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Rudolf SteinerIl Vangelo di Marco

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Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Il Vangelo di MarcoAUTORE: Steiner, RudolfTRADUTTORE: De Renzis, EmmelinaCURATORE: NOTE:

CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

TRATTO DA: 4: Il vangelo di Marco / Rudolf Steiner ;traduzione di Emmelina De Renzis. - Lanciano : R.Carabba, stampa 1932. - 227 p. ; 20 cm. - (Culturadell'anima ; 131).Fa parte di: I Vangeli / Rudolf Steiner. -Lanciano : Carabba.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 14 dicembre 2017

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TITOLO: Il Vangelo di MarcoAUTORE: Steiner, RudolfTRADUTTORE: De Renzis, EmmelinaCURATORE: NOTE:

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DIRITTI D'AUTORE: no

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TRATTO DA: 4: Il vangelo di Marco / Rudolf Steiner ;traduzione di Emmelina De Renzis. - Lanciano : R.Carabba, stampa 1932. - 227 p. ; 20 cm. - (Culturadell'anima ; 131).Fa parte di: I Vangeli / Rudolf Steiner. -Lanciano : Carabba.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 14 dicembre 2017

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INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:REL006100 RELIGIONE / Critica e Interpretazione Bi-blica / Nuovo Testamento

DIGITALIZZAZIONE:Enea Arosio, [email protected]

REVISIONE:Roberto Del Grosso, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Enea Arosio, [email protected] Righi, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

Informazioni sul "progetto Manuzio"Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associa-zione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque vo-glia collaborare, si pone come scopo la pubblicazio-ne e la diffusione gratuita di opere letterarie informato elettronico. Ulteriori informazioni sono di-sponibili sul sito Internet:http://www.liberliber.it/

Aiuta anche tu il "progetto Manuzio"Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradi-mento, o se condividi le finalità del "progetto Ma-nuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuosostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente lanostra biblioteca. Qui le istruzioni:http://www.liberliber.it/online/aiuta/

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INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:REL006100 RELIGIONE / Critica e Interpretazione Bi-blica / Nuovo Testamento

DIGITALIZZAZIONE:Enea Arosio, [email protected]

REVISIONE:Roberto Del Grosso, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Enea Arosio, [email protected] Righi, [email protected]

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Indice generale

I.......................................................................................6II....................................................................................30III..................................................................................57IV..................................................................................89V.................................................................................115VI................................................................................139VII...............................................................................166VIII.............................................................................193IX................................................................................213X.................................................................................237INDICE.......................................................................269

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Indice generale

I.......................................................................................6II....................................................................................30III..................................................................................57IV..................................................................................89V.................................................................................115VI................................................................................139VII...............................................................................166VIII.............................................................................193IX................................................................................213X.................................................................................237INDICE.......................................................................269

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RUDOLF STEINER

I VANGELIPARTE QUARTA

IL VANGELO DI MARCO

TRADUZIONE

DI

EMMELINA DE RENZIS

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RUDOLF STEINER

I VANGELIPARTE QUARTA

IL VANGELO DI MARCO

TRADUZIONE

DI

EMMELINA DE RENZIS

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I

È noto che il Vangelo di Marco comincia con le paro-le: – «Questo è il Principio del Vangelo di Gesù Cristo».– Per colui che cerca nell’epoca attuale di comprenderequesto Vangelo di Marco, queste primissime parole giàdevono effettivamente racchiudere tre enimmi.

Il primo enimma risulta nelle parole: «Questo è ilPrincipio...». Il principio di che? Come va interpretatoquesto principio?

Il secondo enimma è – «Il Principio del Vangelo...». –Nel senso antroposofico, che significa la parola «Vange-lo»?

Il terzo enimma è quello di cui già abbiamo spessoparlato: la figura del Cristo Gesù stesso.

A chi cerca seriamente di comprendere e di approfon-dire il proprio Sè, deve risultare evidente, che l’umanitàsi trova in corso di evoluzione, di progresso, e che diconseguenza ciò che si può chiamare la comprensione diquesta o di quella cosa, di questa o di quella manifesta-zione, non può a sua volta essere nulla di stabile, nulladi circoscritto in un qualsiasi periodo di tempo, ma èuna comprensione che progredisce; di guisa che in ulti-ma analisi, è un’esigenza necessaria, per chi prenda sul

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I

È noto che il Vangelo di Marco comincia con le paro-le: – «Questo è il Principio del Vangelo di Gesù Cristo».– Per colui che cerca nell’epoca attuale di comprenderequesto Vangelo di Marco, queste primissime parole giàdevono effettivamente racchiudere tre enimmi.

Il primo enimma risulta nelle parole: «Questo è ilPrincipio...». Il principio di che? Come va interpretatoquesto principio?

Il secondo enimma è – «Il Principio del Vangelo...». –Nel senso antroposofico, che significa la parola «Vange-lo»?

Il terzo enimma è quello di cui già abbiamo spessoparlato: la figura del Cristo Gesù stesso.

A chi cerca seriamente di comprendere e di approfon-dire il proprio Sè, deve risultare evidente, che l’umanitàsi trova in corso di evoluzione, di progresso, e che diconseguenza ciò che si può chiamare la comprensione diquesta o di quella cosa, di questa o di quella manifesta-zione, non può a sua volta essere nulla di stabile, nulladi circoscritto in un qualsiasi periodo di tempo, ma èuna comprensione che progredisce; di guisa che in ulti-ma analisi, è un’esigenza necessaria, per chi prenda sul

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serio le parole «evoluzione» e «progresso», che le que-stioni più profonde dell’umanità vengano, con il progre-dire del tempo, sempre meglio, sempre più radicalmentee più profondamente comprese. Nei riguardi di un’operacome questa del Vangelo di Marco – e questo fatto verràcorroborato appunto dai tre primi enimmi sopra citati –non è che ai tempi nostri che un certo rivolgimento dellacomprensione si è realmente verificato, e che lentamen-te e gradatamente – ma chiaramente – si è andato prepa-rando ciò che può condurre attualmente a un vero inten-dimento di questo Vangelo di Marco, ciò che può con-durre a intendere quello che significa: «Principia il Van-gelo». Perchè è così? – Basta gittare uno sguardo nelpassato, su ciò che riempiva ancora le anime relativa-mente poco tempo addietro, e si vedrà come il modo dicomprendere si possa essere modificato, anzi come essosi debba essere modificato nei riguardi di un argomentosiffatto. Se risaliamo indietro dal secolo decimonono aldecimottavo e al decimosettimo, troveremo che ci avvi-ciniamo sempre più a un’epoca, in cui quegli uomini,che per la loro vita spirituale più avevano a che fare coiVangeli, potevano prendere le mosse da basi di com-prensione affatto diverse da quelle dell’attuale umanità.Che cosa poteva dire a sè stesso un uomo del secolo de-cimottavo, quando voleva porsi nel generale processoevolutivo dell’umanità, se non apparteneva a coloro (enei passati secoli erano ben pochi), che per una via qual-siasi avevano relazione con questa o quella Iniziazione,con questa o quella Rivelazione occulta; se egli dunque

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serio le parole «evoluzione» e «progresso», che le que-stioni più profonde dell’umanità vengano, con il progre-dire del tempo, sempre meglio, sempre più radicalmentee più profondamente comprese. Nei riguardi di un’operacome questa del Vangelo di Marco – e questo fatto verràcorroborato appunto dai tre primi enimmi sopra citati –non è che ai tempi nostri che un certo rivolgimento dellacomprensione si è realmente verificato, e che lentamen-te e gradatamente – ma chiaramente – si è andato prepa-rando ciò che può condurre attualmente a un vero inten-dimento di questo Vangelo di Marco, ciò che può con-durre a intendere quello che significa: «Principia il Van-gelo». Perchè è così? – Basta gittare uno sguardo nelpassato, su ciò che riempiva ancora le anime relativa-mente poco tempo addietro, e si vedrà come il modo dicomprendere si possa essere modificato, anzi come essosi debba essere modificato nei riguardi di un argomentosiffatto. Se risaliamo indietro dal secolo decimonono aldecimottavo e al decimosettimo, troveremo che ci avvi-ciniamo sempre più a un’epoca, in cui quegli uomini,che per la loro vita spirituale più avevano a che fare coiVangeli, potevano prendere le mosse da basi di com-prensione affatto diverse da quelle dell’attuale umanità.Che cosa poteva dire a sè stesso un uomo del secolo de-cimottavo, quando voleva porsi nel generale processoevolutivo dell’umanità, se non apparteneva a coloro (enei passati secoli erano ben pochi), che per una via qual-siasi avevano relazione con questa o quella Iniziazione,con questa o quella Rivelazione occulta; se egli dunque

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era un uomo che si trovava nella vita, e aveva accolto insè ciò che viene offerto dalla vita exoterica, esteriore?

Perfino gli uomini più colti, all’apice della cultura delloro tempo, non potevano per così dire abbracciare conlo sguardo più di tre millenni della vita dell’umanità; deiquali uno – ma questo già si perdeva in una certa oscuri-tà nebulosa – anteriore all’èra cristiana, e gli altri duemillenni, non del tutto completi, posteriori alla fonda-zione del Cristianesimo. L’uomo stendeva allora losguardo sopra tre millenni. Quando guardava indietrosul primo millennio, si trovava di fronte come a una pre-istoria misticamente oscura dell’umanità, all’epoca degliantichi Persiani; questo, oltre alcune cognizioni – chia-miamole così – rimaste ancora dall’antica vita egiziana,costituiva i precedenti di ciò che veniva elaborato dallavera storia, la quale s’iniziava allora con l’epoca greca.Ma questo Ellenismo formava, in certo qual modo, labase della cultura effettiva di quel tempo, e tutti coloroche volevano spingere lo sguardo più profondamentenella vita umana presero come punto di partenza l’Elle-nismo e nell’ambito di quest’ultimo comparve tutto ciòche proviene dalle epoche primordiali di questo popoloe del suo lavoro nell’umanità, da Omero, dai tragici gre-ci, e in genere dagli scrittori greci. Poi si vide come gra-datamente questo Ellenismo sia, per così dire, andatodeclinando, come venisse soffocato esteriormente dallaRomanità; ma soltanto esteriormente, perchè, in sostan-za, Roma trionfò dell’Ellenismo soltanto politicamente,mentre in realtà accolse la cultura greca, la natura greca;

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era un uomo che si trovava nella vita, e aveva accolto insè ciò che viene offerto dalla vita exoterica, esteriore?

Perfino gli uomini più colti, all’apice della cultura delloro tempo, non potevano per così dire abbracciare conlo sguardo più di tre millenni della vita dell’umanità; deiquali uno – ma questo già si perdeva in una certa oscuri-tà nebulosa – anteriore all’èra cristiana, e gli altri duemillenni, non del tutto completi, posteriori alla fonda-zione del Cristianesimo. L’uomo stendeva allora losguardo sopra tre millenni. Quando guardava indietrosul primo millennio, si trovava di fronte come a una pre-istoria misticamente oscura dell’umanità, all’epoca degliantichi Persiani; questo, oltre alcune cognizioni – chia-miamole così – rimaste ancora dall’antica vita egiziana,costituiva i precedenti di ciò che veniva elaborato dallavera storia, la quale s’iniziava allora con l’epoca greca.Ma questo Ellenismo formava, in certo qual modo, labase della cultura effettiva di quel tempo, e tutti coloroche volevano spingere lo sguardo più profondamentenella vita umana presero come punto di partenza l’Elle-nismo e nell’ambito di quest’ultimo comparve tutto ciòche proviene dalle epoche primordiali di questo popoloe del suo lavoro nell’umanità, da Omero, dai tragici gre-ci, e in genere dagli scrittori greci. Poi si vide come gra-datamente questo Ellenismo sia, per così dire, andatodeclinando, come venisse soffocato esteriormente dallaRomanità; ma soltanto esteriormente, perchè, in sostan-za, Roma trionfò dell’Ellenismo soltanto politicamente,mentre in realtà accolse la cultura greca, la natura greca;

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di guisa che si potrebbe anche dire: politicamente i Ro-mani hanno vinto i Greci, – spiritualmente i Greci han-no vinto i Romani.

E durante questo processo, in cui l’Ellenismo trionfa-va spiritualmente sulla Romanità e attraverso centinaia ecentinaia di canali riversava su Roma, dalla quale poiscorreva nella cultura del mondo intiero, quello che essoaveva prodotto, durante questo processo, fluiva in que-sta cultura greco-romana ciò che si può chiamare il Cri-stianesimo; esso si riversò sempre più in questa civiltàgreco-romana e subì una trasformazione essenziale,quando i popoli nordici germanici parteciparono al pro-gresso di tale civiltà.

Per gli uomini del secolo decimottavo, il secondomillennio della storia dell’umanità si è svolto in questoconfluire dell’Ellenismo, della Romanità e del Cristia-nesimo; questo fu il primo millennio cristiano. – Vedia-mo poi come nel secondo millennio cristiano, nel terzo,cioè, della civiltà, dell’umanità, per gli uomini del seco-lo decimottavo, vediamo come – sebbene tutto apparen-temente si svolga nello stesso modo – pur nondimeno inquesto terzo millennio, a volerne approfondire gli even-ti, tutto proceda diversamente. Basta ricordare due figu-re, un pittore e un poeta, i quali sebbene si presentino unpaio di secoli dopo la svolta del millennio, dimostranonondimeno essenzialmente, come sia cominciato questosecondo millennio cristiano, come esso segni l’inizio diqualcosa di essenzialmente nuovo per la cultura occi-dentale, di qualcosa che poi ha proseguito ulteriormente

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di guisa che si potrebbe anche dire: politicamente i Ro-mani hanno vinto i Greci, – spiritualmente i Greci han-no vinto i Romani.

E durante questo processo, in cui l’Ellenismo trionfa-va spiritualmente sulla Romanità e attraverso centinaia ecentinaia di canali riversava su Roma, dalla quale poiscorreva nella cultura del mondo intiero, quello che essoaveva prodotto, durante questo processo, fluiva in que-sta cultura greco-romana ciò che si può chiamare il Cri-stianesimo; esso si riversò sempre più in questa civiltàgreco-romana e subì una trasformazione essenziale,quando i popoli nordici germanici parteciparono al pro-gresso di tale civiltà.

Per gli uomini del secolo decimottavo, il secondomillennio della storia dell’umanità si è svolto in questoconfluire dell’Ellenismo, della Romanità e del Cristia-nesimo; questo fu il primo millennio cristiano. – Vedia-mo poi come nel secondo millennio cristiano, nel terzo,cioè, della civiltà, dell’umanità, per gli uomini del seco-lo decimottavo, vediamo come – sebbene tutto apparen-temente si svolga nello stesso modo – pur nondimeno inquesto terzo millennio, a volerne approfondire gli even-ti, tutto proceda diversamente. Basta ricordare due figu-re, un pittore e un poeta, i quali sebbene si presentino unpaio di secoli dopo la svolta del millennio, dimostranonondimeno essenzialmente, come sia cominciato questosecondo millennio cristiano, come esso segni l’inizio diqualcosa di essenzialmente nuovo per la cultura occi-dentale, di qualcosa che poi ha proseguito ulteriormente

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la propria azione. Queste due figure sono Giotto e Dan-te; Giotto come pittore, Dante come poeta. Queste duefigure formano l’inizio di tutto ciò che è venuto dopo, equello che esse hanno dato servì per l’ulteriore sviluppodell’epoca occidentale. Questi erano i tre millenni chegli uomini potevano abbracciare con lo sguardo.

Ma venne ormai il secolo decimonono. Oggidì soltan-to a colui che vuol osservare più profondamente l’intie-ro sviluppo della cultura dell’epoca riesce possibile diabbracciare con lo sguardo tutto ciò che si è verificatonel secolo decimonono, tutto ciò che per mezzo di essoha dovuto trasformarsi. E tutto questo già sta contenutonelle anime; ma oggidì sono pochi coloro che riescono arendersene conto. La visione retrospettiva dunquedell’uomo del decimottavo secolo risaliva soltanto finoall’Ellenismo; l’epoca pre-ellenica era per lui qualcosad’indefinito. Ciò che è successo durante il secolo deci-monono, che pochi hanno compreso e oggidì ancora dapochi è apprezzato, si è che l’Oriente – e in modo vera-mente intenso – è penetrato nella cultura occidentale.Questa penetrazione di carattere affatto peculiaredell’Oriente è ciò di cui dobbiamo tener conto nella tra-sformazione che si verificò nella cultura del secolo deci-monono. In ultima analisi, questa penetrazionedell’Oriente ha gittato ombre e luci su tutto ciò che èscorso gradatamente nella cultura e che sempre mag-giormente vi affluirà, imponendo una nuova intelligenzadelle cose, che l’umanità fino allora aveva comprese inmodo affatto diverso. Se si considerano delle singole fi-

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la propria azione. Queste due figure sono Giotto e Dan-te; Giotto come pittore, Dante come poeta. Queste duefigure formano l’inizio di tutto ciò che è venuto dopo, equello che esse hanno dato servì per l’ulteriore sviluppodell’epoca occidentale. Questi erano i tre millenni chegli uomini potevano abbracciare con lo sguardo.

Ma venne ormai il secolo decimonono. Oggidì soltan-to a colui che vuol osservare più profondamente l’intie-ro sviluppo della cultura dell’epoca riesce possibile diabbracciare con lo sguardo tutto ciò che si è verificatonel secolo decimonono, tutto ciò che per mezzo di essoha dovuto trasformarsi. E tutto questo già sta contenutonelle anime; ma oggidì sono pochi coloro che riescono arendersene conto. La visione retrospettiva dunquedell’uomo del decimottavo secolo risaliva soltanto finoall’Ellenismo; l’epoca pre-ellenica era per lui qualcosad’indefinito. Ciò che è successo durante il secolo deci-monono, che pochi hanno compreso e oggidì ancora dapochi è apprezzato, si è che l’Oriente – e in modo vera-mente intenso – è penetrato nella cultura occidentale.Questa penetrazione di carattere affatto peculiaredell’Oriente è ciò di cui dobbiamo tener conto nella tra-sformazione che si verificò nella cultura del secolo deci-monono. In ultima analisi, questa penetrazionedell’Oriente ha gittato ombre e luci su tutto ciò che èscorso gradatamente nella cultura e che sempre mag-giormente vi affluirà, imponendo una nuova intelligenzadelle cose, che l’umanità fino allora aveva comprese inmodo affatto diverso. Se si considerano delle singole fi-

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gure o individualità, che hanno esercitato un’azione sul-la cultura dell’Occidente e nelle quali si può trovare aun dipresso tutto ciò che al principio del secolo decimo-nono un uomo che s’interessasse alla vita spirituale por-tava nella propria anima, si potrebbero citare Davide,Omero, Dante, Shakespeare e anche Goethe, il quale al-lora penetrava nella vita. Gli scrittori futuri di storia sirenderanno perfettamente conto, a proposito della svoltadal l8mo al l9mo secolo, che il contenuto spirituale degliuomini di tale epoca è determinato da queste cinque fi-gure. Vivevano fin dentro nelle emozioni più intimedell’anima, molto più di quello che non si creda, quelliche si possono chiamare i sentimenti, le verità dei Sal-mi: viveva ciò che in fondo già si può trovare in Omero;e anche ciò che ha assunto in Dante forma così grandio-sa; viveva pure quello che (sebbene in Shakespeare nonesistesse proprio a quella guisa) tuttavia in lui già siesprimeva nel modo come vive negli uomini dei nuovitempi. A tutto questo si deve aggiungere l’aspirazionedell’anima umana alla verità, la quale ha trovato poiespressione nella descrizione del «Faust»; e viveva ve-ramente in ogni anima in modo, che spesso è stato detto:Ogni uomo che si sforza di conquistare la verità ha in sèalcunchè della natura di Faust. – A tutto ciò si aggiunseil fatto, che si aprì un orizzonte completamente nuovo,estendentesi oltre i tre millenni compresi appunto dallecinque figure suddette. Per vie completamente inacces-sibili alla storia esteriore, un Oriente interiore penetrònella vita spirituale d’Europa; e questo si è verificato,

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gure o individualità, che hanno esercitato un’azione sul-la cultura dell’Occidente e nelle quali si può trovare aun dipresso tutto ciò che al principio del secolo decimo-nono un uomo che s’interessasse alla vita spirituale por-tava nella propria anima, si potrebbero citare Davide,Omero, Dante, Shakespeare e anche Goethe, il quale al-lora penetrava nella vita. Gli scrittori futuri di storia sirenderanno perfettamente conto, a proposito della svoltadal l8mo al l9mo secolo, che il contenuto spirituale degliuomini di tale epoca è determinato da queste cinque fi-gure. Vivevano fin dentro nelle emozioni più intimedell’anima, molto più di quello che non si creda, quelliche si possono chiamare i sentimenti, le verità dei Sal-mi: viveva ciò che in fondo già si può trovare in Omero;e anche ciò che ha assunto in Dante forma così grandio-sa; viveva pure quello che (sebbene in Shakespeare nonesistesse proprio a quella guisa) tuttavia in lui già siesprimeva nel modo come vive negli uomini dei nuovitempi. A tutto questo si deve aggiungere l’aspirazionedell’anima umana alla verità, la quale ha trovato poiespressione nella descrizione del «Faust»; e viveva ve-ramente in ogni anima in modo, che spesso è stato detto:Ogni uomo che si sforza di conquistare la verità ha in sèalcunchè della natura di Faust. – A tutto ciò si aggiunseil fatto, che si aprì un orizzonte completamente nuovo,estendentesi oltre i tre millenni compresi appunto dallecinque figure suddette. Per vie completamente inacces-sibili alla storia esteriore, un Oriente interiore penetrònella vita spirituale d’Europa; e questo si è verificato,

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non soltanto perchè ai succitati poemi venne ad aggiun-gersi ciò che i Veda e la Bhagavad Gita potevano dare; eimparandosi a conoscere questi poemi orientali, venivaa destarsi per mezzo di essi una speciale sfumatura disentimento verso il mondo, radicalmente diversa daquella destata dai Salmi o da ciò che si trova in Omero oin Dante; ma si è anche verificato, perchè sorse qualcosache per vie occulte è diventato sempre più visibile nelsecolo decimonono. Basta ricordare un solo nome, che ametà del secolo decimonono ha destato molto rumore, eci si renderà subito conto, come con esso sia penetratoin Europa, per vie occulte, qualcosa dall’Oriente: bastaindicare il nome dello Schopenhauer. Che cosa colpiscea tutta prima nello Schopenhauer, quando ci si astraedalla parte teoretica del suo sistema e si considera ilcontenuto del sentimento che pervade l’intiero suo pen-siero?

Colpisce la profonda affinità di quest’uomo del seco-lo decimonono con l’abito mentale e l’atteggiamento delsentimento orientale ariano. In tutti i periodi – direi qua-si – in tutte le espressioni dei sentimenti di Schopen-hauer, vive ciò che si potrebbe chiamare l’elementoorientale nell’Occidente. E questo è passato in Eduardovon Hartmann nella seconda metà del secolo decimono-no.

Tutto ciò, come abbiamo detto, è andato penetrandoper vie occulte. Queste vie occulte si comprendono sem-pre meglio gradatamente, quando si vede, che nel corsodell’evoluzione del secolo decimonono si verificò effet-

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non soltanto perchè ai succitati poemi venne ad aggiun-gersi ciò che i Veda e la Bhagavad Gita potevano dare; eimparandosi a conoscere questi poemi orientali, venivaa destarsi per mezzo di essi una speciale sfumatura disentimento verso il mondo, radicalmente diversa daquella destata dai Salmi o da ciò che si trova in Omero oin Dante; ma si è anche verificato, perchè sorse qualcosache per vie occulte è diventato sempre più visibile nelsecolo decimonono. Basta ricordare un solo nome, che ametà del secolo decimonono ha destato molto rumore, eci si renderà subito conto, come con esso sia penetratoin Europa, per vie occulte, qualcosa dall’Oriente: bastaindicare il nome dello Schopenhauer. Che cosa colpiscea tutta prima nello Schopenhauer, quando ci si astraedalla parte teoretica del suo sistema e si considera ilcontenuto del sentimento che pervade l’intiero suo pen-siero?

Colpisce la profonda affinità di quest’uomo del seco-lo decimonono con l’abito mentale e l’atteggiamento delsentimento orientale ariano. In tutti i periodi – direi qua-si – in tutte le espressioni dei sentimenti di Schopen-hauer, vive ciò che si potrebbe chiamare l’elementoorientale nell’Occidente. E questo è passato in Eduardovon Hartmann nella seconda metà del secolo decimono-no.

Tutto ciò, come abbiamo detto, è andato penetrandoper vie occulte. Queste vie occulte si comprendono sem-pre meglio gradatamente, quando si vede, che nel corsodell’evoluzione del secolo decimonono si verificò effet-

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tivamente una completa trasformazione, una specie dimetamorfosi di tutto il pensiero e il sentimento umano –ma non soltanto in un punto speciale della Terra, bensìnella vita spirituale dell’intiera Terra. Per comprendereciò che è successo in Occidente, basta darsi la pena diparagonare quanto è stato scritto durante il secolo deci-monono sulla religione, la filosofia o su qualsiasi altroargomento della vita spirituale, con qualcosa che appar-tenga al secolo decimottavo. Allora si vedrà come unatrasformazione, una metamorfosi radicale si sia verifica-ta; come nell’umanità tutti i quesiti che si riferisconoagli enimmi più elevati dell’Universo abbiano perdutod’intensità e come l’umanità tendesse verso impostazio-ni completamente nuove delle quistioni, verso modinuovi di sentire; si vedrà come tutto ciò che prima la re-ligione e quello che le appartiene aveva dato all’umanitànon potesse più venir dato in ugual modo alle animeumane per mezzo di essa; invece in Europa si chiedevaovunque qualcosa che penetrasse più profondamente neisostrati della religione, qualcosa di più arcano, e lo sichiedeva non soltanto in Europa. Questo appunto è ilfatto caratteristico, cioè, che alla svolta del secolo deci-monono è successo, che sulla Terra civile gli uominidappertutto hanno dovuto cominciare, per impulso inte-riore, a pensare diversamente da come avevano pensatoprima. Se ci si vuol procurare un’idea esatta di quello dicui effettivamente si tratta, bisogna vedere come – si po-trebbe dire – si sia verificato un riavvicinamento genera-le dei popoli, delle culture e delle credenze religiose dei

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tivamente una completa trasformazione, una specie dimetamorfosi di tutto il pensiero e il sentimento umano –ma non soltanto in un punto speciale della Terra, bensìnella vita spirituale dell’intiera Terra. Per comprendereciò che è successo in Occidente, basta darsi la pena diparagonare quanto è stato scritto durante il secolo deci-monono sulla religione, la filosofia o su qualsiasi altroargomento della vita spirituale, con qualcosa che appar-tenga al secolo decimottavo. Allora si vedrà come unatrasformazione, una metamorfosi radicale si sia verifica-ta; come nell’umanità tutti i quesiti che si riferisconoagli enimmi più elevati dell’Universo abbiano perdutod’intensità e come l’umanità tendesse verso impostazio-ni completamente nuove delle quistioni, verso modinuovi di sentire; si vedrà come tutto ciò che prima la re-ligione e quello che le appartiene aveva dato all’umanitànon potesse più venir dato in ugual modo alle animeumane per mezzo di essa; invece in Europa si chiedevaovunque qualcosa che penetrasse più profondamente neisostrati della religione, qualcosa di più arcano, e lo sichiedeva non soltanto in Europa. Questo appunto è ilfatto caratteristico, cioè, che alla svolta del secolo deci-monono è successo, che sulla Terra civile gli uominidappertutto hanno dovuto cominciare, per impulso inte-riore, a pensare diversamente da come avevano pensatoprima. Se ci si vuol procurare un’idea esatta di quello dicui effettivamente si tratta, bisogna vedere come – si po-trebbe dire – si sia verificato un riavvicinamento genera-le dei popoli, delle culture e delle credenze religiose dei

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popoli, e tale, che i seguaci delle religioni più diversecominciarono nel secolo decimonono a intendersi fra diloro in modo veramente straordinario. Citerò un esem-pio caratteristico, che ci può dimostrare chiaramentequello a cui ora ho voluto accennare.

Nel trentesimo anno del secolo decimonono è com-parso in Inghilterra un uomo, un Bramino; egli professa-va nel Bramanismo l’insegnamento dei Veda, perchè loriteneva un insegnamento veramente giusto. Ram Mo-hun Roy, morto a Londra nel l836, aveva acquistatogrande influenza sopra molta parte dei suoi contempora-nei che s’interessavano a tali questioni, e aveva fatto sudi loro grande impressione. Vi è di strano in lui, chementre da una parte egli rappresentava indubbiamenteun riformatore incompreso dell’Induismo, d’altra parte,però, ciò che egli diceva sull’argomento poteva esserecompreso da tutti quegli Europei dell’epoca, che si tro-vavano all’altezza del loro tempo: egli non enunciavaidee solo comprensibili dal punto di vista dell’orientali-smo, ma idee di cui si poteva dire: queste possono esse-re comprese dall’intelligenza umana in generale. Comesi presentava Ram Mohun Roy? Egli diceva a un dipres-so: «Io vivo in mezzo all’Induismo; in esso vengonoadorati varii Dei, vengono adorate le più diverse divini-tà. Quando si chiede ai miei concittadini perchè adoranoquesti o quegli speciali Dei, essi rispondono: che è unuso così antico, che non sanno fare altrimenti, così face-vano i loro padri e i loro avi ecc. E siccome essi agivanosoltanto sotto questa impressione, la mia patria è caduta

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popoli, e tale, che i seguaci delle religioni più diversecominciarono nel secolo decimonono a intendersi fra diloro in modo veramente straordinario. Citerò un esem-pio caratteristico, che ci può dimostrare chiaramentequello a cui ora ho voluto accennare.

Nel trentesimo anno del secolo decimonono è com-parso in Inghilterra un uomo, un Bramino; egli professa-va nel Bramanismo l’insegnamento dei Veda, perchè loriteneva un insegnamento veramente giusto. Ram Mo-hun Roy, morto a Londra nel l836, aveva acquistatogrande influenza sopra molta parte dei suoi contempora-nei che s’interessavano a tali questioni, e aveva fatto sudi loro grande impressione. Vi è di strano in lui, chementre da una parte egli rappresentava indubbiamenteun riformatore incompreso dell’Induismo, d’altra parte,però, ciò che egli diceva sull’argomento poteva esserecompreso da tutti quegli Europei dell’epoca, che si tro-vavano all’altezza del loro tempo: egli non enunciavaidee solo comprensibili dal punto di vista dell’orientali-smo, ma idee di cui si poteva dire: queste possono esse-re comprese dall’intelligenza umana in generale. Comesi presentava Ram Mohun Roy? Egli diceva a un dipres-so: «Io vivo in mezzo all’Induismo; in esso vengonoadorati varii Dei, vengono adorate le più diverse divini-tà. Quando si chiede ai miei concittadini perchè adoranoquesti o quegli speciali Dei, essi rispondono: che è unuso così antico, che non sanno fare altrimenti, così face-vano i loro padri e i loro avi ecc. E siccome essi agivanosoltanto sotto questa impressione, la mia patria è caduta

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nella più crassa idolatria, in una riprovevole idolatriache è di onta a ciò che forma la grandezza originariadella confessione religiosa della mia patria». Era questauna confessione, egli riteneva, contenuta bensì in modoparzialmente contraddittorio nei Veda, ma che Viasaaveva ridotta nel sistema Vedanta in purissima formaper il pensiero umano. «A questa fede», egli diceva,«desiderava attenersi». E con questo scopo Ram MohunRoy non soltanto dai diversi idiomi incomprensibili ave-va fatto delle traduzioni in lingua che si potesse com-prendere in India, ma aveva anche fatto degli estratti diquello che egli considerava insegnamento giusto e liaveva diffusi fra gli uomini. Quale era l’intenzione diRam Mohun Roy? Egli credeva di aver riconosciuto chein fondo a ciò che si esprime nei numerosi Dei, in ciòche viene adorato nelle molte idolatrie, vi fosse un puroinsegnamento di un Dio Unitario primordiale, di un Diospirituale, che vive in tutte le cose, che non viene più ri-conosciuto dalle idolatrie, ma che dovrà nuovamente pe-netrare nelle anime degli uomini. E quando questo Bra-mino dell’India parlava in particolar modo di ciò cheegli considerava la giusta Vedanta, la giusta fede religio-sa dell’India, non sembrava agli uditori di sentire qual-cosa di estraneo; ma a coloro che lo comprendevanobene sembrava che egli predicasse una specie di fededella ragione, che in ultima analisi ognuno potrebbepure conseguire, purchè mosso dalla propria ragione arivolgersi al Dio unitario. E Ram Mohun Roy aveva se-guaci, fra gli altri anche Rabindranath Tagore. Uno dei

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nella più crassa idolatria, in una riprovevole idolatriache è di onta a ciò che forma la grandezza originariadella confessione religiosa della mia patria». Era questauna confessione, egli riteneva, contenuta bensì in modoparzialmente contraddittorio nei Veda, ma che Viasaaveva ridotta nel sistema Vedanta in purissima formaper il pensiero umano. «A questa fede», egli diceva,«desiderava attenersi». E con questo scopo Ram MohunRoy non soltanto dai diversi idiomi incomprensibili ave-va fatto delle traduzioni in lingua che si potesse com-prendere in India, ma aveva anche fatto degli estratti diquello che egli considerava insegnamento giusto e liaveva diffusi fra gli uomini. Quale era l’intenzione diRam Mohun Roy? Egli credeva di aver riconosciuto chein fondo a ciò che si esprime nei numerosi Dei, in ciòche viene adorato nelle molte idolatrie, vi fosse un puroinsegnamento di un Dio Unitario primordiale, di un Diospirituale, che vive in tutte le cose, che non viene più ri-conosciuto dalle idolatrie, ma che dovrà nuovamente pe-netrare nelle anime degli uomini. E quando questo Bra-mino dell’India parlava in particolar modo di ciò cheegli considerava la giusta Vedanta, la giusta fede religio-sa dell’India, non sembrava agli uditori di sentire qual-cosa di estraneo; ma a coloro che lo comprendevanobene sembrava che egli predicasse una specie di fededella ragione, che in ultima analisi ognuno potrebbepure conseguire, purchè mosso dalla propria ragione arivolgersi al Dio unitario. E Ram Mohun Roy aveva se-guaci, fra gli altri anche Rabindranath Tagore. Uno dei

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seguaci, un Indù, e questo è specialmente interessante,ha tenuto una conferenza nell’anno l870 sopra «Cristo eil Cristianesimo». È straordinariamente interessante sen-tire parlare un Indù sul Cristo e il Cristianesimo. L’ora-tore non penetra nel vero Mistero del Cristianesimo, eglinon ne parla. Dall’intiero corso della conferenza si scor-ge che egli non può afferrare il fatto fondamentale, che,cioè, il Cristianesimo non emana da un Maestro perso-nale – ma emana appunto dal Mistero del Golgotha, daun fatto storico universale, dalla morte e dalla Risurre-zione. Ciò che egli può comprendere, però, e che gli rie-sce evidente, si è, che nel Cristo Gesù abbiamo dinanzia noi una figura di straordinaria importanza, di straordi-nario significato per ogni cuore umano, una figura chedeve servire di ideale per l’intiera storia del mondo. Èstraordinario sentire un Indù che parla di Cristo, sentir-gli riconoscere: che se si approfondisce il Cristianesimosi deve pur dire che questo Cristianesimo dovrà speri-mentare una ulteriore evoluzione nell’Occidente stesso.«Perchè», diceva l’Indù, «ciò che gli Europei portanonella mia patria come Cristianesimo, non mi sembra chesia il vero Cristianesimo».

Dagli esempi citati si vede, che non soltanto in Euro-pa gli spiriti umani hanno cominciato, in certo modo, avoler approfondire le fedi religiose, ma che anchenell’India lontana – come pure si potrebbe dire in moltealtre regioni della Terra – gli spiriti cominciavano adagitarsi e ad avvicinarsi da punti di vista completamentenuovi a ciò che già avevano avuto per secoli e millennii.

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seguaci, un Indù, e questo è specialmente interessante,ha tenuto una conferenza nell’anno l870 sopra «Cristo eil Cristianesimo». È straordinariamente interessante sen-tire parlare un Indù sul Cristo e il Cristianesimo. L’ora-tore non penetra nel vero Mistero del Cristianesimo, eglinon ne parla. Dall’intiero corso della conferenza si scor-ge che egli non può afferrare il fatto fondamentale, che,cioè, il Cristianesimo non emana da un Maestro perso-nale – ma emana appunto dal Mistero del Golgotha, daun fatto storico universale, dalla morte e dalla Risurre-zione. Ciò che egli può comprendere, però, e che gli rie-sce evidente, si è, che nel Cristo Gesù abbiamo dinanzia noi una figura di straordinaria importanza, di straordi-nario significato per ogni cuore umano, una figura chedeve servire di ideale per l’intiera storia del mondo. Èstraordinario sentire un Indù che parla di Cristo, sentir-gli riconoscere: che se si approfondisce il Cristianesimosi deve pur dire che questo Cristianesimo dovrà speri-mentare una ulteriore evoluzione nell’Occidente stesso.«Perchè», diceva l’Indù, «ciò che gli Europei portanonella mia patria come Cristianesimo, non mi sembra chesia il vero Cristianesimo».

Dagli esempi citati si vede, che non soltanto in Euro-pa gli spiriti umani hanno cominciato, in certo modo, avoler approfondire le fedi religiose, ma che anchenell’India lontana – come pure si potrebbe dire in moltealtre regioni della Terra – gli spiriti cominciavano adagitarsi e ad avvicinarsi da punti di vista completamentenuovi a ciò che già avevano avuto per secoli e millennii.

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Questa metamorfosi delle anime nel secolo decimononoriuscirà evidente soltanto nell’avvenire, e la futura storiasoltanto potrà riconoscere, che attraverso siffatti proces-si, i quali apparentemente non interessavano che pochepersone, ma che attraverso migliaia e migliaia di corren-ti sono affluiti nei nostri cuori e nelle nostre anime e for-mano il contenuto oggidì delle anime di tutti gli uominiche in un modo qualsiasi prendono parte alla vita spiri-tuale, dovrà presentarsi un completo rinnovamento, unavera trasformazione di tutti i quesiti e di tutte le inter-pretazioni delle antiche quistioni. E difatti oggidì in tut-to il mondo si penetra veramente molto più addentronelle quistioni.

Il nostro movimento spirituale desidera appunto la ri-sposta a questi quesiti. Il nostro movimento spirituale èconvinto, che a questi quesiti, così come vengono posti,non si trova risposta, nè per la via delle antiche tradizio-ni, nè per quella della scienza naturale moderna, o diuna concezione del mondo che lavori soltanto con i fat-tori della scienza naturale moderna, ma che è necessarioricorrere alla scienza dello Spirito, alle indagini neimondi spirituali – insomma: l’umanità oggidì, all’attua-le punto del corso della sua evoluzione, deve porre deiquesiti, ai quali non si potrà rispondere, se non per mez-zo delle indagini nei mondi spirituali. Lentamente e gra-datamente sono sorte, nella vita spirituale occidentale,anche quelle cose le quali armonizzano con le più belletradizioni dell’Oriente. Voi sapete che è stato sempre ri-petuto, che la legge della rincarnazione risulta dalla vita

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Questa metamorfosi delle anime nel secolo decimononoriuscirà evidente soltanto nell’avvenire, e la futura storiasoltanto potrà riconoscere, che attraverso siffatti proces-si, i quali apparentemente non interessavano che pochepersone, ma che attraverso migliaia e migliaia di corren-ti sono affluiti nei nostri cuori e nelle nostre anime e for-mano il contenuto oggidì delle anime di tutti gli uominiche in un modo qualsiasi prendono parte alla vita spiri-tuale, dovrà presentarsi un completo rinnovamento, unavera trasformazione di tutti i quesiti e di tutte le inter-pretazioni delle antiche quistioni. E difatti oggidì in tut-to il mondo si penetra veramente molto più addentronelle quistioni.

Il nostro movimento spirituale desidera appunto la ri-sposta a questi quesiti. Il nostro movimento spirituale èconvinto, che a questi quesiti, così come vengono posti,non si trova risposta, nè per la via delle antiche tradizio-ni, nè per quella della scienza naturale moderna, o diuna concezione del mondo che lavori soltanto con i fat-tori della scienza naturale moderna, ma che è necessarioricorrere alla scienza dello Spirito, alle indagini neimondi spirituali – insomma: l’umanità oggidì, all’attua-le punto del corso della sua evoluzione, deve porre deiquesiti, ai quali non si potrà rispondere, se non per mez-zo delle indagini nei mondi spirituali. Lentamente e gra-datamente sono sorte, nella vita spirituale occidentale,anche quelle cose le quali armonizzano con le più belletradizioni dell’Oriente. Voi sapete che è stato sempre ri-petuto, che la legge della rincarnazione risulta dalla vita

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spirituale occidentale stessa, e non occorre che questalegge ci venga trasmessa per via storica dal Buddhismo,così come oggidì, per esempio, non occorre che la dot-trina pitagorica ci venga trasmessa dalle tradizioni stori-che. Questo sempre è stato ripetuto. Ma il fatto, chel’idea della rincarnazione sia affiorata nell’anima mo-derna, costituisce il ponte, che superando i tre millennigià caratterizzati (perchè questi non avevano postol’idea della rincarnazione proprio al punto centrale delloro pensiero) raggiunge la figura del Buddha. L’oriz-zonte venne allargato, si estese sull’evoluzionedell’umanità al di là dei tre millenni e maturarono cosìovunque nuovi quesiti, ai quali soltanto la scienza delloSpirito potrà dare risposta.

Poniamo subito, in correlazione col Vangelo di Mar-co, il quesito, che risulta dall’inizio di quel Vangelo, ilquale dice: Che in questo Vangelo verrà dato il «Princi-pio del Vangelo di Gesù Cristo». E ricordiamoci, che su-bito dopo queste parole d’introduzione, si trova non sol-tanto la caratteristica degli antichi passi dei Profeti, mal’annunzio del Cristo per mezzo del Battista Giovanni, eche questo annunzio viene caratterizzato dal Battista inmodo, che si può riassumere nelle parole: «È compito iltempo, il Regno del Divino si stende sull’esistenza ter-rena». Che cosa significa questo? Con la luce che si puòottenere dalle indagini scientifico-spirituali modernecerchiamo ora di esaminare i tempi, nel centro dei quali,in certo qual modo, sta questo «compimento»; indaghia-mo ciò che significa: «un antico tempo è compito, un

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spirituale occidentale stessa, e non occorre che questalegge ci venga trasmessa per via storica dal Buddhismo,così come oggidì, per esempio, non occorre che la dot-trina pitagorica ci venga trasmessa dalle tradizioni stori-che. Questo sempre è stato ripetuto. Ma il fatto, chel’idea della rincarnazione sia affiorata nell’anima mo-derna, costituisce il ponte, che superando i tre millennigià caratterizzati (perchè questi non avevano postol’idea della rincarnazione proprio al punto centrale delloro pensiero) raggiunge la figura del Buddha. L’oriz-zonte venne allargato, si estese sull’evoluzionedell’umanità al di là dei tre millenni e maturarono cosìovunque nuovi quesiti, ai quali soltanto la scienza delloSpirito potrà dare risposta.

Poniamo subito, in correlazione col Vangelo di Mar-co, il quesito, che risulta dall’inizio di quel Vangelo, ilquale dice: Che in questo Vangelo verrà dato il «Princi-pio del Vangelo di Gesù Cristo». E ricordiamoci, che su-bito dopo queste parole d’introduzione, si trova non sol-tanto la caratteristica degli antichi passi dei Profeti, mal’annunzio del Cristo per mezzo del Battista Giovanni, eche questo annunzio viene caratterizzato dal Battista inmodo, che si può riassumere nelle parole: «È compito iltempo, il Regno del Divino si stende sull’esistenza ter-rena». Che cosa significa questo? Con la luce che si puòottenere dalle indagini scientifico-spirituali modernecerchiamo ora di esaminare i tempi, nel centro dei quali,in certo qual modo, sta questo «compimento»; indaghia-mo ciò che significa: «un antico tempo è compito, un

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nuovo tempo s’inizia». Per meglio comprendere, occor-re rivolgere lo sguardo sopra qualche evento dei tempiantichi, forse non molto antichi, e guardare poi ciò chevi è nei tempi nuovi, in modo, che al centro di questedue epoche che si guardano, vi sia il Mistero del Golgo-tha. Prendiamo dunque qualche evento antecedente alMistero del Golgotha e qualche altro evento verificatosidopo di esso, e cerchiamo di approfondire la differenzadei tempi, per poter riconoscere fino a che punto untempo antico è stato compito, e fino a che punto è prin-cipiato un tempo nuovo; e vediamo di non divagare inastrazioni, ma di attenerci al concreto.

Vorrei dirigere il vostro sguardo verso qualcosa cheappartiene, per così dire, al primo millennio dell’anticomodo di considerare l’evoluzione dell’umanità. Daitempi più antichi di questo primo millennio emerge lafigura di Omero, il poeta e cantore greco. Poco più delnome è rimasto di questo poeta, al quale vengono attri-buiti due poemi, da annoverarsi fra le produzioni piùgrandi dell’umanità: l’Iliade e l’Odissea. Poco più delsuo nome ci è rimasto, e perfino su questo sono stati sol-levati gravi dubbi durante il secolo decimonono. Ma diciò non occorre ora parlare. La figura di Omero è diquelle che tanto più si ammirano, quanto più s’imparanoa conoscere. E si può dire: che per colui che si occupa diqueste cose, le figure create da Omero nell’Iliade enell’Odissea si presentano a noi più viventi di qualsiasifigura soltanto politica della Grecia. Da persone diver-sissime, che hanno studiato a fondo Omero, è stato det-

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nuovo tempo s’inizia». Per meglio comprendere, occor-re rivolgere lo sguardo sopra qualche evento dei tempiantichi, forse non molto antichi, e guardare poi ciò chevi è nei tempi nuovi, in modo, che al centro di questedue epoche che si guardano, vi sia il Mistero del Golgo-tha. Prendiamo dunque qualche evento antecedente alMistero del Golgotha e qualche altro evento verificatosidopo di esso, e cerchiamo di approfondire la differenzadei tempi, per poter riconoscere fino a che punto untempo antico è stato compito, e fino a che punto è prin-cipiato un tempo nuovo; e vediamo di non divagare inastrazioni, ma di attenerci al concreto.

Vorrei dirigere il vostro sguardo verso qualcosa cheappartiene, per così dire, al primo millennio dell’anticomodo di considerare l’evoluzione dell’umanità. Daitempi più antichi di questo primo millennio emerge lafigura di Omero, il poeta e cantore greco. Poco più delnome è rimasto di questo poeta, al quale vengono attri-buiti due poemi, da annoverarsi fra le produzioni piùgrandi dell’umanità: l’Iliade e l’Odissea. Poco più delsuo nome ci è rimasto, e perfino su questo sono stati sol-levati gravi dubbi durante il secolo decimonono. Ma diciò non occorre ora parlare. La figura di Omero è diquelle che tanto più si ammirano, quanto più s’imparanoa conoscere. E si può dire: che per colui che si occupa diqueste cose, le figure create da Omero nell’Iliade enell’Odissea si presentano a noi più viventi di qualsiasifigura soltanto politica della Grecia. Da persone diver-sissime, che hanno studiato a fondo Omero, è stato det-

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to, che dalla precisione della descrizione, dal modocome egli espone, si debba veramente ritenere, che eglisia stato medico: altri reputano che egli debba esserestato artista plastico, e altre ancora ritengono, che eglisia stato in qualche modo artigiano. Napoleone ha am-mirato la tattica, la strategia nella descrizione di Omero,altri lo ritengono un mendicante girovago. A ogni modoemerge l’individualità assolutamente peculiare di questoOmero. Scegliamo ora uno dei suoi personaggi, Ettore.Vi prego, appena ne avete il tempo, di osservarenell’Iliade la figura di Ettore, come viene scultoreamen-te descritta, e al contempo descritta in modo, da presen-tarsi completa e isolata dinanzi a noi; osservate il rap-porto di lui con Troia, sua patria, il suo rapporto con lasua sposa Andromaca, con Achille, con l’esercito e conla direzione di esso; – cercate di far risorgere la figura diquest’uomo davanti all’anima vostra; di quest’uomo,con tutte le tenerezze dello sposo, completamente legatonell’antico senso alla sua città natale, Troia, e che pote-va essere soggetto a illusioni – riflettete al suo rapportocon Achille – come soltanto poteva accadere a ungrand’uomo. Ettore, come ce lo descrive Omero, si pre-senta a noi come un uomo di grande umanità. La sua fi-gura emerge da tempi primordiali; perchè naturalmenteOmero descrive ciò che ha preceduto l’epoca sua, ciòche si perde ancora più nelle tenebre del passato; dallasua descrizione emergono perciò delle figure, che –come tutte le figure di Omero – già appaiono assai miti-che per gli uomini moderni. Vi faccio rilevare questa

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to, che dalla precisione della descrizione, dal modocome egli espone, si debba veramente ritenere, che eglisia stato medico: altri reputano che egli debba esserestato artista plastico, e altre ancora ritengono, che eglisia stato in qualche modo artigiano. Napoleone ha am-mirato la tattica, la strategia nella descrizione di Omero,altri lo ritengono un mendicante girovago. A ogni modoemerge l’individualità assolutamente peculiare di questoOmero. Scegliamo ora uno dei suoi personaggi, Ettore.Vi prego, appena ne avete il tempo, di osservarenell’Iliade la figura di Ettore, come viene scultoreamen-te descritta, e al contempo descritta in modo, da presen-tarsi completa e isolata dinanzi a noi; osservate il rap-porto di lui con Troia, sua patria, il suo rapporto con lasua sposa Andromaca, con Achille, con l’esercito e conla direzione di esso; – cercate di far risorgere la figura diquest’uomo davanti all’anima vostra; di quest’uomo,con tutte le tenerezze dello sposo, completamente legatonell’antico senso alla sua città natale, Troia, e che pote-va essere soggetto a illusioni – riflettete al suo rapportocon Achille – come soltanto poteva accadere a ungrand’uomo. Ettore, come ce lo descrive Omero, si pre-senta a noi come un uomo di grande umanità. La sua fi-gura emerge da tempi primordiali; perchè naturalmenteOmero descrive ciò che ha preceduto l’epoca sua, ciòche si perde ancora più nelle tenebre del passato; dallasua descrizione emergono perciò delle figure, che –come tutte le figure di Omero – già appaiono assai miti-che per gli uomini moderni. Vi faccio rilevare questa

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unica figura. Scettici e filologi di ogni genere possonoporre in dubbio che un Ettore sia mai esistito, così comedubitano pure che vi sia stato un Omero. Chi però pren-da in considerazione tutto il contenuto umano di cui puòessere tenuto conto, acquisterà la convinzione, cheOmero descrive soltanto dei fatti esistiti come tali, e cheEttore è una figura che è vissuta in Troia, come pureAchille e le altre figure descritte da Omero. Esse ci stan-no ancora davanti come figure reali dell’esistenza terre-na e volgiamo verso di esse lo sguardo come a uominidi altra specie, che oggidì ancora difficilmente si posso-no comprendere, ma che per virtù del poeta si affaccia-no dinanzi all’anima nostra nei più singoli loro partico-lari. Vogliamo rappresentarci la figura di Ettore, che vie-ne vinto da Achille, come una vera figura di uno deiprincipali condottieri troiani. Tale figura rappresentaqualcosa, che appartiene veramente all’epoca precristia-na dell’umanità; da essa si può rilevare come fossero gliuomini di quell’epoca precristiana, quando il Cristo an-cora non era vissuto.

Dirigo il vostro sguardo ora verso un’altra figura, unafigura del 5° secolo precristiano, un grande filosofo, cheha passato gran tempo della sua vita in Sicilia; è una fi-gura straordinaria, quella di Empedocle. Egli è stato nonsoltanto il primo, che ha detto dei «quattro elementi», –fuoco, acqua, aria, terra – che tutto ciò, che si verificanella sostanza, procede dal combinarsi o scombinarsi diquesti quattro elementi, secondo i principii di odio e diamore, che dominano in essi; ma per primo ha lavorato

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unica figura. Scettici e filologi di ogni genere possonoporre in dubbio che un Ettore sia mai esistito, così comedubitano pure che vi sia stato un Omero. Chi però pren-da in considerazione tutto il contenuto umano di cui puòessere tenuto conto, acquisterà la convinzione, cheOmero descrive soltanto dei fatti esistiti come tali, e cheEttore è una figura che è vissuta in Troia, come pureAchille e le altre figure descritte da Omero. Esse ci stan-no ancora davanti come figure reali dell’esistenza terre-na e volgiamo verso di esse lo sguardo come a uominidi altra specie, che oggidì ancora difficilmente si posso-no comprendere, ma che per virtù del poeta si affaccia-no dinanzi all’anima nostra nei più singoli loro partico-lari. Vogliamo rappresentarci la figura di Ettore, che vie-ne vinto da Achille, come una vera figura di uno deiprincipali condottieri troiani. Tale figura rappresentaqualcosa, che appartiene veramente all’epoca precristia-na dell’umanità; da essa si può rilevare come fossero gliuomini di quell’epoca precristiana, quando il Cristo an-cora non era vissuto.

Dirigo il vostro sguardo ora verso un’altra figura, unafigura del 5° secolo precristiano, un grande filosofo, cheha passato gran tempo della sua vita in Sicilia; è una fi-gura straordinaria, quella di Empedocle. Egli è stato nonsoltanto il primo, che ha detto dei «quattro elementi», –fuoco, acqua, aria, terra – che tutto ciò, che si verificanella sostanza, procede dal combinarsi o scombinarsi diquesti quattro elementi, secondo i principii di odio e diamore, che dominano in essi; ma per primo ha lavorato

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in Sicilia in modo, da far sorgere delle organizzazionistatali importanti; egli ha viaggiato e ha condotto la gen-te alla vita spirituale. Quando osserviamo la vita di Em-pedocle, essa si presenta a noi come una vita altrettantoavventurosa, quanto profondamente spirituale. Altri nedubitino, ma la scienza dello Spirito sa, che Empedocleha vissuto in Sicilia come uomo di Stato, come Iniziato,come Mago, così come Ettore ha dimorato in Troia,quale ce lo descrive Omero. E per caratterizzare lo stra-no rapporto fra Empedocle e il mondo, ci si presenta ilfatto, che non è inventato, ma vero, cioè, che egli posetermine alla sua vita – per unirsi con tutta l’esistenzache lo circondava – precipitandosi nell’Etna, e ardendonel fuoco di esso. Così si presenta a noi questa secondafigura del tempo precristiano.

Esaminiamo coi mezzi della moderna scienza delloSpirito queste figure. Sappiamo anzitutto che siffatte fi-gure si ripresenteranno, che le anime tornano nella vita.Non terremo conto delle loro incarnazioni intermedie ele cercheremo nell’epoca postcristiana; otterremo cosìun’idea della trasformazione dei tempi, qualcosa che ciaiuterà a comprendere come il Mistero del Golgotha ab-bia agito nell’evoluzione dell’umanità. Se si può dire:«Figure come quella di Ettore e di Empedocle sono ri-comparse: come si muovono esse fra gli uomini neitempi postcristiani?», si arriva a realizzare l’azione delMistero del Golgotha, il compimento e l’inizio dellanuova epoca nelle anime. Poichè ci troviamo qui riunitifra antroposofi serii, non dobbiamo spaventarci delle co-

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in Sicilia in modo, da far sorgere delle organizzazionistatali importanti; egli ha viaggiato e ha condotto la gen-te alla vita spirituale. Quando osserviamo la vita di Em-pedocle, essa si presenta a noi come una vita altrettantoavventurosa, quanto profondamente spirituale. Altri nedubitino, ma la scienza dello Spirito sa, che Empedocleha vissuto in Sicilia come uomo di Stato, come Iniziato,come Mago, così come Ettore ha dimorato in Troia,quale ce lo descrive Omero. E per caratterizzare lo stra-no rapporto fra Empedocle e il mondo, ci si presenta ilfatto, che non è inventato, ma vero, cioè, che egli posetermine alla sua vita – per unirsi con tutta l’esistenzache lo circondava – precipitandosi nell’Etna, e ardendonel fuoco di esso. Così si presenta a noi questa secondafigura del tempo precristiano.

Esaminiamo coi mezzi della moderna scienza delloSpirito queste figure. Sappiamo anzitutto che siffatte fi-gure si ripresenteranno, che le anime tornano nella vita.Non terremo conto delle loro incarnazioni intermedie ele cercheremo nell’epoca postcristiana; otterremo cosìun’idea della trasformazione dei tempi, qualcosa che ciaiuterà a comprendere come il Mistero del Golgotha ab-bia agito nell’evoluzione dell’umanità. Se si può dire:«Figure come quella di Ettore e di Empedocle sono ri-comparse: come si muovono esse fra gli uomini neitempi postcristiani?», si arriva a realizzare l’azione delMistero del Golgotha, il compimento e l’inizio dellanuova epoca nelle anime. Poichè ci troviamo qui riunitifra antroposofi serii, non dobbiamo spaventarci delle co-

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municazioni della vera scienza spirituale, che può essereverificata per mezzo di ciò che ci si presenta esterior-mente. Vorrei dirigere il vostro sguardo verso qualcosa,che è successo nell’epoca dopo il Cristo.

Si potrebbe ora dire di nuovo, che si tratta di una fi-gura poetica, ma questa «figura poetica» si riferisce ap-punto a una reale personalità, che è veramente esistita.Dirigo il vostro sguardo sulla figura creata dallo Shake-speare nel suo Amleto. Chi conosce l’evoluzione delloShakespeare, per quel tanto che esteriormente la si puòconoscere, ma specialmente chi la conosce attraverso lascienza dello Spirito sa che l’Amleto dello Shakespeareè la trasformazione del vero principe danese, che unavolta è realmente esistito. La figura «Amleto», che Sha-kespeare ha creata, è anche vissuta. Non posso ora fer-marmi a dimostrare come la personalità storica risiedaveramente a base della figura poetica creata dallo Sha-kespeare. Ma vorrei esaminare il risultato scientifico-spirituale, vorrei dimostrarvi con questo esempio evi-dente, come uno spirito dell’antichità risorga nuovamen-te nell’epoca postcristiana. La vera figura che risiede abase dell’Amleto creato dallo Shakespeare è Ettore! Vi-veva in Amleto la medesima anima che era vissuta inEttore. Proprio da un esempio caratteristico siffatto, dalquale emerge chiaramente la diversità con cui l’anima siesplica, ci si può rendere conto di quello che è avvenutonel tempo intermedio. Da un canto ci si presenta unapersonalità come quella di Ettore nell’epoca precristia-na; penetra poi nell’evoluzione dell’umanità il Mistero

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municazioni della vera scienza spirituale, che può essereverificata per mezzo di ciò che ci si presenta esterior-mente. Vorrei dirigere il vostro sguardo verso qualcosa,che è successo nell’epoca dopo il Cristo.

Si potrebbe ora dire di nuovo, che si tratta di una fi-gura poetica, ma questa «figura poetica» si riferisce ap-punto a una reale personalità, che è veramente esistita.Dirigo il vostro sguardo sulla figura creata dallo Shake-speare nel suo Amleto. Chi conosce l’evoluzione delloShakespeare, per quel tanto che esteriormente la si puòconoscere, ma specialmente chi la conosce attraverso lascienza dello Spirito sa che l’Amleto dello Shakespeareè la trasformazione del vero principe danese, che unavolta è realmente esistito. La figura «Amleto», che Sha-kespeare ha creata, è anche vissuta. Non posso ora fer-marmi a dimostrare come la personalità storica risiedaveramente a base della figura poetica creata dallo Sha-kespeare. Ma vorrei esaminare il risultato scientifico-spirituale, vorrei dimostrarvi con questo esempio evi-dente, come uno spirito dell’antichità risorga nuovamen-te nell’epoca postcristiana. La vera figura che risiede abase dell’Amleto creato dallo Shakespeare è Ettore! Vi-veva in Amleto la medesima anima che era vissuta inEttore. Proprio da un esempio caratteristico siffatto, dalquale emerge chiaramente la diversità con cui l’anima siesplica, ci si può rendere conto di quello che è avvenutonel tempo intermedio. Da un canto ci si presenta unapersonalità come quella di Ettore nell’epoca precristia-na; penetra poi nell’evoluzione dell’umanità il Mistero

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del Golgotha, e la scintilla che sprofonda in quell’animafa sorgere in essa, in una figura come quella di Amleto,il prototipo di Amleto, del quale Goethe ha detto:«un’anima che non è all’altezza di nessuna situazione ealla quale nessuna situazione conviene; un’anima allaquale è assegnato un compito, che essa non può adem-piere». Si può domandare: perchè Shakespeare haespresso Amleto a quel modo? Egli non ne era consape-vole. Chi però scruta questi rapporti per mezzo dellascienza dello Spirito sa le forze che vi stanno dietro. Ilpoeta crea nell’incosciente; perchè gli si presenta dinan-zi, in certo qual modo, dapprima la figura, che egli crea,e poi, come in un «quadro» – di cui egli non sa niente –gli si presenta l’intiera individualità che a quella si ri-connette. Perchè fa Shakespeare emergere appunto dellepeculiari qualità del carattere di Amleto e le fa risaltarespiccatamente, mentre probabilmente da nessun osser-vatore contemporaneo di Amleto sarebbero state osser-vate? Perchè Shakespeare le osserva sullo sfondo deltempo! Egli sente quanto un’anima si sia modificata nelpassaggio dalla vita antica a quella nuova. Amleto,l’incerto, lo scettico, che non sa orientarsi nelle sortidella vita, che esita e tentenna, ecco ciò che è diventatoquell’Ettore, che era così sicuro del fatto suo.

Dirigo il vostro sguardo verso un’altra figura del nuo-vo tempo, presentatasi a sua volta all’umanità come im-magine poetica in un poema; il ricordo del protagonistadi questo poema vivrà certo ancora lungamentenell’umanità, anche quando nell’avvenire ci si ricorderà

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del Golgotha, e la scintilla che sprofonda in quell’animafa sorgere in essa, in una figura come quella di Amleto,il prototipo di Amleto, del quale Goethe ha detto:«un’anima che non è all’altezza di nessuna situazione ealla quale nessuna situazione conviene; un’anima allaquale è assegnato un compito, che essa non può adem-piere». Si può domandare: perchè Shakespeare haespresso Amleto a quel modo? Egli non ne era consape-vole. Chi però scruta questi rapporti per mezzo dellascienza dello Spirito sa le forze che vi stanno dietro. Ilpoeta crea nell’incosciente; perchè gli si presenta dinan-zi, in certo qual modo, dapprima la figura, che egli crea,e poi, come in un «quadro» – di cui egli non sa niente –gli si presenta l’intiera individualità che a quella si ri-connette. Perchè fa Shakespeare emergere appunto dellepeculiari qualità del carattere di Amleto e le fa risaltarespiccatamente, mentre probabilmente da nessun osser-vatore contemporaneo di Amleto sarebbero state osser-vate? Perchè Shakespeare le osserva sullo sfondo deltempo! Egli sente quanto un’anima si sia modificata nelpassaggio dalla vita antica a quella nuova. Amleto,l’incerto, lo scettico, che non sa orientarsi nelle sortidella vita, che esita e tentenna, ecco ciò che è diventatoquell’Ettore, che era così sicuro del fatto suo.

Dirigo il vostro sguardo verso un’altra figura del nuo-vo tempo, presentatasi a sua volta all’umanità come im-magine poetica in un poema; il ricordo del protagonistadi questo poema vivrà certo ancora lungamentenell’umanità, anche quando nell’avvenire ci si ricorderà

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lontanamente del poeta, come ora si ricordano Omero eShakespeare – dei quali veramente si può dire, che diuno non si sa niente, e dell’altro ben poco. Da moltotempo sarà già stato dimenticato, nonostante la stampa etutti i mezzi moderni, ciò che i cronisti storici e i biogra-fi raccontano di Goethe, e la ragione per cui gli uominisi sono tanto interessati di lui, quando ancora sopravvi-verà con grandezza scultoreamente vivente la figura delFaust, che Goethe ha creato. Così come gli uomini nullasanno di Omero, ma di Ettore e Achille invece sannomolto, così verrà un tempo, in cui non sapranno moltodella personalità di Goethe (e sarà un bene), ma sempresapranno di «Faust». Faust, a sua volta, è una figura, laquale, come si presenta a noi letterariamente in Goethe,quasi come in sè completa, si riferisce a una figura vera;essa è vissuta nel secolo decimosesto; è esistita qui sullaTerra, se pur non quale Goethe la descrive nella figuradel suo Faust. Perchè la descrive Goethe a quel modo?Goethe stesso non lo sapeva. Ma quando egli volgeva losguardo su Faust, su quel Faust trasmessogli dalla tradi-zione e che già conosceva fin da ragazzo nei giuochi diburattini, agivano allora su di lui le forze di ciò che ri-siede dietro Faust, di ciò che era un’antecedente incar-nazione di Faust: Empedocle, l’antico filosofo greco!Tutto questo irradiava nella figura di Faust. E si potreb-be dire: se Empedocle si precipita nell’Etna, si unisceall’elemento fuoco della Terra, quale straordinaria, mi-rabile spiritualizzazione, in certo qual modo, di questa –chiamiamola così – precristiana mistica della natura, fat-

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lontanamente del poeta, come ora si ricordano Omero eShakespeare – dei quali veramente si può dire, che diuno non si sa niente, e dell’altro ben poco. Da moltotempo sarà già stato dimenticato, nonostante la stampa etutti i mezzi moderni, ciò che i cronisti storici e i biogra-fi raccontano di Goethe, e la ragione per cui gli uominisi sono tanto interessati di lui, quando ancora sopravvi-verà con grandezza scultoreamente vivente la figura delFaust, che Goethe ha creato. Così come gli uomini nullasanno di Omero, ma di Ettore e Achille invece sannomolto, così verrà un tempo, in cui non sapranno moltodella personalità di Goethe (e sarà un bene), ma sempresapranno di «Faust». Faust, a sua volta, è una figura, laquale, come si presenta a noi letterariamente in Goethe,quasi come in sè completa, si riferisce a una figura vera;essa è vissuta nel secolo decimosesto; è esistita qui sullaTerra, se pur non quale Goethe la descrive nella figuradel suo Faust. Perchè la descrive Goethe a quel modo?Goethe stesso non lo sapeva. Ma quando egli volgeva losguardo su Faust, su quel Faust trasmessogli dalla tradi-zione e che già conosceva fin da ragazzo nei giuochi diburattini, agivano allora su di lui le forze di ciò che ri-siede dietro Faust, di ciò che era un’antecedente incar-nazione di Faust: Empedocle, l’antico filosofo greco!Tutto questo irradiava nella figura di Faust. E si potreb-be dire: se Empedocle si precipita nell’Etna, si unisceall’elemento fuoco della Terra, quale straordinaria, mi-rabile spiritualizzazione, in certo qual modo, di questa –chiamiamola così – precristiana mistica della natura, fat-

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tasi azione, ci vien data nel quadro finale del Faust goe-thiano, con l’ascesa di Faust nell’elemento fuoco delCielo, per mezzo del Pater Seraphicus, ecc. Lentamentee gradatamente una direzione spirituale affatto nuova siè andata affermando in ciò a cui gli uomini aspirano piùprofondamente. Già da molto tempo cominciò a verifi-carsi il fatto negli spiriti più profondi dell’umanità, che– senza saper niente di rincarnazione o di Karma –quando contemplavano un’anima per sè grande, e desi-deravano descriverla dalle profondità della sua vita piùintima, descrivevano ciò che risplendeva in essa dalleincarnazioni precedenti. Come Shakespeare non sapevache Amleto fosse Ettore, ma lo descrisse a quel modo,sebbene nulla sapesse che in Amleto e in Ettore vivevala medesima anima, così pure Goethe descrive Faust,come se dietro di questo vi fosse l’anima di Empedocle,con tutte le sue peculiarità; perchè in Faust appunto viera l’anima di Empedocle. Ma è caratteristico il fatto,che il corso e il progresso del genere umano va propriocosì.

Ho messo in rilievo due figure caratteristiche, dallequali si può vedere, come i Grandi antichi si presentinoin un’epoca moderna postcristiana talmente scossi nelprofondo della loro anima, da non sapersi orientare chedifficilmente nella vita. In essi vi è tutto ciò che primapure vi era. Se, per esempio, si penetra nella figura diAmleto, si trova che l’intiera forza di Ettore è in lui; masi sente, che questa forza non può esplicarsi nell’epocapostcristiana, che essa trova allora degli ostacoli, perchè

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tasi azione, ci vien data nel quadro finale del Faust goe-thiano, con l’ascesa di Faust nell’elemento fuoco delCielo, per mezzo del Pater Seraphicus, ecc. Lentamentee gradatamente una direzione spirituale affatto nuova siè andata affermando in ciò a cui gli uomini aspirano piùprofondamente. Già da molto tempo cominciò a verifi-carsi il fatto negli spiriti più profondi dell’umanità, che– senza saper niente di rincarnazione o di Karma –quando contemplavano un’anima per sè grande, e desi-deravano descriverla dalle profondità della sua vita piùintima, descrivevano ciò che risplendeva in essa dalleincarnazioni precedenti. Come Shakespeare non sapevache Amleto fosse Ettore, ma lo descrisse a quel modo,sebbene nulla sapesse che in Amleto e in Ettore vivevala medesima anima, così pure Goethe descrive Faust,come se dietro di questo vi fosse l’anima di Empedocle,con tutte le sue peculiarità; perchè in Faust appunto viera l’anima di Empedocle. Ma è caratteristico il fatto,che il corso e il progresso del genere umano va propriocosì.

Ho messo in rilievo due figure caratteristiche, dallequali si può vedere, come i Grandi antichi si presentinoin un’epoca moderna postcristiana talmente scossi nelprofondo della loro anima, da non sapersi orientare chedifficilmente nella vita. In essi vi è tutto ciò che primapure vi era. Se, per esempio, si penetra nella figura diAmleto, si trova che l’intiera forza di Ettore è in lui; masi sente, che questa forza non può esplicarsi nell’epocapostcristiana, che essa trova allora degli ostacoli, perchè

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in quest’epoca ha agito sulle anime qualcosa che rappre-senta un inizio; mentre prima, invece, quando le figuresi presentano a noi nell’antichità, abbiamo a che farecon una fine. Tanto Ettore quanto Empedocle rappresen-tano figuratamente una conclusione; essi ci stanno di-nanzi scultoreamente isolati. Ciò però che prosegue lapropria azione nell’umanità deve saper procedere pernuove vie in nuove incarnazioni: così Ettore in Amleto,Empedocle in Faust, il quale rappresenta tutto ciò che èvoraginosa aspirazione verso le profondità della natura,il quale contiene in sè l’intiero elemento empedocleo edè il solo a poter dire, per via di questa natura così pro-fonda: «Voglio per un tratto metter da parte la Bibbia evoglio essere un naturalista e un medico, non voglio piùessere un teologo»; Faust, il quale sentiva la necessità diaccompagnarsi a entità demoniache, ciò che gli ha per-messo di vagare per il mondo sentendone meraviglia,ma rimanendo incompreso. In tutto questo continual’azione dell’elemento che proviene da Empedocle, mache non si può orientare nei riguardi di ciò che l’uomodeve essere, dopo l’inizio di un’epoca nuova.

Ho voluto dimostrare con queste osservazioni, comeun violento cambiamento si sia palesato in anime moltoimportanti – in anime, sul conto delle quali ognuno puòinformarsi: ho voluto dimostrare, che se si penetra nelleprofondità di esse, questo forte cambiamento si fa mani-festo. E se si domanda: che cosa è avvenuto fra le anti-che incarnazioni e quelle nuove di siffatte individualità?si ottiene allora sempre la risposta: è avvenuto il Miste-

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in quest’epoca ha agito sulle anime qualcosa che rappre-senta un inizio; mentre prima, invece, quando le figuresi presentano a noi nell’antichità, abbiamo a che farecon una fine. Tanto Ettore quanto Empedocle rappresen-tano figuratamente una conclusione; essi ci stanno di-nanzi scultoreamente isolati. Ciò però che prosegue lapropria azione nell’umanità deve saper procedere pernuove vie in nuove incarnazioni: così Ettore in Amleto,Empedocle in Faust, il quale rappresenta tutto ciò che èvoraginosa aspirazione verso le profondità della natura,il quale contiene in sè l’intiero elemento empedocleo edè il solo a poter dire, per via di questa natura così pro-fonda: «Voglio per un tratto metter da parte la Bibbia evoglio essere un naturalista e un medico, non voglio piùessere un teologo»; Faust, il quale sentiva la necessità diaccompagnarsi a entità demoniache, ciò che gli ha per-messo di vagare per il mondo sentendone meraviglia,ma rimanendo incompreso. In tutto questo continual’azione dell’elemento che proviene da Empedocle, mache non si può orientare nei riguardi di ciò che l’uomodeve essere, dopo l’inizio di un’epoca nuova.

Ho voluto dimostrare con queste osservazioni, comeun violento cambiamento si sia palesato in anime moltoimportanti – in anime, sul conto delle quali ognuno puòinformarsi: ho voluto dimostrare, che se si penetra nelleprofondità di esse, questo forte cambiamento si fa mani-festo. E se si domanda: che cosa è avvenuto fra le anti-che incarnazioni e quelle nuove di siffatte individualità?si ottiene allora sempre la risposta: è avvenuto il Miste-

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ro del Golgotha, quello che il Battista annunciava dicen-do: «È compito il tempo, i Regni dello Spirito – o i Re-gni del Cielo – passano nel regno umano». Veramentequesti Regni del Cielo penetrarono violentemente inquesto Regno umano! E coloro che interpretano questofatto esteriormente non lo possono appunto comprende-re. Questo fatto penetrò con tale forza, che Grandezzeantiche in sè salde e compatte hanno dovuto ricomincia-re di bel nuovo la loro evoluzione sulla Terra, e che ap-punto esse, fino al termine dell’antica epoca, fino al Mi-stero del Golgotha, ci rivelano come si fosse allora con-sumato qualcosa che aveva trovato il suo compimento, eche ha posto gli uomini in modo, che essi si presentanoa noi come personalità per sè complete. E si è presentatopoi qualcosa, per cui è stato necessario che le anime ini-ziassero un nuovo principio, che tutto venisse formato anuovo, venisse rifuso, e che delle anime già grandi ap-parissero ormai come anime piccole, perchè, essendocominciata un’epoca affatto nuova, dovevano esse tra-sformarsi e tornare all’infanzia. Questo è ciò che dob-biamo iscriverci nell’anima, se vogliamo comprenderequel che significano le prime parole del Vangelo di Mar-co. Il Principio. Veramente si tratta di un principio, chescuote le anime nel più profondo del loro essere, cheporta un impulso completamente nuovo nell’evoluzionedell’umanità: un principio del «Vangelo». Che cosa è ilVangelo? È ciò che discende dai Regni, da noi già spes-so descritti nelle Gerarchie delle Entità superiori, dove

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ro del Golgotha, quello che il Battista annunciava dicen-do: «È compito il tempo, i Regni dello Spirito – o i Re-gni del Cielo – passano nel regno umano». Veramentequesti Regni del Cielo penetrarono violentemente inquesto Regno umano! E coloro che interpretano questofatto esteriormente non lo possono appunto comprende-re. Questo fatto penetrò con tale forza, che Grandezzeantiche in sè salde e compatte hanno dovuto ricomincia-re di bel nuovo la loro evoluzione sulla Terra, e che ap-punto esse, fino al termine dell’antica epoca, fino al Mi-stero del Golgotha, ci rivelano come si fosse allora con-sumato qualcosa che aveva trovato il suo compimento, eche ha posto gli uomini in modo, che essi si presentanoa noi come personalità per sè complete. E si è presentatopoi qualcosa, per cui è stato necessario che le anime ini-ziassero un nuovo principio, che tutto venisse formato anuovo, venisse rifuso, e che delle anime già grandi ap-parissero ormai come anime piccole, perchè, essendocominciata un’epoca affatto nuova, dovevano esse tra-sformarsi e tornare all’infanzia. Questo è ciò che dob-biamo iscriverci nell’anima, se vogliamo comprenderequel che significano le prime parole del Vangelo di Mar-co. Il Principio. Veramente si tratta di un principio, chescuote le anime nel più profondo del loro essere, cheporta un impulso completamente nuovo nell’evoluzionedell’umanità: un principio del «Vangelo». Che cosa è ilVangelo? È ciò che discende dai Regni, da noi già spes-so descritti nelle Gerarchie delle Entità superiori, dove

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stanno gli Angeli, gli Arcangeli; e discende attraverso ilmondo, il quale si eleva al di sopra del «mondo umano».

Così si acquista la visione di un significato più pro-fondo della parola «Vangelo». Un impulso che discendeper il Regno degli Arcangioli e degli Angioli, – questo èil Vangelo, – ciò che discende da questi Regni penetranell’umanità. Tutte le traduzioni astratte non colgono, inultima analisi, nel segno. In realtà, la parola «Vangelo»già in sè deve indicare, che a un dato momento comin-cia a scorrere sulla Terra qualcosa, che prima scorrevasoltanto dove stavano gli Angioli e gli Arcangioli; e cheè disceso e scorre giù sulla Terra, e vi scuote le anime, –anzi agita proprio principalmente le anime più forti. Edè questo principio, il quale ha dunque una «continuazio-ne», che viene preso in conto. Vale a dire: il Vangelocontinua. A quell’epoca vi è stato il principio, e vedre-mo, in ultima analisi, che l’intiera evoluzione dell’uma-nità da quell’epoca in poi è una continuazione del «Prin-cipio», cioè, dell’affluire dal Regno degli Angelidell’impulso che si può chiamare «Vangelo». Non sa-ranno mai troppe le ricerche e le indagini, quando si vo-gliono caratterizzare i singoli Vangeli, e nel Vangelo diMarco appunto ci si paleserà, che lo si può comprenderesoltanto se si comprende nel senso giusto l’evoluzionedell’umanità, con tutti i suoi impulsi, con tutto ciò che siè verificato durante il suo corso. Non ho voluto caratte-rizzarvi questo fatto esteriormente, ma ve l’ho volutocaratterizzare nelle anime, e dimostrare come effettiva-mente soltanto il riconoscimento del fatto della rincar-

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stanno gli Angeli, gli Arcangeli; e discende attraverso ilmondo, il quale si eleva al di sopra del «mondo umano».

Così si acquista la visione di un significato più pro-fondo della parola «Vangelo». Un impulso che discendeper il Regno degli Arcangioli e degli Angioli, – questo èil Vangelo, – ciò che discende da questi Regni penetranell’umanità. Tutte le traduzioni astratte non colgono, inultima analisi, nel segno. In realtà, la parola «Vangelo»già in sè deve indicare, che a un dato momento comin-cia a scorrere sulla Terra qualcosa, che prima scorrevasoltanto dove stavano gli Angioli e gli Arcangioli; e cheè disceso e scorre giù sulla Terra, e vi scuote le anime, –anzi agita proprio principalmente le anime più forti. Edè questo principio, il quale ha dunque una «continuazio-ne», che viene preso in conto. Vale a dire: il Vangelocontinua. A quell’epoca vi è stato il principio, e vedre-mo, in ultima analisi, che l’intiera evoluzione dell’uma-nità da quell’epoca in poi è una continuazione del «Prin-cipio», cioè, dell’affluire dal Regno degli Angelidell’impulso che si può chiamare «Vangelo». Non sa-ranno mai troppe le ricerche e le indagini, quando si vo-gliono caratterizzare i singoli Vangeli, e nel Vangelo diMarco appunto ci si paleserà, che lo si può comprenderesoltanto se si comprende nel senso giusto l’evoluzionedell’umanità, con tutti i suoi impulsi, con tutto ciò che siè verificato durante il suo corso. Non ho voluto caratte-rizzarvi questo fatto esteriormente, ma ve l’ho volutocaratterizzare nelle anime, e dimostrare come effettiva-mente soltanto il riconoscimento del fatto della rincar-

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nazione – la quale se applicata a una vera ricerca ci pa-lesa il divenire di anime come quelle di Ettore e di Em-pedocle – possa richiamare davanti all’anima nostral’intiero significato dell’impulso venuto per mezzodell’Avvento del Cristo. Altrimenti si potranno esporrebellissimi argomenti – ma ci si arresta nondimeno allasuperficie. Ma ciò che v’era d’Impulso-Cristo dietro aogni evento esteriore si palesa veramente soltanto quan-do si scruta la vita al lume della ricerca spirituale, quan-do si riconosce come il compimento della vita non si ef-fettui soltanto nei suoi singoli particolari, ma anche nelsusseguirsi delle incarnazioni. L’idea della rincarnazioneva presa sul serio, si deve introdurla veramente nellastoria di guisa che diventi un elemento vivificante dellastoria stessa; allora si paleserà l’azione dell’Impulsoprincipale dell’Evento del Golgotha. E questo impulso,che già spesso abbiamo descritto, si paleserà special-mente nelle anime.

II

Se vi ricordate quale è stato il punto principale e loscopo principale delle considerazioni svolte nell’ultimaconferenza, potrete farvi un’idea di come l’entità uma-na, riguardo alla propria interiorità, si sia esplicata pri-

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nazione – la quale se applicata a una vera ricerca ci pa-lesa il divenire di anime come quelle di Ettore e di Em-pedocle – possa richiamare davanti all’anima nostral’intiero significato dell’impulso venuto per mezzodell’Avvento del Cristo. Altrimenti si potranno esporrebellissimi argomenti – ma ci si arresta nondimeno allasuperficie. Ma ciò che v’era d’Impulso-Cristo dietro aogni evento esteriore si palesa veramente soltanto quan-do si scruta la vita al lume della ricerca spirituale, quan-do si riconosce come il compimento della vita non si ef-fettui soltanto nei suoi singoli particolari, ma anche nelsusseguirsi delle incarnazioni. L’idea della rincarnazioneva presa sul serio, si deve introdurla veramente nellastoria di guisa che diventi un elemento vivificante dellastoria stessa; allora si paleserà l’azione dell’Impulsoprincipale dell’Evento del Golgotha. E questo impulso,che già spesso abbiamo descritto, si paleserà special-mente nelle anime.

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Se vi ricordate quale è stato il punto principale e loscopo principale delle considerazioni svolte nell’ultimaconferenza, potrete farvi un’idea di come l’entità uma-na, riguardo alla propria interiorità, si sia esplicata pri-

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ma dell’epoca del Mistero del Golgotha in modo affattodiverso che non dopo. Non ho voluto descrivervi questofatto, ma ho cercato di esporvelo per via di esempi trattidalla scienza dello Spirito; esempi, che ci mostrano ani-me dei tempi antichi e anime dei tempi nuovi; esempicaratteristici, dai quali possiamo vedere, come certe ani-me dell’antichità si ripresentino nei tempi nuovi, trasfor-mate, metamorfosate. Quale sia la causa di questa tra-sformazione così violenta ci risulterà da tutto il senso diquesto ciclo di conferenze. Ora basterà indicare, comeintroduzione, un solo fatto, che già spesso è stato citatoin altre conferenze concernenti simili argomenti; cioè,che il divenire cosciente, il divenire pienamente co-sciente dell’Io umano, la formazione e l’elaborazionedel quale è la missione del pianeta terrestre – si è verifi-cato veramente soltanto per mezzo del Mistero del Gol-gotha. Sebbene non sia del tutto esatto, pur nondimenoapprossimativamente si può dire, che quanto più indie-tro si risale nel passato nell’evoluzione dell’umanità,tanto più si trova, che le anime umane non sono indivi-dualizzate, ma sono ancora confinate in anime di gruppicollettivi. E il fatto di essere confinate nell’anima di ungruppo emerge soprattutto nelle figure più salienti, diguisa che si può dire: un Ettore, un Empedocle, sonorappresentanti tipici delle collettività animichedell’intiera anima umana; Ettore, proveniente e cresciu-to da ciò che è l’anima di Troia, è copia dell’anima digruppo del popolo troiano; egli è certamente specializ-zato in una forma ben determinata, ma è radicato

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ma dell’epoca del Mistero del Golgotha in modo affattodiverso che non dopo. Non ho voluto descrivervi questofatto, ma ho cercato di esporvelo per via di esempi trattidalla scienza dello Spirito; esempi, che ci mostrano ani-me dei tempi antichi e anime dei tempi nuovi; esempicaratteristici, dai quali possiamo vedere, come certe ani-me dell’antichità si ripresentino nei tempi nuovi, trasfor-mate, metamorfosate. Quale sia la causa di questa tra-sformazione così violenta ci risulterà da tutto il senso diquesto ciclo di conferenze. Ora basterà indicare, comeintroduzione, un solo fatto, che già spesso è stato citatoin altre conferenze concernenti simili argomenti; cioè,che il divenire cosciente, il divenire pienamente co-sciente dell’Io umano, la formazione e l’elaborazionedel quale è la missione del pianeta terrestre – si è verifi-cato veramente soltanto per mezzo del Mistero del Gol-gotha. Sebbene non sia del tutto esatto, pur nondimenoapprossimativamente si può dire, che quanto più indie-tro si risale nel passato nell’evoluzione dell’umanità,tanto più si trova, che le anime umane non sono indivi-dualizzate, ma sono ancora confinate in anime di gruppicollettivi. E il fatto di essere confinate nell’anima di ungruppo emerge soprattutto nelle figure più salienti, diguisa che si può dire: un Ettore, un Empedocle, sonorappresentanti tipici delle collettività animichedell’intiera anima umana; Ettore, proveniente e cresciu-to da ciò che è l’anima di Troia, è copia dell’anima digruppo del popolo troiano; egli è certamente specializ-zato in una forma ben determinata, ma è radicato

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nell’anima di gruppo, altrettanto quanto lo è Empedocle.Quando essi si rincarnano nell’epoca postcristiana, sitrovano posti di fronte alla necessità di esplicare la co-scienza dell’Io. Il passaggio dall’anima di gruppoall’esplicazione dell’anima individuale è appunto ciòche dà una spinta in avanti così potente. Questo fa sì,che delle anime così chiuse come, per esempio, quelladi Ettore, si palesino nell’epoca postcristiana titubanti,sembrino inadatte alla vita come, per esempio, l’animadi Amleto – e che d’altra parte un’anima, come quella diEmpedocle, quando ricomparisce nell’epoca postcristia-na come anima del Faust del secolo decimosesto, diven-ti apparentemente una specie di avventuriero; si trovi at-tirata in molte situazioni, dalle quali con gran difficoltàriesce a districarsi e venga falsamente giudicata dai suoicontemporanei, anzi dall’intiera posterità.

È stato già spesso ripetuto, che per un’evoluzionecome quella appunto descritta, ciò che è avvenuto dalMistero del Golgotha fino a oggi non ha speciale impor-tanza. Non si tratta per ora che di un inizio, e i grandiimpulsi che si possono attribuire al Cristianesimo nonemergeranno che nell’avvenire dell’evoluzione terrestre.Occorre sempre ripetere, che il Cristianesimo non è cheal principio della sua grande evoluzione. Ma, se ci sivuol porre in questa grande evoluzione, occorre accom-pagnare con il proprio intendimento la continua pro-gressione delle rivelazioni, degl’impulsi, che hanno avu-to il loro principio con la fondazione del Cristianesimo.Nei prossimi tempi bisognerà anzitutto imparare qualco-

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nell’anima di gruppo, altrettanto quanto lo è Empedocle.Quando essi si rincarnano nell’epoca postcristiana, sitrovano posti di fronte alla necessità di esplicare la co-scienza dell’Io. Il passaggio dall’anima di gruppoall’esplicazione dell’anima individuale è appunto ciòche dà una spinta in avanti così potente. Questo fa sì,che delle anime così chiuse come, per esempio, quelladi Ettore, si palesino nell’epoca postcristiana titubanti,sembrino inadatte alla vita come, per esempio, l’animadi Amleto – e che d’altra parte un’anima, come quella diEmpedocle, quando ricomparisce nell’epoca postcristia-na come anima del Faust del secolo decimosesto, diven-ti apparentemente una specie di avventuriero; si trovi at-tirata in molte situazioni, dalle quali con gran difficoltàriesce a districarsi e venga falsamente giudicata dai suoicontemporanei, anzi dall’intiera posterità.

È stato già spesso ripetuto, che per un’evoluzionecome quella appunto descritta, ciò che è avvenuto dalMistero del Golgotha fino a oggi non ha speciale impor-tanza. Non si tratta per ora che di un inizio, e i grandiimpulsi che si possono attribuire al Cristianesimo nonemergeranno che nell’avvenire dell’evoluzione terrestre.Occorre sempre ripetere, che il Cristianesimo non è cheal principio della sua grande evoluzione. Ma, se ci sivuol porre in questa grande evoluzione, occorre accom-pagnare con il proprio intendimento la continua pro-gressione delle rivelazioni, degl’impulsi, che hanno avu-to il loro principio con la fondazione del Cristianesimo.Nei prossimi tempi bisognerà anzitutto imparare qualco-

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sa, e per questo non occorre gran chiaroveggenza, pur-chè ci si renda chiaramente conto che si deve impararequalcosa di ben determinato, che formerà un buon prin-cipio per una comprensione progredita del Cristianesi-mo: cioè, s’imparerà a leggere la Bibbia in modo affattonuovo. Oggidì vi sono ancora molti ostacoli che si op-pongono a questo modo nuovo di leggere la Bibbia. Inparte vi ha colpa il fatto, che la comprensione della Bib-bia vien coltivata in larghe cerchie in modo, direi quasi,sdolcinato e sentimentale; la Bibbia viene adoperata,non come un libro di conoscenza, sibbene come un libroad uso di tutte le possibili situazioni personali dell’ani-ma; quando qualcuno ha bisogno di migliorare le condi-zioni personali della propria vita, egli s’immerge inqualche capitolo della Bibbia e lascia agire su di sè ciòche vi trova, ma in questo modo riesce di rado a elevarsial di sopra di un rapporto suo personale con la Bibbia.D’altra parte, negli ultimi decenni – veramente in tutto ilsecolo decimonono – l’erudizione ha reso molto più dif-ficile un vero intendimento della Bibbia, perchè l’haspezzata, e ha ritenuto che, per es., il Nuovo Testamentosia composto di elementi dei più diversi, più tardi riunitiinsieme, e che ugualmente anche l’Antico Testamentosia una raccolta di cose affatto diverse, riunite in varieepoche; in questo modo non si avrebbero nella Bibbiache tanti frammenti, che facilmente dànno l’impressionedi rappresentare un aggregato, un coacervo; essi sareb-bero stati «cuciti insieme» con l’andar del tempo. Que-sta erudizione diventa popolare e oggidì già lo è diven-

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sa, e per questo non occorre gran chiaroveggenza, pur-chè ci si renda chiaramente conto che si deve impararequalcosa di ben determinato, che formerà un buon prin-cipio per una comprensione progredita del Cristianesi-mo: cioè, s’imparerà a leggere la Bibbia in modo affattonuovo. Oggidì vi sono ancora molti ostacoli che si op-pongono a questo modo nuovo di leggere la Bibbia. Inparte vi ha colpa il fatto, che la comprensione della Bib-bia vien coltivata in larghe cerchie in modo, direi quasi,sdolcinato e sentimentale; la Bibbia viene adoperata,non come un libro di conoscenza, sibbene come un libroad uso di tutte le possibili situazioni personali dell’ani-ma; quando qualcuno ha bisogno di migliorare le condi-zioni personali della propria vita, egli s’immerge inqualche capitolo della Bibbia e lascia agire su di sè ciòche vi trova, ma in questo modo riesce di rado a elevarsial di sopra di un rapporto suo personale con la Bibbia.D’altra parte, negli ultimi decenni – veramente in tutto ilsecolo decimonono – l’erudizione ha reso molto più dif-ficile un vero intendimento della Bibbia, perchè l’haspezzata, e ha ritenuto che, per es., il Nuovo Testamentosia composto di elementi dei più diversi, più tardi riunitiinsieme, e che ugualmente anche l’Antico Testamentosia una raccolta di cose affatto diverse, riunite in varieepoche; in questo modo non si avrebbero nella Bibbiache tanti frammenti, che facilmente dànno l’impressionedi rappresentare un aggregato, un coacervo; essi sareb-bero stati «cuciti insieme» con l’andar del tempo. Que-sta erudizione diventa popolare e oggidì già lo è diven-

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tata. Molte persone sono già dell’opinione che l’AnticoTestamento, per es., sia stato una raccolta di tante singo-le parti. Questa opinione nuoce alla lettura vera e seriadella Bibbia, quale dovrà essere nel prossimo avvenire.Quando si verificherà questa lettura della Bibbia, moltodi quanto anche dal punto di vista antroposofico vi saràda dire sopra i Misteri della Bibbia stessa, potrà esseremeglio compreso. Bisognerà imparare per es. ad accet-tare tutto ciò che è contenuto nelle edizioni abituali del-la Bibbia come un tutto completo; non ci si dovrà lascia-re ingannare da quello che può venire detto contro l’uni-tà dell’Antico Testamento. E purchè non si proceda uni-lateralmente e non si legga questo o quel passo dal pun-to di vista della ricerca di un appoggio personale, ma silasci agire su di noi il Vecchio Testamento, quale esso è,come un tutto, e purchè al contempo se ne consideri ilcontenuto, il quale, come avete potuto vedere sufficien-temente per mezzo dell’evoluzione antroposofica degliultimi anni, risulterà al mondo appunto per mezzo dellascienza dello Spirito; e purchè vi si unisca, spiritual-mente però, un determinato senso spirituale artistico, diguisa che, fondandosi su di esso, si arrivi a vedere comele cose artisticamente si susseguano, come esse siano ar-tisticamente composte, come i fili s’intreccino e si sciol-gano e non si guardi a tutto questo col criterio dellacomposizione esteriore, ma si applichi quel senso pro-fondamente artistico a una cosa quale è il Vecchio Testa-mento – allora soltanto si arriverà a comprendere, qualestraordinaria forza drammatica, quale forza drammatica

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tata. Molte persone sono già dell’opinione che l’AnticoTestamento, per es., sia stato una raccolta di tante singo-le parti. Questa opinione nuoce alla lettura vera e seriadella Bibbia, quale dovrà essere nel prossimo avvenire.Quando si verificherà questa lettura della Bibbia, moltodi quanto anche dal punto di vista antroposofico vi saràda dire sopra i Misteri della Bibbia stessa, potrà esseremeglio compreso. Bisognerà imparare per es. ad accet-tare tutto ciò che è contenuto nelle edizioni abituali del-la Bibbia come un tutto completo; non ci si dovrà lascia-re ingannare da quello che può venire detto contro l’uni-tà dell’Antico Testamento. E purchè non si proceda uni-lateralmente e non si legga questo o quel passo dal pun-to di vista della ricerca di un appoggio personale, ma silasci agire su di noi il Vecchio Testamento, quale esso è,come un tutto, e purchè al contempo se ne consideri ilcontenuto, il quale, come avete potuto vedere sufficien-temente per mezzo dell’evoluzione antroposofica degliultimi anni, risulterà al mondo appunto per mezzo dellascienza dello Spirito; e purchè vi si unisca, spiritual-mente però, un determinato senso spirituale artistico, diguisa che, fondandosi su di esso, si arrivi a vedere comele cose artisticamente si susseguano, come esse siano ar-tisticamente composte, come i fili s’intreccino e si sciol-gano e non si guardi a tutto questo col criterio dellacomposizione esteriore, ma si applichi quel senso pro-fondamente artistico a una cosa quale è il Vecchio Testa-mento – allora soltanto si arriverà a comprendere, qualestraordinaria forza drammatica, quale forza drammatica

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spirituale interiore giaccia effettivamente nell’intieracomposizione, nella struttura dell’Antico Testamento.Allora soltanto si abbraccerà con lo sguardo l’intierostupendo «quadro» drammatico come un tutto, comeun’unità; e soltanto quando ci si avvicinerà alla Bibbia aquesto modo, ci si accorgerà della sua struttura unitariae non si crederà più che sia stata messa insieme con bra-ni raccolti da diverse parti, ma se ne scorgerà lo spiritounitario. Allora si vedrà quello che è un progresso com-pletamente dominato dallo spirito unitario – a comincia-re dall’epoca della prima storia della Creazione, attra-verso l’epoca dei Patriarchi, l’epoca dei Giudici, attra-verso l’epoca dei Re Giudei, finchè tutto converge in unapice mirabilmente drammatico nel libro dei Maccabei,nei figli di Matatia, fratelli di Giuda, che lottano controil Re Antioco di Siria. In questo vi è una forza interioredrammatica; si arriva alla chiusa a un determinato puntoculminante e si sente che non è più un semplice modo diparlare, una frase, il dire che colui che è provvisto delmetodo occulto di osservazione viene invaso da unospeciale sentimento, quando giunge alla fine di questolibro: ivi egli ha dinanzi a sè, da un canto, i sette figlidei Maccabei, e dall’altro, i cinque figli di Matatia. Cin-que figli di Matatia e sette figli della madre dei Macca-bei – questo ci dà un numero strano, il numero dodici,che di solito s’incontra anche quando ci s’inoltra nei se-greti dell’evoluzione. Il numero dodici alla finedell’Antico Testamento, descritto in un punto culminan-te! Dapprima c’invade improvvisamente il senso del

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spirituale interiore giaccia effettivamente nell’intieracomposizione, nella struttura dell’Antico Testamento.Allora soltanto si abbraccerà con lo sguardo l’intierostupendo «quadro» drammatico come un tutto, comeun’unità; e soltanto quando ci si avvicinerà alla Bibbia aquesto modo, ci si accorgerà della sua struttura unitariae non si crederà più che sia stata messa insieme con bra-ni raccolti da diverse parti, ma se ne scorgerà lo spiritounitario. Allora si vedrà quello che è un progresso com-pletamente dominato dallo spirito unitario – a comincia-re dall’epoca della prima storia della Creazione, attra-verso l’epoca dei Patriarchi, l’epoca dei Giudici, attra-verso l’epoca dei Re Giudei, finchè tutto converge in unapice mirabilmente drammatico nel libro dei Maccabei,nei figli di Matatia, fratelli di Giuda, che lottano controil Re Antioco di Siria. In questo vi è una forza interioredrammatica; si arriva alla chiusa a un determinato puntoculminante e si sente che non è più un semplice modo diparlare, una frase, il dire che colui che è provvisto delmetodo occulto di osservazione viene invaso da unospeciale sentimento, quando giunge alla fine di questolibro: ivi egli ha dinanzi a sè, da un canto, i sette figlidei Maccabei, e dall’altro, i cinque figli di Matatia. Cin-que figli di Matatia e sette figli della madre dei Macca-bei – questo ci dà un numero strano, il numero dodici,che di solito s’incontra anche quando ci s’inoltra nei se-greti dell’evoluzione. Il numero dodici alla finedell’Antico Testamento, descritto in un punto culminan-te! Dapprima c’invade improvvisamente il senso del

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modo come il settenario dei figli dei Maccabei muoiaper martirio dinanzi al Re Antioco, come essi vengano apoco a poco martirizzati, come però a poco a poco si ri-sollevino (guardate quanta drammaticità interiore vi siain questo passo) e come il primo dei figli cominci a daresoltanto un accenno di ciò che viene alla fine espressodal settimo come conoscenza dell’immortalità dell’ani-ma, quando lancia al Re le parole: «Scellerato, non vuoisaperne di Colui che risveglierà la mia anima!» Lasciateche questo crescendo drammatico di figlio in figlio ope-ri su di voi e vedrete quali forze sono contenute nellaBibbia. Se al modo dolcemente sentimentale, con il qua-le finora si è considerata la Bibbia, si contrappone que-sta penetrazione drammatica e artistica, la Bibbia pren-derà di per sè un valore, che al medesimo tempo ci em-pirà di ardore religioso. Allora attraverso la Bibbia l’artesi fa religione, e allora si cominceranno a fare osserva-zioni del tutto peculiari.

La maggior parte di voi forse si ricorda (perchè inquesto stesso luogo è stato descritto) che in occasionedell’esposizione del Vangelo di Luca è stato da me det-to, come effettivamente l’intiera figura grandiosa delCristo Gesù sia sorta dalla confluenza di due anime, leanime dei due Gesù Bambini. L’anima di uno di essi al-tra non era che l’anima di Zarathustra, il fondatore delloZarathustrismo; di guisa che forse dinanzi al vostro oc-chio spirituale avrete ancora presente il fatto, che nel de-scrivere il Gesù Bambino, il Vangelo di Matteo intendesoprattutto indicare lo Zarathustra rincarnato. L’anima

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modo come il settenario dei figli dei Maccabei muoiaper martirio dinanzi al Re Antioco, come essi vengano apoco a poco martirizzati, come però a poco a poco si ri-sollevino (guardate quanta drammaticità interiore vi siain questo passo) e come il primo dei figli cominci a daresoltanto un accenno di ciò che viene alla fine espressodal settimo come conoscenza dell’immortalità dell’ani-ma, quando lancia al Re le parole: «Scellerato, non vuoisaperne di Colui che risveglierà la mia anima!» Lasciateche questo crescendo drammatico di figlio in figlio ope-ri su di voi e vedrete quali forze sono contenute nellaBibbia. Se al modo dolcemente sentimentale, con il qua-le finora si è considerata la Bibbia, si contrappone que-sta penetrazione drammatica e artistica, la Bibbia pren-derà di per sè un valore, che al medesimo tempo ci em-pirà di ardore religioso. Allora attraverso la Bibbia l’artesi fa religione, e allora si cominceranno a fare osserva-zioni del tutto peculiari.

La maggior parte di voi forse si ricorda (perchè inquesto stesso luogo è stato descritto) che in occasionedell’esposizione del Vangelo di Luca è stato da me det-to, come effettivamente l’intiera figura grandiosa delCristo Gesù sia sorta dalla confluenza di due anime, leanime dei due Gesù Bambini. L’anima di uno di essi al-tra non era che l’anima di Zarathustra, il fondatore delloZarathustrismo; di guisa che forse dinanzi al vostro oc-chio spirituale avrete ancora presente il fatto, che nel de-scrivere il Gesù Bambino, il Vangelo di Matteo intendesoprattutto indicare lo Zarathustra rincarnato. L’anima

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di Zarathustra viveva in questo Gesù Bambino. Checosa si presenta effettivamente in questo fatto? Abbiamoil fondatore dello Zarathustrismo, il grande iniziatodell’antichità, della cultura persiana primordiale, il qua-le attraversa l’evoluzione dell’umanità fino a un deter-minato punto e ricompare poi nel popolo ebreo antico;abbiamo un passaggio dall’elemento persiano primor-diale a quello del popolo ebreo antico, per via indiretta,attraverso l’anima di Zarathustra. Veramente, ciò chesuccede esteriormente nella storia del mondo, ciò chesuccede nella vita degli uomini, in ultima analisi, è sol-tanto una manifestazione, una esteriorizzazione dei pro-cessi interiori spirituali, delle forze interiori spirituali; diguisa che si può studiare realmente ciò che la storiaesteriore racconta, considerandola come un’espressionedella spiritualità interiore, di fatti che si muovono nellaspiritualità. Rappresentiamoci questo fatto nell’animanostra: Zarathustra passa dall’elemento persiano in quel-lo ebreo antico. E ora esaminiamo il Vecchio Testamen-to; e a ciò basterà prendere i titoli dei capitoli del mede-simo. Quello che ho raccontato di Zarathustra risultadalla ricerca chiaroveggente, è il risultato che si ottienequando si segue l’anima di Zarathustra. Ma ora si con-fronti questo risultato, non soltanto con la Bibbia, comeci viene comunicata, ma anche con ciò che viene attesta-to dalla ricerca esteriore.

Il popolo ebreo antico fonda il suo regno in Palestina;il regno originario si scinde; si arriva prima alla cattivitàassira, indi alla babilonese, e infine al soggiogamento

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di Zarathustra viveva in questo Gesù Bambino. Checosa si presenta effettivamente in questo fatto? Abbiamoil fondatore dello Zarathustrismo, il grande iniziatodell’antichità, della cultura persiana primordiale, il qua-le attraversa l’evoluzione dell’umanità fino a un deter-minato punto e ricompare poi nel popolo ebreo antico;abbiamo un passaggio dall’elemento persiano primor-diale a quello del popolo ebreo antico, per via indiretta,attraverso l’anima di Zarathustra. Veramente, ciò chesuccede esteriormente nella storia del mondo, ciò chesuccede nella vita degli uomini, in ultima analisi, è sol-tanto una manifestazione, una esteriorizzazione dei pro-cessi interiori spirituali, delle forze interiori spirituali; diguisa che si può studiare realmente ciò che la storiaesteriore racconta, considerandola come un’espressionedella spiritualità interiore, di fatti che si muovono nellaspiritualità. Rappresentiamoci questo fatto nell’animanostra: Zarathustra passa dall’elemento persiano in quel-lo ebreo antico. E ora esaminiamo il Vecchio Testamen-to; e a ciò basterà prendere i titoli dei capitoli del mede-simo. Quello che ho raccontato di Zarathustra risultadalla ricerca chiaroveggente, è il risultato che si ottienequando si segue l’anima di Zarathustra. Ma ora si con-fronti questo risultato, non soltanto con la Bibbia, comeci viene comunicata, ma anche con ciò che viene attesta-to dalla ricerca esteriore.

