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SPERIMENTALE Il sistema bancario e finanziario e le funzioni della Banca d’Italia

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SPERIMENTALE

Il sistema bancario e finanziario e le funzioni della Banca d’Italia

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1. Introduzione

Il sistema finanziario svolge un ruolo centrale per il funzionamento dell’economia e lo sviluppo della società moderna. E’ fondamentale che la gente confidi sul fatto che il sistema sia sano e stabile e che gli intermediari operino in modo corretto e trasparente. Per questo motivo, la Costituzione italiana, all'art. 47, sancisce che la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.

Attraverso il sistema finanziario si realizza il trasferimento di risorse da chi ne possiede in

misura maggiore (tipicamente le famiglie, perché risparmiano parte dei loro guadagni) a chi invece ne ha bisogno (tipicamente le imprese, perché devono finanziare i propri investimenti che produrranno reddito solo dopo qualche tempo), favorendo in tal modo il sostegno finanziario di chi produce beni e servizi. Tale funzione, detta di intermediazione (da cui deriva la definizione di intermediario finanziario quale operatore del sistema finanziario), prevede da un lato la raccolta di fondi (dai risparmiatori) e dall’altro la concessione di prestiti a imprese e famiglie, per le loro esigenze di investimento e di consumo.

Il sistema finanziario agevola gli scambi economici e, in particolare, i pagamenti per l’acquisto di beni e servizi, perché consente l’utilizzo di strumenti alternativi alla moneta contante. Si pensi ad esempio alle carte di credito e di debito e agli assegni, strumenti che costituiscono la moneta bancaria. Tale funzione è detta monetaria, perché il sistema finanziario consente la circolazione della moneta per finalità di pagamento.

Nella vita quotidiana ciascuno di noi entra in contatto più volte con il sistema finanziario ed è utente dei servizi offerti dal sistema stesso. Si pensi a quando acquistiamo un bene con l’utilizzo delle carte di credito, chiediamo un finanziamento per l’acquisto della casa o della macchina, ovvero investiamo i nostri risparmi in strumenti finanziari.

Gli elementi che compongono il sistema finanziario sono rappresentati da intermediari,

mercati e strumenti finanziari: Gli intermediari sono imprese che si inseriscono in posizione intermedia tra le

famiglie e le imprese con il fine di raccogliere risparmio, offrire servizi di pagamento, concedere finanziamenti e effettuare investimenti. I principali intermediari che operano nel sistema finanziario sono le banche.

I mercati finanziari rappresentano il luogo di incontro tra la domanda e l’offerta di

investimenti in strumenti finanziari. Gli strumenti finanziari possono essere raggruppati in tre categorie: i titoli di

capitale, come le azioni, i titoli di debito, come le obbligazioni, e i contratti di assicurazione.

Questa scheda si focalizza sugli intermediari finanziari, con l’obiettivo di approfondire chi

sono i principali attori del sistema finanziario e quali funzioni essi svolgono.

2. Chi e quanti sono gli intermediari finanziari in Italia?

Alla fine del 2010 erano presenti in Italia 760 banche; di esse, 233 avevano la forma di società per azioni, 37 erano banche popolari, 415 banche "di credito cooperativo" e 75 succursali di banche estere. Oltre che delle banche, il sistema finanziario si componeva anche di altri

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intermediari e, precisamente, di 111 Società di intermediazione mobiliare (SIM - sono società per azioni autorizzate a svolgere servizi o attività di investimento) 198 tra Società di gestione del risparmio (SGR - sono società per azioni alle quali è riservata la possibilità di prestare congiuntamente il servizio di gestione collettiva e individuale di patrimoni) e Società di investimento a capitale variabile (SICAV - sono organismi di investimento collettivo in valori mobiliari costituiti in forma societaria), 195 società finanziarie iscritte in un apposito elenco previsto dall’art. 107 del Testo Unico Bancario (TUB), 3 istituti di moneta elettronica (Imel - Soggetti diversi dalle banche che svolgono in via esclusiva l'attività di emissione di moneta elettronica), la divisione Bancoposta di Poste Italiane spa, la Cassa depositi e prestiti e un Istituto di pagamento. Del sistema finanziario facevano infine parte 1.288 società finanziarie iscritte in un ulteriore elenco previsto dall’art. 106 del TUB (soggetti non operanti nei confronti del pubblico, confidi, cambiavalute e altri tipi di operatori).

Fonte: Banca d’Italia, Relazione Annuale 2010, Roma, 2011, p. 199.

Link utili

Per maggiori dettagli sulla composizione del sistema finanziario italiano, si può consultare il sito web della Banca d’Italia e, in particolare, la sezione :

http://www.bancaditalia.it/vigilanza/regolamentati

Per sapere se un intermediario è autorizzato a operare in Italia, si può consultare la sezione

http://www.bancaditalia.it/vigilanza/cons-albi-elenchi

In una ulteriore sezione del sito web della Banca d’Italia è poi riportato l’elenco delle persone e delle società che hanno svolto abusivamente l'attività bancaria e finanziaria (la legge

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italiana punisce penalmente chi esercita l'attività bancaria o finanziaria senza autorizzazione o iscrizione in appositi albi o elenchi.)

http://www.bancaditalia.it/vigilanza/avvisi/contrasto-abusivismo/elenco-ab

3. I presupposti dell’attività bancaria

Le banche svolgono un ruolo cruciale per il sistema economico e, in particolare, per le imprese. In un'economia senza intermediari finanziari, infatti, un'impresa che avesse bisogno di finanziamenti per un progetto di investimento (ad esempio, l’acquisto di un capannone o di un impianto) dovrebbe raccogliere risorse finanziarie presso un grande numero di singoli risparmiatori, il che comporterebbe per l'impresa elevati costi. A loro volta, i risparmiatori che eventualmente volessero investire le proprie risorse finanziarie finanziando direttamente un progetto di investimento di un'impresa, senza ricorrere all'ausilio di un intermediario finanziario, dovrebbero valutare individualmente la probabilità di successo del progetto stesso e la capacità del debitore di restituire il finanziamento (il cosiddetto "merito di credito"), seguire l'impresa nel corso della realizzazione dell'investimento e verificare il regolare andamento dei pagamenti degli interessi e la restituzione del capitale prestato.

