il rinnovamento della galleria estense di modena...di modena, la cui firma, insieme alla data del 20...

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rinvenuti importantissimi reperti romani: un fram- mento di pavimento di epoca tardo-repubblicana in laterizio con rosette a croce bianco-nere e tracce murarie del periodo imperiale (fig. g). Nel battistero sono state scoperte, durante gli scavi, alcune basi quadrate di su cui dovevano appoggiare le strutture verticali di un posteriore edificio sacro romanico. Allineate con queste si rilevano sul- l'attuale parete ovest del battistero elementi apparte- nenti ad una ricostruzione dell'edificio intorno al X-XI secolo, quali un pilastro con archi, piccole monofore ed una muratura a ciottoli di fiume disposti irregolar- mente a spina di pesce. Sono stati rimessi in luce an- cora tracce di intonaco decorato sulla parete e fram- menti di mosaico a tessere bianco-nere sul pavimento. Dalla di alcune sottili paraste, sulle pareti del battistero si individua inoltre il tentativo di zazione di un ulteriore progetto, poi interrotto dalla muraria trecentesca, caratterizzata da pilastri polistili e dalla cupola curvata. La minaccia di crollo di questa volta, nella seconda metà del XVI secolo, determinò l'abbattimento di una scarsella esagonale, ubicata ad oriente e la succes- siva della parete di tamponamento, con- servata sino ad oggi. All'esterno, infatti, sono state ri- trovate le fondazioni e parte della muratura rovinata. Con i successivi finanziamenti, che si otterranno dal Superiore Ministero, si potranno nel prossimo anno concludere i lavori di scavo, di restauro e di sistema- zione architettonica del complesso dei Ss. Giovanni e Reparata. La di un solaio e la messa in opera di opportune scale, permetteranno di scen- dere dalla Chiesa nel sottosuolo, dove un percorso in- cassato consentirà il tra i resti della sotto- stante basilica; la di strutture sospese sui ritrovarnenti del battistero, farà inoltre vedere dall'alto i notevoli reperti archeologici. Verrà cosi restituito alla comunità lucchese, un ec- cezionale edificio monumentale che certamente arric- chirà il patrimonio storico-architettonico meritando nell'elenco un posto di primissimo piano. GIOVANNA PIANCASTELLI POLITI IL RINNOVAMENTO DELLA GALLERIA ESTENSE DI MODENA (tg68-1975) Il 4 maggio 1975, alla presenza del Ministro dei Beni Cu1turati e Ambientali prof. senatore Giovanni Spadolini, veniva inaugurata a Modena la nuova si- stemazione della Galleria Estense, completamente risanata, ammodernata e dotata di efficienti servizi, dopo un lavoro quasi settennale ed una spesa di oltre miliardo a totale carico dello Stato. La Galleria Estense, passata sotto il controllo dello Stato nel t88g, 1 > raccoglie, com'è noto, quella parte delle ricchissime collezioni che, al momento dell'espa- trio, i duchi avevano lasciato alla città. Benché adibito fin dal z862 ad usi militari, il Palazzo Ducale continuò ad ospitare ancora per molti anni le raccolte. Il loro sfratto dalla sede storica si compì nel r88o in conse- guenza delle accresciute esigenu della Scuola mili- tare che vi si era istallata. 2 > In attesa di una nuova sistemazione, le opere d'arte, dopo essere state incas- sate, vennero collocate in parte nei depositi comunali, in parte nel Museo Civico, allora allogato in alcuni ambienti del fabbricato del convento di S. Bartolo- La scelta della nuova sede cadde sull'attico dello attuale Palazzo dei Musei, (fig. x) che il Comune acquistò nel 1883 dalla Congregazione di Carità 4) con l'ambizioso progetto di sistemarvi, oltre alla Galleria, i più importanti istituti culturali modenesi, e in primo luogo la Biblioteca Estense. s> Costruito tra il 1764 e il 1767 per iniziativa di Francesco III dall'architetto ducale Pietro Termanini, 6) il palazzo era servito prima come " Grande Albergo dei Poveri , e suc- cessivamente come " Albergo Arti 111 quando, dal 1788 in poi. Ercole III lo aveva adibito a scuola d'arte e mestieri. ?l Terminati sotto la supervisione di Adolfo Venturi, Direttore dei Musei del Regno, i necessari lavori di e di adattamento, la nuova sede della Galleria Estense fu solennemente inaugurata la domenica del 3 giugno del 1894· 8) I lavori furono condotti a cura del Comune sotto la direzione del locale Assessore ai Lavori Pubblici Ing. Vincenzo Maestri. È molto probabile che la progettazione fosse opera di Alfonso Parenti, ingegnere capo del Comune di Modena, la cui firma, insieme alla data del 20 gen- naio x8go, appare in calce ad alcuni disegni relativi alla costruzione della Galleria conservati nell'Archi- vio Storico Comunale. (figg. 2, 3, 4). Essi recano anche il timbro del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che li visionò per g) L' all'ultimo piano dette la possibilità di una dall'alto mediante lucernari. Ne risultò un complesso ambientale decoroso, museo- graficamente abbastanza valido, monumentale nelle proporzioni, semplice ed unitario nella pianta, con la serie dei quattro saloni e i due grandi corridoi perife- rici. L'appassionato interesse che il Venturi portava alla di un materiale tanto prezioso che egli conosceva come nessun altro - e ne fa fede il suo volume del x882, La Galleria Estense in Mode- na lo) - e la modernità delle sue vedute anche in fatto di museografia - testimoniate dal verbale tuttora inedito di un sopralluogo n) effettuato il 18 dicem- bre del x8gx dal "Direttore dei Musei del Regno ai lavori dei locali della Nuova Pinacoteca, - fanno ritenere molto probabile che fosse il risultato di un suggerimento del Venturi anche l'impostazione ge- nerale della pianta - tuttora validissima - della quale i recenti interventi hanno ripristinato ed evi- denziato l'originario disegno. La nuova sistemazione era tuttavia viziata da difetti di fondo, purtroppo ineliminabili, di cui l'evolversi del gusto e delle esigenze museografiche non ha fatto che mettere in la gravità: intendo l'insuffi- cienza dello spazio, che costrinse gli ordinatoci ad una drastica scelta delle opere da esporre, e la faticosa ·accessibilità. Dal 18g4 ad oggi sono passati più di 8o anni e si sono succeduti nella Galleria, senza contare l'ultimo, tre interventi museografici. Il primo, compiuto al- l'atto del trasferimento del materiale nella nuova sede, fu opera di Aldofo Venturi e di Giulio Canta- lamessa direttore dal x8g3 al 1924. Per la sua cono- 297 ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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Page 1: IL RINNOVAMENTO DELLA GALLERIA ESTENSE DI MODENA...di Modena, la cui firma, insieme alla data del 20 gen naio x8go, appare in calce ad alcuni disegni relativi alla costruzione della

