-merci delle responsabilità,senza aspettarci che tutto ci siadovuto dallo Stato o da altre isti-tuzioni.

Antonino Bartolotta

Le immagini del volontariato ART DIRECTOR? SI, LO VOGLIO!

Una sola occupazione da volontario e mille soddisfazioni

cco qua! È finalmentearrivato l’ autunno.È bello vedere gli alberi

spogli e odorare il profumo cheemana la pioggia, specialmentevivendo la condizione di detenuti.È un pochino come evadere sepur col pensiero.Sono le piccole cose che fannobella la vita. Anche se qui a Mi-lano abbiamo il problema del-l’umidità e per chi non dovessesaperlo munitevi di plaid, cap-pellini e piumini naturalmente

sperando che la direzione ve loconceda. Per chi non avesseesperienza carceraria, sappiateche anche se siamo in carcere,la vita non è finita; tutto passa,ma sta soprattutto a noi farcelapassare.Se avete bisogno di parlare conqualcuno pronto ad ascoltarvi,in tutte le sezioni e su ognipiano c’è un referente delloSportello Salute. Sappiate che aparte i compagni detenuti delreparto, gli educatori e gli assi-

stenti sociali o del volontariatoesterno, ci sono anche questepersone. Volontari ai quali po-trete esprimere il vostro disa-gio, problema o semplicementele vostre difficoltà, onde evitaredi andare in depressione.Io posso solo dirvi d’occupare iltempo anche solo leggendo unlibro o coltivando un hobby, mavi prego, non chiudetevi in voistessi.Buona fortuna a tutti!

Piero Cunzolo

Cadono le foglieL’AUTUNNO

Vi prego, non chiudetevi in voi stessi

S

E

Antonino Bartolotta

Piero Cunzolo

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iò che caratterizza lescelte di un individuo èda ricercare già nelle

prime esperienze di vita e, pur-troppo, le mie sono state con-fuse; ma se è vero che non tuttoil male viene per nuocere, puressendomi trovato in una situa-zione non piacevole per nes-suno, tossico dipendente oltreche detenuto, ho inteso anch’iole mie lezioni di vita. In questafase della mia vita, ho presocontatto con una figura a meprima sconosciuta: il volontario.Chi è un volontario?Una persona che si offre, senzariserve, a chi ha bisogno. Que-sta figura, ora posso dirlo, hadato un senso diverso alla miavita.Di tutti i volontari che ho cono-sciuto, uno in particolare mi hacolpito.Si chiama Flavio ed è archi-tetto. Quello che fa nell’istituto,non ha niente a che fare con ilsuo lavoro; si occupa di un’arteparticolare: ricicla cartoni e conquesti crea vere e proprie opere

d’arte. Sembra una cosa banale,ma in realtà per chi si appas-siona a tale attività, è molto so-cializzante e permette diliberare la mente, consente dispaziare per potere esprimerela propria creatività. L’obiettivodel suo lavoro è di dare vita aun’opera collettiva. Le emo-zioni provate nel creare oggetti,che uniti hanno formato, comein un puzzle, la figura di unagalea, ci ha permesso di portareall’esterno dell’istituto il nostrolavoro esponendolo in una mo-stra.L’avere partecipato attiva-mente ad un simile progetto, ciha fatto sentire parte integrantedi qualcosa d’importante per ilnostro reinserimento e per mi-gliorare una società dove la col-laborazione è fondamentale edove è indispensabile aiutare efarsi aiutare. L’esperienza fattaall’Istituto di S. Vittore, mi hadato una nuova strada da intra-prendere.Arrivato all’Istituto di Bollate,ho avuto la possibilità di met-

tere in campo tutto il mio baga-glio d’esperienze intraprese alprogetto la NAVE di S. Vittore.Ho avuto un colloquio con i re-sponsabili della redazione di“SALUTE inGRATA”, dove hoconosciuto persone che mihanno dato tutta la loro dispo-nibilità, nell’inserirmi sin dasubito nel loro e, adesso, anchemio progetto. Questo è volto ad informare lapopolazione detenuta e ad age-volare l’accesso ai canali di dia-logo con l’area sanitaria. Tuttoquesto è possibile grazie all’im-pegno dei volontari dell’asso-ciazione “Gli amici di Zaccheo”.Questo percorso mi ha datouna grande conoscenza deiproblemi presenti in istituto.Quello che faccio in questa fasedella mia vita, non solo mi gra-tifica, ma mi da anche ungrande beneficio psicofisico chemi sta aiutando ad attraversarequesto periodo con coscienteserenità e fiducia per il mio fu-turo.