Il popolo ebreo antico fonda il suo regno in Palestina;il regno originario si scinde; si arriva prima alla cattivitàassira, indi alla babilonese, e infine al soggiogamento

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del popolo ebreo antico da parte dei Persiani. Che signi-fica tutto questo? Veramente i fatti mondiali storici han-no un significato! Essi seguono i processi interiori, se-guono i processi spirituali animici. Perchè è successotutto questo? perchè i popoli ebrei antichi sono stati gui-dati in modo, che dalla Palestina vennero condottinell’elemento caldeo, in quello assiro-babilonese e poivennero nuovamente liberati da Alessandro il Grande?Schematicamente si può dire, che non si tratta che delpassaggio esteriore di Zarathustra dal Persianesimonell’elemento giudaico. Gli Ebrei se lo sono andati aprendere: essi sono stati condotti a lui – fino a restaresottomessi all’elemento persiano sol perchè Zarathustravoleva venire a loro! La storia esteriore è una riprodu-zione mirabile di questi processi; e chi contemplal’evento da un punto di vista scientifico-spirituale, sache la storia esteriore non è che il corpo che serve alpassaggio di Zarathustra dall’elemento persiano in quel-lo ebreo antico; l’elemento persiano, in ultima analisi,modifica a tutta prima l’elemento ebreo antico, il quale,quando è stato sufficientemente trasformato, viene daAlessandro Magno tratto fuori da quello; ciò che rimaseera il «milieu», l’ambiente, necessario per Zarathustra.Questo passò da una razza nell’altra. Non possiamo na-turalmente far rilevare che dei singoli punti, ma se get-tiamo uno sguardo sull’intiera epoca, come essa culmininella storia ebrea antica attraverso l’epoca dei Re, attra-verso l’epoca dei Profeti, della cattività babilonese, del-la conquista persiana fin dentro all’epoca dei Maccabei,

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del popolo ebreo antico da parte dei Persiani. Che signi-fica tutto questo? Veramente i fatti mondiali storici han-no un significato! Essi seguono i processi interiori, se-guono i processi spirituali animici. Perchè è successotutto questo? perchè i popoli ebrei antichi sono stati gui-dati in modo, che dalla Palestina vennero condottinell’elemento caldeo, in quello assiro-babilonese e poivennero nuovamente liberati da Alessandro il Grande?Schematicamente si può dire, che non si tratta che delpassaggio esteriore di Zarathustra dal Persianesimonell’elemento giudaico. Gli Ebrei se lo sono andati aprendere: essi sono stati condotti a lui – fino a restaresottomessi all’elemento persiano sol perchè Zarathustravoleva venire a loro! La storia esteriore è una riprodu-zione mirabile di questi processi; e chi contemplal’evento da un punto di vista scientifico-spirituale, sache la storia esteriore non è che il corpo che serve alpassaggio di Zarathustra dall’elemento persiano in quel-lo ebreo antico; l’elemento persiano, in ultima analisi,modifica a tutta prima l’elemento ebreo antico, il quale,quando è stato sufficientemente trasformato, viene daAlessandro Magno tratto fuori da quello; ciò che rimaseera il «milieu», l’ambiente, necessario per Zarathustra.Questo passò da una razza nell’altra. Non possiamo na-turalmente far rilevare che dei singoli punti, ma se get-tiamo uno sguardo sull’intiera epoca, come essa culmininella storia ebrea antica attraverso l’epoca dei Re, attra-verso l’epoca dei Profeti, della cattività babilonese, del-la conquista persiana fin dentro all’epoca dei Maccabei,

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allora, se cerchiamo di comprendere il Vangelo di Mar-co, che comincia con un vaticinio d’Isaia, come vatici-nio profetico, ci colpisce subito l’elemento dei Profetiebrei. Si potrebbe dire: a partire da Elia, del quale ilBattista Giovanni è la rincarnazione, i Profeti ci si pre-sentano straordinariamente grandi. Non curiamoci per ilmomento di Elia e della sua rincarnazione nel Battista, eosserviamo i nomi dei Profeti che stanno fra l’uno el’altro. Allora dobbiamo dire: Con ciò che abbiamo ac-quistato per mezzo della scienza dello Spirito, questoprofetismo ebreo può essere esaminato in modo affattospeciale. Di che parliamo effettivamente, quando parlia-mo delle grandi Guide dell’orbe terrestre degli antichitempi? Parliamo degl’iniziati. Sappiamo che questi ini-ziati hanno conseguito la loro altezza spirituale, perchèsono passati attraverso i varii santuari d’iniziazione, per-chè di gradino in gradino hanno lavorato per inalzarsi,attraverso la conoscenza, alla veggenza spirituale, e permezzo di ciò sono arrivati all’unione con gl’impulsi spi-rituali che agiscono nel mondo; in tal modo incorporaro-no nella vita sul piano fisico gl’impulsi che essi stessiaccoglievano nel mondo spirituale. Se perciò incontria-mo un iniziato del popolo persiano, indiano o egizio,chiederemo anzitutto: Entro quel popolo, entro quellarazza, come è egli salito per la scala dell’iniziazione?Come è divenuto una Guida e un direttore spirituale delsuo popolo? Questa domanda è giustificata – non lo èperò quando ci si pone di fronte ai Profeti. Esiste unacorrente teosofica che fa di ogni erba un fascio, e vuol

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allora, se cerchiamo di comprendere il Vangelo di Mar-co, che comincia con un vaticinio d’Isaia, come vatici-nio profetico, ci colpisce subito l’elemento dei Profetiebrei. Si potrebbe dire: a partire da Elia, del quale ilBattista Giovanni è la rincarnazione, i Profeti ci si pre-sentano straordinariamente grandi. Non curiamoci per ilmomento di Elia e della sua rincarnazione nel Battista, eosserviamo i nomi dei Profeti che stanno fra l’uno el’altro. Allora dobbiamo dire: Con ciò che abbiamo ac-quistato per mezzo della scienza dello Spirito, questoprofetismo ebreo può essere esaminato in modo affattospeciale. Di che parliamo effettivamente, quando parlia-mo delle grandi Guide dell’orbe terrestre degli antichitempi? Parliamo degl’iniziati. Sappiamo che questi ini-ziati hanno conseguito la loro altezza spirituale, perchèsono passati attraverso i varii santuari d’iniziazione, per-chè di gradino in gradino hanno lavorato per inalzarsi,attraverso la conoscenza, alla veggenza spirituale, e permezzo di ciò sono arrivati all’unione con gl’impulsi spi-rituali che agiscono nel mondo; in tal modo incorporaro-no nella vita sul piano fisico gl’impulsi che essi stessiaccoglievano nel mondo spirituale. Se perciò incontria-mo un iniziato del popolo persiano, indiano o egizio,chiederemo anzitutto: Entro quel popolo, entro quellarazza, come è egli salito per la scala dell’iniziazione?Come è divenuto una Guida e un direttore spirituale delsuo popolo? Questa domanda è giustificata – non lo èperò quando ci si pone di fronte ai Profeti. Esiste unacorrente teosofica che fa di ogni erba un fascio, e vuol

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parlare dei Profeti degli antichi Ebrei come si parladegl’iniziati degli altri popoli; ma a questo modo non siarriva a conoscere niente. Basta prendere la Bibbia (eappunto dalla Bibbia risulta, che essa non è un elementoinfido, ma un elemento fedele) e basta osservare i Profe-ti, da Elia fino a Malachia, attraverso Isaia, Geremia,Ezechiele e Daniele e considerare ciò che la Bibbia dicedi queste figure, e si vedrà che non si possono collocarenello schema generale dell’iniziazione. Dove sta dettoche i Profeti ebrei abbiano seguito le medesime regoled’iniziazione degl’iniziati degli altri popoli? Sta detto:essi sono sorti, nel mentre la voce del loro Dio si muo-veva nell’anima loro e li rendeva capaci di guardare inmodo diverso dall’uomo ordinario, li rendeva capaci difare dichiarazioni sul futuro corso della sorte del loropopolo e anche sul futuro corso della storia del mondo.Questi vaticini irrompevano per via elementare dall’ani-ma dei Profeti. Non viene ugualmente raccontato cheessi passassero per l’iniziazione, come gli altri Profeti,dei quali si può indicare il passaggio per l’iniziazione. IProfeti ebrei si presentano in modo, che la loro veggen-za, ciò che essi hanno da dire al loro popolo, all’umani-tà, si affaccia come emanante da genialità. E lo stesso sideve dire del modo come essi si riferiscono alla lorovoce profetica, ai loro doni profetici. Osservate comeparla un Profeta, quando ha da dire qualcosa; egli dice,che Iddio gliel’ha comunicata per mezzo dei suoi inter-mediari, o che è venuta come una verità elementare im-mediata. Questo induce a chiedere: Come vanno consi-

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parlare dei Profeti degli antichi Ebrei come si parladegl’iniziati degli altri popoli; ma a questo modo non siarriva a conoscere niente. Basta prendere la Bibbia (eappunto dalla Bibbia risulta, che essa non è un elementoinfido, ma un elemento fedele) e basta osservare i Profe-ti, da Elia fino a Malachia, attraverso Isaia, Geremia,Ezechiele e Daniele e considerare ciò che la Bibbia dicedi queste figure, e si vedrà che non si possono collocarenello schema generale dell’iniziazione. Dove sta dettoche i Profeti ebrei abbiano seguito le medesime regoled’iniziazione degl’iniziati degli altri popoli? Sta detto:essi sono sorti, nel mentre la voce del loro Dio si muo-veva nell’anima loro e li rendeva capaci di guardare inmodo diverso dall’uomo ordinario, li rendeva capaci difare dichiarazioni sul futuro corso della sorte del loropopolo e anche sul futuro corso della storia del mondo.Questi vaticini irrompevano per via elementare dall’ani-ma dei Profeti. Non viene ugualmente raccontato cheessi passassero per l’iniziazione, come gli altri Profeti,dei quali si può indicare il passaggio per l’iniziazione. IProfeti ebrei si presentano in modo, che la loro veggen-za, ciò che essi hanno da dire al loro popolo, all’umani-tà, si affaccia come emanante da genialità. E lo stesso sideve dire del modo come essi si riferiscono alla lorovoce profetica, ai loro doni profetici. Osservate comeparla un Profeta, quando ha da dire qualcosa; egli dice,che Iddio gliel’ha comunicata per mezzo dei suoi inter-mediari, o che è venuta come una verità elementare im-mediata. Questo induce a chiedere: Come vanno consi-

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derate queste figure di Profeti ebrei, che sono da collo-carsi esteriormente allato agl’iniziati degli altri popoli(se facciamo astrazione da Elia e dalla sua rincarnazio-ne, il Battista) se s’investigano le loro anime per viascientifico-spirituale? Ci si trova allora di fronte a qual-cosa di straordinario. E se vorrete confrontare ciò, cheora vi comunico come risultato della ricerca scientifico-spirituale, con tutto quello che la storia e la tradizionereligiosa ci dice intorno a queste figure, ne troverete cer-tamente la conferma.

Se si seguono le anime dei Profeti ebrei si trova, cheessi sono rincarnazioni di iniziati che avevano ricevutola iniziazione presso altri popoli, e in quelli si erano giàelevati a determinati gradi di iniziazione. Se si rintracciadunque il passato dei Profeti ebrei, si arriva ad altri po-poli; presso uno di questi si trova un’anima iniziata, cheè rimasta lungamente in quel popolo; poi essa traversòla soglia della morte e si rincarnò nel popolo giudeo. Ein quanto a tutte le singole figure – Geremia, Isaia, Da-niele ecc. – se si vogliono ritrovare le loro anime nelleloro precedenti incarnazioni, si devono cercare in altripopoli. Superficialmente parlando, si può dire, veramen-te, che gl’iniziati degli altri popoli si sono raccolti gra-datamente nel popolo giudeo, dove si presentano con lafigura di «Profeti».

Questo spiega perchè il dono profetico dei Profetisembri essere un emergere elementare della loro interio-rità. Si tratta del ricordo di ciò che essi si sono acquistatipresso i vari popoli come iniziati. E questo affiora, ma

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derate queste figure di Profeti ebrei, che sono da collo-carsi esteriormente allato agl’iniziati degli altri popoli(se facciamo astrazione da Elia e dalla sua rincarnazio-ne, il Battista) se s’investigano le loro anime per viascientifico-spirituale? Ci si trova allora di fronte a qual-cosa di straordinario. E se vorrete confrontare ciò, cheora vi comunico come risultato della ricerca scientifico-spirituale, con tutto quello che la storia e la tradizionereligiosa ci dice intorno a queste figure, ne troverete cer-tamente la conferma.

Se si seguono le anime dei Profeti ebrei si trova, cheessi sono rincarnazioni di iniziati che avevano ricevutola iniziazione presso altri popoli, e in quelli si erano giàelevati a determinati gradi di iniziazione. Se si rintracciadunque il passato dei Profeti ebrei, si arriva ad altri po-poli; presso uno di questi si trova un’anima iniziata, cheè rimasta lungamente in quel popolo; poi essa traversòla soglia della morte e si rincarnò nel popolo giudeo. Ein quanto a tutte le singole figure – Geremia, Isaia, Da-niele ecc. – se si vogliono ritrovare le loro anime nelleloro precedenti incarnazioni, si devono cercare in altripopoli. Superficialmente parlando, si può dire, veramen-te, che gl’iniziati degli altri popoli si sono raccolti gra-datamente nel popolo giudeo, dove si presentano con lafigura di «Profeti».

Questo spiega perchè il dono profetico dei Profetisembri essere un emergere elementare della loro interio-rità. Si tratta del ricordo di ciò che essi si sono acquistatipresso i vari popoli come iniziati. E questo affiora, ma

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in modo che non palesa sempre quella forma chiara e ar-moniosa, che ha avuto nelle passate incarnazioni. Per-chè l’anima che era incarnata in un corpo persiano oegiziano deve prima adattarsi alla corporeità del popologiudeo. In questa non potrà palesarsi gran parte di ciòche già prima in essa vi era. Perchè, quando l’uomoavanza in tal modo da incarnazione a incarnazione, nonsempre vi è in lui tutto ciò che prima vi era; anzi qualco-sa, che prima già vi era, per causa delle difficoltà che in-contra nella nuova corporeità, può apparire disarmonico,caotico.

E così si vede, come i Profeti ebrei abbiano dato alloro popolo una somma d’impulsi spirituali che sonospesso ricordi disordinati, ma tuttavia grandiosi dellepassate iniziazioni. Questa è la peculiarità che ci si af-faccia in questi Profeti ebrei. E perchè succede questo?Succede per la semplice ragione, che effettivamentel’intiera evoluzione dell’umanità doveva passare perquesto punto di transizione, affinchè ciò che era statoacquistato da varie parti venisse poi a raccogliersi comein un punto centrale, e dovesse poi rinascere dal sanguedel popolo dell’antico Testamento. Perciò ovunque nellastoria del popolo ebreo antico, e ciò non avviene pernessun altro popolo (succedeva soltanto per le razze, manon per i popoli già diventati tali), s’insiste sulla comu-nanza della stirpe, sul corso del sangue attraverso le ge-nerazioni. Tutto ciò che è missione storica nel mondodel popolo dell’antico Testamento poggia sulla continui-tà del corso del sangue attraverso le generazioni, per cui

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in modo che non palesa sempre quella forma chiara e ar-moniosa, che ha avuto nelle passate incarnazioni. Per-chè l’anima che era incarnata in un corpo persiano oegiziano deve prima adattarsi alla corporeità del popologiudeo. In questa non potrà palesarsi gran parte di ciòche già prima in essa vi era. Perchè, quando l’uomoavanza in tal modo da incarnazione a incarnazione, nonsempre vi è in lui tutto ciò che prima vi era; anzi qualco-sa, che prima già vi era, per causa delle difficoltà che in-contra nella nuova corporeità, può apparire disarmonico,caotico.

E così si vede, come i Profeti ebrei abbiano dato alloro popolo una somma d’impulsi spirituali che sonospesso ricordi disordinati, ma tuttavia grandiosi dellepassate iniziazioni. Questa è la peculiarità che ci si af-faccia in questi Profeti ebrei. E perchè succede questo?Succede per la semplice ragione, che effettivamentel’intiera evoluzione dell’umanità doveva passare perquesto punto di transizione, affinchè ciò che era statoacquistato da varie parti venisse poi a raccogliersi comein un punto centrale, e dovesse poi rinascere dal sanguedel popolo dell’antico Testamento. Perciò ovunque nellastoria del popolo ebreo antico, e ciò non avviene pernessun altro popolo (succedeva soltanto per le razze, manon per i popoli già diventati tali), s’insiste sulla comu-nanza della stirpe, sul corso del sangue attraverso le ge-nerazioni. Tutto ciò che è missione storica nel mondodel popolo dell’antico Testamento poggia sulla continui-tà del corso del sangue attraverso le generazioni, per cui

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colui che deve appartenere completamente al popoloebreo viene sempre chiamato «Figlio di Abraham, diIsacco e di Giacobbe», vale a dire di quell’elemento chesi è palesato dapprima nel sangue di Abraham, Isacco eGiacobbe. E in questo sangue che scorreva attraversoquelle generazioni dovevano incarnarsi gli elementid’iniziazione dei varii altri popoli. Come raggi, che pro-venendo da diverse parti, si riuniscono in un punto cen-trale, così i raggi dell’iniziazione dei diversi popoli sisono riuniti, come in un punto centrale, nel sanguedell’antico popolo ebreo, attraverso il quale era necessa-rio che l’elemento psichico dell’evoluzione dell’umanitàpassasse una volta. È importante tener conto di questofatto occulto: perchè allora soltanto si comprende, per-chè il Vangelo di Marco, per esempio, si basi fin dalprincipio sull’elemento dell’Antico Testamento.

Che cosa si verifica dunque ora con questo «racco-gliersi» dell’elemento d’iniziazione dei diversi popoli inquest’ultimo centro?

Vedremo in seguito, perchè si verifica. Ma se si osser-va l’intiero corso drammatico dell’Antico Testamento cisi accorge, come per mezzo di questa raccolta dell’ele-mento dell’iniziazione dei diversi popoli si formi a pocoa poco nell’evoluzione dell’Antico Testamento l’ideadell’immortalità, la quale si palesa al massimo grado ap-punto nei figli dei Maccabei. Ma – si potrebbe dire – oc-corre che si lasci agire l’idea dell’immortalità sull’ani-ma nostra in tutta la sua importanza originaria, in modo,

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colui che deve appartenere completamente al popoloebreo viene sempre chiamato «Figlio di Abraham, diIsacco e di Giacobbe», vale a dire di quell’elemento chesi è palesato dapprima nel sangue di Abraham, Isacco eGiacobbe. E in questo sangue che scorreva attraversoquelle generazioni dovevano incarnarsi gli elementid’iniziazione dei varii altri popoli. Come raggi, che pro-venendo da diverse parti, si riuniscono in un punto cen-trale, così i raggi dell’iniziazione dei diversi popoli sisono riuniti, come in un punto centrale, nel sanguedell’antico popolo ebreo, attraverso il quale era necessa-rio che l’elemento psichico dell’evoluzione dell’umanitàpassasse una volta. È importante tener conto di questofatto occulto: perchè allora soltanto si comprende, per-chè il Vangelo di Marco, per esempio, si basi fin dalprincipio sull’elemento dell’Antico Testamento.

Che cosa si verifica dunque ora con questo «racco-gliersi» dell’elemento d’iniziazione dei diversi popoli inquest’ultimo centro?

Vedremo in seguito, perchè si verifica. Ma se si osser-va l’intiero corso drammatico dell’Antico Testamento cisi accorge, come per mezzo di questa raccolta dell’ele-mento dell’iniziazione dei diversi popoli si formi a pocoa poco nell’evoluzione dell’Antico Testamento l’ideadell’immortalità, la quale si palesa al massimo grado ap-punto nei figli dei Maccabei. Ma – si potrebbe dire – oc-corre che si lasci agire l’idea dell’immortalità sull’ani-ma nostra in tutta la sua importanza originaria, in modo,

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da tener conto della coscienza che l’uomo ha del propriorapporto col mondo spirituale.

Richiamo la vostra attenzione anche sopra un altrofatto. Cercate di osservare nell’Antico Testamento i pas-si dove esso tratta dell’elemento divino che risplendenella vita degli uomini. Quanto spesso viene detto, peresempio che per Tobia deve avvenire un evento qualsia-si, per esempio, come quando Tobia spedisce suo figliofuori per sbrigare un affare; allora si presenta a lui informa apparentemente umana l’Arcangelo Raffaele. Inun altro punto arrivano altre entità supersensibili dellegerarchie superiori. È un ingerirsi dell’elemento divinospirituale nel mondo umano, un’intromissione che si ve-rifica in modo, che l’elemento divino spirituale si pre-senta all’uomo come qualcosa di esteriore, che gli sipresenta nel mondo esteriore. Nel libro di Tobia Raffae-le si presenta a colui, che egli deve guidare, così comeun uomo si presenta all’altro, avvicinandosi a lui dal difuori. Se leggiamo l’Antico Testamento vedremo, cheper lo più i rapporti con il mondo spirituale vengono re-golati in quel modo. I passi dell’Antico Testamento cheparlano di queste cose sono numerosi. Nello svolgimen-to dell’intiero libro si assiste a un processo drammatico,che raggiunge finalmente un punto massimo d’intensitàcon la morte per martirio dei sette figli dei Maccabei, iquali, dando espressione alle loro anime, parlano dellariunione – anzi del risveglio – di queste ultime nell’ele-mento divino. L’intima certezza delle anime sulla pro-pria interiore immortalità ci si palesa nei figli dei Mac-

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da tener conto della coscienza che l’uomo ha del propriorapporto col mondo spirituale.

Richiamo la vostra attenzione anche sopra un altrofatto. Cercate di osservare nell’Antico Testamento i pas-si dove esso tratta dell’elemento divino che risplendenella vita degli uomini. Quanto spesso viene detto, peresempio che per Tobia deve avvenire un evento qualsia-si, per esempio, come quando Tobia spedisce suo figliofuori per sbrigare un affare; allora si presenta a lui informa apparentemente umana l’Arcangelo Raffaele. Inun altro punto arrivano altre entità supersensibili dellegerarchie superiori. È un ingerirsi dell’elemento divinospirituale nel mondo umano, un’intromissione che si ve-rifica in modo, che l’elemento divino spirituale si pre-senta all’uomo come qualcosa di esteriore, che gli sipresenta nel mondo esteriore. Nel libro di Tobia Raffae-le si presenta a colui, che egli deve guidare, così comeun uomo si presenta all’altro, avvicinandosi a lui dal difuori. Se leggiamo l’Antico Testamento vedremo, cheper lo più i rapporti con il mondo spirituale vengono re-golati in quel modo. I passi dell’Antico Testamento cheparlano di queste cose sono numerosi. Nello svolgimen-to dell’intiero libro si assiste a un processo drammatico,che raggiunge finalmente un punto massimo d’intensitàcon la morte per martirio dei sette figli dei Maccabei, iquali, dando espressione alle loro anime, parlano dellariunione – anzi del risveglio – di queste ultime nell’ele-mento divino. L’intima certezza delle anime sulla pro-pria interiore immortalità ci si palesa nei figli dei Mac-

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cabei, e anche nei fratelli di Giuda, i quali negli ultimitempi ancora difendono il loro popolo contro re Antiocodi Siria. L’elemento spirituale viene afferrato dall’inte-riorità. E il crescendo drammatico si presenta nella suamassima grandezza, se si segue l’Antico Testamentodall’apparizione di Dio a Mosè nel roveto ardente, dovesi vede come la peculiarità dell’avvicinarsi del Dio siaqualcosa di esteriore, fino a ciò che affiora dai figli deiMaccabei come certezza interiore che, se qui muoiono,essi verranno risvegliati nel regno del loro Dio da ciòche vive in loro.

Questo è un progresso poderoso che rivela una unitàinteriore nell’Antico Testamento. In questo modo, dellacoscienza di venir presi da Dio, di venire da Dio, in cer-to qual modo, tolti dalla Terra, e di essere un arto nellaDivinità – l’Antico Testamento in principio non parla,non dice se questo arto dell’anima umana, che viene as-sunto dalla Divinità e incorporato nel mondo divino,venga poi veramente risvegliato. L’intiero processo vie-ne però svolto in modo, che sempre più va aumentandola coscienza che l’anima umana, per mezzo di ciò cheessa è, cresce e penetra veramente nell’elemento spiri-tuale. Da un atteggiamento passivo verso il Dio Jahve oJehova si arriva gradatamente a una coscienza attiva in-teriore sulla natura dell’anima. Questo processo pervadel’Antico Testamento come un crescendo che s’intensifi-ca di pagina in pagina. Nasce l’idea dell’Immortalità –ma nasce a poco a poco nel corso dell’Antico Testamen-to. E il medesimo progresso si verifica – stranamente –

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cabei, e anche nei fratelli di Giuda, i quali negli ultimitempi ancora difendono il loro popolo contro re Antiocodi Siria. L’elemento spirituale viene afferrato dall’inte-riorità. E il crescendo drammatico si presenta nella suamassima grandezza, se si segue l’Antico Testamentodall’apparizione di Dio a Mosè nel roveto ardente, dovesi vede come la peculiarità dell’avvicinarsi del Dio siaqualcosa di esteriore, fino a ciò che affiora dai figli deiMaccabei come certezza interiore che, se qui muoiono,essi verranno risvegliati nel regno del loro Dio da ciòche vive in loro.

Questo è un progresso poderoso che rivela una unitàinteriore nell’Antico Testamento. In questo modo, dellacoscienza di venir presi da Dio, di venire da Dio, in cer-to qual modo, tolti dalla Terra, e di essere un arto nellaDivinità – l’Antico Testamento in principio non parla,non dice se questo arto dell’anima umana, che viene as-sunto dalla Divinità e incorporato nel mondo divino,venga poi veramente risvegliato. L’intiero processo vie-ne però svolto in modo, che sempre più va aumentandola coscienza che l’anima umana, per mezzo di ciò cheessa è, cresce e penetra veramente nell’elemento spiri-tuale. Da un atteggiamento passivo verso il Dio Jahve oJehova si arriva gradatamente a una coscienza attiva in-teriore sulla natura dell’anima. Questo processo pervadel’Antico Testamento come un crescendo che s’intensifi-ca di pagina in pagina. Nasce l’idea dell’Immortalità –ma nasce a poco a poco nel corso dell’Antico Testamen-to. E il medesimo progresso si verifica – stranamente –

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anche nel Profetismo. Osservate la storia e le promessedi ogni successivo Profeta; esse scendono sempre più epiù nel campo dell’interiorità. Altro elemento drammati-co, questo, di un mirabile crescendo. Quanto più si ritor-na indietro nel passato, tanto più vi si parla di cose, chesi riferiscono al corso esteriore degli avvenimenti, e in-vece più si procede innanzi nel tempo, tanto più ancheda parte dei Profeti si parla della forza interiore, dellacertezza interiore e del sentimento di comunanza dellastirpe. Così si va crescendo gradatamente – finchèl’Antico Testamento conduce al principio del Nuovo Te-stamento; e il Vangelo di Marco si ricollega direttamen-te a tutti questi rapporti. Perchè il Vangelo di Marcodice subito fin da principio, che vuole considerarel’avvento del Cristo Gesù completamente nel sensodell’antico Profetismo di guisa che, in certo qual modo,si può comprendere la comparsa del Cristo Gesù, quan-do si tengano presenti le parole del Profeta Malachia edel Profeta Isaia: «Ecco, che io spedisco innanzi a te ilmio messo per prepararti la via. Ascolta la voce d’unoche grida dal deserto: preparate la via del Signore, addi-rizzate i suoi sentieri». In questo modo, come con unanota fondamentale che attraversa la storia dell’AnticoTestamento, viene accennato alla comparsa del CristoGesù. Inoltre nel Vangelo di Marco vien detto – lo si in-tende chiaramente dalle parole, purchè si voglia leggere–: Così come già parlarono i Profeti parla ora in fondodi nuovo un uomo: il Battista. E la figura del Battista, secompresa in questo modo, si presenta a noi completa e

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anche nel Profetismo. Osservate la storia e le promessedi ogni successivo Profeta; esse scendono sempre più epiù nel campo dell’interiorità. Altro elemento drammati-co, questo, di un mirabile crescendo. Quanto più si ritor-na indietro nel passato, tanto più vi si parla di cose, chesi riferiscono al corso esteriore degli avvenimenti, e in-vece più si procede innanzi nel tempo, tanto più ancheda parte dei Profeti si parla della forza interiore, dellacertezza interiore e del sentimento di comunanza dellastirpe. Così si va crescendo gradatamente – finchèl’Antico Testamento conduce al principio del Nuovo Te-stamento; e il Vangelo di Marco si ricollega direttamen-te a tutti questi rapporti. Perchè il Vangelo di Marcodice subito fin da principio, che vuole considerarel’avvento del Cristo Gesù completamente nel sensodell’antico Profetismo di guisa che, in certo qual modo,si può comprendere la comparsa del Cristo Gesù, quan-do si tengano presenti le parole del Profeta Malachia edel Profeta Isaia: «Ecco, che io spedisco innanzi a te ilmio messo per prepararti la via. Ascolta la voce d’unoche grida dal deserto: preparate la via del Signore, addi-rizzate i suoi sentieri». In questo modo, come con unanota fondamentale che attraversa la storia dell’AnticoTestamento, viene accennato alla comparsa del CristoGesù. Inoltre nel Vangelo di Marco vien detto – lo si in-tende chiaramente dalle parole, purchè si voglia leggere–: Così come già parlarono i Profeti parla ora in fondodi nuovo un uomo: il Battista. E la figura del Battista, secompresa in questo modo, si presenta a noi completa e

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grandiosa; gli antichi Profeti parlavano di un Messo diDio, e di come nella solitudine egli indicherebbe la via,che il Cristo Gesù deve percorrere nell’evoluzione delmondo. Il Vangelo di Marco continua poi dicendo:«Così è sorto nel deserto Giovanni il Battista e ha predi-cato il Battesimo per il ravvedimento della peccabilitàumana», perchè così si devono tradurre le parole, se sivogliono interpretare in modo adeguato. Vien dunquedetto: Dirigete lo sguardo verso l’antico Profetismo, chesi è evoluto in un nuovo rapporto con la Divinità, in unanuova credenza dell’immortalità e guardate la figura diGiovanni il Battista, come egli si è presentato e ha par-lato del genere di evoluzione, per mezzo del quale si ri-conosce la peccabilità umana. Così ci viene indicato su-bito il Battista come una grande figura.

Vi è poi la mirabile figura del Cristo Gesù stesso,come ce la presenta il Vangelo di Marco, con un cre-scendo drammatico al contempo semplice e grandioso,quale, si può dire, mai altrove è stato raggiunto! Vi pre-go di fermarvi a considerare con lo sguardo dell’anima.Che cosa sta detto? A un dipresso quanto segue: Dirige-te lo sguardo sulla figura del Battista; lo comprenderetesoltanto se considerate le figure degli antichi Profetiebrei, la voce dei quali in lui si è fatta viva. Incontro alui si mosse l’intiero paese giudeo per farsi battezzare.Ciò significa che sono stati molti a riconoscere chel’antico Profetismo parlava attraverso Giovanni Battista.Questo vien detto subito in principio del Vangelo diMatteo. Vediamo dinnanzi a noi Giovanni il Battista, in

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grandiosa; gli antichi Profeti parlavano di un Messo diDio, e di come nella solitudine egli indicherebbe la via,che il Cristo Gesù deve percorrere nell’evoluzione delmondo. Il Vangelo di Marco continua poi dicendo:«Così è sorto nel deserto Giovanni il Battista e ha predi-cato il Battesimo per il ravvedimento della peccabilitàumana», perchè così si devono tradurre le parole, se sivogliono interpretare in modo adeguato. Vien dunquedetto: Dirigete lo sguardo verso l’antico Profetismo, chesi è evoluto in un nuovo rapporto con la Divinità, in unanuova credenza dell’immortalità e guardate la figura diGiovanni il Battista, come egli si è presentato e ha par-lato del genere di evoluzione, per mezzo del quale si ri-conosce la peccabilità umana. Così ci viene indicato su-bito il Battista come una grande figura.

Vi è poi la mirabile figura del Cristo Gesù stesso,come ce la presenta il Vangelo di Marco, con un cre-scendo drammatico al contempo semplice e grandioso,quale, si può dire, mai altrove è stato raggiunto! Vi pre-go di fermarvi a considerare con lo sguardo dell’anima.Che cosa sta detto? A un dipresso quanto segue: Dirige-te lo sguardo sulla figura del Battista; lo comprenderetesoltanto se considerate le figure degli antichi Profetiebrei, la voce dei quali in lui si è fatta viva. Incontro alui si mosse l’intiero paese giudeo per farsi battezzare.Ciò significa che sono stati molti a riconoscere chel’antico Profetismo parlava attraverso Giovanni Battista.Questo vien detto subito in principio del Vangelo diMatteo. Vediamo dinnanzi a noi Giovanni il Battista, in

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lui vediamo divenir vivente la voce dell’antico Profeti-smo, vediamo il popolo muoverglisi incontro e – se ciatteniamo al Vangelo di Marco – vediamo come eglivenga dagli uomini riconosciuto come il Profeta risusci-tato. Questo è il primo passo. E ora si presenta la figuradel Cristo Gesù stesso. Non terremo conto per il mo-mento del cosidetto Battesimo di Giovanni nel Giorda-no; non considereremo il Cristo dopo il Battesimo, eneppure dopo l’episodio della Tentazione – ma voglia-mo abbracciare con lo sguardo il grandioso drammaticocrescendo che si presenta a noi appunto nel Vangelo diMarco.

Dopo averci presentato il Battista e averci dimostratol’atteggiamento degli uomini verso di lui e la sua mis-sione, quel Vangelo ci presenta il Cristo Gesù stesso.Ma come? Dapprima vien detto soltanto, che egli vi è.Ma egli vien riconosciuto non soltanto dagli uomini, loriconoscono anche altri esseri che non sono uomini. Diquesto si tratta! Attorno a lui vi sono coloro che voglio-no essere guariti dal demonismo, nei quali operano deidemoni. Attorno a lui stanno dunque uomini, in cui di-morano non soltanto anime umane, ma di cui hanno pre-so possesso anche degli spiriti supersensibili, che agi-scono attraverso di loro. In un passo importante vienedetto: questi spiriti riconoscono il Cristo Gesù! Il Batti-sta vien riconosciuto dagli uomini, i quali vanno da lui esi fanno battezzare. Cristo viene riconosciuto dagli spiri-ti supersensibili, di guisa che Egli deve ordinar loro dinon parlare di lui. Lo riconoscono dunque gli esseri, che

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lui vediamo divenir vivente la voce dell’antico Profeti-smo, vediamo il popolo muoverglisi incontro e – se ciatteniamo al Vangelo di Marco – vediamo come eglivenga dagli uomini riconosciuto come il Profeta risusci-tato. Questo è il primo passo. E ora si presenta la figuradel Cristo Gesù stesso. Non terremo conto per il mo-mento del cosidetto Battesimo di Giovanni nel Giorda-no; non considereremo il Cristo dopo il Battesimo, eneppure dopo l’episodio della Tentazione – ma voglia-mo abbracciare con lo sguardo il grandioso drammaticocrescendo che si presenta a noi appunto nel Vangelo diMarco.

Dopo averci presentato il Battista e averci dimostratol’atteggiamento degli uomini verso di lui e la sua mis-sione, quel Vangelo ci presenta il Cristo Gesù stesso.Ma come? Dapprima vien detto soltanto, che egli vi è.Ma egli vien riconosciuto non soltanto dagli uomini, loriconoscono anche altri esseri che non sono uomini. Diquesto si tratta! Attorno a lui vi sono coloro che voglio-no essere guariti dal demonismo, nei quali operano deidemoni. Attorno a lui stanno dunque uomini, in cui di-morano non soltanto anime umane, ma di cui hanno pre-so possesso anche degli spiriti supersensibili, che agi-scono attraverso di loro. In un passo importante vienedetto: questi spiriti riconoscono il Cristo Gesù! Il Batti-sta vien riconosciuto dagli uomini, i quali vanno da lui esi fanno battezzare. Cristo viene riconosciuto dagli spiri-ti supersensibili, di guisa che Egli deve ordinar loro dinon parlare di lui. Lo riconoscono dunque gli esseri, che

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sono del mondo supersensibile. Vien dunque detto:Comparisce allora un Essere, che vien riconosciuto nonsoltanto dagli uomini, ma che appena si presenta, vienericonosciuto e ritenuto pericoloso da entità supersensibi-li.

Questo è il crescendo grandioso che si presenta a noifin dal principio del Vangelo di Marco; da un canto Gio-vanni Battista, che viene riconosciuto e venerato dagliuomini; dall’altro Colui, il quale viene riconosciuto e te-muto dagli esseri supersensibili, che però hanno a chefare con la Terra, sicchè riconoscono che ormai devonoandarsene. Questo è il Cristo Gesù! Mai si potrà trovareun crescendo drammatico rappresentato con tanta sem-plicità.

Se si tiene conto di questo, si sente la necessità di cer-te cose, le quali di solito passano semplicemente inos-servate, proprio inosservate. Richiamo la vostra atten-zione sopra un solo passo, il quale – poichè il Vangelodi Marco è così semplice e così grande – in quel Vange-lo appunto può colpire maggiormente. Ricordatevi comelà dove si parla dell’ordinazione dei dodici, al principiodel Vangelo di Marco, e dove si tratta dell’assegnazionedei nomi, Cristo chiamò due dei suoi apostoli: «Figli delTuono». Questo è qualcosa che non deve passare inos-servato, ma di cui occorre tenere conto, se si vuol com-prendere il Vangelo. Perchè li chiama Egli i «Figli delTuono»? perchè essi diventino i suoi servi, egli vuol tra-piantarli in un elemento che non sia della Terra, che pro-venga dal di fuori della Terra; perchè è il Vangelo dai re-

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sono del mondo supersensibile. Vien dunque detto:Comparisce allora un Essere, che vien riconosciuto nonsoltanto dagli uomini, ma che appena si presenta, vienericonosciuto e ritenuto pericoloso da entità supersensibi-li.

Questo è il crescendo grandioso che si presenta a noifin dal principio del Vangelo di Marco; da un canto Gio-vanni Battista, che viene riconosciuto e venerato dagliuomini; dall’altro Colui, il quale viene riconosciuto e te-muto dagli esseri supersensibili, che però hanno a chefare con la Terra, sicchè riconoscono che ormai devonoandarsene. Questo è il Cristo Gesù! Mai si potrà trovareun crescendo drammatico rappresentato con tanta sem-plicità.

Se si tiene conto di questo, si sente la necessità di cer-te cose, le quali di solito passano semplicemente inos-servate, proprio inosservate. Richiamo la vostra atten-zione sopra un solo passo, il quale – poichè il Vangelodi Marco è così semplice e così grande – in quel Vange-lo appunto può colpire maggiormente. Ricordatevi comelà dove si parla dell’ordinazione dei dodici, al principiodel Vangelo di Marco, e dove si tratta dell’assegnazionedei nomi, Cristo chiamò due dei suoi apostoli: «Figli delTuono». Questo è qualcosa che non deve passare inos-servato, ma di cui occorre tenere conto, se si vuol com-prendere il Vangelo. Perchè li chiama Egli i «Figli delTuono»? perchè essi diventino i suoi servi, egli vuol tra-piantarli in un elemento che non sia della Terra, che pro-venga dal di fuori della Terra; perchè è il Vangelo dai re-

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gni degli angeli e degli arcangeli, perchè è qualcosa dicompletamente nuovo, e perchè non basta più parlaresoltanto degli uomini, sibbene di un elemento celestesopraterreno – l’Io – e perchè è necessario affermarequesto fatto. Egli li chiama Figli del Tuono, per dimo-strare che anche i suoi hanno un rapporto con l’elemen-to superterrestre. Il mondo a noi più vicino, e che si riat-tacca al nostro, è il mondo elementare, per mezzo delquale soltanto si può spiegare ciò che si esplica nel no-stro mondo; e il Cristo dà ai suoi discepoli dei nomi, permezzo dei quali vien detto, che il nostro mondo confinacon un mondo vicino supersensibile. Egli dà loro i so-prannomi delle qualità del mondo elementare. Di questopure si tratta, quando egli chiama Simone l’«Uomo del-le Pietre»; anche qui si accenna a qualcosa di supersen-sibile. E così attraverso l’intiero Vangelo si annunzial’entrata dell’elemento «angelico», degli impulsi prove-nienti dal mondo spirituale.

Per comprendere questo, basta leggere giustamente,basta premettere, che il Vangelo è al contempo un libro,dal quale si può attingere la più profonda saggezza. Tut-to il progresso conseguito consiste nel fatto, che le ani-me vengono individualizzate, che il rapporto col mondosupersensibile non l’hanno più soltanto per la via indi-retta dell’elemento animico di gruppo, ma attraversol’elemento dell’anima individuale. E Colui, che si pre-senta all’umanità in modo da venir riconosciutonell’entità terrestre – ma che viene riconosciuto anchedalle entità supersensibili – per penetrare nelle anime di

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gni degli angeli e degli arcangeli, perchè è qualcosa dicompletamente nuovo, e perchè non basta più parlaresoltanto degli uomini, sibbene di un elemento celestesopraterreno – l’Io – e perchè è necessario affermarequesto fatto. Egli li chiama Figli del Tuono, per dimo-strare che anche i suoi hanno un rapporto con l’elemen-to superterrestre. Il mondo a noi più vicino, e che si riat-tacca al nostro, è il mondo elementare, per mezzo delquale soltanto si può spiegare ciò che si esplica nel no-stro mondo; e il Cristo dà ai suoi discepoli dei nomi, permezzo dei quali vien detto, che il nostro mondo confinacon un mondo vicino supersensibile. Egli dà loro i so-prannomi delle qualità del mondo elementare. Di questopure si tratta, quando egli chiama Simone l’«Uomo del-le Pietre»; anche qui si accenna a qualcosa di supersen-sibile. E così attraverso l’intiero Vangelo si annunzial’entrata dell’elemento «angelico», degli impulsi prove-nienti dal mondo spirituale.

Per comprendere questo, basta leggere giustamente,basta premettere, che il Vangelo è al contempo un libro,dal quale si può attingere la più profonda saggezza. Tut-to il progresso conseguito consiste nel fatto, che le ani-me vengono individualizzate, che il rapporto col mondosupersensibile non l’hanno più soltanto per la via indi-retta dell’elemento animico di gruppo, ma attraversol’elemento dell’anima individuale. E Colui, che si pre-senta all’umanità in modo da venir riconosciutonell’entità terrestre – ma che viene riconosciuto anchedalle entità supersensibili – per penetrare nelle anime di

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coloro che lo devono servire, ha bisogno di aggiungerealcunchè di elemento supersensibile elementare al mi-gliore elemento umano. Gli occorrono quegli uomini, iquali nell’antico modo già hanno raggiunto il massimoprogresso nelle loro anime. È oltremodo interessante se-guire il divenire animico di coloro, che il Cristo racco-glie attorno a sè, che egli elegge a diventare i suoi dodi-ci, i quali – si può dire –, quando si presentano a noinella loro semplicità, hanno già compiuto nel modo piùgrandioso quel passaggio, di cui ieri vi ho voluto daredegli esempi nelle incarnazioni attraverso a diverse epo-che di talune anime umane. L’uomo deve prima orien-tarsi nell’individualità. Dapprima egli vi si orienta diffi-cilmente, quando da ciò che nella sua anima è radicatonell’elemento collettivo del popolo, viene condotto allanecessità di fare assegnamento soltanto su sè stesso. Idodici, appunto, erano profondamente radicati in unacollettività nazionale che in modo grandioso era tornataa sentirsi nazione.

E la loro anima era come ignuda, come semplice,quando il Cristo li ritrovò. Si ha a che fare qui con epo-che intermedie irregolarissime fra le incarnazioni. Losguardo del Cristo si poteva volgere giustamente sui do-dici; ricomparivano le anime che erano state incarnatenei sette figli dei Maccabei e nei cinque figli di Matatia,i fratelli di Giuda; da queste è stato messo assiemel’apostolato. Esse erano state gittate nell’elemento deipescatori e della gente semplice; ma erano nell’epoca, incui l’elemento giudeo era salito a un punto culminante

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coloro che lo devono servire, ha bisogno di aggiungerealcunchè di elemento supersensibile elementare al mi-gliore elemento umano. Gli occorrono quegli uomini, iquali nell’antico modo già hanno raggiunto il massimoprogresso nelle loro anime. È oltremodo interessante se-guire il divenire animico di coloro, che il Cristo racco-glie attorno a sè, che egli elegge a diventare i suoi dodi-ci, i quali – si può dire –, quando si presentano a noinella loro semplicità, hanno già compiuto nel modo piùgrandioso quel passaggio, di cui ieri vi ho voluto daredegli esempi nelle incarnazioni attraverso a diverse epo-che di talune anime umane. L’uomo deve prima orien-tarsi nell’individualità. Dapprima egli vi si orienta diffi-cilmente, quando da ciò che nella sua anima è radicatonell’elemento collettivo del popolo, viene condotto allanecessità di fare assegnamento soltanto su sè stesso. Idodici, appunto, erano profondamente radicati in unacollettività nazionale che in modo grandioso era tornataa sentirsi nazione.

E la loro anima era come ignuda, come semplice,quando il Cristo li ritrovò. Si ha a che fare qui con epo-che intermedie irregolarissime fra le incarnazioni. Losguardo del Cristo si poteva volgere giustamente sui do-dici; ricomparivano le anime che erano state incarnatenei sette figli dei Maccabei e nei cinque figli di Matatia,i fratelli di Giuda; da queste è stato messo assiemel’apostolato. Esse erano state gittate nell’elemento deipescatori e della gente semplice; ma erano nell’epoca, incui l’elemento giudeo era salito a un punto culminante

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ed era compenetrato dalla coscienza, che esso aquell’epoca rappresentava massima forza, ma soltantoforza, e che ora, che si raggruppava attorno al Cristo,sorgeva individualizzato. Ci si potrebbe rappresentarequalcuno del tutto incredulo, che volesse considerare dalpunto di vista semplicemente artistico, come alla finedell’Antico Testamento si presentino sette e cinque, ecome poi si ritrovino di nuovo dodici al principio delNuovo Testamento. Se si considera questo fatto sempli-cemente dall’aspetto di un coefficiente artistico, già sipuò essere impressionati dalla semplicità e dalla gran-dezza artistica del libro biblico, a prescindere dal fatto,che i «dodici» si mettono assieme coi cinque figli diMatatia e coi sette figli della madre dei Maccabei. Biso-gnerà imparare ad accogliere la Bibbia anche come ope-ra d’arte; allora soltanto ci si schiuderà il senso dellagrandezza che è riposta nella Bibbia come opera d’arte,e si acquisterà il senso di ciò a cui deve riferirsi quantoin essa sta artisticamente riposto.

Ora mi sia permesso ancora di far notare che fra i cin-que figli di Matatia ve ne è uno, il quale già è chiamato«Giuda» nel Vecchio Testamento. Egli allora è colui,che più fortemente lotta per il suo popolo, il quale conl’anima sua è completamente dedicato al suo popolo, eal quale riesce pure di stringere un’alleanza coi Romanicontro re Antioco di Siria. Questo Giuda è il medesimoche più tardi è esposto alla prova di commettere il tradi-mento, perchè egli, il quale più intimamente è collegatocon l’elemento specificatamente proprio dell’Antico Te-

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ed era compenetrato dalla coscienza, che esso aquell’epoca rappresentava massima forza, ma soltantoforza, e che ora, che si raggruppava attorno al Cristo,sorgeva individualizzato. Ci si potrebbe rappresentarequalcuno del tutto incredulo, che volesse considerare dalpunto di vista semplicemente artistico, come alla finedell’Antico Testamento si presentino sette e cinque, ecome poi si ritrovino di nuovo dodici al principio delNuovo Testamento. Se si considera questo fatto sempli-cemente dall’aspetto di un coefficiente artistico, già sipuò essere impressionati dalla semplicità e dalla gran-dezza artistica del libro biblico, a prescindere dal fatto,che i «dodici» si mettono assieme coi cinque figli diMatatia e coi sette figli della madre dei Maccabei. Biso-gnerà imparare ad accogliere la Bibbia anche come ope-ra d’arte; allora soltanto ci si schiuderà il senso dellagrandezza che è riposta nella Bibbia come opera d’arte,e si acquisterà il senso di ciò a cui deve riferirsi quantoin essa sta artisticamente riposto.

Ora mi sia permesso ancora di far notare che fra i cin-que figli di Matatia ve ne è uno, il quale già è chiamato«Giuda» nel Vecchio Testamento. Egli allora è colui,che più fortemente lotta per il suo popolo, il quale conl’anima sua è completamente dedicato al suo popolo, eal quale riesce pure di stringere un’alleanza coi Romanicontro re Antioco di Siria. Questo Giuda è il medesimoche più tardi è esposto alla prova di commettere il tradi-mento, perchè egli, il quale più intimamente è collegatocon l’elemento specificatamente proprio dell’Antico Te-

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stamento, non può subito trovare il passaggio all’ele-mento cristiano e ha bisogno di attraversare prima ladura prova del tradimento. Se si considera l’aspetto pu-ramente artistico della composizione, si presenta mira-bilmente, si potrebbe dire, la grandiosa figura di Giudanegli ultimi capitoli dell’Antico Testamento – e la figuradi Giuda nel Nuovo Testamento. E ciò che è straordina-rio in questo evento sintomatico si è, che il Giudadell’Antico Testamento stringe un’alleanza coi Romani;tutto ciò prepara quello che poi è avvenuto: cioè, la viapercorsa dal cristianesimo attraverso la Romanità perpenetrare nel mondo. Questo – si potrebbe dire – è losviluppo ulteriore. E se vi aggiungessi ciò che può pureessere saputo, ma non può essere detto in una conferen-za con un uditorio così numeroso, allora vedreste comeeffettivamente, per mezzo appunto della successiva rin-carnazione di questo Giuda, si verifichi la fusionedell’elemento romano con l’elemento cristiano, e comeil Giuda rincarnato sia il primo, il quale, per così dire,ha grande successo nella diffusione del cristianesimo ro-manizzato, e come la conclusione dell’alleanza del Giu-da dell’Antico Testamento coi Romani sia il fatto profe-ticamente precursore di ciò che più tardi compirà coluiche ricompare per gli occultisti come Giuda rincarnato,la cui anima doveva allora attraversare la dura prova deltradimento. E ciò, che per effetto dell’azione che egli haesercitata più tardi, si è palesato in un medesimo tempocome cristianesimo nella Romanità e come Romanitànel cristianesimo, appare come un rinnovamento, trasfe-

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stamento, non può subito trovare il passaggio all’ele-mento cristiano e ha bisogno di attraversare prima ladura prova del tradimento. Se si considera l’aspetto pu-ramente artistico della composizione, si presenta mira-bilmente, si potrebbe dire, la grandiosa figura di Giudanegli ultimi capitoli dell’Antico Testamento – e la figuradi Giuda nel Nuovo Testamento. E ciò che è straordina-rio in questo evento sintomatico si è, che il Giudadell’Antico Testamento stringe un’alleanza coi Romani;tutto ciò prepara quello che poi è avvenuto: cioè, la viapercorsa dal cristianesimo attraverso la Romanità perpenetrare nel mondo. Questo – si potrebbe dire – è losviluppo ulteriore. E se vi aggiungessi ciò che può pureessere saputo, ma non può essere detto in una conferen-za con un uditorio così numeroso, allora vedreste comeeffettivamente, per mezzo appunto della successiva rin-carnazione di questo Giuda, si verifichi la fusionedell’elemento romano con l’elemento cristiano, e comeil Giuda rincarnato sia il primo, il quale, per così dire,ha grande successo nella diffusione del cristianesimo ro-manizzato, e come la conclusione dell’alleanza del Giu-da dell’Antico Testamento coi Romani sia il fatto profe-ticamente precursore di ciò che più tardi compirà coluiche ricompare per gli occultisti come Giuda rincarnato,la cui anima doveva allora attraversare la dura prova deltradimento. E ciò, che per effetto dell’azione che egli haesercitata più tardi, si è palesato in un medesimo tempocome cristianesimo nella Romanità e come Romanitànel cristianesimo, appare come un rinnovamento, trasfe-

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rito nella spiritualità, dell’alleanza del Giuda del Vec-chio Testamento coi Romani.

Quando ci stanno dinanzi questi fatti, si arriva grada-tamente all’opinione che, considerata spiritualmente eastrazion fatta da tutto il resto, l’evoluzione umana stes-sa è l’opera d’arte più grande, che mai vi sia stata! Oc-corre però avere la vista adatta. Perchè dovrebbe essereinfondata la pretesa, che l’anima umana possa acquista-re questa vista? Quando una persona vede un drammaqualsiasi, con un intreccio e una soluzione drammatica-mente trasparente, e non possiede la facoltà di penetrar-ne la costruzione, essa può vedere nel dramma il succe-dersi di tanti eventi, che si possono descrivere uno di se-guito all’altro. La storia esteriore del mondo appunto faa un dipresso a quel modo. Dalla storia dell’umanità al-lora non viene indubbiamente creata nessuna operad’arte, sibbene una serie di eventi che si susseguono.Ora però l’umanità è già al punto di svolta, in cui deveverificarsi il seguente fatto: essa deve comprenderel’interiore progressiva formazione degli eventi, il lorointreccio e la loro soluzione nell’evoluzione dell’umani-tà. Allora risulterà chiaro, che l’evoluzione dell’umanitàstessa ci dimostra come qua e là sorgano le figure indi-viduali, le quali dànno impulsi, intrecciano dei nodi e lidisciolgono; e soltanto quando si conosce il corso stori-co degli eventi, s’impara a conoscere come l’uomo siacollocato nell’evoluzione dell’umanità. Ma allora, poi-chè il tutto, da uno stato di semplice connessione, vieneelevato al grado di organismo e a più che un organismo,

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rito nella spiritualità, dell’alleanza del Giuda del Vec-chio Testamento coi Romani.

Quando ci stanno dinanzi questi fatti, si arriva grada-tamente all’opinione che, considerata spiritualmente eastrazion fatta da tutto il resto, l’evoluzione umana stes-sa è l’opera d’arte più grande, che mai vi sia stata! Oc-corre però avere la vista adatta. Perchè dovrebbe essereinfondata la pretesa, che l’anima umana possa acquista-re questa vista? Quando una persona vede un drammaqualsiasi, con un intreccio e una soluzione drammatica-mente trasparente, e non possiede la facoltà di penetrar-ne la costruzione, essa può vedere nel dramma il succe-dersi di tanti eventi, che si possono descrivere uno di se-guito all’altro. La storia esteriore del mondo appunto faa un dipresso a quel modo. Dalla storia dell’umanità al-lora non viene indubbiamente creata nessuna operad’arte, sibbene una serie di eventi che si susseguono.Ora però l’umanità è già al punto di svolta, in cui deveverificarsi il seguente fatto: essa deve comprenderel’interiore progressiva formazione degli eventi, il lorointreccio e la loro soluzione nell’evoluzione dell’umani-tà. Allora risulterà chiaro, che l’evoluzione dell’umanitàstessa ci dimostra come qua e là sorgano le figure indi-viduali, le quali dànno impulsi, intrecciano dei nodi e lidisciolgono; e soltanto quando si conosce il corso stori-co degli eventi, s’impara a conoscere come l’uomo siacollocato nell’evoluzione dell’umanità. Ma allora, poi-chè il tutto, da uno stato di semplice connessione, vieneelevato al grado di organismo e a più che un organismo,

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si deve realmente collocare ogni cosa al suo posto e fareuna distinzione, che gli uomini ritengono ovvia negli al-tri campi. Perchè a nessun astronomo verrà l’idea diporre il sole a paro degli altri pianeti; gli sembra unacosa naturale di considerare il sole a parte e di collocar-lo come un «monon» di fronte ai pianeti. Altrettanto na-turale sembra a colui che penetra con lo sguardonell’evoluzione dell’umanità, di collocare «un Sole» frale grandi Guide dell’umanità: e come sarebbe completa-mente assurdo parlare del sole del nostro sistema plane-tario nello stesso modo come si parla di Giove, di Marteecc. così pure è assurdo parlare del Cristo come si parladei Bodhisattwa e delle altre Guide dell’umanità. Ciòdovrebbe risultare talmente evidente che, purchè siguardino semplicemente i fatti, qualsiasi nuova rincar-nazione del Cristo appare assurda, e tale che non metteconto discuterne. Ma è anche necessario approfondireveramente le quistioni, comprenderle nel loro veroaspetto, e non come vengono presentate da questo o daquel domma, o da questa o da quella sètta. Se si parla diuna cristologia in un senso veramente cosmologico, nonè necessario parlare di una superiorità del Cristianesimorispetto alle altre religioni. Sarebbe come se nei libri sa-cri di una qualsiasi religione stesse scritto, che il sole èun pianeta come gli altri pianeti, e qualcuno allora di-cesse: «Bisogna togliere il sole dal numero dei pianeti»,e gli altri vi si opponessero dicendo: «questa però è unapreferenza per il sole!» Non lo è affatto, è soltanto il ri-conoscimento della verità stessa. E così succede pure

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si deve realmente collocare ogni cosa al suo posto e fareuna distinzione, che gli uomini ritengono ovvia negli al-tri campi. Perchè a nessun astronomo verrà l’idea diporre il sole a paro degli altri pianeti; gli sembra unacosa naturale di considerare il sole a parte e di collocar-lo come un «monon» di fronte ai pianeti. Altrettanto na-turale sembra a colui che penetra con lo sguardonell’evoluzione dell’umanità, di collocare «un Sole» frale grandi Guide dell’umanità: e come sarebbe completa-mente assurdo parlare del sole del nostro sistema plane-tario nello stesso modo come si parla di Giove, di Marteecc. così pure è assurdo parlare del Cristo come si parladei Bodhisattwa e delle altre Guide dell’umanità. Ciòdovrebbe risultare talmente evidente che, purchè siguardino semplicemente i fatti, qualsiasi nuova rincar-nazione del Cristo appare assurda, e tale che non metteconto discuterne. Ma è anche necessario approfondireveramente le quistioni, comprenderle nel loro veroaspetto, e non come vengono presentate da questo o daquel domma, o da questa o da quella sètta. Se si parla diuna cristologia in un senso veramente cosmologico, nonè necessario parlare di una superiorità del Cristianesimorispetto alle altre religioni. Sarebbe come se nei libri sa-cri di una qualsiasi religione stesse scritto, che il sole èun pianeta come gli altri pianeti, e qualcuno allora di-cesse: «Bisogna togliere il sole dal numero dei pianeti»,e gli altri vi si opponessero dicendo: «questa però è unapreferenza per il sole!» Non lo è affatto, è soltanto il ri-conoscimento della verità stessa. E così succede pure

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con il Cristianesimo. È semplicemente il riconoscimentodella verità, di una verità che oggidì ogni religione dellaTerra può accogliere, purchè lo voglia. E se le altre reli-gioni intendono veramente di ammettere l’uguale valoredi tutte le confessioni religiose, se non si servono diquesta ammissione come di una semplice insegna, alloraesse pure non si offenderanno che l’Occidente non abbiaaccolto un Dio nazionale, sibbene un Dio, il quale so-pratutto non ha a che fare con la nazionalità, ma èun’Entità Cosmica. Gl’indù parlano dei loro Dei nazio-nali. È naturale che essi debbano parlare diversamentedagli uomini che non hanno accolto e fatto valere unDio nazionale germanico, ma che pongono a loro centroun’Entità, la quale non si è veramente incarnata sul lorosuolo, ma si è incarnata lontano da loro presso un altropopolo. Si potrebbe parlare di un’opposizione del prin-cipio cristiano occidentale a quello indiano orientale,soltanto se, per esempio, qualcuno volesse porre Wotanal disopra di Krishna.

Per il Cristo però non è affatto così: fin dal principioEgli non è appartenuto a nessun popolo, ma personificaciò che vi è di più bello nei principii della scienza delloSpirito: riconoscere il vero, senza differenza di colore,di razza, o di stirpe ecc.

Dobbiamo compenetrarci della necessità di conside-rare queste cose obbiettivamente. Quando riconoscere-mo i Vangeli, perchè riconosciamo ciò che sta a base diessi, allora soltanto comprenderemo queste cose nellaloro verità. Da quanto oggi è stato detto sul Vangelo di

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con il Cristianesimo. È semplicemente il riconoscimentodella verità, di una verità che oggidì ogni religione dellaTerra può accogliere, purchè lo voglia. E se le altre reli-gioni intendono veramente di ammettere l’uguale valoredi tutte le confessioni religiose, se non si servono diquesta ammissione come di una semplice insegna, alloraesse pure non si offenderanno che l’Occidente non abbiaaccolto un Dio nazionale, sibbene un Dio, il quale so-pratutto non ha a che fare con la nazionalità, ma èun’Entità Cosmica. Gl’indù parlano dei loro Dei nazio-nali. È naturale che essi debbano parlare diversamentedagli uomini che non hanno accolto e fatto valere unDio nazionale germanico, ma che pongono a loro centroun’Entità, la quale non si è veramente incarnata sul lorosuolo, ma si è incarnata lontano da loro presso un altropopolo. Si potrebbe parlare di un’opposizione del prin-cipio cristiano occidentale a quello indiano orientale,soltanto se, per esempio, qualcuno volesse porre Wotanal disopra di Krishna.

Per il Cristo però non è affatto così: fin dal principioEgli non è appartenuto a nessun popolo, ma personificaciò che vi è di più bello nei principii della scienza delloSpirito: riconoscere il vero, senza differenza di colore,di razza, o di stirpe ecc.

Dobbiamo compenetrarci della necessità di conside-rare queste cose obbiettivamente. Quando riconoscere-mo i Vangeli, perchè riconosciamo ciò che sta a base diessi, allora soltanto comprenderemo queste cose nellaloro verità. Da quanto oggi è stato detto sul Vangelo di

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Marco, sulla sua sublime semplicità e sul suo drammati-co crescendo dalla personalità di Giovanni il Battista aquella del Cristo Gesù, si può vedere ciò che questoVangelo contiene realmente.

III

Il principio del Vangelo di Marco ci conduce allagrande figura del Battista. Ieri già è stato accennato almodo significativo con il quale il Vangelo di Marco in-troduce da un canto Giovanni il Battista, e dall’altro locontrappone al Cristo Gesù stesso. Se si permette alVangelo di Marco, nella sua semplicità, di esercitare sudi noi la sua azione, si acquisterà immediatamenteun’impressione importante della figura del Battista. Maquando poi si approfondisce lo sfondo scientifico-spiri-tuale di questa figura, allora veramente il Battista ci ap-pare, in certo qual modo, nella sua piena grandezza. Giàspesso vi ho spiegato come il Battista sia da considerarsianche nel senso del Vangelo stesso (poichè sappiamoche in questo sta detto chiaramente), come una rincarna-zione del Profeta Elia. Dal punto di vista scientifico-spi-rituale perciò, per scrutare bene la causa più profondadella fondazione del cristianesimo e del Mistero delGolgotha, dovremo appunto considerare la figura del

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Marco, sulla sua sublime semplicità e sul suo drammati-co crescendo dalla personalità di Giovanni il Battista aquella del Cristo Gesù, si può vedere ciò che questoVangelo contiene realmente.

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Il principio del Vangelo di Marco ci conduce allagrande figura del Battista. Ieri già è stato accennato almodo significativo con il quale il Vangelo di Marco in-troduce da un canto Giovanni il Battista, e dall’altro locontrappone al Cristo Gesù stesso. Se si permette alVangelo di Marco, nella sua semplicità, di esercitare sudi noi la sua azione, si acquisterà immediatamenteun’impressione importante della figura del Battista. Maquando poi si approfondisce lo sfondo scientifico-spiri-tuale di questa figura, allora veramente il Battista ci ap-pare, in certo qual modo, nella sua piena grandezza. Giàspesso vi ho spiegato come il Battista sia da considerarsianche nel senso del Vangelo stesso (poichè sappiamoche in questo sta detto chiaramente), come una rincarna-zione del Profeta Elia. Dal punto di vista scientifico-spi-rituale perciò, per scrutare bene la causa più profondadella fondazione del cristianesimo e del Mistero delGolgotha, dovremo appunto considerare la figura del

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Battista sullo sfondo di ciò che si presenta a noi nel Pro-feta Elia. Ora accennerò soltanto brevemente a quelloche si riferisce al Profeta Elia: perchè nell’ultima assem-blea generale della sezione Tedesca della società Teoso-fica a Berlino ho parlato dettagliatamente del ProfetaElia. Tutto ciò che la scienza dello Spirito, la ricerca oc-culta, ha da dire sul Profeta Elia viene completamenteconfermato da ciò che sta scritto nella Bibbia stessa,mentre se questa viene letta nel modo ordinario, granparte del capitolo che si riferisce a Elia riesce indubbia-mente poco chiaro. Richiamo l’attenzione soltanto soprail seguente fatto.

Si legge nella Bibbia che Elia, in certo qual modo,sfida l’intiero seguito e l’intiero popolo del re Ahab, sot-to il cui dominio egli vive; che egli contrappone sè stes-so ai sacerdoti di Baal, ai suoi avversari; che egli dispo-ne, in certo qual modo, due altari, sopra uno dei qualipermette ai sacerdoti di Baal di deporre le loro vittime,mentre sul suo altare depone le proprie, dimostrando poil’insussistenza di ciò che i suoi avversari affermano ri-guardo ai sacerdoti di Baal, perchè nessuna grandezzaspirituale si manifesta nel sacrificio di Baal, mentre nelsacrificio di Elia si manifesta subito la grandezza el’importanza di Jahve o Jehovah. È una vittoria che Eliariporta sui seguaci di Ahab. Poi viene mirabilmente nar-rato come Elia abbia un vicino, Naboth, come questoNaboth possegga un vigneto che Ahab, il Re, desideraacquistare. Naboth però non lo vuol cedere, perchè quelvigneto gli è sacro, avendolo egli ereditato da suo padre.

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Battista sullo sfondo di ciò che si presenta a noi nel Pro-feta Elia. Ora accennerò soltanto brevemente a quelloche si riferisce al Profeta Elia: perchè nell’ultima assem-blea generale della sezione Tedesca della società Teoso-fica a Berlino ho parlato dettagliatamente del ProfetaElia. Tutto ciò che la scienza dello Spirito, la ricerca oc-culta, ha da dire sul Profeta Elia viene completamenteconfermato da ciò che sta scritto nella Bibbia stessa,mentre se questa viene letta nel modo ordinario, granparte del capitolo che si riferisce a Elia riesce indubbia-mente poco chiaro. Richiamo l’attenzione soltanto soprail seguente fatto.

Si legge nella Bibbia che Elia, in certo qual modo,sfida l’intiero seguito e l’intiero popolo del re Ahab, sot-to il cui dominio egli vive; che egli contrappone sè stes-so ai sacerdoti di Baal, ai suoi avversari; che egli dispo-ne, in certo qual modo, due altari, sopra uno dei qualipermette ai sacerdoti di Baal di deporre le loro vittime,mentre sul suo altare depone le proprie, dimostrando poil’insussistenza di ciò che i suoi avversari affermano ri-guardo ai sacerdoti di Baal, perchè nessuna grandezzaspirituale si manifesta nel sacrificio di Baal, mentre nelsacrificio di Elia si manifesta subito la grandezza el’importanza di Jahve o Jehovah. È una vittoria che Eliariporta sui seguaci di Ahab. Poi viene mirabilmente nar-rato come Elia abbia un vicino, Naboth, come questoNaboth possegga un vigneto che Ahab, il Re, desideraacquistare. Naboth però non lo vuol cedere, perchè quelvigneto gli è sacro, avendolo egli ereditato da suo padre.

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Ora, due fatti ci vengono narrati dalla Bibbia: da un can-to, che Gezabella, la regina, diventa nemica di Elia e di-chiara che essa provvederà, perchè Elia venga ucciso,così come per mezzo del suo trionfo sull’altare, i suoiavversari, i sacerdoti di Baal, erano stati uccisi. Ma que-sta morte per mezzo di Gezabella non si verifica comeci viene raccontata nella Bibbia; invece si verifica un al-tro fatto. Naboth, il vicino del Re, viene invitato a unaspecie di festa espiatoria alla quale vengono invitati glialtri dignitari dello Stato, e in occasione di questa festa,egli viene assassinato per istigazione di Gezabella.

Possiamo dunque dire: la Bibbia sembra narrare cheNaboth viene ucciso per mezzo di Gezabella, ma Geza-bella non annunzia affatto di voler uccidere Naboth, sib-bene Elia. Questi fatti, dunque, non concordano. Suben-tra ora la ricerca occulta e dimostra: che con Elia si ha ache fare con uno spirito vasto, il quale si aggira, in certoqual modo, invisibilmente, nel paese di Ahab, ma chequesto spirito a volte penetra, per così dire, nell’animadi Naboth e la pervade, di guisa che Naboth è la perso-nalità fisica di Elia, e che quando si deve parlare dellapersonalità di Naboth, si parla della personalità fisica diElia, «Elia» è la figura invisibile nel senso della Bibbia– «Naboth» è la sua impronta visibile nel mondo fisico.Ho descritto tutto questo dettagliatamente nella confe-renza di Berlino, tenuta nell’Architektenhaus il 14 Di-cembre 1911, sopra «il Profeta Elia alla luce della scien-za dello Spirito». Ma se si approfondisce l’intiero spiritodell’opera di Elia, e si fa agire sull’anima nostra l’intie-

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Ora, due fatti ci vengono narrati dalla Bibbia: da un can-to, che Gezabella, la regina, diventa nemica di Elia e di-chiara che essa provvederà, perchè Elia venga ucciso,così come per mezzo del suo trionfo sull’altare, i suoiavversari, i sacerdoti di Baal, erano stati uccisi. Ma que-sta morte per mezzo di Gezabella non si verifica comeci viene raccontata nella Bibbia; invece si verifica un al-tro fatto. Naboth, il vicino del Re, viene invitato a unaspecie di festa espiatoria alla quale vengono invitati glialtri dignitari dello Stato, e in occasione di questa festa,egli viene assassinato per istigazione di Gezabella.

Possiamo dunque dire: la Bibbia sembra narrare cheNaboth viene ucciso per mezzo di Gezabella, ma Geza-bella non annunzia affatto di voler uccidere Naboth, sib-bene Elia. Questi fatti, dunque, non concordano. Suben-tra ora la ricerca occulta e dimostra: che con Elia si ha ache fare con uno spirito vasto, il quale si aggira, in certoqual modo, invisibilmente, nel paese di Ahab, ma chequesto spirito a volte penetra, per così dire, nell’animadi Naboth e la pervade, di guisa che Naboth è la perso-nalità fisica di Elia, e che quando si deve parlare dellapersonalità di Naboth, si parla della personalità fisica diElia, «Elia» è la figura invisibile nel senso della Bibbia– «Naboth» è la sua impronta visibile nel mondo fisico.Ho descritto tutto questo dettagliatamente nella confe-renza di Berlino, tenuta nell’Architektenhaus il 14 Di-cembre 1911, sopra «il Profeta Elia alla luce della scien-za dello Spirito». Ma se si approfondisce l’intiero spiritodell’opera di Elia, e si fa agire sull’anima nostra l’intie-

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ro spirito di Elia, quale viene descritto nella Bibbia, sipuò dire: che in Elia si presenta a noi anzitutto lo spiritodell’intiero popolo ebreo antico. Tutto ciò che anima epalpita nell’intiero popolo ebreo antico è contenuto nel-lo spirito di Elia. Possiamo parlare di lui come delloSpirito del popolo ebreo antico. Egli è troppo grande – ece lo dimostra appunto la ricerca spirituale scientifica –per poter dimorare completamente nell’anima della suafigura terrena, nell’anima di Naboth; egli aleggia, percosì dire, sopra di quella come una nube: ma egli non èsoltanto in Naboth, sibbene si aggira come un elementodella natura nell’intiero paese, e agisce nella pioggia enei raggi solari. Questo si palesa chiaramente, se si con-sidera l’intiera descrizione, la quale comincia subito coldire, che domina la siccità e la sterilità, ma che per mez-zo di ciò che Elia dispone per virtù del suo rapporto coimondi divini spirituali, vien rimediato alla siccità e allasterilità e provveduto a tutto ciò di cui il paese allora ab-bisognava. Egli opera come un elemento della natura,come una legge della natura stessa. E si potrebbe dire: ilmiglior modo per imparare ciò che opera nello spirito diElia, è quello di lasciar agire su di sè il centoquattresimoSalmo, con l’intiera descrizione di Jahve o Jehovah qua-le divinità della natura che agisce attraverso ogni cosa.Elia, ben inteso, non si deve però identificare con questaDivinità stessa: egli è l’immagine terrena di questa Divi-nità, egli è quell’immagine terrena che è al contempol’anima collettiva del popolo ebreo antico. Questo spiri-to di Elia è una specie di Jehovah differenziato, una spe-

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ro spirito di Elia, quale viene descritto nella Bibbia, sipuò dire: che in Elia si presenta a noi anzitutto lo spiritodell’intiero popolo ebreo antico. Tutto ciò che anima epalpita nell’intiero popolo ebreo antico è contenuto nel-lo spirito di Elia. Possiamo parlare di lui come delloSpirito del popolo ebreo antico. Egli è troppo grande – ece lo dimostra appunto la ricerca spirituale scientifica –per poter dimorare completamente nell’anima della suafigura terrena, nell’anima di Naboth; egli aleggia, percosì dire, sopra di quella come una nube: ma egli non èsoltanto in Naboth, sibbene si aggira come un elementodella natura nell’intiero paese, e agisce nella pioggia enei raggi solari. Questo si palesa chiaramente, se si con-sidera l’intiera descrizione, la quale comincia subito coldire, che domina la siccità e la sterilità, ma che per mez-zo di ciò che Elia dispone per virtù del suo rapporto coimondi divini spirituali, vien rimediato alla siccità e allasterilità e provveduto a tutto ciò di cui il paese allora ab-bisognava. Egli opera come un elemento della natura,come una legge della natura stessa. E si potrebbe dire: ilmiglior modo per imparare ciò che opera nello spirito diElia, è quello di lasciar agire su di sè il centoquattresimoSalmo, con l’intiera descrizione di Jahve o Jehovah qua-le divinità della natura che agisce attraverso ogni cosa.Elia, ben inteso, non si deve però identificare con questaDivinità stessa: egli è l’immagine terrena di questa Divi-nità, egli è quell’immagine terrena che è al contempol’anima collettiva del popolo ebreo antico. Questo spiri-to di Elia è una specie di Jehovah differenziato, una spe-

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cie di Jehovah terrestre, o pure è ciò che viene espressonell’Antico Testamento: il volto di Jehovah.

Considerato in questa guisa, ci si spiega in particolarmodo il fatto, che il medesimo spirito che vive nell’Elia– Naboth, sia ormai ricomparso in Giovanni il Battista.Come agisce esso in Giovanni Battista?

Nel senso della Bibbia – e specialmente nel senso delVangelo di Marco – egli opera anzitutto attraverso ciòche è il Battesimo. Che cosa è in realtà questo Battesi-mo? per quale ragione veramente esso viene eseguito daGiovanni il Battista su coloro che acconsentono a la-sciarsi battezzare? Occorre approfondire quale fosse ve-ramente l’azione esercitata da questo battesimo sul bat-tezzato. – Coloro che dovevano essere battezzati veniva-no immersi nell’acqua. Si verificava in essi allora ciòche si verifica, come spesso abbiamo descritto, quandoun uomo subisce una scossa psichica, quale può speri-mentare chi si trova davanti a un subitaneo pericolo dimorte, perchè, per esempio, è caduto nell’acqua e staper annegare, o è travolto da qualche frana; si verifica intal caso un rilasciamento del corpo eterico. Il corpo ete-rico esce parzialmente dal corpo fisico, e come conse-guenza – si verifica allora ciò che avviene semprenell’uomo immediatamente dopo la morte: si verifica,cioè, una specie di visione retrospettiva dell’ultima vita.Questo è un fatto ben noto, spesso descritto anche daipensatori materialisti della presente epoca. Succedevaqualcosa di simile anche col battesimo di Giovanni nelGiordano. La gente veniva immersa nell’acqua. Non era

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cie di Jehovah terrestre, o pure è ciò che viene espressonell’Antico Testamento: il volto di Jehovah.

Considerato in questa guisa, ci si spiega in particolarmodo il fatto, che il medesimo spirito che vive nell’Elia– Naboth, sia ormai ricomparso in Giovanni il Battista.Come agisce esso in Giovanni Battista?

Nel senso della Bibbia – e specialmente nel senso delVangelo di Marco – egli opera anzitutto attraverso ciòche è il Battesimo. Che cosa è in realtà questo Battesi-mo? per quale ragione veramente esso viene eseguito daGiovanni il Battista su coloro che acconsentono a la-sciarsi battezzare? Occorre approfondire quale fosse ve-ramente l’azione esercitata da questo battesimo sul bat-tezzato. – Coloro che dovevano essere battezzati veniva-no immersi nell’acqua. Si verificava in essi allora ciòche si verifica, come spesso abbiamo descritto, quandoun uomo subisce una scossa psichica, quale può speri-mentare chi si trova davanti a un subitaneo pericolo dimorte, perchè, per esempio, è caduto nell’acqua e staper annegare, o è travolto da qualche frana; si verifica intal caso un rilasciamento del corpo eterico. Il corpo ete-rico esce parzialmente dal corpo fisico, e come conse-guenza – si verifica allora ciò che avviene semprenell’uomo immediatamente dopo la morte: si verifica,cioè, una specie di visione retrospettiva dell’ultima vita.Questo è un fatto ben noto, spesso descritto anche daipensatori materialisti della presente epoca. Succedevaqualcosa di simile anche col battesimo di Giovanni nelGiordano. La gente veniva immersa nell’acqua. Non era

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un battesimo come quello che si usa oggidì: sibbene permezzo del battesimo di Giovanni si effettuava un rilas-samento del corpo eterico dell’uomo e la possibilità divedere di più di quello che con l’intelletto ordinario nonsi potesse comprendere. I battezzati vedevano la propriavita nello Spirito e anche le influenze che agivano suquesta vita nella spiritualità. Essi vedevano ciò che ilBattista insegnava, cioè, che l’antico tempo era compito,e che un tempo nuovo doveva iniziarsi. Nell’osservazio-ne chiaroveggente, che essi per pochi momenti potevanoavere durante l’immersione del battesimo, vedevano:«l’umanità è giunta a un punto di svolta nell’evoluzione:ciò che gli uomini hanno posseduto da lungo tempo,mentre facevano parte della collettività dell’anima digruppo, sta per estinguersi: devono presentarsi condizio-ni affatto nuove». Questo essi vedevano per mezzo delloro corpo eterico liberato. Un impulso nuovo, facoltànuove, devono venire agli uomini. Perciò il battesimo diGiovanni era un fatto di conoscenza. «Cambiate la dire-zione della vostra mente, non volgete più lo sguardo alpassato, verso il quale ancora sarebbe possibile di vol-gerlo, ma guardate qualcosa d’altro: il Dio che si puòmanifestare nell’Io umano sta per venire: i regni del Di-vino stanno per venire!» Il Battista non solo predicavaquesto, ma lo faceva conoscere a coloro che battezzavaimpartendo loro il battesimo nel Giordano. E coloro chevenivano battezzati, da allora in poi sapevano, per osser-vazione chiaroveggente propria, per quanto di brevissi-

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un battesimo come quello che si usa oggidì: sibbene permezzo del battesimo di Giovanni si effettuava un rilas-samento del corpo eterico dell’uomo e la possibilità divedere di più di quello che con l’intelletto ordinario nonsi potesse comprendere. I battezzati vedevano la propriavita nello Spirito e anche le influenze che agivano suquesta vita nella spiritualità. Essi vedevano ciò che ilBattista insegnava, cioè, che l’antico tempo era compito,e che un tempo nuovo doveva iniziarsi. Nell’osservazio-ne chiaroveggente, che essi per pochi momenti potevanoavere durante l’immersione del battesimo, vedevano:«l’umanità è giunta a un punto di svolta nell’evoluzione:ciò che gli uomini hanno posseduto da lungo tempo,mentre facevano parte della collettività dell’anima digruppo, sta per estinguersi: devono presentarsi condizio-ni affatto nuove». Questo essi vedevano per mezzo delloro corpo eterico liberato. Un impulso nuovo, facoltànuove, devono venire agli uomini. Perciò il battesimo diGiovanni era un fatto di conoscenza. «Cambiate la dire-zione della vostra mente, non volgete più lo sguardo alpassato, verso il quale ancora sarebbe possibile di vol-gerlo, ma guardate qualcosa d’altro: il Dio che si puòmanifestare nell’Io umano sta per venire: i regni del Di-vino stanno per venire!» Il Battista non solo predicavaquesto, ma lo faceva conoscere a coloro che battezzavaimpartendo loro il battesimo nel Giordano. E coloro chevenivano battezzati, da allora in poi sapevano, per osser-vazione chiaroveggente propria, per quanto di brevissi-

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ma durata, che le parole del Battista costituivano un fat-to storico del mondo.

È soltanto considerando tutto questo che lo spirito diElia, che agiva anche in Giovanni il Battista, ci apparenella sua giusta luce. Allora la questione ci appare inmodo, che Elia ci rappresenta lo Spirito del popoloebreo, lo spirito del popolo dell’Antico Testamento. CheSpirito era questo? Era già in un determinato modo loSpirito dell’Io; ma non è sorto come lo spirito del singo-lo uomo, sibbene è sorto in Elia come lo Spiritodell’intiero popolo. Egli era lo Spirito non differenziato.Ciò che doveva dimorare più tardi nel singolo uomo,era, in certo qual modo, in Elia, ancora l’Anima Collet-tiva del popolo antico ebraico. Ciò che doveva discen-dere come anima individuale in ogni singolo petto uma-no era ancora nei mondi supersensibili, quando si avvi-cinò l’epoca di Giovanni. Esso non era ancora in ognipetto umano: non poteva ancora vivere in Elia in modo,da scendere nella personalità singola di Naboth, sibbenepoteva aleggiare attorno alla singola personalità di Na-both; esso si manifestava però più precisamente in Elia-Naboth di quanto, in ultima analisi, non si manifestassein ogni singolo uomo appartenente al popolo ebraico an-tico. Che esso, che in certo qual modo aleggiava sopragli uomini e sulla loro storia, dovesse ormai sempre piùe più penetrare in ogni singolo petto individuale, questoera il grande fatto, che Elia-Giovanni stesso ormai an-nunziava, dicendo a un dipresso, mentre battezzava lagente: Ciò che fino ad ora stava soltanto nel mondo su-

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ma durata, che le parole del Battista costituivano un fat-to storico del mondo.

È soltanto considerando tutto questo che lo spirito diElia, che agiva anche in Giovanni il Battista, ci apparenella sua giusta luce. Allora la questione ci appare inmodo, che Elia ci rappresenta lo Spirito del popoloebreo, lo spirito del popolo dell’Antico Testamento. CheSpirito era questo? Era già in un determinato modo loSpirito dell’Io; ma non è sorto come lo spirito del singo-lo uomo, sibbene è sorto in Elia come lo Spiritodell’intiero popolo. Egli era lo Spirito non differenziato.Ciò che doveva dimorare più tardi nel singolo uomo,era, in certo qual modo, in Elia, ancora l’Anima Collet-tiva del popolo antico ebraico. Ciò che doveva discen-dere come anima individuale in ogni singolo petto uma-no era ancora nei mondi supersensibili, quando si avvi-cinò l’epoca di Giovanni. Esso non era ancora in ognipetto umano: non poteva ancora vivere in Elia in modo,da scendere nella personalità singola di Naboth, sibbenepoteva aleggiare attorno alla singola personalità di Na-both; esso si manifestava però più precisamente in Elia-Naboth di quanto, in ultima analisi, non si manifestassein ogni singolo uomo appartenente al popolo ebraico an-tico. Che esso, che in certo qual modo aleggiava sopragli uomini e sulla loro storia, dovesse ormai sempre piùe più penetrare in ogni singolo petto individuale, questoera il grande fatto, che Elia-Giovanni stesso ormai an-nunziava, dicendo a un dipresso, mentre battezzava lagente: Ciò che fino ad ora stava soltanto nel mondo su-

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persensibile e da questo esercitava la sua azione, dovràda voi ora essere accolto nelle vostre anime, come im-pulsi che dai regni dei cieli sono arrivati fino al cuoreumano. – Lo spirito stesso di Elia dimostra, come eglidebba oramai penetrare moltiplicato nei cuori umani, af-finchè gli uomini possano accogliere gradatamentel’impulso del Cristo durante il corso della storia delmondo. Il significato del battesimo di Giovanni era ap-punto questo, che Elia era pronto a preparare il postoper il Cristo; questo era contenuto nel fatto del battesi-mo di Giovanni nel Giordano. «Voglio fargli posto, vo-glio preparargli la via nei cuori degli uomini; non vogliopiù soltanto aleggiare sopra gli uomini, sibbene vogliopenetrare nei cuori umani perchè egli pure vi possa pe-netrare».

Stando così le cose, che dobbiamo aspettarci? È allo-ra naturale che ci si possa aspettare, che nel BattistaGiovanni si riaffacci, in un determinato modo, ciò chegià è stato da noi osservato in Elia: che riesca, cioè, pa-lese, che nella grandiosa figura del Battista non agiscesoltanto questa singola personalità, sibbene ciò che è piùdi questa singola personalità, ciò che aleggia comeun’aura sopra questa singola personalità, ma che nellasua attività si estende oltre questa singola personalità;insomma, ciò che vive come un’atmosfera fra coloro, inmezzo ai quali il Battista esercita la sua azione. PoichèElia aveva già operato come un’atmosfera, così possia-mo aspettarci che Elia operi di nuovo come un’atmosfe-ra in Giovanni il Battista. Anzi possiamo perfino aspet-

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persensibile e da questo esercitava la sua azione, dovràda voi ora essere accolto nelle vostre anime, come im-pulsi che dai regni dei cieli sono arrivati fino al cuoreumano. – Lo spirito stesso di Elia dimostra, come eglidebba oramai penetrare moltiplicato nei cuori umani, af-finchè gli uomini possano accogliere gradatamentel’impulso del Cristo durante il corso della storia delmondo. Il significato del battesimo di Giovanni era ap-punto questo, che Elia era pronto a preparare il postoper il Cristo; questo era contenuto nel fatto del battesi-mo di Giovanni nel Giordano. «Voglio fargli posto, vo-glio preparargli la via nei cuori degli uomini; non vogliopiù soltanto aleggiare sopra gli uomini, sibbene vogliopenetrare nei cuori umani perchè egli pure vi possa pe-netrare».

Stando così le cose, che dobbiamo aspettarci? È allo-ra naturale che ci si possa aspettare, che nel BattistaGiovanni si riaffacci, in un determinato modo, ciò chegià è stato da noi osservato in Elia: che riesca, cioè, pa-lese, che nella grandiosa figura del Battista non agiscesoltanto questa singola personalità, sibbene ciò che è piùdi questa singola personalità, ciò che aleggia comeun’aura sopra questa singola personalità, ma che nellasua attività si estende oltre questa singola personalità;insomma, ciò che vive come un’atmosfera fra coloro, inmezzo ai quali il Battista esercita la sua azione. PoichèElia aveva già operato come un’atmosfera, così possia-mo aspettarci che Elia operi di nuovo come un’atmosfe-ra in Giovanni il Battista. Anzi possiamo perfino aspet-

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tarci dell’altro; cioè, che questa entità spirituale di Elia,che ora è legata a Giovanni il Battista, continui spiritual-mente più oltre a esercitare la sua azione, quando il Bat-tista non sarà più, quando sarà partito. Che cosa deside-ra questa entità spirituale? Essa vuol preparare la via peril Cristo. Possiamo dunque dire: è possibile, che il Batti-sta se ne parta come persona fisica, ma la sua entità spi-rituale rimane come un’atmosfera spirituale sul suolo,nella contrada, dove ha esercitato la sua azione, e questaatmosfera spirituale prepara appunto il terreno sul qualeil Cristo può ormai compiere l’opera sua. Questo possia-mo aspettarci, e per meglio esprimerlo forse si può dire:«Giovanni il Battista è andato via, ma ciò che egli ècome spirito di Elia ancora rimane, e in questo il Cristopuò meglio agire: in quell’atmosfera egli può meglio ri-versare le sue parole, in essa egli può meglio imprimerele sue azioni – in quell’atmosfera, che è rimasta, ossianell’atmosfera di Elia». Questo è ciò che possiamoaspettarci. E che cosa ci vien detto nel Vangelo di Mar-co?

È straordinariamente caratteristico il fatto, che duevolte viene accennato nel Vangelo di Marco a ciò cheappunto ho espresso. La prima volta sta scritto: «Madopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesù andò nel-la Galilea, predicando il Vangelo dei Regni celesti»(Marco 1-14). Giovanni era dunque imprigionato, vale adire che la sua persona fisica era nell’impossibilità diagire, ma nell’atmosfera, ch’egli aveva creata, è pene-trata allora la figura del Cristo Gesù. E una seconda vol-

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tarci dell’altro; cioè, che questa entità spirituale di Elia,che ora è legata a Giovanni il Battista, continui spiritual-mente più oltre a esercitare la sua azione, quando il Bat-tista non sarà più, quando sarà partito. Che cosa deside-ra questa entità spirituale? Essa vuol preparare la via peril Cristo. Possiamo dunque dire: è possibile, che il Batti-sta se ne parta come persona fisica, ma la sua entità spi-rituale rimane come un’atmosfera spirituale sul suolo,nella contrada, dove ha esercitato la sua azione, e questaatmosfera spirituale prepara appunto il terreno sul qualeil Cristo può ormai compiere l’opera sua. Questo possia-mo aspettarci, e per meglio esprimerlo forse si può dire:«Giovanni il Battista è andato via, ma ciò che egli ècome spirito di Elia ancora rimane, e in questo il Cristopuò meglio agire: in quell’atmosfera egli può meglio ri-versare le sue parole, in essa egli può meglio imprimerele sue azioni – in quell’atmosfera, che è rimasta, ossianell’atmosfera di Elia». Questo è ciò che possiamoaspettarci. E che cosa ci vien detto nel Vangelo di Mar-co?

È straordinariamente caratteristico il fatto, che duevolte viene accennato nel Vangelo di Marco a ciò cheappunto ho espresso. La prima volta sta scritto: «Madopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesù andò nel-la Galilea, predicando il Vangelo dei Regni celesti»(Marco 1-14). Giovanni era dunque imprigionato, vale adire che la sua persona fisica era nell’impossibilità diagire, ma nell’atmosfera, ch’egli aveva creata, è pene-trata allora la figura del Cristo Gesù. E una seconda vol-

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ta il Vangelo di Marco accenna di nuovo, in modo signi-ficativo, allo stesso fatto; questo secondo accenno è ve-ramente grandioso. Occorre però leggere correttamenteil Vangelo di Marco. Se si continua fino al sesto capitolosi trova completamente descritto come il re Erode faces-se decapitare il Battista Giovanni. Ma cosa strana –dopo che la persona fisica di Giovanni fu non solo im-prigionata, ma eliminata con la morte, si cominciarono afare ogni specie di congetture. Ad alcuni sembrò che laforza miracolosa con la quale operava il Cristo Gesùprovenisse dal fatto, che il Cristo Gesù stesso era Elia –o uno dei Profeti. – Ma Erode attinge dalla sua coscien-za intimorita un presentimento strano. Quando egli odetutto ciò che avverrà per mezzo del Cristo Gesù, escla-ma: «Giovanni, che ho fatto decapitare, è risuscitato».Erode intuisce che è proprio quando non è più comepersonalità fisica, che Giovanni è veramente presente!Egli intuisce che l’atmosfera di Giovanni, la sua spiri-tualità – la quale altro non è che la spiritualità di Elia – èancora presente. Erode, dalla sua coscienza martoriata,osserva, che Giovanni il Battista – cioè Elia – ancora è;ma poi ci viene stranamente indicato, che il Cristo Gesùè venuto proprio nella contrada dove aveva operato Gio-vanni il Battista, dopo che questi aveva trovato la suamorte fisica. Vi è qua un passo mirabile, che vi prego diconsiderare in special modo, perchè non lo si deve tra-scurare; nei Vangeli le parole appunto non sono semplicifiori rettorici.

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ta il Vangelo di Marco accenna di nuovo, in modo signi-ficativo, allo stesso fatto; questo secondo accenno è ve-ramente grandioso. Occorre però leggere correttamenteil Vangelo di Marco. Se si continua fino al sesto capitolosi trova completamente descritto come il re Erode faces-se decapitare il Battista Giovanni. Ma cosa strana –dopo che la persona fisica di Giovanni fu non solo im-prigionata, ma eliminata con la morte, si cominciarono afare ogni specie di congetture. Ad alcuni sembrò che laforza miracolosa con la quale operava il Cristo Gesùprovenisse dal fatto, che il Cristo Gesù stesso era Elia –o uno dei Profeti. – Ma Erode attinge dalla sua coscien-za intimorita un presentimento strano. Quando egli odetutto ciò che avverrà per mezzo del Cristo Gesù, escla-ma: «Giovanni, che ho fatto decapitare, è risuscitato».Erode intuisce che è proprio quando non è più comepersonalità fisica, che Giovanni è veramente presente!Egli intuisce che l’atmosfera di Giovanni, la sua spiri-tualità – la quale altro non è che la spiritualità di Elia – èancora presente. Erode, dalla sua coscienza martoriata,osserva, che Giovanni il Battista – cioè Elia – ancora è;ma poi ci viene stranamente indicato, che il Cristo Gesùè venuto proprio nella contrada dove aveva operato Gio-vanni il Battista, dopo che questi aveva trovato la suamorte fisica. Vi è qua un passo mirabile, che vi prego diconsiderare in special modo, perchè non lo si deve tra-scurare; nei Vangeli le parole appunto non sono semplicifiori rettorici.

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I Vangeli non hanno ancora adottato lo stile giornali-stico. In quel passo sta scritto qualcosa di molto impor-tante: Cristo Gesù entrò nella folla di coloro che eranoseguaci e discepoli di Giovanni il Battista e questo vieneespresso con parole di cui va tenuto conto. «E nellosbarcare Gesù vide gran folla (questo non può alludereche ai seguaci di Giovanni) e n’ebbe compassione...».

Perchè compassione? Perchè essi avevano perduto illoro Maestro, perchè essi stanno là senza Giovanni, delquale sta detto, che poco prima essi avevano dato sepol-tura al suo corpo decapitato! Ma la ragione viene anchemaggiormente precisata: «... imperocchè erano comepecore senza pastore, e incominciò a insegnar loro mol-te cose». Non si può indicare più chiaramente il fatto,che il Cristo istruisce i seguaci di Giovanni. Egli liistruisce, perchè lo spirito di Elia, che è al contempo lospirito di Giovanni il Battista, è fra loro ancora attivo.Così in questo passo importante del Vangelo di Marcoviene nuovamente indicato, con forza drammatica,come, in ciò che lo spirito di Elia-Giovanni ha diffuso,sia penetrato lo Spirito del Cristo Gesù. Tutto ciò non èperò che un punto principale attorno al quale si raggrup-pano tante altre cose molto importanti. Vorrei far notaresoltanto un altro fatto.

Già varie volte ho detto, come più tardi questo spiritodi Elia-Giovanni sia stato ulteriormente attivo per mez-zo dei suoi impulsi nella storia del mondo. E poichè citroviamo fra antroposofi e possiamo approfondire i fattiocculti, ci è permesso di parlare della quistione. Spesso

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I Vangeli non hanno ancora adottato lo stile giornali-stico. In quel passo sta scritto qualcosa di molto impor-tante: Cristo Gesù entrò nella folla di coloro che eranoseguaci e discepoli di Giovanni il Battista e questo vieneespresso con parole di cui va tenuto conto. «E nellosbarcare Gesù vide gran folla (questo non può alludereche ai seguaci di Giovanni) e n’ebbe compassione...».

Perchè compassione? Perchè essi avevano perduto illoro Maestro, perchè essi stanno là senza Giovanni, delquale sta detto, che poco prima essi avevano dato sepol-tura al suo corpo decapitato! Ma la ragione viene anchemaggiormente precisata: «... imperocchè erano comepecore senza pastore, e incominciò a insegnar loro mol-te cose». Non si può indicare più chiaramente il fatto,che il Cristo istruisce i seguaci di Giovanni. Egli liistruisce, perchè lo spirito di Elia, che è al contempo lospirito di Giovanni il Battista, è fra loro ancora attivo.Così in questo passo importante del Vangelo di Marcoviene nuovamente indicato, con forza drammatica,come, in ciò che lo spirito di Elia-Giovanni ha diffuso,sia penetrato lo Spirito del Cristo Gesù. Tutto ciò non èperò che un punto principale attorno al quale si raggrup-pano tante altre cose molto importanti. Vorrei far notaresoltanto un altro fatto.

Già varie volte ho detto, come più tardi questo spiritodi Elia-Giovanni sia stato ulteriormente attivo per mez-zo dei suoi impulsi nella storia del mondo. E poichè citroviamo fra antroposofi e possiamo approfondire i fattiocculti, ci è permesso di parlare della quistione. Spesso

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ho accennato, che l’anima di Giovanni-Elia ricomparenel pittore Raffaello! Questo appartiene ai fatti, che pos-sono farci meglio osservare, come la metamorfosi delleanime si verifichi appunto mediante il grande cambia-mento arrecato dal mistero del Golgotha. Siccomenell’epoca post-cristiana anche un’anima di quel generedoveva agire in Raffaello per il tramite della singolapersonalità, per questa ragione – si potrebbe dire – ciòche negli antichi tempi aveva una tale vastità mondialericomparisce ormai in una personalità molto differenzia-ta, quale era Raffaello. Ma non vi sembra che si possasentire, che ciò che aleggiava come un’aura sopra Elia-Giovanni esiste pure in Raffaello? che anche in Raffael-lo vi è qualcosa di somigliante a quello che vi era neglialtri due, di cui si può dire: è troppo grande, per entrarenella singola personalità, aleggia sopra di essa, di guisache le rivelazioni che questa personalità fisica accoglie,operano come illuminazioni? Così veramente è stato perRaffaello! Esiste una prova apparentemente molto per-sonale, ma tuttavia una strana prova di questo fatto, unaprova alla quale già ho accennato a Monaco. Vorrei peròtornare qui sull’argomento, non per approfondire la per-sonalità del Battista, ma per parlare dell’intiera entitàElia-Giovanni e perciò anche dell’ulteriore esplicazionedell’anima di Elia-Giovanni in Raffaello. Chi desideras-se poi lealmente e coscienziosamente di approfondireciò che era Raffaello, deve essere dotato per tale lavorodi un senso speciale.

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ho accennato, che l’anima di Giovanni-Elia ricomparenel pittore Raffaello! Questo appartiene ai fatti, che pos-sono farci meglio osservare, come la metamorfosi delleanime si verifichi appunto mediante il grande cambia-mento arrecato dal mistero del Golgotha. Siccomenell’epoca post-cristiana anche un’anima di quel generedoveva agire in Raffaello per il tramite della singolapersonalità, per questa ragione – si potrebbe dire – ciòche negli antichi tempi aveva una tale vastità mondialericomparisce ormai in una personalità molto differenzia-ta, quale era Raffaello. Ma non vi sembra che si possasentire, che ciò che aleggiava come un’aura sopra Elia-Giovanni esiste pure in Raffaello? che anche in Raffael-lo vi è qualcosa di somigliante a quello che vi era neglialtri due, di cui si può dire: è troppo grande, per entrarenella singola personalità, aleggia sopra di essa, di guisache le rivelazioni che questa personalità fisica accoglie,operano come illuminazioni? Così veramente è stato perRaffaello! Esiste una prova apparentemente molto per-sonale, ma tuttavia una strana prova di questo fatto, unaprova alla quale già ho accennato a Monaco. Vorrei peròtornare qui sull’argomento, non per approfondire la per-sonalità del Battista, ma per parlare dell’intiera entitàElia-Giovanni e perciò anche dell’ulteriore esplicazionedell’anima di Elia-Giovanni in Raffaello. Chi desideras-se poi lealmente e coscienziosamente di approfondireciò che era Raffaello, deve essere dotato per tale lavorodi un senso speciale.

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Ho già cominciato a raccontarvi e a richiamare la vo-stra attenzione sul moderno storico d’arte ErmannoGrimm, al quale riusciva possibile di redigere con unacerta qual facilità la biografia di Michelangiolo, ma cheaveva provato tre volte di scrivere una specie di descri-zione della vita di Raffaello. Siccome Ermanno Grimmnon era un «erudito» comune (l’erudito comune natural-mente riesce a tutto), ma era un uomo universale, since-ro di cuore nelle sue ricerche e nelle sue investigazioni,egli ha voluto ammettere, dopo aver terminato ciò chedoveva essere una «vita di Raffaello», che non era affat-to una vita di Raffaello. Così egli ha dovuto sempre ri-tentare la prova, senza rimanere mai soddisfatto del pro-prio lavoro. E poco prima della sua morte si provò dinuovo (vedi le sue opere postume) ad avvicinarsi a Raf-faello per comprenderlo come era desiderio del suo cuo-re, e il titolo che doveva essere dato a questo nuovo sag-gio è già di per sè caratteristico, cioè, «Raffaello comepotenza mondiale». Perchè Grimm riteneva che, se ci siavvicina coscienziosamente a Raffaello, non lo si puòdescrivere se non come potenza mondiale, non lo si puòdescrivere se non si penetra con lo sguardo in ciò chestende la propria azione attraverso tutta la storia delmondo. È ben naturale che uno scrittore moderno, si po-trebbe dire – si trovi a disagio, nel disporre le sue paro-le, quando deve descrivere nel modo, che agli Evangeli-sti invece riusciva naturale. Il migliore degli scrittori sitroverebbe in tal caso imbarazzato a mettersi all’opera;nondimeno le figure che Grimm descrive, spesso gli

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Ho già cominciato a raccontarvi e a richiamare la vo-stra attenzione sul moderno storico d’arte ErmannoGrimm, al quale riusciva possibile di redigere con unacerta qual facilità la biografia di Michelangiolo, ma cheaveva provato tre volte di scrivere una specie di descri-zione della vita di Raffaello. Siccome Ermanno Grimmnon era un «erudito» comune (l’erudito comune natural-mente riesce a tutto), ma era un uomo universale, since-ro di cuore nelle sue ricerche e nelle sue investigazioni,egli ha voluto ammettere, dopo aver terminato ciò chedoveva essere una «vita di Raffaello», che non era affat-to una vita di Raffaello. Così egli ha dovuto sempre ri-tentare la prova, senza rimanere mai soddisfatto del pro-prio lavoro. E poco prima della sua morte si provò dinuovo (vedi le sue opere postume) ad avvicinarsi a Raf-faello per comprenderlo come era desiderio del suo cuo-re, e il titolo che doveva essere dato a questo nuovo sag-gio è già di per sè caratteristico, cioè, «Raffaello comepotenza mondiale». Perchè Grimm riteneva che, se ci siavvicina coscienziosamente a Raffaello, non lo si puòdescrivere se non come potenza mondiale, non lo si puòdescrivere se non si penetra con lo sguardo in ciò chestende la propria azione attraverso tutta la storia delmondo. È ben naturale che uno scrittore moderno, si po-trebbe dire – si trovi a disagio, nel disporre le sue paro-le, quando deve descrivere nel modo, che agli Evangeli-sti invece riusciva naturale. Il migliore degli scrittori sitroverebbe in tal caso imbarazzato a mettersi all’opera;nondimeno le figure che Grimm descrive, spesso gli

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strappano di bocca le parole adatte. È molto strano ilmodo come Ermanno Grimm parla di Raffaello nei pri-mi capitoli che ha scritti, poco prima della sua morte.Quando egli parla di Raffaello è proprio come se sentis-se nel suo cuore l’intuizione del rapporto fra quella figu-ra e quella di Elia-Giovanni. Egli dice: «Se per un mira-colo Michelangelo venisse richiamato dalla morte perrivivere fra noi, e io l’incontrassi, mi trarrei da parte conriverenza per lasciarlo passare; ma se incontrassi sulmio cammino Raffaello, lo seguirei, per cercare l’occa-sione di udire qualche parola dalle sue labbra. Per Leo-nardo e Michelangelo ci si può limitare a raccontare ciòche essi sono stati per i loro tempi; per Raffaello biso-gnerà prender le mosse da ciò che egli è per noi oggidì.Sopra quelli si è disteso un leggiero velo, ma non suRaffaello. Egli appartiene a coloro la cui crescenza perlungo tempo ancora non avrà termine; si possono imma-ginare sempre nuove generazioni di uomini a venire,alle quali Raffaello presenterà nuovi enimmi da risolve-re»1.

Ermanno Grimm descrive Raffaello come una poten-za mondiale, come uno spirito che trascorre secoli e mil-lenni, come uno spirito che non trova posto in un uomosingolo. Ma si leggono anche altre parole in ErmannoGrimm, che erompono – per così dire – dalla lealtà eonestà della sua anima. Esse sembrano voler esprimere,che attorno a Raffaello v’ha come una grande aura, chelo avvolge, così come lo Spirito di Elia aleggiava sopra

1 Frammenti di Ermanno Grimm, Parte 2a, pag. 171.

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strappano di bocca le parole adatte. È molto strano ilmodo come Ermanno Grimm parla di Raffaello nei pri-mi capitoli che ha scritti, poco prima della sua morte.Quando egli parla di Raffaello è proprio come se sentis-se nel suo cuore l’intuizione del rapporto fra quella figu-ra e quella di Elia-Giovanni. Egli dice: «Se per un mira-colo Michelangelo venisse richiamato dalla morte perrivivere fra noi, e io l’incontrassi, mi trarrei da parte conriverenza per lasciarlo passare; ma se incontrassi sulmio cammino Raffaello, lo seguirei, per cercare l’occa-sione di udire qualche parola dalle sue labbra. Per Leo-nardo e Michelangelo ci si può limitare a raccontare ciòche essi sono stati per i loro tempi; per Raffaello biso-gnerà prender le mosse da ciò che egli è per noi oggidì.Sopra quelli si è disteso un leggiero velo, ma non suRaffaello. Egli appartiene a coloro la cui crescenza perlungo tempo ancora non avrà termine; si possono imma-ginare sempre nuove generazioni di uomini a venire,alle quali Raffaello presenterà nuovi enimmi da risolve-re»1.

Ermanno Grimm descrive Raffaello come una poten-za mondiale, come uno spirito che trascorre secoli e mil-lenni, come uno spirito che non trova posto in un uomosingolo. Ma si leggono anche altre parole in ErmannoGrimm, che erompono – per così dire – dalla lealtà eonestà della sua anima. Esse sembrano voler esprimere,che attorno a Raffaello v’ha come una grande aura, chelo avvolge, così come lo Spirito di Elia aleggiava sopra

1 Frammenti di Ermanno Grimm, Parte 2a, pag. 171.

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Naboth. In questo modo soltanto si può esprimere ciòche Ermanno Grimm scrive:

«Raffaello è un cittadino della storia mondiale. Egli ècome uno dei quattro fiumi, che secondo la credenza delmondo antico provengono dal Paradiso»2.

Questo avrebbe potuto quasi scrivere un Evangelista,e così si potrebbe quasi scrivere di Elia! Cioè: anche lostorico moderno d’arte, se sente onestamente e lealmen-te, può sentire qualcosa di quei grandi impulsi mondialiche scorrono attraverso a tutte le epoche. Per compren-dere la moderna scienza dello Spirito, non occorre vera-mente altro che dare ascolto alle esigenze animiche espirituali di quegli uomini, i quali con tutte le loro aspi-razioni si sforzano di arrivare fino alla verità nei riguar-di dell’evoluzione dell’umanità.

Così si presenta a noi Giovanni il Battista; ed è beneche lo si senta in tal modo, non appena si apre il Vange-lo di Marco fin dalle prime parole, e di nuovo nel segui-to al sesto capitolo. La Bibbia non è destinata ad agirecome un libro di cultura moderna, in cui, per così dire,viene esposto alla gente molto «chiaramente» (almenocosì dicono), ciò che si deve leggere. Gran parte dei fattimisteriosi che ha da comunicare, la Bibbia li nascondenella formazione della narrazione, dietro alla composi-zione grandiosamente artistica della narrazione. E cosìanche gran parte di ciò che riguarda il fatto del Battista,essa lo nasconde nello svolgimento artistico occulto delcomponimento. A questo proposito richiamo la vostra

2 Ibidem, pag. 153.

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Naboth. In questo modo soltanto si può esprimere ciòche Ermanno Grimm scrive:

«Raffaello è un cittadino della storia mondiale. Egli ècome uno dei quattro fiumi, che secondo la credenza delmondo antico provengono dal Paradiso»2.