rinvenuti importantissimi reperti romani: un fram­mento di pavimento di epoca tardo-repubblicana in laterizio con rosette a croce bianco-nere e tracce murarie del periodo imperiale (fig. g).

Nel battistero sono state scoperte, durante gli scavi, alcune basi quadrate di fonda~ione su cui dovevano appoggiare le strutture verticali di un posteriore edificio sacro romanico. Allineate con queste si rilevano sul­l'attuale parete ovest del battistero elementi apparte­nenti ad una ricostruzione dell'edificio intorno al X-XI secolo, quali un pilastro con archi, piccole monofore ed una muratura a ciottoli di fiume disposti irregolar­mente a spina di pesce. Sono stati rimessi in luce an­cora tracce di intonaco decorato sulla parete e fram­menti di mosaico a tessere bianco-nere sul pavimento.

Dalla prese~ di alcune sottili paraste, sulle pareti del battistero si individua inoltre il tentativo di reali~­zazione di un ulteriore progetto, poi interrotto dalla ristruttur~ione muraria trecentesca, caratterizzata da pilastri polistili e dalla cupola curvata.

La minaccia di crollo di questa volta, nella seconda metà del XVI secolo, determinò l'abbattimento di una scarsella esagonale, ubicata ad oriente e la succes­siva real®~ione della parete di tamponamento, con­servata sino ad oggi. All'esterno, infatti, sono state ri­trovate le fondazioni e parte della muratura rovinata.

Con i successivi finanziamenti, che si otterranno dal Superiore Ministero, si potranno nel prossimo anno concludere i lavori di scavo, di restauro e di sistema­zione architettonica del complesso dei Ss. Giovanni e Reparata. La ricostru~ione di un solaio e la messa in opera di opportune scale, permetteranno di scen­dere dalla Chiesa nel sottosuolo, dove un percorso in­cassato consentirà il passag~io tra i resti della sotto­stante basilica; la reali~zaztone di strutture sospese sui ritrovarnenti del battistero, farà inoltre vedere dall'alto i notevoli reperti archeologici.

Verrà cosi restituito alla comunità lucchese, un ec­cezionale edificio monumentale che certamente arric­chirà il patrimonio storico-architettonico n~ionale, meritando nell'elenco un posto di primissimo piano.

GIOVANNA PIANCASTELLI POLITI

IL RINNOVAMENTO DELLA GALLERIA ESTENSE DI MODENA

(tg68-1975)

Il 4 maggio 1975, alla presenza del Ministro dei Beni Cu1turati e Ambientali prof. senatore Giovanni Spadolini, veniva inaugurata a Modena la nuova si­stemazione della Galleria Estense, completamente risanata, ammodernata e dotata di efficienti servizi, dopo un lavoro quasi settennale ed una spesa di oltre mez~o miliardo a totale carico dello Stato.

La Galleria Estense, passata sotto il controllo dello Stato nel t88g, 1> raccoglie, com'è noto, quella parte delle ricchissime collezioni che, al momento dell'espa­trio, i duchi avevano lasciato alla città. Benché adibito fin dal z862 ad usi militari, il Palazzo Ducale continuò ad ospitare ancora per molti anni le raccolte. Il loro sfratto dalla sede storica si compì nel r88o in conse­guenza delle accresciute esigenu della Scuola mili-

tare che vi si era istallata. 2> In attesa di una nuova sistemazione, le opere d'arte, dopo essere state incas­sate, vennero collocate in parte nei depositi comunali, in parte nel Museo Civico, allora allogato in alcuni ambienti del fabbricato del convento di S. Bartolo­meo.:~>

La scelta della nuova sede cadde sull'attico dello attuale Palazzo dei Musei, (fig. x) che il Comune acquistò nel 1883 dalla Congregazione di Carità 4) con l'ambizioso progetto di sistemarvi, oltre alla Galleria, i più importanti istituti culturali modenesi, e in primo luogo la Biblioteca Estense. s> Costruito tra il 1764 e il 1767 per iniziativa di Francesco III dall'architetto ducale Pietro Termanini, 6) il palazzo era servito prima come " Grande Albergo dei Poveri , e suc­cessivamente come " Albergo Arti 111 quando, dal 1788 in poi. Ercole III lo aveva adibito a scuola d'arte e mestieri. ?l