L’intermediazione finanziaria in parole semplici

Senza le banche, l’unica possibilità di conservare il danaro risparmiato sarebbe quella di

custodirlo in un luogo sicuro e segreto, ma si tratterebbe di una forma di conservazione improduttiva.

D’altra parte, senza le banche, coloro che per realizzare i loro progetti hanno bisogno di fondi che al momento non posseggono si troverebbero costretti a rinunciare ai progetti suddetti. Una coppia di giovani sposi con un buon lavoro, ma al momento squattrinati, non potrebbe comprar casa. E un brillante aspirante industriale dotato di una buona idea imprenditoriale, di voglia di lavorare ma di poco danaro non potrebbe avviare la sua impresa.

La banca consente di collegare l’offerta di fondi alla domanda di fondi. Da un lato, rende produttivo il risparmio di chi offre fondi pagando un tasso di interesse sui depositi e, dall’altro, prestando danaro ai giovani sposi e all’aspirante imprenditore, rende possibili i loro progetti.

I prestiti effettuati ovviamente non sono gratuiti. La banca infatti si fa remunerare per i prestiti concessi e il profitto che essa consegue è il risultato della differenza tra gli interessi attivi percepiti sui prestiti e gli interessi passivi corrisposti sui depositi. La banca, insomma, non fa beneficenza. E’ anche vero però che, se essa non esistesse, risparmiatori, giovani sposi e aspiranti imprenditori starebbero peggio.

Inoltre, l’esistenza di banche rende possibile la realizzazione di progetti di investimento di grandi dimensione che difficilmente potrebbero essere finanziati da un unico risparmiatore. Se per costruire una fabbrica di automobili occorre un miliardo di euro, in assenza di banche un aspirante

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industriale automobilistico è costretto prima a cercare da sé qualche migliaio di finanziatori e poi convincerli a prestare a lui il denaro necessario a realizzare l’avventura industriale. Il rischio concreto è che il nostro aspirante industriale passi a miglior vita prima di riuscire a mettere insieme tutti i fondi necessari al suo progetto. Nel mondo reale, però, fortunatamente le banche esistono. Questo significa che il nostro aspirante industriale automobilistico potrà rivolgersi direttamente alla banca che, a monte, avrà già ricevuto i fondi da parte di migliaia di risparmiatori.

Insomma, nel mondo reale la banca rende possibile l’apertura di uno stabilimento industriale con migliaia di posti di lavoro che altrimenti non sarebbero stati creati. Ovviamente, quando la banca finanzia l’aspirante industriale automobilistico lo fa avendo in mente il suo proprio tornaconto – gli interessi che percepirà sul prestito - e non tanto i posti di lavoro che saranno creati. L’effetto finale però è che ciò che è conveniente per la banca finisce per esserlo anche per la società nel suo complesso.

Una funzione importante collegata alla concessione di prestiti consiste nello screening delle richieste. Non tutte le richieste di prestito vengono soddisfatte ma solo quelle “meritevoli”. Non tutti gli aspiranti imprenditori vengono finanziati ma solo quelli che presentano delle buone idee e dei piani imprenditoriali coerenti e fondati su previsioni ragionevoli. Non tutti i giovani sposi vengono accontentati nelle loro richieste di mutuo per l’acquisto della casa ma solo quelli che presentano richieste coerenti con le loro possibilità di restituzione.

Nell’effettuare questo screening le banche si avvalgono di professionisti specializzati che operano alle loro dipendenze e nel loro interesse. Se non esistessero le banche, per chi avesse dei fondi da prestare sarebbe un vero incubo e una gran fatica cercare di capire chi tra i vari aspiranti è più meritevole di essere finanziato.

La banca, in quanto intermediario finanziario, si sostituisce a ciascun risparmiatore

consentendo una riduzione dei costi di raccolta di informazioni, di valutazione e controllo. Inoltre, se il soggetto che chiede il prestito (detto anche "fido") ha un deposito presso la banca, quest'ultima ha il vantaggio di poter acquisire informazioni sul merito di credito dell'impresa attraverso l'esame della movimentazione del conto corrente.

La riduzione dei costi di informazione, la maggiore diversificazione dei rischi e la gestione della liquidità accrescono le risorse finanziarie disponibili per il sistema economico. Tuttavia, questa attività si basa su alcuni ingredienti fondamentali, quali il rischio, il rendimento richiesto a fronte del rischio e la fiducia, elementi fra di loro strettamente legati.

4. Rischio, rendimento e fiducia Ci sono molte definizioni di rischio che dipendono dalle applicazioni e dal contesto. Nel

caso di un’attività finanziaria possiamo intendere per rischio tutto ciò che potenzialmente può impedire il raggiungimento del livello atteso di rendimento e che, in casi estremi, può far perdere anche il capitale investito, in tutto o in parte. La regola aurea è che, in economia e in finanza, non esistono pasti gratis (massima traslata nella nostra lingua dall’espressione inglese There is no such thing as a free lunch). Applicata agli investimenti, questa massima esemplifica un concetto fondamentale che dovrebbe sempre orientare le scelte di impiego dei risparmi: la relazione tra rischio e rendimento e cioè il fatto che quanto più è alta (o bassa) la remunerazione attesa di un investimento finanziario tanto più è alta (bassa) la variabilità della remunerazione effettivamente incassata e la possibilità di non ottenerla affatto.

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Consideriamo il caso delle azioni e delle obbligazioni. Le prime sono titoli di credito rappresentativi di quote di proprietà di una società: il loro rendimento è costituito dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita e dai dividendi che la società delibera di distribuire annualmente. Le obbligazioni sono titoli di debito rappresentativi di un prestito effettuato dall’investitore nei confronti dell’emittente: la loro remunerazione è rappresentata dagli interessi corrisposti periodicamente sul prestito e dalla differenza tra il prezzo di emissione (o di acquisto se comprate dopo l’emissione) e il valore di rimborso (o del prezzo di vendita se cedute prima della scadenza).