Questo avrebbe potuto quasi scrivere un Evangelista,e così si potrebbe quasi scrivere di Elia! Cioè: anche lostorico moderno d’arte, se sente onestamente e lealmen-te, può sentire qualcosa di quei grandi impulsi mondialiche scorrono attraverso a tutte le epoche. Per compren-dere la moderna scienza dello Spirito, non occorre vera-mente altro che dare ascolto alle esigenze animiche espirituali di quegli uomini, i quali con tutte le loro aspi-razioni si sforzano di arrivare fino alla verità nei riguar-di dell’evoluzione dell’umanità.

Così si presenta a noi Giovanni il Battista; ed è beneche lo si senta in tal modo, non appena si apre il Vange-lo di Marco fin dalle prime parole, e di nuovo nel segui-to al sesto capitolo. La Bibbia non è destinata ad agirecome un libro di cultura moderna, in cui, per così dire,viene esposto alla gente molto «chiaramente» (almenocosì dicono), ciò che si deve leggere. Gran parte dei fattimisteriosi che ha da comunicare, la Bibbia li nascondenella formazione della narrazione, dietro alla composi-zione grandiosamente artistica della narrazione. E cosìanche gran parte di ciò che riguarda il fatto del Battista,essa lo nasconde nello svolgimento artistico occulto delcomponimento. A questo proposito richiamo la vostra

2 Ibidem, pag. 153.

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attenzione su qualche cosa, che va forse accolta soltantocome sentimento, come verità sentita, ma dalla qualepotete vedere, che se ammettete altre verità, oltre quelledell’intelletto, il rapporto dello spirito o dell’anima diElia con lo spirito o l’anima di Giovanni il Battista sipuò trovare nella Bibbia. Osserviamo se questo è vero, ebrevemente, per quanto è possibile, lasciamo agire su dinoi un passo della descrizione di Elia tratto dal VecchioTestamento.

«Elia si partì e andò a Sarephta. E nell’arrivar ch’eifaceva alle porte della città si vide dinanzi una donnavedova che raccoglieva della legna e chiamolla, e le dis-se: Dammi un po’ d’acqua in un vaso, affinchè io beva.– E mentre ella andava per portargliene, le gridò dietro,e disse: Portami di grazia anche un tocco di pane collatua mano. – Rispose ella: Viva il Signore Dio tuo; delpane non ne ho, ma solo un po’ di farina in una pentola,quanto può capirne in una manata, e un pocolino di olioin un vaso; ora io raccoglierò due legna per andare acuocerla per me e pel mio figliolo, affin di mangiarla epoi morire. – Dissele Elia: Non temere, ma va e faiquello che hai detto; ma fa prima per me con quel po’ difarina una stiacciata cotta sotto la cenere, e portamela; epoi ne farai per te e pel tuo figliolo. – Ora il Signore Diod’Israele dice così: La farina della pentola non verràmeno, e il vaso dell’olio non calerà fino a quel giorno incui il Signore manderà pioggia sopra la terra. – E quellaandò, e fece come le aveva detto Elia; e mangiò egli, edessa, e la sua gente: e da quel giorno in poi la farina del-

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attenzione su qualche cosa, che va forse accolta soltantocome sentimento, come verità sentita, ma dalla qualepotete vedere, che se ammettete altre verità, oltre quelledell’intelletto, il rapporto dello spirito o dell’anima diElia con lo spirito o l’anima di Giovanni il Battista sipuò trovare nella Bibbia. Osserviamo se questo è vero, ebrevemente, per quanto è possibile, lasciamo agire su dinoi un passo della descrizione di Elia tratto dal VecchioTestamento.

«Elia si partì e andò a Sarephta. E nell’arrivar ch’eifaceva alle porte della città si vide dinanzi una donnavedova che raccoglieva della legna e chiamolla, e le dis-se: Dammi un po’ d’acqua in un vaso, affinchè io beva.– E mentre ella andava per portargliene, le gridò dietro,e disse: Portami di grazia anche un tocco di pane collatua mano. – Rispose ella: Viva il Signore Dio tuo; delpane non ne ho, ma solo un po’ di farina in una pentola,quanto può capirne in una manata, e un pocolino di olioin un vaso; ora io raccoglierò due legna per andare acuocerla per me e pel mio figliolo, affin di mangiarla epoi morire. – Dissele Elia: Non temere, ma va e faiquello che hai detto; ma fa prima per me con quel po’ difarina una stiacciata cotta sotto la cenere, e portamela; epoi ne farai per te e pel tuo figliolo. – Ora il Signore Diod’Israele dice così: La farina della pentola non verràmeno, e il vaso dell’olio non calerà fino a quel giorno incui il Signore manderà pioggia sopra la terra. – E quellaandò, e fece come le aveva detto Elia; e mangiò egli, edessa, e la sua gente: e da quel giorno in poi la farina del-

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la pentola non venne meno, e il vaso dell’olio non calò,secondo la parola detta dal Signore per bocca di Elia».(Libro III Re XVII, 10-16).

Che leggiamo in questo racconto di Elia? Leggiamodella venuta di Elia da una vedova, e di una maraviglio-sa moltiplicazione del pane. Per il fatto della presenzadello Spirito di Elia, sebbene vi sia poco pane, la care-stia non si verifica. Il pane si moltiplica – questo ci viendetto – dal momento in cui lo Spirito di Elia si presentaalla vedova. Per mezzo dello Spirito di Elia si verificaciò che vien qui descritto come moltiplicazione delpane, come donazione del pane. Si potrebbe dire:dall’Antico Testamento risplende il fatto, che per virtùdella comparsa di Elia viene effettuata una moltiplica-zione del pane. – E ora leggiamo il 6° Capitolo del Van-gelo di Marco. In questo vien raccontato anzitutto comeErode facesse decapitare Giovanni, e poi come il CristoGesù arrivasse alla folla dei seguaci di Giovanni; per-mettiamo ora a questo capitolo di esercitare la sua azio-ne sull’anima nostra.

«E nello sbarcare Gesù vide la gran folla, e n’ebbecompassione, imperocchè eran come pecore senza pa-store, e incominciò a insegnar loro molte cose. – E fa-cendosi tardi, se gli accostarono i discepoli a dirgli:Questo è un luogo deserto e l’ora è già avanzata. Licen-zia questa gente, affinchè vadano ne’ vicini villaggi ecastelli a comperarsi da mangiare. – Ma egli rispose loroe disse: Datele voi da mangiare. – Ed essi dissero: An-diamo a comperare per dugento denari di pane e le dare-

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la pentola non venne meno, e il vaso dell’olio non calò,secondo la parola detta dal Signore per bocca di Elia».(Libro III Re XVII, 10-16).

Che leggiamo in questo racconto di Elia? Leggiamodella venuta di Elia da una vedova, e di una maraviglio-sa moltiplicazione del pane. Per il fatto della presenzadello Spirito di Elia, sebbene vi sia poco pane, la care-stia non si verifica. Il pane si moltiplica – questo ci viendetto – dal momento in cui lo Spirito di Elia si presentaalla vedova. Per mezzo dello Spirito di Elia si verificaciò che vien qui descritto come moltiplicazione delpane, come donazione del pane. Si potrebbe dire:dall’Antico Testamento risplende il fatto, che per virtùdella comparsa di Elia viene effettuata una moltiplica-zione del pane. – E ora leggiamo il 6° Capitolo del Van-gelo di Marco. In questo vien raccontato anzitutto comeErode facesse decapitare Giovanni, e poi come il CristoGesù arrivasse alla folla dei seguaci di Giovanni; per-mettiamo ora a questo capitolo di esercitare la sua azio-ne sull’anima nostra.

«E nello sbarcare Gesù vide la gran folla, e n’ebbecompassione, imperocchè eran come pecore senza pa-store, e incominciò a insegnar loro molte cose. – E fa-cendosi tardi, se gli accostarono i discepoli a dirgli:Questo è un luogo deserto e l’ora è già avanzata. Licen-zia questa gente, affinchè vadano ne’ vicini villaggi ecastelli a comperarsi da mangiare. – Ma egli rispose loroe disse: Datele voi da mangiare. – Ed essi dissero: An-diamo a comperare per dugento denari di pane e le dare-

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mo da mangiare. – Ed egli rispose loro: Andate e vedetequanto pane abbiate. E veduto che ebbero, gli dissero:Cinque, e due pesci. – E ordinò loro che facesser sederetutta quella gente distribuita in tante tavolate sull’erbaverde. – E si misero a sedere divisi in brigate, qual dicento e qual di cinquanta uomini l’una. – E presi i cin-que pani e i due pesci, alzati gli occhi al cielo, benedissee spezzò i pani, e li diede ai suoi discepoli affinchè liponesser loro dinanzi; e divise fra tutti i due pesci. – Etutti mangiarono, e si satollarono» ecc.

Voi conoscete questo episodio: si tratta di nuovo diuna moltiplicazione dei pani per mezzo dello Spirito diElia-Giovanni. La Bibbia non parla proprio in modochiaro, come oggidì usa chiamarsi «chiaro», ma la Bib-bia ripone ciò che ha da dire nel modo come compone lanarrazione. E chi sa apprezzare le verità del sentimentodesidererà soffermarsi col proprio sentimento su quelpasso speciale, dove sta detto, che Elia arriva dalla ve-dova e moltiplica il pane, e dove poi l’Elia rincarnatoabbandona il corpo fisico e il Cristo Gesù si accinge ariprodurre nuovamente ciò che va indicato come unamoltiplicazione dei pani.

Questi sono i progressi interiori nella Bibbia; questisono i rapporti interiori. Essi ci indicano che in ultimaanalisi soltanto una vuota erudizione può parlare dellaBibbia come di una «raccolta di frammenti», e ci dimo-strano pure che si tratta di una conoscenza vera dellaBibbia, quando si riconosce ovunque in essa lo Spiritounitario che la compone, senza curarsi di sapere per ora

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mo da mangiare. – Ed egli rispose loro: Andate e vedetequanto pane abbiate. E veduto che ebbero, gli dissero:Cinque, e due pesci. – E ordinò loro che facesser sederetutta quella gente distribuita in tante tavolate sull’erbaverde. – E si misero a sedere divisi in brigate, qual dicento e qual di cinquanta uomini l’una. – E presi i cin-que pani e i due pesci, alzati gli occhi al cielo, benedissee spezzò i pani, e li diede ai suoi discepoli affinchè liponesser loro dinanzi; e divise fra tutti i due pesci. – Etutti mangiarono, e si satollarono» ecc.

Voi conoscete questo episodio: si tratta di nuovo diuna moltiplicazione dei pani per mezzo dello Spirito diElia-Giovanni. La Bibbia non parla proprio in modochiaro, come oggidì usa chiamarsi «chiaro», ma la Bib-bia ripone ciò che ha da dire nel modo come compone lanarrazione. E chi sa apprezzare le verità del sentimentodesidererà soffermarsi col proprio sentimento su quelpasso speciale, dove sta detto, che Elia arriva dalla ve-dova e moltiplica il pane, e dove poi l’Elia rincarnatoabbandona il corpo fisico e il Cristo Gesù si accinge ariprodurre nuovamente ciò che va indicato come unamoltiplicazione dei pani.

Questi sono i progressi interiori nella Bibbia; questisono i rapporti interiori. Essi ci indicano che in ultimaanalisi soltanto una vuota erudizione può parlare dellaBibbia come di una «raccolta di frammenti», e ci dimo-strano pure che si tratta di una conoscenza vera dellaBibbia, quando si riconosce ovunque in essa lo Spiritounitario che la compone, senza curarsi di sapere per ora

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chi sia questo Spirito unitario che la compone. Così civien presentato il Battista.

È molto strano come questo Battista stesso si trovi dinuovo posto nell’opera del Cristo Gesù. Due volte civien dunque indicato che effettivamente il Cristo Gesùpenetra nell’aura del Battista, penetra là dove, per cosìdire, la personalità fisica scomparisce sempre piùnell’ombra e finalmente si parte completamente dal pia-no fisico. Ma dopo, proprio dal semplice Vangelo diMarco, ci viene indicato con chiare parole, quanto tuttoveramente vada diventando diverso per effetto della pe-netrazione del Cristo Gesù nell’elemento appunto diElia-Giovanni; ci viene indicato come un impulso affat-to nuovo sia entrato a quel modo nel mondo.

Per comprendere questo, occorre abbracciare con losguardo l’intiera descrizione data nel Vangelo, dal mo-mento in cui il Cristo si presenta, dopo l’imprigiona-mento di Giovanni il Battista, per parlare dei regni divi-ni – fin dove si parla dell’uccisione di Giovanni per or-dine di Erode, e poi di nuovo nei capitoli che seguono.Prendiamo tutte queste narrazioni fino alla storia di Ero-de e troviamo che se le si considerano nel loro vero ca-rattere, esse tendono tutte a rendere più evidentel’essenza del Cristo Gesù. Già ieri si è accennato, chequesta essenzialità del Cristo Gesù opera in modo, cheegli vien riconosciuto, non soltanto dagli uomini, mavien riconosciuto anche dagli spiriti, dai quali i demo-niaci sono posseduti, di guisa che anche le entità super-sensibili lo riconoscono. Questo ci si affaccia a noi dap-

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chi sia questo Spirito unitario che la compone. Così civien presentato il Battista.

È molto strano come questo Battista stesso si trovi dinuovo posto nell’opera del Cristo Gesù. Due volte civien dunque indicato che effettivamente il Cristo Gesùpenetra nell’aura del Battista, penetra là dove, per cosìdire, la personalità fisica scomparisce sempre piùnell’ombra e finalmente si parte completamente dal pia-no fisico. Ma dopo, proprio dal semplice Vangelo diMarco, ci viene indicato con chiare parole, quanto tuttoveramente vada diventando diverso per effetto della pe-netrazione del Cristo Gesù nell’elemento appunto diElia-Giovanni; ci viene indicato come un impulso affat-to nuovo sia entrato a quel modo nel mondo.

Per comprendere questo, occorre abbracciare con losguardo l’intiera descrizione data nel Vangelo, dal mo-mento in cui il Cristo si presenta, dopo l’imprigiona-mento di Giovanni il Battista, per parlare dei regni divi-ni – fin dove si parla dell’uccisione di Giovanni per or-dine di Erode, e poi di nuovo nei capitoli che seguono.Prendiamo tutte queste narrazioni fino alla storia di Ero-de e troviamo che se le si considerano nel loro vero ca-rattere, esse tendono tutte a rendere più evidentel’essenza del Cristo Gesù. Già ieri si è accennato, chequesta essenzialità del Cristo Gesù opera in modo, cheegli vien riconosciuto, non soltanto dagli uomini, mavien riconosciuto anche dagli spiriti, dai quali i demo-niaci sono posseduti, di guisa che anche le entità super-sensibili lo riconoscono. Questo ci si affaccia a noi dap-

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prima con spiccata evidenza, ma poi ci si palesa comeciò che dimora nel Cristo Gesù sia nondimeno qualchecosa di diverso da ciò che viveva in Elia-Naboth, per ilfatto che lo spirito di Elia non poteva completamenteentrare in Naboth. L’intenzione del Vangelo di Marco,dunque, è quella di narrare, come ciò che è il Cristo pe-netri completamente nel Gesù di Nazareth, ne riempiacompletamente la personalità terrena che aveva, e chenel Cristo agisce ciò che si riconosce quale Io umanouniversale. Che cosa spaventa talmente i demoni, cheossessionano gli uomini, quando il Cristo Gesù si fa loroincontro? È il fatto, che essi devono dirgli: «Tu sei co-lui, che porta Iddio in sè!» e che lo riconoscono comeuna Potenza divina nell’umanità, che costringe i demonia riconoscerla e a uscire dagli uomini, per virtù dellaPotenza di ciò che risiede nella personalità dell’uomo.Ecco la ragione per cui questa figura viene elaborata eposta in tale rilievo nei primi capitoli del Vangelo diMarco; essa, in un determinato modo, è come il contrap-posto di Elia-Naboth e anche di Elia-Giovanni. Mentrein questi non poteva dimorare completamente ciò che neera l’elemento vivificatore, invece nel Cristo Gesù que-sto elemento animatore è completamente contenuto.Perciò il Cristo Gesù, sebbene viva in lui un principiocosmico, sta posto di fronte agli altri uomini, anche acoloro che guarisce, del tutto individualmente, qualesingola Personalità umana.

Di solito le descrizioni che si riferiscono al passatovengono accolte nell’epoca nostra in un senso particola-

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prima con spiccata evidenza, ma poi ci si palesa comeciò che dimora nel Cristo Gesù sia nondimeno qualchecosa di diverso da ciò che viveva in Elia-Naboth, per ilfatto che lo spirito di Elia non poteva completamenteentrare in Naboth. L’intenzione del Vangelo di Marco,dunque, è quella di narrare, come ciò che è il Cristo pe-netri completamente nel Gesù di Nazareth, ne riempiacompletamente la personalità terrena che aveva, e chenel Cristo agisce ciò che si riconosce quale Io umanouniversale. Che cosa spaventa talmente i demoni, cheossessionano gli uomini, quando il Cristo Gesù si fa loroincontro? È il fatto, che essi devono dirgli: «Tu sei co-lui, che porta Iddio in sè!» e che lo riconoscono comeuna Potenza divina nell’umanità, che costringe i demonia riconoscerla e a uscire dagli uomini, per virtù dellaPotenza di ciò che risiede nella personalità dell’uomo.Ecco la ragione per cui questa figura viene elaborata eposta in tale rilievo nei primi capitoli del Vangelo diMarco; essa, in un determinato modo, è come il contrap-posto di Elia-Naboth e anche di Elia-Giovanni. Mentrein questi non poteva dimorare completamente ciò che neera l’elemento vivificatore, invece nel Cristo Gesù que-sto elemento animatore è completamente contenuto.Perciò il Cristo Gesù, sebbene viva in lui un principiocosmico, sta posto di fronte agli altri uomini, anche acoloro che guarisce, del tutto individualmente, qualesingola Personalità umana.

Di solito le descrizioni che si riferiscono al passatovengono accolte nell’epoca nostra in un senso particola-

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re. Specialmente molti degli attuali naturalisti, «moni-sti», come usano pure chiamarsi, quando vogliono pro-spettare delle concezioni del mondo, accolgono quelledescrizioni in un senso affatto peculiare. Si potrebbeprecisare il loro atteggiamento dicendo: questi buoniscienziati, questi buoni filosofi naturalisti, alberganosempre intimamente l’idea, sebbene imbarazzati a espri-merla, che sarebbe stato meglio, se il buon Dio avessedato loro l’incarico di ordinare il mondo; perchèl’avrebbero organizzato meglio. Consideriamo uno diquesti naturalisti scienziati, che giurano che la saggezzaè giunta agli uomini soltanto negli ultimi venti anni (al-tri ritengono soltanto da cinque anni, e chiamano pre-giudizi ciò che è anteriore all’ultimo quinquennio); eglirimpiangerà sopratutto profondamente il fatto, chequando il Cristo Gesù si aggirava sulla Terra, non vi fos-se ancora la medicina moderna fondata sulla scienza na-turale con tutti i diversi suoi mezzi; perchè sarebbe statomeglio che tutti – come, per esempio, la suocera di Si-mone e anche gli altri – fossero stati guariti coi mezzidella medicina attuale, perchè a parer loro sarebbe com-pletamente perfetto un Signore Iddio che ordinasse ilproprio intelletto in conformità dei concetti degli scien-ziati naturalisti moderni; Egli non avrebbe dovuto fareaspettare agli uomini per tanto tempo l’erudizione natu-ralista moderna; ma il mondo pur troppo, quale lo hafatto il Signore Iddio, è alquanto abborracciato, rispettoa ciò che uno scienziato naturalista ne avrebbe fatto.Non lo dicono apertamente, si sentono imbarazzati a

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re. Specialmente molti degli attuali naturalisti, «moni-sti», come usano pure chiamarsi, quando vogliono pro-spettare delle concezioni del mondo, accolgono quelledescrizioni in un senso affatto peculiare. Si potrebbeprecisare il loro atteggiamento dicendo: questi buoniscienziati, questi buoni filosofi naturalisti, alberganosempre intimamente l’idea, sebbene imbarazzati a espri-merla, che sarebbe stato meglio, se il buon Dio avessedato loro l’incarico di ordinare il mondo; perchèl’avrebbero organizzato meglio. Consideriamo uno diquesti naturalisti scienziati, che giurano che la saggezzaè giunta agli uomini soltanto negli ultimi venti anni (al-tri ritengono soltanto da cinque anni, e chiamano pre-giudizi ciò che è anteriore all’ultimo quinquennio); eglirimpiangerà sopratutto profondamente il fatto, chequando il Cristo Gesù si aggirava sulla Terra, non vi fos-se ancora la medicina moderna fondata sulla scienza na-turale con tutti i diversi suoi mezzi; perchè sarebbe statomeglio che tutti – come, per esempio, la suocera di Si-mone e anche gli altri – fossero stati guariti coi mezzidella medicina attuale, perchè a parer loro sarebbe com-pletamente perfetto un Signore Iddio che ordinasse ilproprio intelletto in conformità dei concetti degli scien-ziati naturalisti moderni; Egli non avrebbe dovuto fareaspettare agli uomini per tanto tempo l’erudizione natu-ralista moderna; ma il mondo pur troppo, quale lo hafatto il Signore Iddio, è alquanto abborracciato, rispettoa ciò che uno scienziato naturalista ne avrebbe fatto.Non lo dicono apertamente, si sentono imbarazzati a

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dirlo; ma si può leggere fra le righe. Bisogna pur dare illoro vero nome alle cose che frullano oggidì nel capodegli scienziati naturalisti materialisti. E se si parlasseuna volta a quattr’occhi con uno di essi, potrebbe pro-prio capitare di sentirsi dire: Non si può veramente farea meno di essere atei, quando si vede quanto poco,all’epoca del Cristo Gesù, il Signore Iddio abbia saputoavvalersi dei metodi della scienza naturale moderna perguarire gli uomini!

A una cosa però gli uomini non riflettono; la parolaevoluzione, che tanto spesso pronunziano, deve esserepresa seriamente e onestamente; e perchè il mondo arri-vi al suo scopo, occorre che tutto venga compresonell’evoluzione e non si segua soltanto il progetto che lascienza naturale moderna vorrebbe stabilire, se fosse in-caricata di creare un mondo. Ma si pensa a questomodo, perchè non si sa ancora bene, che l’intiera costi-tuzione dell’uomo, la connessione dei corpi più sottili,era prima completamente diversa. A quell’epoca non sisarebbe ottenuto nessun risultato nelle personalità uma-ne con i metodi della scienza naturale. Il corpo etericoera allora molto più attivo, più forte, di quello che ogginon sia; si poteva agire allora sul corpo fisico in modoaffatto diverso, per la via indiretta del corpo eterico. E aquell’epoca, l’azione che si otteneva quando, per esem-pio – si può dire chiaramente – si curava con i sentimen-ti, quando il sentimento si riversava da una personanell’altra, era ben diversa dall’effetto che oggi ne risul-terebbe.

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dirlo; ma si può leggere fra le righe. Bisogna pur dare illoro vero nome alle cose che frullano oggidì nel capodegli scienziati naturalisti materialisti. E se si parlasseuna volta a quattr’occhi con uno di essi, potrebbe pro-prio capitare di sentirsi dire: Non si può veramente farea meno di essere atei, quando si vede quanto poco,all’epoca del Cristo Gesù, il Signore Iddio abbia saputoavvalersi dei metodi della scienza naturale moderna perguarire gli uomini!

A una cosa però gli uomini non riflettono; la parolaevoluzione, che tanto spesso pronunziano, deve esserepresa seriamente e onestamente; e perchè il mondo arri-vi al suo scopo, occorre che tutto venga compresonell’evoluzione e non si segua soltanto il progetto che lascienza naturale moderna vorrebbe stabilire, se fosse in-caricata di creare un mondo. Ma si pensa a questomodo, perchè non si sa ancora bene, che l’intiera costi-tuzione dell’uomo, la connessione dei corpi più sottili,era prima completamente diversa. A quell’epoca non sisarebbe ottenuto nessun risultato nelle personalità uma-ne con i metodi della scienza naturale. Il corpo etericoera allora molto più attivo, più forte, di quello che ogginon sia; si poteva agire allora sul corpo fisico in modoaffatto diverso, per la via indiretta del corpo eterico. E aquell’epoca, l’azione che si otteneva quando, per esem-pio – si può dire chiaramente – si curava con i sentimen-ti, quando il sentimento si riversava da una personanell’altra, era ben diversa dall’effetto che oggi ne risul-terebbe.

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Quando il corpo eterico era veramente più forte e do-minava ancora il corpo fisico, ciò che si chiamano imezzi curativi psichico-spirituali potevano esercitare laloro azione in modo affatto diverso. Gli uomini avevanouna costituzione diversa e dovevano perciò essere curatidiversamente. Se s’ignora questo fatto, come scienziatonaturalista si potrà dire: «Non crediamo più ai miracoli;e ciò che vien detto delle guarigioni tratta appunto di«miracoli» e va scartato». E quando si è un illustre teo-logo moderno ci si trova in speciale imbarazzo; si vor-rebbe sostenere la verità dei fatti, ma invasi dai precon-cetti moderni che così non si può curare e che si tratta di«miracoli», si escogitano allora tutte le possibili spiega-zioni sulla possibilità o impossibilità dei miracoli. Unacosa però non si sa: e cioè, che tutti i fatti descritti nelVangelo di Marco, fino al sesto capitolo, non costituiva-no per quei tempi affatto dei miracoli, così come oggidìnon si tratterebbe di un miracolo, se con un qualsiasi ri-medio s’influisse sopra una funzione qualsiasi dell’orga-nismo umano. Nessun uomo avrebbe allora consideratocome un miracolo, se qualcuno avesse detto a un lebbro-so, stendendo la mano: «Io voglio, sii mondato!» Tuttociò che veniva a quel modo naturalmente trasfuso costi-tuiva appunto il mezzo curativo. Oggidì non potrebbepiù agire, perchè attualmente l’intiera connessione delcorpo eterico umano e del corpo fisico è completamentediversa. Ma a quei tempi i medici per lo più curavano aquel modo. Perciò non vi è niente di straordinario che ilCristo Gesù abbia curato i lebbrosi per mezzo della

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Quando il corpo eterico era veramente più forte e do-minava ancora il corpo fisico, ciò che si chiamano imezzi curativi psichico-spirituali potevano esercitare laloro azione in modo affatto diverso. Gli uomini avevanouna costituzione diversa e dovevano perciò essere curatidiversamente. Se s’ignora questo fatto, come scienziatonaturalista si potrà dire: «Non crediamo più ai miracoli;e ciò che vien detto delle guarigioni tratta appunto di«miracoli» e va scartato». E quando si è un illustre teo-logo moderno ci si trova in speciale imbarazzo; si vor-rebbe sostenere la verità dei fatti, ma invasi dai precon-cetti moderni che così non si può curare e che si tratta di«miracoli», si escogitano allora tutte le possibili spiega-zioni sulla possibilità o impossibilità dei miracoli. Unacosa però non si sa: e cioè, che tutti i fatti descritti nelVangelo di Marco, fino al sesto capitolo, non costituiva-no per quei tempi affatto dei miracoli, così come oggidìnon si tratterebbe di un miracolo, se con un qualsiasi ri-medio s’influisse sopra una funzione qualsiasi dell’orga-nismo umano. Nessun uomo avrebbe allora consideratocome un miracolo, se qualcuno avesse detto a un lebbro-so, stendendo la mano: «Io voglio, sii mondato!» Tuttociò che veniva a quel modo naturalmente trasfuso costi-tuiva appunto il mezzo curativo. Oggidì non potrebbepiù agire, perchè attualmente l’intiera connessione delcorpo eterico umano e del corpo fisico è completamentediversa. Ma a quei tempi i medici per lo più curavano aquel modo. Perciò non vi è niente di straordinario che ilCristo Gesù abbia curato i lebbrosi per mezzo della

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compassione e dell’apposizione delle mani; era cosa na-turale per quei tempi. Ciò che va rilevato in quel capito-lo è qualcosa di affatto diverso e che deve essere osser-vato bene e giustamente.

Gittiamo uno sguardo sul modo in cui, per esempio, imedici minori o maggiori venivano allora educati. Era-no educati in scuole, ordinate accanto alle scuole deiMisteri, e disponevano di forze, che dai mondi spiritualiagivano attraverso di loro, di guisa che i medici che cu-ravano a quei tempi erano, in certo qual modo, mediato-ri delle forze supersensibili. Essi trasferivano le forzesupersensibili attraverso la propria medianità, e a questavenivano elevati nelle scuole mediche dei Misteri.Quando un medico siffatto apponeva le mani sul malato,non affluivano le sue forze sul malato, sibbene affluiva-no forze dal mondo supersensibile; e il fatto, che eglipotesse servire di canale all’azione di forze supersensi-bili, si verificava per virtù della sua iniziazione nellescuole dei Misteri. E la notizia che un lebbroso o un feb-bricitante fosse stato guarito per mezzo di processi psi-chici siffatti, non sarebbe sembrata particolarmente stra-na agli uomini di quei tempi. Il fatto importante non erache venissero effettuate delle guarigioni, bensì, che sipresentò un uomo, il quale, senza essere stato nellescuole dei Misteri, poteva guarire a quel modo, il fattoche sorse un uomo, nel quale la forza, che affluiva daimondi superiori, stava riposta nel cuore, nell’animastessa, e che questa forza era diventata forza personale,individuale. Doveva essere stabilito il fatto, che il tempo

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compassione e dell’apposizione delle mani; era cosa na-turale per quei tempi. Ciò che va rilevato in quel capito-lo è qualcosa di affatto diverso e che deve essere osser-vato bene e giustamente.

Gittiamo uno sguardo sul modo in cui, per esempio, imedici minori o maggiori venivano allora educati. Era-no educati in scuole, ordinate accanto alle scuole deiMisteri, e disponevano di forze, che dai mondi spiritualiagivano attraverso di loro, di guisa che i medici che cu-ravano a quei tempi erano, in certo qual modo, mediato-ri delle forze supersensibili. Essi trasferivano le forzesupersensibili attraverso la propria medianità, e a questavenivano elevati nelle scuole mediche dei Misteri.Quando un medico siffatto apponeva le mani sul malato,non affluivano le sue forze sul malato, sibbene affluiva-no forze dal mondo supersensibile; e il fatto, che eglipotesse servire di canale all’azione di forze supersensi-bili, si verificava per virtù della sua iniziazione nellescuole dei Misteri. E la notizia che un lebbroso o un feb-bricitante fosse stato guarito per mezzo di processi psi-chici siffatti, non sarebbe sembrata particolarmente stra-na agli uomini di quei tempi. Il fatto importante non erache venissero effettuate delle guarigioni, bensì, che sipresentò un uomo, il quale, senza essere stato nellescuole dei Misteri, poteva guarire a quel modo, il fattoche sorse un uomo, nel quale la forza, che affluiva daimondi superiori, stava riposta nel cuore, nell’animastessa, e che questa forza era diventata forza personale,individuale. Doveva essere stabilito il fatto, che il tempo

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è compito, che l’uomo ormai non può più essere tale daservire di canale alle forze supersensibili; ciò deve ter-minare. E anche a coloro che si lasciavano battezzare daGiovanni nel Giordano era risultato evidente che questotempo doveva terminare, e che tutto ciò che sarebbe sta-to fatto nell’avvenire dovrebbe effettuarsi attraverso l’Ioumano, per mezzo di ciò che deve dimorare nell’intimocentro divino dell’uomo – essi vedevano che là fra gliuomini, vi era Uno, il quale per virtù propria operavaciò che gli altri effettuavano per mezzo dell’aiuto che adessi affluiva da coloro, che vivono nei mondi supersen-sibili.

Chi volesse descrivere dunque i processi di guarigio-ne come qualcosa di straordinario non coglierebbe affat-to il senso della Bibbia. Tutto ciò non era straordinarioall’epoca del tramonto dei tempi antichi, in cui tali gua-rigioni ancora potevano effettuarsi, e in cui vien detto,che il Cristo compie guarigioni all’ora del tramonto –ma le compie con le forze nuove, che da allora in poidovevano esservi. Perciò anche con massima chiarezza,che nulla potrebbe velare, viene dimostrato, come il Cri-sto Gesù eserciti la sua azione completamente da uomoa uomo. Dappertutto viene detto, che Egli agisce dauomo a uomo. Questo fatto risulta specialmente chiaro,là dove il Cristo Gesù guarisce la donna, al 5° Capitolodel Vangelo di Marco. Egli la guarisce per il fatto cheessa si avvicina a lui, afferra il suo abito, ed Egli si ac-corge che una corrente di forza è uscita da lui. Nellanarrazione ci vien descritto: La donna si avvicina al Cri-

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è compito, che l’uomo ormai non può più essere tale daservire di canale alle forze supersensibili; ciò deve ter-minare. E anche a coloro che si lasciavano battezzare daGiovanni nel Giordano era risultato evidente che questotempo doveva terminare, e che tutto ciò che sarebbe sta-to fatto nell’avvenire dovrebbe effettuarsi attraverso l’Ioumano, per mezzo di ciò che deve dimorare nell’intimocentro divino dell’uomo – essi vedevano che là fra gliuomini, vi era Uno, il quale per virtù propria operavaciò che gli altri effettuavano per mezzo dell’aiuto che adessi affluiva da coloro, che vivono nei mondi supersen-sibili.

Chi volesse descrivere dunque i processi di guarigio-ne come qualcosa di straordinario non coglierebbe affat-to il senso della Bibbia. Tutto ciò non era straordinarioall’epoca del tramonto dei tempi antichi, in cui tali gua-rigioni ancora potevano effettuarsi, e in cui vien detto,che il Cristo compie guarigioni all’ora del tramonto –ma le compie con le forze nuove, che da allora in poidovevano esservi. Perciò anche con massima chiarezza,che nulla potrebbe velare, viene dimostrato, come il Cri-sto Gesù eserciti la sua azione completamente da uomoa uomo. Dappertutto viene detto, che Egli agisce dauomo a uomo. Questo fatto risulta specialmente chiaro,là dove il Cristo Gesù guarisce la donna, al 5° Capitolodel Vangelo di Marco. Egli la guarisce per il fatto cheessa si avvicina a lui, afferra il suo abito, ed Egli si ac-corge che una corrente di forza è uscita da lui. Nellanarrazione ci vien descritto: La donna si avvicina al Cri-

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sto Gesù, afferra la sua veste; egli dapprima non fa nien-te. Essa fa qualcosa, afferra, cioè, l’abito del Cristo. Unacorrente di forza si parte da lui. Per quale ragione? Nonperchè Egli abbia stavolta emanato quella corrente, sib-bene perchè essa glie l’ha sottratta! Ed Egli non se neaccorge che più tardi; questo viene chiaramente detto. Equando Egli se ne accorge, come si esprime? «Figlia, latua fede ti ha salvata: va in pace, e sii guarita del tuomale». Egli stesso si accorge soltanto allora, mentre stalì, come il Regno Divino affluisca nella sua interiorità eda questa scorra fuori. Egli non sta di fronte ai suoi pa-zienti come stavano gli antichi medici che guarivano daidemonii. Allora il paziente poteva credere, o non crede-re: la forza che scorreva per il tramite del medico si ri-versava nel malato. Ormai però, che si trattava dell’Io,questo Io doveva collaborare, ora tutto diventava indivi-dualizzato. Ciò che importa è la descrizione appunto diquesto e non del fatto, per quei tempi naturale, che sipotesse agire sul corpo attraverso l’anima; si trattavadunque che con l’inizio della nuova epoca l’Io dovesseentrare in rapporto con l’Io. Prima la spiritualità stavanei mondi superiori, aleggiava sopra gli uomini; ora i re-gni dei cieli si erano avvicinati e dovevano penetrare neicuori degli uomini, dovevano dimorare nei cuori degliuomini come in un centro. Questo è ciò di cui si tratta.Per una tale concezione del mondo il fisico esteriore e ilmorale interiore confluivano in modo nuovo, in modo,che per i tempi anteriori alla fondazione del Cristianesi-mo fino ad oggi non poteva esistere che la fede – e da

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sto Gesù, afferra la sua veste; egli dapprima non fa nien-te. Essa fa qualcosa, afferra, cioè, l’abito del Cristo. Unacorrente di forza si parte da lui. Per quale ragione? Nonperchè Egli abbia stavolta emanato quella corrente, sib-bene perchè essa glie l’ha sottratta! Ed Egli non se neaccorge che più tardi; questo viene chiaramente detto. Equando Egli se ne accorge, come si esprime? «Figlia, latua fede ti ha salvata: va in pace, e sii guarita del tuomale». Egli stesso si accorge soltanto allora, mentre stalì, come il Regno Divino affluisca nella sua interiorità eda questa scorra fuori. Egli non sta di fronte ai suoi pa-zienti come stavano gli antichi medici che guarivano daidemonii. Allora il paziente poteva credere, o non crede-re: la forza che scorreva per il tramite del medico si ri-versava nel malato. Ormai però, che si trattava dell’Io,questo Io doveva collaborare, ora tutto diventava indivi-dualizzato. Ciò che importa è la descrizione appunto diquesto e non del fatto, per quei tempi naturale, che sipotesse agire sul corpo attraverso l’anima; si trattavadunque che con l’inizio della nuova epoca l’Io dovesseentrare in rapporto con l’Io. Prima la spiritualità stavanei mondi superiori, aleggiava sopra gli uomini; ora i re-gni dei cieli si erano avvicinati e dovevano penetrare neicuori degli uomini, dovevano dimorare nei cuori degliuomini come in un centro. Questo è ciò di cui si tratta.Per una tale concezione del mondo il fisico esteriore e ilmorale interiore confluivano in modo nuovo, in modo,che per i tempi anteriori alla fondazione del Cristianesi-mo fino ad oggi non poteva esistere che la fede – e da

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ora in poi può diventare conoscenza. Si prenda un anticopaziente degli antichi tempi, che sta di fronte al suo me-dico, come appunto è stato descritto. Venivano tratte giùdelle forze magiche per il tramite del medico, il qualeera stato appositamente preparato nelle scuole dei Mi-steri, e queste forze scorrevano attraverso il corpo delmedico sul paziente. Non vi era nessun rapporto in quelprocesso con l’elemento morale del malato, perchèl’intiero processo ancora non toccava l’Io del paziente.Non aveva importanza allora l’elemento morale, perchèle forze scorrevano giù magicamente dai mondi superio-ri. Ma s’iniziò un tempo nuovo, e gli elementi morali efisici curativi confluirono in modo nuovo. Quando si saquesto si può comprendere un altro racconto. «E alcunigiorni dopo entrò nuovamente in Capharnaum; e si ri-seppe ch’Egli era nella casa, e si radunò molta gente, di-modocchè non capivano nemmeno nello spazio d’intor-no alla porta; e predicava loro la parola. E vennero dalui alcuni che conducevano un paralitico portato daquattro persone. E non potendo presentarglielo per lafolla, scoprirono il palco dalla parte dov’egli stava; efatta un’apertura, calarono il lettuccio, nel quale giacevail paralitico. E Gesù, veduta la loro fede, disse al parali-tico: «Figliuolo, ti son rimessi i tuoi peccati». (Marco, 2,1-5).

Che cosa avrebbe detto un medico antico? Che cosasi aspettavano i Farisei, gli scribi, quando doveva verifi-carsi una guarigione? Da un medico antico si sarebberoaspettati ch’egli dicesse: «Le forze che penetrano in te e

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ora in poi può diventare conoscenza. Si prenda un anticopaziente degli antichi tempi, che sta di fronte al suo me-dico, come appunto è stato descritto. Venivano tratte giùdelle forze magiche per il tramite del medico, il qualeera stato appositamente preparato nelle scuole dei Mi-steri, e queste forze scorrevano attraverso il corpo delmedico sul paziente. Non vi era nessun rapporto in quelprocesso con l’elemento morale del malato, perchèl’intiero processo ancora non toccava l’Io del paziente.Non aveva importanza allora l’elemento morale, perchèle forze scorrevano giù magicamente dai mondi superio-ri. Ma s’iniziò un tempo nuovo, e gli elementi morali efisici curativi confluirono in modo nuovo. Quando si saquesto si può comprendere un altro racconto. «E alcunigiorni dopo entrò nuovamente in Capharnaum; e si ri-seppe ch’Egli era nella casa, e si radunò molta gente, di-modocchè non capivano nemmeno nello spazio d’intor-no alla porta; e predicava loro la parola. E vennero dalui alcuni che conducevano un paralitico portato daquattro persone. E non potendo presentarglielo per lafolla, scoprirono il palco dalla parte dov’egli stava; efatta un’apertura, calarono il lettuccio, nel quale giacevail paralitico. E Gesù, veduta la loro fede, disse al parali-tico: «Figliuolo, ti son rimessi i tuoi peccati». (Marco, 2,1-5).

Che cosa avrebbe detto un medico antico? Che cosasi aspettavano i Farisei, gli scribi, quando doveva verifi-carsi una guarigione? Da un medico antico si sarebberoaspettati ch’egli dicesse: «Le forze che penetrano in te e

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nelle tue membra paralizzate potranno farti muovere».Come dice il Cristo Gesù? «Ti son rimessi i tuoi pecca-ti», ossia l’elemento morale di cui l’Io è partecipe. Que-sto è un linguaggio che i Farisei non capiscono affatto.Non lo possono capire. Sembra loro una bestemmia, chevi sia uno che parli a quel modo, perchè non si può par-lare di Dio, che per dire, che Egli vive nei mondi super-sensibili e da quelli esercita la sua azione, e perchè la re-missione dei peccati non può provenire che dai mondisupersensibili. Che la remissione dei peccati possa avera che fare con Colui che guarisce è un fatto, che essinon possono comprendere. Perciò il Cristo dice ancora:«Che cosa è più facile, il dire al paralitico: Ti son rimes-si i tuoi peccati, oppure il dire: Alzati, prendi il tuo let-ticciuolo e cammina? Ora affinchè voi sappiate che ilFigliuolo dell’Uomo ha potestà in terra di rimettere ipeccati (disse al paralitico): Dico a te: Sorgi, prendi iltuo letticciuolo e vattene a casa tua. E immantinentequegli si alzò e, preso il suo letticciuolo, a vista di tuttise ne andò». (Marco, 2, 9-12).

Egli collega l’elemento morale all’arte magica dellaguarigione – e dà così il passaggio dalla condizione pri-va di un Io, a quella riempita dall’Io, e questo fatto siverifica in ogni singola descrizione. Dobbiamo com-prendere le cose in questo modo, perchè così stanno det-te. E paragonate ora quello che la scienza dello Spiritoha da dire, con tutto ciò che sta detto nelle interpretazio-ni della Bibbia sulla remissione dei peccati; troverete inqueste ultime le più strane spiegazioni – ma non trove-

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nelle tue membra paralizzate potranno farti muovere».Come dice il Cristo Gesù? «Ti son rimessi i tuoi pecca-ti», ossia l’elemento morale di cui l’Io è partecipe. Que-sto è un linguaggio che i Farisei non capiscono affatto.Non lo possono capire. Sembra loro una bestemmia, chevi sia uno che parli a quel modo, perchè non si può par-lare di Dio, che per dire, che Egli vive nei mondi super-sensibili e da quelli esercita la sua azione, e perchè la re-missione dei peccati non può provenire che dai mondisupersensibili. Che la remissione dei peccati possa avera che fare con Colui che guarisce è un fatto, che essinon possono comprendere. Perciò il Cristo dice ancora:«Che cosa è più facile, il dire al paralitico: Ti son rimes-si i tuoi peccati, oppure il dire: Alzati, prendi il tuo let-ticciuolo e cammina? Ora affinchè voi sappiate che ilFigliuolo dell’Uomo ha potestà in terra di rimettere ipeccati (disse al paralitico): Dico a te: Sorgi, prendi iltuo letticciuolo e vattene a casa tua. E immantinentequegli si alzò e, preso il suo letticciuolo, a vista di tuttise ne andò». (Marco, 2, 9-12).

Egli collega l’elemento morale all’arte magica dellaguarigione – e dà così il passaggio dalla condizione pri-va di un Io, a quella riempita dall’Io, e questo fatto siverifica in ogni singola descrizione. Dobbiamo com-prendere le cose in questo modo, perchè così stanno det-te. E paragonate ora quello che la scienza dello Spiritoha da dire, con tutto ciò che sta detto nelle interpretazio-ni della Bibbia sulla remissione dei peccati; troverete inqueste ultime le più strane spiegazioni – ma non trove-

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rete mai qualcosa che soddisfi, perchè non si sapeva ciòche fosse effettivamente il Mistero del Golgotha.

Ho detto più sopra che si trattava di fede. Perchè difede? Perchè l’espressione del morale nel fisico non sicompie in un’unica incarnazione. Se oggi ci troviamodinnanzi ad un uomo con un difetto fisico, non dobbia-mo attribuire la causa di questo al nesso morale e fisicodella singola incarnazione: soltanto quando si risale al dilà della singola incarnazione si troverà il rapporto fra ilfisico e il morale del suo Karma. Siccome fino a orapoco o niente è stato parlato del Karma, possiamo dire:fino ad ora il rapporto fra il fisico e il morale non potevaessere che un atto di fede. Ora, che è permesso avvici-narsi per via scientifico-spirituale al Vangelo, diventauna conoscenza. Allora il Cristo Gesù sta accanto a noie c’illumina il Karma quando svela: «Posso guarirequell’uomo; me ne avvedo dalla sua personalità: il suoKarma è tale, che egli può ora alzarsi e muoversi». Unpasso siffatto ci permette di vedere come la Bibbia pos-sa essere compresa soltanto quando si è forniti dei mez-zi della moderna scienza dello Spirito. E il nostro com-pito è di dimostrare, che questo libro mondiale contienela saggezza più profonda sull’evoluzione dell’umanità.Quando si sarà compreso ciò che succede cosmicamentesulla Terra – e faremo sempre più e più rilevare nel cor-so di queste conferenze (perchè il Vangelo di Marco cene dà l’occasione) quale sia l’importanza cosmico-terre-stre di questo Mistero del Golgotha – allora non si potràmai più trovare che quanto viene detto in appoggio dei

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rete mai qualcosa che soddisfi, perchè non si sapeva ciòche fosse effettivamente il Mistero del Golgotha.

Ho detto più sopra che si trattava di fede. Perchè difede? Perchè l’espressione del morale nel fisico non sicompie in un’unica incarnazione. Se oggi ci troviamodinnanzi ad un uomo con un difetto fisico, non dobbia-mo attribuire la causa di questo al nesso morale e fisicodella singola incarnazione: soltanto quando si risale al dilà della singola incarnazione si troverà il rapporto fra ilfisico e il morale del suo Karma. Siccome fino a orapoco o niente è stato parlato del Karma, possiamo dire:fino ad ora il rapporto fra il fisico e il morale non potevaessere che un atto di fede. Ora, che è permesso avvici-narsi per via scientifico-spirituale al Vangelo, diventauna conoscenza. Allora il Cristo Gesù sta accanto a noie c’illumina il Karma quando svela: «Posso guarirequell’uomo; me ne avvedo dalla sua personalità: il suoKarma è tale, che egli può ora alzarsi e muoversi». Unpasso siffatto ci permette di vedere come la Bibbia pos-sa essere compresa soltanto quando si è forniti dei mez-zi della moderna scienza dello Spirito. E il nostro com-pito è di dimostrare, che questo libro mondiale contienela saggezza più profonda sull’evoluzione dell’umanità.Quando si sarà compreso ciò che succede cosmicamentesulla Terra – e faremo sempre più e più rilevare nel cor-so di queste conferenze (perchè il Vangelo di Marco cene dà l’occasione) quale sia l’importanza cosmico-terre-stre di questo Mistero del Golgotha – allora non si potràmai più trovare che quanto viene detto in appoggio dei

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Vangeli, possa in un modo qualsiasi essere offensivo perle altre confessioni religiose del mondo. La giusta cono-scenza della Bibbia, per le ragioni esposte alla finedell’ultima conferenza, e anzitutto perchè una giusta co-noscenza della Bibbia non può rimanere limitata ad al-cuna confessione religiosa, ma deve divenire universale,sarà basata, per virtù della propria verità interiore, sulterreno della scienza dello Spirito e attribuirà a tutte leconfessioni religiose ugual valore. Per questo fatto le re-ligioni si riconcilieranno. E come un principio di tale ri-conciliazione appare ciò che vi ho potuto dire nella pri-ma conferenza sul conto di quell’indiano che ha tenutouna conferenza sul «Cristo e la Cristianità», nella qualeveramente egli si attiene a tutti i pregiudizi della sua na-zione, ma nondimeno contempla il Cristo in senso inter-confessionale. La missione dell’azione spirituale scienti-fica nelle varie confessioni religiose sarà quella di dimo-strare, che si deve cercare di comprendere quella figura.Perchè mi sembra che il compito del movimento spiri-tuale debba essere quello di approfondire le confessionireligiose in modo, da cogliere e approfondire l’essenzaulteriore di tutte le singole religioni.

Colgo questa occasione per ricordare l’atteggiamentoche un Buddhista, antroposofo, avrà verso un antroposo-fo, che come tale sia cristiano. Il Buddhista allora dirà:«Gotama Buddha, dopo che da Bodhisattwa è diventatoBuddha, è salito dopo la sua morte a tale altezza, chenon occorre più che egli ritorni sulla Terra». Il cristianoche è antroposofo risponderà: «Lo comprendo, perchè io

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Vangeli, possa in un modo qualsiasi essere offensivo perle altre confessioni religiose del mondo. La giusta cono-scenza della Bibbia, per le ragioni esposte alla finedell’ultima conferenza, e anzitutto perchè una giusta co-noscenza della Bibbia non può rimanere limitata ad al-cuna confessione religiosa, ma deve divenire universale,sarà basata, per virtù della propria verità interiore, sulterreno della scienza dello Spirito e attribuirà a tutte leconfessioni religiose ugual valore. Per questo fatto le re-ligioni si riconcilieranno. E come un principio di tale ri-conciliazione appare ciò che vi ho potuto dire nella pri-ma conferenza sul conto di quell’indiano che ha tenutouna conferenza sul «Cristo e la Cristianità», nella qualeveramente egli si attiene a tutti i pregiudizi della sua na-zione, ma nondimeno contempla il Cristo in senso inter-confessionale. La missione dell’azione spirituale scienti-fica nelle varie confessioni religiose sarà quella di dimo-strare, che si deve cercare di comprendere quella figura.Perchè mi sembra che il compito del movimento spiri-tuale debba essere quello di approfondire le confessionireligiose in modo, da cogliere e approfondire l’essenzaulteriore di tutte le singole religioni.

Colgo questa occasione per ricordare l’atteggiamentoche un Buddhista, antroposofo, avrà verso un antroposo-fo, che come tale sia cristiano. Il Buddhista allora dirà:«Gotama Buddha, dopo che da Bodhisattwa è diventatoBuddha, è salito dopo la sua morte a tale altezza, chenon occorre più che egli ritorni sulla Terra». Il cristianoche è antroposofo risponderà: «Lo comprendo, perchè io

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stesso credo questo del tuo Buddha, quando penetro neltuo cuore e credo ciò che tu credi». Questo significa«comprendere la religione dell’altro»; inalzarsi alla reli-gione dell’altro. Il Cristiano, divenuto antroposofo, puòcomprendere tutto ciò che l’altro dice. Che cosa dirà asua volta il Buddhista, che è diventato antroposofo?Dirà: «Cerco di comprendere ciò che è il nucleo interio-re del Cristianesimo; cioè, che il Cristo è qualcosa di di-verso da un semplice «fondatore di religione»; che nelMistero del Golgotha si tratta di un fatto impersonale,che non si tratta cioè di un uomo, «Gesù di Nazareth»,come «fondatore di religione», sibbene si tratta che ilCristo è penetrato in lui, è morto sulla croce, – e hacompiuto così il Mistero del Golgotha». – E questo Mi-stero del Golgotha è un fatto cosmico, questo è ciò cheimporta. E il Buddhista dirà: «Ora che ho afferratol’intima essenza della tua religione, come tu hai afferra-to quella della mia, non potrò più fraintendere ciò di cuisi tratta, e non considererò più il Cristo come qualcunoche torni ad incarnarsi; perchè ciò che importa è quelloappunto che allora è successo. E parlerei in modo stra-no, se dicessi che il Cristianesimo dovrebbe essere inqualche sua parte migliorato, che a quell’epoca con unamigliore comprensione del Cristo non lo si sarebbe in-chiodato dopo tre anni sulla croce, che un fondatore direligione avrebbe dovuto essere trattato diversamenteecc. «Perchè questo appunto è ciò che importa, che ilCristo è stato inchiodato sulla croce!» Non si tratta dipensare, che è stata allora commessa un’ingiustizia e

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stesso credo questo del tuo Buddha, quando penetro neltuo cuore e credo ciò che tu credi». Questo significa«comprendere la religione dell’altro»; inalzarsi alla reli-gione dell’altro. Il Cristiano, divenuto antroposofo, puòcomprendere tutto ciò che l’altro dice. Che cosa dirà asua volta il Buddhista, che è diventato antroposofo?Dirà: «Cerco di comprendere ciò che è il nucleo interio-re del Cristianesimo; cioè, che il Cristo è qualcosa di di-verso da un semplice «fondatore di religione»; che nelMistero del Golgotha si tratta di un fatto impersonale,che non si tratta cioè di un uomo, «Gesù di Nazareth»,come «fondatore di religione», sibbene si tratta che ilCristo è penetrato in lui, è morto sulla croce, – e hacompiuto così il Mistero del Golgotha». – E questo Mi-stero del Golgotha è un fatto cosmico, questo è ciò cheimporta. E il Buddhista dirà: «Ora che ho afferratol’intima essenza della tua religione, come tu hai afferra-to quella della mia, non potrò più fraintendere ciò di cuisi tratta, e non considererò più il Cristo come qualcunoche torni ad incarnarsi; perchè ciò che importa è quelloappunto che allora è successo. E parlerei in modo stra-no, se dicessi che il Cristianesimo dovrebbe essere inqualche sua parte migliorato, che a quell’epoca con unamigliore comprensione del Cristo non lo si sarebbe in-chiodato dopo tre anni sulla croce, che un fondatore direligione avrebbe dovuto essere trattato diversamenteecc. «Perchè questo appunto è ciò che importa, che ilCristo è stato inchiodato sulla croce!» Non si tratta dipensare, che è stata allora commessa un’ingiustizia e

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che il cristianesimo potrebbe oggi essere migliorato.Nessun Buddhista, che sia antroposofo, potrebbe oggifare a meno di dire: «Io cerco di comprendere realmentel’intima essenza della tua religione, come tu comprendiquella della mia». – Che cosa verrà, quando i singoli se-guaci dei varii sistemi religiosi s’intenderanno, quandoil cristiano dirà al Buddhista: «Io credo al tuo Buddha,come tu stesso credi in lui», e quando il Buddhista diràal Cristiano: «Io posso comprendere il Mistero del Gol-gotha, come tu stesso lo comprendi», – che cosa verràall’umanità, quando questo atteggiamento diventerà ge-nerale? Verrà la pace agli uomini, il reciproco riconosci-mento delle religioni! E questo deve venire! E il movi-mento antroposofico deve essere una siffatta reciprocareale comprensione delle religioni: e sarebbe contrarioallo spirito dell’antroposofia se un cristiano, divenutoantroposofo, dicesse al Buddhista: «Non è vero che ilGotama, dopo essere diventato Buddha, non debba piùincarnarsi; egli deve ricomparire nel ventesimo secolocome uomo fisico». Allora il Buddhista risponderebbe:«La tua antroposofia non ti serve che a dileggiare la miareligione?» E in luogo della pace verrebbe coltivata ladiscordia fra le religioni. Ma anche un Cristiano dovreb-be dire a un Buddhista, che parla di miglioramenti delcristianesimo: «Se tu ritieni che il Mistero del Golgothasia un errore, e che il Cristo debba ritornare in un corpofisico per incontrare oggi miglior sorte, allora non ti dàipena di comprendere la mia religione – allora dileggi lamia religione». Ma la scienza dello Spirito non vi è per

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che il cristianesimo potrebbe oggi essere migliorato.Nessun Buddhista, che sia antroposofo, potrebbe oggifare a meno di dire: «Io cerco di comprendere realmentel’intima essenza della tua religione, come tu comprendiquella della mia». – Che cosa verrà, quando i singoli se-guaci dei varii sistemi religiosi s’intenderanno, quandoil cristiano dirà al Buddhista: «Io credo al tuo Buddha,come tu stesso credi in lui», e quando il Buddhista diràal Cristiano: «Io posso comprendere il Mistero del Gol-gotha, come tu stesso lo comprendi», – che cosa verràall’umanità, quando questo atteggiamento diventerà ge-nerale? Verrà la pace agli uomini, il reciproco riconosci-mento delle religioni! E questo deve venire! E il movi-mento antroposofico deve essere una siffatta reciprocareale comprensione delle religioni: e sarebbe contrarioallo spirito dell’antroposofia se un cristiano, divenutoantroposofo, dicesse al Buddhista: «Non è vero che ilGotama, dopo essere diventato Buddha, non debba piùincarnarsi; egli deve ricomparire nel ventesimo secolocome uomo fisico». Allora il Buddhista risponderebbe:«La tua antroposofia non ti serve che a dileggiare la miareligione?» E in luogo della pace verrebbe coltivata ladiscordia fra le religioni. Ma anche un Cristiano dovreb-be dire a un Buddhista, che parla di miglioramenti delcristianesimo: «Se tu ritieni che il Mistero del Golgothasia un errore, e che il Cristo debba ritornare in un corpofisico per incontrare oggi miglior sorte, allora non ti dàipena di comprendere la mia religione – allora dileggi lamia religione». Ma la scienza dello Spirito non vi è per

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dileggiare alcuna confessione religiosa di fondazioneantica o recente che si sia affermata, altrimenti si fonde-rebbe una società per il reciproco dileggio – e non per lareciproca conciliazione delle religioni.

Occorre che ci s’imprima tutto questo nell’anima, percomprendere lo spirito e l’essenza occulta della scienzadello Spirito; e il miglior modo per comprendere è quel-lo di stendere su tutte le religioni la forza e l’amore chedomina nei Vangeli. E che questo si possa verificarespecialmente con l’appoggio del Vangelo di Marco, civerrà dimostrato dalle prossime conferenze.

IV

Oggi vorrei che il vostro sguardo si volgesse versodue immagini, tratte dall’evoluzione umana degli ultimimillenni, che si possono raffigurare davanti al nostro oc-chio spirituale. E vorrei cominciare col dirigere il vostrosguardo sopra un fatto successo circa la metà e verso lafine del quinto secolo dell’èra precristiana. Si tratta diun fatto già noto, ma lo esamineremo ora con gli occhidell’anima.

Guardiamo come il Buddha abbia raccolto attorno asè in India un certo numero di scolari, di discepoli, ecome ciò che si è svolto allora fra il Buddha e i suoi se-

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dileggiare alcuna confessione religiosa di fondazioneantica o recente che si sia affermata, altrimenti si fonde-rebbe una società per il reciproco dileggio – e non per lareciproca conciliazione delle religioni.

Occorre che ci s’imprima tutto questo nell’anima, percomprendere lo spirito e l’essenza occulta della scienzadello Spirito; e il miglior modo per comprendere è quel-lo di stendere su tutte le religioni la forza e l’amore chedomina nei Vangeli. E che questo si possa verificarespecialmente con l’appoggio del Vangelo di Marco, civerrà dimostrato dalle prossime conferenze.

IV

Oggi vorrei che il vostro sguardo si volgesse versodue immagini, tratte dall’evoluzione umana degli ultimimillenni, che si possono raffigurare davanti al nostro oc-chio spirituale. E vorrei cominciare col dirigere il vostrosguardo sopra un fatto successo circa la metà e verso lafine del quinto secolo dell’èra precristiana. Si tratta diun fatto già noto, ma lo esamineremo ora con gli occhidell’anima.

Guardiamo come il Buddha abbia raccolto attorno asè in India un certo numero di scolari, di discepoli, ecome ciò che si è svolto allora fra il Buddha e i suoi se-

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guaci, i suoi discepoli, sia stato il punto di partenza diquel grande, potente movimento, che ha risuonato attra-verso i secoli in oriente; movimento a ondate possenti,che ha portato a innumerevoli uomini la salute interiore,la libertà interiore dell’anima, l’elevazione e la coscien-za dell’umanità. Se vogliamo caratterizzare ciò che allo-ra è avvenuto, basta, per così dire, considerare il mo-mento culminante dell’insegnamento del Buddha edell’azione del Buddha.

La vita, così come l’uomo può trascorrerla sulla Terranella sua incarnazione terrestre, è dolore, e viene effet-tuata per il fatto, che l’uomo, attraverso la serie dellesue incarnazioni, soggiace allo stimolo verso semprenuove rincarnazioni. Uno scopo meritevole di aspirazio-ne è quello di liberarsi da questo stimolo verso le rincar-nazioni, di estinguere nell’anima tutto ciò che provoca ildesiderio di penetrare in una incarnazione fisica, per po-ter salire finalmente a un’esistenza, in cui l’anima nonsenta più lo stimolo di essere unita per mezzo dei sensifisici, degli organi fisici con l’esistenza; di salire insom-ma a ciò che si chiama il Nirvana. Dalle labbra del Bud-dha scorreva il grande insegnamento, che la vita è dolo-re, e che l’uomo deve trovare il mezzo per rendersi libe-ro dal dolore, per poter diventare partecipe del Nirvana.Se vogliamo trovare delle espressioni per rappresentar-ci, per così dire, pienamente, con concetti familiariall’occidente quale fosse l’impulso che risiede in questoinsegnamento del Buddha, a un dipresso si potrebbedire: Buddha, per mezzo della forza e della potenza del-

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guaci, i suoi discepoli, sia stato il punto di partenza diquel grande, potente movimento, che ha risuonato attra-verso i secoli in oriente; movimento a ondate possenti,che ha portato a innumerevoli uomini la salute interiore,la libertà interiore dell’anima, l’elevazione e la coscien-za dell’umanità. Se vogliamo caratterizzare ciò che allo-ra è avvenuto, basta, per così dire, considerare il mo-mento culminante dell’insegnamento del Buddha edell’azione del Buddha.

La vita, così come l’uomo può trascorrerla sulla Terranella sua incarnazione terrestre, è dolore, e viene effet-tuata per il fatto, che l’uomo, attraverso la serie dellesue incarnazioni, soggiace allo stimolo verso semprenuove rincarnazioni. Uno scopo meritevole di aspirazio-ne è quello di liberarsi da questo stimolo verso le rincar-nazioni, di estinguere nell’anima tutto ciò che provoca ildesiderio di penetrare in una incarnazione fisica, per po-ter salire finalmente a un’esistenza, in cui l’anima nonsenta più lo stimolo di essere unita per mezzo dei sensifisici, degli organi fisici con l’esistenza; di salire insom-ma a ciò che si chiama il Nirvana. Dalle labbra del Bud-dha scorreva il grande insegnamento, che la vita è dolo-re, e che l’uomo deve trovare il mezzo per rendersi libe-ro dal dolore, per poter diventare partecipe del Nirvana.Se vogliamo trovare delle espressioni per rappresentar-ci, per così dire, pienamente, con concetti familiariall’occidente quale fosse l’impulso che risiede in questoinsegnamento del Buddha, a un dipresso si potrebbedire: Buddha, per mezzo della forza e della potenza del-

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la sua individualità, dirigeva lo sguardo dei suoi disce-poli verso l’esistenza terrestre e cercava, dall’infinitaabbondanza della sua compassione, di dar loro i mezziper trasportare la loro anima, con tutto ciò che in essa viera, dalla sfera terrena in quella celeste; di trasportare ilpensiero umano, la filosofia umana, dal terrestre al cele-ste.

Questo è ciò che possiamo stabilire come una formu-la, se vogliamo indicare pienamente e realmentel’impulso emanato dalla grande predica di Benares, permezzo del Buddha. Così vediamo il Buddha raccogliereattorno a sè dei discepoli, che lo seguono fedelmente.Che cosa scorgiamo nelle anime di questi discepoli? checosa arrivano gradatamente a professare? Essi professa-no che ogni aspirazione dell’anima umana deve ormaiessere diretta a liberarsi dallo stimolo verso le rincarna-zioni, a liberarsi dall’attaccamento all’esistenza dei sen-si, a cercare il perfezionamento del Sè, in quanto questoSè si libera da tutto ciò che lo vincola all’esistenza sen-sibile, e si unisce a tutto ciò che lo ricollega con le sueorigini primordiali divine spirituali. Questi erano i senti-menti che vivevano nei seguaci del Buddha: liberarsi datutte le tentazioni della vita, rimanere uniti con il mondosoltanto per mezzo di quell’espressione dell’anima, cherisplende nello Spirito e che sperimentiamo nella com-passione, ma inalzarsi con l’aspirazione verso la perfe-zione spirituale, attraversare l’esistenza a quel modo,spogliati da ogni desiderio e, per quanto è possibile,poco attaccati a ciò che vincola gli uomini esteriori

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la sua individualità, dirigeva lo sguardo dei suoi disce-poli verso l’esistenza terrestre e cercava, dall’infinitaabbondanza della sua compassione, di dar loro i mezziper trasportare la loro anima, con tutto ciò che in essa viera, dalla sfera terrena in quella celeste; di trasportare ilpensiero umano, la filosofia umana, dal terrestre al cele-ste.

Questo è ciò che possiamo stabilire come una formu-la, se vogliamo indicare pienamente e realmentel’impulso emanato dalla grande predica di Benares, permezzo del Buddha. Così vediamo il Buddha raccogliereattorno a sè dei discepoli, che lo seguono fedelmente.Che cosa scorgiamo nelle anime di questi discepoli? checosa arrivano gradatamente a professare? Essi professa-no che ogni aspirazione dell’anima umana deve ormaiessere diretta a liberarsi dallo stimolo verso le rincarna-zioni, a liberarsi dall’attaccamento all’esistenza dei sen-si, a cercare il perfezionamento del Sè, in quanto questoSè si libera da tutto ciò che lo vincola all’esistenza sen-sibile, e si unisce a tutto ciò che lo ricollega con le sueorigini primordiali divine spirituali. Questi erano i senti-menti che vivevano nei seguaci del Buddha: liberarsi datutte le tentazioni della vita, rimanere uniti con il mondosoltanto per mezzo di quell’espressione dell’anima, cherisplende nello Spirito e che sperimentiamo nella com-passione, ma inalzarsi con l’aspirazione verso la perfe-zione spirituale, attraversare l’esistenza a quel modo,spogliati da ogni desiderio e, per quanto è possibile,poco attaccati a ciò che vincola gli uomini esteriori

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all’esistenza. Così questi discepoli di Buddha si aggira-no per il mondo e così vedono lo scopo e la mèta delloro discepolato col Buddha. E se si seguono i secoli incui il Buddhismo si estende e si chiede: «Che cosa vive-va nel Buddhismo che si propagava, che cosa vivevanelle anime, nei cuori dei seguaci?» otteniamo la rispo-sta: questi uomini tendevano verso alti scopi; ma nelcentro di tutto il loro pensare e del loro sentire viveva lagrande figura del Buddha, la visione di tutto ciò che egliha detto con parole così affascinanti, così importanti,sulla liberazione dal dolore della vita; nel centro di tuttoil pensare e sentire la vasta, possente autorità del Budd-ha viveva attraverso i secoli nei cuori dei suoi discepoli,nei cuori dei suoi seguaci. Per questi discepoli, per que-sti seguaci del Buddha le parole che egli ha dette sonosacre. Per quale ragione queste parole del Buddha ave-vano per i suoi seguaci, per i suoi discepoli, il valore diun messaggio dal cielo stesso? La ragione di questo stanel fatto, che questi discepoli e questi seguaci vivevanonella credenza, nella convinzione, che quando si verifi-cò l’evento sotto l’albero del Bodhi, la vera conoscenzadell’esistenza del mondo si accese nell’anima del Budd-ha, e la luce, il sole dell’universo la illuminarono. Ciòche importa appunto è questo atteggiamento che vivevanei cuori dei discepoli del Buddha, dei seguaci del Bud-dha, la santità di questa disposizione della loro anima, lapeculiarità, la caratteristica di tale atteggiamento. Rap-presentiamoci tutto questo dinanzi al nostro occhio spi-rituale per imparare a comprendere ciò che successe a

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all’esistenza. Così questi discepoli di Buddha si aggira-no per il mondo e così vedono lo scopo e la mèta delloro discepolato col Buddha. E se si seguono i secoli incui il Buddhismo si estende e si chiede: «Che cosa vive-va nel Buddhismo che si propagava, che cosa vivevanelle anime, nei cuori dei seguaci?» otteniamo la rispo-sta: questi uomini tendevano verso alti scopi; ma nelcentro di tutto il loro pensare e del loro sentire viveva lagrande figura del Buddha, la visione di tutto ciò che egliha detto con parole così affascinanti, così importanti,sulla liberazione dal dolore della vita; nel centro di tuttoil pensare e sentire la vasta, possente autorità del Budd-ha viveva attraverso i secoli nei cuori dei suoi discepoli,nei cuori dei suoi seguaci. Per questi discepoli, per que-sti seguaci del Buddha le parole che egli ha dette sonosacre. Per quale ragione queste parole del Buddha ave-vano per i suoi seguaci, per i suoi discepoli, il valore diun messaggio dal cielo stesso? La ragione di questo stanel fatto, che questi discepoli e questi seguaci vivevanonella credenza, nella convinzione, che quando si verifi-cò l’evento sotto l’albero del Bodhi, la vera conoscenzadell’esistenza del mondo si accese nell’anima del Budd-ha, e la luce, il sole dell’universo la illuminarono. Ciòche importa appunto è questo atteggiamento che vivevanei cuori dei discepoli del Buddha, dei seguaci del Bud-dha, la santità di questa disposizione della loro anima, lapeculiarità, la caratteristica di tale atteggiamento. Rap-presentiamoci tutto questo dinanzi al nostro occhio spi-rituale per imparare a comprendere ciò che successe a

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quell’epoca, cioè, un mezzo millennio prima del Miste-ro del Golgotha.

E ora contempliamo un’altra immagine della storiadel mondo. Sono tanto lunghe le epoche dell’evoluzionedell’umanità, che gli eventi che distano fra di loro circadi un secolo si possono veramente chiamare «contempo-ranei». Un secolo non vien tenuto in considerazionenell’evoluzione dell’umanità quando si tratta di millennie di millenni. Possiamo perciò dire: sebbene l’immagineche ora ci raffigureremo sia veramente da assegnarsi aun secolo più tardi, nondimeno, per l’evoluzionedell’umanità, essa può considerarsi quasi contempora-nea all’evento del Buddha, ora appunto caratterizzato.

Nell’antica Grecia, nel quinto secolo prima dell’èracristiana, vediamo un’altra individualità riunire gradata-mente attorno a sè discepoli e seguaci. Questo è pure unfatto ben noto. Ma per arrivare a comprendere benel’evoluzione degli ultimi secoli è utile rievocare l’imma-gine di questa individualità: vediamo Socrate, nell’anti-ca Grecia, raccogliersi attorno dei discepoli. E basta, perpoter citare Socrate in questa concatenazione, tenere inconsiderazione l’immagine che il grande Platone hatracciata di Socrate, e che sembra anche essenzialmenteconfermata dal grande filosofo Aristotile; basta tenerconto che il grande filosofo Platone ha tracciato inmodo così efficace l’immagine di Socrate, per poterdire: da Socrate è emanato un movimento nell’occiden-te. E chi veramente abbraccia con lo sguardo l’intierocarattere dell’evoluzione culturale dell’occidente si ac-

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quell’epoca, cioè, un mezzo millennio prima del Miste-ro del Golgotha.

E ora contempliamo un’altra immagine della storiadel mondo. Sono tanto lunghe le epoche dell’evoluzionedell’umanità, che gli eventi che distano fra di loro circadi un secolo si possono veramente chiamare «contempo-ranei». Un secolo non vien tenuto in considerazionenell’evoluzione dell’umanità quando si tratta di millennie di millenni. Possiamo perciò dire: sebbene l’immagineche ora ci raffigureremo sia veramente da assegnarsi aun secolo più tardi, nondimeno, per l’evoluzionedell’umanità, essa può considerarsi quasi contempora-nea all’evento del Buddha, ora appunto caratterizzato.

Nell’antica Grecia, nel quinto secolo prima dell’èracristiana, vediamo un’altra individualità riunire gradata-mente attorno a sè discepoli e seguaci. Questo è pure unfatto ben noto. Ma per arrivare a comprendere benel’evoluzione degli ultimi secoli è utile rievocare l’imma-gine di questa individualità: vediamo Socrate, nell’anti-ca Grecia, raccogliersi attorno dei discepoli. E basta, perpoter citare Socrate in questa concatenazione, tenere inconsiderazione l’immagine che il grande Platone hatracciata di Socrate, e che sembra anche essenzialmenteconfermata dal grande filosofo Aristotile; basta tenerconto che il grande filosofo Platone ha tracciato inmodo così efficace l’immagine di Socrate, per poterdire: da Socrate è emanato un movimento nell’occiden-te. E chi veramente abbraccia con lo sguardo l’intierocarattere dell’evoluzione culturale dell’occidente si ac-

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corgerà, che per l’occidente ciò che si può chiamare«l’elemento socratico» ha avuto influenza decisiva. Seb-bene questo elemento socratico si propaghi in occidenteattraverso fluttuazioni della storia del mondo, in modopiù sottile che non l’elemento buddhistico in oriente, sipuò nondimeno tirare un parallelo fra Socrate e Buddha.Ma occorre in particolar modo caratterizzare i discepolie i seguaci di Socrate diversamente dai seguaci e dai di-scepoli del Buddha. Si potrebbe dire: si ritrovano tuttequelle caratteristiche che distinguono l’occidentedall’oriente, quando si considera la differenza fonda-mentale che vi è fra Buddha e Socrate.

Socrate raccoglie i suoi discepoli attorno a sè. Quale èil suo sentimento? È già stato varie volte ripetuto qualefosse il suo modo di sentire verso i suoi discepoli. Il suomodo, la sua arte di comportarsi verso i suoi discepoli èstata chiamata un’arte da ostetrico, perchè ciò che i di-scepoli dovevano sapere, ciò che dovevano imparare,veniva da lui tratto dalle anime dei discepoli stessi. Egliponeva i suoi quesiti in modo da attivare la disposizionefondamentale interiore delle anime dei discepoli, di gui-sa che effettivamente egli non trasferiva nei suoi disce-poli niente di suo, ma traeva fuori tutto dai discepolistessi. L’elemento alquanto arido, freddo, della conce-zione mondiale, e dell’arte della concezione mondialesocratica proviene dal fatto, che Socrate veramente face-va appello all’indipendenza, alla ragione fondamental-mente propria di ciascun discepolo, nel mentre si aggi-rava con il suo seguito per le sue strade di Atene, in

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corgerà, che per l’occidente ciò che si può chiamare«l’elemento socratico» ha avuto influenza decisiva. Seb-bene questo elemento socratico si propaghi in occidenteattraverso fluttuazioni della storia del mondo, in modopiù sottile che non l’elemento buddhistico in oriente, sipuò nondimeno tirare un parallelo fra Socrate e Buddha.Ma occorre in particolar modo caratterizzare i discepolie i seguaci di Socrate diversamente dai seguaci e dai di-scepoli del Buddha. Si potrebbe dire: si ritrovano tuttequelle caratteristiche che distinguono l’occidentedall’oriente, quando si considera la differenza fonda-mentale che vi è fra Buddha e Socrate.

Socrate raccoglie i suoi discepoli attorno a sè. Quale èil suo sentimento? È già stato varie volte ripetuto qualefosse il suo modo di sentire verso i suoi discepoli. Il suomodo, la sua arte di comportarsi verso i suoi discepoli èstata chiamata un’arte da ostetrico, perchè ciò che i di-scepoli dovevano sapere, ciò che dovevano imparare,veniva da lui tratto dalle anime dei discepoli stessi. Egliponeva i suoi quesiti in modo da attivare la disposizionefondamentale interiore delle anime dei discepoli, di gui-sa che effettivamente egli non trasferiva nei suoi disce-poli niente di suo, ma traeva fuori tutto dai discepolistessi. L’elemento alquanto arido, freddo, della conce-zione mondiale, e dell’arte della concezione mondialesocratica proviene dal fatto, che Socrate veramente face-va appello all’indipendenza, alla ragione fondamental-mente propria di ciascun discepolo, nel mentre si aggi-rava con il suo seguito per le sue strade di Atene, in

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modo un poco diverso, ma pur somigliante, al modocome Buddha andava in giro coi suoi discepoli. Mamentre il Buddha annunziava ciò che egli aveva ottenu-to per mezzo dell’illuminazione sotto all’albero del Bo-dhi, e mentre attraverso i secoli ciò che egli aveva rice-vuto dal mondo spirituale e che lasciava poi scorrere suidiscepoli esercitava la sua azione, di guisa che continua-va a vivere nei discepoli ciò che aveva vissuto nel Bud-dha, Socrate, invece, non aveva la minima pretesa dicontinuare a vivere come «Socrate» nei cuori dei suoidiscepoli. Quando si trovava di fronte ai suoi discepoli,egli non voleva trasferire niente di suo nelle anime diquelli, anzi voleva che i discepoli attingessero in sè stes-si ciò che essi avevano. Da Socrate niente doveva venirtrasmesso ai discepoli, assolutamente niente. Non ci sipuò immaginare diversità più grande di quella che correfra Buddha e Socrate. Nelle anime dei discepoli delBuddha doveva completamente vivere il Buddha. Nelleanime dei discepoli di Socrate, invece, Socrate stessodoveva vivere altrettanto poco, quanto nel bambino chenasce vive alcunchè datogli dalla levatrice. L’elementospirituale doveva emergere nei discepoli di Socrate, pervirtù dell’arte ostetrica spirituale di Socrate, che collo-cava l’uomo sulle sue proprie forze, traeva fuoridall’uomo ciò che l’uomo stesso ha in sè. Questo è ciòche Socrate voleva. Si potrebbe caratterizzare questadifferenza fra Socrate e Buddha anche nel modo seguen-te: se una voce dal cielo avesse voluto indicare ciò che idiscepoli di Buddha dovevano ricevere dal Buddha, essa

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modo un poco diverso, ma pur somigliante, al modocome Buddha andava in giro coi suoi discepoli. Mamentre il Buddha annunziava ciò che egli aveva ottenu-to per mezzo dell’illuminazione sotto all’albero del Bo-dhi, e mentre attraverso i secoli ciò che egli aveva rice-vuto dal mondo spirituale e che lasciava poi scorrere suidiscepoli esercitava la sua azione, di guisa che continua-va a vivere nei discepoli ciò che aveva vissuto nel Bud-dha, Socrate, invece, non aveva la minima pretesa dicontinuare a vivere come «Socrate» nei cuori dei suoidiscepoli. Quando si trovava di fronte ai suoi discepoli,egli non voleva trasferire niente di suo nelle anime diquelli, anzi voleva che i discepoli attingessero in sè stes-si ciò che essi avevano. Da Socrate niente doveva venirtrasmesso ai discepoli, assolutamente niente. Non ci sipuò immaginare diversità più grande di quella che correfra Buddha e Socrate. Nelle anime dei discepoli delBuddha doveva completamente vivere il Buddha. Nelleanime dei discepoli di Socrate, invece, Socrate stessodoveva vivere altrettanto poco, quanto nel bambino chenasce vive alcunchè datogli dalla levatrice. L’elementospirituale doveva emergere nei discepoli di Socrate, pervirtù dell’arte ostetrica spirituale di Socrate, che collo-cava l’uomo sulle sue proprie forze, traeva fuoridall’uomo ciò che l’uomo stesso ha in sè. Questo è ciòche Socrate voleva. Si potrebbe caratterizzare questadifferenza fra Socrate e Buddha anche nel modo seguen-te: se una voce dal cielo avesse voluto indicare ciò che idiscepoli di Buddha dovevano ricevere dal Buddha, essa

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avrebbe potuto dire: «accendete in voi ciò che è vissutonel Buddha, perchè per mezzo del Buddha possiate tro-vare la via all’esistenza spirituale!» E se si volesse ca-ratterizzare nello stesso modo ciò che Socrate voleva, sidovrebbe dire: Socrate voleva dire ai suoi discepoli:«Divieni ciò che tu sei!»

Quando ci si pone di fronte a queste due immagini, ènaturale dire: due correnti dell’evoluzione dell’umanitàstanno dinanzi a noi, due correnti di evoluzione però,diametralmente opposte. Esse ritrovano, in certo qualmodo, un punto di contatto, ma soltanto nei loro estremilimiti. Non bisogna confondere le cose fra di loro, biso-gna caratterizzarle nella loro differenziazione e poi di-mostrare, come tuttavia una unità sia sempre possibile.Quando ci si immagina il Buddha di fronte a un disce-polo, si potrebbe dire: egli si sforza (lo riconoscete daidiscorsi del Buddha) con elevatissime parole, con conti-nue ripetizioni (e queste sono necessarie, non si possonotralasciare nella traduzione dei discorsi del Buddha) diaccendere nell’anima del discepolo ciò che occorre, perpoterlo inalzare nei mondi spirituali, con l’aiuto di quel-lo, che il Buddha stesso ha sperimentato sotto l’alberodel Bodhi. E le parole sono scelte in modo, che tutteparlano dell’allontanamento dalla Terra, sono come unacomunicazione celeste, dal mondo celeste, pronunziatada labbra che parlano sotto l’impressione diretta che èsorta dall’illuminazione e che esse vogliono riprodurre.E come possiamo rappresentarci Socrate di fronte aisuoi discepoli? Essi stanno di fronte in modo, che So-

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avrebbe potuto dire: «accendete in voi ciò che è vissutonel Buddha, perchè per mezzo del Buddha possiate tro-vare la via all’esistenza spirituale!» E se si volesse ca-ratterizzare nello stesso modo ciò che Socrate voleva, sidovrebbe dire: Socrate voleva dire ai suoi discepoli:«Divieni ciò che tu sei!»

Quando ci si pone di fronte a queste due immagini, ènaturale dire: due correnti dell’evoluzione dell’umanitàstanno dinanzi a noi, due correnti di evoluzione però,diametralmente opposte. Esse ritrovano, in certo qualmodo, un punto di contatto, ma soltanto nei loro estremilimiti. Non bisogna confondere le cose fra di loro, biso-gna caratterizzarle nella loro differenziazione e poi di-mostrare, come tuttavia una unità sia sempre possibile.Quando ci si immagina il Buddha di fronte a un disce-polo, si potrebbe dire: egli si sforza (lo riconoscete daidiscorsi del Buddha) con elevatissime parole, con conti-nue ripetizioni (e queste sono necessarie, non si possonotralasciare nella traduzione dei discorsi del Buddha) diaccendere nell’anima del discepolo ciò che occorre, perpoterlo inalzare nei mondi spirituali, con l’aiuto di quel-lo, che il Buddha stesso ha sperimentato sotto l’alberodel Bodhi. E le parole sono scelte in modo, che tutteparlano dell’allontanamento dalla Terra, sono come unacomunicazione celeste, dal mondo celeste, pronunziatada labbra che parlano sotto l’impressione diretta che èsorta dall’illuminazione e che esse vogliono riprodurre.E come possiamo rappresentarci Socrate di fronte aisuoi discepoli? Essi stanno di fronte in modo, che So-

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crate, quando cerca di spiegare ai discepoli il rapportodell’uomo col divino, per mezzo delle considerazioni lo-giche più semplici della vita giornaliera, dice al discepo-lo, come egli debba pensare, come si connettano i rap-porti logici. Ovunque il discepolo viene rivolto versociò che vi ha di più arido, di più usuale, ed egli deve poiapplicare ciò a cui può arrivare con la logica comune, aquello che può acquistarsi come conoscenza. Una solavolta Socrate sembra inalzarsi a tale altezza che – si po-trebbe dire – egli parla come il Buddha ai suoi discepoli.Una volta – si può dire – egli appare così: quando sta difronte alla morte, quando parla dell’immortalitàdell’anima immediatamente prima della sua morte. Egliparla allora indubbiamente come un grande illuminato,ma anche allora parla in modo, che tutto quello che dicepuò essere compreso soltanto, se si tiene in considera-zione l’intiera sua esperienza personale. Perciò ci pene-tra talmente nel cuore, ci parla talmente all’anima il di-scorso platonico sull’immortalità dell’anima, in cui So-crate dice a un dipresso: Tutta la mia vita non ho forseaspirato ad acquistare per mezzo della filosofia, ciò checome uomo si può conseguire, per diventare libero dalmondo dei sensi? e ora, che la mia anima sarà presto li-berata da tutto ciò che è materiale, non dovrebbe essapenetrare con gioia nell’elemento animico, non dovreipenetrare con gioia in ciò a cui ho sempre aspirato, a cuisempre tendevo filosoficamente? – Chi può comprende-re l’intiera disposizione dello spirito di questo discorsodi Socrate nel «Fedone» di Platone, si sente trasferito di-

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crate, quando cerca di spiegare ai discepoli il rapportodell’uomo col divino, per mezzo delle considerazioni lo-giche più semplici della vita giornaliera, dice al discepo-lo, come egli debba pensare, come si connettano i rap-porti logici. Ovunque il discepolo viene rivolto versociò che vi ha di più arido, di più usuale, ed egli deve poiapplicare ciò a cui può arrivare con la logica comune, aquello che può acquistarsi come conoscenza. Una solavolta Socrate sembra inalzarsi a tale altezza che – si po-trebbe dire – egli parla come il Buddha ai suoi discepoli.Una volta – si può dire – egli appare così: quando sta difronte alla morte, quando parla dell’immortalitàdell’anima immediatamente prima della sua morte. Egliparla allora indubbiamente come un grande illuminato,ma anche allora parla in modo, che tutto quello che dicepuò essere compreso soltanto, se si tiene in considera-zione l’intiera sua esperienza personale. Perciò ci pene-tra talmente nel cuore, ci parla talmente all’anima il di-scorso platonico sull’immortalità dell’anima, in cui So-crate dice a un dipresso: Tutta la mia vita non ho forseaspirato ad acquistare per mezzo della filosofia, ciò checome uomo si può conseguire, per diventare libero dalmondo dei sensi? e ora, che la mia anima sarà presto li-berata da tutto ciò che è materiale, non dovrebbe essapenetrare con gioia nell’elemento animico, non dovreipenetrare con gioia in ciò a cui ho sempre aspirato, a cuisempre tendevo filosoficamente? – Chi può comprende-re l’intiera disposizione dello spirito di questo discorsodi Socrate nel «Fedone» di Platone, si sente trasferito di-

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rettamente in un sentimento, quale emana dagli elevatiinsegnamenti del Buddha, quando questi parla ai cuoridei suoi discepoli: e allora, riguardo alla differenza, alladiversità opposta di queste due personalità, si può dire: aun dato punto si elevano a tale altezza, che un’unità sipalesa anche nella loro diversità diametralmente oppo-sta. Se volgiamo lo sguardo verso il Buddha troveremoche nel loro insieme i discorsi del Buddha sono tali, dapermetterci di dire: il sentimento che suscita in noi il di-scorso di Socrate sull’immortalità dell’anima, lo si spe-rimenta di fronte a tutti i discorsi del Buddha. Intendoparlare della disposizione, della tensione dell’anima. Ciòche pervade però tutti gli altri discorsi socratici, che ten-dono sempre a far sì, che l’uomo poggi sulla propria ra-gione, si trova di rado – poche volte soltanto – nel Bud-dha; di rado risuona nei suoi discorsi. Si ha la sensazio-ne precisa che si tratti della riproduzione di un discorsosocratico, quando il Buddha vuole spiegare al discepoloSona, che, da un canto, non è bene trattenersi soltantonell’esistenza dei sensi, e dipendere soltanto dall’esi-stenza dei sensi – nè, dall’altro, di mortificarsi o di vive-re soltanto come vivevano gli antichi uomini che si mor-tificavano, ma che è bene invece seguire la via di mez-zo. Buddha sta di fronte al discepolo Sona e gli parla aun dipresso così: «Senti, Sona, potrai suonare bene sulliuto, se le corde sono troppo lente?» «No», rispondeSona «non potrò suonare bene sul liuto se le corde sonotroppo lente». «Orbene», dice Buddha a Sona, «potraisuonare bene sul liuto se le corde del liuto sono troppo

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rettamente in un sentimento, quale emana dagli elevatiinsegnamenti del Buddha, quando questi parla ai cuoridei suoi discepoli: e allora, riguardo alla differenza, alladiversità opposta di queste due personalità, si può dire: aun dato punto si elevano a tale altezza, che un’unità sipalesa anche nella loro diversità diametralmente oppo-sta. Se volgiamo lo sguardo verso il Buddha troveremoche nel loro insieme i discorsi del Buddha sono tali, dapermetterci di dire: il sentimento che suscita in noi il di-scorso di Socrate sull’immortalità dell’anima, lo si spe-rimenta di fronte a tutti i discorsi del Buddha. Intendoparlare della disposizione, della tensione dell’anima. Ciòche pervade però tutti gli altri discorsi socratici, che ten-dono sempre a far sì, che l’uomo poggi sulla propria ra-gione, si trova di rado – poche volte soltanto – nel Bud-dha; di rado risuona nei suoi discorsi. Si ha la sensazio-ne precisa che si tratti della riproduzione di un discorsosocratico, quando il Buddha vuole spiegare al discepoloSona, che, da un canto, non è bene trattenersi soltantonell’esistenza dei sensi, e dipendere soltanto dall’esi-stenza dei sensi – nè, dall’altro, di mortificarsi o di vive-re soltanto come vivevano gli antichi uomini che si mor-tificavano, ma che è bene invece seguire la via di mez-zo. Buddha sta di fronte al discepolo Sona e gli parla aun dipresso così: «Senti, Sona, potrai suonare bene sulliuto, se le corde sono troppo lente?» «No», rispondeSona «non potrò suonare bene sul liuto se le corde sonotroppo lente». «Orbene», dice Buddha a Sona, «potraisuonare bene sul liuto se le corde del liuto sono troppo

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tese?» «No», dice Sona, «non potrò suonare bene sulliuto, se le corde del liuto sono troppo tese». «Allora»,dice il Buddha, «quando potrai suonare bene sul liuto?»«Quando le corde non sono nè troppo tese nè troppolente» rispose Sona. «E così», dice Buddha, «succedepure all’uomo: l’uomo non potrà arrivare a tutte le co-noscenze, se si abbandona troppo intensamente alla vitadei sensi; e neppure arriverà a tutte le conoscenze se,continuamente mortificandosi, si ritira dall’esistenza. Lavia di mezzo, che si deve seguire per tendere le cordedel liuto, deve essere seguita anche nei riguardi della di-sposizione dell’anima umana».

Si può dire, che questo discorso del Buddha con il di-scepolo Sona avrebbe potuto essere fatto ugualmente daSocrate, perchè così Socrate parla ai suoi discepoli, fa-cendo appello alla loro ragione. Quello che appunto viho narrato è un «discorso socratico» che Buddha facevaal suo discepolo Sona, ma un discorso socratico siffattoè altrettanto raro per il Buddha, quanto è raro per Socra-te tenere un discorso, per così dire, «buddistico»sull’immortalità dell’anima, come quello che egli tenneprima della sua morte ai suoi discepoli. Occorre sempreripetere, che si arriva alla verità soltanto, quando si ana-lizza a questo modo. Sarebbe più facile, se si dicesse:l’evoluzione dell’umanità progredisce per mezzo digrandi Guide, queste grandi Guide annunziano in fondosempre le stesse cose, ma in forme diverse, e le paroledi tutte le singole Guide dell’umanità sono soltanto ela-borazioni di un’unica Parola. Certamente: questo è vero,

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tese?» «No», dice Sona, «non potrò suonare bene sulliuto, se le corde del liuto sono troppo tese». «Allora»,dice il Buddha, «quando potrai suonare bene sul liuto?»«Quando le corde non sono nè troppo tese nè troppolente» rispose Sona. «E così», dice Buddha, «succedepure all’uomo: l’uomo non potrà arrivare a tutte le co-noscenze, se si abbandona troppo intensamente alla vitadei sensi; e neppure arriverà a tutte le conoscenze se,continuamente mortificandosi, si ritira dall’esistenza. Lavia di mezzo, che si deve seguire per tendere le cordedel liuto, deve essere seguita anche nei riguardi della di-sposizione dell’anima umana».

Si può dire, che questo discorso del Buddha con il di-scepolo Sona avrebbe potuto essere fatto ugualmente daSocrate, perchè così Socrate parla ai suoi discepoli, fa-cendo appello alla loro ragione. Quello che appunto viho narrato è un «discorso socratico» che Buddha facevaal suo discepolo Sona, ma un discorso socratico siffattoè altrettanto raro per il Buddha, quanto è raro per Socra-te tenere un discorso, per così dire, «buddistico»sull’immortalità dell’anima, come quello che egli tenneprima della sua morte ai suoi discepoli. Occorre sempreripetere, che si arriva alla verità soltanto, quando si ana-lizza a questo modo. Sarebbe più facile, se si dicesse:l’evoluzione dell’umanità progredisce per mezzo digrandi Guide, queste grandi Guide annunziano in fondosempre le stesse cose, ma in forme diverse, e le paroledi tutte le singole Guide dell’umanità sono soltanto ela-borazioni di un’unica Parola. Certamente: questo è vero,

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ma questo modo di spiegare è superficiale quanto mai.Si tratta di darsi la pena di riconoscere le cose, di cerca-re sia l’unità che la differenziazione, di caratterizzare lecose in ordine alla loro diversità, poi di ricercare nelladiversità stessa la superiore unità. Questa osservazionemetodica è necessaria; occorre farla, perchè nei riguardidelle osservazioni spirituali, essa soltanto corrisponde ingenerale alla vita. Si può dire così facilmente: «tutte lereligioni contengono soltanto un medesimo principio»,per poi essere imbarazzati nel caratterizzare questo«unico principio» e dire: «tutti i diversi fondatori di reli-gioni non hanno dato veramente che diverse elaborazio-ni di quell’unico principio». Ma questa caratterizzazioneè oltremodo superficiale anche se espressa con belle pa-role. Si conclude altrettanto poco in tal modo, che se sivolessero caratterizzare a priori, secondo un’unitàastratta, due figure come quelle del Buddha e di Socrate,senza ricercarne la differenziazione essenziale; invece,appena si esaminano le forme del loro pensiero, si rico-nosce presto di che si tratta. Pepe e sale, zucchero e zen-zero, sono i condimenti, che stanno sulla tavola per glialimenti; sono tutte un’unica cosa, cioè condimenti per icibi; ma sebbene si possa dire che si tratta di «un’unicacosa», nessuno certamente vorrà equiparare questi sin-goli condimenti, e versare, per esempio, pepe o sale, in-vece di zucchero, nel caffè. Ciò che non si può accettarenella vita, non si dovrebbe neppure accettare per la spi-ritualità. Non è ammesso dire che Krishna e Zarathustra,Orfeo o Ermete non sono, in ultima analisi, che aspetti

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ma questo modo di spiegare è superficiale quanto mai.Si tratta di darsi la pena di riconoscere le cose, di cerca-re sia l’unità che la differenziazione, di caratterizzare lecose in ordine alla loro diversità, poi di ricercare nelladiversità stessa la superiore unità. Questa osservazionemetodica è necessaria; occorre farla, perchè nei riguardidelle osservazioni spirituali, essa soltanto corrisponde ingenerale alla vita. Si può dire così facilmente: «tutte lereligioni contengono soltanto un medesimo principio»,per poi essere imbarazzati nel caratterizzare questo«unico principio» e dire: «tutti i diversi fondatori di reli-gioni non hanno dato veramente che diverse elaborazio-ni di quell’unico principio». Ma questa caratterizzazioneè oltremodo superficiale anche se espressa con belle pa-role. Si conclude altrettanto poco in tal modo, che se sivolessero caratterizzare a priori, secondo un’unitàastratta, due figure come quelle del Buddha e di Socrate,senza ricercarne la differenziazione essenziale; invece,appena si esaminano le forme del loro pensiero, si rico-nosce presto di che si tratta. Pepe e sale, zucchero e zen-zero, sono i condimenti, che stanno sulla tavola per glialimenti; sono tutte un’unica cosa, cioè condimenti per icibi; ma sebbene si possa dire che si tratta di «un’unicacosa», nessuno certamente vorrà equiparare questi sin-goli condimenti, e versare, per esempio, pepe o sale, in-vece di zucchero, nel caffè. Ciò che non si può accettarenella vita, non si dovrebbe neppure accettare per la spi-ritualità. Non è ammesso dire che Krishna e Zarathustra,Orfeo o Ermete non sono, in ultima analisi, che aspetti

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diversi dell’«Unico Essere». Ciò vale altrettanto poco,per una caratterizzazione seria e veritiera, che se si di-cesse: pepe e sale, zucchero e zenzero non sono che di-versi aspetti di un’unica cosa, cioè sono condimenti peril cibo. Si tratta di comprendere realmente e metodica-mente queste cose e di non accettare come vera la spie-gazione più comoda.

Se ci raffiguriamo queste due immagini, Buddha eSocrate, esse ci appaiono come due aspetti diversi, quasipolarmente contrapposti delle correnti di evoluzionedell’umanità. E mentre, come abbiamo dimostrato, riu-niamo ormai queste due figure in un’unità superiore,possiamo riconnettere ad essa una terza figura, unagrande Individualità, attorno alla quale si raccolgono di-scepoli e seguaci: il Cristo Gesù. Se di questi discepoli edi questi seguaci che si raccolgono attorno a lui, si os-servano anzitutto i discepoli più intimi, i dodici, si puòdire che il Vangelo di Marco sopratutto ci parla conchiarezza del rapporto del Maestro con i suoi discepoli;è qualcosa che somiglia a quello che appunto abbiamocaratterizzato in altro campo nei riguardi del Buddha edi Socrate. Quel Vangelo parla di quel rapporto con lamaggior chiarezza possibile. E quale è l’espressione piùchiara, più completa, più sintetica di quel rapporto? Èquella che dice quanto segue: Il Cristo si presenta (que-sto ci viene ripetuto varie volte) alla folla di coloro chelo vogliono ascoltare. Egli parla a questa folla, comedice il Vangelo, in «parabole» o in immagini. Egli indi-ca alla folla – e questo vien pure accennato in modo così

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diversi dell’«Unico Essere». Ciò vale altrettanto poco,per una caratterizzazione seria e veritiera, che se si di-cesse: pepe e sale, zucchero e zenzero non sono che di-versi aspetti di un’unica cosa, cioè sono condimenti peril cibo. Si tratta di comprendere realmente e metodica-mente queste cose e di non accettare come vera la spie-gazione più comoda.

Se ci raffiguriamo queste due immagini, Buddha eSocrate, esse ci appaiono come due aspetti diversi, quasipolarmente contrapposti delle correnti di evoluzionedell’umanità. E mentre, come abbiamo dimostrato, riu-niamo ormai queste due figure in un’unità superiore,possiamo riconnettere ad essa una terza figura, unagrande Individualità, attorno alla quale si raccolgono di-scepoli e seguaci: il Cristo Gesù. Se di questi discepoli edi questi seguaci che si raccolgono attorno a lui, si os-servano anzitutto i discepoli più intimi, i dodici, si puòdire che il Vangelo di Marco sopratutto ci parla conchiarezza del rapporto del Maestro con i suoi discepoli;è qualcosa che somiglia a quello che appunto abbiamocaratterizzato in altro campo nei riguardi del Buddha edi Socrate. Quel Vangelo parla di quel rapporto con lamaggior chiarezza possibile. E quale è l’espressione piùchiara, più completa, più sintetica di quel rapporto? Èquella che dice quanto segue: Il Cristo si presenta (que-sto ci viene ripetuto varie volte) alla folla di coloro chelo vogliono ascoltare. Egli parla a questa folla, comedice il Vangelo, in «parabole» o in immagini. Egli indi-ca alla folla – e questo vien pure accennato in modo così

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grandioso e semplice nel Vangelo di Marco – dei deter-minati fatti profondi e importanti del divenire del mon-do e dell’evoluzione dell’umanità, per mezzo di parabo-le e di immagini. E vien poi detto: quando Egli era solocoi suoi discepoli più intimi, spiegava loro queste im-magini. Nel Vangelo di Marco ci viene anche citato unavolta uno speciale esempio di come il Cristo parlassealla folla con immagini e di come queste venissero poida lui spiegate ai discepoli più intimi. «E insegnava loromolte cose per via di parabole e diceva loro secondo lasua maniera d’insegnare: Ponete mente: Ecco che il se-minatore andò a seminare. E mentre seminava, parte(del seme) cadde lungo la strada; e vennero gli uccellidell’aria e lo mangiarono. Un’altra parte cascò in luogosassoso, dove non trovò molta terra; e subito nacque,perchè non aveva terreno profondo: ma levatosi il sole,fu arso dal calore; e perchè non aveva barbicato, seccò.Un’altra parte cadde tra le spine; e cresciute le spine losoffocarono e non recò frutto. Altra cadde in buon terre-no; e diede frutto che venne su rigoglioso, e rese dovetrenta per uno, dove sessanta, e dove cento. E dicevaloro: Chi ha orecchie da intendere, intenda». (Marco, 4,2-9).

Questo è un esempio tipico completo del modo in cuiil Cristo Gesù insegnava. Ci è stato detto il modo comeinsegnava il Buddha e come insegnava Socrate. DelBuddha possiamo dire, nel nostro linguaggio occidenta-le, che ciò che gli uomini sperimentano nel campo terre-stre, egli lo inalzava a quello celeste. Di Socrate è stato

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grandioso e semplice nel Vangelo di Marco – dei deter-minati fatti profondi e importanti del divenire del mon-do e dell’evoluzione dell’umanità, per mezzo di parabo-le e di immagini. E vien poi detto: quando Egli era solocoi suoi discepoli più intimi, spiegava loro queste im-magini. Nel Vangelo di Marco ci viene anche citato unavolta uno speciale esempio di come il Cristo parlassealla folla con immagini e di come queste venissero poida lui spiegate ai discepoli più intimi. «E insegnava loromolte cose per via di parabole e diceva loro secondo lasua maniera d’insegnare: Ponete mente: Ecco che il se-minatore andò a seminare. E mentre seminava, parte(del seme) cadde lungo la strada; e vennero gli uccellidell’aria e lo mangiarono. Un’altra parte cascò in luogosassoso, dove non trovò molta terra; e subito nacque,perchè non aveva terreno profondo: ma levatosi il sole,fu arso dal calore; e perchè non aveva barbicato, seccò.Un’altra parte cadde tra le spine; e cresciute le spine losoffocarono e non recò frutto. Altra cadde in buon terre-no; e diede frutto che venne su rigoglioso, e rese dovetrenta per uno, dove sessanta, e dove cento. E dicevaloro: Chi ha orecchie da intendere, intenda». (Marco, 4,2-9).

Questo è un esempio tipico completo del modo in cuiil Cristo Gesù insegnava. Ci è stato detto il modo comeinsegnava il Buddha e come insegnava Socrate. DelBuddha possiamo dire, nel nostro linguaggio occidenta-le, che ciò che gli uomini sperimentano nel campo terre-stre, egli lo inalzava a quello celeste. Di Socrate è stato

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spesso detto, che l’assieme della sua tendenza è giusta-mente descritta, quando si dice: egli portava la filosofiadal cielo giù sulla Terra, perchè faceva appello diretta-mente all’intelletto terreno. Ci si può fare una chiara im-magine del rapporto di queste due individualità con iloro discepoli.

Quale era il rapporto del Cristo Gesù con i suoi disce-poli?

Il suo rapporto con la folla era diverso: insegnava aquella in parabole; altro era il suo rapporto con i disce-poli, che erano più intimi con lui; ad essi spiegava le pa-rabole, cioè, spiegava quel tanto che essi potevano in-tendere, ciò che poteva essere direttamente compresodall’intelletto umano. Occorre dunque spiegarsi in modopiù complesso, quando si vuol caratterizzare il modod’insegnare del Cristo Gesù. Vi è un tratto caratteristicoche è comune a tutti gl’insegnamenti del Buddha, checaratterizza appunto gl’insegnamenti del Buddha; perciòtroviamo pure un solo genere di discepoli che apparten-gono direttamente al Buddha. Di un unico genere puresono i discepoli di Socrate, perchè l’intiero mondo po-trebbe far parte del discepolato di Socrate; e Socrate asua volta, ha un solo rapporto con i suoi discepoli. IlCristo invece si presenta con due aspetti; si presenta inun modo alla folla, e in modo diverso ai suoi discepolipiù intimi. Perchè? Quale è la causa di ciò?

Se si vuol conoscere questa causa bisogna rendersichiaramente conto, nell’anima nostra, dell’intiera svoltache l’epoca del Mistero del Golgotha rappresenta nel di-

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spesso detto, che l’assieme della sua tendenza è giusta-mente descritta, quando si dice: egli portava la filosofiadal cielo giù sulla Terra, perchè faceva appello diretta-mente all’intelletto terreno. Ci si può fare una chiara im-magine del rapporto di queste due individualità con iloro discepoli.

Quale era il rapporto del Cristo Gesù con i suoi disce-poli?

Il suo rapporto con la folla era diverso: insegnava aquella in parabole; altro era il suo rapporto con i disce-poli, che erano più intimi con lui; ad essi spiegava le pa-rabole, cioè, spiegava quel tanto che essi potevano in-tendere, ciò che poteva essere direttamente compresodall’intelletto umano. Occorre dunque spiegarsi in modopiù complesso, quando si vuol caratterizzare il modod’insegnare del Cristo Gesù. Vi è un tratto caratteristicoche è comune a tutti gl’insegnamenti del Buddha, checaratterizza appunto gl’insegnamenti del Buddha; perciòtroviamo pure un solo genere di discepoli che apparten-gono direttamente al Buddha. Di un unico genere puresono i discepoli di Socrate, perchè l’intiero mondo po-trebbe far parte del discepolato di Socrate; e Socrate asua volta, ha un solo rapporto con i suoi discepoli. IlCristo invece si presenta con due aspetti; si presenta inun modo alla folla, e in modo diverso ai suoi discepolipiù intimi. Perchè? Quale è la causa di ciò?

