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il ritorno del lupo in liguria
PERCHE’ UN LIBRO SUL LUPO IN LIGURIA? Le motivazioni alla base della realizzazione di questo volume risiedono nelle risposte alle due domande che seguono: - Perché è importante il lupo? - Perché è importante un libro sul lupo?
La risposta alla prima domanda può essere semplice e complessa allo stesso tempo. Il lupo è probabilmente la specie animale che ha più influenzato l’immaginazione dell’uomo.
E’ una delle specie più emblematiche, oggetto di pregiudizi e di una fama, anche simbolica, quasi sempre negativa. Era il simbolo del male, “il lupo cattivo” delle favole, l’espressione delle ancestrali paure dell’uomo, l’incarnazione del diavolo.
Il suo sterminio è avvenuto con ogni mezzo disponibile: armi, tagliole, bocconi avvelenati.
Le ricerche scientifiche hanno dimostrato che il lupo non è così “cattivo” come si riteneva, ma che svolge invece un ruolo molto importante in natura.
E’ un elemento di eccellenza faunistica ed un marchio di qualità per un territorio; la sua protezione favorisce la conservazione dell’ecosistema e delle caratteristiche naturali.
E’ molto importante dal punto di vista ecologico in quanto è un predatore, e come tale contribuisce al controllo e alla regolazione della componente animale dell’ecosistema. Svolge un ruolo positivo anche nei confronti delle specie predate, eliminando soprattutto individui vecchi e malati, contribuendo quindi a mantenere in buona salute le popolazioni delle prede stesse.
La sua presenza può inoltre evitare sovrappopolazioni di alcune specie, come ad esempio cinghiali ed altri ungulati, che provocano danni ingenti alle colture.
Per questi motivi da diversi anni il lupo rientra nell’elenco delle specie che godono di massima protezione, come stabiliscono la Convenzione di Berna e la Direttiva Habitat, a livello internazionale, e la Legge 157/1992, a livello nazionale
All’inizio degli anni Settanta il lupo era ormai ridotto a pochi esemplari confinati nell’Italia Centrale e Meridionale, ma nell’arco di 30 anni esso è riuscito a ricolonizzare l’arco alpino, dove era scomparso da circa un secolo, risalendo la penisola e utilizzando lo stretto corridoio ecologico del crinale appenninico della Liguria. Nella metà degli anni Ottanta questa specie è quindi ricomparsa nell’Appennino Ligure, in cui si era estinta da diversi decenni
IL RITORNO DEL LUPO IN LIGURIA ED IL PROGETTO REGIONALE
Il ritorno del lupo ha suscitato opinioni e sentimenti contrastanti.
Da un lato soddisfazione per questa ritrovata presenza, indice di biodiversità e di salute dell’ambiente.
Dall’altro preoccupazione degli allevatori, antagonismo dei cacciatori, e timore, pur ingiustificato, degli abitanti dell’entroterra.
Per questi motivi la Regione Liguria ha avviato un Progetto Regionale, per studiare tutti gli aspetti, scientifici e socioeconomici, legati al suo ritorno, ed i conflitti con le attività economiche dell’entroterra, in particolar modo quelle legate agli allevamenti.
Una delle attività previste è quella dell’informazione e della comunicazione, molto importanti, a vari livelli:
amministratori e funzionari pubblici devono disporre di strumenti conoscitivi oggettivi a sostegno delle decisioni.
allevatori di bestiame devono essere informati bene, smentendo con dati oggettivi false informazioni e devono conoscere le possibili forme di prevenzionee di risarcimento dei danni.
abitanti delle zone montane hanno il diritto ad essere informati sulla presenza dei lupi e sul fatto che non sono pericolosi per l’uomo, che anzi evitano, a differenza dei cani vaganti, spesso aggressivi e pericolosi.