A parità di altre condizioni, le azioni sono più rischiose delle obbligazioni: non garantiscono infatti flussi predefiniti di dividendi e il loro valore è legato all’andamento della società. Le obbligazioni presentano invece una variabilità dei rendimenti effettivi più contenuta, essendo il mancato rimborso legato solo all’eventualità di dissesto finanziario dell’emittente: se tenute in portafoglio fino alla scadenza, esse saranno rimborsate consentendo all’investitore di realizzare il rendimento inizialmente previsto. Nel caso di obbligazioni a tasso fisso, però, il rischio aumenta al crescere della vita residua, data la maggior probabilità di variazione dei tassi di interesse e, quindi, di una maggior oscillazione del loro prezzo.

Sia i titoli di credito che quelli di debito sono soggetti a un “rischio specifico”, legato in particolare alla solidità patrimoniale attuale e futura dell’emittente, e a un “rischio generico”, che dipende invece dagli andamenti economici complessivi e dalle fluttuazioni dei mercati. Mentre non è possibile contrastare questo secondo rischio, si può invece attenuare o eliminare il primo attraverso la diversificazione degli investimenti. Essa consiste nel frazionare il proprio portafoglio in attività con caratteristiche di rischio/rendimento diverse e tali da compensare le perdite su uno strumento con i guadagni su un altro, riducendo così le oscillazioni di valore complessivo del portafoglio. La diversificazione di un portafoglio finanziario, evitando di concentrare troppo le proprie disponibilità su un unico tipo di investimento, consente di ottenere maggiori rendimenti a parità di rischio, oppure un minor rischio a parità di rendimento. Dati i costi connessi alla composizione di portafogli opportunamente bilanciati, i risparmiatori spesso ricorrono a operatori professionali, sottoscrivendo, ad esempio, quote di fondi comuni di investimento. Anche questa modalità di gestione può tuttavia nascondere delle insidie, derivanti, in alcuni casi, da una eccessiva specializzazione in strumenti finanziari emessi da società operanti in specifici settori o in particolari mercati.

Le persone destinano i propri risparmi alle banche perché hanno fiducia nel fatto che questi

risparmi verranno ben gestiti e restituiti. Nello svolgimento delle proprie attività le banche si espongono a dei rischi, ossia alla probabilità di subire delle perdite, che nei casi più gravi possono comportare il fallimento della banca stessa. E’ importante che la banca sia in grado di gestire al meglio i rischi e di ridurre le possibilità di subire delle perdite perché la banca svolge le proprie attività utilizzando i risparmi raccolti dalla clientela verso la quale ha l’obbligo di restituzione. Il verificarsi di perdite a danno della banca può impedire quindi la restituzione dei risparmi alla clientela.

Ma quali sono le principali fonti di rischio per una banca? Innanzitutto, quando la banca

concede un credito, a una famiglia per l’acquisto di una casa ovvero a una impresa per l’attività produttiva, si assume anche il rischio di mancata restituzione del finanziamento nel caso in cui la famiglia o l’impresa non abbia più risorse sufficienti a restituire il prestito. Poi, la banca raccoglie risorse in forma di depositi presso il pubblico, tipicamente rimborsabili "a vista", ossia su richiesta del depositante, e li trasforma in attività finanziarie solitamente meno liquide, come i prestiti, che di solito hanno durata superiore all'anno. Poiché non tutti i depositanti prelevano contemporaneamente i loro fondi, la banca è in grado di utilizzare parte della raccolta per finanziare attività anche a più lunga durata, come i prestiti alle imprese e i mutui alle famiglie, e consente ai risparmiatori di effettuare pagamenti o prelevamenti di risorse in qualsiasi momento (questo processo è definito

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come trasformazione delle scadenze). Se però tutti i depositanti decidono contemporaneamente di prelevare integralmente i loro fondi le banche possono trovarsi in difficoltà. Se questo accade a una singola banca, il resto del sistema può fornire la liquidità necessaria; se sono coinvolte più banche, la crisi potrebbe divenire sistemica.

Le corse agli sportelli

Con la locuzione inglese bank run (in italiano corsa alla banca o meglio corsa agli sportelli) si definisce un fenomeno tipico delle crisi finanziarie, quando un elevato numero di clienti di una banca preleva contemporaneamente tutti i propri depositi. Quando si innescano le condizioni per un bank run, è difficile porvi rimedio. La scelta dei depositanti è generata dalla paura che la banca possa diventare insolvente e per la banca, che potrebbe anche essere solida ma non così liquida da soddisfare tutti i depositanti, riuscire a fronteggiare richieste massicce di rimborso dei depositi non potendo chiedere ai propri creditori di rimborsare i prestiti concessi è una missione difficilissima.

Per fortuna, queste “corse agli sportelli” si osservano raramente. Il motivo è duplice. In primo luogo, la Banca Centrale (in Europa è la Banca Centrale Europea) interverrebbe prestando banconote alla banca in difficoltà in modo che essa possa fronteggiare le richieste di rimborso. Gli economisti si riferiscono a questa funzione della Banca Centrale definendola “prestatore di ultima istanza”. In secondo luogo, esiste per legge una assicurazione pubblica sui depositi bancari che garantisce ai depositanti – fino a un certo massimale – il recupero dei depositi nel caso in cui la banca dovesse essere insolvente.

E’ l’esistenza stessa di questi dispositivi di salvaguardia che evita la corsa ai rimborsi anche quando dovesse diffondersi la voce che una banca sta per fallire. In assenza di questi dispositivi, basterebbe anche un sospetto infondato di insolvenza per scatenare una corsa ai rimborsi alla quale la banca non potrebbe far fronte. Insomma, la profezia di insolvenza genera insolvenza; gli economisti parlano a questo proposito di una profezia che si autorealizza.

L’aspetto negativo legato all’esistenza di questi dispositivi di salvaguardia è che le banche potrebbero essere indotte a non curarsi del rischio di essere sommerse da repentine richieste di rimborso, senza cioè mantenere una riserva di denaro per far fronte a questa eventuale necessità. Per evitare questo rischio la legge impone alle banche di mantenere in forma liquida (banconote) una certa percentuale dei depositi (cosiddetta riserva obbligatoria di liquidità).