Terminati sotto la supervisione di Adolfo Venturi, Direttore dei Musei del Regno, i necessari lavori di sopraelev~ione e di adattamento, la nuova sede della Galleria Estense fu solennemente inaugurata la domenica del 3 giugno del 1894· 8) I lavori furono condotti a cura del Comune sotto la direzione del locale Assessore ai Lavori Pubblici Ing. Vincenzo Maestri. È molto probabile che la progettazione fosse opera di Alfonso Parenti, ingegnere capo del Comune di Modena, la cui firma, insieme alla data del 20 gen­naio x8go, appare in calce ad alcuni disegni relativi alla costruzione della Galleria conservati nell'Archi­vio Storico Comunale. (figg. 2, 3, 4). Essi recano anche il timbro del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che li visionò per l'approv~ione. g)

L' ubica~ione all'ultimo piano dette la possibilità di una illumi~ione dall'alto mediante lucernari. Ne risultò un complesso ambientale decoroso, museo­graficamente abbastanza valido, monumentale nelle proporzioni, semplice ed unitario nella pianta, con la serie dei quattro saloni e i due grandi corridoi perife­rici. L'appassionato interesse che il Venturi portava alla sistema~one di un materiale tanto prezioso che egli conosceva come nessun altro - e ne fa fede il suo volume del x882, La Galleria Estense in Mode­na lo) - e la modernità delle sue vedute anche in fatto di museografia - testimoniate dal verbale tuttora inedito di un sopralluogo n) effettuato il 18 dicem­bre del x8gx dal "Direttore dei Musei del Regno ai lavori dei locali della Nuova Pinacoteca, - fanno ritenere molto probabile che fosse il risultato di un suggerimento del Venturi anche l'impostazione ge­nerale della pianta - tuttora validissima - della quale i recenti interventi hanno ripristinato ed evi­denziato l'originario disegno.

La nuova sistemazione era tuttavia viziata da difetti di fondo, purtroppo ineliminabili, di cui l'evolversi del gusto e delle esigenze museografiche non ha fatto che mettere in evide~ la gravità: intendo l'insuffi­cienza dello spazio, che costrinse gli ordinatoci ad una drastica scelta delle opere da esporre, e la faticosa ·accessibilità.

Dal 18g4 ad oggi sono passati più di 8o anni e si sono succeduti nella Galleria, senza contare l'ultimo, tre interventi museografici. Il primo, compiuto al­l'atto del trasferimento del materiale nella nuova sede, fu opera di Aldofo Venturi e di Giulio Canta­lamessa direttore dal x8g3 al 1924. Per la sua cono-

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scenza rimandiamo al discorso del Cantalamessa il giorno dell'inaugurazione ed alla relazione che ne fece adolfo Venturi in Le Gallerie Nazionali italiane. 12>

Il secondo fu curato dal direttore Serafino Ricci (1924-25), ma anziché migliorarla, peggiorò la situa­zione. Preoccupato soltanto della utilizzazione dello spazio, il Ricd raggruppò i dipinti per scuole, non­curante degli assurdi accostamenti stilistici e tempo­rali che ne conseguivano. Un notevole miglioramento, nel senso dello svolgimento storico del percorso mu­seale, fu rag~iunto con l'intervento del direttore Ro­berto Salviru (1942-1957) che riordinò le opere se­condo un criterio elasticamente cronologico, con di­stinzioni interne in gruppi stilistici, separò i dipinti di dimensioni diverse, raccolse in un unico ambiente le arti minori, sistemò in nuove vetrine i broru;etti e il medagliere. Con appropriati ritocchi la direttrice Augusta Ghidiglia Qumtavalle (1957-1967) provvide a dare maggiore spicco al alcune opere di particolare pregio. 13)

La gravità del problema relativo alla sede della Gal­leria s'impose all'attenzione della scrivente fin dai primissimi tempi del suo servi2:io modenese (novem­bre rg67). Prescindendo da macroscopiche deficienze, quali la mancanza del riscaldamento e degli impianti igienici, 14) l'insufficienza dell'illuminazione sia diurna che notturna, la paurosa degradauone degli infissi, degli intonaci e dei pavimenti, i difetti più gravi della Galleria erano, come si è detto, la faticosa accessibi­lità e la mancanza di spazio. Se al primo inconveniente si poteva sperare di ovviare, prima o poi, con l'im­pianto di un ascensore, il secondo si presentava pro­prio senza rimedio. L'Albergo Arti, dove il Comune, acquistandolo nel 1883, aveva spavaldamente proget­tato, come si è accennato, di sistemare tutti gli Istituti culturali modenesi di pubblica ragione, era gremito fino all'inverosimile. 15) D'altra parte le opere pittoriche della Galleria Estense collocate nei depositi di palazzo Coccapani 16) erano ben più numerose di quelle espo­ste. E ciò serua contare le collezioni minori, ugual­mente conservate nei depositi: il monetiere, i disegni, le stampe,· le matrici, i sigilli. 17) Una soluzione non poteva essere rinviata. L' optimum sarebbe stato il ritorno nel Palazzo Ducale. In via subordinata, ri­nunciando alla pur legittima e naturale aspira2;ione di ripristinare una situazione storica secolare che le vicende avevano ormai irrimediabilmente ·com pro­messo da quasi cent'anni, si poteva cercare un'altra sede. Ma entrambe le possibilità sono subito risultate irrealizzabili. Niente da fare quanto al Palazzo Ducale. Il Ministero della Difesa, sollecitato anche dal Comu­ne, oppose un reciso rifiuto. E riguardo alla seconda soluzione, essa cadde per l'impossibilità di reperire in Modena un edificio demaniale che rispondesse al minimo dei requisiti necessari.