Isidoro Bossio

Scelte ed esperienzeIL VOLONTARIATO CI AIUTA A…

La crescita dell’individuo

CIsidoro Bossio

CAMMEO STORICONel 1764 il Dott. Thomas Dimsdale, celebre medico londinese, invitato a S. Pietroburgodalla zarina Caterina II di Russia, si occupò della prima vaccinazione popolare della storia.La Russia era terra di frequenti epidemie tra le quali la più temuta era il vaiolo.Pioniere delle vaccinazioni il Dott. Dimsdale dovette combattere contro la supersti-zione popolare secondo cui il mettere una certa quantità di “malattia” nel corpo si-gnificava morte certa.Per convincere quindi il popolo che le vaccinazioni non erano un pericolo la zarinaCaterina diede l’esempio; fu la prima sovrana “illuminata” a fare il vaccino.

la Redazione

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a prima domanda chemi sono fatto, quandoero sulla mia branda a

guardare il soffitto, è stata:avendo la possibilità di muo-vermi liberamente all’internodi quest’istituto, cosa posso faredi buono e di utile che mi possagratificare, realizzare e miglio-rare?Il pensiero è caduto subito sul-l'idea di fare qualcosa aiutando imiei compagni, dando un servi-zio utile all’interno del carcere.Se esiste uno “Sportello Giuri-dico”, che in un settore compli-cato come quello della giustiziaoffre consulenza ai detenuti,perché non creare uno spor-tello con dei volontari detenuti,che possano comunicare infor-mazioni sulla salute e sui servizidell'area sanitaria interna edesterna all’istituto?Avevo capito cosa fare, ma sipresentava il problema di comefare.Mi misi in contatto con l’asso-ciazione di volontariato “Gliamici di Zaccheo” e sottoposi lamia iniziativa attraverso una

bozza contenente le specifichesecondo le quali si sarebbe svi-luppata quest’opera pionieri-stica di volontariato all'internodei reparti e sul come reperirele persone disposte ad intra-prendere questa iniziativa: loSportello Salute.Senza battere ciglio il presi-dente dell’associazione VivianaBrinkmann perfezionò il pro-getto e chiese il consenso alladirezione dell'istituto che nonesitò ad appoggiare questo pro-getto. Ora occorreva pianificaree programmare il percorso. Laselezione dei detenuti disponi-bili a intraprendere questo spe-cifico volontariato avviene

attraverso l’analisi di richiestescritte; successivamente ven-gono convocati per un collo-quio di valutazione in merito asenso di responsabilità, spiritoaltruistico, volontà di migliora-mento e, soprattutto, senzaalcun tipo di pensiero discrimi-natorio. Ad oggi posso dire che,dopo venti mesi di lavoro, si ècreato un bel gruppo di dete-nuti volontari, suddivisi nei re-parti con ruoli di responsabilitàe competenze per il monitorag-gio delle esigenze dei compagnidetenuti.Tutto questo perché? A questadomanda, in parte una rispostaè già stata data, ma in realtàesiste un motivo in più menoapparente ma non meno im-portante: questa esperienzapermette ad ognuno di noi diconfrontarsi con altruismo, se-renità e senza pregiudizi, conaltre culture, religioni e idee.Questa iniziativa sulla salute edil benessere, aiuta sicuramentei detenuti ad avere una visionediversa della vita.

Walter Bortolozzo

Detenuti per i detenutiCOSA, COME E PERCHÈ?

Lo sportello d’informazione che mancavaWalter Bortolozzo

L

Interno II Casa di Reclusione Milano-Bollate

Goya: Il sonno della ragione genera mostri

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onsiderando la patolo-gia emicranica, il mag-gior progresso nella

terapia dell’attacco acuto èstato lo sviluppo di una classedi farmaci (triptani) che allafine degli anni ’80 ha portatoad un netto cambiamentod e l l a q u a l i t à d i v i t a d e ipazienti affetti da questapatologia. Infatti l’attacco emi-cranico può portare il pazientead una totale impossibilità asvolgere sia le quotidiane atti-vità di vita che di lavoro neigiorni in cui esso si presenta. L’avere a disposizione farmacispecifici per l’attacco di emi-crania ha costituito una svoltaepocale nella terapia controquesta patologia. Purtroppomolti pazienti commettonol’errore di ritardare l’assun-