5. Regole e controlli sull’attività bancaria

Abbiamo visto finora come le banche svolgano un ruolo cruciale nel collegare il risparmio e

il credito. Esse sono imprese che operano sì in autonomia, ma all'interno di un quadro di regole e controlli per un mercato efficiente, stabile e trasparente, che contribuisca alla salute dell'economia. La legge affida il compito di emanare queste regole e di controllare la loro applicazione alla Banca d'Italia, che collabora con altre autorità pubbliche, quali il Ministro dell'Economia e delle Finanze, il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob), l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (Isvap), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip). Tutto questo in armonia con le disposizioni comunitarie e in collaborazione con le autorità di vigilanza europee.

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5.1. La Banca d'Italia La Banca d’Italia è la banca centrale della Repubblica Italiana ed è parte del Sistema

europeo di banche centrali (SEBC) e dell'Eurosistema. E’ l’Autorità di Vigilanza sul sistema bancario e finanziario: l’art. 1 del Testo Unico Bancario la annovera tra le Autorità creditizie insieme al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) e al Ministro dell’economia e delle Finanze. La Banca d’Italia ha la natura giuridica di Istituto di diritto pubblico. Persegue finalità d’interesse generale nel settore monetario e finanziario: il mantenimento della stabilità dei prezzi, obiettivo principale dell’Eurosistema in conformità del Trattato che istituisce la Comunità europea (Trattato CE); la stabilità e l’efficienza del sistema finanziario, in attuazione del principio della tutela del risparmio sancito dalla Costituzione; gli altri compiti a essa affidati dall’ordinamento nazionale.

L’Unità d’Italia e la Banca d'Italia. All'indomani dell'Unità d’Italia, il nostro Paese era economicamente arretrato rispetto ai

maggiori paesi europei: il prodotto pro capite era meno della metà di quello inglese, poco più della metà di quello francese. Il sistema bancario era composto da piccole ditte individuali, da pochi istituti pubblici e da alcune banche di emissione; scarsa era la circolazione di carta moneta.

Nei territori che formarono nel 1861 il Regno d'Italia circolavano 236 diverse monete metalliche. Se poi si aggiungono quelle delle province venete e romane, al momento del loro ingresso nel Regno, allora il totale delle monete metalliche sale a 282 (tra cui: baiocco, carantano, carlino, doppia, ducato, fiorino, franceschino, francescone, lira, lirazza, marengo, onza, paolo, papetto, piastra, quattrino, scudo, soldo, svanzica, tallero, testone, fino agli zecchini di Pinocchio).

L’Italia unita ebbe una moneta unica ma una circolazione cartacea spezzettata, perché quasi tutti gli istituti operanti nei vecchi Stati mantennero la facoltà di emettere biglietti nel nuovo regno.

Dopo il 1870 esistevano in Italia sei banche di emissione (erano nove alla vigilia dell’Unità).

Al Nord la Banca Nazionale nel Regno d'Italia (che veniva dalla fusione fra la Banca di Genova, costituita nel 1844, e la Banca di Torino); al Centro la Banca Nazionale Toscana, affiancata nel 1863 dalla Banca Toscana di Credito per le Industrie e il Commercio d'Italia; al Sud il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Quando, dopo l'annessione di Roma nel 1870, la Banca degli Stati pontifici divenne Banca Romana, gli istituti di emissione diventarono sei.

Invece di arrivare a una banca unica, si preferì mantenere il pluralismo, per evitare contrasti politici tra i diversi gruppi regionali. Venne però favorita l'espansione della Banca Nazionale nel Regno d'Italia, che divenne l'unico istituto a essere presente su tutto il territorio.

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Foto: prima pagina delle Regie Lettere Patenti colle quali il 16 marzo 1844 Carlo Alberto

di Savoia approvò la creazione e lo statuto della Banca di Genova Tutte le banche menzionate emettevano biglietti in lire convertibili in oro, e operavano in

concorrenza fra loro. Due di esse erano pubbliche, Banco di Napoli e Banco di Sicilia, le altre private, ma vigilate dallo Stato. Il corso forzoso (cioè la non convertibilità), imposto nel 1866, fece in modo che la circolazione di moneta cartacea superasse quella metallica.

Foto: Banconota da 1 lira della Banca Nazionale nel Regno (1869) Nel 1874 fu varata la prima legge organica dello Stato italiano sull’emissione cartacea:

indicando espressamente i sei istituti autorizzati, essa introdusse un oligopolio legalizzato e regolato. Non si realizzò dunque una banca unica, soprattutto per la forza degli interessi regionali che non volevano privarsi di una banca di emissione locale.

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Data la scarsa diffusione dei depositi bancari, la fonte principale di risorse per effettuare il credito bancario era costituita proprio dall’emissione di biglietti: in pratica, accettando i biglietti di banca, il pubblico faceva credito agli istituti di emissione, e questi potevano far credito ai propri clienti. Soltanto negli anni Settanta cominciarono ad affermarsi banche non di emissione (cioè simili alle banche che tutti conosciamo), come il Credito Mobiliare e la Banca Generale, a respiro nazionale e con contatti internazionali.

In questo quadro, gli istituti di emissione svolsero un ruolo importante: principalmente attraverso lo sconto di cambiali essi diedero un contributo essenziale al finanziamento della produzione e dell’investimento; combatterono l’usura; favorirono la monetizzazione dell’economia italiana.

L’abolizione del corso forzoso, decretata nel 1881 e attuata nel 1883, segnò l’inizio di una breve illusione: l’euforia provocò un surriscaldamento dell’economia al quale non si reagì con le politiche giuste. Intorno al 1887 il corso forzoso era restaurato di fatto. Il boom edilizio innescato da Roma capitale, sostenuto in parte da capitali esteri, coinvolse anche gli istituti di emissione. L’espansione eccessiva portò a una bolla speculativa, e poi alla crisi. La crisi bancaria dei primi anni Novanta, accoppiata a una crisi di cambio, assunse anche una dimensione politica e giudiziaria clamorosa nel dicembre del 1892, quando fu rivelata la grave situazione delle banche di emissione e soprattutto i gravi illeciti della Banca Romana, fino a quel momento coperti dal Governo.