Così stando le cose, si ripiegò sul partito di miglio­rare la vecchia sede. L'occasione fu offerta dalle au­mentate disponibilità di bilancio della Direzione Gene­rale competente negli anni 1967-68. Si parti all'inizio con il progetto di eliminare le grosse deficierue cui si è accennato, fornendo la Galleria degli indispensa­bili servizi di cui era priva o insufficientemente dotata e migliorando le confuioni della manutenzione, con particolare riguardo ai pavimenti. 18)

Ma fin dalla fase iniziale dei lavori ci si rese conto che - a meno di non incorrere in gravi discordanze -la realizzazione dei singoli interventi non poteva pre-

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scindere da un rin.novo generale delle strutture, del­l'allestimento e dell'ordinamento delle opere. In tal senso pertanto - insieme alle relative ~revisioni fi­nanziarie - vennero orientati gli studi di cui fu dato l'incarico all'architetto Leone Pancaldi. Bisogna per altro ag~iungere che chi scrive ebbe subito chiari fin dall'iniziO i limiti, la natura e le finalità di una siffatta operazione: che doveva mirare non ad una trasforma­zione radicale, ma ad un ammodernamento dell'am­biente, così da adeguarlo alle nuove esigenze museo­grafiche e da valori2:zarne, nello stesso tempo, i note­voli pregi consistenti, come si è detto, nella monu­mentalità delle proporzioni e nell'unità dell'imposta­zione architettonica.

In accordo a siffatti crite.ri, si mantenne il semplice e grandioso disegno dell~ p~nta ~d~ta f~rse. ~a Adolfo Venturi, restituendo anz1 at corndot penfertci, con la demolizione dei tr.amezzi eretti dal Salvini, la loro originaria funzione di gall~ria .di scorri~ento. , De! pari fu conservata ,la succes~Ione m fuga det porta~• ~et saloni, ma la centma che h coronava venne sostituita con una trabeazione rettilinea più consona al nitido rigore del nuovo allestimento. Fu altresì deciso di rispettare lo svolgimento curvi.lineo dei soffitti che conferiva dinamismo ed elasticità al coperto e favori­va la diffusione della luce. In luogo, peraltro, del­l'ampia volta ribassata che, nei saloni, saliva secondo un andamento alquanto incerto dalla so~tà dell~ pareti fino al culmine aperto dalle asole det lucernan (fig. xo) (tre in ogni salone rettangolare; uno in quello quadrato), l'architetto disegnò una curva a rigore di compasso iscritta in un quadrato - modulo geometrico della nuova sistemazione architettonica - e limitata alla fascia perimetrale del coperto(fig. 7).

Il centro del soffitto di ogni sala risulta ora occupato da un'unica grande apertura, quadrata o rettangolare a seconda della forma dell'ambiente (fig. g). Essa sostituisce i vecchi lucernari ampliandone l'estensione. I l raccordo con la curva perimetrale è costituito da un motivo gradinato, modulato anch'esso sul quadrato! anzi, per essere più esatti, sul doppio quadrato. Da1 margini dell'apertura calano i velari in perspex, cal: colati in funzione di una contintùtà luminosa che SI presenta come una radicale innovazione rispetto alla realtà preesistente. T ali velari infatti, montati su leggeri tralicci in alluminio anodizzato, disp?sti a piani degradanti verso il basso, secondo un disegno che ripete inversamente il motivo ascendente del rac­cordo con la volta, filtrano la luce, sia quella diurna, sia quella elettrica, 19) aumentandone l'intensità in ragione non solo dell'ampliamento delle aperture, ma anche dell'abbassamento dell'angolo di incidenza. Condi2:ionata da tali fattori la luce si diffonde in modo così uniforme e morbido che nessun angolo degli am­bienti, per vasti che siano, rimane in ombra, e nessu~ anomalo riverbero si forma sulle superfici degli oggetti esposti come dimostrano i disegni riprodotti che tllu­strano l'andamento dei raggi diretti e riflesst (figg. 7,8). In siffatta situazione ambientale ogni opera d'arte -dipinti, sculture o manufatti delle arti minori - trova il risalto perfettamente adeguato alla propria individ~­lità tecnica ed espressiva. Alla base della volta, m luogo della preesistente rozza cornice in gesso s~­pato, una duplice gradinatura ed un incavo costitUI­scono il collegamento con le pareti, ripetendo il mo­tivo del raccordo con i velari (fig. 14).

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Anche i corridoi periferici erano ongmariamente coperti da volte ribassate a botte, aperte ad intervalli da piccoli lucernari. Qui peraltro la situazione era com­plicata non soltanto dai tramezzi eretti dal Salvini per trasformare i corridoi in una serie di salette (fig. n), ma anche dall' esistenUI di una seconda fonte di luce co­stituita daJJe piccole finestre prospicienti la piazza e da quelle masgiori verso il fianco della chiesa di s. Agostino. Il npristino dell'unità dell'ambiente con la demolizione dei tramezzi e la chiusura interna delle finestre (operazione, quest' ultima, che ha permesso altresl di aumentare notevolmente la superficie espo­sitiva) hanno dato all'architetto la possibilità di ope­rare nei corridoi con gli stessi criteri seguiti nei saloni. Anche qui l'arco della volta viene razionalizzato geo­metricamente sul modulo del quadrato e, ristretto in larghezza, viene limitato alla funzione di raccordo tra la parete esterna e il coperto piano. L'innesto con la parete stessa, al di sotto della curva di raccordo, è segnato dalla fuga di un incavo e di uno sbalzo che ripetono in dimensioni proporzionalmente ridotte il motivo della gradinatura alla base della volta dei saloni. In luogo delle piccole aperture, che prima si susseguivano ad intervalli nel centro del col?erto, l'architetto ha realizzato un unico velario longltudi­nale spostato verso La parete divisoria interna, in cor­rispondenza della cors1a di rosso Alicante che sul pa­vimento segna la direzione del percorso. Dai margini del lucernario calano i velari in perspex che prov­vedono a filtrare e diffondere una luce intensificata dall'ampliamento delle aperture e dall'abbassamento della incidenza in modo analogo che nei saloni (fig. 13).