zione del farmaco il che pro-voca l’instaurarsi di sintomiquali la nausea e il vomito conconseguente inefficacia deifarmaci per via orale. Così un

attacco che potrebbe essere ri-solto con l’assunzione di unsolo analgesico specifico, fini-sce per non essere risolto ne-anche con una serie diassunzioni di vari analgesicinella giornata: ciò provoca unabuso di analgesici stessi e neltempo la trasformazione diuna emicrania episodica inuna emicrania acuta. Il consi-glio da seguire quindi è: di nonattendere troppo a lungo pensando che il dolore possapassare da solo ma di sommi-nistrare il farmaco specificosin dal manifestarsi dei primisintomi dell’attacco.

Tratto dall’inserto “Salute” de“Il Sole 24 Ore”

a cura di Vincenzo Micchia

Mal di testaL’EMICRANIA

L’importante è assumere tempestivamente l’analgesico

on è una giornatacome le altre, perché èun giorno festivo.

Organizzo mentalmente la miagiornata, partendo dalla cola-zione del mattino, sino alla ca-momilla della sera.Scendo dalla branda, infilo leciabatte, attraverso la cella e midirigo verso il bagno, mi lavo,mi asciugo ed ora un buon cafè.Accendo il fornello ed in qual-

che minuto l’aroma riempie lastanza, mentre resto con letempie appoggiate alle sbarre econ lo sguardo oltre la finestra.Oltre le mura ciò che ho vissutoprima: “Il cielo terso e sgombroda nuvole sembra trasportare iprofumi dei monti poco di-stanti da Milano e al di sotto lalibertà, alberi, case ed il movi-mento delle persone che conti-nuano la propria vita”. D’un

tratto il rumore della caffettierami riporta in cella e versatamiuna tazza di caffè, resto serenomentre ne sorseggio. Strana-mente mi sento di buon umore:è domenica ed è una bella gior-nata. So che potrebbe sem-brare assurdo, ma questacondizione mi fa in ogni casoapprezzare la vita.

Qemal Hoxha

Un giorno di festaDOMENICA MATTINASguardo oltre la finestra

C

N

Vincenzo Micchia

Qemal Hoxha

Seduta di biofeedback

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orrei iniziare questomio breve contributo algiornale “SALUTE in-

GRATA” con un indovinello alquale non credo sia difficiledare risposta.“Di giorno sembra innocuo,ma se ne percepisce la perico-losità, di notte lentamente tispezza”. Cos’è?Il “mostro” in questione è ilmaterasso o almeno è così, chedi solito lo chiamano quelli chevivono fuori di qui. Credo chenoi invece, dovremo inventareuna nuova parola per definireun simile oggetto di tortura,poiché la sera ti tiene sveglio acausa del pensiero di quantosia poco salubre adoperarlo eper conseguenza svegliarsi ilmattino seguente con laschiena a pezzi.Sono convinto che la que-stione “materasso”, accomunaun po’ tutti i detenuti come de-nominatore comune per tuttele galere italiane, tenendoconto non solo della funziona-lità, ma anche dell’igiene in re-lazione al fatto che è fuoridiscussione che i materassi inuso presso gli istituti italianisono un vero e proprio covo dibatteri: terreno fertile peracari della polvere ed altri pa-rassiti, spesso causa di intolle-ranze cutanee.Personalmente ho elaboratodue metodi per contrastare ilproblema: uno è di caratterepuramente psicologico e con-siste nella ricerca ad una spie-gazione plausibile riferita alla

mancata sostituzione perio-dica dei materassi e questatrova fondamento nella con-vinzione che le istituzioni nonsono in possesso dei fondi fi-nanziari necessari per unaeventuale sostituzione di talioggetti con altrettanti nuovi oaddirittura qualitativamentemigliori.Il secondo è un esercizio fisico:“Sdraiatevi con la schiena sulpavimento, con sotto almenouna coperta e camminate versoil sedere fino a quando lepiante dei piedi rimarrannocompletamente aderenti al pa-vimento; mantenete la posi-zione fino a diminuire lapressione sulla spina dorsale etornate dunque alla posizioneiniziale, per successivamenteportare le ginocchia al pettoabbracciandole. Con la testa alsuolo, dondolare lentamente il

corpo da destra verso sinistra eviceversa. È un piccolo movi-mento che unito al peso delproprio corpo esercitato sulpavimento, agisce come unleggero massaggio.Alla fine dell’esercizio verosi-milmente la schiena avrà persoun po’ della propria rigidità epotrete avvicinare maggior-mente le ginocchia al petto. Ri-petere l’operazione unaseconda volta ed il gioco èfatto!”Cominciare la vostra giornataseguendo queste sempliciistruzioni, sono certo miglio-rerà la vostra condizione fisica,mentre purtroppo per il doloredato dalla detenzione non hoalcun rimedio, ma almeno lacondizione della vostra schienasarà migliorata, spero…