Se si vuol conoscere questa causa bisogna rendersichiaramente conto, nell’anima nostra, dell’intiera svoltache l’epoca del Mistero del Golgotha rappresenta nel di-

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venire dei tempi. Sta per terminare l’epoca, in cui l’anti-ca chiaroveggenza era una facoltà comune a tutta l’uma-nità. Quanto più si torna indietro nell’evoluzionedell’umanità, tanto più si arriva ai tempi, in cui l’anticachiaroveggenza era un dono posseduto da tutti gli uomi-ni, in cui gli uomini potevano vedere i mondi spirituali.Come potevano penetrarvi dentro con lo sguardo? Essihanno potuto vederli perchè avevano la visione dei se-greti del mondo sotto forma di immagini, di immagina-zioni incoscienti e subcoscienti, li vedevano per mezzodi una chiaroveggenza trasognata, di immaginazioni tra-sognate, non con dei concetti intellettuali, come quellicon cui l’uomo oggidì si rende conto delle cose che vuolconoscere. Ciò che oggi è «scienza», ma anche ciò cheoggi è pensiero popolare, ciò che è arida ragione e di-scernimento non esisteva a quei tempi. Quando l’uomostava di fronte al mondo esteriore, egli lo vedeva sem-plicemente. Ma non lo analizzava con dei concetti;l’uomo non aveva logica, non pensava sulle cose percombinarle insieme. Per l’uomo odierno è perfino diffi-cile rendersi conto di uno stato simile, perchè l’uomooggidì riflette su tutto. Ma l’uomo antico non pensava aquel modo: egli passava davanti alle cose; le guardava,imprimeva in sè le immagini, e tutto questo gli sembra-va chiaro, quando negli stati intermedii fra veglia e son-no, egli guardava trasognato nel suo mondo immaginati-vo. In esso vedeva delle immagini. Rappresentiamociquesto fatto in modo più concreto; rappresentiamoci cheun antico uomo, del passato, molti, molti millenni ad-

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venire dei tempi. Sta per terminare l’epoca, in cui l’anti-ca chiaroveggenza era una facoltà comune a tutta l’uma-nità. Quanto più si torna indietro nell’evoluzionedell’umanità, tanto più si arriva ai tempi, in cui l’anticachiaroveggenza era un dono posseduto da tutti gli uomi-ni, in cui gli uomini potevano vedere i mondi spirituali.Come potevano penetrarvi dentro con lo sguardo? Essihanno potuto vederli perchè avevano la visione dei se-greti del mondo sotto forma di immagini, di immagina-zioni incoscienti e subcoscienti, li vedevano per mezzodi una chiaroveggenza trasognata, di immaginazioni tra-sognate, non con dei concetti intellettuali, come quellicon cui l’uomo oggidì si rende conto delle cose che vuolconoscere. Ciò che oggi è «scienza», ma anche ciò cheoggi è pensiero popolare, ciò che è arida ragione e di-scernimento non esisteva a quei tempi. Quando l’uomostava di fronte al mondo esteriore, egli lo vedeva sem-plicemente. Ma non lo analizzava con dei concetti;l’uomo non aveva logica, non pensava sulle cose percombinarle insieme. Per l’uomo odierno è perfino diffi-cile rendersi conto di uno stato simile, perchè l’uomooggidì riflette su tutto. Ma l’uomo antico non pensava aquel modo: egli passava davanti alle cose; le guardava,imprimeva in sè le immagini, e tutto questo gli sembra-va chiaro, quando negli stati intermedii fra veglia e son-no, egli guardava trasognato nel suo mondo immaginati-vo. In esso vedeva delle immagini. Rappresentiamociquesto fatto in modo più concreto; rappresentiamoci cheun antico uomo, del passato, molti, molti millenni ad-

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dietro, guardando il mondo che lo attorniava, si fosseaccorto della presenza di un Maestro, che spiegava aisuoi discepoli qualche fatto. Questo antico uomo avreb-be ascoltato quali parole il Maestro diceva ai suoi disce-poli. E se vi fossero stati varii discepoli, egli avrebbeascoltato come uno di essi accoglieva le parole con fer-vore; come un altro le ascoltava pure, ma senza racco-glierle, come un terzo invece fosse talmente occupatocol proprio egoismo, che non dava ascolto. Un taleuomo antico non avrebbe, intellettualmente, potuto pa-ragonare, per esempio, questi tre discepoli fra di loro.Ma quando egli si fosse trovato negli stati intermedii fraveglia e sonno, tutto ciò gli si sarebbe affacciato all’ani-ma come immagine; egli avrebbe allora potuto vedere,per esempio, un seminatore che camminava e spargevala semenza – lo avrebbe veduto veramente come imma-gine chiaroveggente – e un seme gittato sul terreno buo-no dove fiorisce bene, l’altro seme gittato su terreno cat-tivo, e il terzo seme caduto su terreno pietroso: del semecaduto nel secondo terreno non ne germoglia che poco,quello caduto nel terzo terreno va completamente perdu-to. L’uomo antico non avrebbe detto come l’uomoodierno: «un discepolo accoglie le parole, l’altro non leaccoglie affatto ecc.». Ma negli stati intermedii fra ve-glia e sonno avrebbe veduto quell’immagine: e in quellavedeva la spiegazione. In altro modo, egli non avrebbemai parlato di quel fatto. Se gli fosse stato chiesto comesi spiegava il rapporto del Maestro con i discepoli, egliavrebbe raccontato l’immagine del suo sogno chiaro-

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dietro, guardando il mondo che lo attorniava, si fosseaccorto della presenza di un Maestro, che spiegava aisuoi discepoli qualche fatto. Questo antico uomo avreb-be ascoltato quali parole il Maestro diceva ai suoi disce-poli. E se vi fossero stati varii discepoli, egli avrebbeascoltato come uno di essi accoglieva le parole con fer-vore; come un altro le ascoltava pure, ma senza racco-glierle, come un terzo invece fosse talmente occupatocol proprio egoismo, che non dava ascolto. Un taleuomo antico non avrebbe, intellettualmente, potuto pa-ragonare, per esempio, questi tre discepoli fra di loro.Ma quando egli si fosse trovato negli stati intermedii fraveglia e sonno, tutto ciò gli si sarebbe affacciato all’ani-ma come immagine; egli avrebbe allora potuto vedere,per esempio, un seminatore che camminava e spargevala semenza – lo avrebbe veduto veramente come imma-gine chiaroveggente – e un seme gittato sul terreno buo-no dove fiorisce bene, l’altro seme gittato su terreno cat-tivo, e il terzo seme caduto su terreno pietroso: del semecaduto nel secondo terreno non ne germoglia che poco,quello caduto nel terzo terreno va completamente perdu-to. L’uomo antico non avrebbe detto come l’uomoodierno: «un discepolo accoglie le parole, l’altro non leaccoglie affatto ecc.». Ma negli stati intermedii fra ve-glia e sonno avrebbe veduto quell’immagine: e in quellavedeva la spiegazione. In altro modo, egli non avrebbemai parlato di quel fatto. Se gli fosse stato chiesto comesi spiegava il rapporto del Maestro con i discepoli, egliavrebbe raccontato l’immagine del suo sogno chiaro-

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veggente. Questa era per lui la realtà, ma anche la spie-gazione del fatto. Così egli avrebbe parlato. Orbene, lafolla che si trovava dinanzi al Cristo Gesù non avevache degli ultimi residui dell’antica chiaroveggenza, male anime erano ancora capaci di ascoltare, quando condelle immagini veniva loro parlato del divenire dell’esi-stenza e dell’umanità. E il Cristo Gesù parlò appuntoalla folla come a gente che si era conservata ancoral’ultima eredità dell’antica chiaroveggenza e l’avevaportata seco nella vita abituale dell’anima.

E quali erano i discepoli più intimi?Abbiamo saputo come i dodici fossero stati messi in-

sieme dai sette figli della madre dei Maccabei e dai cin-que figli del Matatia. Abbiamo udito come essi si fosse-ro andati inalzando, attraverso l’intiero popolo ebraicoantico, alla forte accentuazione dell’Io immortale. Essierano veramente i primi che il Cristo Gesù poteva sce-gliersi per fare appello a ciò che vive in ogni anima, eche vive in esse in modo da servire di nuovo punto dipartenza per il divenire degli uomini. Egli parlava allafolla, presupponendo che essa comprenderebbe ciò cheè stato conservato come eredità dall’antica chiaroveg-genza; ai suoi discepoli parlava in modo, che potevapresupporre che essi fossero i primi a essere capaci dicomprendere già qualcosa, di ciò che viene detto oggidìagli uomini intorno ai mondi superiori. Ci si palesa dun-que, che durante tutto il periodo di svolta, il Cristo Gesùparla in modo diverso alla folla, di quando parla a colo-ro, che erano i suoi discepoli più intimi. Egli situa quei

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veggente. Questa era per lui la realtà, ma anche la spie-gazione del fatto. Così egli avrebbe parlato. Orbene, lafolla che si trovava dinanzi al Cristo Gesù non avevache degli ultimi residui dell’antica chiaroveggenza, male anime erano ancora capaci di ascoltare, quando condelle immagini veniva loro parlato del divenire dell’esi-stenza e dell’umanità. E il Cristo Gesù parlò appuntoalla folla come a gente che si era conservata ancoral’ultima eredità dell’antica chiaroveggenza e l’avevaportata seco nella vita abituale dell’anima.

E quali erano i discepoli più intimi?Abbiamo saputo come i dodici fossero stati messi in-

sieme dai sette figli della madre dei Maccabei e dai cin-que figli del Matatia. Abbiamo udito come essi si fosse-ro andati inalzando, attraverso l’intiero popolo ebraicoantico, alla forte accentuazione dell’Io immortale. Essierano veramente i primi che il Cristo Gesù poteva sce-gliersi per fare appello a ciò che vive in ogni anima, eche vive in esse in modo da servire di nuovo punto dipartenza per il divenire degli uomini. Egli parlava allafolla, presupponendo che essa comprenderebbe ciò cheè stato conservato come eredità dall’antica chiaroveg-genza; ai suoi discepoli parlava in modo, che potevapresupporre che essi fossero i primi a essere capaci dicomprendere già qualcosa, di ciò che viene detto oggidìagli uomini intorno ai mondi superiori. Ci si palesa dun-que, che durante tutto il periodo di svolta, il Cristo Gesùparla in modo diverso alla folla, di quando parla a colo-ro, che erano i suoi discepoli più intimi. Egli situa quei

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dodici, che ha attirato a sè, in mezzo alla folla. Ciò chenel tempo avvenire doveva diventare un dono comune atutti gli uomini, cioè, la capacità di comprendere intel-lettualmente quello che si riferisce ai mondi superiori eai misteri dell’evoluzione dell’umanità, era ormai ilcompito assegnato alla cerchia più ristretta di discepolidel Cristo Gesù. Egli si serviva (osservate l’insieme diciò che egli diceva), nell’esporre le parabole ai suoi di-scepoli, anche di parole, che si potrebbero dire socrati-che; perchè ciò che egli allora diceva lo traeva pure daogni singola anima; ma mentre Socrate si limitava piut-tosto ai rapporti terrestri, o si potrebbe dire, alla logicacomune, il Cristo Gesù invece parlava di argomenti spi-rituali. Ma quando egli parlava di argomenti spirituali aisuoi discepoli più intimi, ne parlava in modo socratico.Quando Buddha si rivolgeva ai suoi discepoli, spiegavaloro le cose spirituali, ma le esponeva nel modo comevengono date dall’illuminazione, come vengono datedunque soltanto all’anima umana che dimora nei mondisuperiori. Quando il Cristo si volgeva alla folla, parlavanel modo in cui l’anima ordinaria umana soleva speri-mentare nei mondi superiori nei tempi passati. Egli par-lava alla folla – si potrebbe dire – come un «Buddha po-polare»; ai suoi discepoli più intimi parlava come un«Socrate superiore, un Socrate spiritualizzato». Socratetraeva fuori dalle anime dei suoi discepoli l’intelligenzaindividuale terrestre: il Cristo traeva fuori dall’animadei suoi discepoli l’intelligenza celeste. Il Buddha, aisuoi discepoli, dava valore all’illuminazione celeste; il

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dodici, che ha attirato a sè, in mezzo alla folla. Ciò chenel tempo avvenire doveva diventare un dono comune atutti gli uomini, cioè, la capacità di comprendere intel-lettualmente quello che si riferisce ai mondi superiori eai misteri dell’evoluzione dell’umanità, era ormai ilcompito assegnato alla cerchia più ristretta di discepolidel Cristo Gesù. Egli si serviva (osservate l’insieme diciò che egli diceva), nell’esporre le parabole ai suoi di-scepoli, anche di parole, che si potrebbero dire socrati-che; perchè ciò che egli allora diceva lo traeva pure daogni singola anima; ma mentre Socrate si limitava piut-tosto ai rapporti terrestri, o si potrebbe dire, alla logicacomune, il Cristo Gesù invece parlava di argomenti spi-rituali. Ma quando egli parlava di argomenti spirituali aisuoi discepoli più intimi, ne parlava in modo socratico.Quando Buddha si rivolgeva ai suoi discepoli, spiegavaloro le cose spirituali, ma le esponeva nel modo comevengono date dall’illuminazione, come vengono datedunque soltanto all’anima umana che dimora nei mondisuperiori. Quando il Cristo si volgeva alla folla, parlavanel modo in cui l’anima ordinaria umana soleva speri-mentare nei mondi superiori nei tempi passati. Egli par-lava alla folla – si potrebbe dire – come un «Buddha po-polare»; ai suoi discepoli più intimi parlava come un«Socrate superiore, un Socrate spiritualizzato». Socratetraeva fuori dalle anime dei suoi discepoli l’intelligenzaindividuale terrestre: il Cristo traeva fuori dall’animadei suoi discepoli l’intelligenza celeste. Il Buddha, aisuoi discepoli, dava valore all’illuminazione celeste; il

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Cristo però, alla folla, dava l’illuminazione terrestre nel-le sue parabole. Vi prego, considerate queste tre imma-gini. Laggiù, nel paese del Gange, il Buddha coi suoi di-scepoli, immagine opposta di Socrate; in Grecia, invece,Socrate coi suoi discepoli, immagine opposta del Budd-ha. E poi, in mezzo a quelle, quattro o cinque secoli piùtardi, questa sintesi mirabile, questa unione meraviglio-sa. Così ci si presenta dinanzi all’anima il corso naturaledel divenire dell’evoluzione dell’umanità.

L’evoluzione dell’umanità progredisce passo per pas-so. Molto di ciò che è stato esposto negli scorsi anni, aiprimi gradini della conoscenza spirituale scientifica, po-trebbe a molti essere sembrato una specie di teoria, unaspecie di semplice dottrina. Difatti, per esempio, moltihanno creduto che si trattasse di un mero insegnamento,di mera teoria, quando è stato detto, che l’anima umanava considerata come una cooperazione dell’anima sen-ziente, dell’anima razionale o affettiva, e dell’anima co-sciente. Certo, v’ha gente che giudica precipitosamente.Noi pure abbiamo sperimentato che si può giudicare an-cora più precipitosamente; anche più di coloro che riten-gono completa una dimostrazione quando non ne hannoavuto che i primi elementi destinati a essere ulterior-mente sviluppati. Vi sono veramente molti altri giudizidi questo genere. È bene che agli antroposofi venga fat-to notare anche il modo, come non si deve pensare. Avolte capitano degli esempi evidenti di come non si do-vrebbe pensare, mentre molta gente invece crede benepensare a quel modo. Stamani qualcuno mi ha riferito

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Cristo però, alla folla, dava l’illuminazione terrestre nel-le sue parabole. Vi prego, considerate queste tre imma-gini. Laggiù, nel paese del Gange, il Buddha coi suoi di-scepoli, immagine opposta di Socrate; in Grecia, invece,Socrate coi suoi discepoli, immagine opposta del Budd-ha. E poi, in mezzo a quelle, quattro o cinque secoli piùtardi, questa sintesi mirabile, questa unione meraviglio-sa. Così ci si presenta dinanzi all’anima il corso naturaledel divenire dell’evoluzione dell’umanità.

L’evoluzione dell’umanità progredisce passo per pas-so. Molto di ciò che è stato esposto negli scorsi anni, aiprimi gradini della conoscenza spirituale scientifica, po-trebbe a molti essere sembrato una specie di teoria, unaspecie di semplice dottrina. Difatti, per esempio, moltihanno creduto che si trattasse di un mero insegnamento,di mera teoria, quando è stato detto, che l’anima umanava considerata come una cooperazione dell’anima sen-ziente, dell’anima razionale o affettiva, e dell’anima co-sciente. Certo, v’ha gente che giudica precipitosamente.Noi pure abbiamo sperimentato che si può giudicare an-cora più precipitosamente; anche più di coloro che riten-gono completa una dimostrazione quando non ne hannoavuto che i primi elementi destinati a essere ulterior-mente sviluppati. Vi sono veramente molti altri giudizidi questo genere. È bene che agli antroposofi venga fat-to notare anche il modo, come non si deve pensare. Avolte capitano degli esempi evidenti di come non si do-vrebbe pensare, mentre molta gente invece crede benepensare a quel modo. Stamani qualcuno mi ha riferito

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un esempio grazioso di un modo strano di pensare. Mene servo qui soltanto come esempio, come esempiomolto utile, che ci si dovrebbe imprimere profondamen-te nell’anima, perchè come antroposofi dobbiamo nonsoltanto imparare a conoscere i difetti del mondo, madobbiamo effettivamente fare sempre qualcosa per favo-rire l’ulteriore perfezionamento dell’anima. Perciò non èper una ragione personale, ma per una ragione spiritualed’interesse generale, che mi servo dell’esempio raccon-tatomi stamani.

Mi è stato detto: che in un determinato paese di Euro-pa vi è un tale, il quale ha permesso che venissero pub-blicate, molto tempo fa, notizie inesatte su ciò che vieneinsegnato nella «Teosofia» dello Steiner, o sul contegnoin generale di quest’ultimo nei riguardi del movimentospirituale. Orbene, qualcuno parlando a un conoscentedi quel tale signore ha criticato la pubblicazione di simi-li inesattezze. Che cosa ha risposto la persona interpella-ta? «Veramente quel mio conoscente comincia ora sol-tanto a studiare seriamente le opere del Dr. Steiner!»Dunque quel bravo signore aveva già pubblicato il suogiudizio da molti anni, e gli viene concesso, come scusaper le sue inesattezze, che egli comincia ora soltanto astudiare sul serio! Come è mai possibile tale modo dipensare nel nostro movimento? Nei tempi avvenire, incui si parlerà di questo movimento dal punto di vistastorico, verrà sollevato il quesito: ma può mai essersiverificato il fatto, che a qualcuno sia venuto in mente didire, dopo che un uomo da molti anni aveva dato il suo

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un esempio grazioso di un modo strano di pensare. Mene servo qui soltanto come esempio, come esempiomolto utile, che ci si dovrebbe imprimere profondamen-te nell’anima, perchè come antroposofi dobbiamo nonsoltanto imparare a conoscere i difetti del mondo, madobbiamo effettivamente fare sempre qualcosa per favo-rire l’ulteriore perfezionamento dell’anima. Perciò non èper una ragione personale, ma per una ragione spiritualed’interesse generale, che mi servo dell’esempio raccon-tatomi stamani.

Mi è stato detto: che in un determinato paese di Euro-pa vi è un tale, il quale ha permesso che venissero pub-blicate, molto tempo fa, notizie inesatte su ciò che vieneinsegnato nella «Teosofia» dello Steiner, o sul contegnoin generale di quest’ultimo nei riguardi del movimentospirituale. Orbene, qualcuno parlando a un conoscentedi quel tale signore ha criticato la pubblicazione di simi-li inesattezze. Che cosa ha risposto la persona interpella-ta? «Veramente quel mio conoscente comincia ora sol-tanto a studiare seriamente le opere del Dr. Steiner!»Dunque quel bravo signore aveva già pubblicato il suogiudizio da molti anni, e gli viene concesso, come scusaper le sue inesattezze, che egli comincia ora soltanto astudiare sul serio! Come è mai possibile tale modo dipensare nel nostro movimento? Nei tempi avvenire, incui si parlerà di questo movimento dal punto di vistastorico, verrà sollevato il quesito: ma può mai essersiverificato il fatto, che a qualcuno sia venuto in mente didire, dopo che un uomo da molti anni aveva dato il suo

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giudizio sopra un argomento: «che ora soltanto egli co-mincia a studiarlo?» Queste cose fanno parte dell’edu-cazione antroposofica e non progrediremo veramente,che quando diventerà generale l’opinione, che simili fat-ti non devono essere possibili nel movimento antroposo-fico, assolutamente non devono avvenire! L’onestà inte-riore c’impone di non pensare a quel modo. Non si puòprogredire di alcun passo nella conoscenza della verità,se ancora si è capaci di errare in tal guisa, ed è un dove-re degli antroposofi di osservare queste cose, e di nonsorvolarle con indifferenza, parlando dell’«amore uma-no universale». Perdonare a un uomo un fatto simile, si-gnifica peccare per mancanza di amore verso di lui, nelsenso più alto della parola; perchè a quel modo lo sicondanna karmicamente all’illusione e all’inutilità dopola morte. Se invece si richiama la sua attenzione sul fat-to, si allevia la sua esistenza dopo la morte. Questa èl’importanza più profonda della quistione.

Non si deve dunque accogliere leggermente la veritàche si cerca anzitutto di stabilire, e cioè che l’animaumana si compone di tre arti, anima senziente, anima ra-zionale o affettiva e anima cosciente. Nel corso dei pas-sati anni già è risultato evidente, che un simile fatto haun’importanza molto più profonda che non una sempli-ce ripartizione sistematica dell’anima. È stato spiegatoche, nei tempi postatlantei, le singole civiltà si sonoevolute gradatamente: l’antica indiana, l’antica persiana,l’egizio-caldaica, la greco-latina e poi la nostra. Ed èstato dimostrato, che l’essenziale del periodo di civiltà

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giudizio sopra un argomento: «che ora soltanto egli co-mincia a studiarlo?» Queste cose fanno parte dell’edu-cazione antroposofica e non progrediremo veramente,che quando diventerà generale l’opinione, che simili fat-ti non devono essere possibili nel movimento antroposo-fico, assolutamente non devono avvenire! L’onestà inte-riore c’impone di non pensare a quel modo. Non si puòprogredire di alcun passo nella conoscenza della verità,se ancora si è capaci di errare in tal guisa, ed è un dove-re degli antroposofi di osservare queste cose, e di nonsorvolarle con indifferenza, parlando dell’«amore uma-no universale». Perdonare a un uomo un fatto simile, si-gnifica peccare per mancanza di amore verso di lui, nelsenso più alto della parola; perchè a quel modo lo sicondanna karmicamente all’illusione e all’inutilità dopola morte. Se invece si richiama la sua attenzione sul fat-to, si allevia la sua esistenza dopo la morte. Questa èl’importanza più profonda della quistione.

Non si deve dunque accogliere leggermente la veritàche si cerca anzitutto di stabilire, e cioè che l’animaumana si compone di tre arti, anima senziente, anima ra-zionale o affettiva e anima cosciente. Nel corso dei pas-sati anni già è risultato evidente, che un simile fatto haun’importanza molto più profonda che non una sempli-ce ripartizione sistematica dell’anima. È stato spiegatoche, nei tempi postatlantei, le singole civiltà si sonoevolute gradatamente: l’antica indiana, l’antica persiana,l’egizio-caldaica, la greco-latina e poi la nostra. Ed èstato dimostrato, che l’essenziale del periodo di civiltà

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babilonese-caldaico-egizio sta nel fatto, che a quell’epo-ca l’anima senziente dell’uomo ha realmente attraversa-to una speciale evoluzione: ugualmente vi è statonell’epoca greco-latina una speciale cultura dell’animarazionale o affettiva, e all’epoca nostra una culturadell’anima cosciente. Questo è il nostro rapporto conqueste tre epoche di cultura: questa è la loro azionesull’educazione e sull’evoluzione dell’anima umanastessa. Questi tre arti dell’anima non sono qualcosa diimmaginario, sibbene qualcosa di vivente, che si evolvesuccessivamente nelle epoche che si susseguono.

Ma tutto deve formare un unico connesso. Il passatodeve essere sempre trasportato nell’avvenire, e simil-mente, in ciò che si verifica prima, deve anticipatamenteesser compreso ciò che si verifica dopo. In quale epocadi cultura vivono Buddha e Socrate? Nella quarta epocapostatlantea. Essi sono vissuti in quell’epoca, quandol’anima razionale o affettiva è giunta in special modo aesprimersi. Ambedue hanno in quella la loro missione;Buddha ha il compito di conservare la cultura dell’ani-ma senziente dall’epoca precedente, cioè di conservarladalla terza per la quarta epoca. Ciò che il Buddha comu-nica, che i discepoli del Buddha accolgono nel loro cuo-re, è ciò che dalla terza epoca di cultura postatlantea,che è il periodo di cultura dell’anima senziente, deve ri-splendere nella quarta, nell’epoca dell’anima razionale oaffettiva: di guisa che nell’epoca dell’anima razionale oaffettiva, nel quarto periodo di cultura postatlantea, tuttoviene riscaldato, infervorato, illuminato dall’insegna-

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babilonese-caldaico-egizio sta nel fatto, che a quell’epo-ca l’anima senziente dell’uomo ha realmente attraversa-to una speciale evoluzione: ugualmente vi è statonell’epoca greco-latina una speciale cultura dell’animarazionale o affettiva, e all’epoca nostra una culturadell’anima cosciente. Questo è il nostro rapporto conqueste tre epoche di cultura: questa è la loro azionesull’educazione e sull’evoluzione dell’anima umanastessa. Questi tre arti dell’anima non sono qualcosa diimmaginario, sibbene qualcosa di vivente, che si evolvesuccessivamente nelle epoche che si susseguono.

Ma tutto deve formare un unico connesso. Il passatodeve essere sempre trasportato nell’avvenire, e simil-mente, in ciò che si verifica prima, deve anticipatamenteesser compreso ciò che si verifica dopo. In quale epocadi cultura vivono Buddha e Socrate? Nella quarta epocapostatlantea. Essi sono vissuti in quell’epoca, quandol’anima razionale o affettiva è giunta in special modo aesprimersi. Ambedue hanno in quella la loro missione;Buddha ha il compito di conservare la cultura dell’ani-ma senziente dall’epoca precedente, cioè di conservarladalla terza per la quarta epoca. Ciò che il Buddha comu-nica, che i discepoli del Buddha accolgono nel loro cuo-re, è ciò che dalla terza epoca di cultura postatlantea,che è il periodo di cultura dell’anima senziente, deve ri-splendere nella quarta, nell’epoca dell’anima razionale oaffettiva: di guisa che nell’epoca dell’anima razionale oaffettiva, nel quarto periodo di cultura postatlantea, tuttoviene riscaldato, infervorato, illuminato dall’insegna-

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mento del Buddha, da ciò che è stato prodotto dall’epo-ca di cultura che tuttavia era pervasa dalla chiaroveg-genza dell’anima senziente. Il Buddha è il grande con-servatore della cultura dell’anima senziente nella culturadell’anima razionale o affettiva. Quale missione spetta aSocrate, che si è presentato alquanto più tardi? Egli sitrova pure situato nell’epoca dell’anima razionale o af-fettiva: egli fa appello alla singola individualitàdell’uomo, a ciò che può esplicarsi soltanto nella nostraquinta epoca di cultura. Egli deve accogliere l’epocadell’anima cosciente, in una forma ancora astratta,nell’epoca dell’anima razionale o affettiva. Buddha con-serva ciò che ha preceduto. Perciò quello che egli comu-nica appare come una luce che riscalda e risplende. So-crate accoglie ciò che per lui sta nell’avvenire, ciò cherappresenta la caratteristica dell’anima cosciente; perciòappare all’epoca sua come qualcosa di freddo, di pura-mente intellettuale, di arido. Così nel quarto periodo dicultura si trovano riuniti il terzo, il quarto e il quinto; ilterzo viene conservato dal Buddha, il quinto viene com-preso anticipatamente da Socrate. V’è un Occidente eun Oriente appositamente per accogliere questi dueaspetti diversi; l’Oriente, per accogliere la grandezza deltempo passato, l’Occidente si occupa di accogliere anti-cipatamente ciò che deve manifestarsi nell’avvenire.

Attraverso lungo cammino, attraverso i tempi primor-diali dell’evoluzione dell’umanità, il Buddha è semprericomparso come Bodhisattwa, fino all’epoca in cui ilBodhisattwa è salito a essere «Buddha»; è lunga e gran-

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mento del Buddha, da ciò che è stato prodotto dall’epo-ca di cultura che tuttavia era pervasa dalla chiaroveg-genza dell’anima senziente. Il Buddha è il grande con-servatore della cultura dell’anima senziente nella culturadell’anima razionale o affettiva. Quale missione spetta aSocrate, che si è presentato alquanto più tardi? Egli sitrova pure situato nell’epoca dell’anima razionale o af-fettiva: egli fa appello alla singola individualitàdell’uomo, a ciò che può esplicarsi soltanto nella nostraquinta epoca di cultura. Egli deve accogliere l’epocadell’anima cosciente, in una forma ancora astratta,nell’epoca dell’anima razionale o affettiva. Buddha con-serva ciò che ha preceduto. Perciò quello che egli comu-nica appare come una luce che riscalda e risplende. So-crate accoglie ciò che per lui sta nell’avvenire, ciò cherappresenta la caratteristica dell’anima cosciente; perciòappare all’epoca sua come qualcosa di freddo, di pura-mente intellettuale, di arido. Così nel quarto periodo dicultura si trovano riuniti il terzo, il quarto e il quinto; ilterzo viene conservato dal Buddha, il quinto viene com-preso anticipatamente da Socrate. V’è un Occidente eun Oriente appositamente per accogliere questi dueaspetti diversi; l’Oriente, per accogliere la grandezza deltempo passato, l’Occidente si occupa di accogliere anti-cipatamente ciò che deve manifestarsi nell’avvenire.

Attraverso lungo cammino, attraverso i tempi primor-diali dell’evoluzione dell’umanità, il Buddha è semprericomparso come Bodhisattwa, fino all’epoca in cui ilBodhisattwa è salito a essere «Buddha»; è lunga e gran-

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de quest’epoca che trova il suo termine nel Buddha, eche trova veramente il suo termine per il fatto, che ilBuddha sperimenta la sua ultima incarnazione terrestre,e non discende più sulla Terra. È una grande epoca cheha trovato il suo termine, in quanto ha trasportato secodai tempi primordiali la cultura dell’anima senzientedella terza epoca postatlantea di cultura, e l’ha fatta nuo-vamente risplendere. Leggete i discorsi del Buddha daquesto punto di vista, e coglierete il giusto tenore delloro contenuto; così questa comparsa dell’epocadell’anima razionale o affettiva acquisterà per voi forseanche valore ben diverso. Allora, considerando i discor-si del Buddha, direte: In questi tutto è disposto in mododa parlare direttamente alla mente umana; ma immedia-tamente dietro vi è qualcosa che si sottrae a questa men-te e appartiene a un mondo superiore. Perciò quel pecu-liare movimento ritmico, che riesce così molestoall’intelletto ordinario umano; perciò quelle ripetizioninei discorsi del Buddha, che si cominciano appunto acomprendere soltanto, quando dal fisico si entranell’eterico, che è il campo supersensibile più vicino aquello materiale sensibile. Chi comprende come moltodi ciò eserciti un’azione nel corpo eterico, che sta dietroal corpo fisico, comprende pure perchè molto di quantovien detto nei discorsi del Buddha venga sempre nuova-mente ripetuto. Non è permesso togliere ai discorsi delBuddha questa loro peculiarità, escludendone le ripeti-zioni. Alcune persone cultrici di astrazioni hanno credu-to bene di riprodurre il solo contenuto dei discorsi,

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de quest’epoca che trova il suo termine nel Buddha, eche trova veramente il suo termine per il fatto, che ilBuddha sperimenta la sua ultima incarnazione terrestre,e non discende più sulla Terra. È una grande epoca cheha trovato il suo termine, in quanto ha trasportato secodai tempi primordiali la cultura dell’anima senzientedella terza epoca postatlantea di cultura, e l’ha fatta nuo-vamente risplendere. Leggete i discorsi del Buddha daquesto punto di vista, e coglierete il giusto tenore delloro contenuto; così questa comparsa dell’epocadell’anima razionale o affettiva acquisterà per voi forseanche valore ben diverso. Allora, considerando i discor-si del Buddha, direte: In questi tutto è disposto in mododa parlare direttamente alla mente umana; ma immedia-tamente dietro vi è qualcosa che si sottrae a questa men-te e appartiene a un mondo superiore. Perciò quel pecu-liare movimento ritmico, che riesce così molestoall’intelletto ordinario umano; perciò quelle ripetizioninei discorsi del Buddha, che si cominciano appunto acomprendere soltanto, quando dal fisico si entranell’eterico, che è il campo supersensibile più vicino aquello materiale sensibile. Chi comprende come moltodi ciò eserciti un’azione nel corpo eterico, che sta dietroal corpo fisico, comprende pure perchè molto di quantovien detto nei discorsi del Buddha venga sempre nuova-mente ripetuto. Non è permesso togliere ai discorsi delBuddha questa loro peculiarità, escludendone le ripeti-zioni. Alcune persone cultrici di astrazioni hanno credu-to bene di riprodurre il solo contenuto dei discorsi,

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escludendone le ripetizioni. Invece è importante, chetutto sia lasciato come ci è stato dato dal Buddha.

Se ora si osserva Socrate, senza servirsi del ricco ma-teriale che da allora in poi ci viene offerto dalle scopertedella scienza nel campo della natura e dell’uomo, e ilmodo come egli si attiene alle cose ordinarie, e lo si esa-mina poi con l’appoggio del materiale della scienza na-turale, ci si presenta ovunque il metodo socratico; anzise ne sente il bisogno, e lo si vuole avere. Si tratta dinuovo di una grande linea, che comincia con Socrate,penetra nella nostra epoca e andrà sempre acquistandomaggiore perfezione. Abbiamo così una correntedell’evoluzione dell’umanità che arriva fino al Buddha,e in lui trova il suo termine; e abbiamo un’altra corrente,che comincia con Socrate e si avvia verso un lontanoavvenire. Socrate e Buddha stanno uno accanto all’altro,in certo qual modo, come due nuclei di comèta, se ci èpermesso servirci di questa immagine: la luce della codadella comèta del Buddha attornia il nucleo e si volgelontano, lontano nell’orizzonte incerto del passato; laluce della coda della cometa di Socrate circonda pure ilnucleo e risplende verso le incerte lontananze dell’avve-nire. Due comete divergenti, in due direzioni completa-mente diverse, di cui i nuclei risplendono contempora-neamente, questa è l’immagine di cui mi vorrei servireper rappresentare il rapporto fra Socrate e Buddha.

Passa un mezzo millennio, e una specie di congiun-zione delle due correnti si effettua per mezzo del CristoGesù. Abbiamo già caratterizzato questo fatto esponen-

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escludendone le ripetizioni. Invece è importante, chetutto sia lasciato come ci è stato dato dal Buddha.

Se ora si osserva Socrate, senza servirsi del ricco ma-teriale che da allora in poi ci viene offerto dalle scopertedella scienza nel campo della natura e dell’uomo, e ilmodo come egli si attiene alle cose ordinarie, e lo si esa-mina poi con l’appoggio del materiale della scienza na-turale, ci si presenta ovunque il metodo socratico; anzise ne sente il bisogno, e lo si vuole avere. Si tratta dinuovo di una grande linea, che comincia con Socrate,penetra nella nostra epoca e andrà sempre acquistandomaggiore perfezione. Abbiamo così una correntedell’evoluzione dell’umanità che arriva fino al Buddha,e in lui trova il suo termine; e abbiamo un’altra corrente,che comincia con Socrate e si avvia verso un lontanoavvenire. Socrate e Buddha stanno uno accanto all’altro,in certo qual modo, come due nuclei di comèta, se ci èpermesso servirci di questa immagine: la luce della codadella comèta del Buddha attornia il nucleo e si volgelontano, lontano nell’orizzonte incerto del passato; laluce della coda della cometa di Socrate circonda pure ilnucleo e risplende verso le incerte lontananze dell’avve-nire. Due comete divergenti, in due direzioni completa-mente diverse, di cui i nuclei risplendono contempora-neamente, questa è l’immagine di cui mi vorrei servireper rappresentare il rapporto fra Socrate e Buddha.

Passa un mezzo millennio, e una specie di congiun-zione delle due correnti si effettua per mezzo del CristoGesù. Abbiamo già caratterizzato questo fatto esponen-

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done alcuni particolari. Domani vogliamo proseguire ilnostro studio per rispondere al quesito: caratterizzatagiustamente, quale è la missione del Cristo nei riguardidell’anima umana?

V

Ieri abbiamo cercato di abbracciare con lo sguardo,da un determinato punto di vista, la situazione storicamondiale dell’epoca, in cui si è verificato il Mistero delGolgotha. Per riuscirvi abbiamo considerato due Guideimportanti dell’umanità, Buddha e Socrate, le quali am-bedue hanno preceduto di alcuni secoli l’evento del Mi-stero del Golgotha. Ci siamo così accorti, che il Buddharappresenta il termine importante di una corrente di evo-luzione. Nel quinto e già nel sesto secolo prima del Mi-stero del Golgotha troviamo il Buddha, che proclamaquell’insegnamento profondamente importante, che poiè stato conosciuto come «la rivelazione di Benares»; inquello egli ha riassunto, in una determinata guisa, ciòche ha potuto scorrere nelle anime umane dai millennidei tempi primordiali, e lo ha rinnovato e proclamato nelmodo appunto, come conveniva che fosse sinteticamen-te annunziato un mezzo millennio prima del Mistero delGolgotha, con forma adatta per quei popoli e quelle raz-

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done alcuni particolari. Domani vogliamo proseguire ilnostro studio per rispondere al quesito: caratterizzatagiustamente, quale è la missione del Cristo nei riguardidell’anima umana?

V

Ieri abbiamo cercato di abbracciare con lo sguardo,da un determinato punto di vista, la situazione storicamondiale dell’epoca, in cui si è verificato il Mistero delGolgotha. Per riuscirvi abbiamo considerato due Guideimportanti dell’umanità, Buddha e Socrate, le quali am-bedue hanno preceduto di alcuni secoli l’evento del Mi-stero del Golgotha. Ci siamo così accorti, che il Buddharappresenta il termine importante di una corrente di evo-luzione. Nel quinto e già nel sesto secolo prima del Mi-stero del Golgotha troviamo il Buddha, che proclamaquell’insegnamento profondamente importante, che poiè stato conosciuto come «la rivelazione di Benares»; inquello egli ha riassunto, in una determinata guisa, ciòche ha potuto scorrere nelle anime umane dai millennidei tempi primordiali, e lo ha rinnovato e proclamato nelmodo appunto, come conveniva che fosse sinteticamen-te annunziato un mezzo millennio prima del Mistero delGolgotha, con forma adatta per quei popoli e quelle raz-

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ze. Fino a qual punto il Buddha segni il grande terminedi una corrente mondiale risulta soprattutto evidente,quando si considera il suo grande predecessore, di cui ilricordo, in certo qual modo, già si perde nel crepuscolodell’evoluzione dell’umanità: Krishna, il grande Mae-stro indiano, in un senso completamente diverso, ci ap-pare pure come la fine dei millenni delle antiche rivela-zioni. Krishna si può collocare a un dipresso qualche se-colo prima del Buddha. Ma non si tratta ora di questo.La cosa principale si è, che quanto più si lascia agire sudi noi ciò che è Krishna e ciò che è il Buddha, tanto piùci si avvede, che da un determinato aspetto la rivelazio-ne del Buddha si manifesta nel Krishna con luce ancorpiù chiara, e che nel Buddha – come ora dimostreremo –essa trova, in un determinato modo, il suo termine.

Krishna – in questo nome si riassume effettivamentequalcosa, che stende la sua luce nell’evoluzione spiri-tuale dell’evoluzione dell’umanità attraverso molti, mol-ti millenni. E se si approfondisce tutto ciò che si può in-dicare come rivelazione del Krishna, il nostro sguardo sieleva ad altezze eccelse di rivelazione spirituale umana,di fronte alle quali c’invade il senso, che nei riguardi diciò che risuona dalla rivelazione del Krishna, di ciò chein essa è contenuto, non può esservi progresso; non vi èniente che possa superare l’elevatezza di ciò che risuonada quella rivelazione; la rivelazione di Krishna raggiun-ge nel suo genere un’altezza somma. Naturalmente vie-ne a essere compreso così nella persona di Krishna mol-to di ciò che si dovrebbe attribuire a parecchi altri Rive-

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ze. Fino a qual punto il Buddha segni il grande terminedi una corrente mondiale risulta soprattutto evidente,quando si considera il suo grande predecessore, di cui ilricordo, in certo qual modo, già si perde nel crepuscolodell’evoluzione dell’umanità: Krishna, il grande Mae-stro indiano, in un senso completamente diverso, ci ap-pare pure come la fine dei millenni delle antiche rivela-zioni. Krishna si può collocare a un dipresso qualche se-colo prima del Buddha. Ma non si tratta ora di questo.La cosa principale si è, che quanto più si lascia agire sudi noi ciò che è Krishna e ciò che è il Buddha, tanto piùci si avvede, che da un determinato aspetto la rivelazio-ne del Buddha si manifesta nel Krishna con luce ancorpiù chiara, e che nel Buddha – come ora dimostreremo –essa trova, in un determinato modo, il suo termine.

Krishna – in questo nome si riassume effettivamentequalcosa, che stende la sua luce nell’evoluzione spiri-tuale dell’evoluzione dell’umanità attraverso molti, mol-ti millenni. E se si approfondisce tutto ciò che si può in-dicare come rivelazione del Krishna, il nostro sguardo sieleva ad altezze eccelse di rivelazione spirituale umana,di fronte alle quali c’invade il senso, che nei riguardi diciò che risuona dalla rivelazione del Krishna, di ciò chein essa è contenuto, non può esservi progresso; non vi èniente che possa superare l’elevatezza di ciò che risuonada quella rivelazione; la rivelazione di Krishna raggiun-ge nel suo genere un’altezza somma. Naturalmente vie-ne a essere compreso così nella persona di Krishna mol-to di ciò che si dovrebbe attribuire a parecchi altri Rive-

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latori. Ma effettivamente, ciò che nel corso dei millennie dei secoli è stato a grado a grado comunicato dai suoipredecessori, da coloro che hanno dovuto essere i veico-li della rivelazione nei tempi antecedenti, è stato da luirinnovato, riassunto e portato a termine per rivelarlo alsuo popolo. E se si considera il modo come Krishna par-la dei mondi divini e spirituali, del rapporto dei medesi-mi coll’umanità, e del corso degli avvenimenti mondia-li, se si considera la spiritualità, alla quale noi stessi cidobbiamo elevare, per penetrare nel senso più profondodell’insegnamento di Krishna, allora forse, in un deter-minato modo, nel successivo corso dell’evoluzionedell’umanità, un solo altro esempio si trova, a cui possain parte essere paragonato. – Della rivelazione di Krish-na si può dire: questa è, in certo qual modo, una dottrinaocculta. Perchè una dottrina occulta? Lo è per la sempli-ce ragione, che pochi uomini si possono procurare la ca-pacità interiore di elevarsi all’altezza necessaria percomprendere quelle cose. Le rivelazioni come quelle diKrishna non occorre racchiuderle «sotto chiave» perchèrimangano occulte: esse rimangono «occulte» per lasemplice ragione, che pochissimi uomini sono capaci dielevarsi all’altezza necessaria per comprenderle. Le ri-velazioni come quelle di Krishna si possono diffonderefra la gente, divulgare largamente, dare in mano adognuno – e nondimeno rimarranno occulte; perchè ilmezzo per impedire che rimangano occulte, non è giàquello di divulgarle, sibbene occorre che le anime pro-grediscano, perchè gli uomini possano unirsi a

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latori. Ma effettivamente, ciò che nel corso dei millennie dei secoli è stato a grado a grado comunicato dai suoipredecessori, da coloro che hanno dovuto essere i veico-li della rivelazione nei tempi antecedenti, è stato da luirinnovato, riassunto e portato a termine per rivelarlo alsuo popolo. E se si considera il modo come Krishna par-la dei mondi divini e spirituali, del rapporto dei medesi-mi coll’umanità, e del corso degli avvenimenti mondia-li, se si considera la spiritualità, alla quale noi stessi cidobbiamo elevare, per penetrare nel senso più profondodell’insegnamento di Krishna, allora forse, in un deter-minato modo, nel successivo corso dell’evoluzionedell’umanità, un solo altro esempio si trova, a cui possain parte essere paragonato. – Della rivelazione di Krish-na si può dire: questa è, in certo qual modo, una dottrinaocculta. Perchè una dottrina occulta? Lo è per la sempli-ce ragione, che pochi uomini si possono procurare la ca-pacità interiore di elevarsi all’altezza necessaria percomprendere quelle cose. Le rivelazioni come quelle diKrishna non occorre racchiuderle «sotto chiave» perchèrimangano occulte: esse rimangono «occulte» per lasemplice ragione, che pochissimi uomini sono capaci dielevarsi all’altezza necessaria per comprenderle. Le ri-velazioni come quelle di Krishna si possono diffonderefra la gente, divulgare largamente, dare in mano adognuno – e nondimeno rimarranno occulte; perchè ilmezzo per impedire che rimangano occulte, non è giàquello di divulgarle, sibbene occorre che le anime pro-grediscano, perchè gli uomini possano unirsi a

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quegl’insegnamenti. Difatti tali cose aleggiano a una de-terminata altezza spirituale e ci parlano poi in un modo,che rappresenta una specie di apogeo spirituale. Chi ac-coglie le parole che emanano da siffatte rivelazioni nonè autorizzato affatto a credere di conoscerle, neppure seè uno scienziato del ventesimo secolo. Si comprendeoggidì perfettamente quando da molti viene detto, chenon esiste nessuna «Dottrina Segreta»; lo si comprende,perchè spesso coloro che giudicano di tali cose posseg-gono le parole, e credono con quelle di possedere il tut-to. Ma «l’aspetto occulto della dottrina» risiede nel fat-to, che essi non comprendono ciò che hanno. Vi è qual-cosa – come ho detto – a cui la caratteristica specialeche distingue quegl’insegnamenti che si ricollegano alnome di Krishna, può essere paragonata, e cioè, alle pa-role che risuonano molto più tardi da tre uomini, che, inun determinato modo, ci stanno vicini. Ma queste si pre-sentano a noi in modo affatto diverso, in modo che sipossono comprendere, in modo filosofico; intendo par-lare di ciò che si ricollega, nei tempi moderni, ai trenomi di Fichte, Schelling e Hegel. Nei riguardidell’aspetto occulto gl’insegnamenti di questi tre uominisi possono in parte paragonare ad altre «dottrine segre-te» dell’umanità. Perchè sebbene si possono averegl’insegnamenti di Fichte, Schelling e Hegel, nondime-no nessuno negherà, che nel senso più largo della paro-la, siano rimasti veri «insegnamenti occulti». Sono vera-mente rimasti degl’insegnamenti occulti. Ben pochi uo-mini desiderano assumere un atteggiamento qualsiasi di

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quegl’insegnamenti. Difatti tali cose aleggiano a una de-terminata altezza spirituale e ci parlano poi in un modo,che rappresenta una specie di apogeo spirituale. Chi ac-coglie le parole che emanano da siffatte rivelazioni nonè autorizzato affatto a credere di conoscerle, neppure seè uno scienziato del ventesimo secolo. Si comprendeoggidì perfettamente quando da molti viene detto, chenon esiste nessuna «Dottrina Segreta»; lo si comprende,perchè spesso coloro che giudicano di tali cose posseg-gono le parole, e credono con quelle di possedere il tut-to. Ma «l’aspetto occulto della dottrina» risiede nel fat-to, che essi non comprendono ciò che hanno. Vi è qual-cosa – come ho detto – a cui la caratteristica specialeche distingue quegl’insegnamenti che si ricollegano alnome di Krishna, può essere paragonata, e cioè, alle pa-role che risuonano molto più tardi da tre uomini, che, inun determinato modo, ci stanno vicini. Ma queste si pre-sentano a noi in modo affatto diverso, in modo che sipossono comprendere, in modo filosofico; intendo par-lare di ciò che si ricollega, nei tempi moderni, ai trenomi di Fichte, Schelling e Hegel. Nei riguardidell’aspetto occulto gl’insegnamenti di questi tre uominisi possono in parte paragonare ad altre «dottrine segre-te» dell’umanità. Perchè sebbene si possono averegl’insegnamenti di Fichte, Schelling e Hegel, nondime-no nessuno negherà, che nel senso più largo della paro-la, siano rimasti veri «insegnamenti occulti». Sono vera-mente rimasti degl’insegnamenti occulti. Ben pochi uo-mini desiderano assumere un atteggiamento qualsiasi di

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fronte alle cose di cui queste tre persone hanno scritto.Per una certa – si potrebbe dire – cortesia filosofica al-cuni circoli filosofici tornano oggi a parlare di nuovo diHegel e perciò si obietta a quello che appunto è statodetto, che vi sono tuttavia persone che si occupano diHegel. Ma se si considera ciò che queste persone produ-cono, e con cui concorrono alla comprensione di Hegel,si arriva all’opinione, che per queste persone quella diHegel è rimasta veramente una dottrina segreta. Ma inFichte, Schelling e Hegel, ciò che ci risplende nel Krish-na dall’Oriente, ci si presenta in un modo astratto, con-cettuale; occorre tuttavia una qualità speciale per osser-vare quella somiglianza; occorre una ben determinatacostituzione dell’anima umana. Ma sarà bene esprimereuna volta francamente che cosa sia che occorre.

Quando un uomo oggidì dotato, non vorrei dire di unacoltura media, ma di una cultura perfino superiore, pren-de in mano un’opera filosofica qualsiasi di Fichte o diHegel, comincia a leggere e crede leggervi qualcosa,che rappresenta un progresso dell’evoluzione intellet-tuale; e la maggior parte degli uomini concorderannonel dire, che non c’è veramente molto da infervorarsiquando, per esempio, si apre l’«Enciclopedia dellescienze» di Hegel dove tratta dapprima di «Essere» epoi di «Non Essere». Si sentirà dire allora: «in questo li-bro è stato fatturato qualcosa della più alta astrazioneconcettuale; sarà bellissimo, ma al mio cuore, alla miaanima, al mio fervore non dà niente». Conosco moltepersone che dopo aver letto due o tre pagine appunto di

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fronte alle cose di cui queste tre persone hanno scritto.Per una certa – si potrebbe dire – cortesia filosofica al-cuni circoli filosofici tornano oggi a parlare di nuovo diHegel e perciò si obietta a quello che appunto è statodetto, che vi sono tuttavia persone che si occupano diHegel. Ma se si considera ciò che queste persone produ-cono, e con cui concorrono alla comprensione di Hegel,si arriva all’opinione, che per queste persone quella diHegel è rimasta veramente una dottrina segreta. Ma inFichte, Schelling e Hegel, ciò che ci risplende nel Krish-na dall’Oriente, ci si presenta in un modo astratto, con-cettuale; occorre tuttavia una qualità speciale per osser-vare quella somiglianza; occorre una ben determinatacostituzione dell’anima umana. Ma sarà bene esprimereuna volta francamente che cosa sia che occorre.

Quando un uomo oggidì dotato, non vorrei dire di unacoltura media, ma di una cultura perfino superiore, pren-de in mano un’opera filosofica qualsiasi di Fichte o diHegel, comincia a leggere e crede leggervi qualcosa,che rappresenta un progresso dell’evoluzione intellet-tuale; e la maggior parte degli uomini concorderannonel dire, che non c’è veramente molto da infervorarsiquando, per esempio, si apre l’«Enciclopedia dellescienze» di Hegel dove tratta dapprima di «Essere» epoi di «Non Essere». Si sentirà dire allora: «in questo li-bro è stato fatturato qualcosa della più alta astrazioneconcettuale; sarà bellissimo, ma al mio cuore, alla miaanima, al mio fervore non dà niente». Conosco moltepersone che dopo aver letto due o tre pagine appunto di

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questo libro di Hegel lo hanno presto richiuso e messoda parte. Ma una cosa la gente non vuole ammettere,cioè, che forse la colpa per cui quel libro non c’infervo-ra, per cui quel libro non desta in noi delle lotte vitaliche ci sbalzano dall’inferno al cielo, risiede proprio innoi stessi. Questo non si ammette volentieri. Perchè inciò che la gente chiama «i concetti astratti» di questi trefilosofi, vi è la possibilità di sperimentare delle lotte vi-tali, e di sentire non soltanto del calore vitale, bensì disentire l’intiera gamma dal freddo esteriore della vitafino al calore più esteriore della vita; di sentire che que-ste cose sono state direttamente scritte col sangue uma-no e non soltanto con concetti astratti.

Si può paragonare ciò che risplende a noi da Krishnacon questa cosiddetta fase moderna di evoluzionedell’ascesa umana nelle altezze spirituali; vi è nondime-no una differenza importante. Ciò che si presenta a noiin Fichte, Schelling e Hegel, in questi pensatori del Cri-stianesimo, in questi pensatori più maturi del Cristiane-simo, si presenta a noi nell’epoca precristiana, quale al-lora doveva essere, nel Krishna. Che cosa è questa Rive-lazione di Krishna? È qualcosa, che più tardi mai piùpoteva ritornare, qualcosa che deve essere accolta nellasua elevatezza, perchè, nel suo genere, non può esseresuperata. E chi ha intendimento per queste cose acquistaun concetto, un’idea, della forza di luce spirituale che anoi risplende da quella rivelazione, soltanto, quando la-scia agire su di sè tutte quelle cose che si riconnettonocon quella cultura, dalla quale ci proviene il Krishna.

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questo libro di Hegel lo hanno presto richiuso e messoda parte. Ma una cosa la gente non vuole ammettere,cioè, che forse la colpa per cui quel libro non c’infervo-ra, per cui quel libro non desta in noi delle lotte vitaliche ci sbalzano dall’inferno al cielo, risiede proprio innoi stessi. Questo non si ammette volentieri. Perchè inciò che la gente chiama «i concetti astratti» di questi trefilosofi, vi è la possibilità di sperimentare delle lotte vi-tali, e di sentire non soltanto del calore vitale, bensì disentire l’intiera gamma dal freddo esteriore della vitafino al calore più esteriore della vita; di sentire che que-ste cose sono state direttamente scritte col sangue uma-no e non soltanto con concetti astratti.

Si può paragonare ciò che risplende a noi da Krishnacon questa cosiddetta fase moderna di evoluzionedell’ascesa umana nelle altezze spirituali; vi è nondime-no una differenza importante. Ciò che si presenta a noiin Fichte, Schelling e Hegel, in questi pensatori del Cri-stianesimo, in questi pensatori più maturi del Cristiane-simo, si presenta a noi nell’epoca precristiana, quale al-lora doveva essere, nel Krishna. Che cosa è questa Rive-lazione di Krishna? È qualcosa, che più tardi mai piùpoteva ritornare, qualcosa che deve essere accolta nellasua elevatezza, perchè, nel suo genere, non può esseresuperata. E chi ha intendimento per queste cose acquistaun concetto, un’idea, della forza di luce spirituale che anoi risplende da quella rivelazione, soltanto, quando la-scia agire su di sè tutte quelle cose che si riconnettonocon quella cultura, dalla quale ci proviene il Krishna.

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Occorre soltanto far agire su di sè le cose nel loro giustosenso. Quando (citerò soltanto pochi esempi) si lascianoagire su di sè in modo giusto delle parole come quelle –appartengono alla Bhagavad Gita – che Krishna adoperaper spiegare il proprio essere, si arriva a conoscenze, asentimenti, che in seguito caratterizzeremo più precisa-mente. Krishna dice: «Io sono lo Spirito del Divenire, ilprincipio, il mezzo e anche la fine di esso. Negli esseriIo sono sempre ciò che v’ha di più nobile fra quanto èdivenuto. Fra gli esseri spirituali Io sono Vishnu, fra lestelle Io sono Sole; fra i luminari, la Luna, fra gli ele-menti sono il Fuoco; delle montagne Io sono l’altoMonte Meru, delle acque sono il grande oceano, dei fiu-mi Io sono il Gange, fra tutti gli alberi sono l’Asvattha.Sono il Signore, nel vero senso della parola, degli uomi-ni e di tutti gli esseri che vivono; fra i serpenti sonoquello che è in eterno, che è il fondamento stessodell’esistenza».

Prenderemo ora un’altra manifestazione della medesi-ma cultura, che trovasi nei Veda. I Deva si riunisconosotto al trono dell’Omnipossente e gli chiedono devota-mente chi Egli sia. Allora l’Omnipossente (è dunque ilDio dell’Universo, nel senso antico indiano) risponde:

«Se oltre di me vi fosse un altro, mi descriverei permezzo suo. Sono stato dall’eternità e sarò per tuttal’eternità. Sono la prima Causa di tutto, la Causa di tuttociò che si trova a Occidente, a Oriente, a Nord e a Sud,sono la Causa di tutto nelle altezze e nelle profondità. Iosono tutto, sono più vecchio di ciò che vi è. Io sono il

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Occorre soltanto far agire su di sè le cose nel loro giustosenso. Quando (citerò soltanto pochi esempi) si lascianoagire su di sè in modo giusto delle parole come quelle –appartengono alla Bhagavad Gita – che Krishna adoperaper spiegare il proprio essere, si arriva a conoscenze, asentimenti, che in seguito caratterizzeremo più precisa-mente. Krishna dice: «Io sono lo Spirito del Divenire, ilprincipio, il mezzo e anche la fine di esso. Negli esseriIo sono sempre ciò che v’ha di più nobile fra quanto èdivenuto. Fra gli esseri spirituali Io sono Vishnu, fra lestelle Io sono Sole; fra i luminari, la Luna, fra gli ele-menti sono il Fuoco; delle montagne Io sono l’altoMonte Meru, delle acque sono il grande oceano, dei fiu-mi Io sono il Gange, fra tutti gli alberi sono l’Asvattha.Sono il Signore, nel vero senso della parola, degli uomi-ni e di tutti gli esseri che vivono; fra i serpenti sonoquello che è in eterno, che è il fondamento stessodell’esistenza».

Prenderemo ora un’altra manifestazione della medesi-ma cultura, che trovasi nei Veda. I Deva si riunisconosotto al trono dell’Omnipossente e gli chiedono devota-mente chi Egli sia. Allora l’Omnipossente (è dunque ilDio dell’Universo, nel senso antico indiano) risponde:

«Se oltre di me vi fosse un altro, mi descriverei permezzo suo. Sono stato dall’eternità e sarò per tuttal’eternità. Sono la prima Causa di tutto, la Causa di tuttociò che si trova a Occidente, a Oriente, a Nord e a Sud,sono la Causa di tutto nelle altezze e nelle profondità. Iosono tutto, sono più vecchio di ciò che vi è. Io sono il

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Dominatore dei Dominatori. Io sono la Verità stessa,sono la Rivelazione stessa, sono la Causa della Rivela-zione. Io sono la Conoscenza, sono la Pietà e sono laGiustizia. Io sono Omnipossente».

E questo antico documento narra, che quandonell’ambito di quella cultura si chiede la Causa del tutto,la risposta dice:

«Questa Causa del Mondo è il Fuoco, è il Sole, è an-che la Luna; così pure è questo puro Brahman equest’acqua e questa suprema fra le Creature. Tutti imomenti e tutte le settimane e tutti i mesi e tutti gli annie tutti i secoli e tutti i millenni e tutti i milioni di annisono promanati da lui, sono promanati dalla sua Perso-nalità radiante, che nessuno può comprendere, nè su, nègiù, nè attorno, e neppure nel centro, là dove noi stia-mo!»

Tali parole ci risuonano da quei tempi primordiali. Ciabbandoniamo a queste parole. Queste parole, osservatespregiudicatamente, quali sentimenti destano in noi?Esse esprimono delle determinate cose. Abbiamo vistoche Krishna parla di sè stesso: abbiamo visto che vengo-no dette varie cose sul Dio dell’Universo, e sopra laCausa Prima dell’Universo. Per virtù del grado di cono-scenza, con cui qui vengono espresse, le cose sono dettein modo così grandioso e significativo, come mai nelpassato erano state dette, e come sappiamo che mainell’avvenire potranno essere dette. Cioè, qualcosa ven-ne allora introdotto nell’evoluzione dell’umanità, chedeve rimanere quale è, e che così deve essere accolto, e

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Dominatore dei Dominatori. Io sono la Verità stessa,sono la Rivelazione stessa, sono la Causa della Rivela-zione. Io sono la Conoscenza, sono la Pietà e sono laGiustizia. Io sono Omnipossente».

E questo antico documento narra, che quandonell’ambito di quella cultura si chiede la Causa del tutto,la risposta dice:

«Questa Causa del Mondo è il Fuoco, è il Sole, è an-che la Luna; così pure è questo puro Brahman equest’acqua e questa suprema fra le Creature. Tutti imomenti e tutte le settimane e tutti i mesi e tutti gli annie tutti i secoli e tutti i millenni e tutti i milioni di annisono promanati da lui, sono promanati dalla sua Perso-nalità radiante, che nessuno può comprendere, nè su, nègiù, nè attorno, e neppure nel centro, là dove noi stia-mo!»

Tali parole ci risuonano da quei tempi primordiali. Ciabbandoniamo a queste parole. Queste parole, osservatespregiudicatamente, quali sentimenti destano in noi?Esse esprimono delle determinate cose. Abbiamo vistoche Krishna parla di sè stesso: abbiamo visto che vengo-no dette varie cose sul Dio dell’Universo, e sopra laCausa Prima dell’Universo. Per virtù del grado di cono-scenza, con cui qui vengono espresse, le cose sono dettein modo così grandioso e significativo, come mai nelpassato erano state dette, e come sappiamo che mainell’avvenire potranno essere dette. Cioè, qualcosa ven-ne allora introdotto nell’evoluzione dell’umanità, chedeve rimanere quale è, e che così deve essere accolto, e

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che è arrivato a un termine. E quando più tardi gli uomi-ni hanno riflettuto su queste cose, avranno forse credutodi potere, secondo i metodi nuovi delle epoche successi-ve, riassumere questo o quello con concetti più chiari, difare queste o quelle modificazioni, ma nondimeno nonsono riusciti a dirle meglio – mai vi sono riusciti – e sequalcuno intendesse dire qualcosa di meglio su questiargomenti, sarebbe in errore.

Prendiamo prima il passo della Bhagavad Gita, doveKrishna caratterizza, per così dire, la propria entità. Checosa caratterizza egli effettivamente? Ciò che egli dice èveramente straordinario. Dice di essere lo Spirito delDivenuto, di essere Vishnu fra gli Spiriti Celesti, il Solefra le stelle, la Luna fra i luminari, il fuoco fra gli ele-menti ecc. Se vogliamo trascrivere quel passo in modo,da riassumerlo con una formula, possiamo dire: Krishnaindica sè stesso come l’Essenza, l’Entità in tutto, e inmodo, che l’Entità è Lui; che l’Entità rappresenta ovun-que l’aspetto più puro, più divino. Quando dunque si pe-netra dietro le cose e se ne cerca l’essenza si arriva, se-condo quel passo, all’Entità di Krishna. Si prenda undato numero di piante della medesima specie; si cerchil’entità di questa specie, che non è visibile, ma che siesprime nelle singole forme visibili della pianta: qual’èl’essenza che sta dentro? Non dobbiamo raffigurarciquesto essere soltanto come identico a una pianta, sibbe-ne come ciò che vi ha di più elevato, di più puro nellaforma; sicchè abbiamo ovunque, non soltanto ciò che èl’entità, ma questa entità nella sua forma più pura, più

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che è arrivato a un termine. E quando più tardi gli uomi-ni hanno riflettuto su queste cose, avranno forse credutodi potere, secondo i metodi nuovi delle epoche successi-ve, riassumere questo o quello con concetti più chiari, difare queste o quelle modificazioni, ma nondimeno nonsono riusciti a dirle meglio – mai vi sono riusciti – e sequalcuno intendesse dire qualcosa di meglio su questiargomenti, sarebbe in errore.

Prendiamo prima il passo della Bhagavad Gita, doveKrishna caratterizza, per così dire, la propria entità. Checosa caratterizza egli effettivamente? Ciò che egli dice èveramente straordinario. Dice di essere lo Spirito delDivenuto, di essere Vishnu fra gli Spiriti Celesti, il Solefra le stelle, la Luna fra i luminari, il fuoco fra gli ele-menti ecc. Se vogliamo trascrivere quel passo in modo,da riassumerlo con una formula, possiamo dire: Krishnaindica sè stesso come l’Essenza, l’Entità in tutto, e inmodo, che l’Entità è Lui; che l’Entità rappresenta ovun-que l’aspetto più puro, più divino. Quando dunque si pe-netra dietro le cose e se ne cerca l’essenza si arriva, se-condo quel passo, all’Entità di Krishna. Si prenda undato numero di piante della medesima specie; si cerchil’entità di questa specie, che non è visibile, ma che siesprime nelle singole forme visibili della pianta: qual’èl’essenza che sta dentro? Non dobbiamo raffigurarciquesto essere soltanto come identico a una pianta, sibbe-ne come ciò che vi ha di più elevato, di più puro nellaforma; sicchè abbiamo ovunque, non soltanto ciò che èl’entità, ma questa entità nella sua forma più pura, più

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nobile, più elevata. Veramente di che parla Krishna?Non parla altro che di ciò, che anche l’uomo, se rientrain sè stesso, può riconoscere come la propria entità; manon l’entità che egli rappresenta nella vita abituale, sib-bene quella che sta dietro alla manifestazione abitualedell’uomo e dell’anima umana. Egli parla dell’entitàumana, che risiede in noi, perchè la vera entità umana èUna col Tutto. Non è già che la conoscenza si atteggiegoisticamente in Krishna, vi è alcunchè in Krishna chevuole indicare quanto di più alto vi ha nell’uomo, quelloche si può considerare come identico, omogeneo, aquell’essenza che vive in tutte le cose. Così come oggisi parlerebbe di qualcosa che si ha in mente, così Krish-na parla di ciò che egli ha in mente per la sua cultura. Seoggi penetriamo con lo sguardo nel nostro proprio esse-re vediamo anzitutto l’«Io» (come troverete descritto nellibro «Come si consegue la conoscenza dei mondi spiri-tuali?») Oltre a questo Io abituale si distingue anche l’Iosuperiore supersensibile, che non comparisce nell’esi-stenza sensibile, ma che si presenta come contempora-neamente riversato, – non soltanto in noi – ma sull’esse-re delle cose tutte. Quando si parla dunque del nostro Iosuperiore, dell’entità superiore che dimora nell’uomo,non si parla di ciò, di cui l’uomo usa abitualmente dire«Io sono», sebbene nel nostro linguaggio si esprima conlo stesso suono. Nella bocca di Krishna non avrebbeavuto lo stesso suono. Egli parla dell’entità dell’animaumana nel senso dell’intendimento di quell’epoca, comeoggi noi parliamo dell’«Io». Per quale ragione poteva

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nobile, più elevata. Veramente di che parla Krishna?Non parla altro che di ciò, che anche l’uomo, se rientrain sè stesso, può riconoscere come la propria entità; manon l’entità che egli rappresenta nella vita abituale, sib-bene quella che sta dietro alla manifestazione abitualedell’uomo e dell’anima umana. Egli parla dell’entitàumana, che risiede in noi, perchè la vera entità umana èUna col Tutto. Non è già che la conoscenza si atteggiegoisticamente in Krishna, vi è alcunchè in Krishna chevuole indicare quanto di più alto vi ha nell’uomo, quelloche si può considerare come identico, omogeneo, aquell’essenza che vive in tutte le cose. Così come oggisi parlerebbe di qualcosa che si ha in mente, così Krish-na parla di ciò che egli ha in mente per la sua cultura. Seoggi penetriamo con lo sguardo nel nostro proprio esse-re vediamo anzitutto l’«Io» (come troverete descritto nellibro «Come si consegue la conoscenza dei mondi spiri-tuali?») Oltre a questo Io abituale si distingue anche l’Iosuperiore supersensibile, che non comparisce nell’esi-stenza sensibile, ma che si presenta come contempora-neamente riversato, – non soltanto in noi – ma sull’esse-re delle cose tutte. Quando si parla dunque del nostro Iosuperiore, dell’entità superiore che dimora nell’uomo,non si parla di ciò, di cui l’uomo usa abitualmente dire«Io sono», sebbene nel nostro linguaggio si esprima conlo stesso suono. Nella bocca di Krishna non avrebbeavuto lo stesso suono. Egli parla dell’entità dell’animaumana nel senso dell’intendimento di quell’epoca, comeoggi noi parliamo dell’«Io». Per quale ragione poteva

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succedere, che il nostro Io abituale fosse così somiglian-te a quello che noi stessi riconosciamo come Io superio-re?

Ciò poteva verificarsi, perchè la cultura, dalla quale èprovenuto Krishna, era stata preceduta nei passati mil-lenni dalla cultura chiaroveggente dell’umanità, e gliuomini erano abituati, quando volevano considerarel’essere delle cose, a rivolgersi sempre in alto, alla vi-sione chiaroveggente. E si può comprendere un linguag-gio come quello che si presenta a noi qui, nella Bhaga-vad Gita, se lo si considera come la fine dell’antica con-cezione chiaroveggente del mondo, se ci si rende contoche dal momento in cui l’uomo, negli antichi tempi, sitrasferiva in alto, in quello stato intermedio fra sonno eveglia, che allora era comune a tutti gli uomini, egli sitrovava talmente trasmutato nelle cose, che non succe-deva più come avviene per la vista fisica, che le cosesono «qui», e l’uomo è al di fuori di esse, sibbene egliera allora riversato su tutti gli esseri, si sentiva in tuttigli esseri, si sentiva uno con tutti gli esseri; egli si senti-va Uno con ciò che vi era di meglio nelle cose, e ciò cheegli di meglio aveva era in tutte le cose. E se non pren-dete le mosse da un sentire astratto come quellodell’uomo odierno, ma dal modo di sentire appunto ca-ratterizzato dell’uomo antico, allora comprendete quelleparole, che ci risuonano da Krishna nella BhagavadGita: le comprendete quando chiedete a voi stessi:«come vedeva sè stesso l’uomo dell’antica chiaroveg-genza?» e vi rendete poi chiaramente conto, che quello

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succedere, che il nostro Io abituale fosse così somiglian-te a quello che noi stessi riconosciamo come Io superio-re?

Ciò poteva verificarsi, perchè la cultura, dalla quale èprovenuto Krishna, era stata preceduta nei passati mil-lenni dalla cultura chiaroveggente dell’umanità, e gliuomini erano abituati, quando volevano considerarel’essere delle cose, a rivolgersi sempre in alto, alla vi-sione chiaroveggente. E si può comprendere un linguag-gio come quello che si presenta a noi qui, nella Bhaga-vad Gita, se lo si considera come la fine dell’antica con-cezione chiaroveggente del mondo, se ci si rende contoche dal momento in cui l’uomo, negli antichi tempi, sitrasferiva in alto, in quello stato intermedio fra sonno eveglia, che allora era comune a tutti gli uomini, egli sitrovava talmente trasmutato nelle cose, che non succe-deva più come avviene per la vista fisica, che le cosesono «qui», e l’uomo è al di fuori di esse, sibbene egliera allora riversato su tutti gli esseri, si sentiva in tuttigli esseri, si sentiva uno con tutti gli esseri; egli si senti-va Uno con ciò che vi era di meglio nelle cose, e ciò cheegli di meglio aveva era in tutte le cose. E se non pren-dete le mosse da un sentire astratto come quellodell’uomo odierno, ma dal modo di sentire appunto ca-ratterizzato dell’uomo antico, allora comprendete quelleparole, che ci risuonano da Krishna nella BhagavadGita: le comprendete quando chiedete a voi stessi:«come vedeva sè stesso l’uomo dell’antica chiaroveg-genza?» e vi rendete poi chiaramente conto, che quello

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stato che si consegue oggidì per mezzo dell’educazionespirituale scientifica, quando l’uomo acquista la libertàdel suo corpo eterico, di guisa che si sente espandere, sisente riversato sopra ciò che vi è in tutte le cose, erapure, se non nel modo come può succedere oggidì permezzo dell’educazione spirituale scientifica, tuttavia lostato naturale degli uomini degli antichi tempi. Per virtùdi tali condizioni, che si verificavano di per sè stesse, gliuomini si sentivano come dentro in tutte le cose. Equando poi le rivelazioni assumevano forma, quando ciòche vedevano arrivava a essere espresso con bellissimeparole, si presentava, per esempio, come in questa rive-lazione di Krishna. Perciò si potrebbe dire a un dipresso:che Krishna ha detto ai suoi uomini: «Voglio annunziar-vi con delle parole ciò che i migliori fra noi hanno vedu-to, quando si trovavano nelle condizioni supersensibili,ciò che i migliori fra noi hanno scorto del loro rapportocon il mondo: perchè l’avvenire non troverà più gli uo-mini quali erano allora, e voi stessi non potete più esserecome erano i vostri avi primordiali. Voglio riprodurrecon le parole il modo come gli avi primordiali hanno ve-duto, per farlo permanere, perchè l’umanità non potràpiù ritrovarsi in quelle condizioni come in un suo statonaturale». In certo qual modo, nelle «Rivelazioni di Kri-shna» è stato tradotto in parole possibili per quell’epocaciò che era stato impartito all’umanità attraverso i mil-lenni, perchè anche i posteri, che non potranno più ve-dere chiaroveggentemente, possano conoscere tutto ciò,per mezzo della Rivelazione di Krishna.

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stato che si consegue oggidì per mezzo dell’educazionespirituale scientifica, quando l’uomo acquista la libertàdel suo corpo eterico, di guisa che si sente espandere, sisente riversato sopra ciò che vi è in tutte le cose, erapure, se non nel modo come può succedere oggidì permezzo dell’educazione spirituale scientifica, tuttavia lostato naturale degli uomini degli antichi tempi. Per virtùdi tali condizioni, che si verificavano di per sè stesse, gliuomini si sentivano come dentro in tutte le cose. Equando poi le rivelazioni assumevano forma, quando ciòche vedevano arrivava a essere espresso con bellissimeparole, si presentava, per esempio, come in questa rive-lazione di Krishna. Perciò si potrebbe dire a un dipresso:che Krishna ha detto ai suoi uomini: «Voglio annunziar-vi con delle parole ciò che i migliori fra noi hanno vedu-to, quando si trovavano nelle condizioni supersensibili,ciò che i migliori fra noi hanno scorto del loro rapportocon il mondo: perchè l’avvenire non troverà più gli uo-mini quali erano allora, e voi stessi non potete più esserecome erano i vostri avi primordiali. Voglio riprodurrecon le parole il modo come gli avi primordiali hanno ve-duto, per farlo permanere, perchè l’umanità non potràpiù ritrovarsi in quelle condizioni come in un suo statonaturale». In certo qual modo, nelle «Rivelazioni di Kri-shna» è stato tradotto in parole possibili per quell’epocaciò che era stato impartito all’umanità attraverso i mil-lenni, perchè anche i posteri, che non potranno più ve-dere chiaroveggentemente, possano conoscere tutto ciò,per mezzo della Rivelazione di Krishna.

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Possiamo intendere in questo modo anche le altre pa-role. Supponiamo che all’epoca in cui Krishna ha fattole sue rivelazioni, uno scolaro si fosse presentato dinan-zi a un altro saggio maestro e avesse chiesto: «Oh sag-gio maestro, che cosa vi è dietro le cose che vedo orasoltanto con i miei occhi?» Il saggio maestro avrebbe ri-sposto: «Dietro queste cose che vedi ora soltanto con ituoi occhi esteriori, sensibili, vi è lo Spirito, il Supersen-sibile. Ma nelle antiche epoche gli uomini, in condizioninaturali, ancora potevano vedere questo supersensibile;e il mondo supersensibile più vicino, che confina col no-stro, è il mondo eterico; in questo essi guardavano. Inesso vi è la causa di tutto ciò che è sensibile; in esso gliuomini hanno veduto quale è la Causa. Ora posso espri-merla soltanto con parole. È il fuoco...! (ma non come sipalesa ora nel sole, perchè a quell’epoca, appunto perl’antica chiaroveggenza, ciò che ora l’occhio vede risul-tava invece in special modo invisibile; la sfera biancainfocata del sole appariva come oscurità, e per tutti glispazii si spandevano le influenze solari, le irradiazionidell’aura solare, scomponendosi e ricomponendosi inimmagini multicolori, in guisa però, che ciò ches’immergeva a quel modo nelle cose, era al contempoluce creatrice; è il sole; ed è pure la luna (che apparivaeziandio diversa alla vista); perchè dentro vi è intiero ilpuro Brahman».

Che cosa è il puro Brahman?Quando si inspira e si espira l’aria, l’uomo materiali-

sta crede di respirare con l’aria soltanto dell’ossigeno.

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Possiamo intendere in questo modo anche le altre pa-role. Supponiamo che all’epoca in cui Krishna ha fattole sue rivelazioni, uno scolaro si fosse presentato dinan-zi a un altro saggio maestro e avesse chiesto: «Oh sag-gio maestro, che cosa vi è dietro le cose che vedo orasoltanto con i miei occhi?» Il saggio maestro avrebbe ri-sposto: «Dietro queste cose che vedi ora soltanto con ituoi occhi esteriori, sensibili, vi è lo Spirito, il Supersen-sibile. Ma nelle antiche epoche gli uomini, in condizioninaturali, ancora potevano vedere questo supersensibile;e il mondo supersensibile più vicino, che confina col no-stro, è il mondo eterico; in questo essi guardavano. Inesso vi è la causa di tutto ciò che è sensibile; in esso gliuomini hanno veduto quale è la Causa. Ora posso espri-merla soltanto con parole. È il fuoco...! (ma non come sipalesa ora nel sole, perchè a quell’epoca, appunto perl’antica chiaroveggenza, ciò che ora l’occhio vede risul-tava invece in special modo invisibile; la sfera biancainfocata del sole appariva come oscurità, e per tutti glispazii si spandevano le influenze solari, le irradiazionidell’aura solare, scomponendosi e ricomponendosi inimmagini multicolori, in guisa però, che ciò ches’immergeva a quel modo nelle cose, era al contempoluce creatrice; è il sole; ed è pure la luna (che apparivaeziandio diversa alla vista); perchè dentro vi è intiero ilpuro Brahman».

Che cosa è il puro Brahman?Quando si inspira e si espira l’aria, l’uomo materiali-

sta crede di respirare con l’aria soltanto dell’ossigeno.

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Ma questo è un errore. Con ogni soffio di aria che si in-spira si inspira spirito, e si espira spirito. Ciò che vivenell’aria respirata come spirito penetra in noi ed escefuori da noi, e all’antica chiaroveggenza che vedevaquesto, non sembrava, come al materialista, di inspiraresoltanto ossigeno; questo è un pregiudizio materialisti-co; l’antica chiaroveggenza sapeva, che veniva inspiratol’elemento eterico dello spirito, «Brahman», dal qualeproviene la vita. Come oggidì si crede, che la vita pro-venga dall’ossigeno dell’aria, così l’uomo antico sape-va, che la vita proviene da Brahman, e che accogliendoBrahman, egli viveva. Il puro Brahman è la causa dellanostra propria vita.

E a quali vette della intelligenza s’inalza questa purasaggezza primordiale, questa saggezza che è pari all’ete-re, pari alla luce?

Gli uomini credono oggidì di poter pensare con moltoacume. Ma quando si vede il modo come gli uomini,quando cominciano a dare qualche spiegazione, confon-dono allegramente ogni cosa, ci rimane veramente pocorispetto per il loro modo di pensare, e sopratutto perl’attuale pensiero logico. È necessario a questo proposi-to che io esponga (con la maggior semplicità possibile)alcune brevi considerazioni apparentemente moltoastratte. – Supponiamo che ci si presenti un animale,giallo, con criniera: a questo animale diamo il nome di«leone». Ora cominciamo a chiedere: «Che cosa è unleone?» La risposta è: «Un animale feroce!» Chiediamopiù oltre: Che cosa è un animale feroce? Risposta: Un

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Ma questo è un errore. Con ogni soffio di aria che si in-spira si inspira spirito, e si espira spirito. Ciò che vivenell’aria respirata come spirito penetra in noi ed escefuori da noi, e all’antica chiaroveggenza che vedevaquesto, non sembrava, come al materialista, di inspiraresoltanto ossigeno; questo è un pregiudizio materialisti-co; l’antica chiaroveggenza sapeva, che veniva inspiratol’elemento eterico dello spirito, «Brahman», dal qualeproviene la vita. Come oggidì si crede, che la vita pro-venga dall’ossigeno dell’aria, così l’uomo antico sape-va, che la vita proviene da Brahman, e che accogliendoBrahman, egli viveva. Il puro Brahman è la causa dellanostra propria vita.

E a quali vette della intelligenza s’inalza questa purasaggezza primordiale, questa saggezza che è pari all’ete-re, pari alla luce?

Gli uomini credono oggidì di poter pensare con moltoacume. Ma quando si vede il modo come gli uomini,quando cominciano a dare qualche spiegazione, confon-dono allegramente ogni cosa, ci rimane veramente pocorispetto per il loro modo di pensare, e sopratutto perl’attuale pensiero logico. È necessario a questo proposi-to che io esponga (con la maggior semplicità possibile)alcune brevi considerazioni apparentemente moltoastratte. – Supponiamo che ci si presenti un animale,giallo, con criniera: a questo animale diamo il nome di«leone». Ora cominciamo a chiedere: «Che cosa è unleone?» La risposta è: «Un animale feroce!» Chiediamopiù oltre: Che cosa è un animale feroce? Risposta: Un

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mammifero. Chiediamo più oltre: Che cosa è un mam-mifero? Risposta: Un essere vivente! E così andiamoavanti descrivendo una cosa per mezzo dell’altra. Lamaggior parte degli uomini crede di essere chiarissimaquando fa a quel modo sempre nuove domande, comeora è stato indicato per il leone, per la belva, per il mam-mifero, ecc. Quando si parla di argomenti spirituali, –anche delle cose spirituali più elevate, – succede spesso,che vengono rivolte sempre nuove domande, allo stessomodo come si chiede che cosa sia un leone, che cosa siauna belva ecc. E in quelle occasioni in cui viene annun-ziato, perchè non si può fare diversamente, che verrannodistribuiti dei fogliettini, e che alla fine della conferenzarisponderò alle domande, queste per lo più sono del me-desimo tenore, e contengono continuamente i medesimiquesiti, per esempio: «Che cosa è Dio?» o pure: «Checosa è il principio del mondo?» o pure: «Che cosa è lafine del mondo?» La maggior parte degli uomini effetti-vamente vuol sapere nientemeno che questo: Che cosa èDio, il principio del mondo, e la fine del mondo? Essichiedono questo, così come si chiede: Che cosa è unleone ecc. Credono che le domande adatte per i casi or-dinari possano servire anche quando si tratta di cose piùelevate. Essi non riflettono, che la caratteristica dellecose superiori deve essere quella appunto, di non con-sentire più simili domande. Perchè, risalendo da una do-manda all’altra, dal «leone» alla «belva» ecc. è pur ine-vitabile arrivare a qualcosa che non può più essere de-scritta a quel modo, e per la quale non vi è più senso di

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mammifero. Chiediamo più oltre: Che cosa è un mam-mifero? Risposta: Un essere vivente! E così andiamoavanti descrivendo una cosa per mezzo dell’altra. Lamaggior parte degli uomini crede di essere chiarissimaquando fa a quel modo sempre nuove domande, comeora è stato indicato per il leone, per la belva, per il mam-mifero, ecc. Quando si parla di argomenti spirituali, –anche delle cose spirituali più elevate, – succede spesso,che vengono rivolte sempre nuove domande, allo stessomodo come si chiede che cosa sia un leone, che cosa siauna belva ecc. E in quelle occasioni in cui viene annun-ziato, perchè non si può fare diversamente, che verrannodistribuiti dei fogliettini, e che alla fine della conferenzarisponderò alle domande, queste per lo più sono del me-desimo tenore, e contengono continuamente i medesimiquesiti, per esempio: «Che cosa è Dio?» o pure: «Checosa è il principio del mondo?» o pure: «Che cosa è lafine del mondo?» La maggior parte degli uomini effetti-vamente vuol sapere nientemeno che questo: Che cosa èDio, il principio del mondo, e la fine del mondo? Essichiedono questo, così come si chiede: Che cosa è unleone ecc. Credono che le domande adatte per i casi or-dinari possano servire anche quando si tratta di cose piùelevate. Essi non riflettono, che la caratteristica dellecose superiori deve essere quella appunto, di non con-sentire più simili domande. Perchè, risalendo da una do-manda all’altra, dal «leone» alla «belva» ecc. è pur ine-vitabile arrivare a qualcosa che non può più essere de-scritta a quel modo, e per la quale non vi è più senso di

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chiedere: che cosa è? perchè una domanda siffatta im-plica la richiesta di aggiungere un predicato al soggetto.Vi deve pur essere un’Entità superiore, che si possa con-cepire per sè stessa. La domanda: Che cosa è Dio? è lo-gicamente priva di senso. Si può far risalire tutto finoall’Altissimo, ma a ciò che vi è di più alto non si puòaggiungere un predicato; perchè per esso segue la rispo-sta: «Dio è». Allora ciò per mezzo di cui si descrive Id-dio dovrebbe essere più alto ancora di lui. Questa è lacontraddizione più strana che vi sia. Il fatto che questadomanda venga oggidì ancora sempre ripetuta dimostraquanto sublime si palesasse nei tempi antichissimi Kri-shna, quando disse: «I Devas si raccolgono attorno altrono dell’Omnipotente e chiedono con devozioneall’Omnipotente chi egli sia. L’Omnipotente risponde:Se oltre di me vi fosse un altro, mi descriverei per mez-zo di lui». Egli non lo fa però, non descrive sè stesso permezzo di un altro. E così noi, si potrebbe dire, veniamopure condotti, come i Devas, con devozione e con umil-tà davanti alla sacra cultura primordiale e ne ammiriamoal tempo stesso la grandiosa e logica elevatezza, che nonle è pervenuta per virtù di pensiero, bensì per mezzodell’antica chiaroveggenza, per il fatto che gli uominisapevano per via immediata, che quando si arriva allecause, ogni domanda viene meno, perchè le cause si ve-dono. Guardiamo con ammirazione ciò che ci pervieneda quei tempi primordiali, come se gli Spiriti che ce lohanno trasmesso volessero dire: «Sono quelli i secoli, incui gli uomini hanno guardato direttamente nei mondi

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chiedere: che cosa è? perchè una domanda siffatta im-plica la richiesta di aggiungere un predicato al soggetto.Vi deve pur essere un’Entità superiore, che si possa con-cepire per sè stessa. La domanda: Che cosa è Dio? è lo-gicamente priva di senso. Si può far risalire tutto finoall’Altissimo, ma a ciò che vi è di più alto non si puòaggiungere un predicato; perchè per esso segue la rispo-sta: «Dio è». Allora ciò per mezzo di cui si descrive Id-dio dovrebbe essere più alto ancora di lui. Questa è lacontraddizione più strana che vi sia. Il fatto che questadomanda venga oggidì ancora sempre ripetuta dimostraquanto sublime si palesasse nei tempi antichissimi Kri-shna, quando disse: «I Devas si raccolgono attorno altrono dell’Omnipotente e chiedono con devozioneall’Omnipotente chi egli sia. L’Omnipotente risponde:Se oltre di me vi fosse un altro, mi descriverei per mez-zo di lui». Egli non lo fa però, non descrive sè stesso permezzo di un altro. E così noi, si potrebbe dire, veniamopure condotti, come i Devas, con devozione e con umil-tà davanti alla sacra cultura primordiale e ne ammiriamoal tempo stesso la grandiosa e logica elevatezza, che nonle è pervenuta per virtù di pensiero, bensì per mezzodell’antica chiaroveggenza, per il fatto che gli uominisapevano per via immediata, che quando si arriva allecause, ogni domanda viene meno, perchè le cause si ve-dono. Guardiamo con ammirazione ciò che ci pervieneda quei tempi primordiali, come se gli Spiriti che ce lohanno trasmesso volessero dire: «Sono quelli i secoli, incui gli uomini hanno guardato direttamente nei mondi

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spirituali. Non sarà così nell’avvenire. Vogliamo peròregistrare ciò a cui ci possiamo elevare, ciò che una vol-ta era stato dato alla chiaroveggenza umana».

Così sono registrate nella Bhagavad Gita, nei Veda,tutte le cose che in Krishna possiamo riassumere, comein un quadro finale, che non può essere superato, e chepotrà di nuovo essere veduto per mezzo di una nuovachiaroveggenza, ma non potrà mai essere investigato permezzo delle capacità acquistatesi più tardi dagli uomini.Perciò vi sarà sempre ragione, se si rimane nell’interocampo della cultura umana, di quella cultura esteriore oodierna che si svolge nell’esistenza sensibile, di dire:entro questa cultura, se si prescinde da ciò che può nuo-vamente venir conseguito da una chiaroveggenza acqui-stata per mezzo di una disciplina speciale, entro questacultura attuale, dico, non si può mai più arrivare a ciòche fu la sacra Rivelazione primordiale, che giunse alsuo termine in Krishna: ma l’anima, per mezzo della suaevoluzione, per mezzo dell’educazione spirituale-scien-tifica può nuovamente inalzarsi e riacquistare quella ri-velazione. Ciò che nei tempi antichi era stato concessoper via normale, se ci è permesso tale espressione,all’umanità, non le è ormai più ordinariamente concessoin condizioni che le sia dato raggiungere per via natura-le. Perciò queste verità sono andate perdute. Ma quandovi sono pensatori come Fichte, Schelling e Hegel, chehanno elevato il loro pensiero a massima purezza, que-ste cose – sebbene non con quella vitalità, con quellanota direttamente personale come in Krishna – ma sotto

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spirituali. Non sarà così nell’avvenire. Vogliamo peròregistrare ciò a cui ci possiamo elevare, ciò che una vol-ta era stato dato alla chiaroveggenza umana».

Così sono registrate nella Bhagavad Gita, nei Veda,tutte le cose che in Krishna possiamo riassumere, comein un quadro finale, che non può essere superato, e chepotrà di nuovo essere veduto per mezzo di una nuovachiaroveggenza, ma non potrà mai essere investigato permezzo delle capacità acquistatesi più tardi dagli uomini.Perciò vi sarà sempre ragione, se si rimane nell’interocampo della cultura umana, di quella cultura esteriore oodierna che si svolge nell’esistenza sensibile, di dire:entro questa cultura, se si prescinde da ciò che può nuo-vamente venir conseguito da una chiaroveggenza acqui-stata per mezzo di una disciplina speciale, entro questacultura attuale, dico, non si può mai più arrivare a ciòche fu la sacra Rivelazione primordiale, che giunse alsuo termine in Krishna: ma l’anima, per mezzo della suaevoluzione, per mezzo dell’educazione spirituale-scien-tifica può nuovamente inalzarsi e riacquistare quella ri-velazione. Ciò che nei tempi antichi era stato concessoper via normale, se ci è permesso tale espressione,all’umanità, non le è ormai più ordinariamente concessoin condizioni che le sia dato raggiungere per via natura-le. Perciò queste verità sono andate perdute. Ma quandovi sono pensatori come Fichte, Schelling e Hegel, chehanno elevato il loro pensiero a massima purezza, que-ste cose – sebbene non con quella vitalità, con quellanota direttamente personale come in Krishna – ma sotto

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forma di idee, possono di nuovo presentarsi a noi; peròmai più come gli uomini le hanno comprese nell’anticachiaroveggenza. E la conoscenza spirituale ci mostra,come già spesso ho ripetuto, che lentamente e gradata-mente, nel corso dell’epoca postatlantea l’antica chiaro-veggenza si è estinta. Quando guardiamo indietro nelprimo periodo postatlanteo di cultura, nell’antica epocaindiana, possiamo dire: di essa non esistono tradizioniscritte, perchè gli uomini allora guardavano ancora nelmondo spirituale. Ciò che è stato rivelato agli uomini aquell’epoca può essere ritrovato soltanto per mezzo del-la cronaca dell’Akasha. Quella è stata una rivelazionesublime. Ma l’umanità, gradatamente, sempre più è di-scesa, e nel secondo periodo postatlanteo di cultura,nell’epoca persiana primordiale, le rivelazioni ancora vierano, ma non più così pure. E meno pure ancora furonoquelle del terzo periodo di cultura, l’egizio-caldaico.Dobbiamo tener conto, se vogliamo veramente osserva-re le condizioni di quei tempi, che da questi periodi dicultura – e non soltanto presso i popoli di cui essi hannoportato il nome – non esistono tradizioni scritte. Quandoparliamo dell’antica cultura indiana intendiamo parlaredi una cultura, di cui non ci è pervenuto nulla di scritto.Così pure non ci è rimasto niente di scritto dalla culturapaleo-persiana; perchè quegli scritti che ci sono perve-nuti non rappresentano che un’eco di ciò che è stato tra-smesso. Soltanto dalla cultura babilonese-caldaica in poi– dunque dal terzo periodo di cultura in poi – esistonodocumenti scritti. Ma durante la cultura antica persiana,

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forma di idee, possono di nuovo presentarsi a noi; peròmai più come gli uomini le hanno comprese nell’anticachiaroveggenza. E la conoscenza spirituale ci mostra,come già spesso ho ripetuto, che lentamente e gradata-mente, nel corso dell’epoca postatlantea l’antica chiaro-veggenza si è estinta. Quando guardiamo indietro nelprimo periodo postatlanteo di cultura, nell’antica epocaindiana, possiamo dire: di essa non esistono tradizioniscritte, perchè gli uomini allora guardavano ancora nelmondo spirituale. Ciò che è stato rivelato agli uomini aquell’epoca può essere ritrovato soltanto per mezzo del-la cronaca dell’Akasha. Quella è stata una rivelazionesublime. Ma l’umanità, gradatamente, sempre più è di-scesa, e nel secondo periodo postatlanteo di cultura,nell’epoca persiana primordiale, le rivelazioni ancora vierano, ma non più così pure. E meno pure ancora furonoquelle del terzo periodo di cultura, l’egizio-caldaico.Dobbiamo tener conto, se vogliamo veramente osserva-re le condizioni di quei tempi, che da questi periodi dicultura – e non soltanto presso i popoli di cui essi hannoportato il nome – non esistono tradizioni scritte. Quandoparliamo dell’antica cultura indiana intendiamo parlaredi una cultura, di cui non ci è pervenuto nulla di scritto.Così pure non ci è rimasto niente di scritto dalla culturapaleo-persiana; perchè quegli scritti che ci sono perve-nuti non rappresentano che un’eco di ciò che è stato tra-smesso. Soltanto dalla cultura babilonese-caldaica in poi– dunque dal terzo periodo di cultura in poi – esistonodocumenti scritti. Ma durante la cultura antica persiana,

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e parallela ad essa, si svolgeva un secondo periodo dicultura indiana; e mentre si svolgeva la cultura babilo-nese-caldaica-egizia, vi era in India un terzo periodo dicultura e da quell’epoca appunto datano le prime tradi-zioni scritte. Dagli ultimi tempi di questo terzo periododi cultura provengono le comunicazioni contenute, peresempio, nei Veda, che poi sono penetrate nella vitaesteriore. Questi sono gli scritti, che parlano anche diKrishna. Nessuno deve dunque pensare, quando parla ditradizioni scritte, che queste possano provenire dal pri-mo periodo di cultura indiana; perchè per tutto ciò che ècontenuto in documenti, si tratta di annotazioni registra-te soltanto nel terzo periodo degli antichi Indù, perchè èappunto nel terzo periodo che i residui dell’antica chia-roveggenza sempre più e più si sono estinti. Questo èciò che si può raccogliere riguardo alla persona di Kri-shna. Perciò dall’antica India ci viene narrato ciò chepuò essere investigato esteriormente. Se si consideranole cose fin nelle loro basi, tutto concorda pure con ciòche può venir attinto dai documenti esteriori. Quandoterminò la terza età del mondo e gli uomini avevanoperduto ciò che possedevano originariamente, è compar-so Krishna, per conservare quello che andava perduto.Di quale età del mondo parla dunque la tradizione,quando dice: «Krishna è comparso nella terza età delmondo?» Parla dell’epoca che si chiama «la cultura egi-zio-caldaica!» E questo insegnamento indiano orientaledi Krishna concorda precisamente con ciò che abbiamocaratterizzato. Quando l’antica chiaroveggenza, e tutti i

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e parallela ad essa, si svolgeva un secondo periodo dicultura indiana; e mentre si svolgeva la cultura babilo-nese-caldaica-egizia, vi era in India un terzo periodo dicultura e da quell’epoca appunto datano le prime tradi-zioni scritte. Dagli ultimi tempi di questo terzo periododi cultura provengono le comunicazioni contenute, peresempio, nei Veda, che poi sono penetrate nella vitaesteriore. Questi sono gli scritti, che parlano anche diKrishna. Nessuno deve dunque pensare, quando parla ditradizioni scritte, che queste possano provenire dal pri-mo periodo di cultura indiana; perchè per tutto ciò che ècontenuto in documenti, si tratta di annotazioni registra-te soltanto nel terzo periodo degli antichi Indù, perchè èappunto nel terzo periodo che i residui dell’antica chia-roveggenza sempre più e più si sono estinti. Questo èciò che si può raccogliere riguardo alla persona di Kri-shna. Perciò dall’antica India ci viene narrato ciò chepuò essere investigato esteriormente. Se si consideranole cose fin nelle loro basi, tutto concorda pure con ciòche può venir attinto dai documenti esteriori. Quandoterminò la terza età del mondo e gli uomini avevanoperduto ciò che possedevano originariamente, è compar-so Krishna, per conservare quello che andava perduto.Di quale età del mondo parla dunque la tradizione,quando dice: «Krishna è comparso nella terza età delmondo?» Parla dell’epoca che si chiama «la cultura egi-zio-caldaica!» E questo insegnamento indiano orientaledi Krishna concorda precisamente con ciò che abbiamocaratterizzato. Quando l’antica chiaroveggenza, e tutti i

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tesori dell’antica chiaroveggenza dell’umanità comin-ciarono a venir meno, comparve Krishna e li rilevò nelmodo in cui hanno potuto rimaner conservati per l’avve-nire. In questo modo Krishna è la conclusione di qualco-sa di grande, di possente. E tutto quello che è stato danoi detto negli anni passati, concorda completamentecon ciò che ci vien dato anche dai documentidell’Oriente, purchè si leggano giustamente. Parlare inquesto caso di un «Occidentalismo» e un «Orientali-smo» è assurdo: perchè poco importa che s’insegni inOriente o in Occidente con queste o altre parole, sibbeneimporta che si parli con intendimento di ciò che è statocomunicato. E quanto più comprenderete ciò che è statocomunicato, tanto più vedrete che esso concorda contutte le tradizioni dell’Oriente.

Krishna rappresenta dunque un termine. Pochi secolidopo viene Buddha. In quale modo Buddha – per cosìdire – rappresenta l’altro polo di quel termine? quale è ilrapporto di Buddha con Krishna?

Raffiguriamoci la caratteristica appunto descritta diKrishna, quale si presenta a noi: grandi, possenti rivela-zioni chiaroveggenti dei tempi primordiali sono stateraccolte in parole tali, che l’avvenire può comprenderle,e sentire in esse l’eco dell’antica chiaroveggenzadell’umanità. È così che Krishna ci appare! La sua rive-lazione è per gli uomini qualcosa, che essi possono ac-cogliere, e di cui possono dire: essa contiene la sapienzadel mondo spirituale, che risiede dietro alle cose sensi-bili, il mondo delle Cause prime, dei fatti spirituali. Tut-

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tesori dell’antica chiaroveggenza dell’umanità comin-ciarono a venir meno, comparve Krishna e li rilevò nelmodo in cui hanno potuto rimaner conservati per l’avve-nire. In questo modo Krishna è la conclusione di qualco-sa di grande, di possente. E tutto quello che è stato danoi detto negli anni passati, concorda completamentecon ciò che ci vien dato anche dai documentidell’Oriente, purchè si leggano giustamente. Parlare inquesto caso di un «Occidentalismo» e un «Orientali-smo» è assurdo: perchè poco importa che s’insegni inOriente o in Occidente con queste o altre parole, sibbeneimporta che si parli con intendimento di ciò che è statocomunicato. E quanto più comprenderete ciò che è statocomunicato, tanto più vedrete che esso concorda contutte le tradizioni dell’Oriente.

Krishna rappresenta dunque un termine. Pochi secolidopo viene Buddha. In quale modo Buddha – per cosìdire – rappresenta l’altro polo di quel termine? quale è ilrapporto di Buddha con Krishna?

Raffiguriamoci la caratteristica appunto descritta diKrishna, quale si presenta a noi: grandi, possenti rivela-zioni chiaroveggenti dei tempi primordiali sono stateraccolte in parole tali, che l’avvenire può comprenderle,e sentire in esse l’eco dell’antica chiaroveggenzadell’umanità. È così che Krishna ci appare! La sua rive-lazione è per gli uomini qualcosa, che essi possono ac-cogliere, e di cui possono dire: essa contiene la sapienzadel mondo spirituale, che risiede dietro alle cose sensi-bili, il mondo delle Cause prime, dei fatti spirituali. Tut-

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to ciò è contenuto con grandi, possenti parole nella rive-lazione di Krishna. Questo essi potevano dire. E se siapprofondiscono i Veda, se ci s’immerge in tutto ciò chenel suo insieme si può chiamare la rivelazione di Krish-na, si può dire: «Questo è il mondo che è la vera patriadell’uomo, il mondo che sta dietro a quello che gli occhivedono, che le mani possono afferrare ecc. Oh, animaumana, tu appartieni al mondo del quale Krishna ti par-la!» Questa stessa anima umana, come poteva sentirenei secoli successivi? Essa poteva vedere come questeantiche meravigliose rivelazioni parlassero della verapatria spirituale celeste dell’umanità: essa poteva poiguardar fuori, e vedere ciò che l’attorniava. Vedeva congli occhi, udiva con le orecchie, afferrava le cose con ilsenso tattile, rifletteva sulle cose con l’intelletto, chenon penetra giammai nella spiritualità di cui parlano lerivelazioni di Krishna. E l’anima poteva dire a sè stessa:«Là vi è il mondo, la patria spirituale che circonda noi equesto mondo che è il solo che noi ora conosciamo. Nonviviamo più nella patria spirituale; siamo stati espulsi daciò di cui Krishna parla così mirabilmente».

Viene Buddha. Come parla egli di ciò di cui Krishnaha parlato, come di splendori del mondo verso il qualel’uomo non può che alzare gli occhi? «Veramente voivivete nel mondo dei sensi. Vi siete stati condotti dallostimolo che vi spinge da incarnazione in incarnazione.Ma io vi parlo della via che vi può fare uscire da questomondo e può condurvi nel mondo del quale Krishna haparlato. Vi parlo della via per mezzo della quale sarete

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to ciò è contenuto con grandi, possenti parole nella rive-lazione di Krishna. Questo essi potevano dire. E se siapprofondiscono i Veda, se ci s’immerge in tutto ciò chenel suo insieme si può chiamare la rivelazione di Krish-na, si può dire: «Questo è il mondo che è la vera patriadell’uomo, il mondo che sta dietro a quello che gli occhivedono, che le mani possono afferrare ecc. Oh, animaumana, tu appartieni al mondo del quale Krishna ti par-la!» Questa stessa anima umana, come poteva sentirenei secoli successivi? Essa poteva vedere come questeantiche meravigliose rivelazioni parlassero della verapatria spirituale celeste dell’umanità: essa poteva poiguardar fuori, e vedere ciò che l’attorniava. Vedeva congli occhi, udiva con le orecchie, afferrava le cose con ilsenso tattile, rifletteva sulle cose con l’intelletto, chenon penetra giammai nella spiritualità di cui parlano lerivelazioni di Krishna. E l’anima poteva dire a sè stessa:«Là vi è il mondo, la patria spirituale che circonda noi equesto mondo che è il solo che noi ora conosciamo. Nonviviamo più nella patria spirituale; siamo stati espulsi daciò di cui Krishna parla così mirabilmente».

Viene Buddha. Come parla egli di ciò di cui Krishnaha parlato, come di splendori del mondo verso il qualel’uomo non può che alzare gli occhi? «Veramente voivivete nel mondo dei sensi. Vi siete stati condotti dallostimolo che vi spinge da incarnazione in incarnazione.Ma io vi parlo della via che vi può fare uscire da questomondo e può condurvi nel mondo del quale Krishna haparlato. Vi parlo della via per mezzo della quale sarete

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liberati dal mondo che non è il mondo di Krishna».L’insegnamento del Buddha risuonava nei secoli succes-sivi come una nostalgia per il mondo di Krishna. Così ilBuddha ci appare come l’ultimo successore di Krishna,come il successore, quale allora doveva venire, di Krish-na. E se Buddha avesse parlato di Krishna stesso che neavrebbe potuto dire? Egli avrebbe detto a un dipressocosì: «Sono venuto per parlarvi di nuovo di quel Som-mo che mi ha preceduto. Rivolgete la vostra mente in-dietro verso il più grande Krishna e vedrete ciò a cui po-tete arrivare, se abbandonate il mondo, in cui non vi tro-vate più nella vostra vera patria spirituale. Vi indico levie della Liberazione dal mondo dei sensi, vi riconducoda Krishna!» Così Buddha avrebbe potuto parlare. Eglinon ha adoperato proprio quelle parole, ma ha espressoquell’idea con forma alquanto diversa quando ha detto:«Nel mondo dove vivete è dolore, dolore, dolore. La na-scita è dolore, la vecchiaia è dolore, la malattia è dolore,la morte è dolore: non essere uniti con ciò che si ama èdolore: essere uniti con ciò che non si ama è dolore:chiedere ciò che si ama e non poterlo ottenere è dolore».E quando egli ha indicato l’«ottuplice sentiero», questoera un insegnamento che non oltrepassava ciò di cuiKrishna aveva parlato, perchè era un insegnamento diciò che Krishna aveva dato. «Sono venuto dopo di Coluiche è più grande di me, ma voglio indicarvi le vie del ri-torno a Colui, che è più grande di me». Queste sono leparole storiche mondiali che a noi risuonano dal paesedel Gange.

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liberati dal mondo che non è il mondo di Krishna».L’insegnamento del Buddha risuonava nei secoli succes-sivi come una nostalgia per il mondo di Krishna. Così ilBuddha ci appare come l’ultimo successore di Krishna,come il successore, quale allora doveva venire, di Krish-na. E se Buddha avesse parlato di Krishna stesso che neavrebbe potuto dire? Egli avrebbe detto a un dipressocosì: «Sono venuto per parlarvi di nuovo di quel Som-mo che mi ha preceduto. Rivolgete la vostra mente in-dietro verso il più grande Krishna e vedrete ciò a cui po-tete arrivare, se abbandonate il mondo, in cui non vi tro-vate più nella vostra vera patria spirituale. Vi indico levie della Liberazione dal mondo dei sensi, vi riconducoda Krishna!» Così Buddha avrebbe potuto parlare. Eglinon ha adoperato proprio quelle parole, ma ha espressoquell’idea con forma alquanto diversa quando ha detto:«Nel mondo dove vivete è dolore, dolore, dolore. La na-scita è dolore, la vecchiaia è dolore, la malattia è dolore,la morte è dolore: non essere uniti con ciò che si ama èdolore: essere uniti con ciò che non si ama è dolore:chiedere ciò che si ama e non poterlo ottenere è dolore».E quando egli ha indicato l’«ottuplice sentiero», questoera un insegnamento che non oltrepassava ciò di cuiKrishna aveva parlato, perchè era un insegnamento diciò che Krishna aveva dato. «Sono venuto dopo di Coluiche è più grande di me, ma voglio indicarvi le vie del ri-torno a Colui, che è più grande di me». Queste sono leparole storiche mondiali che a noi risuonano dal paesedel Gange.