Il rifacimento dei coperti, condotto secondo una cosi limpida ed unitaria razionalizzazione stilistica, non serve soltanto l'esigenza di migliorare l'illumi­nazione ma corrisponde altresl alle necessità tecniche dell'impianto di riscaldamento, la cui istallazione, auspicata e prevista sin dalla costruzione della Galle­ria, n) era uno dei principali obiettivi dell'iniziativa del suo rinnovamento attuale. Tanto nei saloni che nei corridoi, lungo il perimetro dei velari, dove essi s'innestano con il coperto, corre una larga fessura chiusa da una griglia lineare anch'essa in alluminio anodizzato. È la bocca dalla quale s'immette nell'am­biente il flusso di aria calda umidificata proveniente dagli apparecchi di condizionamento collocati, con le relative canalizzazioni, nel sottotetto. L'aria viene poi ripresa in basso dagli orifizi parimenti grigliati di canali verticali esistenti, come abbiamo visto, sin dalla costruzione della Galleria, u) nello spessore delle pareti. ~ol

Un siffatto rinnovamento delle strutture portò con sé un intervento altrettanto incisivo nell'allesti­mento e nell'ordinamento. Impostato sulla rigida separazione dei generi e sulla sistemazione dei dipinti in base alle loro dimensioni, il vecchio assetto della Galleria obbligava il visitatore ad un percorso tortuoso con ~ontinui andirivieni - attraverso aperture di comodo create nei muri divisori - tra i saloni che accoglievano i dipinti di grande formato e le salette, ricavate dai corridoi periferici, allestite con i dipinti di piccolo formate. Questo procedere a zig zag e gli eterogenei accostamenti stilistici che ne conseguivano, ingeneravano nel visitatore un'idea confusa della effettiva successione dei periodi storici e de!J'evoluzione de!Je scuole artistiche, nonché della reale consistenza

e ripartiZione del patrimonio della Galleria. Nel salone quadrato, ad esempio, che era il primo del vec­chio percorso 2 'l venivano a trovarsi in prossimità quasi immediata il grande polittico degli Erri, dipinto tra il 1462 e il 1466 e l'Assunta di Giacomo e Giulio Francia eseguita probabilmente nel secondo decennio del 'soo: un salto di oltre mezzo secolo, che pregiudi­cava la leggibilità delle opere e nuoceva alla fin;tlità didattica dell'ordinamento.

Nel nuovo ordinamento il percorso si svolge in­nanzi tutto nei grandi corridoi, scanditi ritmicamente da pannel.li pensili a giorno che, applicati ai muri ester­ni del palazzo, articolano il vano senza interromperne l'unità spaziale. Gli scomparti creati dall'inserzione di questi pannelli, si aprono verso l'ampia corsia di rosso Alicante che segna la direzione del percorso, e si svolge ininteuottamente attraverso tutti gli am­bienti della Galleria, pavimentati di grandi lastre (un metro per un metro) di pietra d'Istria chiara mor­bidamente maculata di scuro (fig. 13). In tali scomparti si susseguono le opere dal '200 al '500 - che pe.r la loro fruibilità estetica richiedono un'ambientazione raccolta e dimensioni discrete - secondo un ordine che cerca di contemperare le esigenze della cronologia con quelle degli indirizzi culturali e stilistici. I vasti saloni invece con cui si conclude il percorso museale accolgono le grandi pale del Cinquecento, del Seicento e del Settecento.

L'itinerario ha inizio nel vestibolo, strutturalmente configurato come i corridoi periferici, al quale si ac­cede direttamente dallo scalone. Qui un gruppo di tre vetrine a muro, parzialmente inserite in slanciate nicchie dai bordi gradinati - le quali salendo fino a a raggiungere il raccordo con il soffitto, s'innestano nella struttura architettonica dell'ambiente - ospi­tano alcuni oggetti di arti minori: terrecotte apule, smalti veneziani e limosini, ottoni persiani. Alcuni preziosi marmi classici e due sculture romaniche com­pletano l'allestimento (fig. 12).

Superata la saletta del Bernini, sulla quale torne­remo più oltre, s'imbocca il primo corridoio, quello che si svolge di fianco ai saloni. Qui alla saletta che ospita i fondi oro dal '200 al '400, seguono gli scom­parti dedicati alla pittura della scuola modenese del secolo XV e quelli che ospitano gli artisti veneti, lom­bardi e fiamminghi dello stesso periodo. Nel primo domina il grande e prezioso polittico degli Erri che, nell'ambiente dimensionalmente proporzionato, ac­canto ad opere stilisticamente congeniali (la Madon­na di Cristoforo da Lendinara e il S. Antonio del Tura) trova il risalto adeguato alla rara qualità dei suoi valori. Nel secondo scomparto è raccolta la serie dei Bianchi Ferrari, recentemente arricchita dal­l'acquisto della Crocifissione tra la Maddalena e S. Antonio da Padova ~2l: in tutto, quattro pezzi di estrema rarità e di qualità altissima, tali da confer­mare per il grande artista il prestigio di sommo capo­scuola che gli avevano acutamente attribuito gli illu­minanti studi di Adolfo Venturi.