In una situazione di estrema difficoltà, fra battaglie aspre, il Paese trovò la forza di reagire. Scartata l’ipotesi, avanzata da Sidney Sonnino, di rifondare completamente il sistema dell’emissione, prevalse la linea del presidente del Consiglio Giovanni Giolitti: la legge del 1893 dettò nuove regole per l’emissione e portò alla costituzione della Banca d'Italia, che risultò dalla fusione fra tre degli istituti esistenti, la Banca Nazionale e le due banche toscane; essa fu guidata dal Direttore Generale Giacomo Grillo. La Banca Romana venne liquidata, mentre gli istituti meridionali continuarono la loro attività.

La seconda guerra mondiale e la stabilità monetaria postbellica

La seconda guerra mondiale, con la divisione del Paese, i combattimenti in gran parte della penisola, l’occupazione straniera, inferse un duro colpo all’economia nazionale. La lira si ridusse a un trentesimo del suo valore prebellico (al termine della prima guerra mondiale il valore della lira si era ridotto a un quinto di quello prebellico).

La Banca d’Italia, come le altre istituzioni del Paese, visse momenti drammatici. L’amministrazione fu spezzata in due; regimi commissariali vennero instaurati al Nord, nella Repubblica Sociale, e al Sud, nel Regno d’Italia. Con la nomina di Luigi Einaudi a Governatore (gennaio 1945) si posero le premesse per il ritorno alla normalità, che ebbe inizio alla fine della guerra.

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Foto: La restituzione dell’oro di Fortezza alla Banca d’Italia, Roma, via Nazionale, maggio 1945.

La riconversione postbellica, pur difficile, non comportò problemi di stabilità delle banche,

come era invece avvenuto alla fine del precedente conflitto, perché le banche, a causa della precedente riforma, non avevano rilevanti immobilizzi. Assai preoccupante era invece la situazione della lira: alla fine del 1946 l’inflazione riprese a galoppare.

I punti essenziali del risanamento monetario, realizzato fra il 1945 e il 1948 con disegno coerente, furono quattro. Il primo fu l’arresto dell’inflazione. Nell’estate del 1947 il meccanismo della riserva obbligatoria venne riformato e finalizzato alle esigenze del controllo monetario. Il potere di variare il coefficiente di riserva venne assegnato a un organismo di nuova creazione, il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR), presieduto dal ministro del Tesoro. La riforma, indicando chiaramente la volontà dell’autorità monetaria di porre fine all’inflazione, agì sulle aspettative e troncò l’ascesa dei prezzi. Il secondo punto fu la definizione di un limite al finanziamento monetario dello Stato: nel maggio 1948 l’indebitamento del Tesoro in conto corrente verso la Banca centrale fu limitato al 15 per cento delle spese previste nel bilancio dello Stato. Il terzo punto fu l’inserimento nella comunità finanziaria internazionale: nell’ottobre del 1946 l’Italia venne ammessa agli istituti nati con gli accordi di Bretton Woods. Iniziò la liberalizzazione del commercio dei cambi e, dopo la svalutazione del novembre 1947, scomparve il doppio mercato dei cambi. Venne creato l’Ufficio Italiano dei Cambi per la gestione delle transazioni valutarie. L’Italia avrebbe fatto parte in seguito dell’Unione Europea dei Pagamenti, creata nel 1950. Il quarto punto fu il riordino della vigilanza. Dopo la soppressione dell’Ispettorato creato nel 1936, la funzione di vigilanza venne assegnata istituzionalmente alla Banca d’Italia; la responsabilità politica sulla materia venne riservata al CICR, alle cui sedute partecipava – in qualità di capo dell’organo tecnico – il Governatore.

Il principio della tutela del risparmio veniva fissato nella nuova Costituzione del 1948, con l’art. 47. Il consolidamento della lira, al quale contribuì grandemente il Direttore Generale della

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Banca Donato Menichella, costituì la piattaforma sulla quale si sarebbe fondata la crescita non inflazionistica del periodo successivo.

Dall’immediato dopoguerra fino ai primi anni Cinquanta, l’azione della Banca fu essenziale per attrarre e gestire gli aiuti internazionali (Interim Aid, Piano Marshall, Banca Mondiale) che consentirono di uscire dall’emergenza e di avviare la ricostruzione.

Nell’esercizio delle proprie attribuzioni la Banca opera con autonomia e indipendenza, nel

rispetto del principio di trasparenza, secondo le disposizioni della normativa comunitaria e nazionale.

Gli organi della Banca d’Italia sono: l’Assemblea dei partecipanti, il Consiglio superiore, il Direttorio, il Collegio sindacale, il Governatore, il Direttore generale e i tre Vice Direttori generali.

La partecipazione al capitale della Banca d'Italia è disciplinata dagli artt. 3 e 49 dello Statuto. Il capitale, di ammontare pari a 156.000 euro, è rappresentato da 300.000 quote di partecipazione nominative di 0,52 euro ciascuna.”.

L’assemblea generale ordinaria dei partecipanti si riunisce annualmente, non più tardi del 31 maggio, per deliberare sull’approvazione del bilancio, sul riparto degli utili e l’assegnazione dei frutti delle riserve e, ove occorra, sulla nomina dei sindaci e del Presidente del Collegio sindacale.

Il Consiglio Superiore si compone del Governatore e di tredici consiglieri nominati nelle assemblee dei partecipanti presso le Sedi della Banca. Il Consiglio è l'organo cui spetta l'amministrazione generale nonché la vigilanza sull'andamento della gestione e il controllo interno della Banca. Nomina, su proposta del Governatore, il Direttore generale e i Vice Direttori generali e concorre, fornendo un parere, alla procedura di nomina del Governatore. Ha competenze su aspetti gestionali, organizzativi e contabili: adotta le deliberazioni riguardanti l'articolazione territoriale e l'assetto organizzativo generale della Banca, approva il bilancio annuale di previsione degli impegni di spesa e gli accordi stipulati con le organizzazioni sindacali e viene informato dal Governatore sui fatti rilevanti concernenti l'amministrazione della Banca .