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Procediamo ora di un passo verso Occidente. Rievo-chiamo di nuovo dinanzi all’anima la figura del «Batti-sta» e ricordiamoci delle parole che Buddha avrebbe po-tuto dire: «Sono venuto dopo di lui, dopo Krishna, per-chè egli è più grande di me e voglio indicarvi le vie pertornare da lui fuori di questo mondo, in cui non è conte-nuto il mondo spirituale, del quale Krishna ha parlato.Volgete indietro la mente!» E ora la figura del Battista.Come parlava? come esprimeva le sue idee, come espri-meva i fatti che gli venivano dati nel mondo spirituale?Egli accennava pure a un «altro»: ma non diceva, comeil Buddha avrebbe potuto dire: «Sono venuto dopo diColui ecc.;» sibbene ha detto: Dopo di me viene Unopiù grande di me! Così dice il Battista. Ed egli non dice:«Nel mondo vi è dolore e vi voglio condurre a qualcosaal di fuori di questo mondo»; sibbene: «Cambiate la di-rezione della vostra mente! Non guardate più indietro,ma guardate in avanti. Quando verrà Colui che è piùgrande di me, sarà compito il tempo, nel mondo dove viè il dolore entrerà il mondo celeste, e le anime umanerientreranno in un nuovo mondo, in ciò che esse hannoperduto!»

Così il Buddha è il Successore del Krishna, Giovanniil Battista è il Precursore del Cristo Gesù! Così tutto èinvertito; così si presentano a noi i sei secoli, che corro-no fra questi due eventi. Di nuovo abbiamo le due co-mete con i loro nuclei: Krishna col suo nucleo, che rap-presenta tutto ciò che richiama al passato, e colui che ri-conduce gli uomini verso il passato, il Buddha; e l’altra

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Procediamo ora di un passo verso Occidente. Rievo-chiamo di nuovo dinanzi all’anima la figura del «Batti-sta» e ricordiamoci delle parole che Buddha avrebbe po-tuto dire: «Sono venuto dopo di lui, dopo Krishna, per-chè egli è più grande di me e voglio indicarvi le vie pertornare da lui fuori di questo mondo, in cui non è conte-nuto il mondo spirituale, del quale Krishna ha parlato.Volgete indietro la mente!» E ora la figura del Battista.Come parlava? come esprimeva le sue idee, come espri-meva i fatti che gli venivano dati nel mondo spirituale?Egli accennava pure a un «altro»: ma non diceva, comeil Buddha avrebbe potuto dire: «Sono venuto dopo diColui ecc.;» sibbene ha detto: Dopo di me viene Unopiù grande di me! Così dice il Battista. Ed egli non dice:«Nel mondo vi è dolore e vi voglio condurre a qualcosaal di fuori di questo mondo»; sibbene: «Cambiate la di-rezione della vostra mente! Non guardate più indietro,ma guardate in avanti. Quando verrà Colui che è piùgrande di me, sarà compito il tempo, nel mondo dove viè il dolore entrerà il mondo celeste, e le anime umanerientreranno in un nuovo mondo, in ciò che esse hannoperduto!»

Così il Buddha è il Successore del Krishna, Giovanniil Battista è il Precursore del Cristo Gesù! Così tutto èinvertito; così si presentano a noi i sei secoli, che corro-no fra questi due eventi. Di nuovo abbiamo le due co-mete con i loro nuclei: Krishna col suo nucleo, che rap-presenta tutto ciò che richiama al passato, e colui che ri-conduce gli uomini verso il passato, il Buddha; e l’altra

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cometa che addita l’avvenire, col proprio nucleo e concolui che si presenta come il «Precursore». Considerateil Buddha, nel miglior senso, come successore di Krish-na – e Giovanni il Battista, come Precursore del CristoGesù: in questa formula avrete espresso nel modo piùsemplice ciò che si svolgeva in quell’epoca dell’evolu-zione dell’umanità, nell’epoca del Mistero del Golgotha.– Così dobbiamo considerare le cose: allora le compren-diamo. Queste non sono cose che si riferiscono ad alcu-na confessione religiosa; non sono cose che sia permes-so di connettere con questa o quella religione nel mon-do. Sono fatti storici mondiali, semplicemente fatti sto-rici mondiali! E nessuno, che penetri in tutta la loro pro-fondità, potrà mai descriverli diversamente, nè li descri-verà diversamente. Perchè con questa descrizione non èstato in alcun modo tolto niente a nessuna manifestazio-ne dell’umanità. È strano che qua o là venga affermatoche noi assegnamo in qualche modo al Cristianesimouna posizione superiore alle altre religioni. Ma che si-gnificano le espressioni «superiore» o «più profondo?»Non sono che le parole più astratte che si possano ado-perare «più alto» «più profondo» «più grande» «più pic-colo!» Esse non hanno importanza, se si esamina beneciò di cui si tratta. Abbiamo noi forse detto qualcosa dimeno in lode di Krishna, di ciò che dicono coloro, chelo pongono più in alto del Cristo? Rinunziamo a qualifi-care le cose come «più o meno alte», e caratterizziamoleinvece nella loro verità. Non si tratta di sapere se ponia-mo il Cristianesimo più o meno in alto; ma di evitare

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cometa che addita l’avvenire, col proprio nucleo e concolui che si presenta come il «Precursore». Considerateil Buddha, nel miglior senso, come successore di Krish-na – e Giovanni il Battista, come Precursore del CristoGesù: in questa formula avrete espresso nel modo piùsemplice ciò che si svolgeva in quell’epoca dell’evolu-zione dell’umanità, nell’epoca del Mistero del Golgotha.– Così dobbiamo considerare le cose: allora le compren-diamo. Queste non sono cose che si riferiscono ad alcu-na confessione religiosa; non sono cose che sia permes-so di connettere con questa o quella religione nel mon-do. Sono fatti storici mondiali, semplicemente fatti sto-rici mondiali! E nessuno, che penetri in tutta la loro pro-fondità, potrà mai descriverli diversamente, nè li descri-verà diversamente. Perchè con questa descrizione non èstato in alcun modo tolto niente a nessuna manifestazio-ne dell’umanità. È strano che qua o là venga affermatoche noi assegnamo in qualche modo al Cristianesimouna posizione superiore alle altre religioni. Ma che si-gnificano le espressioni «superiore» o «più profondo?»Non sono che le parole più astratte che si possano ado-perare «più alto» «più profondo» «più grande» «più pic-colo!» Esse non hanno importanza, se si esamina beneciò di cui si tratta. Abbiamo noi forse detto qualcosa dimeno in lode di Krishna, di ciò che dicono coloro, chelo pongono più in alto del Cristo? Rinunziamo a qualifi-care le cose come «più o meno alte», e caratterizziamoleinvece nella loro verità. Non si tratta di sapere se ponia-mo il Cristianesimo più o meno in alto; ma di evitare

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che ci venga mossa l’accusa, che non caratterizziamo inmodo giusto i fatti che lo riguardano. Leggete i libri chetrattano di Krishna e chiedete a voi stessi, se da altri èstato veramente riferito qualcosa di più alto, di quelloche noi abbiamo riferito nei riguardi di lui. Tutto il restoè polemica a base di parole. La verità viene alla luce,quando si esercita quel senso della verità, che penetranell’essenza delle cose.

Lo studio di questo Vangelo, che è il più semplice e ilpiù grandioso, ci ha porto l’occasione di esporre l’intie-ra situazione cosmico-terrestre del Cristo. Era dunquenecessario esporre prima la grandezza di ciò, che ha tro-vato il suo termine al sorgere della nuova e rosea albadell’avvenire dell’umanità.

VI

Ieri abbiamo cercato di dare un’idea della rivelazionedi Krishna e del suo rapporto con ciò che si è presentatopiù tardi nell’evoluzione dell’umanità, cioè, con la rive-lazione per mezzo del Cristo. È stato specialmente indi-cato che la rivelazione di Krishna ci può sembrare comeil termine di una lunga corrente di evoluzione dell’uma-nità, come il termine dell’epoca chiaroveggente, primiti-vamente chiaroveggente, dell’evoluzione dell’umanità.

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che ci venga mossa l’accusa, che non caratterizziamo inmodo giusto i fatti che lo riguardano. Leggete i libri chetrattano di Krishna e chiedete a voi stessi, se da altri èstato veramente riferito qualcosa di più alto, di quelloche noi abbiamo riferito nei riguardi di lui. Tutto il restoè polemica a base di parole. La verità viene alla luce,quando si esercita quel senso della verità, che penetranell’essenza delle cose.

Lo studio di questo Vangelo, che è il più semplice e ilpiù grandioso, ci ha porto l’occasione di esporre l’intie-ra situazione cosmico-terrestre del Cristo. Era dunquenecessario esporre prima la grandezza di ciò, che ha tro-vato il suo termine al sorgere della nuova e rosea albadell’avvenire dell’umanità.

VI

Ieri abbiamo cercato di dare un’idea della rivelazionedi Krishna e del suo rapporto con ciò che si è presentatopiù tardi nell’evoluzione dell’umanità, cioè, con la rive-lazione per mezzo del Cristo. È stato specialmente indi-cato che la rivelazione di Krishna ci può sembrare comeil termine di una lunga corrente di evoluzione dell’uma-nità, come il termine dell’epoca chiaroveggente, primiti-vamente chiaroveggente, dell’evoluzione dell’umanità.

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Se consideriamo di nuovo da questo punto di vista ciòche ieri abbiamo potuto conoscere riguardo a questo ter-mine che vien riassunto nella rivelazione di Krishna,possiamo dire: ciò che è stato conseguito in questa rive-lazione esiste dunque nell’evoluzione dell’umanità, è ar-rivato a un determinato termine, e non può veramenteessere accresciuto più oltre. Dei determinati insegna-menti, allora appunto impartiti, devono semplicementeessere accolti – si potrebbe dire – nell’intiera successivaevoluzione terrestre, così come allora furono dati.

Orbene, è necessario osservare da un determinatopunto di vista tutta la speciale peculiarità di questa rive-lazione. Essa si potrebbe considerare come una rivela-zione che non tien conto, nel vero senso umano, deltempo e del processo del tempo. Tutto ciò che non tienconto del «tempo», come di un fattore reale, è contenutonell’insegnamento di Krishna. Come va questo interpre-tato?

Ogni primavera vediamo spuntar le piante dal suolo,le vediamo crescere e maturare, portar frutto e seme, eda questi semi, quando vengono nuovamente riposti nel-la terra, vediamo l’anno seguente spuntar fuori pianteuguali, che crescono nel medesimo modo, maturano esviluppano nuovi semi. Questo processo si ripete così dianno in anno. Se si tratta di periodi di tempo, chel’uomo può prendere in considerazione, dobbiamo dire:si tratta veramente di una vera «ripetizione». I mughetti,le primule, i giacinti compariscono ogni anno uguali.Quali essi sono, così si ripetono nella stessa forma, nello

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Se consideriamo di nuovo da questo punto di vista ciòche ieri abbiamo potuto conoscere riguardo a questo ter-mine che vien riassunto nella rivelazione di Krishna,possiamo dire: ciò che è stato conseguito in questa rive-lazione esiste dunque nell’evoluzione dell’umanità, è ar-rivato a un determinato termine, e non può veramenteessere accresciuto più oltre. Dei determinati insegna-menti, allora appunto impartiti, devono semplicementeessere accolti – si potrebbe dire – nell’intiera successivaevoluzione terrestre, così come allora furono dati.

Orbene, è necessario osservare da un determinatopunto di vista tutta la speciale peculiarità di questa rive-lazione. Essa si potrebbe considerare come una rivela-zione che non tien conto, nel vero senso umano, deltempo e del processo del tempo. Tutto ciò che non tienconto del «tempo», come di un fattore reale, è contenutonell’insegnamento di Krishna. Come va questo interpre-tato?

Ogni primavera vediamo spuntar le piante dal suolo,le vediamo crescere e maturare, portar frutto e seme, eda questi semi, quando vengono nuovamente riposti nel-la terra, vediamo l’anno seguente spuntar fuori pianteuguali, che crescono nel medesimo modo, maturano esviluppano nuovi semi. Questo processo si ripete così dianno in anno. Se si tratta di periodi di tempo, chel’uomo può prendere in considerazione, dobbiamo dire:si tratta veramente di una vera «ripetizione». I mughetti,le primule, i giacinti compariscono ogni anno uguali.Quali essi sono, così si ripetono nella stessa forma, nello

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stesso modo, ogni anno. Possiamo risalire, in un deter-minato modo, fino agli animali, e vi troveremo lo stessofatto. Perchè se consideriamo il singolo animale, la sin-gola specie leone, la singola specie iena, la singola spe-cie scimmia, troviamo che, in certo qual modo, la dispo-sizione a ciò che un tale essere deve divenire esiste finda principio. Perciò, con un certo qual diritto, non siparla per gli animali di una vera «educazione». Dellepersone scarse di comprensione cominciano, indubbia-mente, nei tempi moderni, ad applicare varie idee edu-cative e pedagogiche anche agli animali. Ma questo fat-to non può essere giudicato di grande importanza, nè sipuò tenere in considerazione nella formazione di un giu-dizio veritiero. In fondo si può constatare la ripetizione,anche quando si contemplano brevi periodi di tempo:vediamo la primavera, l’estate, l’autunno, l’inverno ri-petersi regolarmente attraverso i secoli. E soltanto quan-do si prendono grandi periodi di tempo, quali non rien-trano nell’ambito dell’osservazione umana, si può vede-re come sia necessario tener conto del concetto del tem-po; si può osservare che le cose vi si svolgono diversa-mente, e si può verificare, per esempio, come il modo incui il sole sorge e tramonta verrà modificato nel lonta-nissimo avvenire. Ma questi sono campi che ci si affac-ciano soltanto, quando si penetra nella vera Scienza del-lo Spirito. Per ciò che l’uomo può anzitutto osservare,ossia per la natura astronomica, vale pure la legge di ri-petizione di ciò che è uguale o simile, quale si affaccia anoi in special modo nel ritorno annuale delle forme ve-

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stesso modo, ogni anno. Possiamo risalire, in un deter-minato modo, fino agli animali, e vi troveremo lo stessofatto. Perchè se consideriamo il singolo animale, la sin-gola specie leone, la singola specie iena, la singola spe-cie scimmia, troviamo che, in certo qual modo, la dispo-sizione a ciò che un tale essere deve divenire esiste finda principio. Perciò, con un certo qual diritto, non siparla per gli animali di una vera «educazione». Dellepersone scarse di comprensione cominciano, indubbia-mente, nei tempi moderni, ad applicare varie idee edu-cative e pedagogiche anche agli animali. Ma questo fat-to non può essere giudicato di grande importanza, nè sipuò tenere in considerazione nella formazione di un giu-dizio veritiero. In fondo si può constatare la ripetizione,anche quando si contemplano brevi periodi di tempo:vediamo la primavera, l’estate, l’autunno, l’inverno ri-petersi regolarmente attraverso i secoli. E soltanto quan-do si prendono grandi periodi di tempo, quali non rien-trano nell’ambito dell’osservazione umana, si può vede-re come sia necessario tener conto del concetto del tem-po; si può osservare che le cose vi si svolgono diversa-mente, e si può verificare, per esempio, come il modo incui il sole sorge e tramonta verrà modificato nel lonta-nissimo avvenire. Ma questi sono campi che ci si affac-ciano soltanto, quando si penetra nella vera Scienza del-lo Spirito. Per ciò che l’uomo può anzitutto osservare,ossia per la natura astronomica, vale pure la legge di ri-petizione di ciò che è uguale o simile, quale si affaccia anoi in special modo nel ritorno annuale delle forme ve-

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getali. Per questa ripetizione come tale, il tempo per sèstesso non ha importanza profonda; esso, essenzialmen-te, per il fatto di essere tempo, non è un fattore realmen-te attivo.

Ma è diverso quando si considera la singola vitaumana. Anche la vita umana, come già sapete, si dividein periodi che si succedono e si ripetono. Si distingueuno di tali periodi, dalla nascita fino alla fine della pri-ma dentizione, cioè, a un dipresso fino al settimo anno;poi un periodo dal settimo al quattordicesimo anno, finoalla maturità sessuale, indi un altro, dal quattordicesimoal ventunesimo anno ecc. e così di seguito. Insomma,nella singola vita umana si distinguono dei periodi disette in sette anni. Possiamo pur dire, che in questi pe-riodi settenari talune determinate cose si ripetono. Ma viè qualcosa che colpisce anche più della semplice ripeti-zione, e cioè la progressiva trasformazione, il progressostesso, che così si svolge. Perchè l’entità umana è com-pletamente diversa nel secondo periodo settenario daquello che era nel primo, e di nuovo è diversa nel terzo.Non si può dire che così come la pianta si ripete nellapianta, l’uomo pure ripeta ugualmente nel secondo pe-riodo settenario ciò che egli era nel primo periodo sette-nario, ecc. Invece, in questo caso, si vede che il tempoesercita nel progresso un’azione reale. Esso ha una im-portanza. E quando si vede come ciò che ha dunque unaimportanza per il singolo uomo si possa applicareall’intiera umanità, si può dire: nell’intiera umanità, nel-le evoluzioni che si succedono, ci si palesa in un deter-

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getali. Per questa ripetizione come tale, il tempo per sèstesso non ha importanza profonda; esso, essenzialmen-te, per il fatto di essere tempo, non è un fattore realmen-te attivo.

Ma è diverso quando si considera la singola vitaumana. Anche la vita umana, come già sapete, si dividein periodi che si succedono e si ripetono. Si distingueuno di tali periodi, dalla nascita fino alla fine della pri-ma dentizione, cioè, a un dipresso fino al settimo anno;poi un periodo dal settimo al quattordicesimo anno, finoalla maturità sessuale, indi un altro, dal quattordicesimoal ventunesimo anno ecc. e così di seguito. Insomma,nella singola vita umana si distinguono dei periodi disette in sette anni. Possiamo pur dire, che in questi pe-riodi settenari talune determinate cose si ripetono. Ma viè qualcosa che colpisce anche più della semplice ripeti-zione, e cioè la progressiva trasformazione, il progressostesso, che così si svolge. Perchè l’entità umana è com-pletamente diversa nel secondo periodo settenario daquello che era nel primo, e di nuovo è diversa nel terzo.Non si può dire che così come la pianta si ripete nellapianta, l’uomo pure ripeta ugualmente nel secondo pe-riodo settenario ciò che egli era nel primo periodo sette-nario, ecc. Invece, in questo caso, si vede che il tempoesercita nel progresso un’azione reale. Esso ha una im-portanza. E quando si vede come ciò che ha dunque unaimportanza per il singolo uomo si possa applicareall’intiera umanità, si può dire: nell’intiera umanità, nel-le evoluzioni che si succedono, ci si palesa in un deter-

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minato modo tanto la ripetizione quanto il progresso.Per verificare questo, basta esaminare la cosiddetta epo-ca postatlantea. Si distinguono nell’epoca postatlantea,come primo periodo di cultura postatlantea, l’anticaepoca indiana, come secondo l’antica persiana, cometerzo la cultura egizio-caldaica, come quarto la greco-latina e come quinto, la nostra cultura attuale; altre dueseguiranno la nostra, dopo le quali si verificherà di nuo-vo una grande catastrofe. Questo corso dell’evoluzionepalesa replicatamente nei periodi che si susseguono del-le analogie, che in un dato modo si possono paragonarealla ripetizione di ciò che è simile, quale si osserva, peresempio, di anno in anno nel regno vegetale. Vediamoche quei periodi si svolgono, per il fatto che in un deter-minato modo, al principio di tali epoche, delle specialirivelazioni vengono fatte all’umanità; si potrebbe direche una corrente di vita spirituale sembra data come im-pulso all’umanità, così come ad ogni primavera vienedato alla Terra l’impulso vegetale. E poi vediamo comesu questo primo impulso venga poi edificato il resto, chearriva al frutto, e muore quando il periodo termina –così come muoiono le piante quando si avvicina l’inver-no. Ma allato di questo, durante il susseguirsi dei perio-di, si palesa qualcosa che somiglia al progresso del sin-golo uomo, e di cui possiamo dire, che il tempo vi eser-cita un’influenza, e vi si palesa come un coefficiente ef-fettivo. Non è già che nella seconda epoca antica persia-na siano stati posti di nuovo i germi che vi erano nellaprima, o che nella terza sia stata ripetuta la prima; sibbe-

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minato modo tanto la ripetizione quanto il progresso.Per verificare questo, basta esaminare la cosiddetta epo-ca postatlantea. Si distinguono nell’epoca postatlantea,come primo periodo di cultura postatlantea, l’anticaepoca indiana, come secondo l’antica persiana, cometerzo la cultura egizio-caldaica, come quarto la greco-latina e come quinto, la nostra cultura attuale; altre dueseguiranno la nostra, dopo le quali si verificherà di nuo-vo una grande catastrofe. Questo corso dell’evoluzionepalesa replicatamente nei periodi che si susseguono del-le analogie, che in un dato modo si possono paragonarealla ripetizione di ciò che è simile, quale si osserva, peresempio, di anno in anno nel regno vegetale. Vediamoche quei periodi si svolgono, per il fatto che in un deter-minato modo, al principio di tali epoche, delle specialirivelazioni vengono fatte all’umanità; si potrebbe direche una corrente di vita spirituale sembra data come im-pulso all’umanità, così come ad ogni primavera vienedato alla Terra l’impulso vegetale. E poi vediamo comesu questo primo impulso venga poi edificato il resto, chearriva al frutto, e muore quando il periodo termina –così come muoiono le piante quando si avvicina l’inver-no. Ma allato di questo, durante il susseguirsi dei perio-di, si palesa qualcosa che somiglia al progresso del sin-golo uomo, e di cui possiamo dire, che il tempo vi eser-cita un’influenza, e vi si palesa come un coefficiente ef-fettivo. Non è già che nella seconda epoca antica persia-na siano stati posti di nuovo i germi che vi erano nellaprima, o che nella terza sia stata ripetuta la prima; sibbe-

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ne gl’impulsi sono sempre diversi, sempre più intensifi-cati, sempre nuovi – e così è pure nella vita umana, incui i periodi settenari hanno la loro differenziazione, illoro progresso.

Orbene, ciò che si era andato avvicinando all’umanitànel corso del tempo, le si era avvicinato in modo, che –si potrebbe dire – lentamente e gradatamente le cogni-zioni che formavano la somma della conoscenza si era-no rivelate agli uomini. Non tutte le correnti dei variipopoli hanno sempre sviluppato contemporaneamente ilsenso per tutte le cose. Difatti, in quella corrente di evo-luzione dell’umanità, che si esplica appunto con il Mi-stero del Golgotha, manca in un determinato modo ilsenso per il tempo, come fattore reale. Questo senso deltempo, quale fattore reale, manca, in ultima analisi, atutta la conoscenza dell’Oriente; invece le è in specialmodo proprio il senso per la ripetizione di ciò che èuguale. Perciò tutto quello che si fa valere come ripeti-zione di ciò che è uguale è stato compreso in modograndioso dalla conoscenza dell’Oriente. Di che cosa vatenuto conto, quando si considera la ripetizione di ciòche è uguale nei susseguentisi periodi di civiltà? Pren-diamo come esempio la crescenza delle piante. Si vedo-no in primavera le piante spuntare dalla terra: si trattadella loro «creazione». Si vede come queste piante cre-scano e prosperino, finchè arrivano a un determinatoapice, dopo il quale nuovamente s’inaridiscono, e nelmorire contengono già in loro il germe per una nuovapianta. Abbiamo dunque a che fare con un triplice passo

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ne gl’impulsi sono sempre diversi, sempre più intensifi-cati, sempre nuovi – e così è pure nella vita umana, incui i periodi settenari hanno la loro differenziazione, illoro progresso.

Orbene, ciò che si era andato avvicinando all’umanitànel corso del tempo, le si era avvicinato in modo, che –si potrebbe dire – lentamente e gradatamente le cogni-zioni che formavano la somma della conoscenza si era-no rivelate agli uomini. Non tutte le correnti dei variipopoli hanno sempre sviluppato contemporaneamente ilsenso per tutte le cose. Difatti, in quella corrente di evo-luzione dell’umanità, che si esplica appunto con il Mi-stero del Golgotha, manca in un determinato modo ilsenso per il tempo, come fattore reale. Questo senso deltempo, quale fattore reale, manca, in ultima analisi, atutta la conoscenza dell’Oriente; invece le è in specialmodo proprio il senso per la ripetizione di ciò che èuguale. Perciò tutto quello che si fa valere come ripeti-zione di ciò che è uguale è stato compreso in modograndioso dalla conoscenza dell’Oriente. Di che cosa vatenuto conto, quando si considera la ripetizione di ciòche è uguale nei susseguentisi periodi di civiltà? Pren-diamo come esempio la crescenza delle piante. Si vedo-no in primavera le piante spuntare dalla terra: si trattadella loro «creazione». Si vede come queste piante cre-scano e prosperino, finchè arrivano a un determinatoapice, dopo il quale nuovamente s’inaridiscono, e nelmorire contengono già in loro il germe per una nuovapianta. Abbiamo dunque a che fare con un triplice passo

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nel divenire: nascere, crescere e prosperare, e morire – enella morte abbiamo già il germe per una nuova piantasimile. Quando non è particolarmente questione di tem-po, ma di ripetizione, questo principio di ripetizione sipuò meglio concepire come triplice. La saggezza orien-tale, quella saggezza che ha preceduto il Cristianesimo,era dotata di attitudini speciali per comprendere il sensodel ripetersi del divenire nella triplicità. E la grandezzadi questa antica concezione dell’universo dipende dallasua tendenza unilaterale verso, per così dire, l’eterno ri-petersi del divenire; e quando questa concezione arrivaal suo termine ci si affacciano da ogni parte delle trinità,le quali, in ultima analisi, sono l’espressione chiaroveg-gente di ciò che sta dietro al nascere, al deperire e al ri-stabilire: Brahma, Vishnù, Sciva. Questa trinità sta abase di tutto, rappresenta le Potenze Creatrici. All’epocache precede la rivelazione di Krishna, è stata riconosciu-ta come trinità, – alla quale si poteva arrivare per mezzodella chiaroveggenza – la trinità di Brahma, Vishnù eSciva. E la riproduzione di questo ternario si ritrovaovunque non si tenga conto del tempo altro che nel suoaspetto di successive ripetizioni di ciò che è sempreuguale.

Questo è il senso della conoscenza dell’epoca nuova:il sorgere della capacità di vedere storicamente, di vede-re la successione storica, d’includere, cioè, il tempo nelcalcolo che si fa di ciò che va effettivamente consideratonei riguardi dell’evoluzione, di concepire il tempo comeun fattore reale di essa. Questo però spettava in special

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nel divenire: nascere, crescere e prosperare, e morire – enella morte abbiamo già il germe per una nuova piantasimile. Quando non è particolarmente questione di tem-po, ma di ripetizione, questo principio di ripetizione sipuò meglio concepire come triplice. La saggezza orien-tale, quella saggezza che ha preceduto il Cristianesimo,era dotata di attitudini speciali per comprendere il sensodel ripetersi del divenire nella triplicità. E la grandezzadi questa antica concezione dell’universo dipende dallasua tendenza unilaterale verso, per così dire, l’eterno ri-petersi del divenire; e quando questa concezione arrivaal suo termine ci si affacciano da ogni parte delle trinità,le quali, in ultima analisi, sono l’espressione chiaroveg-gente di ciò che sta dietro al nascere, al deperire e al ri-stabilire: Brahma, Vishnù, Sciva. Questa trinità sta abase di tutto, rappresenta le Potenze Creatrici. All’epocache precede la rivelazione di Krishna, è stata riconosciu-ta come trinità, – alla quale si poteva arrivare per mezzodella chiaroveggenza – la trinità di Brahma, Vishnù eSciva. E la riproduzione di questo ternario si ritrovaovunque non si tenga conto del tempo altro che nel suoaspetto di successive ripetizioni di ciò che è sempreuguale.

Questo è il senso della conoscenza dell’epoca nuova:il sorgere della capacità di vedere storicamente, di vede-re la successione storica, d’includere, cioè, il tempo nelcalcolo che si fa di ciò che va effettivamente consideratonei riguardi dell’evoluzione, di concepire il tempo comeun fattore reale di essa. Questo però spettava in special

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modo alla conoscenza dell’Occidente: cioè, lo sviluppodel senso storico e la penetrazione nella verità della sto-ria. E questo è ciò che differenzia le due correnti di evo-luzione, quella dell’Oriente da quella dell’Occidente:l’Oriente considera il mondo non storicamente, non nelsuo svolgimento storico, sebbene il suo punto di vistaraggiunga massima perfezione, mentre l’Occidente co-mincia con l’impulso a considerare il mondo storica-mente, nel suo svolgimento storico. E la spinta alla vi-sione storica emana dalla concezione mondiale ebraicaantica; è questa che dà il primo impulso all’osservazio-ne storica.

Esaminiamo ora una dopo l’altra le effettive essenzedelle concezioni orientali del mondo. In esse ci vienesempre narrato delle epoche mondiali che si ripetono. Civiene raccontato ciò che succede al principio e alla finedella prima età del mondo; poi ci vien narrato il princi-pio della seconda età del mondo e la fine di essa; poi ilprincipio della terza età del mondo e la sua fine. E il mi-stero del divenire del mondo all’epoca di Krishna vienecaratterizzato giustamente, se si dice: allorchè l’anticacultura della terza età del mondo era divenuta arida esterile, quando l’antica cultura entrò nel suo autunno enel suo inverno, comparve come figlio del Vasudeva edella Devaki il Krishna, onde raccogliere per l’avvenire,cioè, per la quarta epoca, ciò che come germe, comenuovo seme, poteva essere trasportato dalla terza epocanella quarta. Le singole età del mondo ci appaiono comegli anni che si susseguono nei riguardi della crescenza

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modo alla conoscenza dell’Occidente: cioè, lo sviluppodel senso storico e la penetrazione nella verità della sto-ria. E questo è ciò che differenzia le due correnti di evo-luzione, quella dell’Oriente da quella dell’Occidente:l’Oriente considera il mondo non storicamente, non nelsuo svolgimento storico, sebbene il suo punto di vistaraggiunga massima perfezione, mentre l’Occidente co-mincia con l’impulso a considerare il mondo storica-mente, nel suo svolgimento storico. E la spinta alla vi-sione storica emana dalla concezione mondiale ebraicaantica; è questa che dà il primo impulso all’osservazio-ne storica.

Esaminiamo ora una dopo l’altra le effettive essenzedelle concezioni orientali del mondo. In esse ci vienesempre narrato delle epoche mondiali che si ripetono. Civiene raccontato ciò che succede al principio e alla finedella prima età del mondo; poi ci vien narrato il princi-pio della seconda età del mondo e la fine di essa; poi ilprincipio della terza età del mondo e la sua fine. E il mi-stero del divenire del mondo all’epoca di Krishna vienecaratterizzato giustamente, se si dice: allorchè l’anticacultura della terza età del mondo era divenuta arida esterile, quando l’antica cultura entrò nel suo autunno enel suo inverno, comparve come figlio del Vasudeva edella Devaki il Krishna, onde raccogliere per l’avvenire,cioè, per la quarta epoca, ciò che come germe, comenuovo seme, poteva essere trasportato dalla terza epocanella quarta. Le singole età del mondo ci appaiono comegli anni che si susseguono nei riguardi della crescenza

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delle piante. Dei cicli di tempo, aventi per contenuto ciòche si ripete, ecco l’elemento essenziale delle concezio-ni orientali del mondo. Ora paragoniamo con questeconcezioni del mondo, nella loro struttura più profonda– nella loro astrazione dal tempo – ciò che ci si affacciasubito nell’Antico Testamento. Oh, questo presenta unadifferenza importante dalle concezioni orientali delmondo! Nell’antico Testamento tutto è disposto in ordi-ne a una linea reale e continua di tempo. Prima si vienecondotti alla Genesi, alla Creazione, e a questa viene ariconnettersi la storia dell’umanità. Si persegue un corsocontinuo attraverso i sette giorni della Creazione, attra-verso l’epoca dei Patriarchi; da Abraham in giù, attra-verso Isacco e Giacobbe – attraverso a ogni Divenire, atutta la Storia. Che vi si ripete qualcosa? Il primo giornodella Creazione non viene ripetuto in modo astratto nelsecondo; i Patriarchi non vengono ripetuti nei Profeti,l’epoca dei Re non è la ripetizione dell’epoca dei Giudi-ci ecc. Poi viene l’epoca della cattività. Ovunque si vie-ne condotti là dove il tempo esplica una vera funzione,come nella singola vita umana. Attraverso l’intiero An-tico Testamento il tempo ci viene indicato come un fat-tore reale degli eventi – astrazion fatta da ciò che si ri-pete. Il progresso è ciò che si affaccia come elementospeciale nella descrizione dell’Antico Testamento. Que-sto Antico Testamento è il primo grande esempio di unmetodo storico di osservazione! Per mezzo di esso vientrasmesso all’Occidente il legato del modo storico di os-servare gli eventi. Soltanto lentamente e gradatamente

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delle piante. Dei cicli di tempo, aventi per contenuto ciòche si ripete, ecco l’elemento essenziale delle concezio-ni orientali del mondo. Ora paragoniamo con questeconcezioni del mondo, nella loro struttura più profonda– nella loro astrazione dal tempo – ciò che ci si affacciasubito nell’Antico Testamento. Oh, questo presenta unadifferenza importante dalle concezioni orientali delmondo! Nell’antico Testamento tutto è disposto in ordi-ne a una linea reale e continua di tempo. Prima si vienecondotti alla Genesi, alla Creazione, e a questa viene ariconnettersi la storia dell’umanità. Si persegue un corsocontinuo attraverso i sette giorni della Creazione, attra-verso l’epoca dei Patriarchi; da Abraham in giù, attra-verso Isacco e Giacobbe – attraverso a ogni Divenire, atutta la Storia. Che vi si ripete qualcosa? Il primo giornodella Creazione non viene ripetuto in modo astratto nelsecondo; i Patriarchi non vengono ripetuti nei Profeti,l’epoca dei Re non è la ripetizione dell’epoca dei Giudi-ci ecc. Poi viene l’epoca della cattività. Ovunque si vie-ne condotti là dove il tempo esplica una vera funzione,come nella singola vita umana. Attraverso l’intiero An-tico Testamento il tempo ci viene indicato come un fat-tore reale degli eventi – astrazion fatta da ciò che si ri-pete. Il progresso è ciò che si affaccia come elementospeciale nella descrizione dell’Antico Testamento. Que-sto Antico Testamento è il primo grande esempio di unmetodo storico di osservazione! Per mezzo di esso vientrasmesso all’Occidente il legato del modo storico di os-servare gli eventi. Soltanto lentamente e gradatamente

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gli uomini imparano ciò che vien loro rivelato nel corsodel tempo.

E così si può dire, che proprio quando in un determi-nato senso delle nuove rivelazioni vengono date agli uo-mini, si verifica sempre una specie di ricaduta nel passa-to. Al principio del movimento teosofico sono state fattegrandi e importanti rivelazioni. Ma è successo appuntoil fatto strano, che fin dal principio questa vita teosoficanon è stata pervasa dal metodo storico di osservazione.Vi potete convincere di questo in special modo, se gitta-te uno sguardo in un libro del resto utile ed eccellente,cioè, nel Buddhismo esoterico del Sinnett. Tutti i capito-li che s’ispirano alla storia sono ben accetti all’animaoccidentale. Ma al lato di quelli vi è un altro elemento,che si può chiamare «l’elemento non storico» quell’ele-mento strano, dove si tratta di grandi e piccoli cicli, delprogresso per ronde e per razze; l’argomento viene sem-pre esposto in modo, come se la ripetizione fosse la cosaprincipale; come alla seconda ronda segua la terza,come una razza principale sia seguita da un’altra razzaprincipale, come una sottorazza faccia seguito a un’altrasottorazza, e così di seguito. Ci si trova proprio in unaspecie di congegno di ruote, e l’importanza principalevien data alla ripetizione. Questa è stata una ricaduta inuna maniera di pensare già superata dall’umanità. Lamaniera di pensare che risulta adatta per la cultura occi-dentale è invece quella storica. E quale è la conseguen-za di questo elemento storico della cultura occidentale?È appunto la conoscenza dell’unico punto centrale di

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gli uomini imparano ciò che vien loro rivelato nel corsodel tempo.

E così si può dire, che proprio quando in un determi-nato senso delle nuove rivelazioni vengono date agli uo-mini, si verifica sempre una specie di ricaduta nel passa-to. Al principio del movimento teosofico sono state fattegrandi e importanti rivelazioni. Ma è successo appuntoil fatto strano, che fin dal principio questa vita teosoficanon è stata pervasa dal metodo storico di osservazione.Vi potete convincere di questo in special modo, se gitta-te uno sguardo in un libro del resto utile ed eccellente,cioè, nel Buddhismo esoterico del Sinnett. Tutti i capito-li che s’ispirano alla storia sono ben accetti all’animaoccidentale. Ma al lato di quelli vi è un altro elemento,che si può chiamare «l’elemento non storico» quell’ele-mento strano, dove si tratta di grandi e piccoli cicli, delprogresso per ronde e per razze; l’argomento viene sem-pre esposto in modo, come se la ripetizione fosse la cosaprincipale; come alla seconda ronda segua la terza,come una razza principale sia seguita da un’altra razzaprincipale, come una sottorazza faccia seguito a un’altrasottorazza, e così di seguito. Ci si trova proprio in unaspecie di congegno di ruote, e l’importanza principalevien data alla ripetizione. Questa è stata una ricaduta inuna maniera di pensare già superata dall’umanità. Lamaniera di pensare che risulta adatta per la cultura occi-dentale è invece quella storica. E quale è la conseguen-za di questo elemento storico della cultura occidentale?È appunto la conoscenza dell’unico punto centrale di

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ogni divenire terrestre! L’Oriente considerava il Diveni-re come un processo vegetale, che si rinnova ogni anno.Così si presentarono in ogni periodo i singoli grandi Ini-ziati e ripeterono (per lo meno s’insiste principalmentesu ciò che essi ripeterono) ciò che vi era già da prima.Viene specialmente insistito in modo astratto sul fatto,che ognuno di essi non è che l’aspetto speciale diquell’Uno, che si evolve più oltre da epoca in epoca. Po-nevano speciale interesse nel rappresentare il continuoevolversi di ciò che è uguale, così come nella vegetalitàsi tiene assoluto conto di ciò che si manifesta come«forma» e non si distinguono i singoli anni. In un solocaso speciale l’uomo osserva come i singoli anni si dif-ferenzino anche nella vita vegetale. Quando vuol descri-vere un giglio, o un pampano di vite, egli non tiene con-to se la pianta sia cresciuta nell’anno 1857 o nel 1867;perchè i gigli si somigliano, sono repliche della medesi-ma specie giglio. Ma – si potrebbe dire – quando questoelemento apollineo generale omogeneo, che si ripete, sitrasforma, anche nel campo della crescenza vegetale, in«dionisiaco», allora l’uomo annette speciale importanzaa che i singoli «anni» vengano bene distinti: sono glianni dei vini! Allora egli ha interesse a distinguere; – al-trimenti poco gli importa di dire: questa è la forma delgiglio nel 1890 o nel 1895. – Così pure l’Oriente, in undeterminato senso, non aveva vero interesse – sebbenenon si possa fare troppo assegnamento sul paragone – adistinguere l’incarnazione del Bodhisattwa nella terzaepoca da quella della seconda, o della prima epoca. Era

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ogni divenire terrestre! L’Oriente considerava il Diveni-re come un processo vegetale, che si rinnova ogni anno.Così si presentarono in ogni periodo i singoli grandi Ini-ziati e ripeterono (per lo meno s’insiste principalmentesu ciò che essi ripeterono) ciò che vi era già da prima.Viene specialmente insistito in modo astratto sul fatto,che ognuno di essi non è che l’aspetto speciale diquell’Uno, che si evolve più oltre da epoca in epoca. Po-nevano speciale interesse nel rappresentare il continuoevolversi di ciò che è uguale, così come nella vegetalitàsi tiene assoluto conto di ciò che si manifesta come«forma» e non si distinguono i singoli anni. In un solocaso speciale l’uomo osserva come i singoli anni si dif-ferenzino anche nella vita vegetale. Quando vuol descri-vere un giglio, o un pampano di vite, egli non tiene con-to se la pianta sia cresciuta nell’anno 1857 o nel 1867;perchè i gigli si somigliano, sono repliche della medesi-ma specie giglio. Ma – si potrebbe dire – quando questoelemento apollineo generale omogeneo, che si ripete, sitrasforma, anche nel campo della crescenza vegetale, in«dionisiaco», allora l’uomo annette speciale importanzaa che i singoli «anni» vengano bene distinti: sono glianni dei vini! Allora egli ha interesse a distinguere; – al-trimenti poco gli importa di dire: questa è la forma delgiglio nel 1890 o nel 1895. – Così pure l’Oriente, in undeterminato senso, non aveva vero interesse – sebbenenon si possa fare troppo assegnamento sul paragone – adistinguere l’incarnazione del Bodhisattwa nella terzaepoca da quella della seconda, o della prima epoca. Era

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sempre l’incarnazione dell’«Uno». Questa tendenza ver-so quell’uno, questo mirare astratto verso ciò che èuguale, forma l’elemento non storico del pensiero orien-tale, e, in ultima analisi, di tutto il pensiero delle epocheprecristiane – eccezion fatta per la natura storicadell’osservazione dell’Antico Testamento. – Con l’Anti-co Testamento si è affacciata in via di preparazione – ecol Nuovo Testamento in modo più completo – il meto-do storico di osservare gli avvenimenti. In questo, im-porta di considerare l’intiera linea del Divenire cometale, come un tutto; e bisogna non soltanto tener contodi ciò che torna a ripetersi nei singoli cicli, ma di ciòche forma il fuoco, il punto centrale di ogni Divenire.Allora è giusto dire, che è semplicemente assurdo affer-mare, che non vi debba essere un siffatto punto centraleunico del Divenire. E questo è l’argomento, sul quale ivarii popoli della sfera terrestre devono cominciare perintendersi, in fatto di divenire storico, e in ordine al qua-le devono rendersi chiaramente conto, che questo ele-mento storico è assolutamente indispensabile per unavera e reale osservazione dell’umanità. Oggi può ancorasuccedere, anche se si portasse in Oriente un Cristiane-simo non fanatico o settario, ma veramente ben inteso, elo si volesse far valere soltanto obbiettivamente allatodelle altre religioni dell’Oriente, di sentirsi dire: Voi nonavete dunque che quel solo Unico Dio, il quale si è in-carnato una volta sola in Palestina; noi però abbiamomolte incarnazioni di Dio; in questo vi abbiamo supera-to! «Questa risposta sarà del tutto naturale per parte

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sempre l’incarnazione dell’«Uno». Questa tendenza ver-so quell’uno, questo mirare astratto verso ciò che èuguale, forma l’elemento non storico del pensiero orien-tale, e, in ultima analisi, di tutto il pensiero delle epocheprecristiane – eccezion fatta per la natura storicadell’osservazione dell’Antico Testamento. – Con l’Anti-co Testamento si è affacciata in via di preparazione – ecol Nuovo Testamento in modo più completo – il meto-do storico di osservare gli avvenimenti. In questo, im-porta di considerare l’intiera linea del Divenire cometale, come un tutto; e bisogna non soltanto tener contodi ciò che torna a ripetersi nei singoli cicli, ma di ciòche forma il fuoco, il punto centrale di ogni Divenire.Allora è giusto dire, che è semplicemente assurdo affer-mare, che non vi debba essere un siffatto punto centraleunico del Divenire. E questo è l’argomento, sul quale ivarii popoli della sfera terrestre devono cominciare perintendersi, in fatto di divenire storico, e in ordine al qua-le devono rendersi chiaramente conto, che questo ele-mento storico è assolutamente indispensabile per unavera e reale osservazione dell’umanità. Oggi può ancorasuccedere, anche se si portasse in Oriente un Cristiane-simo non fanatico o settario, ma veramente ben inteso, elo si volesse far valere soltanto obbiettivamente allatodelle altre religioni dell’Oriente, di sentirsi dire: Voi nonavete dunque che quel solo Unico Dio, il quale si è in-carnato una volta sola in Palestina; noi però abbiamomolte incarnazioni di Dio; in questo vi abbiamo supera-to! «Questa risposta sarà del tutto naturale per parte

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dell’orientale; essa dipende dalla speciale sua attitudinea considerare la ripetizione dell’Uno. Per l’occidentaleinvece deve aver valore il fatto, che il Tutto ha un puntodi gravità. Quando perciò si parla di varie incarnazionidel Cristo, si cade nell’errore che commetterebbe chivolesse dire: È assurdo pretendere che la bilancia abbiaun solo punto di appoggio, da una parte del quale stia ilcarico e dall’altra i pesi; sosteniamo la bilancia in due,tre o quattro punti!» Questa però è un’assurdità; una bi-lancia non può avere che un solo punto di appoggio. Ese si vuol comprendere l’intiero Divenire, bisogna ricer-care quell’unico punto di appoggio, quell’unico centrodi gravità, e non si deve credere di far meglio, cercandodelle successive incarnazioni del Cristo. A questo ri-guardo le nazioni, i popoli del globo terrestre dovrannointendersi, e cioè, che nel corso della storia stessa la ma-niera di pensare storica, la concezione storica, come lapiù degna dell’uomo nel senso più elevato, doveva an-cora presentarsi. Molto tempo ci è voluto perchè questomodo storico di osservare il divenire degli uomini – percosì dire – abbia potuto lentamente svilupparsi dagli sta-ti più primitivi. Questo divenire storico ci vien dapprimaaccennato, nell’Antico Testamento, per mezzo dellacontinua affermazione, che riguardo alla natura del po-polo dell’Antico Testamento si può dire: «appartengonoal sangue di Abraham, Isacco e Giacobbe»; esso scorreattraverso le generazioni che si succedono, e ciò che sievolve è, in ultima analisi, una forma di discendenza delsangue, di propagazione del sangue. Come un uomo pa-

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dell’orientale; essa dipende dalla speciale sua attitudinea considerare la ripetizione dell’Uno. Per l’occidentaleinvece deve aver valore il fatto, che il Tutto ha un puntodi gravità. Quando perciò si parla di varie incarnazionidel Cristo, si cade nell’errore che commetterebbe chivolesse dire: È assurdo pretendere che la bilancia abbiaun solo punto di appoggio, da una parte del quale stia ilcarico e dall’altra i pesi; sosteniamo la bilancia in due,tre o quattro punti!» Questa però è un’assurdità; una bi-lancia non può avere che un solo punto di appoggio. Ese si vuol comprendere l’intiero Divenire, bisogna ricer-care quell’unico punto di appoggio, quell’unico centrodi gravità, e non si deve credere di far meglio, cercandodelle successive incarnazioni del Cristo. A questo ri-guardo le nazioni, i popoli del globo terrestre dovrannointendersi, e cioè, che nel corso della storia stessa la ma-niera di pensare storica, la concezione storica, come lapiù degna dell’uomo nel senso più elevato, doveva an-cora presentarsi. Molto tempo ci è voluto perchè questomodo storico di osservare il divenire degli uomini – percosì dire – abbia potuto lentamente svilupparsi dagli sta-ti più primitivi. Questo divenire storico ci vien dapprimaaccennato, nell’Antico Testamento, per mezzo dellacontinua affermazione, che riguardo alla natura del po-polo dell’Antico Testamento si può dire: «appartengonoal sangue di Abraham, Isacco e Giacobbe»; esso scorreattraverso le generazioni che si succedono, e ciò che sievolve è, in ultima analisi, una forma di discendenza delsangue, di propagazione del sangue. Come un uomo pa-

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lesa il suo progresso nel corso del succedersi delle epo-che della sua vita, di guisa che il tempo vi esplica unaparte, così succede pure per l’intiero popolo dell’AnticoTestamento. E se si esaminano le singole particolarità, sipotrà effettivamente comprendere questo corso delle ge-nerazioni del popolo dell’Antico Testamento, così comesi comprende la vita di un singolo uomo, in quanto eglisi evolva regolarmente, in quanto egli sviluppi in sè ciòche, per così dire, può svilupparsi nell’uomo per virtùdella sua disposizione fisica. Ciò che poteva succedereper il fatto, che l’elemento paterno si trasmetteva sem-pre nel figlio, e così di seguito, ci viene descrittonell’Antico Testamento, come pure viene detto in essodelle professioni di fede che potevano nascere per il fat-to, che i discendenti si attenevano sempre a coloro, concui erano legati per consanguineità. Quello che nellavita naturale del singolo uomo si verifica in modo im-portante per mezzo del sangue, viene applicato all’intie-ro corpo del popolo dell’Antico Testamento. E come nelsingolo uomo, a un determinato momento, per così dire,l’elemento animico si fa particolarmente manifesto, edesplica una parte speciale, così succede già pure – e ciòè oltremodo interessante – nello sviluppo storicodell’Antico Testamento.

Consideriamo il bambino; vedremo che in lui predo-mina il naturale: le necessità del corpo dapprima hannoil sopravvento. L’elemento animico sta dentro al corpo;non vuole ancora uscire completamente. Il benessere delcorpo viene effettuato per mezzo d’impressioni piacevo-

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lesa il suo progresso nel corso del succedersi delle epo-che della sua vita, di guisa che il tempo vi esplica unaparte, così succede pure per l’intiero popolo dell’AnticoTestamento. E se si esaminano le singole particolarità, sipotrà effettivamente comprendere questo corso delle ge-nerazioni del popolo dell’Antico Testamento, così comesi comprende la vita di un singolo uomo, in quanto eglisi evolva regolarmente, in quanto egli sviluppi in sè ciòche, per così dire, può svilupparsi nell’uomo per virtùdella sua disposizione fisica. Ciò che poteva succedereper il fatto, che l’elemento paterno si trasmetteva sem-pre nel figlio, e così di seguito, ci viene descrittonell’Antico Testamento, come pure viene detto in essodelle professioni di fede che potevano nascere per il fat-to, che i discendenti si attenevano sempre a coloro, concui erano legati per consanguineità. Quello che nellavita naturale del singolo uomo si verifica in modo im-portante per mezzo del sangue, viene applicato all’intie-ro corpo del popolo dell’Antico Testamento. E come nelsingolo uomo, a un determinato momento, per così dire,l’elemento animico si fa particolarmente manifesto, edesplica una parte speciale, così succede già pure – e ciòè oltremodo interessante – nello sviluppo storicodell’Antico Testamento.

Consideriamo il bambino; vedremo che in lui predo-mina il naturale: le necessità del corpo dapprima hannoil sopravvento. L’elemento animico sta dentro al corpo;non vuole ancora uscire completamente. Il benessere delcorpo viene effettuato per mezzo d’impressioni piacevo-

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li del mondo esteriore; le impressioni sgradevoli, peno-se, del mondo esteriore si manifestano anche nelle ma-nifestazioni animiche del bambino. Poi l’uomo continuaa crescere. Per mezzo di ciò che si sviluppa in lui natu-ralmente, l’elemento animico acquista gradatamente ilpredominio e si arriva a un’età della vita – nei diversiuomini quest’età è alquanto diversa, ma di fatto si trattadegli anni dai venti ai trenta – in cui l’uomo può svilup-pare bene ciò che in lui vi è di animico, e allora passanoin seconda linea i semplici dolori e le necessità corpo-ree; la configurazione animica emerge in modo speciale.Viene poi il tempo, in cui l’uomo diventa più adatto alasciar passare in seconda linea questo elemento animi-co che risiede in lui. Questo si verifica più o meno pre-sto a seconda dell’individuo; forse può anche succedere,che una persona continui tutta la sua vita a conservarsiintatto questo suo particolare elemento animico. Masuccede a volte diversamente, anche quando l’uomo,nella terza decade dei suoi anni, palesa chiaramente ciòche «egli» è, poichè a lui sembra come se il mondo fos-se stato fino allora in attesa dello speciale elemento ani-mico che egli possiede. Questo si verifica in particolarmodo, quando una persona ha forti tendenze spirituali;per esempio, quando qualcuno ha delle tendenze filoso-fiche speciali; allora sembra come se il mondo nonavesse aspettato che il suo arrivo perchè egli potesseesporre il giusto sistema filosofico, poichè soltanto ilsuo elemento animico è capace di tanto. Ma alle volte ilrisultato può anche essere giusto e buono: perchè spesso

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li del mondo esteriore; le impressioni sgradevoli, peno-se, del mondo esteriore si manifestano anche nelle ma-nifestazioni animiche del bambino. Poi l’uomo continuaa crescere. Per mezzo di ciò che si sviluppa in lui natu-ralmente, l’elemento animico acquista gradatamente ilpredominio e si arriva a un’età della vita – nei diversiuomini quest’età è alquanto diversa, ma di fatto si trattadegli anni dai venti ai trenta – in cui l’uomo può svilup-pare bene ciò che in lui vi è di animico, e allora passanoin seconda linea i semplici dolori e le necessità corpo-ree; la configurazione animica emerge in modo speciale.Viene poi il tempo, in cui l’uomo diventa più adatto alasciar passare in seconda linea questo elemento animi-co che risiede in lui. Questo si verifica più o meno pre-sto a seconda dell’individuo; forse può anche succedere,che una persona continui tutta la sua vita a conservarsiintatto questo suo particolare elemento animico. Masuccede a volte diversamente, anche quando l’uomo,nella terza decade dei suoi anni, palesa chiaramente ciòche «egli» è, poichè a lui sembra come se il mondo fos-se stato fino allora in attesa dello speciale elemento ani-mico che egli possiede. Questo si verifica in particolarmodo, quando una persona ha forti tendenze spirituali;per esempio, quando qualcuno ha delle tendenze filoso-fiche speciali; allora sembra come se il mondo nonavesse aspettato che il suo arrivo perchè egli potesseesporre il giusto sistema filosofico, poichè soltanto ilsuo elemento animico è capace di tanto. Ma alle volte ilrisultato può anche essere giusto e buono: perchè spesso

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l’uomo durante quel tempo è specialmente adatto ad ela-borare ciò che ha. – Poi viene il tempo in cui si comin-cia a vedere ciò che il mondo può offrire per opera di al-tri, in cui si fa eco della parola altrui e si accoglie ciòche fino allora è stato fatto.

Come è il singolo uomo, così l’Antico Testamentorappresenta l’intiero corpo del popolo antico ebraico.Vediamo tutto ciò che si sviluppa dalle peculiarità dirazza di questo popolo nell’epoca di Abraham, Isacco eGiacobbe; come tutto ciò dipenda in questo popolo ap-punto da queste peculiarità del sangue e della razza. Ese seguite ciò che vien descritto, direte: fino a un datomomento talune peculiarità della razza figuranonell’Antico Testamento come l’elemento che suscitagl’impulsi; poi segue il tempo, in cui questo popolo ela-bora la sua anima, e ciò si verifica allo stesso modocome il singolo uomo nella terza decade dei suoi annipone il proprio elemento animico. È questo momento, incui si presenta il Profeta Elia. Perchè il Profeta Elia ap-pare come tutta la peculiare anima del popolo ebraicoantico. Poi vengono gli altri Profeti, dei quali ho potutodirvi alcuni giorni fa, che essi sono le anime di diversis-simi iniziati di altri popoli, i quali si riuniscono nel po-polo dell’Antico Testamento. Così l’anima di questo po-polo ode ciò che le anime degli altri popoli hanno dadire. Ciò che rimane di Elia si fonde con ciò che le ani-me degli altri popoli hanno da dire per mezzo dei Profetiche s’incarnano nel popolo dell’Antico Testamento,come in una grande armonia, come in una sinfonia. In

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l’uomo durante quel tempo è specialmente adatto ad ela-borare ciò che ha. – Poi viene il tempo in cui si comin-cia a vedere ciò che il mondo può offrire per opera di al-tri, in cui si fa eco della parola altrui e si accoglie ciòche fino allora è stato fatto.

Come è il singolo uomo, così l’Antico Testamentorappresenta l’intiero corpo del popolo antico ebraico.Vediamo tutto ciò che si sviluppa dalle peculiarità dirazza di questo popolo nell’epoca di Abraham, Isacco eGiacobbe; come tutto ciò dipenda in questo popolo ap-punto da queste peculiarità del sangue e della razza. Ese seguite ciò che vien descritto, direte: fino a un datomomento talune peculiarità della razza figuranonell’Antico Testamento come l’elemento che suscitagl’impulsi; poi segue il tempo, in cui questo popolo ela-bora la sua anima, e ciò si verifica allo stesso modocome il singolo uomo nella terza decade dei suoi annipone il proprio elemento animico. È questo momento, incui si presenta il Profeta Elia. Perchè il Profeta Elia ap-pare come tutta la peculiare anima del popolo ebraicoantico. Poi vengono gli altri Profeti, dei quali ho potutodirvi alcuni giorni fa, che essi sono le anime di diversis-simi iniziati di altri popoli, i quali si riuniscono nel po-polo dell’Antico Testamento. Così l’anima di questo po-polo ode ciò che le anime degli altri popoli hanno dadire. Ciò che rimane di Elia si fonde con ciò che le ani-me degli altri popoli hanno da dire per mezzo dei Profetiche s’incarnano nel popolo dell’Antico Testamento,come in una grande armonia, come in una sinfonia. In

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tal modo questo corpo del popolo dell’Antico Testamen-to si va maturando. E il popolo muore, in certa qual gui-sa, quando accoglie nella sua credenza, nella sua fede,soltanto ciò che è spirituale, ciò che rimane spirituale, equesto lo vediamo nella mirabile descrizione dei Macca-bei. Si potrebbe dire, che in questa descrizione dei Mac-cabei si palesa l’ormai vecchio popolo dell’Antico Te-stamento, il quale come popolo invecchiato gradatamen-te si mette al riposo, ma comunica la coscienzadell’eternità dell’anima umana direttamente attraverso ifigli dei Maccabei. «L’eternità del singolo» si presenta anoi come coscienza del popolo. E ora, mentre il corpodel popolo stesso muore, sembra come se quest’anima,con una forma affatto nuova, rimanesse quale seme dialtre anime. Dove è quest’anima?

Quest’anima-Elia è al contempo l’anima del popolodel Vecchio Testamento, quando essa penetra nel Batti-sta e vive nel Battista, allorchè questi viene imprigiona-to e poi fatto decapitare da Erode. Che cosa succede poidi quest’anima? Già lo abbiamo accennato. Quest’animadiventa indipendente, abbandona il corpo, ma continuaad agire come aura; e nel campo di quest’aura penetra ilCristo Gesù. Dove però è l’anima di Elia, l’anima diGiovanni il Battista? Il Vangelo di Marco lo indica ab-bastanza chiaramente. L’anima di Giovanni il Battista,l’anima di Elia, diventa l’Anima Collettiva dei Dodici;essa vive nei Dodici, prosegue la sua vita nei Dodici.Questo ci si palesa assai mirabilmente nel Vangelo diMarco. Questo fatto viene artisticamente delineato, os-

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tal modo questo corpo del popolo dell’Antico Testamen-to si va maturando. E il popolo muore, in certa qual gui-sa, quando accoglie nella sua credenza, nella sua fede,soltanto ciò che è spirituale, ciò che rimane spirituale, equesto lo vediamo nella mirabile descrizione dei Macca-bei. Si potrebbe dire, che in questa descrizione dei Mac-cabei si palesa l’ormai vecchio popolo dell’Antico Te-stamento, il quale come popolo invecchiato gradatamen-te si mette al riposo, ma comunica la coscienzadell’eternità dell’anima umana direttamente attraverso ifigli dei Maccabei. «L’eternità del singolo» si presenta anoi come coscienza del popolo. E ora, mentre il corpodel popolo stesso muore, sembra come se quest’anima,con una forma affatto nuova, rimanesse quale seme dialtre anime. Dove è quest’anima?

Quest’anima-Elia è al contempo l’anima del popolodel Vecchio Testamento, quando essa penetra nel Batti-sta e vive nel Battista, allorchè questi viene imprigiona-to e poi fatto decapitare da Erode. Che cosa succede poidi quest’anima? Già lo abbiamo accennato. Quest’animadiventa indipendente, abbandona il corpo, ma continuaad agire come aura; e nel campo di quest’aura penetra ilCristo Gesù. Dove però è l’anima di Elia, l’anima diGiovanni il Battista? Il Vangelo di Marco lo indica ab-bastanza chiaramente. L’anima di Giovanni il Battista,l’anima di Elia, diventa l’Anima Collettiva dei Dodici;essa vive nei Dodici, prosegue la sua vita nei Dodici.Questo ci si palesa assai mirabilmente nel Vangelo diMarco. Questo fatto viene artisticamente delineato, os-

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sia accennato, nella narrazione che precede la morte diGiovanni Battista, quando viene spiegata la differenzafra l’insegnamento, ossia il metodo d’istruire del CristoGesù per la gran folla, e quello adoperato per i suoi sin-goli discepoli. Già abbiamo parlato di questo. Ma ciò simodifica, quando l’anima di Elia si libera da GiovanniBattista, quando essa vive più oltre come Anima Collet-tiva dei Dodici. E a questo viene accennato. Perchè daquel momento in poi (rileggete, e vedrete che lo si rilevachiaramente) ciò che il Cristo esige dai suoi Dodici è diun ordine più elevato. Egli pretende da essi un intendi-mento superiore. Ed è notevole proprio ciò che essi do-vrebbero comprendere, e che Egli più tardi rimproveraloro di non aver compreso. Leggete quel passo attenta-mente! A un aspetto delle cose già ho accennato, cioè,che si parla di una moltiplicazione di pani quando Eliaarriva dalla vedova in Sareptha, e che, quando l’anima-Elia si libera da Giovanni il Battista, ci viene nuova-mente raccontato di una moltiplicazione del pane. Maora il Cristo pretende dai suoi discepoli, che essi inten-dano questa moltiplicazione dei pani in modo affattospeciale. Prima Egli non rivolge loro parole di quel ge-nere. Dopo però, quando essi devono comprendere qua-le sia la sorte di Giovanni il Battista dopo la sua decapi-tazione per ordine di Erode, e ciò che succede per mez-zo dei cinque pani ai cinquemila, quando gli avanzi ven-gono raccolti in dodici canestri, e ciò che succede con isette pani e i quattromila, quando gli avanzi vengonoraccolti in sette canestri, allora dice loro: «Non avete voi

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sia accennato, nella narrazione che precede la morte diGiovanni Battista, quando viene spiegata la differenzafra l’insegnamento, ossia il metodo d’istruire del CristoGesù per la gran folla, e quello adoperato per i suoi sin-goli discepoli. Già abbiamo parlato di questo. Ma ciò simodifica, quando l’anima di Elia si libera da GiovanniBattista, quando essa vive più oltre come Anima Collet-tiva dei Dodici. E a questo viene accennato. Perchè daquel momento in poi (rileggete, e vedrete che lo si rilevachiaramente) ciò che il Cristo esige dai suoi Dodici è diun ordine più elevato. Egli pretende da essi un intendi-mento superiore. Ed è notevole proprio ciò che essi do-vrebbero comprendere, e che Egli più tardi rimproveraloro di non aver compreso. Leggete quel passo attenta-mente! A un aspetto delle cose già ho accennato, cioè,che si parla di una moltiplicazione di pani quando Eliaarriva dalla vedova in Sareptha, e che, quando l’anima-Elia si libera da Giovanni il Battista, ci viene nuova-mente raccontato di una moltiplicazione del pane. Maora il Cristo pretende dai suoi discepoli, che essi inten-dano questa moltiplicazione dei pani in modo affattospeciale. Prima Egli non rivolge loro parole di quel ge-nere. Dopo però, quando essi devono comprendere qua-le sia la sorte di Giovanni il Battista dopo la sua decapi-tazione per ordine di Erode, e ciò che succede per mez-zo dei cinque pani ai cinquemila, quando gli avanzi ven-gono raccolti in dodici canestri, e ciò che succede con isette pani e i quattromila, quando gli avanzi vengonoraccolti in sette canestri, allora dice loro: «Non avete voi

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ancora conoscimento, nè intelletto? ed è accecatotutt’ora il cuor vostro? Avete occhi, e non vedete? orec-chie e non udite? Nè avete memoria? Allorchè cinquepani io divisi tra cinquemila uomini, quanti canestri fu-ron gli avanzi che raccoglieste? Gli risposero: Dodici. Equando poi sette pani io divisi tra quattromila persone,quante sporte furon gli avanzi che raccoglieste? Rispo-sero: Sette. E diceva loro: Come non ancora intendete?»(Marco 8, 17-21).

Egli volge loro l’aspro rimprovero, che essi non pos-sono comprendere ciò che è contenuto in questa manife-stazione. Perchè? Perchè Egli ha in mente: «Ora lo spiri-to di Elia si è liberato; egli vive in voi, e dovete gradata-mente dimostrarvi degni, dovete penetrare con la vostraintelligenza nella sua anima, per comprendere cose piùelevate di quelle che prima potevate comprendere».Quando il Cristo Gesù parlava alla folla Egli parlava inparabole, in immagini, perchè questi uomini ancora rap-presentavano la eco di coloro, che avevano veduto il su-persensibile nelle immaginazioni, nella conoscenza im-maginativa; di guisa che egli doveva parlare alla follanello stesso modo come gli antichi chiaroveggenti sole-vano parlare. Egli poteva parlare socraticamente, espo-nendo cioè in modo adeguato all’intelligenza comune, acoloro, che come suoi discepoli sono provenuti dal po-polo dell’Antico Testamento. Poteva spiegare loro le pa-rabole; poteva parlare al nuovo intendimento, a ciò cheera divenuto abituale per l’umanità dopo che l’anticachiaroveggenza era estinta. Ma per il fatto, che lo Spiri-

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ancora conoscimento, nè intelletto? ed è accecatotutt’ora il cuor vostro? Avete occhi, e non vedete? orec-chie e non udite? Nè avete memoria? Allorchè cinquepani io divisi tra cinquemila uomini, quanti canestri fu-ron gli avanzi che raccoglieste? Gli risposero: Dodici. Equando poi sette pani io divisi tra quattromila persone,quante sporte furon gli avanzi che raccoglieste? Rispo-sero: Sette. E diceva loro: Come non ancora intendete?»(Marco 8, 17-21).

Egli volge loro l’aspro rimprovero, che essi non pos-sono comprendere ciò che è contenuto in questa manife-stazione. Perchè? Perchè Egli ha in mente: «Ora lo spiri-to di Elia si è liberato; egli vive in voi, e dovete gradata-mente dimostrarvi degni, dovete penetrare con la vostraintelligenza nella sua anima, per comprendere cose piùelevate di quelle che prima potevate comprendere».Quando il Cristo Gesù parlava alla folla Egli parlava inparabole, in immagini, perchè questi uomini ancora rap-presentavano la eco di coloro, che avevano veduto il su-persensibile nelle immaginazioni, nella conoscenza im-maginativa; di guisa che egli doveva parlare alla follanello stesso modo come gli antichi chiaroveggenti sole-vano parlare. Egli poteva parlare socraticamente, espo-nendo cioè in modo adeguato all’intelligenza comune, acoloro, che come suoi discepoli sono provenuti dal po-polo dell’Antico Testamento. Poteva spiegare loro le pa-rabole; poteva parlare al nuovo intendimento, a ciò cheera divenuto abituale per l’umanità dopo che l’anticachiaroveggenza era estinta. Ma per il fatto, che lo Spiri-

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to di Elia si è avvicinato ai Dodici come Anima colletti-va, li ha pervasi come aura generale, per questo fatto,dico, essi divennero in un senso più alto – o potevanoper lo meno divenire – chiaroveggenti, e vedere nel loroinsieme, come dodici, illuminati dallo Spirito di Elia-Giovanni, ciò a cui singolarmente non potevano arriva-re. A questo il Cristo voleva educarli. «A che cosa vole-va educarli? Che cosa rappresenta in fondo tutto questoracconto della «moltiplicazione dei pani?» una volta conla spartizione di cinque pani fra cinquemila – gli avanziriempiono dodici canestri – la seconda volta con la ri-partizione di sette pani fra quattromila – gli avanzi riem-piono sette canestri?».

Questo è stato sempre un fatto strano per gli interpretidella Bibbia. Oggidì questi interpreti si sono accordatinel dire: «la gente aveva con sè del pane di riserva; equando sono stati allineati in fila, essi hanno tirato fuorii loro avanzi». Questa è la spiegazione che per così dire,come per tacito accordo, vien data anche da coloro, chevogliono attenersi strettamente al Vangelo. Ma certa-mente, se si accettano le cose in questo modo esteriore,esse si riducono a una specie di drappeggio esteriore, dicerimonia esteriore. Non si sa più allora perchè tutto ciòsia stato raccontato. D’altra parte non si deve natural-mente neppure pensare a magìa nera; perchè l’evocazio-ne magica di una abbondante quantità di pane da cinquee da sette pani sarebbe magìa nera. Ma non può trattarsidi magìa nera, e neppure di un processo che ai pedantisembra specialmente colpire nel segno e cioè, che la

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to di Elia si è avvicinato ai Dodici come Anima colletti-va, li ha pervasi come aura generale, per questo fatto,dico, essi divennero in un senso più alto – o potevanoper lo meno divenire – chiaroveggenti, e vedere nel loroinsieme, come dodici, illuminati dallo Spirito di Elia-Giovanni, ciò a cui singolarmente non potevano arriva-re. A questo il Cristo voleva educarli. «A che cosa vole-va educarli? Che cosa rappresenta in fondo tutto questoracconto della «moltiplicazione dei pani?» una volta conla spartizione di cinque pani fra cinquemila – gli avanziriempiono dodici canestri – la seconda volta con la ri-partizione di sette pani fra quattromila – gli avanzi riem-piono sette canestri?».

Questo è stato sempre un fatto strano per gli interpretidella Bibbia. Oggidì questi interpreti si sono accordatinel dire: «la gente aveva con sè del pane di riserva; equando sono stati allineati in fila, essi hanno tirato fuorii loro avanzi». Questa è la spiegazione che per così dire,come per tacito accordo, vien data anche da coloro, chevogliono attenersi strettamente al Vangelo. Ma certa-mente, se si accettano le cose in questo modo esteriore,esse si riducono a una specie di drappeggio esteriore, dicerimonia esteriore. Non si sa più allora perchè tutto ciòsia stato raccontato. D’altra parte non si deve natural-mente neppure pensare a magìa nera; perchè l’evocazio-ne magica di una abbondante quantità di pane da cinquee da sette pani sarebbe magìa nera. Ma non può trattarsidi magìa nera, e neppure di un processo che ai pedantisembra specialmente colpire nel segno e cioè, che la

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gente abbia portato seco del pane e lo abbia tirato fuori.Quella narrazione ha un significato speciale. Giànell’esporre gli altri Vangeli ho accennato a ciò di cui sitratta, e del resto nel Vangelo stesso è chiaramente indi-cato. «Ma ritornati gli Apostoli da Gesù, gli diedero par-te di tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed Eglidisse loro: Venite in disparte in luogo solitario e riposa-tevi alcun poco». (Marco 6, 30-31).

Dobbiamo tenere ben conto di queste parole. Il CristoGesù manda gli Apostoli in luogo solitario perchè essiriposino, cioè, perchè essi si traspongano in quella con-dizione, che appunto si consegue quando ci si ritira nellasolitudine. E che cosa vedono allora? Che cosa vedonoin questa nuova condizione? Essi vengono a una speciedi nuova chiaroveggenza, nella quale vengono trasporta-ti per il fatto, che lo Spirito di Elia-Giovanni li pervade.Fino ad allora il Cristo ha esposto loro le parabole; oraegli procura loro una chiaroveggenza nuova. E che cosavedono? Essi vedono in grandiose immagini l’evoluzio-ne dell’umanità, vedono l’avvenire, vedono gli uominidell’avvenire accostarsi gradatamente all’Impulso delCristo. Ciò che è stato qui raccontato della duplice mol-tiplicazione dei pani – è stato veduto dai discepoli nelloSpirito. È un atto chiaroveggente! E quale atto chiaro-veggente, è come qualunque altro atto chiaroveggente;esso dapprima passa rapidamente e inosservato quandonon vi si è abituati. Perciò i discepoli tardano a com-prenderlo.

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gente abbia portato seco del pane e lo abbia tirato fuori.Quella narrazione ha un significato speciale. Giànell’esporre gli altri Vangeli ho accennato a ciò di cui sitratta, e del resto nel Vangelo stesso è chiaramente indi-cato. «Ma ritornati gli Apostoli da Gesù, gli diedero par-te di tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed Eglidisse loro: Venite in disparte in luogo solitario e riposa-tevi alcun poco». (Marco 6, 30-31).

Dobbiamo tenere ben conto di queste parole. Il CristoGesù manda gli Apostoli in luogo solitario perchè essiriposino, cioè, perchè essi si traspongano in quella con-dizione, che appunto si consegue quando ci si ritira nellasolitudine. E che cosa vedono allora? Che cosa vedonoin questa nuova condizione? Essi vengono a una speciedi nuova chiaroveggenza, nella quale vengono trasporta-ti per il fatto, che lo Spirito di Elia-Giovanni li pervade.Fino ad allora il Cristo ha esposto loro le parabole; oraegli procura loro una chiaroveggenza nuova. E che cosavedono? Essi vedono in grandiose immagini l’evoluzio-ne dell’umanità, vedono l’avvenire, vedono gli uominidell’avvenire accostarsi gradatamente all’Impulso delCristo. Ciò che è stato qui raccontato della duplice mol-tiplicazione dei pani – è stato veduto dai discepoli nelloSpirito. È un atto chiaroveggente! E quale atto chiaro-veggente, è come qualunque altro atto chiaroveggente;esso dapprima passa rapidamente e inosservato quandonon vi si è abituati. Perciò i discepoli tardano a com-prenderlo.

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Questo è ciò di cui ci occuperemo sempre più inten-samente nelle prossime conferenze e cioè, che nello spi-rito riesce evidente, che nel Vangelo di Marco la narra-zione dagli eventi dell’esistenza sensibile esteriore passaa rendere conto di momenti chiaroveggenti, e si com-prende quel Vangelo soltanto, quando lo si intende dalpunto di vista della ricerca spirituale. Ci si trova neltempo, di cui è parola dopo la decapitazione di Giovan-ni, e che ha già lasciato agire su di sè l’Impulso-Cristo;questo Impulso è entrato nel mondo. Allo sguardo este-riore dei sensi, dapprima, il Cristo stesso appare comeuna Personalità isolata, che non può esercitare grandeazione. Invece allo sguardo chiaroveggente, educato nelsenso attuale, risulta che era giunto il tempo; il Cristonon penetrò soltanto fra coloro che stavano allora in Pa-lestina, sibbene anche in coloro che sorgeranno in tuttele future generazioni. Essi si raccolgono tutti intorno aLui e ciò che Egli può dar loro viene dato per migliaia emigliaia di uomini. E così lo vedono gli Apostoli, i Do-dici; così lo vedono operare; essi vedono emanare la suaazione che da allora si estende attraverso i millenni, ve-dono come Egli proietti spiritualmente l’Impulso in tuttele direzioni dell’avvenire, come tutti gli uomini del futu-ro si avvicinino a Lui. Questo essi vedono. È un proces-so, in cui essi sono in particolar modo uniti al Cristonello Spirito.

Dobbiamo tenere speciale conto, che da quel momen-to in poi, la spiritualità pervade l’intiera descrizione delVangelo di Marco. Lo studio di questa peculiarità e di

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Questo è ciò di cui ci occuperemo sempre più inten-samente nelle prossime conferenze e cioè, che nello spi-rito riesce evidente, che nel Vangelo di Marco la narra-zione dagli eventi dell’esistenza sensibile esteriore passaa rendere conto di momenti chiaroveggenti, e si com-prende quel Vangelo soltanto, quando lo si intende dalpunto di vista della ricerca spirituale. Ci si trova neltempo, di cui è parola dopo la decapitazione di Giovan-ni, e che ha già lasciato agire su di sè l’Impulso-Cristo;questo Impulso è entrato nel mondo. Allo sguardo este-riore dei sensi, dapprima, il Cristo stesso appare comeuna Personalità isolata, che non può esercitare grandeazione. Invece allo sguardo chiaroveggente, educato nelsenso attuale, risulta che era giunto il tempo; il Cristonon penetrò soltanto fra coloro che stavano allora in Pa-lestina, sibbene anche in coloro che sorgeranno in tuttele future generazioni. Essi si raccolgono tutti intorno aLui e ciò che Egli può dar loro viene dato per migliaia emigliaia di uomini. E così lo vedono gli Apostoli, i Do-dici; così lo vedono operare; essi vedono emanare la suaazione che da allora si estende attraverso i millenni, ve-dono come Egli proietti spiritualmente l’Impulso in tuttele direzioni dell’avvenire, come tutti gli uomini del futu-ro si avvicinino a Lui. Questo essi vedono. È un proces-so, in cui essi sono in particolar modo uniti al Cristonello Spirito.

Dobbiamo tenere speciale conto, che da quel momen-to in poi, la spiritualità pervade l’intiera descrizione delVangelo di Marco. Lo studio di questa peculiarità e di

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come essa ci riveli il Vangelo in un crescendo di gran-dezza, formerà l’oggetto delle prossime conferenze. Oraperò desidero richiamare la vostra attenzione sopra unascena, che può essere compresa soltanto per mezzo diquesta indagine spirituale scientifica. Si tratta della sce-na che segue poco dopo quella sopra citata: «E Gesù sen’andò co’ suoi discepoli per le castella di Cesarea di Fi-lippo; e per istrada interrogava i suoi discepoli, dicendoloro: Chi dicono gli uomini che io mi sia? Essi rispose-ro: Chi dice Giovanni Battista, chi Elia, chi uno dei Pro-feti. Allora disse loro: E voi, chi dite che io sia? Pietrorisposegli: Tu sei il Cristo. E proibì loro strettamente ildir ciò di sè con alcuno. E cominciò a spiegar loro comedoveva il Figliuolo dell’Uomo patir molto ed essere ri-provato dai Seniori e da’ principi dei sacerdoti, e dagliScribi, ed essere ucciso, e risuscitare tre giorni dopo. Eparlava di questo fatto apertamente. E Pietro, presolo indisparte, cominciò a rampognarlo. Ma egli rivoltosi, emirando i suoi discepoli, sgridò Pietro, dicendo: Va lun-gi da me, Satana; perchè non hai la sapienza di Dio, madegli uomini». (V. Marco 8, 27-33).

Si potrebbe dire che si tratta di un osso duro pergl’interpreti dei Vangeli. Quale difatti è il significato diquesto passo? Veramente, se non ci si serve dell’indagi-ne spirituale, non lo si può comprendere. Cristo chiedeai discepoli: «Chi dicono gli uomini che io mi sia?» Edessi rispondono: «Chi dice Giovanni Battista». Ma seGiovanni Battista è stato decapitato poco prima! e quan-do Giovanni Battista viveva il Cristo già insegnava. È

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come essa ci riveli il Vangelo in un crescendo di gran-dezza, formerà l’oggetto delle prossime conferenze. Oraperò desidero richiamare la vostra attenzione sopra unascena, che può essere compresa soltanto per mezzo diquesta indagine spirituale scientifica. Si tratta della sce-na che segue poco dopo quella sopra citata: «E Gesù sen’andò co’ suoi discepoli per le castella di Cesarea di Fi-lippo; e per istrada interrogava i suoi discepoli, dicendoloro: Chi dicono gli uomini che io mi sia? Essi rispose-ro: Chi dice Giovanni Battista, chi Elia, chi uno dei Pro-feti. Allora disse loro: E voi, chi dite che io sia? Pietrorisposegli: Tu sei il Cristo. E proibì loro strettamente ildir ciò di sè con alcuno. E cominciò a spiegar loro comedoveva il Figliuolo dell’Uomo patir molto ed essere ri-provato dai Seniori e da’ principi dei sacerdoti, e dagliScribi, ed essere ucciso, e risuscitare tre giorni dopo. Eparlava di questo fatto apertamente. E Pietro, presolo indisparte, cominciò a rampognarlo. Ma egli rivoltosi, emirando i suoi discepoli, sgridò Pietro, dicendo: Va lun-gi da me, Satana; perchè non hai la sapienza di Dio, madegli uomini». (V. Marco 8, 27-33).

Si potrebbe dire che si tratta di un osso duro pergl’interpreti dei Vangeli. Quale difatti è il significato diquesto passo? Veramente, se non ci si serve dell’indagi-ne spirituale, non lo si può comprendere. Cristo chiedeai discepoli: «Chi dicono gli uomini che io mi sia?» Edessi rispondono: «Chi dice Giovanni Battista». Ma seGiovanni Battista è stato decapitato poco prima! e quan-do Giovanni Battista viveva il Cristo già insegnava. È

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mai possibile che la gente dica tale assurdità, e ritengache il Cristo sia Giovanni Battista, quando quest’ultimoancora vi era? Se dicessero che egli è Elia o un altroProfeta si potrebbe capire. – Orbene, Pietro dice: «Tusei il Cristo!» cioè, egli annunzia qualcosa di grandioso,che soltanto ciò che di più sacro è in lui può esprimere.E poche righe dopo il Cristo gli dice: «Va lungi da meSatana, perchè non hai la sapienza di Dio, ma degli uo-mini!» Chi accetta quell’interpretazione può mai crede-re, dopo che Pietro ha detto queste cose grandiose, che ilCristo lo interpelli come «Satana»? E si può mai com-prendere ciò che prima sta detto: «E proibì loro stretta-mente il dir ciò di sè con alcuno?» Dunque quelle parolesignificano: di non dire a nessuno, che Pietro ritiene cheegli sia il Cristo: e poi sta scritto più oltre: «E cominciòa spiegar loro come doveva il Figliuolo dell’Uomo patirmolto, essere riprovato, ed essere ucciso e risuscitare tregiorni dopo. E parlava di questo fatto apertamente». Edopo che Pietro lo comincia a rampognare, egli chiamaPietro, «Satana». E ciò che vi è ancora di più strano si è,che sta scritto: «E Gesù se n’andò coi suoi discepoli perle castella di Cesarea di Filippo, ecc.». Sempre vien ri-petuto, che essi gli parlano e poi vien detto di nuovo: «Ecominciò a spiegar loro ecc.; ma dopo sta scritto: «Maegli rivoltosi e mirando i suoi discepoli, sgridò Pietro».

Dunque prima sta detto, che egli parlava e insegnavaloro. Ma poteva far tutto questo mentre voltava loro lespalle? perchè dopo sta scritto: «Ma egli rivoltosi, mi-

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mai possibile che la gente dica tale assurdità, e ritengache il Cristo sia Giovanni Battista, quando quest’ultimoancora vi era? Se dicessero che egli è Elia o un altroProfeta si potrebbe capire. – Orbene, Pietro dice: «Tusei il Cristo!» cioè, egli annunzia qualcosa di grandioso,che soltanto ciò che di più sacro è in lui può esprimere.E poche righe dopo il Cristo gli dice: «Va lungi da meSatana, perchè non hai la sapienza di Dio, ma degli uo-mini!» Chi accetta quell’interpretazione può mai crede-re, dopo che Pietro ha detto queste cose grandiose, che ilCristo lo interpelli come «Satana»? E si può mai com-prendere ciò che prima sta detto: «E proibì loro stretta-mente il dir ciò di sè con alcuno?» Dunque quelle parolesignificano: di non dire a nessuno, che Pietro ritiene cheegli sia il Cristo: e poi sta scritto più oltre: «E cominciòa spiegar loro come doveva il Figliuolo dell’Uomo patirmolto, essere riprovato, ed essere ucciso e risuscitare tregiorni dopo. E parlava di questo fatto apertamente». Edopo che Pietro lo comincia a rampognare, egli chiamaPietro, «Satana». E ciò che vi è ancora di più strano si è,che sta scritto: «E Gesù se n’andò coi suoi discepoli perle castella di Cesarea di Filippo, ecc.». Sempre vien ri-petuto, che essi gli parlano e poi vien detto di nuovo: «Ecominciò a spiegar loro ecc.; ma dopo sta scritto: «Maegli rivoltosi e mirando i suoi discepoli, sgridò Pietro».

Dunque prima sta detto, che egli parlava e insegnavaloro. Ma poteva far tutto questo mentre voltava loro lespalle? perchè dopo sta scritto: «Ma egli rivoltosi, mi-

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rando i suoi discepoli». Voltava Egli loro forse le spallee parlava all’aria?

Come vedete, questo passo è una matassa arruffata eincomprensibile. Ci si meraviglia soltanto, che tali cosevengano accolte, senza che se ne cerchi una vera genui-na reale spiegazione. Sfogliate pure i commenti dei Van-geli e cercatevi delle spiegazioni: vedrete che quei com-menti, o sorvolano tali passi, oppure ne dànno le piùstrane spiegazioni. Vi sono state sul proposito anchemolte questioni e discussioni, ma pochi possono affer-mare di aver imparato molto da esse. Orbene, vogliamoora fermarci a considerare quello che sta detto. Dopol’indicazione, che dopo la morte di Giovanni Battista,poichè l’anima Elia-Giovanni si trasferisce come animacollettiva nei discepoli, viene effettuato il primo vero«miracolo», del quale sempre più vedremo come vadainteso, viene un passo completamente incomprensibile,in cui si narra che il Cristo Gesù parla ai discepoli echiede loro: «che dicono gli uomini di ciò chesuccede?» Difatti questa domanda si può presentare an-che in questo modo, perchè alla gente importa sopratut-to sapere donde emanano le influenze, che ora si verifi-cano. I discepoli rispondono: la gente ritiene che sia ingiro (per adoperare un termine usuale) Giovanni Battistao Elia o qualche altro Profeta: e che per questo fatto, siverificano le influenze appunto osservate. «Ma voi, dadove pensate che provengano?» chiede il Cristo Gesù.Allora Pietro dice: « Provengono dal fatto, che tu sei ilCristo». Nel senso del Vangelo di Marco, Pietro, per la

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rando i suoi discepoli». Voltava Egli loro forse le spallee parlava all’aria?

Come vedete, questo passo è una matassa arruffata eincomprensibile. Ci si meraviglia soltanto, che tali cosevengano accolte, senza che se ne cerchi una vera genui-na reale spiegazione. Sfogliate pure i commenti dei Van-geli e cercatevi delle spiegazioni: vedrete che quei com-menti, o sorvolano tali passi, oppure ne dànno le piùstrane spiegazioni. Vi sono state sul proposito anchemolte questioni e discussioni, ma pochi possono affer-mare di aver imparato molto da esse. Orbene, vogliamoora fermarci a considerare quello che sta detto. Dopol’indicazione, che dopo la morte di Giovanni Battista,poichè l’anima Elia-Giovanni si trasferisce come animacollettiva nei discepoli, viene effettuato il primo vero«miracolo», del quale sempre più vedremo come vadainteso, viene un passo completamente incomprensibile,in cui si narra che il Cristo Gesù parla ai discepoli echiede loro: «che dicono gli uomini di ciò chesuccede?» Difatti questa domanda si può presentare an-che in questo modo, perchè alla gente importa sopratut-to sapere donde emanano le influenze, che ora si verifi-cano. I discepoli rispondono: la gente ritiene che sia ingiro (per adoperare un termine usuale) Giovanni Battistao Elia o qualche altro Profeta: e che per questo fatto, siverificano le influenze appunto osservate. «Ma voi, dadove pensate che provengano?» chiede il Cristo Gesù.Allora Pietro dice: « Provengono dal fatto, che tu sei ilCristo». Nel senso del Vangelo di Marco, Pietro, per la

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sua conoscenza, si sarebbe posto in tal modo come pun-to di congiunzione nell’evoluzione dell’umanità. Per-chè, effettivamente, che cosa ha detto con quelle parole?Esaminiamo ciò che egli ha detto. Nei tempi precedenti,le grandi Guide dell’umanità erano degl’iniziati, cheerano stati condotti fino all’ultimo atto dell’iniziazionenei sacri Misteri; erano coloro che erano arrivati finoalla soglia della morte, che erano stati immersi negli ele-menti, che avevano dimorato tre giorni fuori dei lorocorpi, e durante questi tre giorni erano stati nei mondisupersensibili, che dopo erano di nuovo risuscitati e or-mai erano Rivelatori, Messaggeri, dei mondi supersensi-bili. Le grandi Guide dell’umanità erano sempre iniziati,divenuti tali a quel modo; Pietro dice dunque: «Tu sei ilCristo», cioè: «Tu sei una Guida che non è passata aquel modo attraverso i Misteri, ma che è venuta dal Co-smo ed è ora Guida dell’umanità!» Storicamente – peruna volta – doveva essere condotto sul piano della Terraciò che di solito si effettuava in altro modo nell’inizia-zione. Quello che, Pietro ha detto è qualcosa di straordi-nario! Che cosa andava detto a Pietro? Bisognava dirgli:«Questo è qualcosa che non va detto alla folla e qualco-sa di cui le più sacre, le più antiche leggi dicono, chedeve rimanere un mistero. Non si deve parlare dei mi-steri!» In quel momento andava detto questo a Pietro.

Orbene, l’intiero senso però dell’ulteriore evoluzionedell’umanità è appunto, che con il Mistero del Golgotha,ciò che si era sempre svolto nelle profondità dei misteriè stato esposto sul piano della storia mondiale. Per mez-

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sua conoscenza, si sarebbe posto in tal modo come pun-to di congiunzione nell’evoluzione dell’umanità. Per-chè, effettivamente, che cosa ha detto con quelle parole?Esaminiamo ciò che egli ha detto. Nei tempi precedenti,le grandi Guide dell’umanità erano degl’iniziati, cheerano stati condotti fino all’ultimo atto dell’iniziazionenei sacri Misteri; erano coloro che erano arrivati finoalla soglia della morte, che erano stati immersi negli ele-menti, che avevano dimorato tre giorni fuori dei lorocorpi, e durante questi tre giorni erano stati nei mondisupersensibili, che dopo erano di nuovo risuscitati e or-mai erano Rivelatori, Messaggeri, dei mondi supersensi-bili. Le grandi Guide dell’umanità erano sempre iniziati,divenuti tali a quel modo; Pietro dice dunque: «Tu sei ilCristo», cioè: «Tu sei una Guida che non è passata aquel modo attraverso i Misteri, ma che è venuta dal Co-smo ed è ora Guida dell’umanità!» Storicamente – peruna volta – doveva essere condotto sul piano della Terraciò che di solito si effettuava in altro modo nell’inizia-zione. Quello che, Pietro ha detto è qualcosa di straordi-nario! Che cosa andava detto a Pietro? Bisognava dirgli:«Questo è qualcosa che non va detto alla folla e qualco-sa di cui le più sacre, le più antiche leggi dicono, chedeve rimanere un mistero. Non si deve parlare dei mi-steri!» In quel momento andava detto questo a Pietro.

Orbene, l’intiero senso però dell’ulteriore evoluzionedell’umanità è appunto, che con il Mistero del Golgotha,ciò che si era sempre svolto nelle profondità dei misteriè stato esposto sul piano della storia mondiale. Per mez-

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zo di ciò che è successo sul Golgotha, per mezzo dellapermanenza per tre giorni nella tomba, e della Risurre-zione, è stato esposto storicamente sul piano terrestreciò che di solito succedeva nelle profondità, nelle tene-bre dei misteri. Insomma: è venuto il momento, in cui lalegge sacra, per cui si doveva tacere di questo Mistero,deve essere infranta! Gli uomini hanno stabilito le leggi,secondo le quali si deve tacere dei misteri. Ormai però imisteri devono essere rivelati per mezzo del Mistero delGolgotha. Una decisione nell’anima del Cristo! La piùgrande decisione storica del mondo, poichè Egli si pro-pone: Ciò che fino ad ora le leggi umane ordinavano ditacere, deve essere ora palesato davanti agli occhi di tut-ti, davanti alla storia del mondo!

Immaginiamoci un momento di riflessione storico-mondiale del Cristo, un momento di riflessione storica:«Io guardo l’intiera evoluzione dell’umanità, essa miproibisce per mezzo delle sue leggi di parlare della mor-te e della Risurrezione, del Risveglio e dei Misteri Sacridell’Iniziazione. No! Sono stato mandato dagli Dei sullaTerra per rivelarle quei misteri; non posso lasciarmi gui-dare da ciò che gli uomini dicono: mi devo regolare inconformità di ciò che mi dicono gli Dei!» La determina-zione di rivelare i Misteri si prepara in quel momento. Eil Cristo deve respingere dalla sua anima l’indecisione,che potrebbe provenirgli dal fatto di voler conservarenell’evoluzione ciò che le leggi umane hanno dato.«Lungi da me, oh indecisione! E cresca in me la deci-sione di esporre dinanzi all’intiera umanità ciò che è sta-

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zo di ciò che è successo sul Golgotha, per mezzo dellapermanenza per tre giorni nella tomba, e della Risurre-zione, è stato esposto storicamente sul piano terrestreciò che di solito succedeva nelle profondità, nelle tene-bre dei misteri. Insomma: è venuto il momento, in cui lalegge sacra, per cui si doveva tacere di questo Mistero,deve essere infranta! Gli uomini hanno stabilito le leggi,secondo le quali si deve tacere dei misteri. Ormai però imisteri devono essere rivelati per mezzo del Mistero delGolgotha. Una decisione nell’anima del Cristo! La piùgrande decisione storica del mondo, poichè Egli si pro-pone: Ciò che fino ad ora le leggi umane ordinavano ditacere, deve essere ora palesato davanti agli occhi di tut-ti, davanti alla storia del mondo!

Immaginiamoci un momento di riflessione storico-mondiale del Cristo, un momento di riflessione storica:«Io guardo l’intiera evoluzione dell’umanità, essa miproibisce per mezzo delle sue leggi di parlare della mor-te e della Risurrezione, del Risveglio e dei Misteri Sacridell’Iniziazione. No! Sono stato mandato dagli Dei sullaTerra per rivelarle quei misteri; non posso lasciarmi gui-dare da ciò che gli uomini dicono: mi devo regolare inconformità di ciò che mi dicono gli Dei!» La determina-zione di rivelare i Misteri si prepara in quel momento. Eil Cristo deve respingere dalla sua anima l’indecisione,che potrebbe provenirgli dal fatto di voler conservarenell’evoluzione ciò che le leggi umane hanno dato.«Lungi da me, oh indecisione! E cresca in me la deci-sione di esporre dinanzi all’intiera umanità ciò che è sta-

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to finora nelle profondità dei Misteri!» Il Cristo dice allasua propria decisione, quando egli respinge da sè ciòche lo potrebbe rendere indeciso: «Lungi da me», e daquesto momento si prefigge di eseguire ciò per cui Egliè stato mandato dal suo Dio sulla Terra.

A questo punto ci troviamo di fronte al più grandemonologo storico del Mondo, che mai si sia verificatonell’intiera evoluzione della Terra: al Monologo di Diosulla Rivelazione dei Misteri. Non è da meravigliarsi,che il Monologo di Dio non sia a tutta prima comprensi-bile per l’intelletto umano, e che occorra studiare pro-fondamente, se in qualche modo vogliamo renderci de-gni di comprendere questo Monologo di Dio, per mezzodel quale l’azione della Divinità fa un passo innanzi.Domani ne parleremo ancora.

VII

Sarebbe meglio, indubbiamente, che nelle considera-zioni destinate a spiegare questo o quel passo di un Van-gelo, si potesse sempre fare astrazione dagli altri Vange-li; perchè così si acquisterebbe certamente una miglioree più pura comprensione dell’intonazione fondamentaledei singoli Vangeli. Però sarebbe facile, che un esame dital genere in cui non fosse permesso ai diversi raggi di

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to finora nelle profondità dei Misteri!» Il Cristo dice allasua propria decisione, quando egli respinge da sè ciòche lo potrebbe rendere indeciso: «Lungi da me», e daquesto momento si prefigge di eseguire ciò per cui Egliè stato mandato dal suo Dio sulla Terra.

A questo punto ci troviamo di fronte al più grandemonologo storico del Mondo, che mai si sia verificatonell’intiera evoluzione della Terra: al Monologo di Diosulla Rivelazione dei Misteri. Non è da meravigliarsi,che il Monologo di Dio non sia a tutta prima comprensi-bile per l’intelletto umano, e che occorra studiare pro-fondamente, se in qualche modo vogliamo renderci de-gni di comprendere questo Monologo di Dio, per mezzodel quale l’azione della Divinità fa un passo innanzi.Domani ne parleremo ancora.

VII

Sarebbe meglio, indubbiamente, che nelle considera-zioni destinate a spiegare questo o quel passo di un Van-gelo, si potesse sempre fare astrazione dagli altri Vange-li; perchè così si acquisterebbe certamente una miglioree più pura comprensione dell’intonazione fondamentaledei singoli Vangeli. Però sarebbe facile, che un esame dital genere in cui non fosse permesso ai diversi raggi di

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luce dei vari Vangeli di illuminarsi reciprocamente, po-tesse generare dei malintesi. Per esempio, quello che ieriè stato chiamato il «più grande Monologo della storiadel Mondo» potrebbe facilmente essere frainteso, sequalcuno riferisse inesattamente, o superficialmente, ciòche, per esempio, deve essere detto e difatti è stato dettoin appoggio al Vangelo di Matteo, a proposito del passoanalogo.3 E un’obiezione da un siffatto punto di vista sa-rebbe, nel senso logico più profondo, come se qualcunoscrivesse: «qui su questo podio vi era prima un uomo ealla sua sinistra vi era un mazzo di rose», e un’altra vol-ta: «qui su questo podio vi era un uomo e alla sua destraun mazzo di rose!» e poi un terzo estraneo dicesse:«questo non concorda; una volta il mazzo di rose sta adestra, l’altra volta sta a sinistra!» Tutto dipende invecedalla posizione occupata dell’uomo; a seconda di quellaentrambe le frasi sono giuste. Così bisogna considerare iVangeli. Non si tratta appunto di una biografia astrattadel Cristo Gesù, sibbene di un ricco mondo di fatti este-riori, e anche di fatti occulti, che ci vengono descritti. Eper esaminare questo punto di vista, osserviamo ora ciòche ieri è stato chiamato: «il più grande Monologo dellastoria del Mondo», il soliloquio di Dio.

Dobbiamo renderci chiaramente conto, che ciò che sisvolgeva nel corso generale di tutto l’insieme, succede-va in modo affatto speciale fra il Cristo Gesù e i suoi di-scepoli, i suoi seguaci più vicini. E di ciò che ieri è statodetto, e cioè, che effettivamente lo Spirito di Elia, dopo

3 Vedi Parte III: Vangelo di Matteo.

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luce dei vari Vangeli di illuminarsi reciprocamente, po-tesse generare dei malintesi. Per esempio, quello che ieriè stato chiamato il «più grande Monologo della storiadel Mondo» potrebbe facilmente essere frainteso, sequalcuno riferisse inesattamente, o superficialmente, ciòche, per esempio, deve essere detto e difatti è stato dettoin appoggio al Vangelo di Matteo, a proposito del passoanalogo.3 E un’obiezione da un siffatto punto di vista sa-rebbe, nel senso logico più profondo, come se qualcunoscrivesse: «qui su questo podio vi era prima un uomo ealla sua sinistra vi era un mazzo di rose», e un’altra vol-ta: «qui su questo podio vi era un uomo e alla sua destraun mazzo di rose!» e poi un terzo estraneo dicesse:«questo non concorda; una volta il mazzo di rose sta adestra, l’altra volta sta a sinistra!» Tutto dipende invecedalla posizione occupata dell’uomo; a seconda di quellaentrambe le frasi sono giuste. Così bisogna considerare iVangeli. Non si tratta appunto di una biografia astrattadel Cristo Gesù, sibbene di un ricco mondo di fatti este-riori, e anche di fatti occulti, che ci vengono descritti. Eper esaminare questo punto di vista, osserviamo ora ciòche ieri è stato chiamato: «il più grande Monologo dellastoria del Mondo», il soliloquio di Dio.

Dobbiamo renderci chiaramente conto, che ciò che sisvolgeva nel corso generale di tutto l’insieme, succede-va in modo affatto speciale fra il Cristo Gesù e i suoi di-scepoli, i suoi seguaci più vicini. E di ciò che ieri è statodetto, e cioè, che effettivamente lo Spirito di Elia, dopo

3 Vedi Parte III: Vangelo di Matteo.

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che fu liberato dal corpo fisico di Giovanni Battista,operava come una specie di Anima collettiva dei disce-poli, va tenuto in special modo conto in uno studio sif-fatto. Ciò che allora si è verificato non si è svolto soltan-to in guisa, da potere essere raccontato semplicementein modo esteriore, sibbene si è svolto in un modo moltopiù complicato. Si trattava, per così dire, di un profondoreciproco rapporto interiore fra l’anima del Cristo el’anima dei Dodici. I processi che si svolgevanonell’anima del Cristo, erano, per quei tempi, tutti pro-cessi importanti, ricchi, svariati. Ma tutto ciò che sisvolgeva nell’anima del Cristo si svolgeva nuovamentea sua volta, in certo qual modo, come in un’immagineriflessa, come in una specie di riverbero, nelle anime deidiscepoli, ma scissa in dodici parti; di guisa che ognunodei dodici sperimentava, come per immagine riflessa,una parte di ciò che si verificava nell’anima del CristoGesù; ma ognuno dei dodici sperimentava qualcosa didiverso. Ciò che si verificava nell’anima del CristoGesù si svolgeva come una grande armonia, come unagrande sinfonia, e si rifletteva nell’anima di ognuno deidodici a un dipresso come ciò che un singolo strumentopuò dare fra dodici strumenti diversi. Ogni evento, per-ciò, che si riferisce in special modo a uno o a varii di-scepoli si può descrivere sotto due aspetti. Si può descri-vere come quel determinato evento si esplica nell’animadel Cristo; prendiamo per esempio ciò che ieri è statoesposto come il grande monologo storico mondiale delCristo Gesù; se lo si può descrivere come in essa si è

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che fu liberato dal corpo fisico di Giovanni Battista,operava come una specie di Anima collettiva dei disce-poli, va tenuto in special modo conto in uno studio sif-fatto. Ciò che allora si è verificato non si è svolto soltan-to in guisa, da potere essere raccontato semplicementein modo esteriore, sibbene si è svolto in un modo moltopiù complicato. Si trattava, per così dire, di un profondoreciproco rapporto interiore fra l’anima del Cristo el’anima dei Dodici. I processi che si svolgevanonell’anima del Cristo, erano, per quei tempi, tutti pro-cessi importanti, ricchi, svariati. Ma tutto ciò che sisvolgeva nell’anima del Cristo si svolgeva nuovamentea sua volta, in certo qual modo, come in un’immagineriflessa, come in una specie di riverbero, nelle anime deidiscepoli, ma scissa in dodici parti; di guisa che ognunodei dodici sperimentava, come per immagine riflessa,una parte di ciò che si verificava nell’anima del CristoGesù; ma ognuno dei dodici sperimentava qualcosa didiverso. Ciò che si verificava nell’anima del CristoGesù si svolgeva come una grande armonia, come unagrande sinfonia, e si rifletteva nell’anima di ognuno deidodici a un dipresso come ciò che un singolo strumentopuò dare fra dodici strumenti diversi. Ogni evento, per-ciò, che si riferisce in special modo a uno o a varii di-scepoli si può descrivere sotto due aspetti. Si può descri-vere come quel determinato evento si esplica nell’animadel Cristo; prendiamo per esempio ciò che ieri è statoesposto come il grande monologo storico mondiale delCristo Gesù; se lo si può descrivere come in essa si è

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svolto, come in essa veniva sperimentato, esso ci si pa-lesa proprio come ieri è stato descritto. Ma, in certo qualmodo quell’evento, come immagine riflessa, si svolgeanche nell’anima di Pietro. La medesima esperienza ani-mica si svolge in Pietro, ma in modo, che mentre in luiessa abbraccia l’intiera sua natura umana, nel Cristo, in-vece, si svolge in guisa da corrispondere a un dodicesi-mo dell’insieme dell’umanità, a un dodicesimo, o a unsegno zodiacale del complessivo Spirito del Cristo. Losi deve perciò descrivere in altro modo, quando si de-scrive nei riguardi del Cristo Gesù stesso. E così difattisi deve esporre, quando lo si descrive nel senso del Van-gelo di Marco; perchè in questo Vangelo vengono de-scritti i fatti di maggior rilievo, e viene descritto in spe-cial modo ciò che si è svolto nell’anima del Cristo Gesùstesso. Nel Vangelo di Matteo, invece, viene descrittociò che si riferisce piuttosto all’anima di Pietro, e ciòche il Cristo Gesù può contribuire per la spiegazione diquello che si svolge nell’anima di Pietro. Leggete atten-tamente il Vangelo di Matteo e vi accorgerete, che inquel Vangelo la descrizione, con parole appositamenteaggiuntevi, si riferisce all’aspetto di Pietro. Perchè difat-ti vengono in quella aggiunte le parole: «Beato sei, tu,Simone Bar-Jona, perchè non la carne e il sangue te loha rivelato, ma il Padre mio che è nei Cieli». Insomma,qualcosa che è stato sentito dall’anima del Cristo Gesù,viene sentito anche dall’anima di Pietro. Ma quandol’anima di Pietro sente che il Cristo è il suo Maestro, ciòva interpretato nel senso, che Pietro viene inalzato per

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svolto, come in essa veniva sperimentato, esso ci si pa-lesa proprio come ieri è stato descritto. Ma, in certo qualmodo quell’evento, come immagine riflessa, si svolgeanche nell’anima di Pietro. La medesima esperienza ani-mica si svolge in Pietro, ma in modo, che mentre in luiessa abbraccia l’intiera sua natura umana, nel Cristo, in-vece, si svolge in guisa da corrispondere a un dodicesi-mo dell’insieme dell’umanità, a un dodicesimo, o a unsegno zodiacale del complessivo Spirito del Cristo. Losi deve perciò descrivere in altro modo, quando si de-scrive nei riguardi del Cristo Gesù stesso. E così difattisi deve esporre, quando lo si descrive nel senso del Van-gelo di Marco; perchè in questo Vangelo vengono de-scritti i fatti di maggior rilievo, e viene descritto in spe-cial modo ciò che si è svolto nell’anima del Cristo Gesùstesso. Nel Vangelo di Matteo, invece, viene descrittociò che si riferisce piuttosto all’anima di Pietro, e ciòche il Cristo Gesù può contribuire per la spiegazione diquello che si svolge nell’anima di Pietro. Leggete atten-tamente il Vangelo di Matteo e vi accorgerete, che inquel Vangelo la descrizione, con parole appositamenteaggiuntevi, si riferisce all’aspetto di Pietro. Perchè difat-ti vengono in quella aggiunte le parole: «Beato sei, tu,Simone Bar-Jona, perchè non la carne e il sangue te loha rivelato, ma il Padre mio che è nei Cieli». Insomma,qualcosa che è stato sentito dall’anima del Cristo Gesù,viene sentito anche dall’anima di Pietro. Ma quandol’anima di Pietro sente che il Cristo è il suo Maestro, ciòva interpretato nel senso, che Pietro viene inalzato per

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un momento allo sperimentare nell’Io superiore, vienesoggiogato da ciò che in tal modo sperimenta, e dopo,per così dire, ricade nuovamente indietro. Ma nondime-no gli fu possibile di penetrare fino alla conoscenza, chesi svolgeva con altro intento, con altra mèta nell’animadel Cristo. E perchè egli ha avuto questa capacità, si ve-rifica la trasmissione del potere delle Chiavi di cui è pa-rola nel Vangelo di Matteo, e di cui pure è stato parlatonella spiegazione di quel Vangelo. A sua volta nel Van-gelo di Marco abbiamo rilevato fortemente e unicamen-te quelle parole, che dimostrano, che l’evento – astra-zion fatta da ciò che era in Pietro – si svolgeva al con-tempo, parallelamente, come Monologo di Dio.