Percorso il corridoio di testa, che ospita in due grandi scomparti i ferraresi, i modenesi e i reggiani del '500 concludendo La sua fuga prospettica con La parete su cui domina il Francesco I del Velasquez -e superata la saletta d'angolo che raccoglie dipmti del '6oo e del '700 di piccolo formato in prevalenza mode­nesi - s'incontra il settore dedicato a Nicolò del­l' Abate. È un piccolo ambiente nel quale, sotto un sof-

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fitto di Lelio Orsi, già nella rocca di Novellara, le decorazioni dello Stanzino dell'Eneide del grande Modenese, provenienti dal castello di Scandiano, sono sistemate in modo da restituire allusivamente al visitatore l'immaWne dell'originario celebre com­plesso. Completano il settore tre gentili figure di Suo­natrici anch'esse probabilmente provenienti dal ca­stello di Scandiano. 23) La saletta dei pittori stranieri del '500, privilegiata dalla presenza del Trittico del Greco, esposto in una nitida e raffinata vetrina, im­mette nel primo dei quattro grandi saloni. Esso rac­coglie le grandi tele dei Veneti dei secc. XVI e XVII. Nei due successivi sono esposti gli emiliani della stessa epoca, mentre i dipinti italiani delle altre scuole del '500 e del '6oo - lombardi, ~enovesi e napoletani in particolare - sono raccoltt nell'ultimo salone, quello quadrato che immette nel vestibolo, insieme ad uno stupendo gruppo di caravaggeschi.

Per comodità di discorso l'itinerario ha tenuto conto fin qui soltanto dei dipinti, omettendo le sculture e le arti minori che ora sono inserite nella sequenza delle tele e delle tavole secondo agevoli ricorsi storici e stilistici. Alla rigida e meccanica ripartizione del vecchio allestimento che conferiva la massima evidenza ai dipinti, ammassando - salvo poche eccezioni - le sculture e le arti minori in due piccoli ambienti de­gradati, è il caso di dirlo, a funzione di magazzini, :14)

si è venuto così a sostituire un assetto impostato sulla ritmica alternanza dei generi, con il duplice risultato di creare delle pause nella sequenza espositiva dei dipinti e di valorizzare mediante il loro avvicenda­mento le diverse tipologie morfologiche: un assetto che, anziché mortificarla, come nel vecchio allesti­mento, denuncia, nel disegno della pianta e nelle sue elaborazioni strutturali, la peculiarità fondamen­tale della Galleria che consiste nella varietà elitaria dei materiali raccolti.

Oggi le arti minori, associate alle. sculture e ad alcuni bronzetti, rigorosamente scelti, trovano posto in due .ampi vani che, delimitati da tramezzi in muratura piena dal pavimento al soffitto, interrompono a metà il pe.rcorso dei due corridoi, alternandosi agli scom­parti che ospitano i dipinti. Ognuno di tali vani è caratterizzato architettonicamente da gruppi di tre vetrine a muro identiche a quelle del vestibolo. Com­pletano l'arredamento altre due vetrine applicate ai muri divisori che, al pari di quelle innicchiate, accol­gono J>iccoli marmi preziosamente scolpiti, avori e ceramtche, bronzi e vetri, scelti e distribuiti secondo le caratteristiche sia della tecnica e del materiale, sia del periodo e dello stile (fig. 13).

Nei vani che oggi ospitano le arti minori, su basa­menti di pietra d'Istria, la stessa del pavimento, o di quercia greggia lungamente stagionata, sono collocate al.tresl, come si è detto, anche le sculture. Alle sculture più importanti, come il Francesco I del Bernini, Ea mo­numentale Madonna del Begarelli, e la Cerere deJl' An­tico, l'architetto volle affidare la funzione - evidenziata dall'incavo di una nicchia - di termine di fuga delle prospettive (figg. 12, 13, 15), rispettivamente del vesti­bolo, del corridoio laterale e della successione assiale dei portali dei saloni. Altri termini di fughe prospettiche sono serviti per conferire particolare spicco a dipinti famosi, di pregio eccezionale: come il Francesco I del Velasquez, di cui s'è già detto, e il trittico del Greco, sistemato nella preziosa vetrina al termine della serie di ambienti che si susseguono, dopo l'arrivo

del corridoio di testa, lungo il lato sud dell'adiacente salone; infine la Madonna Campori del Correggio, 2 5l l'unica opera del grande artista posseduta dalla Gal­leria, dopo che la sciagurata vendita del 1746 l'ebbe privata delle quattro stupende pale ~6) inviate a Dre­sda. La preziosa tela è collocata su un cavalletto al­l'inizio della corsia di testa, di fronte al Velasquez che ne chiude il fondo e di fianco al gruppo bega­relliano che, montato su una base di vecchia quercia, patinata dalla prolungata stagionatura costituisce la

. monumentale conclusione del corridoio laterale. Spa­zialmente avvicinati i due capolavori emiliani del sec. XVI nella pittura e nella scultura rappresentano il solenne avvio all'arte del pieno Cinquecento che si svolge nei successivi ambienti della Galleria.