cittadini ed escursionisti devono poter conoscere in modo corretto i dati sulla presenza del lupo nelle aree frequentate: l’unica fonte è sempre stata costituita da articoli di giornale legati a fatti di cronaca, con commenti spesso poco corretti
Il libro intende quindi fornire un’informazione corretta:
sulle caratteristiche della specie Canis lupus,
sulle fasi della ricolonizzazione del territorio ligure,
sulla consistenza e sulla distribuzione attuale e
su tutti gli aspetti storici, culturali, sociali ed economici legati alla sua presenza, analizzando inoltre le azioni e gli interventi per ridurre i conflitti, legati soprattutto all’impatto sulla zootecnia. E’ un’opera divulgativa che, pur basandosi sul rigore scientifico, può essere utilizzata non solo da ricercatori, ma anche da altre categorie di addetti ai lavori e da un pubblico più vasto.
Il lupo (Canis lupus) è un mammifero predatore un tempo distribuito in tutto l’emisfero boreale; l’areale originario comprende cioè i continenti nordamericano ed eurasiatico
Il lupo ha l'aspetto di un cane robusto, con testa massiccia e larga, orecchie dritte, triangolari a base larga, non lunghe quanto quelle di un pastore tedesco, occhi rotondi gialli. Il corpo è slanciato, con zampe lunghe, torace ampio e fianchi stretti; il collo massiccio ha una muscolatura molto sviluppata, rispetto a quella di un pastore tedesco.
Le abitudini notturne ed il timore nei confronti dell’uomo rendono molto difficile l’incontro diretto. È molto più facile imbattersi in segni di presenza indiretti, come impronte, escrementi, tracce di urina e, più raramente, ciuffi di pelo e carcasse di lupi morti.
Le orme, simili a quelle di un grosso cane, devono essere osservate lungo un percorso di una certa lunghezza. Quelle del lupo sono infatti allineate, mentre nei cani si trovano ai lati di una immaginaria linea centrale.
Gli individui del branco avanzano inoltre in fila indiana (tranne in fase di caccia o perlustrazione del territorio) posando le zampe sulle orme del capofila.
La struttura sociale Il lupo è il Canide con il più alto livello di socialità, che si manifesta attraverso la vita nel branco Le dimensioni di un branco sono variabili, in funzione delle condizioni ecologiche, ma soprattutto della disponibilità di prede, che influenza natalità e sopravvivenza.
Il territorio occupato da un branco varia in base alla disponibilità di prede. In Nord America è ad esempio compreso tra 80 e 2.500 km2, mentre in Italia può variare tra 120 e 200 km2.
In Italia un branco è composto da un minimo di 2 individui a un massimo di 7. Le dimensioni del branco possono comunque variare nel tempo, in senso positivo per nuove nascite o in senso negativo, per mortalità o dispersione.
Nel branco esiste una precisa gerarchia, al cui vertice è situata la coppia alfa.
Ad essi seguono i membri subdominanti, cioè i giovani nati negli anni precedenti, quindi i lupi di un anno e infine i cuccioli.
Talvolta è presente un individuo omega, che vive ai margini del branco, occupando la posizione sociale più bassa.
Le coppie alfa sono di solito monogame, ma un lupo alfa può talvolta accoppiarsi con un individuo meno importante gerarchicamente.
La maturità sessuale viene raggiunta intorno ai 2 anni. La riproduzione avviene una volta l'anno, ma può non aver luogo in caso di scarsità di cibo. Alle nostre latitudini le femmine vanno in estro tra Gennaio e Marzo. La gestazione dura 63 giorni. Per partorire viene scavata una tana in zone a basso disturbo antropico. Nascono da 3 a 6 cuccioli sordi e ciechi, di circa 500 g; a 2 settimane di età aprono gli occhi, vengono nutriti per circa un mese con il latte materno ed in seguito anche con cibo rigurgitato. Sono in grado di mangiare da soli all'età di 40 giorni, dopo un mese possono seguire la madre a caccia e alla fine del primo inverno sono in grado di cacciare indipendentemente.