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Foto: Incipit della del Verbale della Tornata n. 1 del Consiglio Superiore della Banca

d’Italia, tenuta a Roma il 28 dicembre 1893 Il Direttorio è un organo collegiale, costituito dal Governatore, dal Direttore generale e da

tre Vice Direttori generali, competente per l’assunzione dei provvedimenti aventi rilevanza esterna relativi all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dalla legge alla Banca per il perseguimento delle finalità istituzionali, con esclusione delle decisioni rientranti nelle attribuzioni del SEBC. Le deliberazioni sono assunte a maggioranza dei presenti; in caso di parità prevale il voto del Governatore. Delle riunioni viene redatto apposito verbale (artt. 21, 22, 23 dello Statuto).

Il Collegio sindacale svolge funzioni di controllo sull’amministrazione della Banca per l’osservanza della legge, dello Statuto e del Regolamento generale. Si compone di cinque membri effettivi, tra cui il Presidente, e due supplenti, nominati dall’Assemblea dei partecipanti, che rimangono in carica tre anni e sono rieleggibili non più di tre volte. Esercita il controllo contabile, senza alcun pregiudizio per l’attività svolta dai revisori esterni, esamina il bilancio d’esercizio sul quale presenta la propria relazione all’Assemblea dei partecipanti ed esprime il parere sulla distribuzione del dividendo annuale.

5.2. Le funzioni della Banca d’Italia: l’attività di Vigilanza

La Banca d'Italia controlla che gli intermediari bancari e finanziari siano gestiti in modo sano e prudente. Sano, cioè che svolgano la loro attività d'impresa nel pieno rispetto delle regole. Prudente, cioè che per fare profitti non mettano a rischio la propria esistenza e il denaro loro affidato. Indirizza inoltre la propria azione di vigilanza per favorire la stabilità complessiva, l'efficienza e la competitività del sistema finanziario. Tutela infine la trasparenza e la correttezza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari per rendere sempre migliori i rapporti con la clientela.

Per questo: emana la normativa tecnica e controlla che venga applicata verifica la sana e prudente gestione degli intermediari attraverso l'esame di

documentazione e ispezioni presso i loro uffici sanziona i comportamenti scorretti e poco trasparenti nei confronti della clientela.

La Banca d'Italia, inoltre, promuove iniziative per lo sviluppo della cultura finanziaria a

favore dei cittadini per renderli più consapevoli delle loro scelte finanziarie. Alla riduzione dei rischi contribuisce infatti anche un cliente consapevole dei suoi diritti, avveduto e informato sui profili di rischio e di costo dei servizi cui accede.

Anche alle banche viene dato un “voto”.

L’attività di vigilanza prevede una serie di valutazioni in merito al rispetto delle norme prudenziali e all’evoluzione dei principali aggregati economico-patrimoniali-organizzativi; frequenza, ampiezza e profondità dei controlli sono proporzionate alle caratteristiche operative dei soggetti vigilati e a particolari necessità conoscitive. I controlli ispettivi sono condotti secondo piani periodici e in base a specifiche esigenze che emergano nel corso dell’analisi.

Momento centrale del processo di controllo (cosiddetto Processo di revisione e valutazione prudenziale) è l’esame annuale della complessiva situazione del soggetto vigilato, al quale concorrono le verifiche e gli approfondimenti compiuti nel periodo di riferimento nell’ambito

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dell’analisi documentale nonché le informazioni eventualmente acquisite in sede ispettiva. Viene privilegiata l’ottica consolidata, avendo riguardo al rischio complessivo cui è esposto il gruppo bancario, naturalmente ove esiste.

A tutti gli intermediari, sulla base di un modello di analisi imperniato su indicatori sintetici, viene attribuito un punteggio automatico per i diversi profili oggetto di valutazione. Il giudizio è espresso da un numero compreso fra 1 e 6. In linea generale, i punteggi 1 e 2 rappresentano situazioni positive che necessitano solo di ordinari controlli; il punteggio 3 e 4 identificano intermediari con elementi di problematicità tali da giustificare una specifica attenzione ovvero interventi di tipo preventivo; i punteggi 5 e 6 individuano situazioni di anomalia che richiedono incisivi interventi correttivi.

La Banca d'Italia è inoltre molto attenta al miglioramento dei rapporti tra intermediari e

clienti nella convinzione che la stabilità di un intermediario benefici della buona reputazione e della fiducia che in esso ripone la clientela. Promuove quindi la correttezza dei comportamenti degli intermediari, sia vigilando sull’applicazione delle norme in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali di depositi, prestiti e strumenti di pagamento, sia rispondendo ai reclami ricevuti dagli utenti di servizi bancari e finanziari, e integrandone l’esame con le ordinarie attività di vigilanza finalizzate alla tutela della sana e prudente gestione degli intermediari.

È stato disciplinato un nuovo sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie relative a operazioni e servizi bancari e finanziari (“Arbitro Bancario Finanziario”): esso è disegnato per permettere alla clientela delle banche e degli intermediari finanziari di ottenere una decisione imparziale in modo semplice, rapido e poco costoso.

L’Arbitro bancario e finanziario (ABF)

L'Arbitro Bancario Finanziario (ABF) è un sistema di risoluzione delle liti tra i clienti e le

banche e gli altri intermediari che riguardano operazioni e servizi bancari e finanziari. È detto "stragiudiziale" perché offre un'alternativa più semplice, rapida ed economica rispetto al ricorso al giudice, che spesso invece comporta procedure complesse e anche molto lunghe.

L'ABF è un organismo indipendente e imparziale che decide in pochi mesi chi ha ragione e

chi ha torto. Le decisioni non sono vincolanti come quelle del giudice ma se l'intermediario non le

rispetta il suo inadempimento è reso pubblico. Tutti i clienti, cioè tutti coloro che hanno in corso o hanno avuto rapporti contrattuali con

banche o intermediari finanziari relativi a servizi bancari e finanziari, possono ricorrere all’ABF.