Un discorso a parte va fatto per il Francesco I del Bernini e per il modo con il quale l'architetto ha saputo realizzare anche in questo caso il criterio­guida dell' allestimento cioè, l'evidenziamento del particolare nell'armonia del complesso, senza produrre discordanze o, peggio, rottme, ma anzi esaltando l'unità dell'insieme. Collocata su un basamento di pietra d'I­stria rudentato a mano, che solo la vibraztone lumi­nosa delle minute scalpellature distingue dal bianco levigato e venato del marmo di Carrara del busto e da quello intonacato della paretina di fondo flessa in una leggera curva terminale, la scultura berniniana, che domina sola nella saletta successiva al vestibolo, vibra in tutta la sua intensissima vitalità prospettica e chiaroscurale, nella luce diffusa dal grande schermo di perspex della finestra laterale. Essa consegue in tal modo un effetto scenografico del tutto congeniale al suo stile ed all'intendimento dell'Ar tista: effetto che è accentuato dalla presenza, ai lati, delle pareti divi­sorie del vestibolo - aperte in vetrine passanti -con funzione di quinte di proscenio (fig. 12).

Giunti alla fine del breve ma intenso itinerario, non sarà forse inutile sintetizzare i principi che hanno ispirato gli ordinatori. Al criterio del numero, che in­formava il vecchio allestimento, all'esigenza di pre­sentare quante più opere possibile - un'esigenza destinata a rimanere inattuata per la congenita ca­renza di spazio della Galleria - è stato preferito il criterio della scelta e della valorizzazione dell'opera d'arte. E ciò nel convincimento che soltanto attra­verso un'adeguata {>resentazione, il museo può as­solvere alla funzione sociale e culturale che è il suo fine ultimo e prevalente.

Il rinnovamento testè descritto della Galleria Esten­se non segna il termine, ma l'inizio del lungo cammino che la Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici per le province di Modena e Reggio Emilia dovrà percor­rere se intende adeguarsi ai compiti sempre più vasti che tutti questi " avamposti ., del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali sono chiamati a svolgere nel campo sia della tutela e della valorizzazione delle ope­re, che della diffusione della cultura.

Il primo e più grosso nodo da risolvere, per compiere un passo avanti in tale direzione, è l'adeguamento dei servizi della Soprintendenza modenese. La Di­rezione si è posto il problema già da alcuni anni ed ha elaborato un piano che, oltre alla ristrutturazione degli uffici e dei depositi, comprende anche l'appron­tamento di un laboratorio di restauro, già previs~ nel progetto Parenti-V e n turi. Questo piano ba gi1

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3- Modma, Pia:::a S. Agostino- Faccia1.1 del Palu%o dei M usei

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4- Pl.ltlt2 ddJ';~mbiente desuruto ;~Jb Pirucotea Estense (18c)o) (Modtna, Archi1110 Stomo Comunaft)

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5 - Piant<l del progetto della Pinacoteca estense (t89o) (Moderu:J, Archivio Storico Comunale)

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6- Saiooe e pimta di un salone della Pùuooteca Estense (t89o) (Modena, Archivio Su:mco Comunale)

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7 R&strunuruione anu.tle (1968-1975)

7- Sezione del salone quadrato con lucernnrio e velario centrali. 8 - Sezione dd corndoio btenle

con lucemano e veLuio longitudinali. A sinistra

è indicato il pannello pensile che delimita gli scomparti (Disegni dtll'arch. Uont Pancatdl)

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-1-· 9 - Ristrunurnione attuale (1968-r975). Pianta dtJ vebri dei saloni (Disrgno dttl'arch. Ltone Pancatdl)

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avuto l'approvazione del Consiglio Superiore dell'al­lora Ministero della Pubblica Istruzione.

Gli uffici, che all'epoca del mio servizio modenese (1967-1974) erano, come nella maggior parte delle Soprintendenze, poverissimi di personale, dispongono soltanto di uno spazio di poco più di 200 mq, assolu­tamente insufficiente per ospitare la segreteria e l'eco­nomato e per accogliere in modo adeguato la sistema­zione di una biblioteca specializzata in continuo au­mento, delle schede di catalogo nonché dell'archivio fotografico che conta migliaia di lastre e altrettante fotografie conservate in classificatori metallici. Quanto al laboratorio di restauro esso attualmente non esiste, non potendosi considerare tale una serie di ambienti al piano terreno prospicienti l'ala dello~giato di fron­te all'ingresso, resi inagibili da indict proibitivi di umidità.

I depositi, viceversa, abbondano di spazio. Siste­mati dal prof. Salvini - in un periodo int~medio tra il 1949 e il 1957 - nel settecentesco palaz:~;o Coc­capani, in corso Vittorio Emanuele, essi ne occupano quasi tutto il secondo piano e l'intero attico, per una super.ficie complessiva di oltre mille metri quadra ti. Secondo un progetto della Soprintendenza, i cui dise­gni particolareggiati sono stati approntati dall'archi­tetto Pancaldi fin dal I97I-'J2, i depositi dovrebbero essere concentrati tutti nel secondo piano, il cui spazio potrebbe essere più intensamente e razionalmente sfruttato mediante l'istallazione di paratie scorrevoli, già in parte costruite negli stessi anni, per la sistema­:done dei dipinti che oggi sono appesi alle pareti di entrambi i piani a modo di quadreria. Rimarrebbe così libero l'attico, che ha ambienti particolarmente belli, illuminati da grandi porte finestre, aperte sul vasto terrazzo a livello. Esso potrebbe offrire una sede idonea per gli uffici. Il fatto che questi verrebbero a trovarsi a circa un chilometro di distanza dalla Galle­ria, non costituirebbe, si pensa, un motivo di preclu­sione: tanto più che un paio di locali del Palazzo dei Musei, allo stesso piano della Galleria, potrebbero prestarsi per la sistemazione di un ufficio della Dire­zione. Quanto alla difficile accessibilità degli ambienti di palazzo Coccapani, serviti da una scala ripida e faticosa, l'inconveniente è già stato superato grazie all'istallazione di un ascensore.