Così vanno comprese queste cose. Allora però si sen-te pure il vero modo come il Cristo Gesù procedeva coni suoi; come li conduce di gradino in gradino, e comedopo che lo spirito di Elia-Giovanni si è trasferito sopradi loro, Egli può condurli più oltre nella comprensionedei segreti spirituali, di quanto prima non potesse. E al-lora soltanto si sente l’importanza del fatto, che al passodel Vangelo di cui abbiamo parlato alla fine dell’ultimaconferenza e che abbiamo chiamato il Monologo delDio, sta unita la cosiddetta scena della Trasfigurazione oTrasformazione. Questa a sua volta è una composizionedrammatica del Vangelo di Marco. Per lumeggiare que-sta «Trasfigurazione» dobbiamo accennare ad alcuniparticolari, che si riconnettono a molte altre notizie ne-cessarie per la comprensione delle descrizioni nei Van-geli. E cominciamo col seguente.

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un momento allo sperimentare nell’Io superiore, vienesoggiogato da ciò che in tal modo sperimenta, e dopo,per così dire, ricade nuovamente indietro. Ma nondime-no gli fu possibile di penetrare fino alla conoscenza, chesi svolgeva con altro intento, con altra mèta nell’animadel Cristo. E perchè egli ha avuto questa capacità, si ve-rifica la trasmissione del potere delle Chiavi di cui è pa-rola nel Vangelo di Matteo, e di cui pure è stato parlatonella spiegazione di quel Vangelo. A sua volta nel Van-gelo di Marco abbiamo rilevato fortemente e unicamen-te quelle parole, che dimostrano, che l’evento – astra-zion fatta da ciò che era in Pietro – si svolgeva al con-tempo, parallelamente, come Monologo di Dio.

Così vanno comprese queste cose. Allora però si sen-te pure il vero modo come il Cristo Gesù procedeva coni suoi; come li conduce di gradino in gradino, e comedopo che lo spirito di Elia-Giovanni si è trasferito sopradi loro, Egli può condurli più oltre nella comprensionedei segreti spirituali, di quanto prima non potesse. E al-lora soltanto si sente l’importanza del fatto, che al passodel Vangelo di cui abbiamo parlato alla fine dell’ultimaconferenza e che abbiamo chiamato il Monologo delDio, sta unita la cosiddetta scena della Trasfigurazione oTrasformazione. Questa a sua volta è una composizionedrammatica del Vangelo di Marco. Per lumeggiare que-sta «Trasfigurazione» dobbiamo accennare ad alcuniparticolari, che si riconnettono a molte altre notizie ne-cessarie per la comprensione delle descrizioni nei Van-geli. E cominciamo col seguente.

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Potete leggere spesso nel Vangelo di Marco e anchenegli altri Vangeli che il Cristo Gesù dice, che il Figliodell’Uomo dovrà patire molto, essere riprovato dai se-niori e da’ principi dei sacerdoti, ed essere ucciso per ri-suscitare tre giorni dopo. Ovunque troverete indicatochiaramente, fino a un determinato punto, che gli Apo-stoli non possono comprendere dapprima questo mododi dire, del Figlio dell’Uomo sofferente, morente e risu-scitato; essi incontrano appunto difficoltà a comprende-re questo passo. Perchè ci si presenta questo fatto pecu-liare? Perchè sorgono per gli apostoli delle difficoltàproprio riguardo alla comprensione dell’effettivo Miste-ro del Golgotha? Che cosa è dunque questo «Misterodel Golgotha?» Già lo abbiamo spiegato; altro non è cheil trarre fuori l’iniziazione dalle profondità dei Misteri eporla sul piano della storia del mondo. Naturalmente viè una differenza molto importante fra ogni qualsiasi ini-ziazione e il Mistero del Golgotha. La differenza è la se-guente.

Chi era stato iniziato nei Misteri dei varii popoli ave-va, in certo qual modo, attraversato le medesime espe-rienze, aveva sperimentato il dolore, una morte «appa-rente» – si potrebbe dire – di tre giorni, in cui il suo spi-rito aveva dimorato al di fuori del suo corpo nei mondispirituali; il suo spirito era stato poi ricondotto nel pro-prio corpo, di guisa che lo spirito si poteva ricordare, nelcorpo, di ciò che aveva sperimentato nel mondo spiri-tuale e diventare un messaggero dei misteri di esso. Sipuò dunque dire: un andare alla morte, non già proprio

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Potete leggere spesso nel Vangelo di Marco e anchenegli altri Vangeli che il Cristo Gesù dice, che il Figliodell’Uomo dovrà patire molto, essere riprovato dai se-niori e da’ principi dei sacerdoti, ed essere ucciso per ri-suscitare tre giorni dopo. Ovunque troverete indicatochiaramente, fino a un determinato punto, che gli Apo-stoli non possono comprendere dapprima questo mododi dire, del Figlio dell’Uomo sofferente, morente e risu-scitato; essi incontrano appunto difficoltà a comprende-re questo passo. Perchè ci si presenta questo fatto pecu-liare? Perchè sorgono per gli apostoli delle difficoltàproprio riguardo alla comprensione dell’effettivo Miste-ro del Golgotha? Che cosa è dunque questo «Misterodel Golgotha?» Già lo abbiamo spiegato; altro non è cheil trarre fuori l’iniziazione dalle profondità dei Misteri eporla sul piano della storia del mondo. Naturalmente viè una differenza molto importante fra ogni qualsiasi ini-ziazione e il Mistero del Golgotha. La differenza è la se-guente.

Chi era stato iniziato nei Misteri dei varii popoli ave-va, in certo qual modo, attraversato le medesime espe-rienze, aveva sperimentato il dolore, una morte «appa-rente» – si potrebbe dire – di tre giorni, in cui il suo spi-rito aveva dimorato al di fuori del suo corpo nei mondispirituali; il suo spirito era stato poi ricondotto nel pro-prio corpo, di guisa che lo spirito si poteva ricordare, nelcorpo, di ciò che aveva sperimentato nel mondo spiri-tuale e diventare un messaggero dei misteri di esso. Sipuò dunque dire: un andare alla morte, non già proprio

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alla morte che distacca lo spirito completamente dal cor-po fisico, ma a un distacco soltanto temporaneo, questoè l’iniziazione; un dimorare al di fuori del corpo e un ri-tornare nel corpo fisico – diventando in tal modo unmessaggero dei segreti divini, questa è l’Iniziazione.Essa si effettuava dopo un’accurata preparazione, dopoche il paziente si trovava in condizione di aver densifi-cato le forze dell’anima in sè stesso a tal punto, da potervivere in questi tre giorni e mezzo senza servirsi deglistrumenti del suo corpo fisico. Dopo però questi tregiorni e mezzo, egli doveva tornare a riunirsi al propriocorpo fisico. Sicchè, per così dire, per mezzo dell’ascesain un mondo superiore – a prescindere dagli eventi stori-ci abituali – egli aveva attraversato queste esperienze.

Il Mistero del Golgotha è stato diverso nella sua es-senza interiore, ma analogo nell’apparenza esteriore. Glieventi che si sono svolti durante la dimora del Cristo nelcorpo di Gesù di Nazareth condussero al punto, che or-mai effettivamente la morte fisica si verificò per il corpofisico del Gesù di Nazareth, lo spirito del Cristo dimoròi tre giorni al di fuori del corpo fisico, ma poi ritornò – eormai non nel corpo fisico, sibbene nel corpo etericodensificato, e densificato in modo, che i discepoli lo po-terono vedere, come vien raccontato nei Vangeli, di gui-sa che il Cristo poteva andare in giro e poteva diventarevisibile anche dopo l’evento del Golgotha. In tal mododunque l’iniziazione veniva presentata come un eventostorico, mentre di solito rimaneva sottratta alla vistaesteriore e si compiva nelle profondità dei Misteri; essa

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alla morte che distacca lo spirito completamente dal cor-po fisico, ma a un distacco soltanto temporaneo, questoè l’iniziazione; un dimorare al di fuori del corpo e un ri-tornare nel corpo fisico – diventando in tal modo unmessaggero dei segreti divini, questa è l’Iniziazione.Essa si effettuava dopo un’accurata preparazione, dopoche il paziente si trovava in condizione di aver densifi-cato le forze dell’anima in sè stesso a tal punto, da potervivere in questi tre giorni e mezzo senza servirsi deglistrumenti del suo corpo fisico. Dopo però questi tregiorni e mezzo, egli doveva tornare a riunirsi al propriocorpo fisico. Sicchè, per così dire, per mezzo dell’ascesain un mondo superiore – a prescindere dagli eventi stori-ci abituali – egli aveva attraversato queste esperienze.

Il Mistero del Golgotha è stato diverso nella sua es-senza interiore, ma analogo nell’apparenza esteriore. Glieventi che si sono svolti durante la dimora del Cristo nelcorpo di Gesù di Nazareth condussero al punto, che or-mai effettivamente la morte fisica si verificò per il corpofisico del Gesù di Nazareth, lo spirito del Cristo dimoròi tre giorni al di fuori del corpo fisico, ma poi ritornò – eormai non nel corpo fisico, sibbene nel corpo etericodensificato, e densificato in modo, che i discepoli lo po-terono vedere, come vien raccontato nei Vangeli, di gui-sa che il Cristo poteva andare in giro e poteva diventarevisibile anche dopo l’evento del Golgotha. In tal mododunque l’iniziazione veniva presentata come un eventostorico, mentre di solito rimaneva sottratta alla vistaesteriore e si compiva nelle profondità dei Misteri; essa

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veniva esposta come unicissimo evento dinanzi all’intie-ra umanità. Così l’iniziazione veniva, in certo qualmodo, tratta fuori dai Misteri ed effettuata per mezzodel Cristo dinanzi agli occhi di tutti. Ma questo fatto ap-punto segna la fine dell’antico mondo ed è il principiodel tempo nuovo.

Dalla descrizione data dei Profeti avrete visto, che lospirito del profetismo, e ciò che per mezzo di questospirito è stato dato al popolo ebreo antico, era diversodallo spirito dell’iniziazione degli altri popoli. Gli altripopoli avevano delle Guide, che erano degl’iniziati, eche avevano ricevuto l’iniziazione nel modo che sopra èstato descritto. Così non era per il popolo ebreo antico.Per questo popolo non era quistione di iniziazioni, comeper gli altri popoli; sibbene, come già è stato detto, di unemergere elementare dello spirito nei corpi di coloro,che sorgevano come «Profeti»; di qualcosa che si affac-cia come «Genio della Spiritualità». E perchè così possaessere, vediamo che nei Profeti medii si presentano nelpopolo ebreo antico quelle anime, che erano statedegl’iniziati nelle loro precedenti incarnazioni presso al-tri popoli, affinchè ciò che dànno al popolo ebreo antico,possa essere da esse sperimentato come un ricordo diquello che hanno ricevuto nell’iniziazione. Così loschiudersi della vita spirituale fu diverso nel popolodell’Antico Testamento, di quel che non fosse negli altripopoli; in questi ultimi si verificava per mezzodell’azione, per mezzo dell’iniziazione; nel popolodell’Antico Testamento veniva per mezzo delle doti che

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veniva esposta come unicissimo evento dinanzi all’intie-ra umanità. Così l’iniziazione veniva, in certo qualmodo, tratta fuori dai Misteri ed effettuata per mezzodel Cristo dinanzi agli occhi di tutti. Ma questo fatto ap-punto segna la fine dell’antico mondo ed è il principiodel tempo nuovo.

Dalla descrizione data dei Profeti avrete visto, che lospirito del profetismo, e ciò che per mezzo di questospirito è stato dato al popolo ebreo antico, era diversodallo spirito dell’iniziazione degli altri popoli. Gli altripopoli avevano delle Guide, che erano degl’iniziati, eche avevano ricevuto l’iniziazione nel modo che sopra èstato descritto. Così non era per il popolo ebreo antico.Per questo popolo non era quistione di iniziazioni, comeper gli altri popoli; sibbene, come già è stato detto, di unemergere elementare dello spirito nei corpi di coloro,che sorgevano come «Profeti»; di qualcosa che si affac-cia come «Genio della Spiritualità». E perchè così possaessere, vediamo che nei Profeti medii si presentano nelpopolo ebreo antico quelle anime, che erano statedegl’iniziati nelle loro precedenti incarnazioni presso al-tri popoli, affinchè ciò che dànno al popolo ebreo antico,possa essere da esse sperimentato come un ricordo diquello che hanno ricevuto nell’iniziazione. Così loschiudersi della vita spirituale fu diverso nel popolodell’Antico Testamento, di quel che non fosse negli altripopoli; in questi ultimi si verificava per mezzodell’azione, per mezzo dell’iniziazione; nel popolodell’Antico Testamento veniva per mezzo delle doti che

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si trovavano inoculate in coloro, i quali operavano ap-punto come Profeti nel popolo. Per mezzo di quest’azio-ne dei suoi Profeti il popolo ebreo antico venne prepara-to a sperimentare quella peculiare unicissima iniziazio-ne, che non è ormai più l’iniziazione di un uomo, ma èl’iniziazione di un’Individualità cosmica, – se pure in talcaso si possa ancora parlare di iniziazione, perchè effet-tivamente il termine non sarebbe più esatto. Con talemezzo il popolo ebreo antico venne preparato ad acco-gliere ciò che doveva subentrare al posto dell’antica ini-ziazione; e cioè, il modo giusto di guardare il Misterodel Golgotha. Ma da tale mezzo risultò pure, che gliapostoli appartenenti al popolo dell’Antico Testamentonon potevano dapprima affatto comprendere le paroleche caratterizzano l’iniziazione. Il Cristo Gesù parladell’iniziazione e si esprime dicendo: affrettarsi verso lamorte, rimanere tre giorni nella tomba, e poi essere risu-scitati. Questa è la descrizione dell’iniziazione. Se Egliavesse dato questa descrizione dell’iniziazione ai suoidiscepoli in modo diverso, essi lo avrebbero compreso;ma siccome questo modo di parlare non era familiare alpopolo dell’Antico Testamento, i Dodici non comprese-ro a tutta prima quel genere di descrizione. Giustamentedunque ci viene indicato, come gli Apostoli siano sor-presi e non sappiano di che Egli parli, quando Egli narradel patire, del morire e del Risorgere del Figliodell’Uomo. – Tali cose concordano dunque completa-mente col senso della descrizione storica e dello spiritodi ciò che è successo. Quando l’antico iniziato speri-

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si trovavano inoculate in coloro, i quali operavano ap-punto come Profeti nel popolo. Per mezzo di quest’azio-ne dei suoi Profeti il popolo ebreo antico venne prepara-to a sperimentare quella peculiare unicissima iniziazio-ne, che non è ormai più l’iniziazione di un uomo, ma èl’iniziazione di un’Individualità cosmica, – se pure in talcaso si possa ancora parlare di iniziazione, perchè effet-tivamente il termine non sarebbe più esatto. Con talemezzo il popolo ebreo antico venne preparato ad acco-gliere ciò che doveva subentrare al posto dell’antica ini-ziazione; e cioè, il modo giusto di guardare il Misterodel Golgotha. Ma da tale mezzo risultò pure, che gliapostoli appartenenti al popolo dell’Antico Testamentonon potevano dapprima affatto comprendere le paroleche caratterizzano l’iniziazione. Il Cristo Gesù parladell’iniziazione e si esprime dicendo: affrettarsi verso lamorte, rimanere tre giorni nella tomba, e poi essere risu-scitati. Questa è la descrizione dell’iniziazione. Se Egliavesse dato questa descrizione dell’iniziazione ai suoidiscepoli in modo diverso, essi lo avrebbero compreso;ma siccome questo modo di parlare non era familiare alpopolo dell’Antico Testamento, i Dodici non comprese-ro a tutta prima quel genere di descrizione. Giustamentedunque ci viene indicato, come gli Apostoli siano sor-presi e non sappiano di che Egli parli, quando Egli narradel patire, del morire e del Risorgere del Figliodell’Uomo. – Tali cose concordano dunque completa-mente col senso della descrizione storica e dello spiritodi ciò che è successo. Quando l’antico iniziato speri-

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mentava la sua iniziazione, succedeva, che mentre sitratteneva al di fuori del proprio corpo, egli dimorava inun mondo superiore, non stava nel mondo dell’esistenzasensibile ordinaria. Egli si trovava unito al di fuori delcorpo – si potrebbe dire – con i fatti di un piano superio-re. Quando egli ritornava nuovamente nel proprio corpo,che cosa ne era di ciò che aveva sperimentato nel mon-do spirituale mentre era libero dal proprio corpo? Ne ri-maneva un ricordo. Egli doveva parlare in modo, da po-ter dire: «mi ricordo, come di solito ci si ricorda di ciòche si è sperimentato uno o due giorni prima, delle mieesperienze in una condizione incorporea». Ed egli nepoteva testimoniare. Essenzialmente non si trattava pergl’iniziati che di questo; essi portavano nella loro animai segreti dei mondi spirituali così come l’anima umanaporta in sè come ricordo le esperienze del passato. Ecome l’anima è unita con ciò che essa conserva come ri-cordo, così pure gl’Iniziati portavano in sè i segreti deimondi spirituali, erano a quelli uniti.

Perchè era così? Era così perchè fino all’epoca delMistero del Golgotha le anime degli uomini sulla Terranon erano in genere atti a lasciar penetrare i Regni deiCieli, i mondi supersensibili nell’Io. Esse non potevanoarrivare fino al vero Io, non potevano unirsi con l’Io.Soltanto quando l’uomo trascendeva sè stesso intuitiva-mente o per mezzo della chiaroveggenza, come succe-deva negli antichi tempi; o pure si sognava al di fuori disè stesso, o anche veramente usciva dall’Io per mezzodell’iniziazione, allora soltanto, egli poteva penetrare

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mentava la sua iniziazione, succedeva, che mentre sitratteneva al di fuori del proprio corpo, egli dimorava inun mondo superiore, non stava nel mondo dell’esistenzasensibile ordinaria. Egli si trovava unito al di fuori delcorpo – si potrebbe dire – con i fatti di un piano superio-re. Quando egli ritornava nuovamente nel proprio corpo,che cosa ne era di ciò che aveva sperimentato nel mon-do spirituale mentre era libero dal proprio corpo? Ne ri-maneva un ricordo. Egli doveva parlare in modo, da po-ter dire: «mi ricordo, come di solito ci si ricorda di ciòche si è sperimentato uno o due giorni prima, delle mieesperienze in una condizione incorporea». Ed egli nepoteva testimoniare. Essenzialmente non si trattava pergl’iniziati che di questo; essi portavano nella loro animai segreti dei mondi spirituali così come l’anima umanaporta in sè come ricordo le esperienze del passato. Ecome l’anima è unita con ciò che essa conserva come ri-cordo, così pure gl’Iniziati portavano in sè i segreti deimondi spirituali, erano a quelli uniti.

Perchè era così? Era così perchè fino all’epoca delMistero del Golgotha le anime degli uomini sulla Terranon erano in genere atti a lasciar penetrare i Regni deiCieli, i mondi supersensibili nell’Io. Esse non potevanoarrivare fino al vero Io, non potevano unirsi con l’Io.Soltanto quando l’uomo trascendeva sè stesso intuitiva-mente o per mezzo della chiaroveggenza, come succe-deva negli antichi tempi; o pure si sognava al di fuori disè stesso, o anche veramente usciva dall’Io per mezzodell’iniziazione, allora soltanto, egli poteva penetrare

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nei mondi supersensibili. Ma dentro all’Io non vi eranessuna comprensione, non vi era nessun intendimentoper i mondi superiori. Così era una volta. Con tutte leforze che appartengono all’Io, l’uomo, prima del Miste-ro del Golgotha, non poteva unirsi con i mondi spiritua-li.

Questo era il segreto che doveva diventare palese agliuomini per mezzo del battesimo di Giovanni, cioè, cheormai era giunto il tempo, in cui i Regni dei Cieli dove-vano risplendere fin dentro nell’Io, essi dovevano arri-vare fino all’Io, fino all’Io terreno. Veramente sempreera stato con insistenza accennato, attraverso a tutte leepoche, che effettivamente, negli antichi tempi, ciò chel’uomo poteva sperimentare, come elemento animicoproprio, non poteva salire nei mondi supersensibili. Viera come una disarmonia, negli antichi tempi, fra lo spe-rimentare della vera patria umana, il mondo spirituale, eciò che – se si vuol indicare anche l’antico elementoanimico come «Io» – si svolgeva nell’interiorità umana.Questa interiorità umana era separata dal mondo spiri-tuale; si poteva unire con quel mondo soltanto in condi-zioni eccezionali. E se tutta la forza di ciò che dovevadivenire poi l’«Io», di ciò che doveva poi dimorarenell’uomo, se tutta la forza, tutti gl’impulsi di questo Ioriempivano nondimeno una volta gli uomini – per esem-pio – per mezzo dell’iniziazione o per mezzo del ricordodi una precedente iniziazione sperimentata in altra in-carnazione, – se dunque allora quell’Io, non ancora de-stinato per la corporeità umana, penetrava dentro con

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nei mondi supersensibili. Ma dentro all’Io non vi eranessuna comprensione, non vi era nessun intendimentoper i mondi superiori. Così era una volta. Con tutte leforze che appartengono all’Io, l’uomo, prima del Miste-ro del Golgotha, non poteva unirsi con i mondi spiritua-li.

Questo era il segreto che doveva diventare palese agliuomini per mezzo del battesimo di Giovanni, cioè, cheormai era giunto il tempo, in cui i Regni dei Cieli dove-vano risplendere fin dentro nell’Io, essi dovevano arri-vare fino all’Io, fino all’Io terreno. Veramente sempreera stato con insistenza accennato, attraverso a tutte leepoche, che effettivamente, negli antichi tempi, ciò chel’uomo poteva sperimentare, come elemento animicoproprio, non poteva salire nei mondi supersensibili. Viera come una disarmonia, negli antichi tempi, fra lo spe-rimentare della vera patria umana, il mondo spirituale, eciò che – se si vuol indicare anche l’antico elementoanimico come «Io» – si svolgeva nell’interiorità umana.Questa interiorità umana era separata dal mondo spiri-tuale; si poteva unire con quel mondo soltanto in condi-zioni eccezionali. E se tutta la forza di ciò che dovevadivenire poi l’«Io», di ciò che doveva poi dimorarenell’uomo, se tutta la forza, tutti gl’impulsi di questo Ioriempivano nondimeno una volta gli uomini – per esem-pio – per mezzo dell’iniziazione o per mezzo del ricordodi una precedente iniziazione sperimentata in altra in-carnazione, – se dunque allora quell’Io, non ancora de-stinato per la corporeità umana, penetrava dentro con

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violenza, si spingeva dentro come forza nella corporeitàumana, che cosa succedeva allora? A quello che allorasuccedeva, si è sempre accennato. Quella forza dell’Ioche oltrepassa la corporeità umana non trova, nei tempiprecristiani, per così dire, posto giusto nell’Io, essaspezza ciò che è destinato all’Io. Quegli uomini, perciò,che portano molto in sè dei mondi supersensibili, chedei mondi supersensibili portano in sè qualcosa, che giànei tempi precristiani ricorda, in certo qual modo, quelloche l’Io più tardi dovrà diventare, schiantano con questaForza dell’Io la loro corporeità, perchè nell’epoca pre-cristiana questa Forza-Io è troppo forte. E a questo vieneaccennato, per esempio, per delle determinate individua-lità che hanno nella loro incarnazione questa forzadell’Io; questo Io appunto può dimorare in loro soltantoin quanto il loro corpo, in un modo qualsiasi, sia vulne-rato o vulnerabile, o abbia un qualsiasi punto legger-mente vulnerabile, che allora viene appunto vulnerato.In quel punto, per qualcosa che l’uomo ha in sè, egli èmaggiormente esposto all’ambiente, di quello che nonsia nel rimanente della sua corporeità. Basta ricordarsidella vulnerabilità del tallone di Achille, della vulnera-bilità di Sigfrido, di Edipo, in cui la forza dell’Io spezzala corporeità. La presenza in tali casi della vulnerabilità,ci indica che soltanto un corpo spezzato è adatto allagrandezza dell’Io, alla forza sovrumana dell’Io che vista dentro.

Ciò che effettivamente dovrà essere detto a tal riguar-do, potrà forse riuscirci più chiaro, se espresso in modo

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violenza, si spingeva dentro come forza nella corporeitàumana, che cosa succedeva allora? A quello che allorasuccedeva, si è sempre accennato. Quella forza dell’Ioche oltrepassa la corporeità umana non trova, nei tempiprecristiani, per così dire, posto giusto nell’Io, essaspezza ciò che è destinato all’Io. Quegli uomini, perciò,che portano molto in sè dei mondi supersensibili, chedei mondi supersensibili portano in sè qualcosa, che giànei tempi precristiani ricorda, in certo qual modo, quelloche l’Io più tardi dovrà diventare, schiantano con questaForza dell’Io la loro corporeità, perchè nell’epoca pre-cristiana questa Forza-Io è troppo forte. E a questo vieneaccennato, per esempio, per delle determinate individua-lità che hanno nella loro incarnazione questa forzadell’Io; questo Io appunto può dimorare in loro soltantoin quanto il loro corpo, in un modo qualsiasi, sia vulne-rato o vulnerabile, o abbia un qualsiasi punto legger-mente vulnerabile, che allora viene appunto vulnerato.In quel punto, per qualcosa che l’uomo ha in sè, egli èmaggiormente esposto all’ambiente, di quello che nonsia nel rimanente della sua corporeità. Basta ricordarsidella vulnerabilità del tallone di Achille, della vulnera-bilità di Sigfrido, di Edipo, in cui la forza dell’Io spezzala corporeità. La presenza in tali casi della vulnerabilità,ci indica che soltanto un corpo spezzato è adatto allagrandezza dell’Io, alla forza sovrumana dell’Io che vista dentro.

Ciò che effettivamente dovrà essere detto a tal riguar-do, potrà forse riuscirci più chiaro, se espresso in modo

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diverso. Supponiamo che un uomo qualsiasi, nell’epocaprecristiana, fosse stato (sia pure incoscientemente)riempito di tutti gl’impulsi, di tutte le forze che doveva-no penetrare più tardi nell’Io, e che egli con questa – sipuò dire – superforza dell’Io – con questa forza sovru-mana, si fosse immerso nel proprio corpo; egli avrebbespezzato questo corpo, e non lo avrebbe più veduto cosìcome esso è, quando l’Io debole, o l’interiorità debole,vi sta dentro. Lo avrebbe veduto diversamente, l’uomodegli antichi tempi, che avesse avuto in sè tutta la forzadell’Io, di guisa da essere potuto uscire dal proprio cor-po, avrebbe veduto quest’ultimo quale esso è, cioè,come un corpo infranto, sotto l’influenza del Super-Io;lo avrebbe veduto con innumerevoli ferite, perchè sol-tanto l’Io debole – o l’interiorità debole – che compene-trava negli antichi tempi il corpo debolmente, poteva ri-manere in esso corpo completamente.

Ciò che ora ho detto è stato espresso dai Profeti. Essia un dipresso hanno detto quanto segue: l’uomo che riu-nisce in sè tutta la forza dell’egoità, e vede di fronte a sèil corpo umano, vede questo corpo trafitto, ferito, perfo-rato. Perchè la forza superiore dell’Io, che negli antichitempi ancora non poteva dimorare nell’interiorità uma-na, perfora, compenetra, trafigge il corpo. È un impulsoche scorre perciò attraverso l’evoluzione, attraverso losviluppo dell’umanità, ma per causa delle influenze lu-ciferiche e arimaniche non poteva venir dato all’uomonei tempi precristiani che una minima parte del suo Io,di ciò che l’intiero Io abbraccia. E poichè il corpo non è

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diverso. Supponiamo che un uomo qualsiasi, nell’epocaprecristiana, fosse stato (sia pure incoscientemente)riempito di tutti gl’impulsi, di tutte le forze che doveva-no penetrare più tardi nell’Io, e che egli con questa – sipuò dire – superforza dell’Io – con questa forza sovru-mana, si fosse immerso nel proprio corpo; egli avrebbespezzato questo corpo, e non lo avrebbe più veduto cosìcome esso è, quando l’Io debole, o l’interiorità debole,vi sta dentro. Lo avrebbe veduto diversamente, l’uomodegli antichi tempi, che avesse avuto in sè tutta la forzadell’Io, di guisa da essere potuto uscire dal proprio cor-po, avrebbe veduto quest’ultimo quale esso è, cioè,come un corpo infranto, sotto l’influenza del Super-Io;lo avrebbe veduto con innumerevoli ferite, perchè sol-tanto l’Io debole – o l’interiorità debole – che compene-trava negli antichi tempi il corpo debolmente, poteva ri-manere in esso corpo completamente.

Ciò che ora ho detto è stato espresso dai Profeti. Essia un dipresso hanno detto quanto segue: l’uomo che riu-nisce in sè tutta la forza dell’egoità, e vede di fronte a sèil corpo umano, vede questo corpo trafitto, ferito, perfo-rato. Perchè la forza superiore dell’Io, che negli antichitempi ancora non poteva dimorare nell’interiorità uma-na, perfora, compenetra, trafigge il corpo. È un impulsoche scorre perciò attraverso l’evoluzione, attraverso losviluppo dell’umanità, ma per causa delle influenze lu-ciferiche e arimaniche non poteva venir dato all’uomonei tempi precristiani che una minima parte del suo Io,di ciò che l’intiero Io abbraccia. E poichè il corpo non è

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adatto che per questa quantità minima, e non per l’intie-ra forza dell’Io, esso non può resistere. E non perchè ilfatto si sia verificato nell’epoca precristiana, ma perchècon il Cristo Gesù l’intiero Io è penetrato ad un trattonella corporeità, perchè l’Io in quel momento vi è pene-trato con massima forza, fu necessario che questa corpo-reità si vedesse non soltanto con una ferita – come èsuccesso a tante individualità dell’umanità, che portava-no in sè un Super-Io – sibbene con cinque ferite, chesono appunto necessarie per causa del protendersidell’Entità-Cristo – cioè del completo Io dell’uomo –che si protende oltre la forma della corporeità, al di fuo-ri della forma confacente alla corporeità stessa. Per cau-sa di questa esuberanza si dovè, sul piano fisico dellastoria mondiale alzare la croce, che portava il corpo delCristo così come diverrebbe il corpo umano, se per unmomento tutta la somma dell’umanità, di cui l’uomo haperduto gran parte per via delle influenze luciferiche earimaniche, dovesse dimorare in un singolo uomo.

Questo è un Mistero profondo che ci presenta laScienza Occulta dall’immagine del Golgotha. E chicomprende ciò che è l’umanità e l’uomo, ciò che è l’Iodella Terra, quale è il rapporto dell’Io della Terra con laforma umana del corpo, con la forma del corpo umano,sa pure, che la penetrazione completa dell’Io della Terranel corpo umano non può verificarsi come quella pene-trazione normale, che si effettua nell’uomo che si aggiraper il mondo; ma quando l’uomo esce dal proprio corpoe guarda sè stesso, può chiedere: «Come dovrebbe esse-

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adatto che per questa quantità minima, e non per l’intie-ra forza dell’Io, esso non può resistere. E non perchè ilfatto si sia verificato nell’epoca precristiana, ma perchècon il Cristo Gesù l’intiero Io è penetrato ad un trattonella corporeità, perchè l’Io in quel momento vi è pene-trato con massima forza, fu necessario che questa corpo-reità si vedesse non soltanto con una ferita – come èsuccesso a tante individualità dell’umanità, che portava-no in sè un Super-Io – sibbene con cinque ferite, chesono appunto necessarie per causa del protendersidell’Entità-Cristo – cioè del completo Io dell’uomo –che si protende oltre la forma della corporeità, al di fuo-ri della forma confacente alla corporeità stessa. Per cau-sa di questa esuberanza si dovè, sul piano fisico dellastoria mondiale alzare la croce, che portava il corpo delCristo così come diverrebbe il corpo umano, se per unmomento tutta la somma dell’umanità, di cui l’uomo haperduto gran parte per via delle influenze luciferiche earimaniche, dovesse dimorare in un singolo uomo.

Questo è un Mistero profondo che ci presenta laScienza Occulta dall’immagine del Golgotha. E chicomprende ciò che è l’umanità e l’uomo, ciò che è l’Iodella Terra, quale è il rapporto dell’Io della Terra con laforma umana del corpo, con la forma del corpo umano,sa pure, che la penetrazione completa dell’Io della Terranel corpo umano non può verificarsi come quella pene-trazione normale, che si effettua nell’uomo che si aggiraper il mondo; ma quando l’uomo esce dal proprio corpoe guarda sè stesso, può chiedere: «Come dovrebbe esse-

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re questo corpo, se l’Io intiero vi penetrasse dentro?» elo vedrebbe con cinque ferite. La figura della croce sulGolgotha col Cristo e le ferite risulta di per sè dalla na-tura umana stessa e dall’entità terrestre. Dall’osserva-zione della natura umana, e da ciò che si può sapere,può risultare il Mistero del Golgotha perfino sotto formadi immagine. Questa è la peculiarità di quel fatto, che viè una possibilità – non soltanto per mezzo della chiaro-veggenza, in cui si palesa naturalmente – di vederecome la croce sul Golgotha venga eretta, come la croci-fissione si compia, e di guardare la verità di quell’even-to storico; ma vi è perfino una possibilità, che per mez-zo del Mistero del Golgotha la ragione umana si possaavvicinare a tal punto a quel Mistero, che se l’intelligen-za si affina e si acuisce sufficientemente, essa si trasfor-ma in immaginazione, in raffigurazioni, che contengonoperò ormai la verità; e per mezzo di queste, se si com-prende ciò che è il Cristo, e il suo rapporto con la formadel corpo umano, la fantasia umana viene guidata inmodo, che l’immagine del Golgotha sorge di per sè stes-sa. Così, per lo più, gli antichissimi pittori cristiani veni-vano guidati; essi non erano sempre dei chiaroveggenti,ma per virtù della forza della conoscenza del Misterodel Golgotha venivano spinti fino alla vista dell’imma-gine del Golgotha, di guisa che la potevano dipingere.Proprio a quel grande punto di svolta dell’evoluzionedell’umanità, dalla chiaroveggenza è venuta all’anima-Io dell’uomo la comprensione per l’entità-Cristo, cioè,per l’Io primordiale dell’uomo. La chiaroveggenza dà

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re questo corpo, se l’Io intiero vi penetrasse dentro?» elo vedrebbe con cinque ferite. La figura della croce sulGolgotha col Cristo e le ferite risulta di per sè dalla na-tura umana stessa e dall’entità terrestre. Dall’osserva-zione della natura umana, e da ciò che si può sapere,può risultare il Mistero del Golgotha perfino sotto formadi immagine. Questa è la peculiarità di quel fatto, che viè una possibilità – non soltanto per mezzo della chiaro-veggenza, in cui si palesa naturalmente – di vederecome la croce sul Golgotha venga eretta, come la croci-fissione si compia, e di guardare la verità di quell’even-to storico; ma vi è perfino una possibilità, che per mez-zo del Mistero del Golgotha la ragione umana si possaavvicinare a tal punto a quel Mistero, che se l’intelligen-za si affina e si acuisce sufficientemente, essa si trasfor-ma in immaginazione, in raffigurazioni, che contengonoperò ormai la verità; e per mezzo di queste, se si com-prende ciò che è il Cristo, e il suo rapporto con la formadel corpo umano, la fantasia umana viene guidata inmodo, che l’immagine del Golgotha sorge di per sè stes-sa. Così, per lo più, gli antichissimi pittori cristiani veni-vano guidati; essi non erano sempre dei chiaroveggenti,ma per virtù della forza della conoscenza del Misterodel Golgotha venivano spinti fino alla vista dell’imma-gine del Golgotha, di guisa che la potevano dipingere.Proprio a quel grande punto di svolta dell’evoluzionedell’umanità, dalla chiaroveggenza è venuta all’anima-Io dell’uomo la comprensione per l’entità-Cristo, cioè,per l’Io primordiale dell’uomo. La chiaroveggenza dà

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all’uomo la possibilità di vedere, al di fuori del corpo, ilMistero del Golgotha.

Per quale ragione?Quando un rapporto col Mistero del Golgotha sia pe-

netrato nel corpo, deve anche oggi essere possibile divedere nei mondi superiori quel Mistero, e di scorgerecosì la completa corroborazione di questo grande puntodi svolta dell’evoluzione dell’Umanità. Ma è possibileanche una comprensione di questo Mistero del Golgo-tha, e le parole che appunto ho detto hanno dovuto dareuna possibilità per questa comprensione. Veramente bi-sogna meditare lungamente, bisogna riflettere lunga-mente su ciò che è stato detto. E se qualcuno sente, chequello che ora è stato detto è difficile a comprendersi,questo sentimento, veramente, si può dire giustificato;perchè naturalmente è cosa delle più difficili condurrel’anima umana alla completa comprensione di ciò che dipiù grande, di più elevato e di più importante è avvenutosulla Terra. – I discepoli in un determinato modo dove-vano essere condotti a quella comprensione; e fra coloroche alla loro volta dovevano essere portati gradatamentea una nuova comprensione dell’evoluzione dell’umani-tà, risultarono più adatti Pietro, Giacomo e Giovanni. Èbene esaminare sotto varii aspetti l’importante periodoche si è svolto appunto nell’epoca del Mistero del Gol-gotha. Tutte le cognizioni che la comprensione umanapuò apportare possono convergere per far comprendereil fatto di massima importanza che allora si è presentatoe che, maturatosi nei secoli precedenti, si è internato

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all’uomo la possibilità di vedere, al di fuori del corpo, ilMistero del Golgotha.

Per quale ragione?Quando un rapporto col Mistero del Golgotha sia pe-

netrato nel corpo, deve anche oggi essere possibile divedere nei mondi superiori quel Mistero, e di scorgerecosì la completa corroborazione di questo grande puntodi svolta dell’evoluzione dell’Umanità. Ma è possibileanche una comprensione di questo Mistero del Golgo-tha, e le parole che appunto ho detto hanno dovuto dareuna possibilità per questa comprensione. Veramente bi-sogna meditare lungamente, bisogna riflettere lunga-mente su ciò che è stato detto. E se qualcuno sente, chequello che ora è stato detto è difficile a comprendersi,questo sentimento, veramente, si può dire giustificato;perchè naturalmente è cosa delle più difficili condurrel’anima umana alla completa comprensione di ciò che dipiù grande, di più elevato e di più importante è avvenutosulla Terra. – I discepoli in un determinato modo dove-vano essere condotti a quella comprensione; e fra coloroche alla loro volta dovevano essere portati gradatamentea una nuova comprensione dell’evoluzione dell’umani-tà, risultarono più adatti Pietro, Giacomo e Giovanni. Èbene esaminare sotto varii aspetti l’importante periodoche si è svolto appunto nell’epoca del Mistero del Gol-gotha. Tutte le cognizioni che la comprensione umanapuò apportare possono convergere per far comprendereil fatto di massima importanza che allora si è presentatoe che, maturatosi nei secoli precedenti, si è internato

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completamente nell’epoca del Mistero del Golgotha, epoi lentamente è andato preparando e regolando l’ulte-riore evoluzione dell’umanità. Questo fatto si è presen-tato in diversi punti della Terra. Possiamo seguire lecose, non soltanto in Palestina, dove l’evento stesso delGolgotha si è verificato, ma possiamo seguirle, se pro-cediamo in modo giusto, anche in altri punti della Terra,sebbene in questi l’evento del Golgotha non si sia svol-to. Ma il discendere e il risalire dell’umanità, il sollevar-si dell’umanità per mezzo delle influenze del Misterodel Golgotha che si estende sul mondo occidentale, puòda noi essere seguito. E sopratutto possiamo seguire ildiscendere dell’umanità, ed è interessante il modo,come si può seguire questa discesa.

Prendiamo di nuovo il suolo greco, e osserviamo unmezzo millennio prima che l’evento del Golgotha si ef-fettuasse, come gli avvenimenti vi si svolgessero.L’Oriente, dove il Krishna si è presentato, precorreva inun determinato modo i tempi. L’Oriente precorreva, percosì dire, l’epoca del tramonto dell’antica chiaroveggen-za. Vi è qualcosa di peculiare in questa cultura, peresempio, dell’India. Mentre nell’epoca immediatamentepostatlantea è sorta nell’India la prima, grande fioriturapostatlantea di civiltà, e in purissimo modo – per l’ani-ma umana in purissimo modo – gli uomini ancora pote-vano guardare nel mondo spirituale, nondimeno la verachiaroveggenza nell’India già era spenta alla fine dellaterza epoca. La visione chiaroveggente si unì però neiRiscis alla meravigliosa possibilità di descrivere ciò che

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completamente nell’epoca del Mistero del Golgotha, epoi lentamente è andato preparando e regolando l’ulte-riore evoluzione dell’umanità. Questo fatto si è presen-tato in diversi punti della Terra. Possiamo seguire lecose, non soltanto in Palestina, dove l’evento stesso delGolgotha si è verificato, ma possiamo seguirle, se pro-cediamo in modo giusto, anche in altri punti della Terra,sebbene in questi l’evento del Golgotha non si sia svol-to. Ma il discendere e il risalire dell’umanità, il sollevar-si dell’umanità per mezzo delle influenze del Misterodel Golgotha che si estende sul mondo occidentale, puòda noi essere seguito. E sopratutto possiamo seguire ildiscendere dell’umanità, ed è interessante il modo,come si può seguire questa discesa.

Prendiamo di nuovo il suolo greco, e osserviamo unmezzo millennio prima che l’evento del Golgotha si ef-fettuasse, come gli avvenimenti vi si svolgessero.L’Oriente, dove il Krishna si è presentato, precorreva inun determinato modo i tempi. L’Oriente precorreva, percosì dire, l’epoca del tramonto dell’antica chiaroveggen-za. Vi è qualcosa di peculiare in questa cultura, peresempio, dell’India. Mentre nell’epoca immediatamentepostatlantea è sorta nell’India la prima, grande fioriturapostatlantea di civiltà, e in purissimo modo – per l’ani-ma umana in purissimo modo – gli uomini ancora pote-vano guardare nel mondo spirituale, nondimeno la verachiaroveggenza nell’India già era spenta alla fine dellaterza epoca. La visione chiaroveggente si unì però neiRiscis alla meravigliosa possibilità di descrivere ciò che

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era stato visto, di guisa che potè influire sulle epoche se-guenti e poi sparì, ma venne conservata per i tempi se-guenti in rivelazioni importanti, quale è la rivelazione diKrishna. Per mezzo di Krishna, dunque, e dei suoi di-scepoli, i fatti che si potevano vedere venivano tradottiin modo mirabile in parole, e conservati, di guisa che siaveva per iscritto ciò che prima era stato veduto. Nelmondo indiano non si è mai presentato ciò che si è veri-ficato nell’occidente, per esempio, in Grecia. Se osser-viamo bene l’India possiamo dire: l’antica chiaroveg-genza si estingue: perciò con parole mirabili coloro, fra iquali più importanti è Krishna, registrano ciò che unavolta è stato veduto; sicchè ora sta contenuto nella Paro-la, nel Veda; e chi approfondisce la Parola, sperimentanella propria anima l’eco di quelle visioni. Ma nelle ani-me indiane non nasce quello che, per esempio, è nato inSocrate, o in altri filosofi, quello che si può chiamare:«l’intelligenza occidentale, il discernimento occidenta-le». Quello a cui alludiamo essenzialmente oggidì,quando parliamo della forza originale dell’Io, non si èmai presentato in India. Invece, quando l’antica chiaro-veggenza era spenta, si è fatta sentire la tendenza versolo Yoga, verso l’ascesa disciplinata nei mondi, che pervia naturale erano andati perduti. E lo Yoga diventa unachiaroveggenza arteficiosa e, in ultima analisi, al postodell’antica chiaroveggenza subentra subito la filosofiaYoga, senza che fra le due, come per esempio in Grecia,si presenti una filosofia puramente razionale. Nell’Indiaciò non succede, questa fase intermedia non vi si è affat-

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era stato visto, di guisa che potè influire sulle epoche se-guenti e poi sparì, ma venne conservata per i tempi se-guenti in rivelazioni importanti, quale è la rivelazione diKrishna. Per mezzo di Krishna, dunque, e dei suoi di-scepoli, i fatti che si potevano vedere venivano tradottiin modo mirabile in parole, e conservati, di guisa che siaveva per iscritto ciò che prima era stato veduto. Nelmondo indiano non si è mai presentato ciò che si è veri-ficato nell’occidente, per esempio, in Grecia. Se osser-viamo bene l’India possiamo dire: l’antica chiaroveg-genza si estingue: perciò con parole mirabili coloro, fra iquali più importanti è Krishna, registrano ciò che unavolta è stato veduto; sicchè ora sta contenuto nella Paro-la, nel Veda; e chi approfondisce la Parola, sperimentanella propria anima l’eco di quelle visioni. Ma nelle ani-me indiane non nasce quello che, per esempio, è nato inSocrate, o in altri filosofi, quello che si può chiamare:«l’intelligenza occidentale, il discernimento occidenta-le». Quello a cui alludiamo essenzialmente oggidì,quando parliamo della forza originale dell’Io, non si èmai presentato in India. Invece, quando l’antica chiaro-veggenza era spenta, si è fatta sentire la tendenza versolo Yoga, verso l’ascesa disciplinata nei mondi, che pervia naturale erano andati perduti. E lo Yoga diventa unachiaroveggenza arteficiosa e, in ultima analisi, al postodell’antica chiaroveggenza subentra subito la filosofiaYoga, senza che fra le due, come per esempio in Grecia,si presenti una filosofia puramente razionale. Nell’Indiaciò non succede, questa fase intermedia non vi si è affat-

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to espressa. E se prendiamo la filosofia Vedanta di Via-sa, possiamo dire: In essa non sono impresse le conce-zioni occidentali del mondo, pervase di idee, pervase diraziocinio; essa, in certo qual modo, è stata tratta daimondi superiori, ma tradotta in parole umane. Questa èla sua peculiarità: non è acquistata con concetti umani,non è meditata, come l’elemento socratico e platonico, –sibbene è veduta chiaroveggentemente.

È difficile rendersi completamente conto di questecose, ma anche oggi vi è una possibilità di sperimentarequesta differenza. Prendete un libro di filosofia qualsia-si, una descrizione qualsiasi di un sistema filosofico del-la filosofia occidentale. Ciò che oggi si può sul seriochiamare filosofia, generalmente come è stata acquista-ta? Se osservate gli studii di un uomo degno di esserechiamato «filosofo serio», potrete vedere come questisistemi siano stati conseguiti per mezzo di uno sforzodel raziocinio logico, del pensiero logico. Tutto ciò si èandato formando a mano a mano. E coloro che in questomodo fanno della filosofia non possono effettivamentecomprendere, che quello che di concetto in concetto essivanno intessendo possa, sotto un determinato aspetto,essere veduto anche chiaroveggentemente, che possapresentarsi a noi chiaroveggentemente. Questa è la ra-gione per cui è così difficile farsi intendere, quando – sipotrebbe dire – si abbracciano con lo sguardo chiaro-veggente di un colpo certi filosofemi, i quali di solitovengono imbastiti d’idea in idea col «sudore della fron-te», mentre invece al chiaroveggente non occorre segui-

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to espressa. E se prendiamo la filosofia Vedanta di Via-sa, possiamo dire: In essa non sono impresse le conce-zioni occidentali del mondo, pervase di idee, pervase diraziocinio; essa, in certo qual modo, è stata tratta daimondi superiori, ma tradotta in parole umane. Questa èla sua peculiarità: non è acquistata con concetti umani,non è meditata, come l’elemento socratico e platonico, –sibbene è veduta chiaroveggentemente.

È difficile rendersi completamente conto di questecose, ma anche oggi vi è una possibilità di sperimentarequesta differenza. Prendete un libro di filosofia qualsia-si, una descrizione qualsiasi di un sistema filosofico del-la filosofia occidentale. Ciò che oggi si può sul seriochiamare filosofia, generalmente come è stata acquista-ta? Se osservate gli studii di un uomo degno di esserechiamato «filosofo serio», potrete vedere come questisistemi siano stati conseguiti per mezzo di uno sforzodel raziocinio logico, del pensiero logico. Tutto ciò si èandato formando a mano a mano. E coloro che in questomodo fanno della filosofia non possono effettivamentecomprendere, che quello che di concetto in concetto essivanno intessendo possa, sotto un determinato aspetto,essere veduto anche chiaroveggentemente, che possapresentarsi a noi chiaroveggentemente. Questa è la ra-gione per cui è così difficile farsi intendere, quando – sipotrebbe dire – si abbracciano con lo sguardo chiaro-veggente di un colpo certi filosofemi, i quali di solitovengono imbastiti d’idea in idea col «sudore della fron-te», mentre invece al chiaroveggente non occorre segui-

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re i singoli gradini del pensiero. I concetti della filosofiaVedanta sono, in certo qual modo, appunto concetti ve-duti chiaroveggentemente. Essi non sono stati consegui-ti col sudore della fronte, secondo l’esempio dei filosofieuropei, ma sono stati portati giù chiaroveggentemente,sono appunto gli ultimi residui, quei residui dell’anticachiaroveggenza, che si palesano diluiti nei concettiastratti – o pure sono i primi concetti, le prime, ancoratenui conquiste del mondo supersensibile, acquistatecon Yoga.

Gli uomini che abitavano nell’occidente hanno peròavuto esperienze differenti. In occidente si vedono vi-cende interiori dell’evoluzione dell’umanità meraviglio-se e importanti. Osserviamo uno strano filosofo del se-sto secolo precristiano: Ferecide da Siro. Uno strano fi-losofo! Un filosofo, che i filosofi odierni non riconosco-no come filosofo. Vi sono dei libri oggidì di filosofia,che dicono effettivamente così. Cito testualmente alcuneparole: «veramente queste non sono che descrizioni fan-ciullesche, simboli puerili»; vi è un tale che le chiama«puerili e geniali», egli si crede di gran lunga superiorea quell’antico filosofo. Dunque un mezzo millennio pri-ma dell’èra cristiana sorge a Siro un mirabile pensatore.Indubbiamente egli espone diversamente dagli altri filo-sofi, ai quali poi è stato dato il nome di «filosofi». Fere-cide da Siro dice, per esempio: «A base di ciò che sivede nel mondo vi è un ternario: Crono, Zeus e Chthon.Da Crono emanano gli elementi aerei, ignei, e acquei, ea tutto ciò che emana da queste tre forze viene ad oppor-

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re i singoli gradini del pensiero. I concetti della filosofiaVedanta sono, in certo qual modo, appunto concetti ve-duti chiaroveggentemente. Essi non sono stati consegui-ti col sudore della fronte, secondo l’esempio dei filosofieuropei, ma sono stati portati giù chiaroveggentemente,sono appunto gli ultimi residui, quei residui dell’anticachiaroveggenza, che si palesano diluiti nei concettiastratti – o pure sono i primi concetti, le prime, ancoratenui conquiste del mondo supersensibile, acquistatecon Yoga.

Gli uomini che abitavano nell’occidente hanno peròavuto esperienze differenti. In occidente si vedono vi-cende interiori dell’evoluzione dell’umanità meraviglio-se e importanti. Osserviamo uno strano filosofo del se-sto secolo precristiano: Ferecide da Siro. Uno strano fi-losofo! Un filosofo, che i filosofi odierni non riconosco-no come filosofo. Vi sono dei libri oggidì di filosofia,che dicono effettivamente così. Cito testualmente alcuneparole: «veramente queste non sono che descrizioni fan-ciullesche, simboli puerili»; vi è un tale che le chiama«puerili e geniali», egli si crede di gran lunga superiorea quell’antico filosofo. Dunque un mezzo millennio pri-ma dell’èra cristiana sorge a Siro un mirabile pensatore.Indubbiamente egli espone diversamente dagli altri filo-sofi, ai quali poi è stato dato il nome di «filosofi». Fere-cide da Siro dice, per esempio: «A base di ciò che sivede nel mondo vi è un ternario: Crono, Zeus e Chthon.Da Crono emanano gli elementi aerei, ignei, e acquei, ea tutto ciò che emana da queste tre forze viene ad oppor-

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si una specie di Entità Serpente, Ophioneus». Tutto ciòche egli descrive, purchè si segua la sua descrizione sen-za chiaroveggenza, ma dotati di alcunchè di fantasia, losi può vedere dinanzi a sè: Crono, non soltanto come iltempo astratto fluente, sibbene come entità, come veraentità visibilmente formata; così pure Zeus, l’etere infi-nito, si vede come entità universale in sè animata: Ch-thon – ciò per mezzo del quale quello che era celeste di-venta terrestre, ciò che contrae nel pianeta Terra i con-tessimenti distesi nello spazio, per procurare un’esisten-za terrestre; tutto ciò svolgentesi sulla Terra – immi-schiatavi poi, come elemento avverso, una specie di en-tità serpente. Se si vuol comprendere quello che il mira-bile Ferecide da Siro descrive, bisogna ricorrereall’indagine spirituale, perchè egli è un ultimo ritardata-rio dell’antica chiaroveggenza. Egli vede le cause dietroal mondo sensibile e descrive queste cause con le suecapacità chiaroveggenti – e perciò non piace affatto acoloro che non maneggiano che concetti. Egli vede lavivente operosità degli Dei buoni e l’intromissione delleForze nemiche, che descrive come si vedono chiaroveg-gentemente. Egli vede come da Crono, dal tempo reale,nascono gli elementi. In questo filosofo, Ferecide daSiro, abbiamo dunque un uomo, un’anima, che ancorapuò guardare nel mondo che si schiude alla coscienzachiaroveggente, ed egli descrive quel mondo – la suadescrizione si può seguire. Lo si trova nel mondo occi-dentale, nel sesto secolo prima dell’èra cristiana. Talete,Anassimene, Anassimandro, Eraclito, che sono quasi

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si una specie di Entità Serpente, Ophioneus». Tutto ciòche egli descrive, purchè si segua la sua descrizione sen-za chiaroveggenza, ma dotati di alcunchè di fantasia, losi può vedere dinanzi a sè: Crono, non soltanto come iltempo astratto fluente, sibbene come entità, come veraentità visibilmente formata; così pure Zeus, l’etere infi-nito, si vede come entità universale in sè animata: Ch-thon – ciò per mezzo del quale quello che era celeste di-venta terrestre, ciò che contrae nel pianeta Terra i con-tessimenti distesi nello spazio, per procurare un’esisten-za terrestre; tutto ciò svolgentesi sulla Terra – immi-schiatavi poi, come elemento avverso, una specie di en-tità serpente. Se si vuol comprendere quello che il mira-bile Ferecide da Siro descrive, bisogna ricorrereall’indagine spirituale, perchè egli è un ultimo ritardata-rio dell’antica chiaroveggenza. Egli vede le cause dietroal mondo sensibile e descrive queste cause con le suecapacità chiaroveggenti – e perciò non piace affatto acoloro che non maneggiano che concetti. Egli vede lavivente operosità degli Dei buoni e l’intromissione delleForze nemiche, che descrive come si vedono chiaroveg-gentemente. Egli vede come da Crono, dal tempo reale,nascono gli elementi. In questo filosofo, Ferecide daSiro, abbiamo dunque un uomo, un’anima, che ancorapuò guardare nel mondo che si schiude alla coscienzachiaroveggente, ed egli descrive quel mondo – la suadescrizione si può seguire. Lo si trova nel mondo occi-dentale, nel sesto secolo prima dell’èra cristiana. Talete,Anassimene, Anassimandro, Eraclito, che sono quasi

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suoi contemporanei, si presentano diversamente. Si trat-ta, in questo caso, proprio di due mondi che s’incontra-no. Ma come si palesano le loro anime? È spenta, è pa-ralizzata in loro l’antica chiaroveggenza; tutt’al più an-cora hanno l’aspirazione verso quei mondi spirituali. Eche cosa sperimentano essi invece del residuo dell’anti-ca visione che ancora vi era nel Saggio da Siro, per cuiegli ancora guardava le cause nel mondo elementare?Questo, per loro, già è chiuso; essi non possono piùguardarvi dentro. È proprio come se quel mondo si vo-lesse chiudere del tutto, ma ancora rimanesse a metàsocchiuso per loro, per poi sottrarsi nuovamente, di gui-sa che dei concetti astratti, che appartengono all’Io,prendono il posto dell’antica chiaroveggenza. Così ap-pare ciò che succede in quelle anime. Questa è una con-dizione psichica molto strana nelle anime occidentali; èquella condizione psichica che tende ad elaborarel’intelletto, il discernimento che deve appunto essere lacaratteristica dell’Io. Nelle singole anime la si può vede-re; per esempio, in Eraclito, quando con un ultimo volo– si potrebbe dire – di vera visione chiaroveggente de-scrive il fuoco vivente e vibrante come causa di tutte lecose; – Talete descrive così l’acqua, ma non l’acqua fi-sico-sensibile; come pure Eraclito non intende parlaredel fuoco fisico-sensibile; si tratta sempre di qualcosadel mondo elementare, che essi ancora vedono a metà, eche per metà si sottrae alla loro vista, sicchè essi sonocostretti a darne dei concetti astratti. Possiamo guardaredentro a quelle anime, e allora si comprende, come an-

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suoi contemporanei, si presentano diversamente. Si trat-ta, in questo caso, proprio di due mondi che s’incontra-no. Ma come si palesano le loro anime? È spenta, è pa-ralizzata in loro l’antica chiaroveggenza; tutt’al più an-cora hanno l’aspirazione verso quei mondi spirituali. Eche cosa sperimentano essi invece del residuo dell’anti-ca visione che ancora vi era nel Saggio da Siro, per cuiegli ancora guardava le cause nel mondo elementare?Questo, per loro, già è chiuso; essi non possono piùguardarvi dentro. È proprio come se quel mondo si vo-lesse chiudere del tutto, ma ancora rimanesse a metàsocchiuso per loro, per poi sottrarsi nuovamente, di gui-sa che dei concetti astratti, che appartengono all’Io,prendono il posto dell’antica chiaroveggenza. Così ap-pare ciò che succede in quelle anime. Questa è una con-dizione psichica molto strana nelle anime occidentali; èquella condizione psichica che tende ad elaborarel’intelletto, il discernimento che deve appunto essere lacaratteristica dell’Io. Nelle singole anime la si può vede-re; per esempio, in Eraclito, quando con un ultimo volo– si potrebbe dire – di vera visione chiaroveggente de-scrive il fuoco vivente e vibrante come causa di tutte lecose; – Talete descrive così l’acqua, ma non l’acqua fi-sico-sensibile; come pure Eraclito non intende parlaredel fuoco fisico-sensibile; si tratta sempre di qualcosadel mondo elementare, che essi ancora vedono a metà, eche per metà si sottrae alla loro vista, sicchè essi sonocostretti a darne dei concetti astratti. Possiamo guardaredentro a quelle anime, e allora si comprende, come an-

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cora ai nostri tempi possa in parte risuonare la eco delloro atteggiamento psichico. Occorrerebbe che i nostricontemporanei non leggessero superficialmente, ma de-dicassero maggior riflessione a queste cose: un pensieroè stato espresso da Nietzsche, che potrebbe impressio-narci e commuoverci profondamente, ma che oggidìpassa inosservato. Questo pensiero si trova nello scrittopostumo: «La filosofia nell’epoca tragica dei Greci», incui egli descrive Talete, Anassimene, Anassimandro,Eraclito ed Empedocle. Proprio al principio di questadescrizione vi è un punto – occorre che si senta – in cuiNietzsche ha sentito in sè qualcosa di ciò che era statosperimentato nelle anime di questi primi pensatori soli-tari Greci. Leggete ciò che dice Nietzsche: «Quale pote-va essere lo stato delle anime di queste figure di eroi, iquali dovevano trovare un passaggio, dall’epoca dellavisione vivente (di cui egli niente sapeva, ma la intuiva),allorchè l’antica vitalità venne spenta nelle anime daiconcetti astratti, aridi e vuoti, in cui il concettodell’essere, il concetto vuoto, arido, astratto e gelidodell’essere prese il posto della completa vitalità dellacoscienza chiaroveggente?» E Nietzsche sente: «È comese il sangue ci si agghiacciasse, quando in Talete e inEraclito si passa dal mondo della vitalità nel mondo deiconcetti, quando questa gente espone dei concetti di«Essere» e di «Divenire», di guisa che ci si sente trasfe-riti dal caldo Divenire nella regione glaciale dei «con-cetti!»

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cora ai nostri tempi possa in parte risuonare la eco delloro atteggiamento psichico. Occorrerebbe che i nostricontemporanei non leggessero superficialmente, ma de-dicassero maggior riflessione a queste cose: un pensieroè stato espresso da Nietzsche, che potrebbe impressio-narci e commuoverci profondamente, ma che oggidìpassa inosservato. Questo pensiero si trova nello scrittopostumo: «La filosofia nell’epoca tragica dei Greci», incui egli descrive Talete, Anassimene, Anassimandro,Eraclito ed Empedocle. Proprio al principio di questadescrizione vi è un punto – occorre che si senta – in cuiNietzsche ha sentito in sè qualcosa di ciò che era statosperimentato nelle anime di questi primi pensatori soli-tari Greci. Leggete ciò che dice Nietzsche: «Quale pote-va essere lo stato delle anime di queste figure di eroi, iquali dovevano trovare un passaggio, dall’epoca dellavisione vivente (di cui egli niente sapeva, ma la intuiva),allorchè l’antica vitalità venne spenta nelle anime daiconcetti astratti, aridi e vuoti, in cui il concettodell’essere, il concetto vuoto, arido, astratto e gelidodell’essere prese il posto della completa vitalità dellacoscienza chiaroveggente?» E Nietzsche sente: «È comese il sangue ci si agghiacciasse, quando in Talete e inEraclito si passa dal mondo della vitalità nel mondo deiconcetti, quando questa gente espone dei concetti di«Essere» e di «Divenire», di guisa che ci si sente trasfe-riti dal caldo Divenire nella regione glaciale dei «con-cetti!»

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Bisogna sentirsi trasferiti nell’epoca in cui si trovava-no questi uomini, bisogna sentire come essi vi si trova-vano all’avvicinarsi del Mistero del Golgotha, bisognapenetrare in loro in guisa da sentire che ancora risuonain loro una oscura eco degli antichi tempi, ma che non-dimeno si trovano lì in modo, che devono contentarsidella facoltà intellettiva astratta che risiede nell’Io uma-no e che prima non occorreva affatto che vi fosse. Ementre nei tempi che seguirono, il mondo dei concettiandò diventando sempre più ricco, nei primi tempi delsuo inizio invece, i filosofi greci non potevano com-prendere che i concetti più semplici. Quanto non si tor-mentano essi con le idee sull’astratto «essere!» soprat-tutto i filosofi della scuola eleatica! Così si sono andatepreparando le vere capacità astratte dell’Io. Raffiguria-moci ora una cotale anima in occidente, preparata a que-sta missione dell’occidente; e che porti in sè una forteeco dell’antica chiaroveggenza. Nell’India questi residuidell’antica chiaroveggenza si erano spenti da lungo tem-po; nell’occidente ancora ve ne erano. L’anima tende aseguirli, ma la coscienza non può. Una disposizione psi-chica come quella del Buddhismo non poteva sorgere inquelle anime. Una disposizione psichica buddhisticaavrebbe detto: «ci troviamo collocati nel mondo del do-lore, dunque liberiamocene!» No, le anime occidentalivolevano comprendere ciò che stava dinanzi a loro. Inciò che stava dietro, esse non potevano penetrare; nelmondo dinanzi a loro trovavano soltanto i freddi concet-ti unilaterali. Rappresentiamoci un’anima come quella

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Bisogna sentirsi trasferiti nell’epoca in cui si trovava-no questi uomini, bisogna sentire come essi vi si trova-vano all’avvicinarsi del Mistero del Golgotha, bisognapenetrare in loro in guisa da sentire che ancora risuonain loro una oscura eco degli antichi tempi, ma che non-dimeno si trovano lì in modo, che devono contentarsidella facoltà intellettiva astratta che risiede nell’Io uma-no e che prima non occorreva affatto che vi fosse. Ementre nei tempi che seguirono, il mondo dei concettiandò diventando sempre più ricco, nei primi tempi delsuo inizio invece, i filosofi greci non potevano com-prendere che i concetti più semplici. Quanto non si tor-mentano essi con le idee sull’astratto «essere!» soprat-tutto i filosofi della scuola eleatica! Così si sono andatepreparando le vere capacità astratte dell’Io. Raffiguria-moci ora una cotale anima in occidente, preparata a que-sta missione dell’occidente; e che porti in sè una forteeco dell’antica chiaroveggenza. Nell’India questi residuidell’antica chiaroveggenza si erano spenti da lungo tem-po; nell’occidente ancora ve ne erano. L’anima tende aseguirli, ma la coscienza non può. Una disposizione psi-chica come quella del Buddhismo non poteva sorgere inquelle anime. Una disposizione psichica buddhisticaavrebbe detto: «ci troviamo collocati nel mondo del do-lore, dunque liberiamocene!» No, le anime occidentalivolevano comprendere ciò che stava dinanzi a loro. Inciò che stava dietro, esse non potevano penetrare; nelmondo dinanzi a loro trovavano soltanto i freddi concet-ti unilaterali. Rappresentiamoci un’anima come quella

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di Ferecide da Siro; egli è stato l’ultimo capace di vede-re ciò che vi è dentro il mondo elementare. Rappresen-tiamoci però una delle altre anime: essa non può vederecome gli elementi nascano viventi da Crono; non puòvedere che l’Essere Serpente Ophioneus comincia a lot-tare con gli Dei superiori. Ma in immagine, essa si ac-certa che vi è qualcosa che esercita un’azione nel sensi-bile. Essa non penetra fino alla vista di Crono, ma vedel’impronta di lui, quale si svolge nel mondo sensibile: ilfuoco, l’acqua, l’aria e la terra. Essa non vede come gliDei superiori vengano combattuti dagli inferiori, e comeil Dio Serpente Lucifero si ribelli, ma vede dominare di-sarmonia e armonia, amicizia e inimicizia. Vede l’amoree l’odio come concetti astratti, – il fuoco, l’acqua, l’ariae la terra, come elementi astratti. Essa vede ciò che an-cora penetra nell’anima; ma quello che nei tempi antichigli uomini potevano vedere, le rimane nascosto. –

Rappresentiamoci una tale anima, che si trova ancoracompletamente nella spiritualità vivente dei passati tem-pi, ma che non può più guardarvi dentro; essa può sol-tanto abbracciarne l’aspetto esteriore; dinanzi a lei rima-ne chiuso – per causa della sua speciale missione – ciòche prima ha deliziato gli uomini, d’altra parte essa nonriceve, dal nuovo mondo dell’Io, che un paio di concetti,ai quali deve attenersi; così era l’anima di Empedocle.Così si presenta a noi l’anima di Empedocle, se voglia-mo comprenderne l’intima interiorità. Empedocle è qua-si contemporaneo del Saggio di Siro, egli è venuto appe-na due terzi di secolo più tardi, ma la sua anima è costi-

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di Ferecide da Siro; egli è stato l’ultimo capace di vede-re ciò che vi è dentro il mondo elementare. Rappresen-tiamoci però una delle altre anime: essa non può vederecome gli elementi nascano viventi da Crono; non puòvedere che l’Essere Serpente Ophioneus comincia a lot-tare con gli Dei superiori. Ma in immagine, essa si ac-certa che vi è qualcosa che esercita un’azione nel sensi-bile. Essa non penetra fino alla vista di Crono, ma vedel’impronta di lui, quale si svolge nel mondo sensibile: ilfuoco, l’acqua, l’aria e la terra. Essa non vede come gliDei superiori vengano combattuti dagli inferiori, e comeil Dio Serpente Lucifero si ribelli, ma vede dominare di-sarmonia e armonia, amicizia e inimicizia. Vede l’amoree l’odio come concetti astratti, – il fuoco, l’acqua, l’ariae la terra, come elementi astratti. Essa vede ciò che an-cora penetra nell’anima; ma quello che nei tempi antichigli uomini potevano vedere, le rimane nascosto. –

Rappresentiamoci una tale anima, che si trova ancoracompletamente nella spiritualità vivente dei passati tem-pi, ma che non può più guardarvi dentro; essa può sol-tanto abbracciarne l’aspetto esteriore; dinanzi a lei rima-ne chiuso – per causa della sua speciale missione – ciòche prima ha deliziato gli uomini, d’altra parte essa nonriceve, dal nuovo mondo dell’Io, che un paio di concetti,ai quali deve attenersi; così era l’anima di Empedocle.Così si presenta a noi l’anima di Empedocle, se voglia-mo comprenderne l’intima interiorità. Empedocle è qua-si contemporaneo del Saggio di Siro, egli è venuto appe-na due terzi di secolo più tardi, ma la sua anima è costi-

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tuita in modo completamente diverso. Essa doveva com-piere il passaggio del Rubicone dall’antica chiaroveg-genza ai concetti astratti dell’Io. In questo caso vediamocome due mondi si cozzino, vediamo l’Io che albeggia esegue il suo compimento. Vediamo così le anime degliantichi filosofi greci, le prime destinate ad accogliereciò che ora si chiama la ragione, la logica; vediamo que-ste anime svuotate delle antiche rivelazioni. In esse do-veva venir versato il nuovo Impulso, che è l’Impulso delGolgotha.

Così erano costituite le anime, quando è sorto questoImpulso; ma per comprenderlo dovevano aspirare ar-dentemente a un nuovo contenuto. Nel pensiero indianonon vi è quasi nessuna transizione che ci permetta di ca-pire ciò che abbiamo nei solitari pensatori greci. Perciòla filosofia indiana, che è passata subito alla dottrinadello Yoga, non offre possibilità di trovare il passaggioal Mistero del Golgotha. La filosofia greca è preparatain modo, che essa brama il Mistero del Golgotha. Osser-vate la «Gnosi», la sua filosofia richiede il Mistero delGolgotha. Sul suolo greco nasce «la filosofia del Miste-ro del Golgotha», perchè le migliori anime greche ane-lavano ad accoglier l’Impulso del Golgotha. Bisognaaver buona volontà per comprendere ciò che si è verifi-cato nell’evoluzione dell’umanità: si vorrebbe dire: sisente qualcosa che si potrebbe quasi chiamare un appel-lo e un contrappello sul suolo della Terra. In Grecia epiù oltre in Sicilia vediamo delle anime siffatte, fra lequali Empedocle emerge in particolar modo, e udiamo

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tuita in modo completamente diverso. Essa doveva com-piere il passaggio del Rubicone dall’antica chiaroveg-genza ai concetti astratti dell’Io. In questo caso vediamocome due mondi si cozzino, vediamo l’Io che albeggia esegue il suo compimento. Vediamo così le anime degliantichi filosofi greci, le prime destinate ad accogliereciò che ora si chiama la ragione, la logica; vediamo que-ste anime svuotate delle antiche rivelazioni. In esse do-veva venir versato il nuovo Impulso, che è l’Impulso delGolgotha.

Così erano costituite le anime, quando è sorto questoImpulso; ma per comprenderlo dovevano aspirare ar-dentemente a un nuovo contenuto. Nel pensiero indianonon vi è quasi nessuna transizione che ci permetta di ca-pire ciò che abbiamo nei solitari pensatori greci. Perciòla filosofia indiana, che è passata subito alla dottrinadello Yoga, non offre possibilità di trovare il passaggioal Mistero del Golgotha. La filosofia greca è preparatain modo, che essa brama il Mistero del Golgotha. Osser-vate la «Gnosi», la sua filosofia richiede il Mistero delGolgotha. Sul suolo greco nasce «la filosofia del Miste-ro del Golgotha», perchè le migliori anime greche ane-lavano ad accoglier l’Impulso del Golgotha. Bisognaaver buona volontà per comprendere ciò che si è verifi-cato nell’evoluzione dell’umanità: si vorrebbe dire: sisente qualcosa che si potrebbe quasi chiamare un appel-lo e un contrappello sul suolo della Terra. In Grecia epiù oltre in Sicilia vediamo delle anime siffatte, fra lequali Empedocle emerge in particolar modo, e udiamo

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da esse un appello meraviglioso. Come ce lo possiamocaratterizzare? come parlano tali anime? A un dipressocosì. Guardiamo dentro all’anima di Empedocle «Cono-sco per via storica l’Iniziazione: so dalla storia che permezzo dell’iniziazione i mondi supersensibili penetrava-no nell’anima umana. Ma ora è venuta un’altra epoca.L’iniziazione non può più essere data direttamente;l’anima umana è entrata in un altro stadio. Ci occorre unnuovo impulso che penetri nell’Io. Dove sei, oh impul-so, capace di prendere il posto dell’antica iniziazioneche non possiamo più sperimentare, e di palesare al nuo-vo Io quel medesimo segreto che l’antica chiaroveggen-za conteneva?» E a questo risponde l’appello che vienedal Golgotha: «mi è stato permesso, mentre mi confor-mavo alla volontà degli Dei e non a quella degli uomini,di prendere i segreti dei misteri, e di esporli dinanziall’intera umanità, perchè all’intiera umanità fosse pale-se ciò che stava di solito nelle profondità dei misteri!»

Una domanda del mondo occidentale per una nuovasoluzione dell’enimma dell’Universo – così ci appareciò che, per esempio, è nato nel Sud dell’Europa, nelleanime greche. E come una risposta – la quale però nonpuò essere compresa che dall’Occidente – ci appare ilgrande Monologo del Dio, di cui abbiamo parlato allafine dell’ultima conferenza e di cui parleremo più oltrenella prossima.

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da esse un appello meraviglioso. Come ce lo possiamocaratterizzare? come parlano tali anime? A un dipressocosì. Guardiamo dentro all’anima di Empedocle «Cono-sco per via storica l’Iniziazione: so dalla storia che permezzo dell’iniziazione i mondi supersensibili penetrava-no nell’anima umana. Ma ora è venuta un’altra epoca.L’iniziazione non può più essere data direttamente;l’anima umana è entrata in un altro stadio. Ci occorre unnuovo impulso che penetri nell’Io. Dove sei, oh impul-so, capace di prendere il posto dell’antica iniziazioneche non possiamo più sperimentare, e di palesare al nuo-vo Io quel medesimo segreto che l’antica chiaroveggen-za conteneva?» E a questo risponde l’appello che vienedal Golgotha: «mi è stato permesso, mentre mi confor-mavo alla volontà degli Dei e non a quella degli uomini,di prendere i segreti dei misteri, e di esporli dinanziall’intera umanità, perchè all’intiera umanità fosse pale-se ciò che stava di solito nelle profondità dei misteri!»

Una domanda del mondo occidentale per una nuovasoluzione dell’enimma dell’Universo – così ci appareciò che, per esempio, è nato nel Sud dell’Europa, nelleanime greche. E come una risposta – la quale però nonpuò essere compresa che dall’Occidente – ci appare ilgrande Monologo del Dio, di cui abbiamo parlato allafine dell’ultima conferenza e di cui parleremo più oltrenella prossima.

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VIII

Sappiamo che nel Vangelo di Marco, al grande Mo-nologo storico mondiale più sopra caratterizzato, fa se-guito la cosidetta Glorificazione, o scena della Trasfigu-razione. Già spesso ho indicato, che per i tre discepoli,che il Cristo conduce seco alla «Montagna» sulla qualesi verifica questa scena della Trasfigurazione, si tratta diuna specie di iniziazione di ordine superiore. Essi devo-no, per così dire, penetrare in quel momento ancora piùprofondamente nei segreti, che successivamente vengo-no loro trasmessi per la guida e la direzione dell’umani-tà. Sappiamo che questa scena – ciò risulta già da moltedelle passate spiegazioni – contiene una serie di arcani. IVangeli e gli altri scritti occulti del passato già ci hannoindicato, che si tratta di qualcosa di arcano, quando siparla della «Montagna». La montagna, come tale, quan-do si tratta di un argomento occulto, significa sempreche coloro che vi vengono condotti sono guidati a deter-minati segreti dell’esistenza. Nel Vangelo di Marco que-sto si sente con special forza per una particolare ragione,che risulta chiaramente da una lettura giusta del Vange-lo. Occorre appunto leggerlo correttamente. Esaminateil terzo Capitolo di Marco dal 7° al 23° e 24° versetto –anzi, basterebbe leggere veramente soltanto fino al 22°versetto; se si legge con sensibilità di comprensione, viè una cosa che ci colpirà. Già spesso è stato rilevato, chel’espressione «guidare alla montagna», «condurre alla

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Sappiamo che nel Vangelo di Marco, al grande Mo-nologo storico mondiale più sopra caratterizzato, fa se-guito la cosidetta Glorificazione, o scena della Trasfigu-razione. Già spesso ho indicato, che per i tre discepoli,che il Cristo conduce seco alla «Montagna» sulla qualesi verifica questa scena della Trasfigurazione, si tratta diuna specie di iniziazione di ordine superiore. Essi devo-no, per così dire, penetrare in quel momento ancora piùprofondamente nei segreti, che successivamente vengo-no loro trasmessi per la guida e la direzione dell’umani-tà. Sappiamo che questa scena – ciò risulta già da moltedelle passate spiegazioni – contiene una serie di arcani. IVangeli e gli altri scritti occulti del passato già ci hannoindicato, che si tratta di qualcosa di arcano, quando siparla della «Montagna». La montagna, come tale, quan-do si tratta di un argomento occulto, significa sempreche coloro che vi vengono condotti sono guidati a deter-minati segreti dell’esistenza. Nel Vangelo di Marco que-sto si sente con special forza per una particolare ragione,che risulta chiaramente da una lettura giusta del Vange-lo. Occorre appunto leggerlo correttamente. Esaminateil terzo Capitolo di Marco dal 7° al 23° e 24° versetto –anzi, basterebbe leggere veramente soltanto fino al 22°versetto; se si legge con sensibilità di comprensione, viè una cosa che ci colpirà. Già spesso è stato rilevato, chel’espressione «guidare alla montagna», «condurre alla

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montagna» ha un significato occulto. Ma nel capitolo ci-tato troviamo tre indicazioni; non vi si trova soltantol’espressione: «guidare alla montagna», ma se esaminia-mo più esattamente i tre paragrafi sopra citati del Van-gelo di Marco, sentiamo dapprima (versetto 7): «E Gesùsi appartò coi suoi discepoli verso il mare» ecc.; venia-mo dunque condotti anzitutto a una scena al mare. Poinel l3° versetto sta detto: «E salito sopra un monte chia-mò a sè quelli che egli volle». E in terzo luogo ci viendetto nei versetti 20-21: «E andarono in casa; e si radu-narono di bel nuovo le turbe, dimodocchè non potevanonemmeno prendere cibo. E avendo saputo tali cose isuoi, andarono per pigliarlo; imperocchè dicevano: Hadato in pazzia». Tre località ci vengono indicate: ilmare, il monte e la casa. Come si tratta sempre di unrapporto occulto importante quando vien parlato di un«monte», così pure quando vien parlato del «mare» edella «casa». Quando negli scritti occulti sta detto, che«sono condotti al mare» o pure «condotti a casa», vi èsempre riferimento a un significato occulto.

E una determinata circostanza vi permette di costatareche i Vangeli vanno interpretati a quel modo. Ricordate-vi, che non soltanto nel Vangelo di Marco, ma in gene-rale in tutti i Vangeli vi è una speciale rivelazione, unaspeciale manifestazione, che viene collegata appunto col«mare»: difatti, quando i discepoli stanno navigando e ilCristo appare, essi credono dapprima che sia un fanta-sma; dopo soltanto, si accorgono che è realmente Luiche si sta avvicinando. E anche altrove potete verificare

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montagna» ha un significato occulto. Ma nel capitolo ci-tato troviamo tre indicazioni; non vi si trova soltantol’espressione: «guidare alla montagna», ma se esaminia-mo più esattamente i tre paragrafi sopra citati del Van-gelo di Marco, sentiamo dapprima (versetto 7): «E Gesùsi appartò coi suoi discepoli verso il mare» ecc.; venia-mo dunque condotti anzitutto a una scena al mare. Poinel l3° versetto sta detto: «E salito sopra un monte chia-mò a sè quelli che egli volle». E in terzo luogo ci viendetto nei versetti 20-21: «E andarono in casa; e si radu-narono di bel nuovo le turbe, dimodocchè non potevanonemmeno prendere cibo. E avendo saputo tali cose isuoi, andarono per pigliarlo; imperocchè dicevano: Hadato in pazzia». Tre località ci vengono indicate: ilmare, il monte e la casa. Come si tratta sempre di unrapporto occulto importante quando vien parlato di un«monte», così pure quando vien parlato del «mare» edella «casa». Quando negli scritti occulti sta detto, che«sono condotti al mare» o pure «condotti a casa», vi èsempre riferimento a un significato occulto.

E una determinata circostanza vi permette di costatareche i Vangeli vanno interpretati a quel modo. Ricordate-vi, che non soltanto nel Vangelo di Marco, ma in gene-rale in tutti i Vangeli vi è una speciale rivelazione, unaspeciale manifestazione, che viene collegata appunto col«mare»: difatti, quando i discepoli stanno navigando e ilCristo appare, essi credono dapprima che sia un fanta-sma; dopo soltanto, si accorgono che è realmente Luiche si sta avvicinando. E anche altrove potete verificare

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nei Vangeli, che spesso vien parlato di un evento che siverifica al mare, o per mezzo del mare. Sul «monte»Cristo nomina per la prima volta i Dodici, cioè egli par-tecipa loro la missione occulta. Si tratta qui di un’educa-zione occulta. La trasfigurazione occulta si verifica puresul monte. A «casa» i Suoi dichiararono «che egli hadato in piazza». Questo è il terzo fatto – tutti e tre sonodella più grande importanza.

Se vogliamo comprendere ciò che significa «al mare»in tale rapporto, dobbiamo ricordarci di qualcosa, chegià spesso è stato spiegato. Abbiamo narrato come il no-stro periodo terrestre postatlanteo sia stato precedutodall’epoca cosiddetta atlantea, in cui l’aria ancora eracompenetrata di dense masse nebbiose, di guisa che, vi-vendo gli uomini allora in condizioni fisiche diverse, inconseguenza del loro modo di vedere, anche la vita ani-mica loro era diversa; nell’epoca atlantea essi possede-vano ancora l’antica chiaroveggenza. La quale però eracollegata al genere completamente diverso di esistenzadel corpo fisico, per il fatto che questo si trovava ada-giato nelle masse nebbiose. È rimasto nell’umanità unresiduo di questo antico retaggio. Nell’epoca postatlan-tea, se per una ragione qualsiasi qualcuno veniva a tro-varsi in condizioni occulte, se si avvicinava a dei rap-porti occulti, come si è verificato per i discepoli diGesù, egli diventava più sensibile, più intimamente sen-sibile all’ambiente, alle condizioni della natura. Si po-trebbe dire: con la solidità dei rapporti che nell’attualeepoca postatlantea gli uomini hanno con la natura, non

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nei Vangeli, che spesso vien parlato di un evento che siverifica al mare, o per mezzo del mare. Sul «monte»Cristo nomina per la prima volta i Dodici, cioè egli par-tecipa loro la missione occulta. Si tratta qui di un’educa-zione occulta. La trasfigurazione occulta si verifica puresul monte. A «casa» i Suoi dichiararono «che egli hadato in piazza». Questo è il terzo fatto – tutti e tre sonodella più grande importanza.

Se vogliamo comprendere ciò che significa «al mare»in tale rapporto, dobbiamo ricordarci di qualcosa, chegià spesso è stato spiegato. Abbiamo narrato come il no-stro periodo terrestre postatlanteo sia stato precedutodall’epoca cosiddetta atlantea, in cui l’aria ancora eracompenetrata di dense masse nebbiose, di guisa che, vi-vendo gli uomini allora in condizioni fisiche diverse, inconseguenza del loro modo di vedere, anche la vita ani-mica loro era diversa; nell’epoca atlantea essi possede-vano ancora l’antica chiaroveggenza. La quale però eracollegata al genere completamente diverso di esistenzadel corpo fisico, per il fatto che questo si trovava ada-giato nelle masse nebbiose. È rimasto nell’umanità unresiduo di questo antico retaggio. Nell’epoca postatlan-tea, se per una ragione qualsiasi qualcuno veniva a tro-varsi in condizioni occulte, se si avvicinava a dei rap-porti occulti, come si è verificato per i discepoli diGesù, egli diventava più sensibile, più intimamente sen-sibile all’ambiente, alle condizioni della natura. Si po-trebbe dire: con la solidità dei rapporti che nell’attualeepoca postatlantea gli uomini hanno con la natura, non

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occorre tanto tener conto del fatto, che l’uomo navighisul mare, o si trattenga sulla costa, o pure salga sullamontagna (vedremo subito dopo ciò che questo signifi-ca) o se ne stia a casa. Il modo come gli occhi vedono,come la mente pensa, non dipende gran che dal postodove l’uomo si trova. Ma quando la visione comincia adaffinarsi, quando si sale nelle condizioni spirituali delmondo, allora l’essere umano comune si palesa comegrossolano. Se l’uomo, nei tempi in cui comincia la co-scienza chiaroveggente, naviga sul mare, dove le condi-zioni sono affatto diverse, o anche se vive sulla costa, lacoscienza chiaroveggente è disposta a qualcosa di affat-to diverso che non sulla pianura. Sulla pianura occorre,per così dire, grande sforzo per sviluppare le forze chia-roveggenti. Il mare facilita la manifestazione delle forzechiaroveggenti, ma soltanto di quelle forze, che si riferi-scono a qualcosa di ben determinato, non alle altre. Per-chè a sua volta vi è una differenza, a seconda che la co-scienza chiaroveggente esplichi la sua attività in pianu-ra, o sul monte. La coscienza chiaroveggente sensitiva èdisposta a sua volta sulle alture a qualcosa di diverso,che non sulla pianura. E ciò che risulta dalla disposizio-ne della coscienza chiaroveggente, a seconda che essa siesplichi al mare o sopra il monte, è qualcosa di comple-tamente diverso. Al mare (questo può naturalmente veri-ficarsi anche in città, ma soltanto con possenti forze –quello che ora vien detto vale, in special modo, per ciòche si verifica più o meno spontaneamente) vicinoall’acqua, nelle masse nebbiose, la coscienza chiaroveg-

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occorre tanto tener conto del fatto, che l’uomo navighisul mare, o si trattenga sulla costa, o pure salga sullamontagna (vedremo subito dopo ciò che questo signifi-ca) o se ne stia a casa. Il modo come gli occhi vedono,come la mente pensa, non dipende gran che dal postodove l’uomo si trova. Ma quando la visione comincia adaffinarsi, quando si sale nelle condizioni spirituali delmondo, allora l’essere umano comune si palesa comegrossolano. Se l’uomo, nei tempi in cui comincia la co-scienza chiaroveggente, naviga sul mare, dove le condi-zioni sono affatto diverse, o anche se vive sulla costa, lacoscienza chiaroveggente è disposta a qualcosa di affat-to diverso che non sulla pianura. Sulla pianura occorre,per così dire, grande sforzo per sviluppare le forze chia-roveggenti. Il mare facilita la manifestazione delle forzechiaroveggenti, ma soltanto di quelle forze, che si riferi-scono a qualcosa di ben determinato, non alle altre. Per-chè a sua volta vi è una differenza, a seconda che la co-scienza chiaroveggente esplichi la sua attività in pianu-ra, o sul monte. La coscienza chiaroveggente sensitiva èdisposta a sua volta sulle alture a qualcosa di diverso,che non sulla pianura. E ciò che risulta dalla disposizio-ne della coscienza chiaroveggente, a seconda che essa siesplichi al mare o sopra il monte, è qualcosa di comple-tamente diverso. Al mare (questo può naturalmente veri-ficarsi anche in città, ma soltanto con possenti forze –quello che ora vien detto vale, in special modo, per ciòche si verifica più o meno spontaneamente) vicinoall’acqua, nelle masse nebbiose, la coscienza chiaroveg-

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gente è particolarmente disposta a sentire immaginazio-ni, a sentire tutto ciò che è immaginativo e ad applicareciò che già ha raggiunto. Sui monti, nell’aria rarefatta,in condizioni diverse di ripartizione dell’ossigeno edell’azoto, la coscienza chiaroveggente è più disposta asperimentare delle ispirazioni, a lasciar sorgere del nuo-vo nelle forze chiaroveggenti. Perciò l’espressione «sa-lire sul monte» non va intesa soltanto simbolicamente,perchè le condizioni della montagna favoriscononell’uomo la possibilità di formare nuove forze occulte.E l’espressione «andare al mare» non va intesa soltantosimbolicamente, ma è stata scelta appositamente, perchètrovarsi in contatto col mare favorisce la visione occul-ta, favorisce l’uso delle forze occulte. E maggior diffi-coltà incontrano le forze occulte quando l’uomo è nellapropria casa – che vi si trovi solo o con parenti. Perchèmentre di un uomo che ha abitato lungo tempo al mare èrelativamente facile – se tutto concorda – di credere cheegli abbia delle immaginazioni attraverso il velo dellacorporeità, ed è più facile, riguardo a un uomo che vivesui monti, di credere che egli si elevi, invece, di unuomo che sta a casa, si ha solo il senso, che egli sia fuo-ri del proprio corpo, che egli abbia dato in pazzia. Eglipuò nondimeno sviluppare le forze occulte, ma ciò nonarmonizza altrettanto con l’ambiente, non sembra cosìnaturale in quell’ambiente come negli altri casi, quandosi trova al mare o sui monti. Perciò è di profonda impor-tanza, che in conformità completa con le condizioni oc-culte della Natura, il Vangelo si attenga strettamente a

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gente è particolarmente disposta a sentire immaginazio-ni, a sentire tutto ciò che è immaginativo e ad applicareciò che già ha raggiunto. Sui monti, nell’aria rarefatta,in condizioni diverse di ripartizione dell’ossigeno edell’azoto, la coscienza chiaroveggente è più disposta asperimentare delle ispirazioni, a lasciar sorgere del nuo-vo nelle forze chiaroveggenti. Perciò l’espressione «sa-lire sul monte» non va intesa soltanto simbolicamente,perchè le condizioni della montagna favoriscononell’uomo la possibilità di formare nuove forze occulte.E l’espressione «andare al mare» non va intesa soltantosimbolicamente, ma è stata scelta appositamente, perchètrovarsi in contatto col mare favorisce la visione occul-ta, favorisce l’uso delle forze occulte. E maggior diffi-coltà incontrano le forze occulte quando l’uomo è nellapropria casa – che vi si trovi solo o con parenti. Perchèmentre di un uomo che ha abitato lungo tempo al mare èrelativamente facile – se tutto concorda – di credere cheegli abbia delle immaginazioni attraverso il velo dellacorporeità, ed è più facile, riguardo a un uomo che vivesui monti, di credere che egli si elevi, invece, di unuomo che sta a casa, si ha solo il senso, che egli sia fuo-ri del proprio corpo, che egli abbia dato in pazzia. Eglipuò nondimeno sviluppare le forze occulte, ma ciò nonarmonizza altrettanto con l’ambiente, non sembra cosìnaturale in quell’ambiente come negli altri casi, quandosi trova al mare o sui monti. Perciò è di profonda impor-tanza, che in conformità completa con le condizioni oc-culte della Natura, il Vangelo si attenga strettamente a

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ciò che ora è stato descritto; il Vangelo difatti osservacompletamente questo significato occulto. Di guisa chevedremo sempre, che quando vengono sviluppate forzecurative o veggenti s’intende che vengono applicate for-ze ben determinate, e che può anche trattarsi di forzeche già esistono, quando sta detto, che un evento si veri-fica al lago. Perciò il Cristo Gesù apparisce ai Suoi sullago, ma essi prendono parte reale all’intero evento, per-chè Egli si può esteriorizzare. I discepoli lo vedono, ep-pure Egli non sta dinanzi a loro col corpo fisico. Ma sic-come la differenza di località non significa niente in unevento siffatto, Egli è al contempo «con loro» sul lago.E per questa ragione là, dove si tratta di un progrediredell’evoluzione delle forze animiche degli Apostoli,vien parlato del «monte», e perciò anche per la nominadei Dodici, quando il Cristo destina, per così dire, leloro anime ad accogliere lo spirito collettivo di Elia,vien parlato del monte. E quando il Cristo vuol palesarsiin tutto il suo aspetto storico mondiale e cosmico vienparlato di nuovo del monte. La Trasfigurazione si verifi-ca pure sul monte.

Da questo punto di vista appunto dobbiamo ora esa-minare la scena della Trasfigurazione. Si dimostrano ca-paci di essere condotti negli arcani più profondi del Mi-stero del Golgotha i tre discepoli Pietro, Giacomo eGiovanni. E agli occhi chiaroveggenti che si sono apertiin questi tre discepoli appariscono trasfigurati, cioè, nel-la loro essenza spirituale – Elia da una parte, Mosèdall’altra, il Cristo Gesù stesso nel mezzo, ma ormai con

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ciò che ora è stato descritto; il Vangelo difatti osservacompletamente questo significato occulto. Di guisa chevedremo sempre, che quando vengono sviluppate forzecurative o veggenti s’intende che vengono applicate for-ze ben determinate, e che può anche trattarsi di forzeche già esistono, quando sta detto, che un evento si veri-fica al lago. Perciò il Cristo Gesù apparisce ai Suoi sullago, ma essi prendono parte reale all’intero evento, per-chè Egli si può esteriorizzare. I discepoli lo vedono, ep-pure Egli non sta dinanzi a loro col corpo fisico. Ma sic-come la differenza di località non significa niente in unevento siffatto, Egli è al contempo «con loro» sul lago.E per questa ragione là, dove si tratta di un progrediredell’evoluzione delle forze animiche degli Apostoli,vien parlato del «monte», e perciò anche per la nominadei Dodici, quando il Cristo destina, per così dire, leloro anime ad accogliere lo spirito collettivo di Elia,vien parlato del monte. E quando il Cristo vuol palesarsiin tutto il suo aspetto storico mondiale e cosmico vienparlato di nuovo del monte. La Trasfigurazione si verifi-ca pure sul monte.

Da questo punto di vista appunto dobbiamo ora esa-minare la scena della Trasfigurazione. Si dimostrano ca-paci di essere condotti negli arcani più profondi del Mi-stero del Golgotha i tre discepoli Pietro, Giacomo eGiovanni. E agli occhi chiaroveggenti che si sono apertiin questi tre discepoli appariscono trasfigurati, cioè, nel-la loro essenza spirituale – Elia da una parte, Mosèdall’altra, il Cristo Gesù stesso nel mezzo, ma ormai con

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figura tale (questo viene indicato nel Vangelo per viad’immagine), che per mezzo di essa Egli può essere ri-conosciuto nella sua essenza spirituale. A questo si ac-cenna sufficientemente anche nel Vangelo di Marco: «Ealla loro presenza si trasfigurò. E le sue vesti diventaro-no risplendenti soprammodo candide come la neve, talche nessun tintore della Terra saprebbe farle così candi-de. E apparvero loro Elia e Mosè, i quali stavano a di-scorrere con Gesù». (Marco 9, 1-3). Dunque dopo ilgrande Monologo del Dio, abbiamo un colloquio a tre!Lo svolgimento è mirabilmente drammatico. I Vangelisono pieni di siffatte combinazioni artistiche; questiVangeli sono veramente stati composti con arte grandio-sa. Dopo che ci è stato comunicato il Monologo di unDio viene un colloquio a tre. E quale colloquio! Anzitut-to vediamo ai due lati del Cristo-Gesù Elia e Mosè. Checosa ci viene indicato con Elia e Mosè?

La figura di Mosè vi è già sufficientemente nota, an-che dal suo aspetto occulto, che già spesso è stato lu-meggiato. Sappiamo, che dalla sapienza storica univer-sale è stato determinato, che il passaggio dai tempi pri-mordiali all’epoca del Mistero del Golgotha si verificas-se per il tramite indiretto di Mosè. Sappiamo dalle con-siderazioni fatte sul Vangelo di Luca, che in quella figu-ra di Gesù, di cui parla in special modo il Vangelo diMatteo, precisamente nel bambino «Gesù», si deve ve-dere Zarathustra rincarnato. Sappiamo però pure, chequesto Zarathustra – riguardo a ciò che vi era con lui, ein lui – provvedeva alla preparazione di questa sua futu-

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figura tale (questo viene indicato nel Vangelo per viad’immagine), che per mezzo di essa Egli può essere ri-conosciuto nella sua essenza spirituale. A questo si ac-cenna sufficientemente anche nel Vangelo di Marco: «Ealla loro presenza si trasfigurò. E le sue vesti diventaro-no risplendenti soprammodo candide come la neve, talche nessun tintore della Terra saprebbe farle così candi-de. E apparvero loro Elia e Mosè, i quali stavano a di-scorrere con Gesù». (Marco 9, 1-3). Dunque dopo ilgrande Monologo del Dio, abbiamo un colloquio a tre!Lo svolgimento è mirabilmente drammatico. I Vangelisono pieni di siffatte combinazioni artistiche; questiVangeli sono veramente stati composti con arte grandio-sa. Dopo che ci è stato comunicato il Monologo di unDio viene un colloquio a tre. E quale colloquio! Anzitut-to vediamo ai due lati del Cristo-Gesù Elia e Mosè. Checosa ci viene indicato con Elia e Mosè?

La figura di Mosè vi è già sufficientemente nota, an-che dal suo aspetto occulto, che già spesso è stato lu-meggiato. Sappiamo, che dalla sapienza storica univer-sale è stato determinato, che il passaggio dai tempi pri-mordiali all’epoca del Mistero del Golgotha si verificas-se per il tramite indiretto di Mosè. Sappiamo dalle con-siderazioni fatte sul Vangelo di Luca, che in quella figu-ra di Gesù, di cui parla in special modo il Vangelo diMatteo, precisamente nel bambino «Gesù», si deve ve-dere Zarathustra rincarnato. Sappiamo però pure, chequesto Zarathustra – riguardo a ciò che vi era con lui, ein lui – provvedeva alla preparazione di questa sua futu-

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ra ricomparsa. Già spesso ho spiegato, come il corpoeterico di Zarathustra, per mezzo di processi occulti spe-ciali, sia stato da lui ceduto e trasferito a Mosè, di guisache in Mosè hanno agito le forze del corpo eterico diZarathustra. Così dunque, essendo stati Elia e Mosè po-sti accanto al Cristo Gesù, abbiamo in Mosè le forze,che dalle forme primordiali della cultura conducono aciò che doveva venir dato all’umanità nel Cristo Gesù enel Mistero del Golgotha. Ma anche in altra forma Mosèci rappresenta una figura di transizione. Sappiamo cheMosè non soltanto aveva in sè il corpo eterico di Zara-thustra, per mezzo del quale portava in sè la saggezza diZarathustra la quale potè poi palesarsi in lui; ma sappia-mo che egli, in un certo modo, venne anche iniziato neisegreti arcani degli altri popoli. L’incontro di Mosè conil prete madianitico Jethro va considerato come una spe-ciale scena d’iniziazione; e ne abbiamo già parlato. Essasi trova nell’Antico Testamento. In essa è chiaramenteindicato, come Mosè si rechi da questo prete solitario eimpari a conoscere, non soltanto i segreti d’iniziazionedel Giudaismo, ma anche quelli degli altri popoli, e liintroduca nella propria entità, la quale ha sperimentatoanche un particolare rafforzamento, per il fatto di porta-re in sè il corpo eterico di Zarathustra. Per mezzo dun-que di Mosè sono penetrati nel popolo ebreo i segretidell’iniziazione dell’intiero mondo circostante, di guisache, in certo qual modo, egli ha preparato sopra un gra-dino inferiore ciò che doveva succedere per mezzo delCristo Gesù. Questa era una delle correnti che doveva

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ra ricomparsa. Già spesso ho spiegato, come il corpoeterico di Zarathustra, per mezzo di processi occulti spe-ciali, sia stato da lui ceduto e trasferito a Mosè, di guisache in Mosè hanno agito le forze del corpo eterico diZarathustra. Così dunque, essendo stati Elia e Mosè po-sti accanto al Cristo Gesù, abbiamo in Mosè le forze,che dalle forme primordiali della cultura conducono aciò che doveva venir dato all’umanità nel Cristo Gesù enel Mistero del Golgotha. Ma anche in altra forma Mosèci rappresenta una figura di transizione. Sappiamo cheMosè non soltanto aveva in sè il corpo eterico di Zara-thustra, per mezzo del quale portava in sè la saggezza diZarathustra la quale potè poi palesarsi in lui; ma sappia-mo che egli, in un certo modo, venne anche iniziato neisegreti arcani degli altri popoli. L’incontro di Mosè conil prete madianitico Jethro va considerato come una spe-ciale scena d’iniziazione; e ne abbiamo già parlato. Essasi trova nell’Antico Testamento. In essa è chiaramenteindicato, come Mosè si rechi da questo prete solitario eimpari a conoscere, non soltanto i segreti d’iniziazionedel Giudaismo, ma anche quelli degli altri popoli, e liintroduca nella propria entità, la quale ha sperimentatoanche un particolare rafforzamento, per il fatto di porta-re in sè il corpo eterico di Zarathustra. Per mezzo dun-que di Mosè sono penetrati nel popolo ebreo i segretidell’iniziazione dell’intiero mondo circostante, di guisache, in certo qual modo, egli ha preparato sopra un gra-dino inferiore ciò che doveva succedere per mezzo delCristo Gesù. Questa era una delle correnti che doveva

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condurre al Mistero del Golgotha. L’altra era quella che,come già è stato detto, proveniva da ciò che ormai vive-va naturalmente nel popolo ebreo, come popolo. Mosè èstato colui che, per quanto era possibile ai suoi tempi, hafatto sì, che nella corrente che scorreva attraverso le ge-nerazioni di Abraham, Isacco e Giacobbe confluisse tut-to ciò che era nel mondo. Ma tuttavia doveva sempre ri-manere conservato ciò che era così strettamente collega-to alla natura del popolo ebreo antico. A che cosa eradestinato questo popolo? A formare la preparazione perquel tempo, che abbiamo cercato di rievocare dinanziall’anima nostra quando, per esempio, abbiamo parlatodel grecismo e anche di Empedocle. In quel modo ab-biamo indicato l’epoca, in cui all’uomo sfuggono le an-tiche capacità chiaroveggenti, e va perduta la vista delmondo spirituale; l’epoca, in cui si presenta la facoltàdel discernimento, che è propria dell’Io, ed emerge l’Io,che poggia su sè stesso. Il popolo ebreo era destinato aportare a questo Io ciò che per l’entità naturaledell’uomo può ad esso essere portato, per mezzodell’organizzazione del sangue dell’uomo. In questo po-polo si doveva semplicemente esplicare ciò che si puòesplicare per mezzo dell’organizzazione fisica dell’esse-re umano. L’intellettualità è legata all’organizzazione fi-sica dell’uomo. Dall’organizzazione fisica del popoloebreo antico doveva venir preso ciò che poteva appuntoalimentare le capacità dell’uomo legate all’intellettuali-tà. Gli altri popoli dovevano, per così dire, far risplende-re nell’organizzazione terrestre ciò che poteva penetrar

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condurre al Mistero del Golgotha. L’altra era quella che,come già è stato detto, proveniva da ciò che ormai vive-va naturalmente nel popolo ebreo, come popolo. Mosè èstato colui che, per quanto era possibile ai suoi tempi, hafatto sì, che nella corrente che scorreva attraverso le ge-nerazioni di Abraham, Isacco e Giacobbe confluisse tut-to ciò che era nel mondo. Ma tuttavia doveva sempre ri-manere conservato ciò che era così strettamente collega-to alla natura del popolo ebreo antico. A che cosa eradestinato questo popolo? A formare la preparazione perquel tempo, che abbiamo cercato di rievocare dinanziall’anima nostra quando, per esempio, abbiamo parlatodel grecismo e anche di Empedocle. In quel modo ab-biamo indicato l’epoca, in cui all’uomo sfuggono le an-tiche capacità chiaroveggenti, e va perduta la vista delmondo spirituale; l’epoca, in cui si presenta la facoltàdel discernimento, che è propria dell’Io, ed emerge l’Io,che poggia su sè stesso. Il popolo ebreo era destinato aportare a questo Io ciò che per l’entità naturaledell’uomo può ad esso essere portato, per mezzodell’organizzazione del sangue dell’uomo. In questo po-polo si doveva semplicemente esplicare ciò che si puòesplicare per mezzo dell’organizzazione fisica dell’esse-re umano. L’intellettualità è legata all’organizzazione fi-sica dell’uomo. Dall’organizzazione fisica del popoloebreo antico doveva venir preso ciò che poteva appuntoalimentare le capacità dell’uomo legate all’intellettuali-tà. Gli altri popoli dovevano, per così dire, far risplende-re nell’organizzazione terrestre ciò che poteva penetrar

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dentro per mezzo dell’iniziazione, dunque, dal di fuori.Ciò che poteva sorgere per mezzo della natura umanastessa dal legame del sangue, doveva sorgere dal legamedel sangue del popolo Ebreo antico. Questa è la ragioneper cui viene tanto insistito sul fatto, che il rapporto delsangue è continuo e che ognuno porta in sè le capacitàche scorrono nel sangue fin da Abraham, Isacco e Gia-cobbe. Dovevano venir conferiti al sangue del popoloebreo antico gli organi adatti, e ciò poteva succederesoltanto per via di eredità. Già altre volte ho spiegato ilsignificato che si deve dare nell’Antico Testamento alsacrificio, e all’arresto del sacrificio che di Isacco,Abraham stava facendo; ho spiegato che questo popoloera appunto destinato dalla Divinità per essere datoall’umanità e che con esso il recipiente esteriore fisicoper l’Io viene dato all’umanità. Che questo recipiente fi-sico sia stato dato con il popolo ebreo antico all’umanitàda Dio viene indicato dal fatto, che Abraham vuole sa-crificare suo figlio. Con Isacco però Abraham avrebbesacrificato quella organizzazione, la quale doveva dareall’umanità il fondamento fisico per l’intellettualità econ questa per l’Io. Isacco gli viene perciò restituito – econ lui gli viene restituita l’intiera organizzazione comedono da Dio. Questo è l’aspetto grandioso di questa re-stituzione di Isacco. Ma con ciò è anche indicato, che daquella parte vi è la corrente spirituale, di cui, nella scenadella Trasfigurazione, Mosè è l’immagine.