Alexander Scheffler

Notti insonniIL MATERASSO

Ogni mattina raddrizzo la schiena

VAlexander Scheffler

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hi sa chi ha detto cheridere migliora la vita echi sa poi se è vero!?

Comunque sia, affermare cheridere ci fa stare meglio pensosia corretto, quanto meno perquel che mi riguarda. Personal-mente ritengo che un bel sor-riso, non solo migliora lo statod’animo di chi lo fa, ma sup-pongo anche di chi lo riceve.Dico ciò poiché quando mi ca-pita di incontrare qualcuno chesorride, non so il perché ma,tendo a farmi contagiare dalbuon umore. Forse la cosa èsoggettiva non lo metto in dub-bio, ma ad ulteriore sostegno diquesta mia tesi cito proverbi se-condo i quali “cuore allegro ilCiel l’aiuta “o ancora che “la ri-sata fa buon sangue”. Detto ciòtenendo conto del fatto cheogni cosa vera rivela il suo con-trario, è coerente osservare chechi mal volentieri sorride, nonviva poi bene come potrebbe,semplicemente abbandonan-dosi ad una contrattura delviso. Quanto comunichiamonoi con un sorriso? A pensarcibene, possiamo esprimere sim-patia o rimanendo a metà trauna smorfia ed un sorriso anti-patia, ancora possiamo esseremaliziosi o accondiscendenti,

complici e persino indifferenti.Possiamo esprimere d’averprofondamente compreso ilmalessere di qualcuno con unsorriso ed ancora possiamo sfi-dare chi abbiamo di fronte. Ilsorriso come chiave di mille ar-gomenti. Tutti sappiamo sorri-dere, è una cosa innata in noi,siamo in grado di farlo ancorprima di imparare a parlare,ancor prima di vedere. Forse èla prima cosa che impariamo afare dopo aver scoperto disaper piangere. Torniamo oraal benessere dato da un sorrisoe, quindi, al malessere che siprova nel non sorridere volen-tieri. Sopratutto perché non do-vremmo sorridere volentieri?Perché dovremmo privarci diun simile strumento di benes-sere? Certo nel vivere la condi-zione di detenuti, non c’ètroppo da stare allegri, maanche qualora fosse possibile,tanti individui preferisconotener le labbra serrate; questisono spesso identificabili anchein una vera e propria lista.Nomi, cognomi e reparto diprovenienza. Un elenco di indi-vidui numerosissimo, personeche hanno fatto scrivere le pro-prie generalità, con la sola spe-ranza di essere chiamati ungiorno, dal dentista. Già! Pur-troppo molti detenuti vivono ildisagio di doversi vergognaredella propria dentatura e perporre rimedio al danno esteticodato dalla rottura di un ponte ola caduta di una capsula, pas-sano giorni, settimane, interi

mesi in attesa di essere nuova-mente in grado di sorridere edin alcuni casi di mangiare.Qualcuno ha addirittura pen-sato di far autorizzare il propriodentista ad entrare in carcereper le cure del caso, ma è poicapitato che dopo il primissimointervento di devitalizzazione oestrazione del dente malan-dato, questo non sia più potutorientrare per ultimare i lavoricominciati; col risultato chechi, se pur con qualche diffi-coltà, prima poteva mascherareil suo disagio “stringendo identi” ora non può più neanchepensare di farlo! È paradossalepensare che professionisti especialisti, trovino il tempo dicurare persone ristrette in car-cere rinunciando a visitare per-sone libere, rimanendocomodamente nei loro studi eche giunti alle porte del car-cere, gli venga negato l’accessononostante le preventive auto-rizzazioni rilasciate dalla dire-zione. Riflettendo su quantoavete appena letto, sorridetevoi che potete e fatelo espri-mendo d’aver profondamentecompreso il malessere di chinon può farlo.