La mortalità è molto elevata e non tutti i giovani superano il primo anno di vita. Circa il 60% muore a causa di diversi fattori (carenza di cibo, malattie, opera dell’uomo).
In Italia il lupo presenta densità di 1-3 individui/100 km2. A causa della forte competizione nel branco, gran parte dei lupi subadulti, in età riproduttiva (22-24 mesi) iniziano a disperdersi, alla ricerca di un nuovo territorio dove potersi riprodurre.
Questo fenomeno di “dispersione” favorisce l’espansione della specie.
La vita media è di circa 12 anni.
Il lupo è un carnivoro predatore, le cui prede sono principalmente ungulati selvatici, ma è anche un animale molto versatile, che sa adattarsi a diverse condizioni ambientali; la sua dieta è quindi varia e dipende opportunisticamente dalle disponibilità di cibo.
Altre prede tipiche sono piccoli mammiferi (arvicole, ratti, ecc.), lepri, ed anche bestiame incustodito.
In mancanza di cibo può attraversare anche periodi di digiuno (fino a due settimane), accontentandosi di pasti a base di bacche, frutta ed altri vegetali, invertebrati e micromammiferi.
Negli ultimi decenni l’aumento degli ungulati selvatici ha favorito un’ecologia alimentare più naturale, aumentando la probabilità di reperire prede selvatiche.
Il lupo attacca solo se ha fame.
Acquattato tra la vegetazione, attende il momento propizio per colpire: dopo uno scatto fulmineo, insegue la preda su terreno piano o in discesa, difficilmente in salita. I primi 100 m sono decisivi, e se fallisce abbandonerà l’inseguimento. La preda viene azzannata alla gola, meno frequentemente alle cosce, e mangiata sul posto; il capobranco mangia sempre per primo.
La comunicazione In una specie ad alta socialità come il lupo la comunicazione tra i membri del branco riveste un’importanza fondamentale. Essa avviene attraverso una complessa serie di comportamenti ed atteggiamenti che implicano principalmente la postura del corpo e la mimica facciale, ma che si basano anche su una serie di segnali visivi, olfattivi ed acustici.
In Italia il lupo era diffuso ovunque, tranne in Sardegna, fino alla metà dell’800, quando lo sterminio ne determinò il rapido declino. Sull’arco alpino fu eliminato intorno agli anni ‘20 ed in Sicilia negli anni ’40 del ‘900. In quel periodo, nonostante le uccisioni, era ancora diffuso negli Appennini, ma tra gli anni ‘50 e ‘70 si ridusse a pochi individui, sparsi sui monti dell’Italia centro-meridionale, rischiando l’estinzione.
A partire dagli anni ‘80, grazie a norme di protezione, sensibilizzazione, abbandono delle zone montane e aumento della selvaggina, è iniziata una lenta ripresa e la progressiva ricolonizzazione dell’areale. Nei primi anni ‘80 si stimavano già 220-240 individui, negli anni ‘90 circa 400 ed oggi si ritiene che abbiano raggiunto il numero di almeno 500-600 o, secondo alcuni, 800-1.000 individui.
In poco più di 20 anni, da pochi nuclei residui, la popolazione di lupo italiano si è così espansa e distribuita nuovamente lungo gli Appennini, raggiungendo le Alpi Occidentali. E’ importante sottolineare che in Italia e in Europa non sono mai state condotte iniziative di reintroduzione e ripopolamento in natura. Le analisi genetiche, eseguite nel corso degli ultimi decenni sugli esemplari rinvenuti morti e su campioni di pelo, urina ed escrementi, hanno infatti dimostrato che la ricolonizzazione dell’arco alpino italiano, francese e svizzero è opera del lupo appenninico.
Lo studio scientifico del lupo si svolge in gran parte in maniera indiretta, a causa della forte elusività e del ridottissimo numero di individui, che rendono molto difficile o improbabile un suo incontro diretto.