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Per il ricorso all’Arbitro non è necessaria l’assistenza di un avvocato. Il cliente può tuttavia rivolgersi all'Arbitro solo dopo aver tentato di risolvere il problema direttamente con la banca o l'intermediario, presentando a essi un reclamo. Se non rimane soddisfatto neanche delle decisioni dell'Arbitro, può comunque rivolgersi al giudice.

La Banca d'Italia fornisce i mezzi per il funzionamento dell'ABF.

Per verificare con facilità se il proprio problema può essere risolto dall’Arbitro Bancario Finanziario si può consultare il percorso guidato sul sito web dell’Arbitro

www.arbitrobancariofinanziario.it

5.3. Le funzioni della Banca d’Italia diverse dalla Vigilanza Insieme con la Vigilanza sul sistema finanziario e sui singoli intermediari, la Banca d’Italia svolge numerose altre funzioni, a livello sia nazionale sia sovranazionale.

Nell’ambito dell’Eurosistema la Banca d’Italia concorre alle decisioni di politica monetaria attraverso la partecipazione del Governatore al Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea e quella di propri esperti ai Comitati e Gruppi di lavoro dell’Eurosistema ai fini della relativa istruttoria tecnica. Svolge tali compiti e funzioni ai sensi del Trattato CE (art. 105) e dello Statuto del SEBC (art. 3).

La Banca cura la parte attuativa di tali decisioni sul territorio nazionale attraverso le operazioni con le istituzioni creditizie, le operazioni di mercato aperto e su iniziativa delle controparti, e la gestione della riserva obbligatoria. Può effettuare operazioni in cambi conformemente alle norme fissate dall’Eurosistema. Gestisce le riserve valutarie proprie; gestisce, inoltre, una quota-parte di quelle della BCE per conto di quest’ultima.

È responsabile della produzione delle banconote in euro, in base alla quota definita nell’ambito dell’Eurosistema, della gestione della circolazione e dell’azione di contrasto alla contraffazione.

L’Istituto promuove il regolare funzionamento del sistema dei pagamenti attraverso la gestione diretta dei principali circuiti ed esercitando poteri di indirizzo, regolamentazione e controllo propri della funzione di sorveglianza. Tale attività, unitamente all’azione di supervisione

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sui mercati, mira più in generale a contribuire alla stabilità del sistema finanziario e a favorire l’efficacia della politica monetaria.

La Banca espleta servizi per conto dello Stato quale gestore dei compiti di tesoreria statale e provinciale, per gli incassi e pagamenti del settore pubblico, nel comparto del debito pubblico, nell’attività di contrasto dell’usura.

Al fine di rendere più efficace l’espletamento dei compiti di politica monetaria e delle altre funzioni istituzionali, la Banca d'Italia svolge una intensa attività di analisi e ricerca in campo economico- finanziario e giuridico.

Come lavorare in Banca d’Italia

Istituzione al servizio del Paese e dell’Europa, la Banca d’Italia offre l’opportunità di svolgere un’esperienza professionale unica nel suo genere.

Nei numerosi settori di attività, negli uffici centrali come nelle filiali, si può acquisire qualificate competenze tecnico-specialistiche, la capacità di lavorare in gruppo e l’orientamento ai risultati, apprendere un metodo di lavoro basato sul rigore dell’analisi, sul confronto e sull’attenzione al servizio offerto.

Per iniziare un percorso di carriera in Banca d’Italia – e diventare, ad esempio, ricercatore economico, analista di bilancio, ispettore di vigilanza – è necessario superare uno dei concorsi pubblici indetti regolarmente dall’Istituto, di cui si può avere notizia tramite la Gazzetta Ufficiale, i principali quotidiani nazionali, la stampa specializzata nazionale ed estera.

Se si posseggono il titolo di studio e gli altri requisiti di volta in volta indicati dal bando, si può partecipare a selezioni orientate all’apprezzamento del merito e ispirate ai principi della trasparenza, dell’efficienza e della obiettività. Le modalità di assunzione, caratterizzate da selettività e imparzialità, sono il primo dei tanti investimenti che la Banca d’Italia fa nel capitale umano, a garanzia della qualità dei servizi resi alla collettività.

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LE PRIME BANCHE

La scheda seguente fa parte di una serie di moduli didattici realizzati con il sostegno della Commissione eruropea nell’ambito del progetto Dolceta. stata sviluppata dalla tratta dal sito www.dolceta.eu (Dolceta è un progetto di educazione al consumo online a cui partecipano tutti e 27 gli Stati membri dell'Unione ed è finanziato dalla Commissione Europea). Per maggiori dettagli, si può consultare anche il sito dell’enciclopedia Treccani, alla sezione: http://www.treccani.it/scuola/in_aula/storia/banche/mainArea.html

Le banche nascono in Italia, in Toscana per la precisione, agli inizi del Rinascimento. Il

come, invece, è questione complessa ma anche interessante. A partire dalla seconda metà del quattrocento, le aree più evolute in Europa sotto il profilo

economico e commerciale sono le città capitali dei vari stati della Penisola (Genova, Firenze, Pisa, Venezia), la capitale delle Fiandre Bruges e Rotterdam, il più grande porto dei Paesi Bassi. Tra queste città esistevano intensi scambi commerciali. Le città italiane esportavano tessuti e derrate alimentari che non venivano prodotte nel nord dell’Europa. Di contro, le importazioni in Italia consistevano in alimenti, come il pesce sotto sale, che non erano disponibili nel bacino del Mediterraneo.

La vita dei commercianti che operavano all’interno di questi scambi non era per niente facile. Un viaggio via terra tra Firenze e le Fiandre poteva durare settimane e il rischio di attacchi e ruberie poteva essere pari al rischio di un naufragio nel caso in cui le merci fossero state trasportate per mare. Ma il rischio maggiore non era tanto quello legato al trasporto delle merci quanto quello legato al trasporto dell’oro che, all’epoca, costituiva l’unica forma di moneta che veniva accettata negli scambi tra mercanti di paesi diversi. Si andava nelle Fiandre a vendere tessuti e si ritornava, se tutto andava bene, con il gruzzolo d’oro frutto della vendita.