Roberto Lumia

Dentista alla portaUN BEL SORRISO

Quando dopo le prime cure sorridere è tabù

CRoberto Lumia

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iamo un gruppo di de-tenuti ed esercitiamodel volontariato all’in-

terno dell’istituto di Bollate findove le istituzioni ce lo per-mettono. Devo dire che cipiace molto ed è pieno di re-sponsabilità sopratutto versoil prossimo.Parlando di me posso dire chesono una persona aperta atutto o quasi e tra questo c’ èanche la disposizione ad aiu-tare il prossimo fin dove possoe quando mi viene richiesto;all’esterno non sempre si è incontatto con tutti e non si puòsapere chi ha bisogno di aiutofino a che non ne vieni a cono-scenza personalmente o rife-rito da altri. In questo istitutosono più a contatto con le per-sone essendo in un circuito ri-stretto di detenzione. Essendoreclusi le difficoltà si notanosubito visto che la giornata latrascorriamo insieme e allostesso più o meno modo.Faccio parte come volon1ariointerno della redazione di “SA-

LUTE inGRATA” di cui sonoredattore del primo reparto, cioccupiamo di uno dei più scot-tanti temi, appunto la salute.Tutto questo ci permette men-silmente di informare di varietematiche e problematichesulla salute esprimendo il no-stro parere e facendo, là doveè necessario, il tramite conl’area sanitaria e viceversa coni detenuti con la collabora-zione di tutto l'istituto, Dire-zione e Polizia Penitenziaria.Altro volontariato lo svolgopresso la “commissione cul-tura”, che tratta le attività cul-turali teatrali, manifestazioniecc. In questo sono l’intermediariotra i miei compagni e la com-missione riferendo l’esito edeventuali appuntamenti cultu-rali. Essendo un giocatore eappassionato di calcio, non po-teva mancare altro volonta-riato. L’istituto ha unasquadra di calcio che milita nelcampionato F.I.G.C. di terzacategoria denominata “2° Casa

di Reclusione” di cui faccioparte come aiutante mister esbrigo tutte le pratiche carta-cee (liste giocatori con allegaticartellini e sono il riferimentoverso il direttore di gara).Come ho già detto in prece-denza le attività di volonta-riato interno sono poche elimitate ma tutte di massimoimpegno, rigorosamenteserie e professionali visto chevanno a beneficio di tutti eper questo le svolgo con lamassima serietà e impegnosenza nulla togliere ad altripartecipanti che hanno le miestesse mansioni nell'ambitodel volontariato. Sono moltofiero di svolgere queste fun-zioni perché mi piace, misento molto più sereno siacon la mente che con l’anima,in quanto il mio lavoro è a be-neficio non solo mio ma so-pratutto per altri compagni.Questo per me è gratificante.

Pasquale Cesarano

S

Rigore professionale RESPONSABILITÀ E GRATIFICAZIONE

Salute, cultura e sportPasquale Cesarano

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ppare opportuno dareuna informazione re-lativamente allo stato

delle cose delle vaccinazioni an-tinfluenzali per l'Anno 2009-2010 e qualche minimaraccomandazione.Appare necessario a mio parerein particolare per le numerosis-sime e svariate informazioni ri-portate dalla stampa in alcuneoccasioni assolutamente con-traddittorie e in alcune occa-sioni catastrofiche epreoccupanti. Non è assoluta-mente il caso di minimizzarenulla e qualsiasi malattia vapresa in considerazione e co-munque sempre valutata perquello che è traendone le neces-sarie precauzioni senza però al-larmismi inutili ed ingiustificati.E' obbligo chiarire dall'inizioche tutto quello che verrà fattoin questo Istituto segue assolu-tamente le linee guida dettatedal Ministro della Salute e dellaRegione Lombardia.Dobbiamo distinguere 2 formeinfluenzali quest'anno:1) L'influenza stagionale;2) La così detta influenza pan-demia (o influenza suina chedir si voglia).Quanto stabilito dagli Organi-smi superiori di gestione dellevaccinazioni è qui sotto ripor-tato ed ha valore assoluto nonsolo negli istituti Penitenziarima anche sul territorio: 1) Relativamente all'Influenzastagionale è stato stabilito chehanno diritto alla VaccinazioneAntinfluenzale solo i soggetti