Il monitoraggio permette di capire se il lupo è presente, se la sua presenza è stabile o occasionale, l'entità dei danni che produce (attacchi al bestiame), quali o quanti nuclei riproduttivi ci sono, quanti individui transitano sul territorio.
I metodi di studio più utilizzati sono:
monitoraggio tramite transetti, ululati indotti (wolf-howling), radiocollari (radio-tracking), fototrappole, reperimento di tracce sulla neve (snow-tracking), analisi di escrementi e predazioni analisi genetiche.
Progetto Lupo Piemonte – Regione Piemonte
F4
M1
M6
F3
M5 F7
M1 F3
F26 F31 F19 F7 F20
Branco della Valle Pesio
1999/2000
2000/2001
2001/2002
2002/2003
M23 F19
M1 F3
F7 M24 F20
2001/2002
2002/2003
F21?
F22 M07
M18
F11
F06
F19 F08 M09 F12
W589
M18
W590
F06
F04 F05 F08 M09
M14
Branco di Bardonecchia
STORIA SOCIALE INDIVIDUALE
M32 F7
F45 M50 F3 M25
Branco dell’Alta Valle Stura
2002/2003
M53
M12 F13
M42 F54
Branco Bassa Valle Stura
2003/2004 M36 F8
F44
M25
F8
M1 F3
FRANCIA
SVIZZERA
ITALIA
M15
F37
F46
F30
M66
F31
F19
DISPERSIONE
Progetto Lupo Piemonte – Regione Piemonte
La difficile convivenza con l’uomo
Nessun mammifero in Italia è mai stato perseguitato ed odiato quanto il lupo. Il lupo non piace ai cacciatori, che lo considerano un competitore, agli allevatori, perché provoca danni al bestiame, agli “animalisti” perché è un predatore che si ciba di giovani ungulati, all'opinione pubblica male informata perché costituirebbe un pericolo per l'incolumità degli escursionisti, e piace poco anche ad alcuni funzionari ed amministratori, che lo considerano uno dispendioso e scomodo argomento da gestire.
Il lupo è uno degli animali che hanno più stimolato la fantasia, alimentando favole, miti e leggende.
La persecuzione e lo sterminio operati nei confronti del lupo, accentuata durante il Novecento in concomitanza con l’aumento demografico, l’espansione delle attività umane e la modificazione degli habitat, sono comunque avvenuti principalmente a causa della sua azione predatoria nei confronti del bestiame. La possibilità che questa specie possa essere aggressiva e pericolosa nei confronti dell’uomo è praticamente remota. Tutti gli incontri tra lupo e uomo si concludono infatti sempre con la fuga dell’animale
Lupo ed attività zootecniche
La presenza del lupo può costituire un problema per gli allevatori, in quanto costituisce un pericolo per la loro attività.
Le specie domestiche più vulnerabili sono pecore e capre, per la taglia ridotta e per il comportamento di fuga, che favorisce l’attacco e, in minor misura, giovani bovini ed equini.
I danni, pur potendo risultare rilevanti per un singolo allevamento che abbia subito un attacco, sono su scala generale di scarsa entità. Le amministrazioni pubbliche, i ricercatori, i parchi e le associazioni sono impegnati a gestire la convivenza di questo predatore con gli allevatori ed esistono forme di indennizzo per chi ha subito danni causati da lupi.
Siccome fino ai primi anni Ottanta il territorio ligure non era più frequentato da grandi predatori, i pastori liguri non pensavano più a questa possibile causa di perdita di capi e quindi non esercitavano alcun controllo, né forme di prevenzione, e gli animali domestici venivano lasciati in totale libertà.
I pastori e allevatori attuali, (ma anche il bestiame) si sono, per così dire, “abituati” molto velocemente a questa nuova situazione, dimenticando la secolare convivenza e conflitto tra predatori e prede che quotidianamente si presentava ai pastori di un tempo; di conseguenza essi si sono dimenticati anche tutte quelle forme di prevenzione che si attuavano per la conservazione del gregge.