Nelle città italiane dell’epoca un’altra attività economica era piuttosto fiorente, quella degli orafi e dei produttori di gioielli. Una particolarità degli orafi-gioiellieri era quella di poter disporre di robusti forzieri a prova di ladri e, quindi, risultò abbastanza naturale che i mercanti si affidassero agli orafi per custodire l’oro che ricavavano e utilizzavano per i loro commerci. I mercanti depositavano l’oro presso gli orafi e gli orafi rilasciavano ai mercanti una ricevuta che attestava l’avvenuto deposito di una certa quantità d’oro. Di solito questa ricevuta si chiamava “nota di banco” perché veniva siglata sul banco dell’orafo. Quando poi ai mercanti serviva l’oro per effettuare un pagamento non dovevano far altro che ritornare con la nota di banco dall’orafo-custode presso cui avevano fatto un deposito e riprendersi una parte o tutto il gruzzolo depositato. Un elemento importante della nostra storia è il seguente, l’oro è una merce fungibile. Questo significa che l’oro che veniva restituito al mercante non era necessariamente lo stesso che lui aveva depositato. Di fatto, l’orafo-custode all’atto di presentazione della nota di banco doveva solo restituire la quantità di oro riportata sulla nota e non lo “stesso” oro che era stato a suo tempo depositato.

Un passo importante nella nascita della banca si ebbe quando, a un certo punto, un mercante toscano e uno fiammingo di cui non conosciamo i nomi ma a cui un po’ tutti dovremmo essere grati si saranno accordati nei termini seguenti.

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Jan Gossaert, «Ritratto di un banchiere (o di un mercante)», 1530 ca. [National Gallery of Art, Washington]

Il mercante toscano avrà proposto al fiammingo di recarsi a Bruges per acquistare delle

merci non portando con sé l’oro per il pagamento ma semplicemente una nota di banco che attestava l’avvenuto deposito presso un orafo-custode. Il pagamento sarebbe avvenuto semplicemente “girando” la nota di banco al mercante fiammingo cosicché quest’ultimo sarebbe diventato automaticamente il titolare del diritto a riscuotere l’oro presso l’orafo-custode. L’operazione commerciale sarebbe così diventata più semplice eliminando i rischi connessi al trasporto dell’oro.

Perché mai il mercante fiammingo avrebbe dovuto accettare questa proposta? Chi gli assicurava che un giorno avrebbe riscosso il suo oro? In effetti, nessuno poteva fornirgli questa assicurazione. Tuttavia, la fiducia generata da anni di relazioni commerciali tra i due e la reputazione dell’orafo-custode di disporre di buoni forzieri nonché di essere un galantuomo rispettoso degli impegni firmati avranno indotto il commerciante fiammingo a ritenere che avrebbe riscosso il suo oro con una elevata probabilità. Quando il mercante fiammingo accetta la proposta del suo collega toscano nasce allora qualcosa che assomiglia molto al moderno assegno bancario. La nota di banco viene accettata per regolare un pagamento; l’oro smette di circolare e, in sua vece, circolano pezzi di carta che attestano un deposito di oro presso un orafo-custode. D’altra parte, il mercante fiammingo a cui è stata girata la nota di banco non ha affatto necessità di recarsi presso l’orafo-custode per riscuotere il suo oro ma può successivamente girarla in futuro quando verrà in Italia a compare tessuti. Ancora una volta, se la nota di banco riporta la firma di un orafo-custode di riconosciuta affidabilità, chiunque in Italia accetterà di vendergli tessuti in cambio della girata. Abbiamo scoperto come sono nati gli assegni ma abbiamo anche scoperto come è nata la banca? Ovvero, possiamo dire che gli orafi-custodi sono diventati banche? La risposta a questa domanda è negativa. Gli orafi-custodi ricevono depositi in oro ma, a questo punto della nostra storia, non svolgono ancora le altre due funzioni che sono tipiche della banca: il prestito di denaro e la creazione di moneta. Infatti, la prima banca nacque quando uno degli orafi-custode si sarà accorto che, una volta depositato, l’oro raramente lasciava i propri forzieri in quanto gli scambi commerciali venivano

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finanziati attraverso le girate delle note di deposito. Insomma, la titolarità dell’oro passava da una mano all’altra ma fisicamente l’oro rimaneva fermo nei forzieri. Questo orafo-custode diventa una proto-banca nel momento in cui avrà avuto l’idea di prestare a terzi, contro pagamento di un interesse, una certa quantità di oro che custodiva nei suoi forzieri e che, per definizione, non era di sua proprietà. La ragionevole certezza che non tutti i titolari avrebbero chiesto la restituzione del loro oro contemporaneamente lo autorizzava a concedere una parte di quell’oro a prestito.

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Armando Spadini, Bambini che studiano Collezione d’arte della Banca d’Italia

Spadini è descritto come l'unico artista italiano contemporaneo degno di stare alla pari degli impressionisti francesi, quasi un Renoir italiano, con qualche accento ripreso da Degas. La pittura di Spadini è sempre fluida, preziosa di impasti, colma di una sensualità che con grande evidenza arriva a trasformarsi in rappresentazioni sensibili e intense della realtà . In questo contesto Bambini che studiano è opera di particolare rilievo. I due bambini appoggiati a un tavolo sono intenti a scrivere. La piccola con il capo leggermente inclinato, volge uno sguardo attento a ciò che il compagno scrive sul foglio. Un colore pastoso e delicato costruisce l'immagine proponendo un taglio frontale e quasi fotografico: addolcito tuttavia dall'invenzione affettuosa del soggetto. Una luce calda e morbida accarezza i fanciulli accendendo l'oro dei capelli e riflettendosi sulla pelle rosata dei loro volti intenti. L'impasto tenero e duttile della tavolozza suggerisce emozioni gentili, intonate alla grazia ed eleganza della scena.