nati prima del 1944 e quindi isoggetti ultrasessantacin-quenni; 2) Relativamente all’InfluenzaPandemia è stato stilato unelenco di prima battuta dei sog-getti da vaccinare ed in taleelenco sono stati compresi si iDetenuti ma solo quelli che ma-nifestano delle patologie croni-che comprese in uno specificoelenco. Questo Istituto avevagià provveduto ad effettuare unelenco di persone che avreb-bero desiderato e quindi accet-tato la somministrazione delvaccino e a questo punto taleelenco complessivo verrà va-gliato dal Personale Medico pervalutare a chi potrà essere for-nito il vaccino.Questa la situazione, condivisi-bile o meno, relativamente allevaccinazioni; a questo punto ri-tengo opportuno segnalarequalche altro punto fondamen-tale:1) Il Personale di Polizia Peni-tenziaria essendo consideratopersonale a rischio verrà su ri-

chiesta vaccinato; 2) Il Personale Sanitario es-sendo considerato personale arischio verrà su richiesta vacci-nato; 3) Bisognerà tenere in conside-razioni come porte di accessodel virus all'interno degli Isti-tuti il Personale Volontario(non vaccinato), l’arrivo diNuovi Giunti (non vaccinati) daaltri Istituti, i colloqui con i fa-miliari (non vaccinati);4) Indicazione fondamentale ècercare di aumentare il livellodi igiene personale quando sihanno contatti con personenon vaccinate e quindi tenerein considerazione la necessitàdi lavare le mani il più spessopossibile, di mantenere unaadeguata igiene delle celle e dirivolgersi assolutamente al me-dico in caso di presenza di qual-siasi sintomo influenzale(febbre, raffreddore, doloriossei diffusi, etc...)

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Dott. Roberto DaneseDirigente Sanitario

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Lo scienziato francese LouisPasteur diede un contributofondamentale alla biologia delXIX secolo sintetizzando di-versi vaccini, tra cui quellodella rabbia, e sconfessandodefinitivamente la teoria dellagenerazione spontanea. Consi-derato il fondatore della mi-crobiologia, perseguì l'ideadell'origine batterica di di-verse malattie, di cui in molticasi rintracciò le cause.Louis Pasteur

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el tempo che trascor-riamo in carcere,quello della salute, è

un argomento molto impor-tante, in quanto non abbiamole stesse opportunità che ave-vamo fuori; infatti il dottore difamiglia, che ci conosce datanti anni, qui non c’è. È benetenersi impegnati ed attivi siamentalmente, per esempio conl’attività lavorativa, che fisica-mente praticando degli sport,al fine di mantenersi sani ed informa. Nonostante ciò, chiun-que di noi può incappare nellamalattia più o meno grave edavere bisogno dell’ausilio me-dico; in questa evenienza qui aBollate (a differenza di altriistituti) opera lo Sportello Sa-lute. Questa iniziativa di volon-tariato ha l’obiettivo di aiutarequalsiasi detenuto che si troviad avere problemi psico-fisici,ad entrare in contatto con le fi-gure professionali in grado dirisolvere il problema all’in-terno del carcere o all’esternoin una struttura ospedaliera. Inogni reparto sono presenti deivolontari dello Sportello Sa-lute. Siamo d’etnie diverse, edognuno si mette a disposizionedei propri compagni di deten-zione, che vivono una situa-zione di disagio non solo fisico.Tutti noi possiamo avere unagiornata in cui si accavallano ipensieri ed aumenta lo stress,magari siamo appena giunti inreparto da un altro carcere e cipuò far sentire bene fare unachiacchierata liberatoria con

un volontario, che ci offreanche solo un caffè e che co-munque si è interessato a noi,ci ha fatto sentire consideratied importanti. Quella del vo-lontario è una figura essenzialeall’interno di un reparto, in

quanto consente di socializ-zare, ad esempio con i detenutid’altri piani. Quando si raccol-gono cella per cella le testimo-nianze dei detenuti, i referentidi un reparto devono saperascoltare le persone, sapernecogliere le problematiche efungendo da anelli di congiun-zione tra l’area sanitaria e lapopolazione detenuta, svolgerel’importante compito a loro as-segnato. Spesso bisogna rinunciareal tempo libero, ma il con-tribuire concretamente allacausa dei propri compagni èquanto di più gratificante sipossa fare.