Tutto ciò che deve affluire all’evento del Mistero delGolgotha, per mezzo dello strumento del popolo ebreo,

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dentro per mezzo dell’iniziazione, dunque, dal di fuori.Ciò che poteva sorgere per mezzo della natura umanastessa dal legame del sangue, doveva sorgere dal legamedel sangue del popolo Ebreo antico. Questa è la ragioneper cui viene tanto insistito sul fatto, che il rapporto delsangue è continuo e che ognuno porta in sè le capacitàche scorrono nel sangue fin da Abraham, Isacco e Gia-cobbe. Dovevano venir conferiti al sangue del popoloebreo antico gli organi adatti, e ciò poteva succederesoltanto per via di eredità. Già altre volte ho spiegato ilsignificato che si deve dare nell’Antico Testamento alsacrificio, e all’arresto del sacrificio che di Isacco,Abraham stava facendo; ho spiegato che questo popoloera appunto destinato dalla Divinità per essere datoall’umanità e che con esso il recipiente esteriore fisicoper l’Io viene dato all’umanità. Che questo recipiente fi-sico sia stato dato con il popolo ebreo antico all’umanitàda Dio viene indicato dal fatto, che Abraham vuole sa-crificare suo figlio. Con Isacco però Abraham avrebbesacrificato quella organizzazione, la quale doveva dareall’umanità il fondamento fisico per l’intellettualità econ questa per l’Io. Isacco gli viene perciò restituito – econ lui gli viene restituita l’intiera organizzazione comedono da Dio. Questo è l’aspetto grandioso di questa re-stituzione di Isacco. Ma con ciò è anche indicato, che daquella parte vi è la corrente spirituale, di cui, nella scenadella Trasfigurazione, Mosè è l’immagine.

Tutto ciò che deve affluire all’evento del Mistero delGolgotha, per mezzo dello strumento del popolo ebreo,

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ci viene raffigurato in Elia. Viene così fedelmente riferi-to, come l’assieme della rivelazione divina che vive nelpopolo ebreo si unisca con ciò che succede per mezzodel Mistero del Golgotha. Nel 4° libro di Mosè, al 25°capitolo, sta descritto come Israele sia stato traviatoall’idolatria, ma salvato poi da un uomo. Per la fermez-za di un uomo succede che gl’Israeliti, il popolo ebreoantico, non vengano allora completamente spintinell’idolatria. Chi è quest’uomo? È colui di cui ci vienenarrato in questo 4° libro di Mosè, che egli aveva la for-za di presentarsi a questo popolo ebreo antico minaccia-to di cadere nell’idolatria dei popoli che lo circondava-no, e che egli aveva la forza di far le veci di quel Dio,che è stato rivelato da Mosè. Era un’anima forte. Questofatto, di far le veci del suo Dio, viene abitualmente tra-dotto con il termine «zelo»; questo termine non è intesoin senso cattivo, sibbene significa semplicemente «agirecon forza». Leggiamo nel 4° libro di Mosè (Numeri) 25,10-12: «e il Signore disse a Mosè: Phinees, figliuolo diEleazar, figliuolo di Aronne sommo Sacerdote, ha ri-mosso l’ira mia dai figliuoli d’Israele, perchè egli si èinvestito del mio zelo contro di essi, affinchè io stessocon lo zelo mio non isterminassi i figliuoli d’Israele. Perquesto tu gli dirai: che io già gli dò la pace di mia al-leanza». Così parlò Jahve a Mosè. Questo passo, anchesecondo l’insegnamento occulto ebraico antico, va con-siderato come straordinariamente importante, e la ricer-ca occulta moderna conferma questo fatto. Sappiamoche da Aronne discende la serie di coloro, che rappre-

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ci viene raffigurato in Elia. Viene così fedelmente riferi-to, come l’assieme della rivelazione divina che vive nelpopolo ebreo si unisca con ciò che succede per mezzodel Mistero del Golgotha. Nel 4° libro di Mosè, al 25°capitolo, sta descritto come Israele sia stato traviatoall’idolatria, ma salvato poi da un uomo. Per la fermez-za di un uomo succede che gl’Israeliti, il popolo ebreoantico, non vengano allora completamente spintinell’idolatria. Chi è quest’uomo? È colui di cui ci vienenarrato in questo 4° libro di Mosè, che egli aveva la for-za di presentarsi a questo popolo ebreo antico minaccia-to di cadere nell’idolatria dei popoli che lo circondava-no, e che egli aveva la forza di far le veci di quel Dio,che è stato rivelato da Mosè. Era un’anima forte. Questofatto, di far le veci del suo Dio, viene abitualmente tra-dotto con il termine «zelo»; questo termine non è intesoin senso cattivo, sibbene significa semplicemente «agirecon forza». Leggiamo nel 4° libro di Mosè (Numeri) 25,10-12: «e il Signore disse a Mosè: Phinees, figliuolo diEleazar, figliuolo di Aronne sommo Sacerdote, ha ri-mosso l’ira mia dai figliuoli d’Israele, perchè egli si èinvestito del mio zelo contro di essi, affinchè io stessocon lo zelo mio non isterminassi i figliuoli d’Israele. Perquesto tu gli dirai: che io già gli dò la pace di mia al-leanza». Così parlò Jahve a Mosè. Questo passo, anchesecondo l’insegnamento occulto ebraico antico, va con-siderato come straordinariamente importante, e la ricer-ca occulta moderna conferma questo fatto. Sappiamoche da Aronne discende la serie di coloro, che rappre-

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sentano l’alto sacerdozio dell’antico Israele, nei qualiperciò continua a vivere l’essenza di ciò che è stato datoall’umanità per mezzo del popolo ebreo. In quantoall’allusione storica riferita in quel passo, l’insegnamen-to occulto ebreo antico e la ricerca occulta più recenteaccennano trattarsi niente meno che del fatto, che Jahvecomunica a Mosè di voler dare al popolo ebreo antico,in Phinees, figlio di Eleazar, figlio di Aronne, dunquenipote di Aronne, un sacerdote speciale, che lo costitui-sce e che con lui è unito. E questo insegnamento occultoe la ricerca occulta più recente dicono, che nel corpo diPhinees viveva la medesima anima, che è esistita piùtardi in Elia. Abbiamo così una linea continua, che delresto in parte già è stata da noi indicata. Nel nipote diAronne abbiamo l’anima di cui si tratta; essa agisce là,in Phinees. La ritroviamo poi di nuovo in Elia-Naboth, edopo in Giovanni il Battista, e sappiamo come essa poiprosegua l’ulteriore suo cammino attraverso l’evoluzio-ne dell’umanità. Questa è l’anima che ci viene raffigura-ta da una parte; e dall’altra l’anima di Mosè stesso. Nel-la Trasfigurazione, dunque nella Trasformazione sulmonte, abbiamo veramente dinanzi a noi ciò che iviconfluisce. Vi affluisce la spiritualità dell’intiera evolu-zione terrestre; abbiamo ciò che affluisce nella sua es-senza attraverso il sangue ebreo nel Levitismo, perchè cista immediatamente dinanzi l’anima di Phinees, del fi-glio di Eleazar, figlio di Aronne; ci sta dinanzi Mosè, esta dinanzi a noi l’esecutore del Mistero del Golgotha.Dinanzi ai discepoli iniziandi, Pietro, Giacomo e Gio-

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sentano l’alto sacerdozio dell’antico Israele, nei qualiperciò continua a vivere l’essenza di ciò che è stato datoall’umanità per mezzo del popolo ebreo. In quantoall’allusione storica riferita in quel passo, l’insegnamen-to occulto ebreo antico e la ricerca occulta più recenteaccennano trattarsi niente meno che del fatto, che Jahvecomunica a Mosè di voler dare al popolo ebreo antico,in Phinees, figlio di Eleazar, figlio di Aronne, dunquenipote di Aronne, un sacerdote speciale, che lo costitui-sce e che con lui è unito. E questo insegnamento occultoe la ricerca occulta più recente dicono, che nel corpo diPhinees viveva la medesima anima, che è esistita piùtardi in Elia. Abbiamo così una linea continua, che delresto in parte già è stata da noi indicata. Nel nipote diAronne abbiamo l’anima di cui si tratta; essa agisce là,in Phinees. La ritroviamo poi di nuovo in Elia-Naboth, edopo in Giovanni il Battista, e sappiamo come essa poiprosegua l’ulteriore suo cammino attraverso l’evoluzio-ne dell’umanità. Questa è l’anima che ci viene raffigura-ta da una parte; e dall’altra l’anima di Mosè stesso. Nel-la Trasfigurazione, dunque nella Trasformazione sulmonte, abbiamo veramente dinanzi a noi ciò che iviconfluisce. Vi affluisce la spiritualità dell’intiera evolu-zione terrestre; abbiamo ciò che affluisce nella sua es-senza attraverso il sangue ebreo nel Levitismo, perchè cista immediatamente dinanzi l’anima di Phinees, del fi-glio di Eleazar, figlio di Aronne; ci sta dinanzi Mosè, esta dinanzi a noi l’esecutore del Mistero del Golgotha.Dinanzi ai discepoli iniziandi, Pietro, Giacomo e Gio-

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vanni, doveva palesarsi come conoscenza immaginativa,il confluire di quelle forze, di quelle correnti spirituali.E quando ieri ho cercato di spiegarvi come un appellorisuoni, per così dire, dalla Grecia in Palestina, e un se-condo appello a sua volta vi risponda, si trattava di qual-cosa di più di una semplice «fantasia figurata» dei fatti.Si trattava di preparare il grande dialogo storico mon-diale che ormai si è veramente effettuato. I discepoliPietro, Giacomo e Giovanni dovevano essere iniziati inciò su di cui queste tre anime – delle quali una appartie-ne al popolo dell’Antico Testamento, l’altra porta in sètutto ciò che sappiamo dell’anima di Mosè, mentre laterza si unisce come divinità cosmica alla Terra – dove-vano conferire insieme. Questo è ciò che i discepolihanno dovuto vedere. Sappiamo che non è potuto subitopenetrare nel loro cuore, che essi non hanno compresosubito quelle parole. Ma così succede di gran parte diquello che si sperimenta nel campo occulto: lo si speri-menta immaginativamente, non lo si comprende – es’impara spesso a comprenderlo soltanto nell’incarna-zione seguente; lo si comprende però allora tanto me-glio, per quanto più la nostra propria comprensione èconforme a quello che prima si è visto. Ma possiamosentire: in alto le tre Potenze Mondiali, sul monte; inbasso i tre che devono essere iniziati in questi grandi se-greti cosmici. Da tutto ciò deve risultare nella nostraanima il sentimento: che il Vangelo, se lo comprendia-mo bene, e specialmente se lasciamo agire giustamentesu di noi anche le intensificazioni drammatiche, la com-

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vanni, doveva palesarsi come conoscenza immaginativa,il confluire di quelle forze, di quelle correnti spirituali.E quando ieri ho cercato di spiegarvi come un appellorisuoni, per così dire, dalla Grecia in Palestina, e un se-condo appello a sua volta vi risponda, si trattava di qual-cosa di più di una semplice «fantasia figurata» dei fatti.Si trattava di preparare il grande dialogo storico mon-diale che ormai si è veramente effettuato. I discepoliPietro, Giacomo e Giovanni dovevano essere iniziati inciò su di cui queste tre anime – delle quali una appartie-ne al popolo dell’Antico Testamento, l’altra porta in sètutto ciò che sappiamo dell’anima di Mosè, mentre laterza si unisce come divinità cosmica alla Terra – dove-vano conferire insieme. Questo è ciò che i discepolihanno dovuto vedere. Sappiamo che non è potuto subitopenetrare nel loro cuore, che essi non hanno compresosubito quelle parole. Ma così succede di gran parte diquello che si sperimenta nel campo occulto: lo si speri-menta immaginativamente, non lo si comprende – es’impara spesso a comprenderlo soltanto nell’incarna-zione seguente; lo si comprende però allora tanto me-glio, per quanto più la nostra propria comprensione èconforme a quello che prima si è visto. Ma possiamosentire: in alto le tre Potenze Mondiali, sul monte; inbasso i tre che devono essere iniziati in questi grandi se-greti cosmici. Da tutto ciò deve risultare nella nostraanima il sentimento: che il Vangelo, se lo comprendia-mo bene, e specialmente se lasciamo agire giustamentesu di noi anche le intensificazioni drammatiche, la com-

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posizione artistica, che è ovunque l’espressione di fattiocculti, accenna pure al grande rivolgimento che si è ve-rificato all’epoca del Mistero del Golgotha. Il Vangelo,quando può essere spiegato per mezzo della ricerca oc-culta, parla un linguaggio ben chiaro, e bisognerà chegli uomini imparino sempre più a comprendere, che neisingoli punti del Vangelo occorre sempre sapere vera-mente di che specialmente si tratti, sapere ciò che è ve-ramente importante; allora soltanto si coglie il punto dispeciale importanza nelle varie parabole o narrazioni. Èstrano, che nei riguardi delle cose più importanti deiVangeli, le spiegazioni teologiche o filosofiche adottateprendono sempre le mosse dallo straordinario punto divista, che potrebbe, per esempio, spingere un uomo adattaccare il suo cavallo alla carrozza per la coda, invecedi attaccarvelo davanti, come abitualmente si usa fare.Questo si verifica effettivamente molto spesso, i com-menti non tengono conto di ciò che veramente importa.

Richiamo fin da ora la vostra attenzione sopra un pas-so del 14° capitolo del Vangelo di Marco, molto impor-tante per le nostre prossime conferenze.

«E trovandosi Gesù a Betania in casa di Simone illebbroso, ed essendo a mensa, venne una donna cheaveva un alabastro d’unguento di nardo di spigo di granpregio, e rotto l’alabastro, glielo sparse sulla testa. Ederanvi alcuni che soffrivano di mal cuore dentro di sè, edicevano: A che fine si è fatto questo scialacquamentod’unguento? Imperocchè poteva questo vendersi più ditrecento denari, e darsi ai poveri. E fremevano contro di

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posizione artistica, che è ovunque l’espressione di fattiocculti, accenna pure al grande rivolgimento che si è ve-rificato all’epoca del Mistero del Golgotha. Il Vangelo,quando può essere spiegato per mezzo della ricerca oc-culta, parla un linguaggio ben chiaro, e bisognerà chegli uomini imparino sempre più a comprendere, che neisingoli punti del Vangelo occorre sempre sapere vera-mente di che specialmente si tratti, sapere ciò che è ve-ramente importante; allora soltanto si coglie il punto dispeciale importanza nelle varie parabole o narrazioni. Èstrano, che nei riguardi delle cose più importanti deiVangeli, le spiegazioni teologiche o filosofiche adottateprendono sempre le mosse dallo straordinario punto divista, che potrebbe, per esempio, spingere un uomo adattaccare il suo cavallo alla carrozza per la coda, invecedi attaccarvelo davanti, come abitualmente si usa fare.Questo si verifica effettivamente molto spesso, i com-menti non tengono conto di ciò che veramente importa.

Richiamo fin da ora la vostra attenzione sopra un pas-so del 14° capitolo del Vangelo di Marco, molto impor-tante per le nostre prossime conferenze.

«E trovandosi Gesù a Betania in casa di Simone illebbroso, ed essendo a mensa, venne una donna cheaveva un alabastro d’unguento di nardo di spigo di granpregio, e rotto l’alabastro, glielo sparse sulla testa. Ederanvi alcuni che soffrivano di mal cuore dentro di sè, edicevano: A che fine si è fatto questo scialacquamentod’unguento? Imperocchè poteva questo vendersi più ditrecento denari, e darsi ai poveri. E fremevano contro di

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lei. Ma Gesù disse: Lasciatela stare; perchè la inquietatevoi? Ella ha fatto una buona opera verso di me. Impe-rocchè avete sempre con voi dei poveri, e potete far lorodel bene, quando a voi piacerà; ma voi non mi avetesempre. Ella ha fatto quello che poteva; ha anticipato aungere il mio corpo per la sepoltura. In verità vi dico: Inqualunque luogo sarà predicato questo Vangelo pelmondo tutto, sarà ancora raccontato quel che ella ha fat-to in sua ricordanza». (Marco 14, 3-9).

Sarebbe bene che sempre venisse riconosciuto chequesto passo ha qualcosa di notevole; la maggior partedegli uomini, se di buona fede, dovrebbero ammettereche simpatizzano con coloro, che si lagnano dello sper-pero dell’unguento, essendo veramente inutile versarlosulla testa di qualcuno. E i più crederanno realmente chesarebbe stato meglio vendere l’unguento per trecentodenari, e darli ai poveri; e se sono sinceri troverannoforse che il Cristo è stato molto severo, quando ha detto:è meglio lasciar fare, anzichè dare i trecento denari aipoveri, vendendo l’unguento. Bisogna pur dire, che videve essere qualcosa di nascosto in quelle parole, pernon rimaner sorpresi da quella narrazione. Il Vangelo,anzi, non è neanche cortese in quel punto. Perchè men-tre vi è un certo numero di uomini, che ammettono chesarebbe stato meglio regalare ai poveri i trecento denariche si potevano ricavare dalla vendita dell’unguento, ilVangelo invece fa capire, che coloro che parlano a quelmodo la pensano come gli altri, perchè sta scritto: «Inqualunque luogo sarà predicato questo Vangelo pel

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lei. Ma Gesù disse: Lasciatela stare; perchè la inquietatevoi? Ella ha fatto una buona opera verso di me. Impe-rocchè avete sempre con voi dei poveri, e potete far lorodel bene, quando a voi piacerà; ma voi non mi avetesempre. Ella ha fatto quello che poteva; ha anticipato aungere il mio corpo per la sepoltura. In verità vi dico: Inqualunque luogo sarà predicato questo Vangelo pelmondo tutto, sarà ancora raccontato quel che ella ha fat-to in sua ricordanza». (Marco 14, 3-9).

Sarebbe bene che sempre venisse riconosciuto chequesto passo ha qualcosa di notevole; la maggior partedegli uomini, se di buona fede, dovrebbero ammettereche simpatizzano con coloro, che si lagnano dello sper-pero dell’unguento, essendo veramente inutile versarlosulla testa di qualcuno. E i più crederanno realmente chesarebbe stato meglio vendere l’unguento per trecentodenari, e darli ai poveri; e se sono sinceri troverannoforse che il Cristo è stato molto severo, quando ha detto:è meglio lasciar fare, anzichè dare i trecento denari aipoveri, vendendo l’unguento. Bisogna pur dire, che videve essere qualcosa di nascosto in quelle parole, pernon rimaner sorpresi da quella narrazione. Il Vangelo,anzi, non è neanche cortese in quel punto. Perchè men-tre vi è un certo numero di uomini, che ammettono chesarebbe stato meglio regalare ai poveri i trecento denariche si potevano ricavare dalla vendita dell’unguento, ilVangelo invece fa capire, che coloro che parlano a quelmodo la pensano come gli altri, perchè sta scritto: «Inqualunque luogo sarà predicato questo Vangelo pel

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mondo tutto, sarà ancora raccontato quel che ella ha fat-to in sua ricordanza. E Giuda Iscariota, uno de’ dodici,andò dai principi de’ sacerdoti per darlo nelle loro mani.E questi uditolo, si rallegrarono, e promisero di darglidel denaro. E cercava occasione favorevole per tradir-lo».

Perchè di fatto Giuda Iscariota fu in special modoscandalizzato del versamento dell’unguento! Coloro chesi scandalizzarono del versamento dell’unguento vengo-no associati al caso di Giuda Iscariota. Il Vangelo dun-que non è neppure cortese (perchè fa intendere che colo-ro che si sono scandalizzati del versamento dell’unguen-to sono proprio come Giuda Iscariota, il quale ha poivenduto il Signore per trenta denari d’argento) e dice:«Vedete, così sono gli uomini, che vogliono venderel’unguento per trecento denari, perchè Giuda tiene al de-naro!» Non si devono cercare scuse per il Vangelo, per-chè esse ne ostacolano la spiegazione obiettiva. Bisognascoprire ciò di cui veramente si tratta! e troveremo an-cora altri esempi, che ci dimostrano che il Vangelo, avolte, presenta in modo perfino urtante degli episodi se-condari, quando occorre che il punto principale siaesposto in luce particolarmente chiara.

Di che si tratta in questo passo? Il Vangelo vuol dire:l’uomo non deve tener conto soltanto dell’esistenza sen-sibile e di ciò che ha valore e importanza nell’esistenzasensibile, ma egli deve accogliere in sè sopratutto ilmondo supersensibile, ed è anche importante che eglitenga in considerazione ciò che non ha più nessuna im-

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mondo tutto, sarà ancora raccontato quel che ella ha fat-to in sua ricordanza. E Giuda Iscariota, uno de’ dodici,andò dai principi de’ sacerdoti per darlo nelle loro mani.E questi uditolo, si rallegrarono, e promisero di darglidel denaro. E cercava occasione favorevole per tradir-lo».

Perchè di fatto Giuda Iscariota fu in special modoscandalizzato del versamento dell’unguento! Coloro chesi scandalizzarono del versamento dell’unguento vengo-no associati al caso di Giuda Iscariota. Il Vangelo dun-que non è neppure cortese (perchè fa intendere che colo-ro che si sono scandalizzati del versamento dell’unguen-to sono proprio come Giuda Iscariota, il quale ha poivenduto il Signore per trenta denari d’argento) e dice:«Vedete, così sono gli uomini, che vogliono venderel’unguento per trecento denari, perchè Giuda tiene al de-naro!» Non si devono cercare scuse per il Vangelo, per-chè esse ne ostacolano la spiegazione obiettiva. Bisognascoprire ciò di cui veramente si tratta! e troveremo an-cora altri esempi, che ci dimostrano che il Vangelo, avolte, presenta in modo perfino urtante degli episodi se-condari, quando occorre che il punto principale siaesposto in luce particolarmente chiara.

Di che si tratta in questo passo? Il Vangelo vuol dire:l’uomo non deve tener conto soltanto dell’esistenza sen-sibile e di ciò che ha valore e importanza nell’esistenzasensibile, ma egli deve accogliere in sè sopratutto ilmondo supersensibile, ed è anche importante che eglitenga in considerazione ciò che non ha più nessuna im-

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portanza nel mondo sensibile. Il corpo del Cristo Gesù,di cui la donna ha soltanto anticipato l’unzione per la se-poltura, non ha importanza quando è privo dell’anima,ma bisogna fare qualcosa per ciò che ha valore e impor-tanza al di là dell’esistenza sensibile. Ed è questo checon forza occorre far rilevare. Per far emergere questofatto è stata perciò adoperata una cosa a cui la coscienzaumana naturale crede di attaccare sommo valorenell’esistenza sensibile. Viene qui dimostrato dal Vange-lo con uno speciale esempio che si deve a volte sottrarrequalcosa all’esistenza sensibile, per darla allo Spirito, aciò dunque a cui l’Io dei sensi si eleva, quando è liberodal proprio corpo. Il Vangelo sceglie appunto un esem-pio apparentemente molto crudele, e cioè, che vien sot-tratto ai poveri ciò che vien dato allo Spirito, ciò chevien dato all’Io quando è libero dal corpo. Non tien con-to di ciò a cui l’esistenza terrena dà valore, bensì di ciòche può penetrare nell’Io e irradiare da esso. Questo vie-ne esposto qui in modo particolarmente vigoroso; vieneperciò messo in rapporto con Giuda Iscariota, il qualecompie il tradimento, perchè egli sente il suo cuore spe-cialmente spinto verso l’esistenza sensibile, perchè eglisi mischia con coloro, i quali vengono indicati qui dalVangelo con poca cortesia come gente ignobile, sebbeneil caso che esso qui ci espone sia grave. Giuda mira afare soltanto ciò che ha importanza nell’esistenza deisensi, – come coloro i quali credono che soltanto ciò chesi può avere con i trecento denari abbia importanza, enon ne dànno alcuna a quanto trascende l’esistenza sen-

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portanza nel mondo sensibile. Il corpo del Cristo Gesù,di cui la donna ha soltanto anticipato l’unzione per la se-poltura, non ha importanza quando è privo dell’anima,ma bisogna fare qualcosa per ciò che ha valore e impor-tanza al di là dell’esistenza sensibile. Ed è questo checon forza occorre far rilevare. Per far emergere questofatto è stata perciò adoperata una cosa a cui la coscienzaumana naturale crede di attaccare sommo valorenell’esistenza sensibile. Viene qui dimostrato dal Vange-lo con uno speciale esempio che si deve a volte sottrarrequalcosa all’esistenza sensibile, per darla allo Spirito, aciò dunque a cui l’Io dei sensi si eleva, quando è liberodal proprio corpo. Il Vangelo sceglie appunto un esem-pio apparentemente molto crudele, e cioè, che vien sot-tratto ai poveri ciò che vien dato allo Spirito, ciò chevien dato all’Io quando è libero dal corpo. Non tien con-to di ciò a cui l’esistenza terrena dà valore, bensì di ciòche può penetrare nell’Io e irradiare da esso. Questo vie-ne esposto qui in modo particolarmente vigoroso; vieneperciò messo in rapporto con Giuda Iscariota, il qualecompie il tradimento, perchè egli sente il suo cuore spe-cialmente spinto verso l’esistenza sensibile, perchè eglisi mischia con coloro, i quali vengono indicati qui dalVangelo con poca cortesia come gente ignobile, sebbeneil caso che esso qui ci espone sia grave. Giuda mira afare soltanto ciò che ha importanza nell’esistenza deisensi, – come coloro i quali credono che soltanto ciò chesi può avere con i trecento denari abbia importanza, enon ne dànno alcuna a quanto trascende l’esistenza sen-

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sibile. Dobbiamo rilevare ovunque nel Vangelo i puntiprincipali e non i secondari. Il Vangelo verrà universal-mente riconosciuto, quando il valore della spiritualitàsarà stato riconosciuto. Dove si riconosce giustamente laspiritualità, l’esempio sopra riferito verrà apprezzato.Perciò si parlerà sempre dello sperpero dell’unguentocome di cosa senza importanza, quando si voglia far ri-saltare il valore del supersensibile per l’Io.

Un altro passo speciale, dal quale si può pure ricono-scere il modo metodicamente artistico con cui i fatti oc-culti per l’evoluzione dell’umanità vengono nascosti nelVangelo, è il seguente, il quale pure dà molto filo da tor-cere ai varii commentatori.

«E il dì seguente usciti che furono di Betania, ebbefame. E veduto da lontano un fico che aveva delle fo-glie, andò a vedere se a sorte vi trovasse qualche cosa; efattosi dappresso, non trovò se non foglie; imperocchènon era il tempo de’ fichi. E Gesù dissegli: Mai più ineterno non mangi alcuno delle tue frutta. E i discepolil’udirono». (Marco 11, 12-14).

Ora, onestamente, ognuno dovrebbe chiedersi: non èpure strano, che nei Vangeli un Dio si irriti con un albe-ro di fico, perchè avendo cercato fichi non li ha trovati,sebbene la causa per cui non ve ne erano sia stata dettaesplicitamente, «imperocchè non era il tempo de’fichi?» Dunque al tempo in cui non vi sono fichi è anda-to all’albero di fichi per cercare dei fichi, e non ne hatrovato e allora dice: «Mai più in eterno non mangi alcu-no delle tue frutta». Orbene, esaminate le spiegazioni

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sibile. Dobbiamo rilevare ovunque nel Vangelo i puntiprincipali e non i secondari. Il Vangelo verrà universal-mente riconosciuto, quando il valore della spiritualitàsarà stato riconosciuto. Dove si riconosce giustamente laspiritualità, l’esempio sopra riferito verrà apprezzato.Perciò si parlerà sempre dello sperpero dell’unguentocome di cosa senza importanza, quando si voglia far ri-saltare il valore del supersensibile per l’Io.

Un altro passo speciale, dal quale si può pure ricono-scere il modo metodicamente artistico con cui i fatti oc-culti per l’evoluzione dell’umanità vengono nascosti nelVangelo, è il seguente, il quale pure dà molto filo da tor-cere ai varii commentatori.

«E il dì seguente usciti che furono di Betania, ebbefame. E veduto da lontano un fico che aveva delle fo-glie, andò a vedere se a sorte vi trovasse qualche cosa; efattosi dappresso, non trovò se non foglie; imperocchènon era il tempo de’ fichi. E Gesù dissegli: Mai più ineterno non mangi alcuno delle tue frutta. E i discepolil’udirono». (Marco 11, 12-14).

Ora, onestamente, ognuno dovrebbe chiedersi: non èpure strano, che nei Vangeli un Dio si irriti con un albe-ro di fico, perchè avendo cercato fichi non li ha trovati,sebbene la causa per cui non ve ne erano sia stata dettaesplicitamente, «imperocchè non era il tempo de’fichi?» Dunque al tempo in cui non vi sono fichi è anda-to all’albero di fichi per cercare dei fichi, e non ne hatrovato e allora dice: «Mai più in eterno non mangi alcu-no delle tue frutta». Orbene, esaminate le spiegazioni

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che vengono generalmente date di questo episodio. Inesse sta scritto soltanto che in strano modo il CristoGesù sente appetito, si avvicina a un albero di fico inepoca in cui non vi sono fichi, non ne trova, e allora ma-ledice l’albero, perchè in eterno non nascano mai piùfrutti su di esso. – Ma che albero è questo? E perchè tut-to ciò vien raccontato? Chi sa leggere gli scritti occultiriconoscerà anzitutto nell’albero di fico (quale ne sia ilrapporto nel Vangelo lo vedremo in seguito) lo stesso al-bero di cui vien parlato nei riguardi del Buddha, il qualesedeva sotto all’albero del Bodhi e vi ricevette l’illumi-nazione per la predica di Benares. «Sotto l’albero delBodhi», ciò significa sotto «l’albero di fico». Storica-mente parlando, l’evoluzione umana, al tempo del Bud-dha, era ancora all’epoca dei fichi, vale a dire che gliuomini ricevevano, come successe al Buddha, l’Illumi-nazione dall’albero del Bodhi – sotto l’albero di fico;ma ormai non era più così, e questo fatto i discepoli do-vevano appunto imparare. Si era ormai presentato il fat-to storico mondiale, che i frutti non stavano più sottol’albero, dove il Buddha ha ricevuto l’Illuminazione. Eciò che avveniva nell’intera umanità si rifletteva alloranell’anima del Cristo. In Empedocle di Sicilia vediamoun rappresentante dell’umanità, un rappresentante di tut-ti quegli uomini che come lui erano assetati, perchè laloro anima non trovava ciò che prima essi possedevano,e doveva contentarsi dell’Io astratto; – si può dunqueparlare di Empedocle assetato, «si può parlare della setedi spirito» sentita da tutti gli uomini dell’epoca che allo-

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che vengono generalmente date di questo episodio. Inesse sta scritto soltanto che in strano modo il CristoGesù sente appetito, si avvicina a un albero di fico inepoca in cui non vi sono fichi, non ne trova, e allora ma-ledice l’albero, perchè in eterno non nascano mai piùfrutti su di esso. – Ma che albero è questo? E perchè tut-to ciò vien raccontato? Chi sa leggere gli scritti occultiriconoscerà anzitutto nell’albero di fico (quale ne sia ilrapporto nel Vangelo lo vedremo in seguito) lo stesso al-bero di cui vien parlato nei riguardi del Buddha, il qualesedeva sotto all’albero del Bodhi e vi ricevette l’illumi-nazione per la predica di Benares. «Sotto l’albero delBodhi», ciò significa sotto «l’albero di fico». Storica-mente parlando, l’evoluzione umana, al tempo del Bud-dha, era ancora all’epoca dei fichi, vale a dire che gliuomini ricevevano, come successe al Buddha, l’Illumi-nazione dall’albero del Bodhi – sotto l’albero di fico;ma ormai non era più così, e questo fatto i discepoli do-vevano appunto imparare. Si era ormai presentato il fat-to storico mondiale, che i frutti non stavano più sottol’albero, dove il Buddha ha ricevuto l’Illuminazione. Eciò che avveniva nell’intera umanità si rifletteva alloranell’anima del Cristo. In Empedocle di Sicilia vediamoun rappresentante dell’umanità, un rappresentante di tut-ti quegli uomini che come lui erano assetati, perchè laloro anima non trovava ciò che prima essi possedevano,e doveva contentarsi dell’Io astratto; – si può dunqueparlare di Empedocle assetato, «si può parlare della setedi spirito» sentita da tutti gli uomini dell’epoca che allo-

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ra si stava avvicinando. E l’intiera sete dell’umanità siscaricò nell’anima del Cristo Gesù, prima che si avvici-nasse il Mistero del Golgotha, e i discepoli dovevanoprender parte a questo segreto e conoscerlo.

Il Cristo conduce i suoi discepoli all’albero di fico edice loro il segreto dell’albero del Bodhi. Egli tralasciòdi dire, perchè inutile, che il Buddha ancora aveva tro-vato i frutti di quell’albero di fico. Ora però non era più«il tempo dei fichi», che all’epoca della predica di Be-nares il Buddha aveva avuti dall’albero del Bodhi; ma ilCristo doveva constatare, che dall’albero dal quale eraaffluita la luce di Benares, in eterno i frutti della cono-scenza non sarebbero più maturati, perchè dovranno or-mai venire dal mistero del Golgotha! Quale fatto ci stadinanzi? Il fatto, che il Cristo Gesù con i suoi discepoliva da Betania a Gerusalemme, e che in questa occasioneè stato risvegliato nei discepoli un sentimento partico-larmente forte, che desta nelle loro anime delle forzechiaroveggenti, di guisa che essi sono specialmente di-sposti all’immaginazione. Vengono destate nei discepoliforze chiaroveggenti immaginative; essi vedono chiaro-veggentemente l’albero del Bodhi, l’albero di fico, e ilCristo Gesù effettua in loro la conoscenza che dall’albe-ro del Bodhi i frutti della conoscenza non potranno piùvenire, perchè non è più il tempo dei fichi, cioè,dell’antica conoscenza. In eterno questo albero sarà dis-seccato, e un nuovo albero deve crescere, l’albero che ècostituito dal legno morto della croce e al quale non ma-turano gli antichi frutti, sibbene i frutti che possono ma-

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ra si stava avvicinando. E l’intiera sete dell’umanità siscaricò nell’anima del Cristo Gesù, prima che si avvici-nasse il Mistero del Golgotha, e i discepoli dovevanoprender parte a questo segreto e conoscerlo.

Il Cristo conduce i suoi discepoli all’albero di fico edice loro il segreto dell’albero del Bodhi. Egli tralasciòdi dire, perchè inutile, che il Buddha ancora aveva tro-vato i frutti di quell’albero di fico. Ora però non era più«il tempo dei fichi», che all’epoca della predica di Be-nares il Buddha aveva avuti dall’albero del Bodhi; ma ilCristo doveva constatare, che dall’albero dal quale eraaffluita la luce di Benares, in eterno i frutti della cono-scenza non sarebbero più maturati, perchè dovranno or-mai venire dal mistero del Golgotha! Quale fatto ci stadinanzi? Il fatto, che il Cristo Gesù con i suoi discepoliva da Betania a Gerusalemme, e che in questa occasioneè stato risvegliato nei discepoli un sentimento partico-larmente forte, che desta nelle loro anime delle forzechiaroveggenti, di guisa che essi sono specialmente di-sposti all’immaginazione. Vengono destate nei discepoliforze chiaroveggenti immaginative; essi vedono chiaro-veggentemente l’albero del Bodhi, l’albero di fico, e ilCristo Gesù effettua in loro la conoscenza che dall’albe-ro del Bodhi i frutti della conoscenza non potranno piùvenire, perchè non è più il tempo dei fichi, cioè,dell’antica conoscenza. In eterno questo albero sarà dis-seccato, e un nuovo albero deve crescere, l’albero che ècostituito dal legno morto della croce e al quale non ma-turano gli antichi frutti, sibbene i frutti che possono ma-

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turare dal Mistero del Golgotha, che è unito come sim-bolo con la croce del Golgotha. Al posto della storia dimondiale importanza del Buddha, che sta seduto sottol’albero del Bodhi, è subentrata l’immagine del Golgo-tha, dove viene innalzato un altro albero, quello dellacroce, al quale sta appeso il frutto vivente dell’Uomo-Dio, che si manifesta, perchè da Lui irradii la nuova co-noscenza dell’albero, che ormai vieppiù si andava for-mando e che deve portare i frutti per tutta l’eternità.

IX

In queste conferenze è stato ripetutamente accennato,che in avvenire si verificherà un certo rivolgimento neirapporti fra gli uomini e i Vangeli, perchè l’elementoprofondamente artistico di questi, l’arte con cui questiVangeli sono composti verrà compresa, e perchè i retro-scena occulti degl’impulsi storici mondiali descritti neiVangeli si vedranno nella loro giusta luce, soltantoquando si saprà approfondire tutta l’arte, con cui queiVangeli sono composti. In ultima analisi anche a questoriguardo, come è stato accennato in altre occasioni, laletteratura e l’arte dei Vangeli occupano un posto nelcorso storico dell’evoluzione generale dell’umanità.

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turare dal Mistero del Golgotha, che è unito come sim-bolo con la croce del Golgotha. Al posto della storia dimondiale importanza del Buddha, che sta seduto sottol’albero del Bodhi, è subentrata l’immagine del Golgo-tha, dove viene innalzato un altro albero, quello dellacroce, al quale sta appeso il frutto vivente dell’Uomo-Dio, che si manifesta, perchè da Lui irradii la nuova co-noscenza dell’albero, che ormai vieppiù si andava for-mando e che deve portare i frutti per tutta l’eternità.

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In queste conferenze è stato ripetutamente accennato,che in avvenire si verificherà un certo rivolgimento neirapporti fra gli uomini e i Vangeli, perchè l’elementoprofondamente artistico di questi, l’arte con cui questiVangeli sono composti verrà compresa, e perchè i retro-scena occulti degl’impulsi storici mondiali descritti neiVangeli si vedranno nella loro giusta luce, soltantoquando si saprà approfondire tutta l’arte, con cui queiVangeli sono composti. In ultima analisi anche a questoriguardo, come è stato accennato in altre occasioni, laletteratura e l’arte dei Vangeli occupano un posto nelcorso storico dell’evoluzione generale dell’umanità.

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Abbiamo indicato quelle figure solitarie della Grecia,le quali sentivano profondamente nelle loro anime lospegnersi graduale, lo sparire, dell’antica visione chiaro-veggente, e dovevano rimpiazzarla con ciò, da cui deveelaborarsi l’Io degli uomini, la coscienza attuale, cioècon l’intellettualità astratta, con le rappresentazioniastratte. Possiamo indicare anche un’altra cosa, che inun determinato modo palesa appunto nella cultura grecaquasi la fine di una civiltà dell’umanità, che segna quasiun punto, fino al quale la cultura dell’umanità sia arriva-ta, per essere poi stimolata nel suo ulteriore cammino dauna nuova direzione. Questa è l’arte greca. Per quale ra-gione gli uomini, e non soltanto all’epoca del Rinasci-mento in Europa, hanno cercato con l’anima «il paesedei Greci», cioè «il paese della Bellezza», hanno vedutonella mirabile perfezione della forma umana un ideale dievoluzione umana, e perchè ancora nell’epoca classicamoderna delle intelligenze come Goethe cercavanougualmente con l’anima questo «paese dei greci», cioè,«il paese della bella forma?» Ciò proviene dal fatto, chein Grecia, effettivamente, la bellezza, che si esprime allavista immediatamente nella forma esteriore, ha trovatoun dato termine, è culminata in un determinato apice.L’arte greca, la bellezza greca si presenta a noi come in-teriormente racchiusa nella forma. Dalla composizionedell’opera d’arte greca si vede subito ciò che per mezzodi essa composizione ci deve essere dato. Si manifestaagli occhi, sta completamente nell’esistenza sensibile.Questo appunto è ciò che vi è di grande nell’arte greca;

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Abbiamo indicato quelle figure solitarie della Grecia,le quali sentivano profondamente nelle loro anime lospegnersi graduale, lo sparire, dell’antica visione chiaro-veggente, e dovevano rimpiazzarla con ciò, da cui deveelaborarsi l’Io degli uomini, la coscienza attuale, cioècon l’intellettualità astratta, con le rappresentazioniastratte. Possiamo indicare anche un’altra cosa, che inun determinato modo palesa appunto nella cultura grecaquasi la fine di una civiltà dell’umanità, che segna quasiun punto, fino al quale la cultura dell’umanità sia arriva-ta, per essere poi stimolata nel suo ulteriore cammino dauna nuova direzione. Questa è l’arte greca. Per quale ra-gione gli uomini, e non soltanto all’epoca del Rinasci-mento in Europa, hanno cercato con l’anima «il paesedei Greci», cioè «il paese della Bellezza», hanno vedutonella mirabile perfezione della forma umana un ideale dievoluzione umana, e perchè ancora nell’epoca classicamoderna delle intelligenze come Goethe cercavanougualmente con l’anima questo «paese dei greci», cioè,«il paese della bella forma?» Ciò proviene dal fatto, chein Grecia, effettivamente, la bellezza, che si esprime allavista immediatamente nella forma esteriore, ha trovatoun dato termine, è culminata in un determinato apice.L’arte greca, la bellezza greca si presenta a noi come in-teriormente racchiusa nella forma. Dalla composizionedell’opera d’arte greca si vede subito ciò che per mezzodi essa composizione ci deve essere dato. Si manifestaagli occhi, sta completamente nell’esistenza sensibile.Questo appunto è ciò che vi è di grande nell’arte greca;

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essa emerge completamente nella manifestazione este-riore.

Si potrebbe dire: in questo appunto anche l’arte deiVangeli segna un inizio nuovo, un inizio, che fino a ogginon è stato molto largamente compreso. Anche nei Van-geli vi è in special modo una composizione interiore, unintrecciarsi interiore di fili artistici, che sono al tempostesso fili occulti. Perciò ha tanta importanza quello acui ieri abbiamo accennato: che ovunque veramente, inogni descrizione, in ogni narrazione, si può vedere qualesia lo speciale punto che è stato preso in considerazione.Nel Vangelo di Marco sopratutto, non tanto dal contesto,quanto dall’intiera intonazione della descrizione, emer-ge il fatto, che il Cristo viene presentato come una ma-nifestazione cosmica terrestre e al tempo stesso super-terrestre – e il Mistero del Golgotha come un fatto altempo stesso terrestre e superterrestre. Ma con arte fi-nissima, verso la fine del Vangelo di Marco, viene ac-cennato ancora a qualcosa d’altro. Vi sta detto: allora unimpulso cosmico risplende nelle vicende terrestri. Vispande dentro la sua luce. Toccava agli esseri terrestri,agli uomini terrestri, di muovere con intendimento in-contro a questo Impulso. Forse in nessun altro Vangeloquanto in quello di Marco viene indicato, che per lacomprensione di ciò che spandeva in tal modo la sualuce dal Cosmo nell’esistenza terrestre occorre, in fon-do, tutta la rimanente evoluzione della Terra, e che nonera affatto possibile che questa comprensione vi fosseall’epoca in cui il Mistero del Golgotha si è direttamente

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essa emerge completamente nella manifestazione este-riore.

Si potrebbe dire: in questo appunto anche l’arte deiVangeli segna un inizio nuovo, un inizio, che fino a ogginon è stato molto largamente compreso. Anche nei Van-geli vi è in special modo una composizione interiore, unintrecciarsi interiore di fili artistici, che sono al tempostesso fili occulti. Perciò ha tanta importanza quello acui ieri abbiamo accennato: che ovunque veramente, inogni descrizione, in ogni narrazione, si può vedere qualesia lo speciale punto che è stato preso in considerazione.Nel Vangelo di Marco sopratutto, non tanto dal contesto,quanto dall’intiera intonazione della descrizione, emer-ge il fatto, che il Cristo viene presentato come una ma-nifestazione cosmica terrestre e al tempo stesso super-terrestre – e il Mistero del Golgotha come un fatto altempo stesso terrestre e superterrestre. Ma con arte fi-nissima, verso la fine del Vangelo di Marco, viene ac-cennato ancora a qualcosa d’altro. Vi sta detto: allora unimpulso cosmico risplende nelle vicende terrestri. Vispande dentro la sua luce. Toccava agli esseri terrestri,agli uomini terrestri, di muovere con intendimento in-contro a questo Impulso. Forse in nessun altro Vangeloquanto in quello di Marco viene indicato, che per lacomprensione di ciò che spandeva in tal modo la sualuce dal Cosmo nell’esistenza terrestre occorre, in fon-do, tutta la rimanente evoluzione della Terra, e che nonera affatto possibile che questa comprensione vi fosseall’epoca in cui il Mistero del Golgotha si è direttamente

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verificato. E questo fatto della mancanza a quell’epocadi comprensione, il fatto, che la comprensione allora haricevuto la prima spinta e soltanto gradatamente potràsvilupparsi nell’ulteriore corso di evoluzione dell’uma-nità, viene appunto reso in maniera mirabile dal modoartistico con cui è composto il Vangelo di Marco. Talefinezza artistica ci si palesa, se chiediamo quale formala comprensione potesse prendere a quell’epoca, in qua-le modo potesse accogliere il Mistero del Golgotha.

Essenzialmente erano possibili tre generi di compren-sione; essa poteva emanare da tre fattori: primo, da co-loro, i quali erano i discepoli più intimi, i discepoli sceltidal Cristo Gesù. Essi si presentano a noi ovunque neiVangeli come scelti dal Signore stesso, che a loro ha af-fidato gran parte di ciò che può condurli a una compren-sione superiore dell’esistenza. Da loro possiamo dunqueaspettarci la massima comprensione per il Mistero delGolgotha. Quale comprensione possiamo aspettarci daloro? La risposta a questa domanda ci viene data conmolta finezza quanto più ci si avvicina alla fine del Van-gelo di Marco. In esso Vangelo viene indicato chiara-mente, purchè ovunque si cerchi con cura ciò di cui ve-ramente si tratta, che questi discepoli eletti potevano go-dere di una comprensione superiore, quali Guide del po-polo dell’Antico Testamento.

Vi è anche un dialogo del Cristo Gesù con i Sadducei.Questo dialogo tratta anzitutto dell’immortalità dell’ani-ma. Se si osserva il Vangelo superficialmente, non riu-scirà facile comprendere perchè proprio a quel posto vi

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verificato. E questo fatto della mancanza a quell’epocadi comprensione, il fatto, che la comprensione allora haricevuto la prima spinta e soltanto gradatamente potràsvilupparsi nell’ulteriore corso di evoluzione dell’uma-nità, viene appunto reso in maniera mirabile dal modoartistico con cui è composto il Vangelo di Marco. Talefinezza artistica ci si palesa, se chiediamo quale formala comprensione potesse prendere a quell’epoca, in qua-le modo potesse accogliere il Mistero del Golgotha.

Essenzialmente erano possibili tre generi di compren-sione; essa poteva emanare da tre fattori: primo, da co-loro, i quali erano i discepoli più intimi, i discepoli sceltidal Cristo Gesù. Essi si presentano a noi ovunque neiVangeli come scelti dal Signore stesso, che a loro ha af-fidato gran parte di ciò che può condurli a una compren-sione superiore dell’esistenza. Da loro possiamo dunqueaspettarci la massima comprensione per il Mistero delGolgotha. Quale comprensione possiamo aspettarci daloro? La risposta a questa domanda ci viene data conmolta finezza quanto più ci si avvicina alla fine del Van-gelo di Marco. In esso Vangelo viene indicato chiara-mente, purchè ovunque si cerchi con cura ciò di cui ve-ramente si tratta, che questi discepoli eletti potevano go-dere di una comprensione superiore, quali Guide del po-polo dell’Antico Testamento.

Vi è anche un dialogo del Cristo Gesù con i Sadducei.Questo dialogo tratta anzitutto dell’immortalità dell’ani-ma. Se si osserva il Vangelo superficialmente, non riu-scirà facile comprendere perchè proprio a quel posto vi

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sia questo discorso sull’immortalità con i Sadducei, epoi gli strani ragionamenti dei Sadducei, i quali dicono:Potrebbe succedere che di sette fratelli uno avesse presomoglie; egli muore però, e la medesima donna sposa ilsecondo fratello; dopo la morte di questo essa sposa ilterzo, e così di seguito sposa anche gli altri, poichè essamuore soltanto dopo la morte del settimo. I Sadduceinon capivano come, se vi è l’immortalità, questi setteuomini dovrebbero comportarsi verso quell’unica donnanella vita spirituale. Questa è la ben nota obiezione deiSadducei, la quale, come forse alcuni di voi già sapete,non è stata sollevata soltanto all’epoca del Mistero delGolgotha, ma si trova anche in varii libri moderni, comeobiezione contro l’immortalità – e ciò dimostra che an-che nella cerchia di coloro che scrivono tali libri, lacompleta comprensione dell’argomento non è ancorapenetrata. Ma perchè questo dialogo? Se lo analizziamo,vedremo che dalla risposta appunto data dal Cristo Gesùci viene indicato, che dopo la morte le anime diventanocelesti, e fra gli esseri del mondo superterrestre non vi èmatrimonio, per cui non vi sarebbero difficoltà nel casosi verificasse il fatto citato dai Sadducei; questi avevanoaccennato a un rapporto essenzialmente terrestre, chenon ha importanza per una sfera superterrestre. Insom-ma, il Cristo Gesù parla di condizioni extraterrestri, dicui si deve tener conto nella concezione della vita extra-terrestre.

Ma in un altro punto del Vangelo di Marco trovereteanche un altro dialogo, in cui viene interrogato il Cristo

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sia questo discorso sull’immortalità con i Sadducei, epoi gli strani ragionamenti dei Sadducei, i quali dicono:Potrebbe succedere che di sette fratelli uno avesse presomoglie; egli muore però, e la medesima donna sposa ilsecondo fratello; dopo la morte di questo essa sposa ilterzo, e così di seguito sposa anche gli altri, poichè essamuore soltanto dopo la morte del settimo. I Sadduceinon capivano come, se vi è l’immortalità, questi setteuomini dovrebbero comportarsi verso quell’unica donnanella vita spirituale. Questa è la ben nota obiezione deiSadducei, la quale, come forse alcuni di voi già sapete,non è stata sollevata soltanto all’epoca del Mistero delGolgotha, ma si trova anche in varii libri moderni, comeobiezione contro l’immortalità – e ciò dimostra che an-che nella cerchia di coloro che scrivono tali libri, lacompleta comprensione dell’argomento non è ancorapenetrata. Ma perchè questo dialogo? Se lo analizziamo,vedremo che dalla risposta appunto data dal Cristo Gesùci viene indicato, che dopo la morte le anime diventanocelesti, e fra gli esseri del mondo superterrestre non vi èmatrimonio, per cui non vi sarebbero difficoltà nel casosi verificasse il fatto citato dai Sadducei; questi avevanoaccennato a un rapporto essenzialmente terrestre, chenon ha importanza per una sfera superterrestre. Insom-ma, il Cristo Gesù parla di condizioni extraterrestri, dicui si deve tener conto nella concezione della vita extra-terrestre.

Ma in un altro punto del Vangelo di Marco trovereteanche un altro dialogo, in cui viene interrogato il Cristo

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Gesù sul matrimonio. Fra il Cristo e gli scribi ebrei sidiscute, come in ordine alla legge di Mosè sia possibiledi congedare una donna con un libello di ripudio. Di chesi tratta quando il Cristo risponde: «Sì, questa legge vi èstata data da Mosè; i vostri cuori sono deboli e avete bi-sogno di questa istituzione». È importante il fatto cheEgli discorre ora di tutto in modo completamente diver-so: Egli parla ora del legame fra uomo e donna, comecomparisce prima che l’evoluzione umana si fosse tro-vata davanti alla tentazione delle forze luciferiche. Cioè:Egli parla di qualcosa di cosmico, di qualcosa di super-terrestre; Egli dirige l’argomento su qualcosa di super-terrestre. Questo è ciò di cui si tratta, cioè, il CristoGesù dirige i dialoghi al di là di ciò che si riferisceall’esistenza sensibile, al di là delle condizioni dell’esi-stenza sensibile, dell’evoluzione ordinaria terrestre.Questo è l’importante, che così Egli già dimostra checon la sua comparsa sulla Terra porta giù seco delle con-dizioni superterrestri cosmiche, e discorre con gli esseriterrestri di queste condizioni cosmiche. Da chi si puòsperare o, per così dire, si potrebbe pretendere, che i di-scorsi del Cristo Gesù sulle condizioni cosmiche venga-no meglio compresi? Da coloro, che egli si è anzituttoscelti per suoi discepoli. Si potrebbe dunque dire, che ilprimo genere di comprensione può caratterizzarsi comesegue: i discepoli prescelti dal Cristo Gesù avrebberopotuto comprendere il Mistero del Golgotha in modo, daessere capaci d’intendere l’aspetto superterrestre, cosmi-co, di questo fatto storico-mondiale. Questo è ciò che ci

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Gesù sul matrimonio. Fra il Cristo e gli scribi ebrei sidiscute, come in ordine alla legge di Mosè sia possibiledi congedare una donna con un libello di ripudio. Di chesi tratta quando il Cristo risponde: «Sì, questa legge vi èstata data da Mosè; i vostri cuori sono deboli e avete bi-sogno di questa istituzione». È importante il fatto cheEgli discorre ora di tutto in modo completamente diver-so: Egli parla ora del legame fra uomo e donna, comecomparisce prima che l’evoluzione umana si fosse tro-vata davanti alla tentazione delle forze luciferiche. Cioè:Egli parla di qualcosa di cosmico, di qualcosa di super-terrestre; Egli dirige l’argomento su qualcosa di super-terrestre. Questo è ciò di cui si tratta, cioè, il CristoGesù dirige i dialoghi al di là di ciò che si riferisceall’esistenza sensibile, al di là delle condizioni dell’esi-stenza sensibile, dell’evoluzione ordinaria terrestre.Questo è l’importante, che così Egli già dimostra checon la sua comparsa sulla Terra porta giù seco delle con-dizioni superterrestri cosmiche, e discorre con gli esseriterrestri di queste condizioni cosmiche. Da chi si puòsperare o, per così dire, si potrebbe pretendere, che i di-scorsi del Cristo Gesù sulle condizioni cosmiche venga-no meglio compresi? Da coloro, che egli si è anzituttoscelti per suoi discepoli. Si potrebbe dunque dire, che ilprimo genere di comprensione può caratterizzarsi comesegue: i discepoli prescelti dal Cristo Gesù avrebberopotuto comprendere il Mistero del Golgotha in modo, daessere capaci d’intendere l’aspetto superterrestre, cosmi-co, di questo fatto storico-mondiale. Questo è ciò che ci

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si potrebbe aspettare da questi discepoli prescelti dalCristo.

Un secondo genere di comprensione ci si potrebbeaspettare da coloro che guidavano il popolo anticoebreo, dai grandi sacerdoti, dai giudici supremi, da colo-ro che conoscono la Scrittura, e l’evoluzione storica delpopolo dell’Antico Testamento. Che cosa si poteva ri-chiedere da costoro? Il Vangelo indica chiaramente, chenon si chiede che essi abbiano una comprensione dellecondizioni cosmiche del Cristo Gesù, ma che ci si aspet-ta che essi comprendano il fatto, che il Cristo Gesù è ve-nuto dal popolo antico ebreo, che con la sua Individuali-tà è nato nel sangue di questo popolo e che Egli è un fi-glio della Casa di Davide, intimamente collegato conl’essenza di ciò che con Davide è venuto nel popoloebreo. Così ci viene indicato il secondo genere di com-prensione, di grado minore. Che il Cristo Gesù abbiauna missione, che significa il punto culminante dellamissione dell’intiero popolo ebreo, ci viene indicato inmodo mirabile verso la fine del Vangelo di Marco, einoltre ci viene accennato (osservate con quale arte ciòrisulta dalla composizione del Vangelo stesso) che ab-biamo a che fare con il figlio di Davide. Mentre dunquesi pretende che i discepoli abbiano una comprensioneper la missione degli Eroi Cosmici, da coloro invece chesi considerano come popolo ebreo si richiede che com-prendano, che l’inviato della missione di Davide è venu-to. Questa è la seconda comprensione. Il popolo ebreo

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si potrebbe aspettare da questi discepoli prescelti dalCristo.

Un secondo genere di comprensione ci si potrebbeaspettare da coloro che guidavano il popolo anticoebreo, dai grandi sacerdoti, dai giudici supremi, da colo-ro che conoscono la Scrittura, e l’evoluzione storica delpopolo dell’Antico Testamento. Che cosa si poteva ri-chiedere da costoro? Il Vangelo indica chiaramente, chenon si chiede che essi abbiano una comprensione dellecondizioni cosmiche del Cristo Gesù, ma che ci si aspet-ta che essi comprendano il fatto, che il Cristo Gesù è ve-nuto dal popolo antico ebreo, che con la sua Individuali-tà è nato nel sangue di questo popolo e che Egli è un fi-glio della Casa di Davide, intimamente collegato conl’essenza di ciò che con Davide è venuto nel popoloebreo. Così ci viene indicato il secondo genere di com-prensione, di grado minore. Che il Cristo Gesù abbiauna missione, che significa il punto culminante dellamissione dell’intiero popolo ebreo, ci viene indicato inmodo mirabile verso la fine del Vangelo di Marco, einoltre ci viene accennato (osservate con quale arte ciòrisulta dalla composizione del Vangelo stesso) che ab-biamo a che fare con il figlio di Davide. Mentre dunquesi pretende che i discepoli abbiano una comprensioneper la missione degli Eroi Cosmici, da coloro invece chesi considerano come popolo ebreo si richiede che com-prendano, che l’inviato della missione di Davide è venu-to. Questa è la seconda comprensione. Il popolo ebreo

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avrebbe dovuto capire, che poteva giungere la fine dellapropria missione e un nuovo impulso della medesima.

E da dove doveva provenire il terzo genere di com-prensione? Da questa ormai si pretende molto meno. Èmirabile la finissima arte con cui ciò si affaccia a noinella composizione del Vangelo di Marco. Viene pretesomeno, e questa comprensione minore viene chiesta aiRomani. Alla fine del Vangelo di Marco, quando il Cri-sto viene consegnato dai sommi sacerdoti, leggete ciòche succede. Parlo ancora del Vangelo di Marco! I som-mi sacerdoti chiedono al Cristo Gesù se Egli vuol parla-re del «Cristo», se Egli vuol farsi conoscere come Cri-sto, cosa di cui essi si offenderebbero, perchè parlerebbein tal caso della sua missione cosmica; o se egli intendedire, che è un rampollo della schiatta di Davide. Quale èla sola cosa dunque di cui si adonta Pilato? Soltanto delfatto, che Egli si sia spacciato come «Re dei Giudei»? Igiudei dovevano intendere, che Egli deve rappresentareun punto culminante della loro propria evoluzione. I ro-mani dovevano intendere, che Egli ha un’importanzanell’evoluzione del popolo ebreo – che Egli non rappre-senta un apice, ma soltanto una parte dirigente. Se i ro-mani avessero compreso questo, che cosa sarebbe avve-nuto? Soltanto ciò che poi è avvenuto; ma essi nonl’hanno compreso. Sappiamo che il giudaismo si è este-so, e che per la via indiretta di Alessandria si è estesosul mondo occidentale. Ormai era giunto il momentoper la diffusione della coltura ebrea; i romani avrebberopotuto comprendere questo. Ed è meno di quanto dove-

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avrebbe dovuto capire, che poteva giungere la fine dellapropria missione e un nuovo impulso della medesima.

E da dove doveva provenire il terzo genere di com-prensione? Da questa ormai si pretende molto meno. Èmirabile la finissima arte con cui ciò si affaccia a noinella composizione del Vangelo di Marco. Viene pretesomeno, e questa comprensione minore viene chiesta aiRomani. Alla fine del Vangelo di Marco, quando il Cri-sto viene consegnato dai sommi sacerdoti, leggete ciòche succede. Parlo ancora del Vangelo di Marco! I som-mi sacerdoti chiedono al Cristo Gesù se Egli vuol parla-re del «Cristo», se Egli vuol farsi conoscere come Cri-sto, cosa di cui essi si offenderebbero, perchè parlerebbein tal caso della sua missione cosmica; o se egli intendedire, che è un rampollo della schiatta di Davide. Quale èla sola cosa dunque di cui si adonta Pilato? Soltanto delfatto, che Egli si sia spacciato come «Re dei Giudei»? Igiudei dovevano intendere, che Egli deve rappresentareun punto culminante della loro propria evoluzione. I ro-mani dovevano intendere, che Egli ha un’importanzanell’evoluzione del popolo ebreo – che Egli non rappre-senta un apice, ma soltanto una parte dirigente. Se i ro-mani avessero compreso questo, che cosa sarebbe avve-nuto? Soltanto ciò che poi è avvenuto; ma essi nonl’hanno compreso. Sappiamo che il giudaismo si è este-so, e che per la via indiretta di Alessandria si è estesosul mondo occidentale. Ormai era giunto il momentoper la diffusione della coltura ebrea; i romani avrebberopotuto comprendere questo. Ed è meno di quanto dove-

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vano intendere gli scribi. I romani avrebbero soltantodovuto comprendere il significato che gli Ebrei avevanocome parte del mondo. E che essi non lo comprendono– e sarebbe stato un compito di quell’epoca – viene ac-cennato dal fatto, che Pilato, sebbene non capisca puntoche il Cristo viene considerato come Re dei Giudei, infondo non attribuisce importanza al fatto che Egli siapresentato come Re dei Giudei.

Ci si poteva dunque aspettare tre diverse comprensio-ni della missione del Cristo:

1° – La comprensione che i discepoli eletti potevanoavere per l’elemento cosmico del Cristo;

2° – La comprensione che i Giudei dovevano avereper ciò che si estende nel popolo giudeo stesso;

3° – La comprensione che i romani dovevano avere,quando gli Ebrei finirono di estendersi soltanto in Pale-stina e cominciarono a estendersi sopra una parte piùgrande della Terra.

Tutto ciò è occultato nella composizione artistica so-pratutto del Vangelo di Marco. E anche le risposte aquei tre casi ci vengono date chiaramente. Il primo que-sito deve essere: hanno gli Apostoli, i discepoli eletti,raggiunto l’altezza di comprensione che dovrebberoavere? hanno essi riconosciuto il Cristo Gesù come Spi-rito Cosmico? hanno essi riconosciuto che fra loro vi eraUno, il quale non era soltanto ciò che appariva comeuomo, ma che era avvolto da un’aura, attraverso la qua-le delle forze cosmiche e delle leggi cosmiche penetra-vano nella Terra? lo hanno compreso? Il Vangelo indica

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vano intendere gli scribi. I romani avrebbero soltantodovuto comprendere il significato che gli Ebrei avevanocome parte del mondo. E che essi non lo comprendono– e sarebbe stato un compito di quell’epoca – viene ac-cennato dal fatto, che Pilato, sebbene non capisca puntoche il Cristo viene considerato come Re dei Giudei, infondo non attribuisce importanza al fatto che Egli siapresentato come Re dei Giudei.

Ci si poteva dunque aspettare tre diverse comprensio-ni della missione del Cristo:

1° – La comprensione che i discepoli eletti potevanoavere per l’elemento cosmico del Cristo;

2° – La comprensione che i Giudei dovevano avereper ciò che si estende nel popolo giudeo stesso;

3° – La comprensione che i romani dovevano avere,quando gli Ebrei finirono di estendersi soltanto in Pale-stina e cominciarono a estendersi sopra una parte piùgrande della Terra.

Tutto ciò è occultato nella composizione artistica so-pratutto del Vangelo di Marco. E anche le risposte aquei tre casi ci vengono date chiaramente. Il primo que-sito deve essere: hanno gli Apostoli, i discepoli eletti,raggiunto l’altezza di comprensione che dovrebberoavere? hanno essi riconosciuto il Cristo Gesù come Spi-rito Cosmico? hanno essi riconosciuto che fra loro vi eraUno, il quale non era soltanto ciò che appariva comeuomo, ma che era avvolto da un’aura, attraverso la qua-le delle forze cosmiche e delle leggi cosmiche penetra-vano nella Terra? lo hanno compreso? Il Vangelo indica

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chiaramente che Cristo esigeva che essi avessero questacomprensione. Perchè quando i due discepoli, i figli diZebedeo, vennero a chiedergli di poter sedere uno allasua destra e l’altro alla sua sinistra, egli risponde: «Nonsapete quello che domandate. Potete voi bere il caliceche io bevo, o esser battezzati con il battesimo ond’iosono battezzato?» (Marco 11, 38).

I discepoli a questo dapprima s’impegnano. Che ilCristo Gesù chieda ad essi questa comprensione ci vienechiaramente indicato da queste parole. Che cosa sarebbepotuto ormai accadere? Due cose sarebbero potute acca-dere, e cioè: primo, che i discepoli prescelti avessero ve-ramente attraversato con lui tutto ciò che si è allora ef-fettuato come Mistero del Golgotha, che il legame fra idiscepoli e il Cristo si fosse mantenuto fino al Misterodel Golgotha; questa è una delle cose che sarebbero po-tute succedere; ma che questo appunto non si sia verifi-cato, lo vediamo in special modo nel Vangelo di Marco.Quando il Cristo Gesù viene catturato, fuggono tutti, ePietro, che aveva promesso di non lasciarsi smuovere daniente, lo rinnega tre volte prima del secondo canto delgallo. Così nel contegno degli Apostoli viene prospetta-to come quella eventualità non si sia verificata. Come civiene ora prospettato questo fatto nei riguardi del CristoGesù?

Trasferiamoci ora con tutta umiltà – perchè così deveessere! – nell’anima del Cristo Gesù, la quale cerca finoall’ultimo di mantenere integro il legame tessutosi conle anime degli Apostoli; trasferiamoci, per quanto ci è

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chiaramente che Cristo esigeva che essi avessero questacomprensione. Perchè quando i due discepoli, i figli diZebedeo, vennero a chiedergli di poter sedere uno allasua destra e l’altro alla sua sinistra, egli risponde: «Nonsapete quello che domandate. Potete voi bere il caliceche io bevo, o esser battezzati con il battesimo ond’iosono battezzato?» (Marco 11, 38).

I discepoli a questo dapprima s’impegnano. Che ilCristo Gesù chieda ad essi questa comprensione ci vienechiaramente indicato da queste parole. Che cosa sarebbepotuto ormai accadere? Due cose sarebbero potute acca-dere, e cioè: primo, che i discepoli prescelti avessero ve-ramente attraversato con lui tutto ciò che si è allora ef-fettuato come Mistero del Golgotha, che il legame fra idiscepoli e il Cristo si fosse mantenuto fino al Misterodel Golgotha; questa è una delle cose che sarebbero po-tute succedere; ma che questo appunto non si sia verifi-cato, lo vediamo in special modo nel Vangelo di Marco.Quando il Cristo Gesù viene catturato, fuggono tutti, ePietro, che aveva promesso di non lasciarsi smuovere daniente, lo rinnega tre volte prima del secondo canto delgallo. Così nel contegno degli Apostoli viene prospetta-to come quella eventualità non si sia verificata. Come civiene ora prospettato questo fatto nei riguardi del CristoGesù?

Trasferiamoci ora con tutta umiltà – perchè così deveessere! – nell’anima del Cristo Gesù, la quale cerca finoall’ultimo di mantenere integro il legame tessutosi conle anime degli Apostoli; trasferiamoci, per quanto ci è

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concesso, nell’anima del Cristo durante l’ulteriore corsodegli eventi. Quest’anima poteva allora veramente porsiil quesito d’importanza mondiale: posso sperare che al-meno le anime dei discepoli più eletti si elevino a talealtezza da sperimentare meco tutto ciò che ha da succe-dere fino al Mistero del Golgotha? L’anima del Cristo sipone questa domanda. È un momento grandioso quelloin cui Pietro, Giacomo e Giovanni vengono condottifuori al Monte degli Olivi e il Cristo Gesù vuol osserva-re da sè questi elettissimi, per vedere se può conservarli.E per via Egli cominciò ad atterrirsi. Miei cari amici,qualcuno di noi può mai credere che il Cristo si sia at-territo della morte, del Mistero del Golgotha, e che egliabbia sudato sangue sul Monte degli Olivi per l’avvici-narsi dell’evento del Golgotha? Questo dimostrerebbe innoi poca comprensione del Mistero del Golgotha. Que-sta interpretazione potrà essere teologica, ma non è ra-gionevole. Perchè il Cristo si atterrisce e si rattrista?Ben inteso Egli non teme la croce. Egli si atterrisce delpensiero: «potranno coloro che prendo ora meco supera-re questo momento, in cui deve decidersi se la loro ani-ma vuol seguirmi, se vogliono sperimentare tutto mecofino alla croce?» Deve appunto decidersi, se il loro statodi coscienza rimanga a tal punto desto, da potere speri-mentare tutto col Cristo fino alla croce. Questo è il «ca-lice» che gli si avvicina. Ed Egli li lascia soli, perchèpossano rimanere «svegli», cioè, in uno stato di coscien-za, in cui possano sperimentare con Lui, ciò che Eglideve sperimentare. Egli li lascia e va a pregare: «Padre,

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concesso, nell’anima del Cristo durante l’ulteriore corsodegli eventi. Quest’anima poteva allora veramente porsiil quesito d’importanza mondiale: posso sperare che al-meno le anime dei discepoli più eletti si elevino a talealtezza da sperimentare meco tutto ciò che ha da succe-dere fino al Mistero del Golgotha? L’anima del Cristo sipone questa domanda. È un momento grandioso quelloin cui Pietro, Giacomo e Giovanni vengono condottifuori al Monte degli Olivi e il Cristo Gesù vuol osserva-re da sè questi elettissimi, per vedere se può conservarli.E per via Egli cominciò ad atterrirsi. Miei cari amici,qualcuno di noi può mai credere che il Cristo si sia at-territo della morte, del Mistero del Golgotha, e che egliabbia sudato sangue sul Monte degli Olivi per l’avvici-narsi dell’evento del Golgotha? Questo dimostrerebbe innoi poca comprensione del Mistero del Golgotha. Que-sta interpretazione potrà essere teologica, ma non è ra-gionevole. Perchè il Cristo si atterrisce e si rattrista?Ben inteso Egli non teme la croce. Egli si atterrisce delpensiero: «potranno coloro che prendo ora meco supera-re questo momento, in cui deve decidersi se la loro ani-ma vuol seguirmi, se vogliono sperimentare tutto mecofino alla croce?» Deve appunto decidersi, se il loro statodi coscienza rimanga a tal punto desto, da potere speri-mentare tutto col Cristo fino alla croce. Questo è il «ca-lice» che gli si avvicina. Ed Egli li lascia soli, perchèpossano rimanere «svegli», cioè, in uno stato di coscien-za, in cui possano sperimentare con Lui, ciò che Eglideve sperimentare. Egli li lascia e va a pregare: «Padre,

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allontana da me questo calice, ma sia fatta la tua volon-tà, e non la mia». Ciò significa, non mi fare anche speri-mentare che io solo rimango come Figlio dell’Uomo,ma fa che gli altri mi accompagnino. Poi ritornò da loroe trovolli addormentati. Essi non hanno potuto conser-vare quello stato di coscienza. Ed Egli torna a ripetere laprova, e di nuovo essi non hanno potuto mantenersi de-sti. E di nuovo Egli ritenta la prova ed essi tornano adaddormentarsi. Da quel momento gli si palesa chiara-mente, che Egli ormai è solo, che essi non sperimente-ranno con Lui fino alla croce.

Il calice non era stato allontanato! Egli era destinatoal compimento solitario – solitario anche nell’anima –dell’evento. Il mondo ebbe il Mistero del Golgotha – mal’epoca in cui questo si verificò non possedeva ancora lacomprensione per quell’evento. Anche i più scelti, glieletti, non potevano conservarsi a quell’altezza. Questoriguarda il primo genere di comprensione.

Quanto tutto ciò ci risulta espresso in modo mirabil-mente artistico, quando si sanno sentire le basi veramen-te occulte di ciò che sta scritto nei Vangeli! Ora esami-niamo il secondo genere di comprensione; chiediamocome le Guide degli Ebrei abbiano compreso Colui, ilquale doveva presentarsi dalla stirpe di Davide, qualefiore dell’evoluzione ebrea antica. Un primo accennodel genere di comprensione che il popolo antico ebreoaveva per colui, che discendeva dalla stirpe di Davide,lo troviamo nel decimo capitolo del Vangelo di Marco.È il punto decisivo in cui il Cristo si avvicina a Gerusa-

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allontana da me questo calice, ma sia fatta la tua volon-tà, e non la mia». Ciò significa, non mi fare anche speri-mentare che io solo rimango come Figlio dell’Uomo,ma fa che gli altri mi accompagnino. Poi ritornò da loroe trovolli addormentati. Essi non hanno potuto conser-vare quello stato di coscienza. Ed Egli torna a ripetere laprova, e di nuovo essi non hanno potuto mantenersi de-sti. E di nuovo Egli ritenta la prova ed essi tornano adaddormentarsi. Da quel momento gli si palesa chiara-mente, che Egli ormai è solo, che essi non sperimente-ranno con Lui fino alla croce.

Il calice non era stato allontanato! Egli era destinatoal compimento solitario – solitario anche nell’anima –dell’evento. Il mondo ebbe il Mistero del Golgotha – mal’epoca in cui questo si verificò non possedeva ancora lacomprensione per quell’evento. Anche i più scelti, glieletti, non potevano conservarsi a quell’altezza. Questoriguarda il primo genere di comprensione.

Quanto tutto ciò ci risulta espresso in modo mirabil-mente artistico, quando si sanno sentire le basi veramen-te occulte di ciò che sta scritto nei Vangeli! Ora esami-niamo il secondo genere di comprensione; chiediamocome le Guide degli Ebrei abbiano compreso Colui, ilquale doveva presentarsi dalla stirpe di Davide, qualefiore dell’evoluzione ebrea antica. Un primo accennodel genere di comprensione che il popolo antico ebreoaveva per colui, che discendeva dalla stirpe di Davide,lo troviamo nel decimo capitolo del Vangelo di Marco.È il punto decisivo in cui il Cristo si avvicina a Gerusa-

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lemme, e deve essere riconosciuto dal popolo ebreo an-tico come Colui, che si unisce a Davide.

«E arrivarono a Gerico: e nel partire di Gerico coisuoi discepoli e con gran moltitudine di gente, Bartimeocieco, figliolo di Timeo, sedeva nella strada chiedendola limosina. Il quale avendo sentito dire, egli è Gesù Na-zareno, cominciò a esclamare, dicendo: Gesù, figliolo diDavide, abbi pietà di me.

«E molti lo minacciavano, perchè tacesse. Ma egligridava più forte: Figliolo di Davide, abbi pietà di me».

Il grido del cieco viene qui esplicitamente caratteriz-zato; egli esclama: «Gesù Figlio di Davide»; egli devedunque arrivare soltanto fino alla comprensione del «Fi-glio di Davide».

«E Gesù soffermatosi lo fece chiamare. E chiamaronoil cieco, dicendogli: Sta di buon animo; alzati, egli tichiama. E quegli, gettato via il suo mantello, saltò inpiedi, e andò da Gesù. E Gesù gli disse: Che vuoi ch’ioti faccia? E il cieco dissegli: Maestro, ch’io vegga. Gesùdissegli: Vattene, la tua fede ti ha salvato. E inquell’istante vide, e lo seguì nel viaggio». (Marco 10,46-52).

Ciò significa, che Egli chiedeva soltanto la fede. Nonsarebbe bene riflettere perchè in mezzo a tanti altri epi-sodi sia qui narrata anche la guarigione di un cieco? Per-chè si trova qui così isolata?

Il modo come è composto il Vangelo dovrebbe inse-gnarci qualcosa. Non si tratta affatto della «guarigione»,sibbene si tratta che fra tutti, uno solo, il cieco, esclama

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lemme, e deve essere riconosciuto dal popolo ebreo an-tico come Colui, che si unisce a Davide.

«E arrivarono a Gerico: e nel partire di Gerico coisuoi discepoli e con gran moltitudine di gente, Bartimeocieco, figliolo di Timeo, sedeva nella strada chiedendola limosina. Il quale avendo sentito dire, egli è Gesù Na-zareno, cominciò a esclamare, dicendo: Gesù, figliolo diDavide, abbi pietà di me.

«E molti lo minacciavano, perchè tacesse. Ma egligridava più forte: Figliolo di Davide, abbi pietà di me».

Il grido del cieco viene qui esplicitamente caratteriz-zato; egli esclama: «Gesù Figlio di Davide»; egli devedunque arrivare soltanto fino alla comprensione del «Fi-glio di Davide».

«E Gesù soffermatosi lo fece chiamare. E chiamaronoil cieco, dicendogli: Sta di buon animo; alzati, egli tichiama. E quegli, gettato via il suo mantello, saltò inpiedi, e andò da Gesù. E Gesù gli disse: Che vuoi ch’ioti faccia? E il cieco dissegli: Maestro, ch’io vegga. Gesùdissegli: Vattene, la tua fede ti ha salvato. E inquell’istante vide, e lo seguì nel viaggio». (Marco 10,46-52).

Ciò significa, che Egli chiedeva soltanto la fede. Nonsarebbe bene riflettere perchè in mezzo a tanti altri epi-sodi sia qui narrata anche la guarigione di un cieco? Per-chè si trova qui così isolata?

Il modo come è composto il Vangelo dovrebbe inse-gnarci qualcosa. Non si tratta affatto della «guarigione»,sibbene si tratta che fra tutti, uno solo, il cieco, esclama

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con forza: «Gesù, figlio di Davide»! Quelli che vedononon lo riconoscono. Il cieco, il quale non lo vede affattofisicamente, lo riconosce; viene qui dunque dimostratoquanto mai gli altri siano ciechi, e che quell’uomo do-vette prima diventar cieco, per poterlo vedere. Ciò cheimporta in questo episodio è la cecità, e non la guarigio-ne. E viene dimostrato al tempo stesso quanto poco ilCristo venga compreso.

Nell’ulteriore corso della narrazione vedrete che ilCristo dice sempre che l’elemento cosmico vive e siesplica nello elemento individuale umano; vedrete comeEgli parli effettivamente dell’elemento cosmico, quando– e a sua volta è importante, che questo sia stato inseritoappunto in questo rapporto dove il Cristo deve compari-re come «Figlio di Davide» – parla dell’immortalità edice che Dio è un Dio dei Viventi e non dei morti; comedica che il Dio era un Dio di Abraham, d’Isacco e diGiacobbe, vale a dire, perchè Abraham, Isacco e Gia-cobbe continuano ulteriormente a vivere con altre formenei loro discendenti, perchè il Dio vive nella loro indivi-dualità.

Tutto ciò viene indicato anche più chiaramente nelladescrizione dell’uomo, e di ciò che in lui è latente edeve essere destato. Vi sta detto che non si tratta sempli-cemente del figlio fisico di Davide, perchè Davide stes-so parla del «Signore» e non del «Figlio» fisico. Si parlaovunque del Signore nella individualità dell’uomo, dicolui che deve nascere dalla stirpe di Davide, quandol’influenza del Cristo cosmico va declinando. Sopra un

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con forza: «Gesù, figlio di Davide»! Quelli che vedononon lo riconoscono. Il cieco, il quale non lo vede affattofisicamente, lo riconosce; viene qui dunque dimostratoquanto mai gli altri siano ciechi, e che quell’uomo do-vette prima diventar cieco, per poterlo vedere. Ciò cheimporta in questo episodio è la cecità, e non la guarigio-ne. E viene dimostrato al tempo stesso quanto poco ilCristo venga compreso.

Nell’ulteriore corso della narrazione vedrete che ilCristo dice sempre che l’elemento cosmico vive e siesplica nello elemento individuale umano; vedrete comeEgli parli effettivamente dell’elemento cosmico, quando– e a sua volta è importante, che questo sia stato inseritoappunto in questo rapporto dove il Cristo deve compari-re come «Figlio di Davide» – parla dell’immortalità edice che Dio è un Dio dei Viventi e non dei morti; comedica che il Dio era un Dio di Abraham, d’Isacco e diGiacobbe, vale a dire, perchè Abraham, Isacco e Gia-cobbe continuano ulteriormente a vivere con altre formenei loro discendenti, perchè il Dio vive nella loro indivi-dualità.

Tutto ciò viene indicato anche più chiaramente nelladescrizione dell’uomo, e di ciò che in lui è latente edeve essere destato. Vi sta detto che non si tratta sempli-cemente del figlio fisico di Davide, perchè Davide stes-so parla del «Signore» e non del «Figlio» fisico. Si parlaovunque del Signore nella individualità dell’uomo, dicolui che deve nascere dalla stirpe di Davide, quandol’influenza del Cristo cosmico va declinando. Sopra un

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episodio ancora desidero richiamare la vostra attenzio-ne: cercatelo nel Vangelo di Marco, verso la fine – essopassa inosservato se non lo si capisce, ma esercita unaprofonda azione sull’anima quando lo si comprende. Sitratta del punto dove sta detto, che il Cristo ormai vieneconsegnato alle forze del mondo, deve essere condanna-to, e si cercano dei motivi per condannarlo! Prima erastato narrato ciò che Egli aveva fatto nel Tempio, doveEgli aveva scacciato i mercanti, e rovesciato i tavoli,dove Egli aveva predicato parole affatto speciali che leanime avevano intese, e ciò non pertanto non gli erasuccesso niente. Egli però lo fa notare in modo speciale:«Tutto avete ascoltato e ora che sto dinanzi a voi, cerca-te delle accuse false contro di me; mi avete preso conmezzi comuni per mezzo di un traditore come si ac-chiappa un uomo che ha commesso qualche grave delit-to; mentre non mi avete fatto niente, quando stavo tra divoi nel Tempio». Un episodio veramente impressionan-te! Perchè in ultima analisi ci viene fatto comprendere,che il Cristo agisce ovunque in modo, che niente può es-ser fatto contro di Lui. Non vi pare che sia il caso dichiederne il «perchè»? Egli agisce realmente in modo,da indicare al massimo grado quale grande punto disvolta si sia presentato nell’evoluzione del mondo,quando dice: «I primi saranno gli ultimi e gli ultimi sa-ranno i primi». Se si tien conto anche degl’insegnamentie della comprensione dell’Antico Testamento, questomonito che Egli ha lanciato è veramente tremendo. Ciònon pertanto non succede niente. In seguito, invece, di

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episodio ancora desidero richiamare la vostra attenzio-ne: cercatelo nel Vangelo di Marco, verso la fine – essopassa inosservato se non lo si capisce, ma esercita unaprofonda azione sull’anima quando lo si comprende. Sitratta del punto dove sta detto, che il Cristo ormai vieneconsegnato alle forze del mondo, deve essere condanna-to, e si cercano dei motivi per condannarlo! Prima erastato narrato ciò che Egli aveva fatto nel Tempio, doveEgli aveva scacciato i mercanti, e rovesciato i tavoli,dove Egli aveva predicato parole affatto speciali che leanime avevano intese, e ciò non pertanto non gli erasuccesso niente. Egli però lo fa notare in modo speciale:«Tutto avete ascoltato e ora che sto dinanzi a voi, cerca-te delle accuse false contro di me; mi avete preso conmezzi comuni per mezzo di un traditore come si ac-chiappa un uomo che ha commesso qualche grave delit-to; mentre non mi avete fatto niente, quando stavo tra divoi nel Tempio». Un episodio veramente impressionan-te! Perchè in ultima analisi ci viene fatto comprendere,che il Cristo agisce ovunque in modo, che niente può es-ser fatto contro di Lui. Non vi pare che sia il caso dichiederne il «perchè»? Egli agisce realmente in modo,da indicare al massimo grado quale grande punto disvolta si sia presentato nell’evoluzione del mondo,quando dice: «I primi saranno gli ultimi e gli ultimi sa-ranno i primi». Se si tien conto anche degl’insegnamentie della comprensione dell’Antico Testamento, questomonito che Egli ha lanciato è veramente tremendo. Ciònon pertanto non succede niente. In seguito, invece, di

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notte e nella nebbia, Egli viene catturato, per opera di untraditore, e si riceve quasi l’impressione che con questacattura si verifichi una specie di rissa. È impressionantequesto passo.

«E il traditore aveva dato loro il segnale dicendo: Co-lui che io bacerò è desso; prendetelo, e conducetelo conattenzione. E venuto che fu, accostossi subito a Gesù, edissegli: Dio ti salvi, Maestro. E lo baciò. Ma colorogettarongli le mani addosso e lo catturarono. E uno degliastanti mise mano alla spada, e ferì un servo del sommosacerdote, e gli mozzò un orecchio.

E Gesù prese la parola e disse loro: Quasi io fossi unassassino, siete venuti con ispade e bastoni per pigliar-mi? Ogni giorno io stavo tra voi nel tempio insegnando,nè mi pigliaste; ma debbono le Scritture adempiersi».(Marco 14, 44-49).

Che cosa è successo effettivamente, perchè prima nonlo si è catturato e poi si sono cercati dei motivi per cat-turarlo come un assassino?

Si comprende ciò che allora è avvenuto soltanto, se siconsiderano le cose nelle loro profondità occulte. Già hoindicato come il Vangelo di Marco dimostri chiaramen-te, che nel suo svolgimento vengono descritti fatti oc-culti, spirituali, frammischiati a fatti semplicemente fisi-ci. E ci viene chiaramente indicato che il Cristo non eralimitato nella sua azione soltanto alla singola Personali-tà di Gesù di Nazareth, sibbene che Egli agiva sui disce-poli esteriorizzato, al di fuori del corpo fisico, e li cerca-va presso il lago, e ad essi si avvicinava. Di guisa che al

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notte e nella nebbia, Egli viene catturato, per opera di untraditore, e si riceve quasi l’impressione che con questacattura si verifichi una specie di rissa. È impressionantequesto passo.

«E il traditore aveva dato loro il segnale dicendo: Co-lui che io bacerò è desso; prendetelo, e conducetelo conattenzione. E venuto che fu, accostossi subito a Gesù, edissegli: Dio ti salvi, Maestro. E lo baciò. Ma colorogettarongli le mani addosso e lo catturarono. E uno degliastanti mise mano alla spada, e ferì un servo del sommosacerdote, e gli mozzò un orecchio.

E Gesù prese la parola e disse loro: Quasi io fossi unassassino, siete venuti con ispade e bastoni per pigliar-mi? Ogni giorno io stavo tra voi nel tempio insegnando,nè mi pigliaste; ma debbono le Scritture adempiersi».(Marco 14, 44-49).

Che cosa è successo effettivamente, perchè prima nonlo si è catturato e poi si sono cercati dei motivi per cat-turarlo come un assassino?

Si comprende ciò che allora è avvenuto soltanto, se siconsiderano le cose nelle loro profondità occulte. Già hoindicato come il Vangelo di Marco dimostri chiaramen-te, che nel suo svolgimento vengono descritti fatti oc-culti, spirituali, frammischiati a fatti semplicemente fisi-ci. E ci viene chiaramente indicato che il Cristo non eralimitato nella sua azione soltanto alla singola Personali-tà di Gesù di Nazareth, sibbene che Egli agiva sui disce-poli esteriorizzato, al di fuori del corpo fisico, e li cerca-va presso il lago, e ad essi si avvicinava. Di guisa che al

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di fuori del suo corpo fisico, mentre questo si trattenevain altro luogo, Egli poteva deporre nelle anime dei di-scepoli tutto ciò che Egli operava, tutto ciò che comeimpulso, come spirito, Egli irradiava. E nel Vangelo diMarco ci viene indicato con particolare chiarezza comegli uomini intendano ciò che Egli predica e insegna instato di esteriorizzazione, al di fuori del suo corpo fisi-co. Ciò vive nelle anime. Le anime non lo comprendo-no; ma le anime se ne compenetrano. È terrestre e su-perterrestre nell’individualità del Cristo e nella folla. IlCristo sta ovunque unito con un’aura di cui l’azione siestende lontano. Quest’aura operosa vi era per il fatto,che Egli era collegato alle anime degli uomini che si eraprescelti; ed essa rimase finchè Egli fu unito con loro.

Il calice non era allontanato. Gli uomini eletti nonavevano dimostrato nessuna comprensione. Allora gra-datamente l’aura si andò ritirando dall’uomo «Gesù diNazareth», e il Cristo e il Figlio dell’Uomo, Gesù di Na-zareth, sempre più divennero fra di loro estranei. Gesùdi Nazareth andò rimanendo sempre più solo verso lafine della sua vita e il Cristo fu unito con lui sempremeno strettamente; sempre più si distaccò da lui. Mentrel’elemento cosmico, il Cristo, fino al momento in cui siverifica il «sudore di sangue» sul Gethsemane era com-pletamente unito con Gesù di Nazareth, questa unioneviene ormai disciolta dall’incomprensione degli uomini.E mentre prima il Cristo cosmico esercitava la sua azio-ne nel Tempio e ne scacciava i mercanti, diffondevagl’insegnamenti più potenti, senza che succedesse nulla,

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di fuori del suo corpo fisico, mentre questo si trattenevain altro luogo, Egli poteva deporre nelle anime dei di-scepoli tutto ciò che Egli operava, tutto ciò che comeimpulso, come spirito, Egli irradiava. E nel Vangelo diMarco ci viene indicato con particolare chiarezza comegli uomini intendano ciò che Egli predica e insegna instato di esteriorizzazione, al di fuori del suo corpo fisi-co. Ciò vive nelle anime. Le anime non lo comprendo-no; ma le anime se ne compenetrano. È terrestre e su-perterrestre nell’individualità del Cristo e nella folla. IlCristo sta ovunque unito con un’aura di cui l’azione siestende lontano. Quest’aura operosa vi era per il fatto,che Egli era collegato alle anime degli uomini che si eraprescelti; ed essa rimase finchè Egli fu unito con loro.

Il calice non era allontanato. Gli uomini eletti nonavevano dimostrato nessuna comprensione. Allora gra-datamente l’aura si andò ritirando dall’uomo «Gesù diNazareth», e il Cristo e il Figlio dell’Uomo, Gesù di Na-zareth, sempre più divennero fra di loro estranei. Gesùdi Nazareth andò rimanendo sempre più solo verso lafine della sua vita e il Cristo fu unito con lui sempremeno strettamente; sempre più si distaccò da lui. Mentrel’elemento cosmico, il Cristo, fino al momento in cui siverifica il «sudore di sangue» sul Gethsemane era com-pletamente unito con Gesù di Nazareth, questa unioneviene ormai disciolta dall’incomprensione degli uomini.E mentre prima il Cristo cosmico esercitava la sua azio-ne nel Tempio e ne scacciava i mercanti, diffondevagl’insegnamenti più potenti, senza che succedesse nulla,

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ora che Gesù di Nazareth si trovava in un rapporto menostretto con il Cristo, fu possibile agli sbirri di avvicinar-lo. Vediamo ancora la presenza dell’elemento cosmico –ma sempre meno e meno legato al «Figlio dell’Uomo».È questo che rende l’episodio così impressionante. Epoichè la triplice comprensione non vi poteva essere –che cosa finì per rimanere agli uomini? Che cosa pote-vano catturare e giudicare e che cosa crocifiggere?

Il Figlio dell’Uomo.E quanto più gli uomini si accanivano, tanto più l’ele-

mento cosmico, che era penetrato nella vita terrestrecome impulso giovane, si andò ritraendo. Esso si ritras-se indietro. E rimase il Figlio dell’Uomo, attorno al qua-le aleggiava soltanto ciò che come elemento giovane co-smico doveva avvicinarsi.

Nessun altro Vangelo narra, che il Figlio dell’Uomorimase solo, e che l’elemento cosmico aleggiava soltan-to attorno a lui; ne parla solo il Vangelo di Marco. Per-ciò nei riguardi dell’evento del Cristo come fatto cosmi-co non vediamo espresso in nessun altro Vangelo cosìspiccatamente il fatto, che nel momento stesso, in cui gliuomini nella loro incomprensione afferrano umanamen-te il «Figlio dell’Uomo», l’elemento cosmico sfuggeloro, quell’elemento giovane cosmico che da quellasvolta dei tempi in poi era stato introdotto come impulsonell’evoluzione della Terra. Questo elemento sfuggì.Essi avevano il Figlio dell’Uomo, e ciò viene detto chia-ramente nel Vangelo di Marco. Leggiamo di nuovo ilpasso e cerchiamo, se il Vangelo di Marco dice come

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ora che Gesù di Nazareth si trovava in un rapporto menostretto con il Cristo, fu possibile agli sbirri di avvicinar-lo. Vediamo ancora la presenza dell’elemento cosmico –ma sempre meno e meno legato al «Figlio dell’Uomo».È questo che rende l’episodio così impressionante. Epoichè la triplice comprensione non vi poteva essere –che cosa finì per rimanere agli uomini? Che cosa pote-vano catturare e giudicare e che cosa crocifiggere?

Il Figlio dell’Uomo.E quanto più gli uomini si accanivano, tanto più l’ele-

mento cosmico, che era penetrato nella vita terrestrecome impulso giovane, si andò ritraendo. Esso si ritras-se indietro. E rimase il Figlio dell’Uomo, attorno al qua-le aleggiava soltanto ciò che come elemento giovane co-smico doveva avvicinarsi.

Nessun altro Vangelo narra, che il Figlio dell’Uomorimase solo, e che l’elemento cosmico aleggiava soltan-to attorno a lui; ne parla solo il Vangelo di Marco. Per-ciò nei riguardi dell’evento del Cristo come fatto cosmi-co non vediamo espresso in nessun altro Vangelo cosìspiccatamente il fatto, che nel momento stesso, in cui gliuomini nella loro incomprensione afferrano umanamen-te il «Figlio dell’Uomo», l’elemento cosmico sfuggeloro, quell’elemento giovane cosmico che da quellasvolta dei tempi in poi era stato introdotto come impulsonell’evoluzione della Terra. Questo elemento sfuggì.Essi avevano il Figlio dell’Uomo, e ciò viene detto chia-ramente nel Vangelo di Marco. Leggiamo di nuovo ilpasso e cerchiamo, se il Vangelo di Marco dice come

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l’elemento cosmico si comporti a questo puntodell’evento verso l’elemento umano.

«E Gesù disse loro: Quasi io fossi un assassino, sietevenuti con ispade e bastoni per pigliarmi? Ogni giornoio stavo tra voi nel tempio insegnando, nè mi pigliaste;ma debbono le Scritture adempiersi. Allora i suoi disce-poli abbandonatolo, tutti fuggirono».

Egli si trova solo. Che ne è del giovane elemento co-smico? Ci si raffiguri questo isolamento dell’uomo, cheera stato pervaso dal Cristo cosmico, e che ora si trovasolo di fronte agli sbirri come fosse un assassino! E co-loro che avrebbero dovuto comprenderlo, fuggono: «Idiscepoli abbandonatolo tutti fuggirono», dice il 50°versetto, e poi il 51° prosegue: «E un certo giovinettoseguiva Gesù, coperto di una veste di lino sulla nudacarne; e lo pigliarono. Ma egli, lasciata andare la veste,scappò ignudo da loro».

Chi è questo «giovinetto»? Chi è che fugge? Chi è co-lui che appare là presso al Cristo Gesù quasi svestito, eche poi scappa ignudo? È l’Impulso Cosmico che scap-pa, esso ormai non ha più che un rapporto molto debolecon il Figlio dell’Uomo. Il contenuto di questo 51° e 52°versetto è grande. Il nuovo impulso non conserva nientedi ciò, che gli antichi tempi hanno potuto intrecciare at-torno all’uomo; è l’impulso completamente nudo, nuo-vo, cosmico, dell’evoluzione terrestre; rimane presso aGesù di Nazareth e lo ritroviamo più tardi. Difatti il 16°capitolo comincia dicendo:

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l’elemento cosmico si comporti a questo puntodell’evento verso l’elemento umano.

«E Gesù disse loro: Quasi io fossi un assassino, sietevenuti con ispade e bastoni per pigliarmi? Ogni giornoio stavo tra voi nel tempio insegnando, nè mi pigliaste;ma debbono le Scritture adempiersi. Allora i suoi disce-poli abbandonatolo, tutti fuggirono».

Egli si trova solo. Che ne è del giovane elemento co-smico? Ci si raffiguri questo isolamento dell’uomo, cheera stato pervaso dal Cristo cosmico, e che ora si trovasolo di fronte agli sbirri come fosse un assassino! E co-loro che avrebbero dovuto comprenderlo, fuggono: «Idiscepoli abbandonatolo tutti fuggirono», dice il 50°versetto, e poi il 51° prosegue: «E un certo giovinettoseguiva Gesù, coperto di una veste di lino sulla nudacarne; e lo pigliarono. Ma egli, lasciata andare la veste,scappò ignudo da loro».

Chi è questo «giovinetto»? Chi è che fugge? Chi è co-lui che appare là presso al Cristo Gesù quasi svestito, eche poi scappa ignudo? È l’Impulso Cosmico che scap-pa, esso ormai non ha più che un rapporto molto debolecon il Figlio dell’Uomo. Il contenuto di questo 51° e 52°versetto è grande. Il nuovo impulso non conserva nientedi ciò, che gli antichi tempi hanno potuto intrecciare at-torno all’uomo; è l’impulso completamente nudo, nuo-vo, cosmico, dell’evoluzione terrestre; rimane presso aGesù di Nazareth e lo ritroviamo più tardi. Difatti il 16°capitolo comincia dicendo:

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«E passato il sabato Maria Maddalena e Maria figliadi Giacomo, e Salome aveva comperato gli aromi perandare a imbalsamare Gesù. E (partite) di gran mattino,il primo dì della settimana, arrivano al sepolcro, essendogià nato il sole. E dicevano tra di loro: Chi ci leverà lapietra dalla bocca del monumento? Ma osservando, vi-dero che era stata rimossa la pietra, la quale era moltogrossa. Ed entrate nel monumento, videro un giovane asedere dal lato destro, coperto di bianca veste, e rimase-ro stupefatte. Ma egli disse loro: «Non abbiate timore,voi cercate Gesù Nazareno crocifisso: egli è resuscita-to!»

Questo è il medesimo giovinetto! Questo giovinetto,che scappa dagli uomini nel momento in cui essi giudi-cano il Figlio dell’Uomo, non ci si presenta in nessunaltro passo della composizione artistica dei Vangeli; eglista lì di nuovo, quando i tre giorni sono passati, e da al-lora in poi agisce come principio cosmico della Terra. Innessun altro punto dei Vangeli – confrontateli pure –questo giovinetto ci si affaccia in quei due momenti inmodo così grandioso. Abbiamo così ciò che occorre perintendere, in quale senso profondo il Vangelo di Marcoappunto ritenga che si abbia a che fare con un eventocosmico – con il Cristo cosmico. Ora soltanto si com-prende, quanto vi dovesse essere di composizione arti-stica anche nel resto del Vangelo di Marco.

È bene strano, che dopo che questa significativa edoppia comparsa del giovinetto ci è stata presentata, ilVangelo di Marco termini rapidamente e aggiunga po-

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«E passato il sabato Maria Maddalena e Maria figliadi Giacomo, e Salome aveva comperato gli aromi perandare a imbalsamare Gesù. E (partite) di gran mattino,il primo dì della settimana, arrivano al sepolcro, essendogià nato il sole. E dicevano tra di loro: Chi ci leverà lapietra dalla bocca del monumento? Ma osservando, vi-dero che era stata rimossa la pietra, la quale era moltogrossa. Ed entrate nel monumento, videro un giovane asedere dal lato destro, coperto di bianca veste, e rimase-ro stupefatte. Ma egli disse loro: «Non abbiate timore,voi cercate Gesù Nazareno crocifisso: egli è resuscita-to!»

Questo è il medesimo giovinetto! Questo giovinetto,che scappa dagli uomini nel momento in cui essi giudi-cano il Figlio dell’Uomo, non ci si presenta in nessunaltro passo della composizione artistica dei Vangeli; eglista lì di nuovo, quando i tre giorni sono passati, e da al-lora in poi agisce come principio cosmico della Terra. Innessun altro punto dei Vangeli – confrontateli pure –questo giovinetto ci si affaccia in quei due momenti inmodo così grandioso. Abbiamo così ciò che occorre perintendere, in quale senso profondo il Vangelo di Marcoappunto ritenga che si abbia a che fare con un eventocosmico – con il Cristo cosmico. Ora soltanto si com-prende, quanto vi dovesse essere di composizione arti-stica anche nel resto del Vangelo di Marco.

È bene strano, che dopo che questa significativa edoppia comparsa del giovinetto ci è stata presentata, ilVangelo di Marco termini rapidamente e aggiunga po-

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che frasi importanti! Ma non si può immaginare, che vipotesse essere un seguito di maggiore intensificazione –se mai dall’aspetto di elevatezza e di splendore, ma cer-tamente non dall’aspetto impressionante e significativoper l’evoluzione terrestre – dopo che in questa composi-zione del Vangelo di Marco erano stati posti il Monolo-go del Dio, il dialogo al di sopra della Terra, sul «mon-te», al quale vengono chiamati i tre discepoli, che perònon comprendono; e infine Gethsemane, la scena sulMonte degli Ulivi, dove il Cristo deve riconoscere, chegli eletti non possono comprendere ciò che sta loro di-nanzi, che Egli deve proseguire da solo, e che il Figliodell’Uomo patirà e verrà crocifisso. Segue poi la solitu-dine storica e mondiale del Figlio dell’Uomo, il qualeviene abbandonato, abbandonato da coloro che Egli si èscelti, viene abbandonato gradatamente dal PrincipioCosmico; di guisa che noi, dopo che abbiamo compresola missione e il significato del «giovinetto», il quale sisottrae agli occhi e alle mani degli uomini, comprendia-mo in modo particolarmente profondo le parole: «Diomio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato!» Poi la ri-comparsa del giovinetto; brevemente il Vangelo di Mar-co accenna allora come il «giovinetto» sia di natura«spirituale» «supersensibile», e che diventa visibile fisi-camente soltanto per virtù delle condizioni particolari diquel momento – e dice poi che si è palesato anzitutto aMaria di Magdala. E «dopo di questo a due di loro simostrò per istrada sotto altro aspetto, mentre andavano a

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che frasi importanti! Ma non si può immaginare, che vipotesse essere un seguito di maggiore intensificazione –se mai dall’aspetto di elevatezza e di splendore, ma cer-tamente non dall’aspetto impressionante e significativoper l’evoluzione terrestre – dopo che in questa composi-zione del Vangelo di Marco erano stati posti il Monolo-go del Dio, il dialogo al di sopra della Terra, sul «mon-te», al quale vengono chiamati i tre discepoli, che perònon comprendono; e infine Gethsemane, la scena sulMonte degli Ulivi, dove il Cristo deve riconoscere, chegli eletti non possono comprendere ciò che sta loro di-nanzi, che Egli deve proseguire da solo, e che il Figliodell’Uomo patirà e verrà crocifisso. Segue poi la solitu-dine storica e mondiale del Figlio dell’Uomo, il qualeviene abbandonato, abbandonato da coloro che Egli si èscelti, viene abbandonato gradatamente dal PrincipioCosmico; di guisa che noi, dopo che abbiamo compresola missione e il significato del «giovinetto», il quale sisottrae agli occhi e alle mani degli uomini, comprendia-mo in modo particolarmente profondo le parole: «Diomio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato!» Poi la ri-comparsa del giovinetto; brevemente il Vangelo di Mar-co accenna allora come il «giovinetto» sia di natura«spirituale» «supersensibile», e che diventa visibile fisi-camente soltanto per virtù delle condizioni particolari diquel momento – e dice poi che si è palesato anzitutto aMaria di Magdala. E «dopo di questo a due di loro simostrò per istrada sotto altro aspetto, mentre andavano a

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un villaggio». Ciò che è fisico non avrebbe potuto mo-strarsi sotto altro aspetto.

Il Vangelo si avvia poi presto alla conclusione, indi-cando l’avvenire per ciò che allora non poteva esserecompreso, perchè l’umanità, che era arrivata aquell’epoca al punto massimo della sua discesa, dovevaessere indirizzata verso l’avvenire, e questo indirizzoverso l’avvenire viene preparato in modo, che vi si puòpure apprezzare l’arte somma della composizione. Qua-le indicazione verso l’avvenire possiamo immaginarciche emani da Colui, che ha veduto la mancanza di que-sta triplice comprensione, mentre egli doveva compiereil Mistero del Golgotha? Possiamo immaginarci cheEgli indichi, che più gli uomini avanzano nell’avvenire,più e sempre più dovranno acquistare la comprensioneper ciò che allora è avvenuto. – In quale modo possiamoacquistare la comprensione giusta di quello che è suc-cesso? Considerando ciò che possiamo sperimentare permezzo delle parole così chiare del Vangelo di Marco, diguisa da dire a noi stessi: ogni epoca si presenterà dotatadi sempre maggiore comprensione per quello che alloraè avvenuto, per ciò che era il Mistero del Golgotha. Eperciò crediamo, che con il nostro movimento antropo-sofico si compia effettivamente qualcosa, di quello cheil Vangelo ci indica; cioè, ci si avvicina con una nuovacomprensione a quello che il Cristo voleva nel mondo.Ma che questa nuova comprensione sia difficile – e chesempre esista la possibilità di fraintendere la natura delCristo – Egli stesso lo ha detto:

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un villaggio». Ciò che è fisico non avrebbe potuto mo-strarsi sotto altro aspetto.

Il Vangelo si avvia poi presto alla conclusione, indi-cando l’avvenire per ciò che allora non poteva esserecompreso, perchè l’umanità, che era arrivata aquell’epoca al punto massimo della sua discesa, dovevaessere indirizzata verso l’avvenire, e questo indirizzoverso l’avvenire viene preparato in modo, che vi si puòpure apprezzare l’arte somma della composizione. Qua-le indicazione verso l’avvenire possiamo immaginarciche emani da Colui, che ha veduto la mancanza di que-sta triplice comprensione, mentre egli doveva compiereil Mistero del Golgotha? Possiamo immaginarci cheEgli indichi, che più gli uomini avanzano nell’avvenire,più e sempre più dovranno acquistare la comprensioneper ciò che allora è avvenuto. – In quale modo possiamoacquistare la comprensione giusta di quello che è suc-cesso? Considerando ciò che possiamo sperimentare permezzo delle parole così chiare del Vangelo di Marco, diguisa da dire a noi stessi: ogni epoca si presenterà dotatadi sempre maggiore comprensione per quello che alloraè avvenuto, per ciò che era il Mistero del Golgotha. Eperciò crediamo, che con il nostro movimento antropo-sofico si compia effettivamente qualcosa, di quello cheil Vangelo ci indica; cioè, ci si avvicina con una nuovacomprensione a quello che il Cristo voleva nel mondo.Ma che questa nuova comprensione sia difficile – e chesempre esista la possibilità di fraintendere la natura delCristo – Egli stesso lo ha detto:

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«Allora se taluno vi dirà: Ecco qui il Cristo, eccolo là,non credete. Imperocchè sorgeranno dei falsi Cristi e deifalsi profeti, e faranno dei miracoli e dei prodigi da se-durre, se fosse possibile, anche gli eletti. State adunqueguardinghi: ecco che vi ho predetto il tutto» (Marco 13,21-23).