È ovvio che il pascolo brado sia più rischioso per il bestiame, che risulta più vulnerabile agli attacchi dei lupi e dei cani randagi, al pari degli ungulati selvatici. Però, mentre questi ultimi conoscono i meccanismi naturali di difesa dai predatori, il bestiame li ha dimenticati nel corso del lungo processo di domesticazione, divenendo una preda più facile. Il lupo vede nel bestiame una valida alternativa agli animali selvatici, in quanto gli è più facile catturare una pecora od un vitello, disponibili spesso in gran numero sui pascoli, che predare la più malata o debilitata delle prede selvatiche. Sembra però che in un territorio in cui il predatore sia presente da anni si riscontrino meno danni al bestiame domestico, rispetto alle aree di nuova colonizzazione.
Purtroppo la presenza del lupo costituirà sempre una minaccia per il bestiame, nonostante gli Enti preposti possano adottare iniziative per rendere possibile la convivenza.
È tuttavia importante che anche i pastori adottino e seguano idonee procedure per la gestione del bestiame.
È quindi fondamentale una corretta informazione agli allevatori sulle modalità, sui costi e sugli scopi della prevenzione, che dovrebbe essere attuata rigorosamente:
oltre all’utilizzo di cani da pastore, che si è dimostrato uno dei metodi più efficaci, si potrebbero anche adottare norme che incentivino la presenza del pastore al pascolo, oppure l'uso di recinzioni elettrificate.
Infine, siccome molte predazioni sul bestiame sono attuate da cani randagi e inselvatichiti, la tempestiva segnalazione da parte dell'allevatore di un capo ucciso è importante affinché i tecnici possano stabilire se l’uccisione sia stata determinata da cane o da lupo.
I cani da pastore hanno costituito da sempre uno strumento di difesa fondamentale per la tutela del bestiame, e un efficace deterrente alle predazioni, essendo in grado di respingere gli attacchi.
È ormai stato infatti ampiamente dimostrato che greggi custodite da cani sono soggette a danni trascurabili rispetto a quelle incustodite.
Sono state selezionate nel tempo numerose razze di cani addestrati allo scopo, ma le più antiche sembrano essere originarie dell’Asia e successivamente introdotte in Europa da pastori nomadi, circa 5000 anni fa.
In Italia si è dimostrato particolarmente efficace il pastore maremmano abruzzese, non solo nei confronti dei lupi, ma anche dei cani vaganti.
Il problema dei cani vaganti è serio, a vari livelli: incolumità pubblica, aspetti igienico-sanitari, danni alle attività zootecniche ed al patrimonio faunistico naturale.
L’opinione pubblica non sembra però percepirne la gravità ed anche i media se ne interessano solamente nei casi di attacco all’uomo.
Oltre 25 anni fa il numero stimato in Italia era di 850.000, ma ora è molto aumentato. Negli stessi anni il numero di lupi in Italia era stimato in circa 400-500 individui, quindi con un rapporto di un lupo per 2.000 cani vaganti.
Essi esercitano un forte impatto sulla zootecnia, sia per il loro grande numero, sia perché ogni loro attacco al bestiame provoca un numero circa doppio di vittime rispetto ad un attacco di lupi. Questi sono infatti cacciatori molto più abili e selezionano le prede, uccidendo solo quelle necessarie. Il lupo però viene ingiustamente ritenuto responsabile di tutte le predazioni di bestiame e di fauna selvatica
Il bracconaggio è probabilmente la principale causa di mortalità del lupo in Italia.
Si ritiene che annualmente venga abbattuta una percentuale variabile tra il 10 e il 20% della popolazione complessiva di lupo.
Nonostante la diffusione del fenomeno, non si conosce ad oggi alcuna condanna di bracconaggio sul lupo.
È vero che, grazie alla protezione in atto dai primi anni Settanta, la popolazione di lupo in Italia si è leggermente ripresa, ma con l'aumento del numero di lupi, è anche aumentato il numero di esemplari uccisi.