Salah Baadi Dino Bonizzato

Lom Buzhala Ettore Di Pasquale

Amir Elibzary

I REPARTI

“SPORTELLO SALUTE”

“SPORTELLO SALUTE”

MASCHILEMASCHILE

N

SAPER ASCOLTARE

Il Redattore Antonio Ci-rillo, per cause di lavoro epersonali che richiamano lasua totale dedizione e at-tenzione ci lascia. Diamo il nostro calorosobenvenuto, nell’ordine(vedi foto), da sinistra a: Patrizia Milesi, Segretaria di Redazione;Ciretta Girardi,Vice Capo Redattrice.Buon lavoro!

La Redazione

NOTIZIE

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Cari amici questa volta voglio parlarvi dell'alta cu-cina verde (vegetariana). Quando si parla di cu-

cina vegetariana, c'é sempre qualcuno che storce il naso, quasi si trattasse diun modo di mangiare alieno o in ogni caso, non legato alla tradizione italiana.Ciò però non è assolutamente vero!Innanzitutto bisogna sapere che ci sono due tipi di mangiare vegetariano: ve-

getariano e vegano.Il vegetariano tradizionale, esclude qualsiasi tipo di carne, pesce, pollame, ma nel qualeé permesso l'assunzione di latte, panna, yogurt, formaggi e uova.Il vegano o vegetariano stretto, esclude ogni prodotto che viene dal mondo animale, limi-tandosi al consumo di frutta, verdura, semi e cereali. Secondo i più recenti dati Eurispes, inItalia i vegetariani sono ormai sei milioni, come dire un italiano su dieci; non é molto differentedall’essere legati alle più comuni abitudini alimentari e passare al vegetariano può risultare re-lativamente semplice. Ci sono alcune regole da seguire, che sicuramente un buon alimentaristasa indicare meglio di me per questo mi esimerò dal farlo. La cucina di magro per esempio,che é appunto vegetariana, é sempre stata apprezzata e ogni regione propone piatti di questotipo, che sono vere prelibatezze: dai tortelli ricotta e spinaci, ai carciofi ripieni, le trofie al pesto,la caponatina di melanzane e così via, in ogni regione esiste una ricetta adatta a questo tipo dialimentazione. Il popolo dei vegetariani è prevalentemente un popolo di donne e giovani, spessoanimati da uno spirito animalista, ma anche mossi da intenti salutisti. L'importante per con-cludere, è mescolare e combinare i cibi, variando i piatti il più possibile.Ciao a tutti e alla prossima. Enzo Visciglia

I consigli di Enzo

La salute in tavola

ttività, tanta di quellaattività per renderepiù umana la nostra

detenzione, non solo, ma quelloche conta è attività non retri-buita, che forza! Chi sono, i vo-lontari, se non persone chepossono ascoltarti con atten-zione in che cosa hai da dire sultuo passato? Anche sul futuroc’è ascolto impari dai tuoi errorie cerchi di costruirti ancora unavita decente, in quanto la vogliadi cambiare è tanta, anche seviviamo in uno stato di soffe-renza. Certe volte non compren-diamo il loro sforzo per reinserircinella società. Diverse volte nellamia sezione c’erano momenti cri-

tici; i volontari erano li a darci unamano e a rendere più umana ladetenzione.Proviamo a immaginare l’istitutosenza volontari. Non possiamoessere mai sufficientemente gratiper questo piccolo esercito dipersone, che con grande volontàe dedizione utilizzano la lorogiornata, per chi abbia vera-mente bisogno di aiuto e di soste-gno per affrontare i problemi cheincontriamo nel nostro percorso.Queste persone, sapete, divi-dono la loro quotidianità connoi. Anche io come volontariomi reco tutti giorni in area trat-tamentale e vedo la loro pre-senza in ogni momento e mi

sento molto più sereno. Perso-nalmente mi ha fatto gran pia-cere dividere i miei sentimenticon alcuni volontari che mihanno affiancato in un per-corso di speranza non chieden-domi cosa ho fatto, al contrario,mi hanno dato la possibilità diriuscire liberamente a raccon-tare me stesso, il mio errorecommesso.Concludo ringraziandoli per illoro aiuto, la solidarietà dedi-cata, l’impegno a migliorare il“pianeta carcere” che non vo-gliamo più distante e isolatodalla società esterna.

Said Kurtesi

L’ istituto e i volontariUN IMPEGNO A MIGLIORARE IL CARCERE

Quando la voglia di cambiare è tanta

ASaid Kurtesi

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a far sentire la voce dei detenuti malati

e delle loro problematiche