Durante i secoli trascorsi dall’evento del Golgotha inpoi vi sono state in tutti i tempi molte occasioni di ricor-dare questo avvertimento. Chi ha orecchi per udire, puòudire anche oggidì, come dal Golgotha ci risuonino leparole. «Allora se taluno vi dirà: Ecco qui il Cristo, ec-colo là, non credete. Imperocchè sorgeranno dei falsiCristi e dei falsi profeti, e faranno dei miracoli e dei pro-digi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti».

Come dobbiamo considerare il mistero del Golgotha?Nelle poche frasi salienti che ancora si trovano nel

Vangelo di Marco dopo quelle parole tanto impressio-nanti, vi è una frase unicissima, in cui vien parlato deidiscepoli, dopo che per mezzo del giovinetto, del CristoCosmico, essi hanno ricevuto un nuovo impulso, mentreprima avevano dimostrato così poca comprensione:

«Ed essi andarono, e predicarono per ogni dove, coo-perando il Signore, il quale confermava la sua parolacon i miracoli dai quali era seguitata».

Il Signore collaborava con loro! Così si deve inter-pretare nel senso del mistero del Golgotha. Non si trattache in un posto qualsiasi il Signore si trovi incarnato inun corpo fisico, sibbene che là, dove Egli viene compre-so, Egli collabora dai mondi supersensibili; e purchè si

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«Allora se taluno vi dirà: Ecco qui il Cristo, eccolo là,non credete. Imperocchè sorgeranno dei falsi Cristi e deifalsi profeti, e faranno dei miracoli e dei prodigi da se-durre, se fosse possibile, anche gli eletti. State adunqueguardinghi: ecco che vi ho predetto il tutto» (Marco 13,21-23).

Durante i secoli trascorsi dall’evento del Golgotha inpoi vi sono state in tutti i tempi molte occasioni di ricor-dare questo avvertimento. Chi ha orecchi per udire, puòudire anche oggidì, come dal Golgotha ci risuonino leparole. «Allora se taluno vi dirà: Ecco qui il Cristo, ec-colo là, non credete. Imperocchè sorgeranno dei falsiCristi e dei falsi profeti, e faranno dei miracoli e dei pro-digi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti».

Come dobbiamo considerare il mistero del Golgotha?Nelle poche frasi salienti che ancora si trovano nel

Vangelo di Marco dopo quelle parole tanto impressio-nanti, vi è una frase unicissima, in cui vien parlato deidiscepoli, dopo che per mezzo del giovinetto, del CristoCosmico, essi hanno ricevuto un nuovo impulso, mentreprima avevano dimostrato così poca comprensione:

«Ed essi andarono, e predicarono per ogni dove, coo-perando il Signore, il quale confermava la sua parolacon i miracoli dai quali era seguitata».

Il Signore collaborava con loro! Così si deve inter-pretare nel senso del mistero del Golgotha. Non si trattache in un posto qualsiasi il Signore si trovi incarnato inun corpo fisico, sibbene che là, dove Egli viene compre-so, Egli collabora dai mondi supersensibili; e purchè si

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agisca nel Suo nome – e non con la vanità di presentareil Signore fisicamente, – Egli spiritualmente sta in mez-zo a coloro, i quali comprendono il suo nome in verità.

Interpretato giustamente, il Vangelo di Marco parladel Mistero del Golgotha in modo, che nella giusta com-prensione di esso troviamo anche la possibilità di ungiusto compimento del mistero del Golgotha stesso.Proprio in ciò che, per così dire, soltanto il Vangelo diMarco contiene in questa mirabile narrazione del «gio-vinetto», il quale si distacca dal Cristo Gesù al momentodecisivo, ci viene indicato come il Vangelo debba esserecompreso. Poichè gli eletti fuggirono, essi non preseroparte a ciò che ormai si verificò e che viene pure narratonel Vangelo di Marco. In mezzo proprio alla narrazioneviene qui di nuovo introdotto artisticamente un episodio– in modo così chiaro che più non potrebbe essere – alquale i discepoli non hanno assistito, di cui nessuno diessi è stato testimonio oculare. E nondimeno viene nar-rato per intiero! Ci si presenta così un quesito, e cerche-remo di penetrare ancora più profondamente nella rispo-sta del medesimo per gittare anche maggior luce su tuttoil resto.

Donde proviene quest’altro episodio che i discepolinon hanno visto? – Le tradizioni ebree lo raccontano di-versamente da come è raccontato nei Vangeli. Dondederiva la notizia – poichè riguardo alla verità del miste-ro del Golgotha, coloro che ce lo riferiscono non eranopresenti – di ciò che non ha potuto essere veduto da co-loro che tenevano alla diffusione del Cristianesimo?

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agisca nel Suo nome – e non con la vanità di presentareil Signore fisicamente, – Egli spiritualmente sta in mez-zo a coloro, i quali comprendono il suo nome in verità.

Interpretato giustamente, il Vangelo di Marco parladel Mistero del Golgotha in modo, che nella giusta com-prensione di esso troviamo anche la possibilità di ungiusto compimento del mistero del Golgotha stesso.Proprio in ciò che, per così dire, soltanto il Vangelo diMarco contiene in questa mirabile narrazione del «gio-vinetto», il quale si distacca dal Cristo Gesù al momentodecisivo, ci viene indicato come il Vangelo debba esserecompreso. Poichè gli eletti fuggirono, essi non preseroparte a ciò che ormai si verificò e che viene pure narratonel Vangelo di Marco. In mezzo proprio alla narrazioneviene qui di nuovo introdotto artisticamente un episodio– in modo così chiaro che più non potrebbe essere – alquale i discepoli non hanno assistito, di cui nessuno diessi è stato testimonio oculare. E nondimeno viene nar-rato per intiero! Ci si presenta così un quesito, e cerche-remo di penetrare ancora più profondamente nella rispo-sta del medesimo per gittare anche maggior luce su tuttoil resto.

Donde proviene quest’altro episodio che i discepolinon hanno visto? – Le tradizioni ebree lo raccontano di-versamente da come è raccontato nei Vangeli. Dondederiva la notizia – poichè riguardo alla verità del miste-ro del Golgotha, coloro che ce lo riferiscono non eranopresenti – di ciò che non ha potuto essere veduto da co-loro che tenevano alla diffusione del Cristianesimo?

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Questo quesito ci farà penetrare più profondamentenell’argomento.

X

Ieri abbiamo veduto, nel Vangelo di Marco, come lavita in comune del Cristo Gesù con i discepoli che Eglisi era prescelti, per un tratto venga meno, e a questa in-terruzione accennano in modo evidente anche gli altriVangeli. Agli eventi dunque che si svolgono dopo che ilCristo Gesù vien catturato, ossia al giudizio, alla con-danna e alla crocifissione del medesimo, non hanno pre-so parte coloro che gli stavano più da vicino. Questoaspetto dei fatti nel Vangelo non è espresso a caso, mapensatamente. In certo qual modo il Vangelo vuoleesprimere come debba essere diretto il camminodell’uomo verso la comprensione del Mistero del Gol-gotha, e come gli uomini nei tempi avvenire – cioè dopoche il Mistero del Golgotha si è verificato – potranno ar-rivare alla comprensione di questo Mistero. Questacomprensione deve essere acquistata in modo affatto di-verso da come si acquista qualsiasi altra comprensionedi un fatto storico dell’evoluzione dell’umanità. Qualesia il rapporto fra la comprensione e il mistero ci risulte-

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Questo quesito ci farà penetrare più profondamentenell’argomento.

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Ieri abbiamo veduto, nel Vangelo di Marco, come lavita in comune del Cristo Gesù con i discepoli che Eglisi era prescelti, per un tratto venga meno, e a questa in-terruzione accennano in modo evidente anche gli altriVangeli. Agli eventi dunque che si svolgono dopo che ilCristo Gesù vien catturato, ossia al giudizio, alla con-danna e alla crocifissione del medesimo, non hanno pre-so parte coloro che gli stavano più da vicino. Questoaspetto dei fatti nel Vangelo non è espresso a caso, mapensatamente. In certo qual modo il Vangelo vuoleesprimere come debba essere diretto il camminodell’uomo verso la comprensione del Mistero del Gol-gotha, e come gli uomini nei tempi avvenire – cioè dopoche il Mistero del Golgotha si è verificato – potranno ar-rivare alla comprensione di questo Mistero. Questacomprensione deve essere acquistata in modo affatto di-verso da come si acquista qualsiasi altra comprensionedi un fatto storico dell’evoluzione dell’umanità. Qualesia il rapporto fra la comprensione e il mistero ci risulte-

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rà con maggiore evidenza se guardiamo a ciò che si èsvolto con tanta chiarezza all’epoca nostra.

Dal secolo decimottavo in poi, da molteplici punti divista, la coscienza moderna ha cercato, per così dire,una specie di appoggio per la fede nel Mistero del Gol-gotha. Questa ricerca ha attraversato svariate fasi. Finoal secolo decimottavo, veramente, sono state poche le ri-cerche per conoscere come siano stati procurati i docu-menti – i «documenti storici» nel senso come si parla disiffatti documenti – che servono a costatare l’esistenzadel Cristo Gesù. Nelle anime umane di cui appunto sitratta viveva ancora troppo intensamente l’azione ema-nata dal Mistero del Golgotha. Quelle anime avevanovisto, per così dire, anche troppo l’influenza che attra-verso i secoli si connetteva al nome del Cristo Gesù perpoter sentire il bisogno di chiedere: vi è qualche docu-mento che ci dia la prova dell’esistenza del CristoGesù? Per coloro che si unirono al Cristo Gesù la suaesistenza sembrava assolutamente naturale, e al tempostesso sembrava loro del tutto naturale – molto più diquello che oggi non si creda – la convinzionedell’essenza al contempo umana e superumana, spiritua-le e divina del Cristo Gesù. Ma i tempi andavano diven-tando sempre più materialisti e con l’avanzarsi del mate-rialismo si è presentata nell’evoluzione dell’umanità ciòche necessariamente è collegato alla concezione mate-rialistica; questa concezione non ammette chenell’uomo – in qualsiasi uomo – viva alcunchè diun’individualità superiore; non ammette sopratutto, che

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rà con maggiore evidenza se guardiamo a ciò che si èsvolto con tanta chiarezza all’epoca nostra.

Dal secolo decimottavo in poi, da molteplici punti divista, la coscienza moderna ha cercato, per così dire,una specie di appoggio per la fede nel Mistero del Gol-gotha. Questa ricerca ha attraversato svariate fasi. Finoal secolo decimottavo, veramente, sono state poche le ri-cerche per conoscere come siano stati procurati i docu-menti – i «documenti storici» nel senso come si parla disiffatti documenti – che servono a costatare l’esistenzadel Cristo Gesù. Nelle anime umane di cui appunto sitratta viveva ancora troppo intensamente l’azione ema-nata dal Mistero del Golgotha. Quelle anime avevanovisto, per così dire, anche troppo l’influenza che attra-verso i secoli si connetteva al nome del Cristo Gesù perpoter sentire il bisogno di chiedere: vi è qualche docu-mento che ci dia la prova dell’esistenza del CristoGesù? Per coloro che si unirono al Cristo Gesù la suaesistenza sembrava assolutamente naturale, e al tempostesso sembrava loro del tutto naturale – molto più diquello che oggi non si creda – la convinzionedell’essenza al contempo umana e superumana, spiritua-le e divina del Cristo Gesù. Ma i tempi andavano diven-tando sempre più materialisti e con l’avanzarsi del mate-rialismo si è presentata nell’evoluzione dell’umanità ciòche necessariamente è collegato alla concezione mate-rialistica; questa concezione non ammette chenell’uomo – in qualsiasi uomo – viva alcunchè diun’individualità superiore; non ammette sopratutto, che

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dalla personalità esteriore si possa risalire nell’uomo aun elemento spirituale. Se si esamina un uomo material-mente (e ciò si verifica specialmente ai nostri tempi) gliuomini si palesano alla vista materiale molto simili: tutticamminano su due gambe, hanno tutti una testa e unnaso posto a un determinato punto della faccia; tuttihanno due occhi, hanno tutti una parte della testa rico-perta di capelli ecc. E l’epoca materialistica vede difatti,in questo modo, che tutti gli uomini appaiono «simili»;perchè dunque dovrebbe essa cercare ancora qualcosa dinascosto dietro a quest’uomo esteriore? Questa ricercaoffende colui, che non sente dietro di sè, in questa incar-nazione, ciò che hanno gli altri uomini. Il materialismonon ammette questo. Così andò perduta la possibilità dicomprendere che nell’uomo «Gesù di Nazareth» vi po-tesse essere stato il «Cristo», e quanto più ci s’inoltravanel secolo decimonono, tanto più si perdette in generalel’idea del «Cristo». Lo sguardo veniva vieppiù direttosoltanto sul «Gesù di Nazareth», nato in Nazareth o al-trove, che è vissuto come un uomo, ha predicato dellebelle massime fondamentali e dopo è morto, in un modoqualsiasi, di martirio. L’Uomo Gesù prese sempre più epiù il posto del Cristo Gesù dei secoli precedenti. Que-sto sembrava naturale per la concezione materialistica.

E di nuovo a sua volta era naturale, che si sviluppassenel secolo decimonono ciò che si chiama «l’indaginesulla vita di Gesù». Anche la teologia illuminata non sioccupava che di questa «indagine sulla vita di Gesù»;ossia, allo stesso modo come si stabiliscono le date in

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dalla personalità esteriore si possa risalire nell’uomo aun elemento spirituale. Se si esamina un uomo material-mente (e ciò si verifica specialmente ai nostri tempi) gliuomini si palesano alla vista materiale molto simili: tutticamminano su due gambe, hanno tutti una testa e unnaso posto a un determinato punto della faccia; tuttihanno due occhi, hanno tutti una parte della testa rico-perta di capelli ecc. E l’epoca materialistica vede difatti,in questo modo, che tutti gli uomini appaiono «simili»;perchè dunque dovrebbe essa cercare ancora qualcosa dinascosto dietro a quest’uomo esteriore? Questa ricercaoffende colui, che non sente dietro di sè, in questa incar-nazione, ciò che hanno gli altri uomini. Il materialismonon ammette questo. Così andò perduta la possibilità dicomprendere che nell’uomo «Gesù di Nazareth» vi po-tesse essere stato il «Cristo», e quanto più ci s’inoltravanel secolo decimonono, tanto più si perdette in generalel’idea del «Cristo». Lo sguardo veniva vieppiù direttosoltanto sul «Gesù di Nazareth», nato in Nazareth o al-trove, che è vissuto come un uomo, ha predicato dellebelle massime fondamentali e dopo è morto, in un modoqualsiasi, di martirio. L’Uomo Gesù prese sempre più epiù il posto del Cristo Gesù dei secoli precedenti. Que-sto sembrava naturale per la concezione materialistica.

E di nuovo a sua volta era naturale, che si sviluppassenel secolo decimonono ciò che si chiama «l’indaginesulla vita di Gesù». Anche la teologia illuminata non sioccupava che di questa «indagine sulla vita di Gesù»;ossia, allo stesso modo come si stabiliscono le date in

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cui vissero Carlo il Grande od Ottone il Grande, o qual-siasi altro personaggio, così essa cercava di stabilire ledate riguardanti il Gesù di Nazareth. Ora è molto diffici-le stabilire le date che riguardano il Gesù di Nazareth.Perchè come documenti principali vi sono anzitutto iVangeli, e le Epistole di Paolo. Ma come «documentistorici» i Vangeli non possono naturalmente aver valore.Ve ne sono quattro e all’esame esteriore materialisticorisulta che essi si contraddicono. Durante il corso delle«indagini sulla vita di Gesù» veramente si è cercato didare ai Vangeli ogni specie di interpretazione. Orbene, sipuò fare astrazione da una determinata fase della «ricer-ca sulla vita di Gesù», la quale essendosi svoltanell’epoca materialistica non voleva più credere ai «mi-racoli» e perciò spiegava i miracoli, descritti nei Vange-li, nei modi più strani – queste interpretazioni erano a undipresso del genere, che spiegava la comparsa del Cristosul lago dicendo, che Egli non era passato sul lago fisi-camente coi piedi (mentre già abbiamo veduto di che sitratta) – ma che i discepoli non conoscevano appuntol’ordinamento fisico del mondo. Però a un determinatopunto di aberrazione della ricerca sulla vita di Gesù,quella narrazione venne spiegata in modo, che si disseche gli apostoli navigavano in barca e il Cristo Gesùpassava sulla sponda, sicchè la gente che si trovava sullasponda opposta potè facilmente credere e illudersi che ilCristo camminasse sull’acqua. Delle aberrazioni parti-colarmente razionalistiche hanno perfino ritenuto, chenella trasformazione dell’acqua in vino sia stata intro-

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cui vissero Carlo il Grande od Ottone il Grande, o qual-siasi altro personaggio, così essa cercava di stabilire ledate riguardanti il Gesù di Nazareth. Ora è molto diffici-le stabilire le date che riguardano il Gesù di Nazareth.Perchè come documenti principali vi sono anzitutto iVangeli, e le Epistole di Paolo. Ma come «documentistorici» i Vangeli non possono naturalmente aver valore.Ve ne sono quattro e all’esame esteriore materialisticorisulta che essi si contraddicono. Durante il corso delle«indagini sulla vita di Gesù» veramente si è cercato didare ai Vangeli ogni specie di interpretazione. Orbene, sipuò fare astrazione da una determinata fase della «ricer-ca sulla vita di Gesù», la quale essendosi svoltanell’epoca materialistica non voleva più credere ai «mi-racoli» e perciò spiegava i miracoli, descritti nei Vange-li, nei modi più strani – queste interpretazioni erano a undipresso del genere, che spiegava la comparsa del Cristosul lago dicendo, che Egli non era passato sul lago fisi-camente coi piedi (mentre già abbiamo veduto di che sitratta) – ma che i discepoli non conoscevano appuntol’ordinamento fisico del mondo. Però a un determinatopunto di aberrazione della ricerca sulla vita di Gesù,quella narrazione venne spiegata in modo, che si disseche gli apostoli navigavano in barca e il Cristo Gesùpassava sulla sponda, sicchè la gente che si trovava sullasponda opposta potè facilmente credere e illudersi che ilCristo camminasse sull’acqua. Delle aberrazioni parti-colarmente razionalistiche hanno perfino ritenuto, chenella trasformazione dell’acqua in vino sia stata intro-

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dotta nell’acqua una specie di essenza di vino! Qualcu-no ha perfino cercato di spiegare il battesimo di Giovan-ni nel Giordano dicendo, che una colomba è passatasemplicemente per caso in quel momento. Questo è ilcolmo! Quante mai cose si sono dette sulla base dellacosiddetta severa scienza obbiettiva! Ma da queste aber-razioni si può far completa astrazione. Si può esaminarel’indagine, che non volendo ammettere dei fatti super-sensibili, ha cercato di considerare questo supersensibilecome fosse un’aggiunta materialistica e ha detto a sèstessa: Se non si può credere al Cristo Gesù – non cre-dere che un figlio di falegname nato in Nazareth sia sta-to nel Tempio a dodici anni ecc. – se si toglie tutto ciòche è supersensibile e si combina quello che concorda enon concorda nei diversi Vangeli, si potrà arrivare a sta-bilire una specie di biografia di Gesù di Nazareth. E lagente ha tentato di fare questo nei modi più diversi. Datutti quei tentativi risultò naturalmente che ogni biogra-fia era diversa; ma non possiamo ora occuparci di questiparticolari. Vi è stata anche un’epoca nella ricerca sullavita di Gesù, in cui Gesù di Nazareth è stato rappresen-tato come un uomo superiore, a un dipresso come unSocrate superiore, allo stesso modo come da un punto divista più elevato vien rappresentato anche Socrate stes-so.

Questa è la ricerca sulla vita di Gesù, la quale tendevaanzitutto a una biografia di Gesù di Nazareth, ma questaricerca in ultima analisi, ha pure destato opposizione – everamente per due ragioni: la prima, riguarda i docu-

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dotta nell’acqua una specie di essenza di vino! Qualcu-no ha perfino cercato di spiegare il battesimo di Giovan-ni nel Giordano dicendo, che una colomba è passatasemplicemente per caso in quel momento. Questo è ilcolmo! Quante mai cose si sono dette sulla base dellacosiddetta severa scienza obbiettiva! Ma da queste aber-razioni si può far completa astrazione. Si può esaminarel’indagine, che non volendo ammettere dei fatti super-sensibili, ha cercato di considerare questo supersensibilecome fosse un’aggiunta materialistica e ha detto a sèstessa: Se non si può credere al Cristo Gesù – non cre-dere che un figlio di falegname nato in Nazareth sia sta-to nel Tempio a dodici anni ecc. – se si toglie tutto ciòche è supersensibile e si combina quello che concorda enon concorda nei diversi Vangeli, si potrà arrivare a sta-bilire una specie di biografia di Gesù di Nazareth. E lagente ha tentato di fare questo nei modi più diversi. Datutti quei tentativi risultò naturalmente che ogni biogra-fia era diversa; ma non possiamo ora occuparci di questiparticolari. Vi è stata anche un’epoca nella ricerca sullavita di Gesù, in cui Gesù di Nazareth è stato rappresen-tato come un uomo superiore, a un dipresso come unSocrate superiore, allo stesso modo come da un punto divista più elevato vien rappresentato anche Socrate stes-so.

Questa è la ricerca sulla vita di Gesù, la quale tendevaanzitutto a una biografia di Gesù di Nazareth, ma questaricerca in ultima analisi, ha pure destato opposizione – everamente per due ragioni: la prima, riguarda i docu-

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menti stessi. Perchè nel senso in cui oggi si parla di «do-cumenti storici», nel senso cioè come gli storici consi-derano i loro documenti, i Vangeli non sono documenti,e non lo sono anzitutto per le loro numerose contraddi-zioni e per tutto il modo come sono stati conservati. Laseconda ragione è, che negli ultimi anni si è aggiunto aquesta ricerca sulla vita di Gesù qualcosa che è stato tro-vato dalla gente, che nei Vangeli ha voluto approfondirealcuni determinati passi e certe osservazioni che conti-nuamente si ripetono e che sappiamo riferirsi a fatti su-persensibili. Ma le persone con convinzioni materialisti-che che hanno scoperto queste cose non potevano sem-plicemente farle sparire, come era stato fatto da coloroche facevano delle ricerche sulla vita di Gesù. Si arrivòperciò a un’altra indagine, a quella sul Cristo, che negliultimi anni si è affermata. Invece prima, durante moltianni, la ricerca sulla vita di Gesù culminò nelle paroleconiate da un professore odierno sull’«uomo ingenuo diNazareth», perchè questo piaceva molto agli uomini; sisentivano soddisfatti di non dover riconoscere niente dipiù elevato nei Vangeli; conveniva loro meglio di parla-re dell’«uomo semplice di Nazareth», che non di innal-zarsi all’Uomo-Dio. Ma venne poi trovato anchel’Uomo-Dio. E ne risultò allora la «ricerca sul Cristo».

Questa è del tutto peculiare. Essa si presentò in formaparticolarmente grottesca nello scritto «Ecce Deus» diBeniamino Smith e in altri suoi scritti. Essa si presentain modo da dimostrare, che un «Gesù di Nazareth» nonè affatto esistito in realtà; non si tratterebbe che di una

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menti stessi. Perchè nel senso in cui oggi si parla di «do-cumenti storici», nel senso cioè come gli storici consi-derano i loro documenti, i Vangeli non sono documenti,e non lo sono anzitutto per le loro numerose contraddi-zioni e per tutto il modo come sono stati conservati. Laseconda ragione è, che negli ultimi anni si è aggiunto aquesta ricerca sulla vita di Gesù qualcosa che è stato tro-vato dalla gente, che nei Vangeli ha voluto approfondirealcuni determinati passi e certe osservazioni che conti-nuamente si ripetono e che sappiamo riferirsi a fatti su-persensibili. Ma le persone con convinzioni materialisti-che che hanno scoperto queste cose non potevano sem-plicemente farle sparire, come era stato fatto da coloroche facevano delle ricerche sulla vita di Gesù. Si arrivòperciò a un’altra indagine, a quella sul Cristo, che negliultimi anni si è affermata. Invece prima, durante moltianni, la ricerca sulla vita di Gesù culminò nelle paroleconiate da un professore odierno sull’«uomo ingenuo diNazareth», perchè questo piaceva molto agli uomini; sisentivano soddisfatti di non dover riconoscere niente dipiù elevato nei Vangeli; conveniva loro meglio di parla-re dell’«uomo semplice di Nazareth», che non di innal-zarsi all’Uomo-Dio. Ma venne poi trovato anchel’Uomo-Dio. E ne risultò allora la «ricerca sul Cristo».

Questa è del tutto peculiare. Essa si presentò in formaparticolarmente grottesca nello scritto «Ecce Deus» diBeniamino Smith e in altri suoi scritti. Essa si presentain modo da dimostrare, che un «Gesù di Nazareth» nonè affatto esistito in realtà; non si tratterebbe che di una

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leggenda. Ma i Vangeli parlano del Cristo Gesù. Checosa è questo Cristo Gesù? Esso è un Dio inventato, èun’immagine ideale! E la gente ha le sue buone ragioniper negare da questo punto di vista il vero «Gesù di Na-zareth»; perchè i Vangeli narrano del Cristo, e gli attri-buiscono delle qualità che non esistono secondo la con-cezione materialistica. Ne risulta con evidenza, che se-condo la storia Egli non è potuto esistere, ma che è statoinventato. Egli è dunque sorto per opera dell’estro poeti-co dell’epoca a cui appunto è stato attribuito il Misterodel Golgotha. Di guisa che negli ultimi anni si è tornati,in certo qual modo, dal «Gesù» al «Cristo»; ma è unCristo che non è del resto niente di reale, sibbene vivenel pensiero degli uomini. In questo campo oggidì tuttociò non poggia, per così dire, sopra alcun fondamento. Ilgrosso pubblico conosce naturalmente poco le quistioniche sono in giuoco. Ma in ultima analisi tutte le notizieche riguardano il Mistero del Golgotha sono state mina-te dal punto di vista della scienza, non poggiano più subase sicura. La «ricerca sulla vita di Gesù» non è riusci-ta a niente, perchè nulla può dimostrare, e della «ricercasul Cristo» non si può tener conto seriamente. Perchèquello di cui si tratta è la colossale azione emanata daquell’Entità, che è connessa al Mistero del Golgotha. Setutto questo è «poesia», allora effettivamente un’epocamaterialistica dovrebbe confessare, che è tempo cheessa si disabitui dal tener conto di tale poesia, perchè aun’epoca materialistica non è consentito di credere auna poesia che ha compiuto la missione più importante

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leggenda. Ma i Vangeli parlano del Cristo Gesù. Checosa è questo Cristo Gesù? Esso è un Dio inventato, èun’immagine ideale! E la gente ha le sue buone ragioniper negare da questo punto di vista il vero «Gesù di Na-zareth»; perchè i Vangeli narrano del Cristo, e gli attri-buiscono delle qualità che non esistono secondo la con-cezione materialistica. Ne risulta con evidenza, che se-condo la storia Egli non è potuto esistere, ma che è statoinventato. Egli è dunque sorto per opera dell’estro poeti-co dell’epoca a cui appunto è stato attribuito il Misterodel Golgotha. Di guisa che negli ultimi anni si è tornati,in certo qual modo, dal «Gesù» al «Cristo»; ma è unCristo che non è del resto niente di reale, sibbene vivenel pensiero degli uomini. In questo campo oggidì tuttociò non poggia, per così dire, sopra alcun fondamento. Ilgrosso pubblico conosce naturalmente poco le quistioniche sono in giuoco. Ma in ultima analisi tutte le notizieche riguardano il Mistero del Golgotha sono state mina-te dal punto di vista della scienza, non poggiano più subase sicura. La «ricerca sulla vita di Gesù» non è riusci-ta a niente, perchè nulla può dimostrare, e della «ricercasul Cristo» non si può tener conto seriamente. Perchèquello di cui si tratta è la colossale azione emanata daquell’Entità, che è connessa al Mistero del Golgotha. Setutto questo è «poesia», allora effettivamente un’epocamaterialistica dovrebbe confessare, che è tempo cheessa si disabitui dal tener conto di tale poesia, perchè aun’epoca materialistica non è consentito di credere auna poesia che ha compiuto la missione più importante

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dell’epoca. Veramente questa nostra epoca tanto «illu-minata» è riuscita ad accumulare molte contradizioni – enon si accorge affatto come sul campo scientifico ap-punto essa ci costringa a ricordare la sentenza: «Signo-re, perdona loro, perchè non sanno quello che si fanno».Questo si applica a tutte le ricerche attuali sul Gesù e sulCristo, che non vogliano poggiare seriamente e degna-mente sopra una base spirituale.

Il Vangelo stesso già accenna chiaramente a quelloche si è presentato alla nostra epoca nel modo già de-scritto. Gli uomini che vogliono essere materialisti, chevogliono credere soltanto a ciò che risulta alla coscienzamaterialistica nell’esistenza sensibile, non possono tro-vare una via verso il Cristo Gesù. Perchè questa via èstata sbarrata appunto dal fatto, che coloro i quali stava-no più vicini al Cristo lo hanno abbandonato propriomentre il Mistero del Golgotha si compieva, e lo hannoincontrato di nuovo soltanto più tardi; essi perciò nonhanno sperimentato con Lui ciò che a quell’epoca si èverificato sul piano fisico in Palestina. Tutti sanno chedall’altra parte non sono stati forniti documenti degni difede. Nondimeno nel Vangelo di Marco e nelle altre de-scrizioni dei Vangeli troviamo appunto questo Misterodel Golgotha. Come sono state create queste descrizio-ni?

Questo esame è di straordinaria importanza. Osser-viamo ora queste descrizioni sotto il solo aspetto delVangelo di Marco. Brevemente, ma esaurientemente, civiene dimostrato nel Vangelo di Marco, dopo la scena

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dell’epoca. Veramente questa nostra epoca tanto «illu-minata» è riuscita ad accumulare molte contradizioni – enon si accorge affatto come sul campo scientifico ap-punto essa ci costringa a ricordare la sentenza: «Signo-re, perdona loro, perchè non sanno quello che si fanno».Questo si applica a tutte le ricerche attuali sul Gesù e sulCristo, che non vogliano poggiare seriamente e degna-mente sopra una base spirituale.

Il Vangelo stesso già accenna chiaramente a quelloche si è presentato alla nostra epoca nel modo già de-scritto. Gli uomini che vogliono essere materialisti, chevogliono credere soltanto a ciò che risulta alla coscienzamaterialistica nell’esistenza sensibile, non possono tro-vare una via verso il Cristo Gesù. Perchè questa via èstata sbarrata appunto dal fatto, che coloro i quali stava-no più vicini al Cristo lo hanno abbandonato propriomentre il Mistero del Golgotha si compieva, e lo hannoincontrato di nuovo soltanto più tardi; essi perciò nonhanno sperimentato con Lui ciò che a quell’epoca si èverificato sul piano fisico in Palestina. Tutti sanno chedall’altra parte non sono stati forniti documenti degni difede. Nondimeno nel Vangelo di Marco e nelle altre de-scrizioni dei Vangeli troviamo appunto questo Misterodel Golgotha. Come sono state create queste descrizio-ni?

Questo esame è di straordinaria importanza. Osser-viamo ora queste descrizioni sotto il solo aspetto delVangelo di Marco. Brevemente, ma esaurientemente, civiene dimostrato nel Vangelo di Marco, dopo la scena

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della Risurrezione, che il giovinetto in bianco talare –cioè, il Cristo cosmico – dopo verificatosi il Mistero, siè di nuovo palesato ai discepoli e ha esercitatodegl’impulsi su di loro. E perciò nei discepoli, negliApostoli, quale Pietro, per il fatto di essere stati compe-netrati dall’impulso esercitato su di loro, potè accendersila visione chiaroveggente: di guisa che ciò, che essi nonavevano veduto con gli occhi fisici, perchè erano fuggi-ti, è stato da loro veduto più tardi per via chiaroveggen-te. A Pietro e agli altri, che poterono pure essere disce-poli dopo la Risurrezione del Cristo Gesù, vennero di-schiusi gli occhi alla chiaroveggenza, sicchè essi potero-no vedere chiaroveggentemente il Mistero del Golgotha.Al Mistero del Golgotha si arriva soltanto per via chia-roveggente, sebbene esso si sia compiuto sul piano fisi-co! Dobbiamo tener questo fatto per fermo. Il Vangelolo indica chiaramente, quando descrive che i più elettifuggirono al momento decisivo; di guisa che in un’ani-ma quale quella di Pietro, dopo ricevuto l’impulso delRisuscitato, ha potuto risplendere il ricordo di ciò cheera successo dopo la fuga. Di solito l’uomo si ricordasoltanto di ciò a cui egli ha assistito nell’esistenza sensi-bile. Ma con una chiaroveggenza come quella che siebbe nei discepoli, succede, al contrario del ricordo abi-tuale, che gli eventi fisico-sensibili, ai quali tuttavia nonsi è assistito, si presentino come per via di memoria.Dunque potete immaginarvi il risplendere in un’animacome quella di Pietro del ricordo di eventi, ai quali eglinon ha assistito direttamente. E così Pietro, per esempio,

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della Risurrezione, che il giovinetto in bianco talare –cioè, il Cristo cosmico – dopo verificatosi il Mistero, siè di nuovo palesato ai discepoli e ha esercitatodegl’impulsi su di loro. E perciò nei discepoli, negliApostoli, quale Pietro, per il fatto di essere stati compe-netrati dall’impulso esercitato su di loro, potè accendersila visione chiaroveggente: di guisa che ciò, che essi nonavevano veduto con gli occhi fisici, perchè erano fuggi-ti, è stato da loro veduto più tardi per via chiaroveggen-te. A Pietro e agli altri, che poterono pure essere disce-poli dopo la Risurrezione del Cristo Gesù, vennero di-schiusi gli occhi alla chiaroveggenza, sicchè essi potero-no vedere chiaroveggentemente il Mistero del Golgotha.Al Mistero del Golgotha si arriva soltanto per via chia-roveggente, sebbene esso si sia compiuto sul piano fisi-co! Dobbiamo tener questo fatto per fermo. Il Vangelolo indica chiaramente, quando descrive che i più elettifuggirono al momento decisivo; di guisa che in un’ani-ma quale quella di Pietro, dopo ricevuto l’impulso delRisuscitato, ha potuto risplendere il ricordo di ciò cheera successo dopo la fuga. Di solito l’uomo si ricordasoltanto di ciò a cui egli ha assistito nell’esistenza sensi-bile. Ma con una chiaroveggenza come quella che siebbe nei discepoli, succede, al contrario del ricordo abi-tuale, che gli eventi fisico-sensibili, ai quali tuttavia nonsi è assistito, si presentino come per via di memoria.Dunque potete immaginarvi il risplendere in un’animacome quella di Pietro del ricordo di eventi, ai quali eglinon ha assistito direttamente. E così Pietro, per esempio,

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a coloro che lo volevano ascoltare insegnò del Misterodel Golgotha, traendo dalla sua memoria; insegnò lorociò di cui si ricordava, sebbene non vi fosse stato pre-sente.

In questo modo il Mistero del Golgotha venne inse-gnato, venne rivelato. Ma l’impulso emanato dal Cristosui discepoli come Pietro poteva essere comunicato an-che a coloro, che alla loro volta erano seguaci di quei di-scepoli. Un tale seguace di Pietro fu colui, il quale origi-nariamente mise insieme – certo soltanto verbalmente –il cosiddetto Vangelo di Marco. Così l’impulso che ave-va agito su Pietro passò anche nell’anima di Marco, diguisa che Marco stesso vide risplendere nella propriaanima ciò che si era compiuto come Mistero del Golgo-tha in Gerusalemme. Marco fu discepolo di Pietro perlungo tempo; più tardi Marco arrivò in una contrada, dicui l’ambiente esteriore gli permetteva, per così dire, didare al suo Vangelo lo speciale colorito che appunto oc-correva gli venisse dato.

In tutte le nostre descrizioni (dal seguito forse risulte-rà ciò che ancora vi è da dire sul proposito) abbiamo vi-sto, che il Vangelo di Marco è quello che ci permette disentire più chiaramente l’intiera grandezza e il significa-to cosmico del Cristo. L’autore originario del Vangelo diMarco ha potuto essere stimolato appunto a questa de-scrizione della grandezza cosmica del Cristo dal paesein cui era stato trasferito, dopo essere stato discepolo diPietro. Egli venne trasferito in Alessandria d’Egitto, e viè vissuto in un’epoca, in cui, in certo qual modo, l’eru-

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a coloro che lo volevano ascoltare insegnò del Misterodel Golgotha, traendo dalla sua memoria; insegnò lorociò di cui si ricordava, sebbene non vi fosse stato pre-sente.

In questo modo il Mistero del Golgotha venne inse-gnato, venne rivelato. Ma l’impulso emanato dal Cristosui discepoli come Pietro poteva essere comunicato an-che a coloro, che alla loro volta erano seguaci di quei di-scepoli. Un tale seguace di Pietro fu colui, il quale origi-nariamente mise insieme – certo soltanto verbalmente –il cosiddetto Vangelo di Marco. Così l’impulso che ave-va agito su Pietro passò anche nell’anima di Marco, diguisa che Marco stesso vide risplendere nella propriaanima ciò che si era compiuto come Mistero del Golgo-tha in Gerusalemme. Marco fu discepolo di Pietro perlungo tempo; più tardi Marco arrivò in una contrada, dicui l’ambiente esteriore gli permetteva, per così dire, didare al suo Vangelo lo speciale colorito che appunto oc-correva gli venisse dato.

In tutte le nostre descrizioni (dal seguito forse risulte-rà ciò che ancora vi è da dire sul proposito) abbiamo vi-sto, che il Vangelo di Marco è quello che ci permette disentire più chiaramente l’intiera grandezza e il significa-to cosmico del Cristo. L’autore originario del Vangelo diMarco ha potuto essere stimolato appunto a questa de-scrizione della grandezza cosmica del Cristo dal paesein cui era stato trasferito, dopo essere stato discepolo diPietro. Egli venne trasferito in Alessandria d’Egitto, e viè vissuto in un’epoca, in cui, in certo qual modo, l’eru-

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dizione ebrea teosofica e filosofica si trovava di averraggiunto in Alessandria una determinata altezza, edegli vi potè accogliere le migliori parti della Gnosi pa-gana di quel tempo. Egli vi potè accogliere le idee, cheallora pure esistevano, sul provenire dell’entità umanadalla spiritualità, sul contatto in cui questa entità umanasi è trovata con Lucifero, con Arimane, e sulla penetra-zione delle forze luciferiche e arimaniche nell’animaumana; egli poteva accogliere dalla Gnosi pagana tuttociò che dava una comprensione della provenienza degliuomini dal Cosmo, allorchè venne ricostituito il nostropianeta. Ma Marco poteva anche vedere, – appunto inuna località posta in Egitto – quanto forte fosse il con-trasto fra ciò a cui l’uomo era stato originariamente de-stinato, e ciò che l’uomo poi era diventato. Questo fattorisulta soprattutto evidente nella cultura egiziana, inquella cultura che emanava dalle rivelazioni più alte, ri-velazioni che si potevano poi vedere nell’architetturaegiziana e particolarmente nelle piramidi e nei palazzi;in quella cultura della Sfinge, che in Egitto andò peròsempre più decadendo e corrompendosi; di guisa cheappunto le opere principali della cultura egiziana, e pro-prio durante il terzo periodo di cultura, caddero semprepiù e più nelle peggiori mostruosità della magia nera,nelle peggiori aberrazioni della spiritualità. In un deter-minato rapporto, se si possedevano gli occhi spiritualiadatti, si potevano vedere ancora dei segreti profondissi-mi nei riti praticati in Egitto, perchè emanavano da purae originaria saggezza ermetica; ma occorreva appunto

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dizione ebrea teosofica e filosofica si trovava di averraggiunto in Alessandria una determinata altezza, edegli vi potè accogliere le migliori parti della Gnosi pa-gana di quel tempo. Egli vi potè accogliere le idee, cheallora pure esistevano, sul provenire dell’entità umanadalla spiritualità, sul contatto in cui questa entità umanasi è trovata con Lucifero, con Arimane, e sulla penetra-zione delle forze luciferiche e arimaniche nell’animaumana; egli poteva accogliere dalla Gnosi pagana tuttociò che dava una comprensione della provenienza degliuomini dal Cosmo, allorchè venne ricostituito il nostropianeta. Ma Marco poteva anche vedere, – appunto inuna località posta in Egitto – quanto forte fosse il con-trasto fra ciò a cui l’uomo era stato originariamente de-stinato, e ciò che l’uomo poi era diventato. Questo fattorisulta soprattutto evidente nella cultura egiziana, inquella cultura che emanava dalle rivelazioni più alte, ri-velazioni che si potevano poi vedere nell’architetturaegiziana e particolarmente nelle piramidi e nei palazzi;in quella cultura della Sfinge, che in Egitto andò peròsempre più decadendo e corrompendosi; di guisa cheappunto le opere principali della cultura egiziana, e pro-prio durante il terzo periodo di cultura, caddero semprepiù e più nelle peggiori mostruosità della magia nera,nelle peggiori aberrazioni della spiritualità. In un deter-minato rapporto, se si possedevano gli occhi spiritualiadatti, si potevano vedere ancora dei segreti profondissi-mi nei riti praticati in Egitto, perchè emanavano da purae originaria saggezza ermetica; ma occorreva appunto

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sempre più che l’anima fosse capace di vedere ciò chestava alla base, senza guardare quanto vi fosse di corrot-to. All’epoca di Mosè la corruzione già era molto avan-zata ed egli dovette già trar fuori dal mondo egizianoquello che in esso ancora vi era di buono e che però sol-tanto a un’anima nobile come quella di Mosè riuscivaancora visibile, perchè a sua volta potesse arrivare almondo avvenire per il tramite della sua anima. La corru-zione spirituale proseguì quindi più oltre nel suo cammi-no.

La visione di come l’umanità potesse precipitare, dicome essa potesse cadere completamente nel materiali-smo, sopratutto per quanto riguardava le sue concezioni,si affacciò con vivezza all’anima di Marco. E Marcosperimentava appunto qualcosa di simile a ciò che, seb-bene in forma diversa, l’uomo, in un determinato modo,può di nuovo sperimentare oggi, però soltanto l’uomodotato di senso e di sentimento adatto. Perchè oggidìsperimentiamo veramente il risorgere della coltura egi-ziana. Già spesso ho accennato alla peculiarità delleconcatenazioni nella civiltà dell’umanità e ho detto,come delle sette successive epoche di cultura, la quartaoccupi un periodo più lungo di tempo, e con l’Ellenismoe il Mistero del Golgotha abbia un posto a sè; ma il ter-zo periodo di cultura con la civiltà egizio-caldaica siriaffaccia – in modo non spirituale – nella cultura odier-na, nella nostra scienza attuale. Nella nostra cultura ma-terialistica, anzi perfino anche nelle manifestazioni este-riori della cultura, si può scorgere in questo nostro quin-

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sempre più che l’anima fosse capace di vedere ciò chestava alla base, senza guardare quanto vi fosse di corrot-to. All’epoca di Mosè la corruzione già era molto avan-zata ed egli dovette già trar fuori dal mondo egizianoquello che in esso ancora vi era di buono e che però sol-tanto a un’anima nobile come quella di Mosè riuscivaancora visibile, perchè a sua volta potesse arrivare almondo avvenire per il tramite della sua anima. La corru-zione spirituale proseguì quindi più oltre nel suo cammi-no.

La visione di come l’umanità potesse precipitare, dicome essa potesse cadere completamente nel materiali-smo, sopratutto per quanto riguardava le sue concezioni,si affacciò con vivezza all’anima di Marco. E Marcosperimentava appunto qualcosa di simile a ciò che, seb-bene in forma diversa, l’uomo, in un determinato modo,può di nuovo sperimentare oggi, però soltanto l’uomodotato di senso e di sentimento adatto. Perchè oggidìsperimentiamo veramente il risorgere della coltura egi-ziana. Già spesso ho accennato alla peculiarità delleconcatenazioni nella civiltà dell’umanità e ho detto,come delle sette successive epoche di cultura, la quartaoccupi un periodo più lungo di tempo, e con l’Ellenismoe il Mistero del Golgotha abbia un posto a sè; ma il ter-zo periodo di cultura con la civiltà egizio-caldaica siriaffaccia – in modo non spirituale – nella cultura odier-na, nella nostra scienza attuale. Nella nostra cultura ma-terialistica, anzi perfino anche nelle manifestazioni este-riori della cultura, si può scorgere in questo nostro quin-

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to periodo un determinato risveglio della terza epoca dicultura. Ugualmente, sotto un certo riguardo, il secondoperiodo si riaffaccerà nel sesto e il primo nel settimo.Così queste epoche si riattaccano, si abbracciano fra diloro; già spesso è stato rilevato questo fatto. Si speri-menta oggi ciò che allora uno spirito come quello diMarco poteva sperimentare in modo più intensivo. Sivolga lo sguardo verso la cultura (non occorre descrive-re ciò in questo modo al mondo esteriore, perchè non lopotrebbe sopportare) e si faccia astrazione da tutte lemanifestazioni più profonde di corruzione, e si potràdire: tutto è meccanizzato, e veramente oggidìnell’ambito della nostra cultura materialistica viene ado-rato soltanto il meccanismo, sebbene la gente non credasi tratti di adorazione, o di devozione. Ma le forze ani-miche che venivano prima rivolte verso le entità spiri-tuali vengono oggi rivolte alle macchine, ai meccanismi;ad essi viene dedicata l’attenzione che prima – veramen-te si può dire – veniva dedicata agli Dei. Così avvieneprincipalmente nei riguardi della scienza, la quale nonsa affatto quanto poco davvero, da un canto, essa abbiaa che fare con la verità, e con la verità reale e dall’altrocon la vera logica. Da un determinato punto di vista piùelevato abbiamo veduto che oggi domina indubbiamenteun’intensa aspirazione, un’intensa nostalgìa. A Monaco,in una conferenza4, si è parlato della nostalgìa della no-stra epoca, e particolarmente di come questa nostalgìa sisia andata formando nelle singole anime; ma nella vera

4 La teosofia e la vita spirituale attuale Conf. tenuta il 31 Agosto 1912.

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to periodo un determinato risveglio della terza epoca dicultura. Ugualmente, sotto un certo riguardo, il secondoperiodo si riaffaccerà nel sesto e il primo nel settimo.Così queste epoche si riattaccano, si abbracciano fra diloro; già spesso è stato rilevato questo fatto. Si speri-menta oggi ciò che allora uno spirito come quello diMarco poteva sperimentare in modo più intensivo. Sivolga lo sguardo verso la cultura (non occorre descrive-re ciò in questo modo al mondo esteriore, perchè non lopotrebbe sopportare) e si faccia astrazione da tutte lemanifestazioni più profonde di corruzione, e si potràdire: tutto è meccanizzato, e veramente oggidìnell’ambito della nostra cultura materialistica viene ado-rato soltanto il meccanismo, sebbene la gente non credasi tratti di adorazione, o di devozione. Ma le forze ani-miche che venivano prima rivolte verso le entità spiri-tuali vengono oggi rivolte alle macchine, ai meccanismi;ad essi viene dedicata l’attenzione che prima – veramen-te si può dire – veniva dedicata agli Dei. Così avvieneprincipalmente nei riguardi della scienza, la quale nonsa affatto quanto poco davvero, da un canto, essa abbiaa che fare con la verità, e con la verità reale e dall’altrocon la vera logica. Da un determinato punto di vista piùelevato abbiamo veduto che oggi domina indubbiamenteun’intensa aspirazione, un’intensa nostalgìa. A Monaco,in una conferenza4, si è parlato della nostalgìa della no-stra epoca, e particolarmente di come questa nostalgìa sisia andata formando nelle singole anime; ma nella vera

4 La teosofia e la vita spirituale attuale Conf. tenuta il 31 Agosto 1912.

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scienza «ufficiale» questa nostalgìa non esiste; piuttosto,si potrebbe dire, che vi domina una determinata sazietàsodisfatta, la sodisfazione per qualcosa di strano, perqualcosa di non vero e di illogico. Questa scienza non èmai in condizione neppure di riconoscere quanto essasia basata sul contrario della logica. Tutto ciò si vede, sisperimenta, e siccome nell’evoluzione dell’umanità suc-cede sempre che un polo viene acceso dall’altro, è pro-prio questa insufficienza della scienza esteriore, questamancanza di realtà e di logica della scienza esteriore, equesta gonfiatura e cecità sulla propria situazione dellascienza esteriore, che dovrà provocare gradatamentenella nostra epoca la più nobile reazione, la nostalgìaper la spiritualità nelle anime umane. Ancora per lungotempo gli uomini, i quali si trovano profondamente im-mersi nella irrealtà e nella illogicità, potranno ridere del-la scienza spirituale, metterla in ridicolo, o giudicarladannosa. Ma per forza interiore dei fatti, l’altro polo siaccenderà del tutto spontaneamente. E se coloro chesono al caso di comprenderne qualcosa non cadesseronella malattia del compromesso, ma vedessero chiaro, laquistione si risolverebbe più presto di quello che oranon succeda. Perchè continuamente, quando uno scien-ziato ha detto, o dal pulpito si è predicato qualcosa, dicui altri crede che sia «pure teosofia», noi sperimentia-mo che si fa di ciò gran caso. Non si devono fare talicompromessi, ma importa collocarsi chiaramente e real-mente nella vita spirituale e lasciare che questa agiscasu di noi con i suoi impulsi. Quanto più ci renderemo

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scienza «ufficiale» questa nostalgìa non esiste; piuttosto,si potrebbe dire, che vi domina una determinata sazietàsodisfatta, la sodisfazione per qualcosa di strano, perqualcosa di non vero e di illogico. Questa scienza non èmai in condizione neppure di riconoscere quanto essasia basata sul contrario della logica. Tutto ciò si vede, sisperimenta, e siccome nell’evoluzione dell’umanità suc-cede sempre che un polo viene acceso dall’altro, è pro-prio questa insufficienza della scienza esteriore, questamancanza di realtà e di logica della scienza esteriore, equesta gonfiatura e cecità sulla propria situazione dellascienza esteriore, che dovrà provocare gradatamentenella nostra epoca la più nobile reazione, la nostalgìaper la spiritualità nelle anime umane. Ancora per lungotempo gli uomini, i quali si trovano profondamente im-mersi nella irrealtà e nella illogicità, potranno ridere del-la scienza spirituale, metterla in ridicolo, o giudicarladannosa. Ma per forza interiore dei fatti, l’altro polo siaccenderà del tutto spontaneamente. E se coloro chesono al caso di comprenderne qualcosa non cadesseronella malattia del compromesso, ma vedessero chiaro, laquistione si risolverebbe più presto di quello che oranon succeda. Perchè continuamente, quando uno scien-ziato ha detto, o dal pulpito si è predicato qualcosa, dicui altri crede che sia «pure teosofia», noi sperimentia-mo che si fa di ciò gran caso. Non si devono fare talicompromessi, ma importa collocarsi chiaramente e real-mente nella vita spirituale e lasciare che questa agiscasu di noi con i suoi impulsi. Quanto più ci renderemo

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conto, che occorre accendere la vitalità interiore dellavita spirituale e che a nessun costo si deve ammettere,che dal pensiero materialistico dell’epoca nostra possatrarsi altro che dei risultati materiali, tanto meglio sarà.È diverso dimostrare che la scienza realmente progredi-ta si trova in armonia con la ricerca spirituale, perchèquesto lo si può dimostrare a ogni passo. Perchè questascienza commette veramente quasi sempre nelle opereche pubblica degli errori di logica, del genere di quellodell’umoristico Professore Schlaucherl, nei «FliegendenBlättern», il quale vuol dimostrare quale sia l’organocon cui una rana può udire. Il Prof. Schlaucherl fa salta-re la rana sul tavolo, e picchia poi sul piano del medesi-mo di guisa che la rana scappi via; dunque essa ha udito.Ma poi le toglie le gambe e picchia di nuovo sul pianodella tavola; la rana non salta più via. È evidente dun-que, che la rana ode con le gambe; perchè quando avevale gambe, saltava via appena veniva colpito il piano del-la tavola, mentre dopo non saltava più via. Gli scienziatifanno molti e svariati esperimenti con la rana; ma le loroconclusioni logiche negli altri campi sono similiall’esempio sopra citato; così pure nei riguardi delle ce-lebri ricerche sul cervello. Con queste ricerche fannonotare, che quando vi è questa o quella data parte delcervello, si può avere, per esempio, la memoria delle pa-role, o si può albergare questo o quel pensiero; quandoquesta parte più non vi è, non si possono più avere queipensieri, o si perde la memoria per le parole – propriocome nell’esempio della rana, che ode con le gambe.

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conto, che occorre accendere la vitalità interiore dellavita spirituale e che a nessun costo si deve ammettere,che dal pensiero materialistico dell’epoca nostra possatrarsi altro che dei risultati materiali, tanto meglio sarà.È diverso dimostrare che la scienza realmente progredi-ta si trova in armonia con la ricerca spirituale, perchèquesto lo si può dimostrare a ogni passo. Perchè questascienza commette veramente quasi sempre nelle opereche pubblica degli errori di logica, del genere di quellodell’umoristico Professore Schlaucherl, nei «FliegendenBlättern», il quale vuol dimostrare quale sia l’organocon cui una rana può udire. Il Prof. Schlaucherl fa salta-re la rana sul tavolo, e picchia poi sul piano del medesi-mo di guisa che la rana scappi via; dunque essa ha udito.Ma poi le toglie le gambe e picchia di nuovo sul pianodella tavola; la rana non salta più via. È evidente dun-que, che la rana ode con le gambe; perchè quando avevale gambe, saltava via appena veniva colpito il piano del-la tavola, mentre dopo non saltava più via. Gli scienziatifanno molti e svariati esperimenti con la rana; ma le loroconclusioni logiche negli altri campi sono similiall’esempio sopra citato; così pure nei riguardi delle ce-lebri ricerche sul cervello. Con queste ricerche fannonotare, che quando vi è questa o quella data parte delcervello, si può avere, per esempio, la memoria delle pa-role, o si può albergare questo o quel pensiero; quandoquesta parte più non vi è, non si possono più avere queipensieri, o si perde la memoria per le parole – propriocome nell’esempio della rana, che ode con le gambe.

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Non vi è logica in questi ragionamenti. Perchè i motiviin favore dell’argomento che l’uomo possa pensare conuna parte del suo cervello, o non possa pensare quandoquella parte manchi, non sono diversi da quelli che so-stengono che la rana non ode, quando le vengono toltele gambe. È perfettamente lo stesso, ma la gente non os-serva che l’intiera argomentazione poggia sopra deglierrori di pensiero. E così si potrebbero segnalare innu-merevoli errori di pensiero in tutto ciò che viene ritenu-to oggi come un risultato sicuro della scienza. E quantipiù errori gli uomini commettono, tanto più s’inorgogli-scono della scienza e criticano la scienza spirituale.

Questo atteggiamento provocherà sempre più una no-bile reazione, una nostalgìa per la scienza spirituale.Questa non è che la reazione adeguata ai nostri tempi diquello, che un’anima come Marco dovette sperimentarein quell’epoca, in cui gli si palesava chiaramente quantol’umanità fosse discesa dalle sue altezze spirituali, fossediscesa al semplice attaccamento alla materialità. Tuttociò ha destato in lui la profonda comprensione, chel’impulso più elevato vive nel Supersensibile, e questosuo convincimento venne confermato anche dal suoMaestro. Ciò che Pietro gli aveva dato, non era quelloche poteva provenire da una comunicazione materialedel Mistero del Golgotha, come se qualcuno avesse po-tuto vedere ciò che si era svolto in Gerusalemme; i fattierano stati investigati più tardi per via chiaroveggente.Tutte le notizie sul Cristo Gesù e sul Mistero del Golgo-tha sono nate a quel modo. Il Mistero del Golgotha è un

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Non vi è logica in questi ragionamenti. Perchè i motiviin favore dell’argomento che l’uomo possa pensare conuna parte del suo cervello, o non possa pensare quandoquella parte manchi, non sono diversi da quelli che so-stengono che la rana non ode, quando le vengono toltele gambe. È perfettamente lo stesso, ma la gente non os-serva che l’intiera argomentazione poggia sopra deglierrori di pensiero. E così si potrebbero segnalare innu-merevoli errori di pensiero in tutto ciò che viene ritenu-to oggi come un risultato sicuro della scienza. E quantipiù errori gli uomini commettono, tanto più s’inorgogli-scono della scienza e criticano la scienza spirituale.

Questo atteggiamento provocherà sempre più una no-bile reazione, una nostalgìa per la scienza spirituale.Questa non è che la reazione adeguata ai nostri tempi diquello, che un’anima come Marco dovette sperimentarein quell’epoca, in cui gli si palesava chiaramente quantol’umanità fosse discesa dalle sue altezze spirituali, fossediscesa al semplice attaccamento alla materialità. Tuttociò ha destato in lui la profonda comprensione, chel’impulso più elevato vive nel Supersensibile, e questosuo convincimento venne confermato anche dal suoMaestro. Ciò che Pietro gli aveva dato, non era quelloche poteva provenire da una comunicazione materialedel Mistero del Golgotha, come se qualcuno avesse po-tuto vedere ciò che si era svolto in Gerusalemme; i fattierano stati investigati più tardi per via chiaroveggente.Tutte le notizie sul Cristo Gesù e sul Mistero del Golgo-tha sono nate a quel modo. Il Mistero del Golgotha è un

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avvenimento che si è svolto sul piano fisico, ma che nonpuò essere visto retrospettivamente altro che per viachiaroveggente. Vi prego di tener questo fatto partico-larmente presente, cioè, che il Mistero del Golgotha èun evento fisico sensibile, che però la comprensione delmedesimo deve venir cercata per via superfisica, super-sensibile – e anche non ostante i documenti che sono ri-masti – deve essere cercata per quella via. Chi non com-prende questo, può discutere sul valore di questo o diquel Vangelo. Per colui il quale conosce lo stato di fatto,queste quistioni non esistono. Egli sa che è necessarioche si esaminino le comunicazioni imperfette descrittecida molti Vangeli e anche ciò che la ricerca chiaroveg-gente ancora può darci oggidì. E da questo esame si ve-drà, se si cerca la verità e se si ricostruiscono gli eventicon le date della Cronaca dell’Akasha, come i Vangelidebbano essere considerati, e l’interpretazione che sideve dare nei varii casi a quello che sta scritto; vediamoquello che è stato scritto a quell’epoca, quando l’umani-tà, cioè, più profondamente era discesa dall’altezza allaquale una volta si trovava, su ciò che è stato presentatoall’umanità come esempio della vera dignità dell’uomo,della vera entità dell’uomo. Le potenze divine spiritualihanno dato all’uomo la sua immagine esteriore, la suaforma esteriore. Ma ciò che è vissuto in questa formaesteriore dall’antica epoca lemurica in poi è stato sem-pre sottoposto all’influenza delle forze luciferiche – epiù tardi, nell’ulteriore corso dell’evoluzione, anche del-le forze arimaniche. Sotto queste influenze si andò for-

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avvenimento che si è svolto sul piano fisico, ma che nonpuò essere visto retrospettivamente altro che per viachiaroveggente. Vi prego di tener questo fatto partico-larmente presente, cioè, che il Mistero del Golgotha èun evento fisico sensibile, che però la comprensione delmedesimo deve venir cercata per via superfisica, super-sensibile – e anche non ostante i documenti che sono ri-masti – deve essere cercata per quella via. Chi non com-prende questo, può discutere sul valore di questo o diquel Vangelo. Per colui il quale conosce lo stato di fatto,queste quistioni non esistono. Egli sa che è necessarioche si esaminino le comunicazioni imperfette descrittecida molti Vangeli e anche ciò che la ricerca chiaroveg-gente ancora può darci oggidì. E da questo esame si ve-drà, se si cerca la verità e se si ricostruiscono gli eventicon le date della Cronaca dell’Akasha, come i Vangelidebbano essere considerati, e l’interpretazione che sideve dare nei varii casi a quello che sta scritto; vediamoquello che è stato scritto a quell’epoca, quando l’umani-tà, cioè, più profondamente era discesa dall’altezza allaquale una volta si trovava, su ciò che è stato presentatoall’umanità come esempio della vera dignità dell’uomo,della vera entità dell’uomo. Le potenze divine spiritualihanno dato all’uomo la sua immagine esteriore, la suaforma esteriore. Ma ciò che è vissuto in questa formaesteriore dall’antica epoca lemurica in poi è stato sem-pre sottoposto all’influenza delle forze luciferiche – epiù tardi, nell’ulteriore corso dell’evoluzione, anche del-le forze arimaniche. Sotto queste influenze si andò for-

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mando ciò che gli uomini chiamarono la scienza, la co-noscenza, la comprensione. Non è dunque da meravi-gliarsi che a quell’epoca potesse essere presentataall’umanità proprio l’entità vera, supersensibiledell’uomo – e che gli uomini, a quell’epoca appunto,meno fossero atti a riconoscerla, e meno fossero atti acomprendere ciò che l’uomo era diventato. Il saperedell’uomo, la conoscenza dell’uomo sempre maggior-mente è rimasta avvinta all’esistenza sensibile. La cono-scenza umana gradatamente sempre meno e meno è statacapace di avvicinarsi all’entità umana.

Questo è ciò di cui si tratta, e di questo dobbiamo te-ner conto, quando ci volgiamo di nuovo verso il Figliodell’Uomo abbandonato, verso la figura dell’uomo checi sta dinanzi nel momento in cui, secondo il Vangelo diMarco, il Cristo cosmico si trova ormai in un rapportopiù lasco con il Figlio dell’Uomo. Dinanzi all’umanità,cui tutto ciò veniva rappresentato, stava l’uomo – conquella figura, che le potenze divine spirituali avevanodata agli uomini. Così stava, ma nobilitato, spiritualizza-to, per mezzo della triennale dimora del Cristo nel Gesùdi Nazareth. Così egli si presentava ai suoi simili. Gliuomini, in quanto a comprensione, avevano potuto ac-quistare soltanto ciò che comprensione e conoscenzaerano divenute sotto l’influsso millenario di Lucifero edi Arimane. Dinanzi a loro stava però l’uomo, il qualedurante i tre anni aveva scacciato da sè gl’influssi luci-ferici e arimanici. Agli altri uomini veniva di nuovo pre-sentato ciò che l’uomo era, prima della venuta di Luci-

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mando ciò che gli uomini chiamarono la scienza, la co-noscenza, la comprensione. Non è dunque da meravi-gliarsi che a quell’epoca potesse essere presentataall’umanità proprio l’entità vera, supersensibiledell’uomo – e che gli uomini, a quell’epoca appunto,meno fossero atti a riconoscerla, e meno fossero atti acomprendere ciò che l’uomo era diventato. Il saperedell’uomo, la conoscenza dell’uomo sempre maggior-mente è rimasta avvinta all’esistenza sensibile. La cono-scenza umana gradatamente sempre meno e meno è statacapace di avvicinarsi all’entità umana.

Questo è ciò di cui si tratta, e di questo dobbiamo te-ner conto, quando ci volgiamo di nuovo verso il Figliodell’Uomo abbandonato, verso la figura dell’uomo checi sta dinanzi nel momento in cui, secondo il Vangelo diMarco, il Cristo cosmico si trova ormai in un rapportopiù lasco con il Figlio dell’Uomo. Dinanzi all’umanità,cui tutto ciò veniva rappresentato, stava l’uomo – conquella figura, che le potenze divine spirituali avevanodata agli uomini. Così stava, ma nobilitato, spiritualizza-to, per mezzo della triennale dimora del Cristo nel Gesùdi Nazareth. Così egli si presentava ai suoi simili. Gliuomini, in quanto a comprensione, avevano potuto ac-quistare soltanto ciò che comprensione e conoscenzaerano divenute sotto l’influsso millenario di Lucifero edi Arimane. Dinanzi a loro stava però l’uomo, il qualedurante i tre anni aveva scacciato da sè gl’influssi luci-ferici e arimanici. Agli altri uomini veniva di nuovo pre-sentato ciò che l’uomo era, prima della venuta di Luci-

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fero e di Arimane. Soltanto con l’impulso del Cristo co-smico l’uomo era tornato ad essere ciò che era quandodal mondo spirituale venne trasferito nel mondo fisico.Lo spirito dell’Umanità, il Figlio dell’Uomo, stava là di-nanzi a coloro, che in Gerusalemme erano a quell’epocai giudici, i carnefici; ma egli si presentava a loro qualeera divenuto quando ciò che lo aveva trascinato in bassoera stato nuovamente scacciato dalla natura umana. Inquesto aspetto l’uomo si presentava ai suoi simili, quan-do si verificò il Mistero del Golgotha; a quella figura gliuomini avrebbero dovuto ristarsi e rivolgere la preghie-ra: «Tu rappresenti il mio ideale più elevato, la figurache dovrei assumere e alla quale non potrò arrivare cheper mezzo dei più strenui sforzi dell’anima mia; dinanzia me sta ciò che unicamente è degno di venerazione e diadorazione, cioè il divino di me!» Di quella figura gliApostoli, se avessero potuto esercitare l’autoconoscen-za, avrebbero dovuto dire a sè stessi: Intorno a noi nonv’ha nulla, che per consistenza e grandezza, possa para-gonarsi a ciò che vi è dinanzi a noi nel Figliodell’Uomo!

L’umanità avrebbe dovuto avere questa autocono-scenza. E invece che fece questa umanità? Essa sputòsul Figlio dell’Uomo, lo flagellò, lo condusse fuori allaCrocifissione. Questo è il drammatico punto di svoltanel corso di ciò che avrebbe dovuto essere: il confrontofra il riconoscimento che l’uomo si trovava di fronte auna figura incomparabile, che avrebbe potuto assumere,e ciò che invece ci viene riferito aver egli fatto. Ci vien

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fero e di Arimane. Soltanto con l’impulso del Cristo co-smico l’uomo era tornato ad essere ciò che era quandodal mondo spirituale venne trasferito nel mondo fisico.Lo spirito dell’Umanità, il Figlio dell’Uomo, stava là di-nanzi a coloro, che in Gerusalemme erano a quell’epocai giudici, i carnefici; ma egli si presentava a loro qualeera divenuto quando ciò che lo aveva trascinato in bassoera stato nuovamente scacciato dalla natura umana. Inquesto aspetto l’uomo si presentava ai suoi simili, quan-do si verificò il Mistero del Golgotha; a quella figura gliuomini avrebbero dovuto ristarsi e rivolgere la preghie-ra: «Tu rappresenti il mio ideale più elevato, la figurache dovrei assumere e alla quale non potrò arrivare cheper mezzo dei più strenui sforzi dell’anima mia; dinanzia me sta ciò che unicamente è degno di venerazione e diadorazione, cioè il divino di me!» Di quella figura gliApostoli, se avessero potuto esercitare l’autoconoscen-za, avrebbero dovuto dire a sè stessi: Intorno a noi nonv’ha nulla, che per consistenza e grandezza, possa para-gonarsi a ciò che vi è dinanzi a noi nel Figliodell’Uomo!

L’umanità avrebbe dovuto avere questa autocono-scenza. E invece che fece questa umanità? Essa sputòsul Figlio dell’Uomo, lo flagellò, lo condusse fuori allaCrocifissione. Questo è il drammatico punto di svoltanel corso di ciò che avrebbe dovuto essere: il confrontofra il riconoscimento che l’uomo si trovava di fronte auna figura incomparabile, che avrebbe potuto assumere,e ciò che invece ci viene riferito aver egli fatto. Ci vien

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descritto l’uomo, il quale invece di riconoscere sè stes-so, umilia, uccide sè stesso, perchè non si riconosce, esoltanto per mezzo di questa lezione, per mezzo di que-sta lezione cosmica, può accogliere l’impulso per acqui-stare gradatamente la propria entità nell’ulteriore corsodell’evoluzione.

Il momento storico mondiale è stato quello e così lodobbiamo caratterizzare, se vogliamo caratterizzarlo nelgiusto modo, nel modo appunto indicatoci dal Vangelodi Marco, nei possenti versetti del Vangelo di Marco.Tutto ciò non va soltanto compreso, va veramente senti-to!

Da questa umiliazione della propria entità è emanatociò che nel mio ciclo di conferenze «Da Gesù a Cristo»(Karlsruhe 1911) è stato descritto come il «fantasmadell’uomo». Perchè per il fatto che l’uomo ha umiliatola propria entità, ciò che era la copia esteriore della Di-vinità si trasformò nel «fantasma», che si moltiplica – enel corso ulteriore dell’evoluzione dell’umanità può pe-netrare, moltiplicato, nelle anime, come è stato descrittonel ciclo sopra citato. Se si considerano le cose a questomodo, emerge evidente la grande differenza fra ciò cheeffettivamente il Vangelo di Marco, in certo qual modo,vuol descrivere, e ciò che per lo più oggidì ne vienecompreso. Per chi intende un Vangelo – e particolar-mente il Vangelo di Marco – e lo comprende in modo,da sentire ciò che è descritto, da sentirne la costruzioneartistica e il profondo contenuto, tale sentimento diven-terà un fatto reale interiore, quel fatto reale interiore che

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descritto l’uomo, il quale invece di riconoscere sè stes-so, umilia, uccide sè stesso, perchè non si riconosce, esoltanto per mezzo di questa lezione, per mezzo di que-sta lezione cosmica, può accogliere l’impulso per acqui-stare gradatamente la propria entità nell’ulteriore corsodell’evoluzione.

Il momento storico mondiale è stato quello e così lodobbiamo caratterizzare, se vogliamo caratterizzarlo nelgiusto modo, nel modo appunto indicatoci dal Vangelodi Marco, nei possenti versetti del Vangelo di Marco.Tutto ciò non va soltanto compreso, va veramente senti-to!

Da questa umiliazione della propria entità è emanatociò che nel mio ciclo di conferenze «Da Gesù a Cristo»(Karlsruhe 1911) è stato descritto come il «fantasmadell’uomo». Perchè per il fatto che l’uomo ha umiliatola propria entità, ciò che era la copia esteriore della Di-vinità si trasformò nel «fantasma», che si moltiplica – enel corso ulteriore dell’evoluzione dell’umanità può pe-netrare, moltiplicato, nelle anime, come è stato descrittonel ciclo sopra citato. Se si considerano le cose a questomodo, emerge evidente la grande differenza fra ciò cheeffettivamente il Vangelo di Marco, in certo qual modo,vuol descrivere, e ciò che per lo più oggidì ne vienecompreso. Per chi intende un Vangelo – e particolar-mente il Vangelo di Marco – e lo comprende in modo,da sentire ciò che è descritto, da sentirne la costruzioneartistica e il profondo contenuto, tale sentimento diven-terà un fatto reale interiore, quel fatto reale interiore che

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indubbiamente deve esistere, se si vuol acquistare unrapporto col Cristo Gesù. L’anima nella sua osservazio-ne deve abbandonarsi alquanto al sentimento, di guisache, per esempio, di fronte a uno scritto come il Vangelodi Marco, le venga il pensiero: «I miei simili che stava-no attorno al Figlio dell’Uomo avrebbero dovuto scor-gere in lui l’altissimo ideale di loro stessi, invece quantomai sono caduti nell’errore!» – Quando un uomo appar-tiene veramente a questa nostra epoca materialistica, fa-cilmente gli sfugge qualche osservazione come quellache oggidì ci tocca spesso di leggere e di udire, sopra-tutto dai monisti superstiziosi – prego, volevo dire i mo-nisti «illuminati». – Essi dicono: «Nessun uomo ha po-tuto spiegare l’esistenza nè l’utilità del dolore! Buddha,Cristo, Socrate, Giordano Bruno non sono stati capaci disollevare il più piccolo lembo di questo velo». Questeparole si sentono ripetere con infinite variazioni. Lagente che le scrive non si accorge che si spaccia comemolto superiore a Buddha, a Cristo, a Socrate ecc. e checomprende tutto nel senso di questa sua mentalità. Macome potrebbe essere altrimenti in un’epoca, in cui ognilibero docente crede di saperne più della storia e devescrivere i suoi libri secondo le esigenze della sua profes-sione!

Queste cose potrebbero sembrare scritte per manìa dicriticare la nostra epoca, ma non è così. Occorre anziche queste cose si affaccino all’anima nostra, perchècosì soltanto si vedono nella loro giusta proporzione ri-spetto ad opere così immensamente grandi quali sono i

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indubbiamente deve esistere, se si vuol acquistare unrapporto col Cristo Gesù. L’anima nella sua osservazio-ne deve abbandonarsi alquanto al sentimento, di guisache, per esempio, di fronte a uno scritto come il Vangelodi Marco, le venga il pensiero: «I miei simili che stava-no attorno al Figlio dell’Uomo avrebbero dovuto scor-gere in lui l’altissimo ideale di loro stessi, invece quantomai sono caduti nell’errore!» – Quando un uomo appar-tiene veramente a questa nostra epoca materialistica, fa-cilmente gli sfugge qualche osservazione come quellache oggidì ci tocca spesso di leggere e di udire, sopra-tutto dai monisti superstiziosi – prego, volevo dire i mo-nisti «illuminati». – Essi dicono: «Nessun uomo ha po-tuto spiegare l’esistenza nè l’utilità del dolore! Buddha,Cristo, Socrate, Giordano Bruno non sono stati capaci disollevare il più piccolo lembo di questo velo». Questeparole si sentono ripetere con infinite variazioni. Lagente che le scrive non si accorge che si spaccia comemolto superiore a Buddha, a Cristo, a Socrate ecc. e checomprende tutto nel senso di questa sua mentalità. Macome potrebbe essere altrimenti in un’epoca, in cui ognilibero docente crede di saperne più della storia e devescrivere i suoi libri secondo le esigenze della sua profes-sione!

Queste cose potrebbero sembrare scritte per manìa dicriticare la nostra epoca, ma non è così. Occorre anziche queste cose si affaccino all’anima nostra, perchècosì soltanto si vedono nella loro giusta proporzione ri-spetto ad opere così immensamente grandi quali sono i

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Vangeli, per esempio, il Vangelo di Marco. Il motivo percui queste cose vengono sempre fraintese ed esterior-mente travisate consiste nel fatto, che gli uomini non sipossono elevare che molto lentamente alla loro altezza.Il Vangelo è grandioso in tutti i suoi particolari e, in ulti-ma analisi, ogni particolare dei Vangeli c’insegna qual-cosa di straordinario. Perfino l’ultimo capitolo del Van-gelo di Marco c’insegna molte cose. Veramente dovreiparlare molto a lungo, se dovessi esporre tutti i grandipensieri di quel Vangelo. Ma un particolare che si pre-senta a noi subito al principio del sedicesimo capitolo cidimostra, come lo scrittore del Vangelo sia penetratoprofondamente nei segreti dell’esistenza. E difattil’autore del Vangelo di Marco vi è penetrato profonda-mente. Egli sapeva (come già è stato descritto) quantol’umanità dalla sua altezza spirituale fosse discesa nelmaterialismo; sapeva, quanto poco la capacità di com-prensione umana si fosse sviluppata negli uomini, quan-to poco gli uomini fossero disposti all’epoca del Misterodel Golgotha a comprendere ciò che era successo.

Ricordatevi ora di qualcosa che già spesso ho espo-sto, riguardo all’elemento «femminile» e a quello «ma-schile», e cioè, che l’elemento femminile, in certo qualmodo, – non come individualità, non la singola donna,ma come «femminilità» – non è disceso completamentesul piano fisico; mentre l’uomo – ma anche questo noncome singola individualità, non come l’essere nella sin-gola incarnazione, ma come «elemento maschile» – havarcato il limite della discesa, di guisa che, in verità, la

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Vangeli, per esempio, il Vangelo di Marco. Il motivo percui queste cose vengono sempre fraintese ed esterior-mente travisate consiste nel fatto, che gli uomini non sipossono elevare che molto lentamente alla loro altezza.Il Vangelo è grandioso in tutti i suoi particolari e, in ulti-ma analisi, ogni particolare dei Vangeli c’insegna qual-cosa di straordinario. Perfino l’ultimo capitolo del Van-gelo di Marco c’insegna molte cose. Veramente dovreiparlare molto a lungo, se dovessi esporre tutti i grandipensieri di quel Vangelo. Ma un particolare che si pre-senta a noi subito al principio del sedicesimo capitolo cidimostra, come lo scrittore del Vangelo sia penetratoprofondamente nei segreti dell’esistenza. E difattil’autore del Vangelo di Marco vi è penetrato profonda-mente. Egli sapeva (come già è stato descritto) quantol’umanità dalla sua altezza spirituale fosse discesa nelmaterialismo; sapeva, quanto poco la capacità di com-prensione umana si fosse sviluppata negli uomini, quan-to poco gli uomini fossero disposti all’epoca del Misterodel Golgotha a comprendere ciò che era successo.

Ricordatevi ora di qualcosa che già spesso ho espo-sto, riguardo all’elemento «femminile» e a quello «ma-schile», e cioè, che l’elemento femminile, in certo qualmodo, – non come individualità, non la singola donna,ma come «femminilità» – non è disceso completamentesul piano fisico; mentre l’uomo – ma anche questo noncome singola individualità, non come l’essere nella sin-gola incarnazione, ma come «elemento maschile» – havarcato il limite della discesa, di guisa che, in verità, la

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vera «umanità» si trova in mezzo, fra l’uomo e la don-na. Perchè l’uomo come tale, nelle singole diverse in-carnazioni, cambia di sesso. Ma sta di fatto, che la don-na come donna, per la conformazione diversa del cer-vello, per la maniera diversa con cui può servirsi delcervello, può concepire le idee spirituali con maggiorefacilità dell’uomo. All’incontro l’uomo è maggiormenteorganizzato – appunto per causa della corporeità esterio-re fisica – a penetrare col suo pensiero nel materialismo,perchè, esprimendoci alla buona, il suo cervello è piùduro. Il cervello femminile è più molle, non è così coc-ciuto, non è per sè stesso tanto indurito – con questoperò non intendo affatto parlare della singola personali-tà, queste parole non riguardano la singola personalitànè in bene nè in male, perchè molte donne hanno una te-sta assai cocciuta, e tanto più l’hanno gli uomini. Ma ingenerale il cervello femminile è più facile ad adoperarsi,quando si tratta di comprendere delle cose fuoridell’ordinario, purchè se ne abbia la volontà. Perciò loscrittore del Vangelo fa comparire anzitutto delle donnedopo che il Mistero del Golgotha si è verificato.

«E passato il sabato, Maria Maddalena e Maria figliadi Giacomo e Salòme avean comprato gli aromi per an-dare a imbalsamare Gesù». (Marco 16, 1).

E il giovinetto, il Cristo cosmico, appare prima adesse e poi agli altri seguaci maschili. Il vero occultismo,la vera scienza dello Spirito si rivela perfino nelle piùminute particolarità della composizione e del contenuto

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vera «umanità» si trova in mezzo, fra l’uomo e la don-na. Perchè l’uomo come tale, nelle singole diverse in-carnazioni, cambia di sesso. Ma sta di fatto, che la don-na come donna, per la conformazione diversa del cer-vello, per la maniera diversa con cui può servirsi delcervello, può concepire le idee spirituali con maggiorefacilità dell’uomo. All’incontro l’uomo è maggiormenteorganizzato – appunto per causa della corporeità esterio-re fisica – a penetrare col suo pensiero nel materialismo,perchè, esprimendoci alla buona, il suo cervello è piùduro. Il cervello femminile è più molle, non è così coc-ciuto, non è per sè stesso tanto indurito – con questoperò non intendo affatto parlare della singola personali-tà, queste parole non riguardano la singola personalitànè in bene nè in male, perchè molte donne hanno una te-sta assai cocciuta, e tanto più l’hanno gli uomini. Ma ingenerale il cervello femminile è più facile ad adoperarsi,quando si tratta di comprendere delle cose fuoridell’ordinario, purchè se ne abbia la volontà. Perciò loscrittore del Vangelo fa comparire anzitutto delle donnedopo che il Mistero del Golgotha si è verificato.

«E passato il sabato, Maria Maddalena e Maria figliadi Giacomo e Salòme avean comprato gli aromi per an-dare a imbalsamare Gesù». (Marco 16, 1).

E il giovinetto, il Cristo cosmico, appare prima adesse e poi agli altri seguaci maschili. Il vero occultismo,la vera scienza dello Spirito si rivela perfino nelle piùminute particolarità della composizione e del contenuto

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dei Vangeli – e in special modo nel possente Vangelo diMarco.

E soltanto quando sentiamo a questo modo ciò che iVangeli ci dicono, e ci lasciamo stimolare da quello chesentiamo, troveremo la via del Mistero del Golgotha. Eallora non esisterà più per noi il quesito: se in un sensoesteriore storico questi Vangeli siano veri o falsi. Questaindagine può essere lasciata a coloro, che non capiscononiente dell’argomento. A coloro però, i quali si sono ele-vati per mezzo della scienza dello Spirito al sentimentoe alla comprensione dei Vangeli risulterà gradatamenteevidente, che questi non vogliono affatto essere docu-menti «storici», ma tradizioni, che si riversano nelle no-stre anime. E quando essi riversano i loro impulsi nellenostre anime, queste rimangono colpite – e non occorro-no documenti – da ciò che sentono e sperimentano; vol-gendo lo sguardo verso il Mistero del Golgotha, le ani-me vedono come la comprensione umana, la sapienzaumana e la conoscenza umana siano decadute rispettoalla vera entità umana; come abbiano insultato e croci-fisso questa entità, che invece, con saggia autocono-scenza, gli uomini avrebbero dovuto venerare come ilpiù alto ideale dell’umanità. Da questo sentimento ema-nerà allora maggior forza per elevarsi a ciò che da que-sto ideale del Golgotha risplende e riluce per tutti colo-ro, che lo sentono e lo vogliono vedere. Gli uominicomprenderanno in realtà, che la Terra è collegata coimondi spirituali, soltanto quando intenderanno come laRealtà spirituale, il Cristo, sia vissuto come Entità co-

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dei Vangeli – e in special modo nel possente Vangelo diMarco.

E soltanto quando sentiamo a questo modo ciò che iVangeli ci dicono, e ci lasciamo stimolare da quello chesentiamo, troveremo la via del Mistero del Golgotha. Eallora non esisterà più per noi il quesito: se in un sensoesteriore storico questi Vangeli siano veri o falsi. Questaindagine può essere lasciata a coloro, che non capiscononiente dell’argomento. A coloro però, i quali si sono ele-vati per mezzo della scienza dello Spirito al sentimentoe alla comprensione dei Vangeli risulterà gradatamenteevidente, che questi non vogliono affatto essere docu-menti «storici», ma tradizioni, che si riversano nelle no-stre anime. E quando essi riversano i loro impulsi nellenostre anime, queste rimangono colpite – e non occorro-no documenti – da ciò che sentono e sperimentano; vol-gendo lo sguardo verso il Mistero del Golgotha, le ani-me vedono come la comprensione umana, la sapienzaumana e la conoscenza umana siano decadute rispettoalla vera entità umana; come abbiano insultato e croci-fisso questa entità, che invece, con saggia autocono-scenza, gli uomini avrebbero dovuto venerare come ilpiù alto ideale dell’umanità. Da questo sentimento ema-nerà allora maggior forza per elevarsi a ciò che da que-sto ideale del Golgotha risplende e riluce per tutti colo-ro, che lo sentono e lo vogliono vedere. Gli uominicomprenderanno in realtà, che la Terra è collegata coimondi spirituali, soltanto quando intenderanno come laRealtà spirituale, il Cristo, sia vissuto come Entità co-

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smica nel corpo di Gesù di Nazareth; quando intende-ranno come tutte le Guide dell’umanità che sono vissutesulla Terra siano state inviate dal Cristo come suoi pre-cursori, per preparargli la via, perchè Egli potesse esserericonosciuto e compreso. Nel momento in cui si verificòil Mistero del Golgotha però tutta la preparazione servìa poco, perchè al momento decisivo tutto venne meno!Ma sempre più e più si avvicina il tempo, in cui gli uo-mini comprenderanno non soltanto il Mistero del Gol-gotha, ma anche gli altri eventi raggruppati attorno aquello, per mezzo dei quali anche il Mistero del Golgo-tha potrà essere sempre meglio compreso. Per il mo-mento forse i popoli europei vengono considerati condiffidenza, perchè non fanno come molti altri popoli, iquali non riconoscono come vere che le «proprie» formedi religione scaturite dalla loro nazione e dalla loro raz-za. Questo, per esempio, ci appare spiccatamente in In-dia, dove non ha valore altro che ciò che è scaturito dal-la propria schiatta. Sebbene veramente nel campo teoso-fico si parli spesso dell’uguaglianza, del riconoscimentodi tutte le religioni, in realtà non si desidera che spinge-re avanti la propria, che si considera la religione dellasapienza. Gli Europei non possono far questo, perchènessun popolo europeo possiede oggidì ancora una qual-siasi divinità nazionale, una qualsiasi divinità sorta ecresciuta sul proprio suolo, come quelle dei popoli asia-tici. Il Cristo Gesù appartiene all’Asia – e i popoli euro-pei lo hanno accolto e lo hanno lasciato agire su di loro.Non vi è nessun egoismo nell’accettazione del Cristo

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smica nel corpo di Gesù di Nazareth; quando intende-ranno come tutte le Guide dell’umanità che sono vissutesulla Terra siano state inviate dal Cristo come suoi pre-cursori, per preparargli la via, perchè Egli potesse esserericonosciuto e compreso. Nel momento in cui si verificòil Mistero del Golgotha però tutta la preparazione servìa poco, perchè al momento decisivo tutto venne meno!Ma sempre più e più si avvicina il tempo, in cui gli uo-mini comprenderanno non soltanto il Mistero del Gol-gotha, ma anche gli altri eventi raggruppati attorno aquello, per mezzo dei quali anche il Mistero del Golgo-tha potrà essere sempre meglio compreso. Per il mo-mento forse i popoli europei vengono considerati condiffidenza, perchè non fanno come molti altri popoli, iquali non riconoscono come vere che le «proprie» formedi religione scaturite dalla loro nazione e dalla loro raz-za. Questo, per esempio, ci appare spiccatamente in In-dia, dove non ha valore altro che ciò che è scaturito dal-la propria schiatta. Sebbene veramente nel campo teoso-fico si parli spesso dell’uguaglianza, del riconoscimentodi tutte le religioni, in realtà non si desidera che spinge-re avanti la propria, che si considera la religione dellasapienza. Gli Europei non possono far questo, perchènessun popolo europeo possiede oggidì ancora una qual-siasi divinità nazionale, una qualsiasi divinità sorta ecresciuta sul proprio suolo, come quelle dei popoli asia-tici. Il Cristo Gesù appartiene all’Asia – e i popoli euro-pei lo hanno accolto e lo hanno lasciato agire su di loro.Non vi è nessun egoismo nell’accettazione del Cristo

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Gesù, e si sposterebbero i fatti, se si paragonasse ciò chegli Europei dicono sul Cristo Gesù, con il modo comealtri popoli parlano delle loro divinità nazionali, peresempio, come i Cinesi parlano di Confucio e gl’Indù diKrishna e del Buddha. Del Cristo Gesù si può parlarepuramente dal punto di vista obiettivo della storia. Que-sta storia obiettiva difatti altro non fa che spingerel’uomo all’autoconoscenza, che era stata così radical-mente deformata e sovvertita quando avvenne il Misterodel Golgotha. Ma per mezzo del Mistero del Golgotha èstata data all’umanità la possibilità di accoglierel’impulso per ritrovare sè stessa, mentre per la cono-scenza, per la conoscenza esteriore nei riguardi del Mi-stero del Golgotha, tutto, a quell’epoca, come si è visto,mancava all’umanità. Così tutte le religioni del mondoarriveranno a una giusta e reciproca comprensione e col-laboreranno gradatamente per comprendere ciò che ri-siede nel Mistero del Golgotha, per renderlo accessibilecome impulso a tutti gli uomini.

Quando si sarà arrivati a potere intendere, che quandosi parla del Cristo non si tratta di una fede religiosaegoistica, ma di un fatto storico dell’evoluzionedell’umanità, che ogni confessione religiosa può am-mettere nel medesimo senso, allora soltanto si consegui-rà una comprensione del nucleo di saggezza e di veritàche è contenuto in tutte le religioni. E la medesima mi-sura con cui ancora si respinge la scienza dello Spiritonel suo vero senso, corrisponde al grado, con cui ancorasi respinge la vera comprensione del Mistero del Golgo-

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Gesù, e si sposterebbero i fatti, se si paragonasse ciò chegli Europei dicono sul Cristo Gesù, con il modo comealtri popoli parlano delle loro divinità nazionali, peresempio, come i Cinesi parlano di Confucio e gl’Indù diKrishna e del Buddha. Del Cristo Gesù si può parlarepuramente dal punto di vista obiettivo della storia. Que-sta storia obiettiva difatti altro non fa che spingerel’uomo all’autoconoscenza, che era stata così radical-mente deformata e sovvertita quando avvenne il Misterodel Golgotha. Ma per mezzo del Mistero del Golgotha èstata data all’umanità la possibilità di accoglierel’impulso per ritrovare sè stessa, mentre per la cono-scenza, per la conoscenza esteriore nei riguardi del Mi-stero del Golgotha, tutto, a quell’epoca, come si è visto,mancava all’umanità. Così tutte le religioni del mondoarriveranno a una giusta e reciproca comprensione e col-laboreranno gradatamente per comprendere ciò che ri-siede nel Mistero del Golgotha, per renderlo accessibilecome impulso a tutti gli uomini.

Quando si sarà arrivati a potere intendere, che quandosi parla del Cristo non si tratta di una fede religiosaegoistica, ma di un fatto storico dell’evoluzionedell’umanità, che ogni confessione religiosa può am-mettere nel medesimo senso, allora soltanto si consegui-rà una comprensione del nucleo di saggezza e di veritàche è contenuto in tutte le religioni. E la medesima mi-sura con cui ancora si respinge la scienza dello Spiritonel suo vero senso, corrisponde al grado, con cui ancorasi respinge la vera comprensione del Mistero del Golgo-

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tha. La misura della comprensione per la scienza delloSpirito vien data dalla comprensione che l’uomo ha peril Mistero del Golgotha. Così il cristiano, divenuto an-troposofo, può intendersi con tutti gli uomini. E se conuna superbia alquanto esagerata – che però si può bencomprendere e giustificare – i seguaci di altri sistemi re-ligiosi dicono: «Voi cristiani non avete che una sola in-carnazione di Dio, mentre noi possiamo averne diverse;abbiamo dunque di più di ciò che voi avete!» il cristia-no, nel rispondere, non deve cercare di gareggiare suquesto punto; perchè in tal caso egli non avrebbe com-preso il Mistero del Golgotha. È giusto invece che il cri-stiano dica, anche a colui che può segnalare molte incar-nazioni del fondatore della propria religione: «Certa-mente; tutti coloro però che hanno avuto molte incarna-zioni non hanno potuto compiere il Mistero del Golgo-tha. Questo fatto, quale viene descritto nel cristianesi-mo, non si trova in nessun’altra religione!»

In altre occasioni già ho esposto, che se si segue lavita del Buddha si arriva a un punto, che nel Vangelo diMarco è descritto per il Cristo come «l’Illuminazione»;è quello in cui il Buddha, arrivato all’estremo limiteesteriore della vita umana, si discioglie in luce, comevien descritto conformemente alla verità. Per il Cristo (elo troverete descritto nel mio libro «Cristianesimo comefatto mistico») ciò si verifica nella scena della «Trasfi-gurazione», ma non in modo che Egli da solo riceva laTrasfigurazione; bensì discorrendo sul monte – sul luo-go stesso dove le condizioni cosmiche si devono espli-

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tha. La misura della comprensione per la scienza delloSpirito vien data dalla comprensione che l’uomo ha peril Mistero del Golgotha. Così il cristiano, divenuto an-troposofo, può intendersi con tutti gli uomini. E se conuna superbia alquanto esagerata – che però si può bencomprendere e giustificare – i seguaci di altri sistemi re-ligiosi dicono: «Voi cristiani non avete che una sola in-carnazione di Dio, mentre noi possiamo averne diverse;abbiamo dunque di più di ciò che voi avete!» il cristia-no, nel rispondere, non deve cercare di gareggiare suquesto punto; perchè in tal caso egli non avrebbe com-preso il Mistero del Golgotha. È giusto invece che il cri-stiano dica, anche a colui che può segnalare molte incar-nazioni del fondatore della propria religione: «Certa-mente; tutti coloro però che hanno avuto molte incarna-zioni non hanno potuto compiere il Mistero del Golgo-tha. Questo fatto, quale viene descritto nel cristianesi-mo, non si trova in nessun’altra religione!»

In altre occasioni già ho esposto, che se si segue lavita del Buddha si arriva a un punto, che nel Vangelo diMarco è descritto per il Cristo come «l’Illuminazione»;è quello in cui il Buddha, arrivato all’estremo limiteesteriore della vita umana, si discioglie in luce, comevien descritto conformemente alla verità. Per il Cristo (elo troverete descritto nel mio libro «Cristianesimo comefatto mistico») ciò si verifica nella scena della «Trasfi-gurazione», ma non in modo che Egli da solo riceva laTrasfigurazione; bensì discorrendo sul monte – sul luo-go stesso dove le condizioni cosmiche si devono espli-

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care – con Elia e Mosè. Allora soltanto comincia il Mi-stero del Golgotha, cioè dopo questa scena della Trasfi-gurazione.

Questo risulta in modo così chiaro dagli stessi docu-menti, che negare un tal fatto, dopo che lo si è ricono-sciuto, in fondo, confrontando la vita di Buddha conquella del Cristo, è come negare l’evidenza che due edue fanno quattro. In sostanza, anche quello che ho po-tuto dirvi quest’oggi su ciò che noi sentiamo in appog-gio al Vangelo di Marco di fronte al grande disconosci-mento del Figliolo dell’Uomo da parte degli uomini,non è che la conseguenza di quel che trovate scritto nelmio libro: «Il Cristianesimo come fatto mistico». Sottoun certo riguardo, ora che mi trovo alla fine dell’esamedel Vangelo di Marco, posso dire che, in un determinatomodo, il programma tracciato al principio del nostromovimento scientifico-spirituale nell’Europa centralenei riguardi del cristianesimo è stato elaborato nei sin-goli particolari. Quando abbiamo principiato s’indicòcome linea fondamentale il progresso evolutivo dellevarie religioni e come esse poterono culminare nel Cri-stianesimo. Abbiamo esaminato i singoli Vangeli e moltifenomeni del mondo; abbiamo cercato di penetrare sem-pre più nelle profondità della vita occulta svolgendo ciòa cui è stato accennato. Abbiamo cercato di svolgere ilnostro lavoro con coerenza.

La vera comprensione che ci può affluire da un docu-mento quale è il Vangelo di Marco non può condurciche a proseguire il nostro lavoro nel senso da noi rico-

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care – con Elia e Mosè. Allora soltanto comincia il Mi-stero del Golgotha, cioè dopo questa scena della Trasfi-gurazione.

Questo risulta in modo così chiaro dagli stessi docu-menti, che negare un tal fatto, dopo che lo si è ricono-sciuto, in fondo, confrontando la vita di Buddha conquella del Cristo, è come negare l’evidenza che due edue fanno quattro. In sostanza, anche quello che ho po-tuto dirvi quest’oggi su ciò che noi sentiamo in appog-gio al Vangelo di Marco di fronte al grande disconosci-mento del Figliolo dell’Uomo da parte degli uomini,non è che la conseguenza di quel che trovate scritto nelmio libro: «Il Cristianesimo come fatto mistico». Sottoun certo riguardo, ora che mi trovo alla fine dell’esamedel Vangelo di Marco, posso dire che, in un determinatomodo, il programma tracciato al principio del nostromovimento scientifico-spirituale nell’Europa centralenei riguardi del cristianesimo è stato elaborato nei sin-goli particolari. Quando abbiamo principiato s’indicòcome linea fondamentale il progresso evolutivo dellevarie religioni e come esse poterono culminare nel Cri-stianesimo. Abbiamo esaminato i singoli Vangeli e moltifenomeni del mondo; abbiamo cercato di penetrare sem-pre più nelle profondità della vita occulta svolgendo ciòa cui è stato accennato. Abbiamo cercato di svolgere ilnostro lavoro con coerenza.

La vera comprensione che ci può affluire da un docu-mento quale è il Vangelo di Marco non può condurciche a proseguire il nostro lavoro nel senso da noi rico-

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nosciuto giusto, perchè, messo alla prova non soltantonel programma generale, che del resto è esso stesso trat-to da fatti positivi, ma messo di nuovo alla prova gior-nalmente e applicato ai singoli problemi, ai singoli fatti,ci risulta come veramente giusto. E attraverso il lentocorso del nostro accurato esame di tutte le particolaritàdei fatti da indagare, abbiamo sempre trovato la confer-ma di quello che è stato detto al nostro punto di parten-za. Così pure quando si contempla ciò che vi ha di piùgrande, non può sorgere in noi che il sentimento dellapura e vera aspirazione verso la verità. La vista di fatticome il Mistero del Golgotha contiene già in sè la ne-cessaria forza risanatrice per cacciare l’errore, purchè cisi avvicini a quel Mistero veramente in ispirito, e per in-tendere come, in ultima analisi, non sia che la mancanzadi desiderio di verità, che non permette agli uomini diseguire veramente la via che si dischiude dal terrestre alcosmico, quando essi cercano il Cristo cosmico nelGesù di Nazareth. Egli, però, si palesa a noi tanto chia-ramente, quando si comprende realmente uno scrittocome il Vangelo di Marco. Così mentre tali scritti si di-schiudono alla comprensione degli uomini – per mezzodell’osservazione scientifico-spirituale – essi gradata-mente penetreranno anche nel resto dell’umanità e sem-pre più verranno compresi. E sempre più si scorgerannonei Vangeli le parole, che anche a costo di trascurare laparvenza dei sensi, è necessario che vengano trovate permezzo della vista retrospettiva chiaroveggente del Mi-stero del Golgotha. Coloro che hanno scritto i Vangeli

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nosciuto giusto, perchè, messo alla prova non soltantonel programma generale, che del resto è esso stesso trat-to da fatti positivi, ma messo di nuovo alla prova gior-nalmente e applicato ai singoli problemi, ai singoli fatti,ci risulta come veramente giusto. E attraverso il lentocorso del nostro accurato esame di tutte le particolaritàdei fatti da indagare, abbiamo sempre trovato la confer-ma di quello che è stato detto al nostro punto di parten-za. Così pure quando si contempla ciò che vi ha di piùgrande, non può sorgere in noi che il sentimento dellapura e vera aspirazione verso la verità. La vista di fatticome il Mistero del Golgotha contiene già in sè la ne-cessaria forza risanatrice per cacciare l’errore, purchè cisi avvicini a quel Mistero veramente in ispirito, e per in-tendere come, in ultima analisi, non sia che la mancanzadi desiderio di verità, che non permette agli uomini diseguire veramente la via che si dischiude dal terrestre alcosmico, quando essi cercano il Cristo cosmico nelGesù di Nazareth. Egli, però, si palesa a noi tanto chia-ramente, quando si comprende realmente uno scrittocome il Vangelo di Marco. Così mentre tali scritti si di-schiudono alla comprensione degli uomini – per mezzodell’osservazione scientifico-spirituale – essi gradata-mente penetreranno anche nel resto dell’umanità e sem-pre più verranno compresi. E sempre più si scorgerannonei Vangeli le parole, che anche a costo di trascurare laparvenza dei sensi, è necessario che vengano trovate permezzo della vista retrospettiva chiaroveggente del Mi-stero del Golgotha. Coloro che hanno scritto i Vangeli

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hanno pure descritto gli eventi fisici per mezzodell’osservazione retrospettiva chiaroveggente. È neces-sario comprendere questo e anche intenderne la necessi-tà; cioè, che i contemporanei dell’evento in Palestinanon potevano comprendere quello che allora successe,perchè dall’evento stesso soltanto poteva emanarel’impulso per quella comprensione. Prima che questoevento si fosse verificato, non vi poteva essere nessunocapace di comprenderlo. L’evento doveva prima eserci-tare la propria azione. Questa è la ragione, per cui non èpotuto essere compreso che più tardi. Perchè la chiavealla comprensione del Mistero del Golgotha è il Misterostesso! Il Cristo, con tutta l’azione che doveva esercita-re, doveva agire fino al Mistero del Golgotha; e soltantodopo, dalla sua azione stessa, poteva emanare la com-prensione. Per mezzo di ciò che Egli era, è potuta alloraessere accesa la Parola, che è al tempo stesso l’espres-sione della sua vera essenza.

E così, per mezzo di ciò che era il Cristo, si è accesala Parola Primordiale, la Parola che ci viene comunica-ta e che può di nuovo essere conosciuta con l’osserva-zione chiaroveggente – questa Parola che proclama purela vera essenza del Mistero del Golgotha. E anche aquesta Parola dobbiamo pensare, quando si parla delleparole stesse del Cristo, delle parole che Egli stesso nonsolo ha enunciate, ma che Egli ha pure accese nelle ani-me di coloro, che lo potevano intendere, così da potereindicare e descrivere la sua essenza alle anime umane.Gli uomini accoglieranno gl’impulsi del Mistero del

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hanno pure descritto gli eventi fisici per mezzodell’osservazione retrospettiva chiaroveggente. È neces-sario comprendere questo e anche intenderne la necessi-tà; cioè, che i contemporanei dell’evento in Palestinanon potevano comprendere quello che allora successe,perchè dall’evento stesso soltanto poteva emanarel’impulso per quella comprensione. Prima che questoevento si fosse verificato, non vi poteva essere nessunocapace di comprenderlo. L’evento doveva prima eserci-tare la propria azione. Questa è la ragione, per cui non èpotuto essere compreso che più tardi. Perchè la chiavealla comprensione del Mistero del Golgotha è il Misterostesso! Il Cristo, con tutta l’azione che doveva esercita-re, doveva agire fino al Mistero del Golgotha; e soltantodopo, dalla sua azione stessa, poteva emanare la com-prensione. Per mezzo di ciò che Egli era, è potuta alloraessere accesa la Parola, che è al tempo stesso l’espres-sione della sua vera essenza.

E così, per mezzo di ciò che era il Cristo, si è accesala Parola Primordiale, la Parola che ci viene comunica-ta e che può di nuovo essere conosciuta con l’osserva-zione chiaroveggente – questa Parola che proclama purela vera essenza del Mistero del Golgotha. E anche aquesta Parola dobbiamo pensare, quando si parla delleparole stesse del Cristo, delle parole che Egli stesso nonsolo ha enunciate, ma che Egli ha pure accese nelle ani-me di coloro, che lo potevano intendere, così da potereindicare e descrivere la sua essenza alle anime umane.Gli uomini accoglieranno gl’impulsi del Mistero del

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Golgotha finchè esisterà la Terra. Verrà poi un tempo in-termedio fra la «Terra» e «Giove». Un tale tempo inter-medio è sempre collegato al fatto, che non soltanto ilsingolo pianeta, ma anche ciò che lo circonda si trasfor-ma, passa nel Caos, attraversa un «pralaya». Non soltan-to la Terra stessa si trasforma nel «pralaya», ma anche ilCielo che ad essa corrisponde. Ma ciò che è stato datoalla Terra per mezzo della Parola che il Cristo ha enun-ciata, che Egli ha accesa in coloro che lo riconobbero eche perdurerà in coloro che lo riconoscono, è la vera Es-senza dell’Esistenza terrestre. E una comprensione giu-sta ci fa intendere la verità delle parole che ci indicano ilcorso del Cosmo, che ci indicano come la Terra el’aspetto della Terra, l’aspetto del cielo considerato dallaTerra, si trasformino, dopo che la Terra avrà raggiunto lasua mèta e che cielo e Terra scompariranno. Ma tali pa-role pronunziate dal Cristo sopra il Cielo e la Terra per-dureranno, se si comprendono giustamente i Vangeli. Sesi sentono gl’impulsi più profondi dei Vangeli, si sentenon soltanto la verità, bensì anche la forza della Parola,che si comunica a noi stessi come forza, e ci permette distar saldi sul suolo terrestre e di spingere lo sguardo aldi là dell’orbe terrestre, nel mentre si accolgono concompleta comprensione le parole: «Il Cielo e la Terrapasseranno, ma le mie parole non passeranno!» Le pa-role del Cristo non passeranno mai, anche se Cielo eTerra passeranno! Si può dir questo dal punto di vistadella conoscenza occulta, perchè saranno rimaste ancora

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Golgotha finchè esisterà la Terra. Verrà poi un tempo in-termedio fra la «Terra» e «Giove». Un tale tempo inter-medio è sempre collegato al fatto, che non soltanto ilsingolo pianeta, ma anche ciò che lo circonda si trasfor-ma, passa nel Caos, attraversa un «pralaya». Non soltan-to la Terra stessa si trasforma nel «pralaya», ma anche ilCielo che ad essa corrisponde. Ma ciò che è stato datoalla Terra per mezzo della Parola che il Cristo ha enun-ciata, che Egli ha accesa in coloro che lo riconobbero eche perdurerà in coloro che lo riconoscono, è la vera Es-senza dell’Esistenza terrestre. E una comprensione giu-sta ci fa intendere la verità delle parole che ci indicano ilcorso del Cosmo, che ci indicano come la Terra el’aspetto della Terra, l’aspetto del cielo considerato dallaTerra, si trasformino, dopo che la Terra avrà raggiunto lasua mèta e che cielo e Terra scompariranno. Ma tali pa-role pronunziate dal Cristo sopra il Cielo e la Terra per-dureranno, se si comprendono giustamente i Vangeli. Sesi sentono gl’impulsi più profondi dei Vangeli, si sentenon soltanto la verità, bensì anche la forza della Parola,che si comunica a noi stessi come forza, e ci permette distar saldi sul suolo terrestre e di spingere lo sguardo aldi là dell’orbe terrestre, nel mentre si accolgono concompleta comprensione le parole: «Il Cielo e la Terrapasseranno, ma le mie parole non passeranno!» Le pa-role del Cristo non passeranno mai, anche se Cielo eTerra passeranno! Si può dir questo dal punto di vistadella conoscenza occulta, perchè saranno rimaste ancora

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ferme le verità che sono state dette sul Mistero del Gol-gotha.

Il Vangelo di Marco accende nelle nostre anime la co-noscenza, che Cielo e Terra passano, ma che ciò chepossiamo sapere del Mistero del Golgotha ci accompa-gnerà nei tempi avvenire – anche se Cielo e Terra saran-no scomparsi!

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ferme le verità che sono state dette sul Mistero del Gol-gotha.

Il Vangelo di Marco accende nelle nostre anime la co-noscenza, che Cielo e Terra passano, ma che ciò chepossiamo sapere del Mistero del Golgotha ci accompa-gnerà nei tempi avvenire – anche se Cielo e Terra saran-no scomparsi!

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INDICE

Conferenza I.Conferenza II.Conferenza III.Conferenza IV.Conferenza V.Conferenza VI.Conferenza VII.Conferenza VIII.Conferenza IX.Conferenza X.

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Conferenza I.Conferenza II.Conferenza III.Conferenza IV.Conferenza V.Conferenza VI.Conferenza VII.Conferenza VIII.Conferenza IX.Conferenza X.

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