Oltre ad una sede per gli uffici, l'attico di palazzo Coccapani offrirebbe la possibilità di una migliore sistemazione delle collezioni minori, che per l'attuale carenza di spazio sono ammassate nei depositi e sono praticamente inaccessibili al pubblico e agli studiosi: mtendo riferirmi ai disegni, alle litografie Soliani, al monetiere, al medagliere, ai punzoni, ai sigilli.

Trasferendo gli uffici a palazzo Coccapani, rimar­rebbe libero lo spazio che essi attualmente occupano al Palazzo dei Musei, allo stesso livello ed in imme­diata contiguità con la Galleria, offrendo la possi­bilità di un aumento considerevole della superficie espositiva.

Un altro problema di cui non va ritardata la solu­zione è quelto della faticosa accessibilità della Galle­ria. La Soprintendenza non ha mancato di porselo fin dall'inizto dei lavori. E se non ha potuto pervenire a risultati concreti (mentre l'analogo problema rela­tivo ai depositi veniva felicemente risolto), ciò è dovuto a difficoltà obiettive d'ordine tecnico e amministra­tivo. Le prime sono implicite nella struttura stessa del palazzo, le seconde d1pendono dal fatto che l'edi-

ficio è di proprietà del Comune. Si hanno buone ra­gioni di ritenere, per altro, che tanto le une che le altre siano in via di soluzione. Si sta infatti studiando d'accordo con il Comune, la possibilità di installar~ un ascensore in un cortile tnterno, assolutamente sprovvisto di pregi monumentali: esso, oltre la Galleria, servirebbe anche il Museo Civico.

Nel momento di congedare queste pagine sento il gradito dovere di rinnovare in questa sede, anche a nome dell 'Amministrazione, il mio vivissimo grazie - già espresso in altra occasione - a tutti coloro che, all'interno e all'esterno della Soprintendenza, mi hanno dato la loro collaborazione.

Desidero innanzi tutto tributare l'espressione della mia riconoscenza all'allora Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione, al Consiglio Superiore, all'Ispettore Cen­trale prof, Giorgio Vigni, all'amico prof. Cesare Gnu­di, che mi hanno assistito con pronta, solerte compren­sione, con decisioni rapide e tempestive, con incorag­giamenti e consigli.

La mia profonda ammirata gratitudine va altresl all' architetto Leone Pancaldi al quale si deve il pro­getto curato con rara perizia, sensibilità, gusto e mi ­sura e realizzato con appassionata dedizione anche nei minimi particolari museografici. A lui la città di Modena deve il privilegio di possedere quella che -tra le moderne - può essere considerata una delle più belle sedi museali d'Italia. Desidero poi ricordare l'opera solerte dell'architetto Angelo Calvani Soprin-

. tendente ai Beni Monumentali e Ambientali, nonché del geometra Sergio Piconi - recentemente insignito della laurea in Architettura - che ha collaborato nella direzione tecnica e amministrativa dei lavori. Una menzione speciale va all'Impresa di costruzioni del dott. Nino Bernardi, e alla ditta Serenari di impianti tecnologici che banno curato l'irreprensibile esecu­zione del progetto in condizioni di particolari diffi­coltà: elogio e ringraziamento che vanno anche alle maestranze ed in primo luogo all'infaticabile capocan­tiere Pietro Maggi.

Allo scadere del mio mandato per Limiti di età il primo agosto 1974, anche la responsabilità dei lavori passava, insieme con la reggenza dell'Ufficio, all'Ispet­tore Giorgio Bonsanti che ha portato a termine il compito del nuovo allestimento deUà Galleria, ormai giunto alle ultime finiture, con entusiasmo, alacrità ed ammirevole dedizione. Consapevole, per altro, della natura squisitamente personale di un tale lavoro, egli ha sollecitato la mia colloborazione fino al compi­mento della quasi settennale impresa.

Tra i collaboratori esterni una citazione particolare meritano il fabbro Sesto Becchi di Modena e soprat­tutto il tecnico Uberto Ferrari, inesauribile ideatore di ingegnose soluzioni di fi.nissimo artigianato oltre che abilissimo restauratore. Alla sua opera infatica­bile ed appassionata si deve se le immancabili e innu­meri difficoltà dell'ultima ora hanno potuto essere felicemente e tempestivamente risolte.

Che dire del personale della Soprintendenza? Vaccari, Tugnoli, Balugani, Rinaldi, Parente con la loro operosità assidua e intelligente hanno dato un impa­reggiabile aiuto. E voglio ricordare anche l'operatore tecnico Pietro Vitale per la sua perizia nel dirigere ed eseguire umili, ma delicatissimi lavori di manutenzione e di trasferimento di opere d'arte.

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Né dimenticherò l'esiguo corpo dei custodi che sotto la guida del capocustode Andreoli, ha svolto il proprio lavoro in condizioni particolarmente dif­ficili con piena coscienza e senso di responsabiHtà.

(Bologna, giugno 1975 - gennaio 1978). AMAl.IA MEzzEm

1) Devo la conoscenza di alcune no~ie reladve alla preisto· ria della Galleria Estense come istituto di ragione pubblica al­l'accurato studio che la dott.ssa Maria Canova condusse per la sua tesi di laurea Dinamica di formazione del collezionismo pubblìco e privato modenese dalla fine del sec. XVI alla seconda metà del secolo XIX discussa nell'an.no accademico 1974-'75 con il prof. Andrea Emiliani dell'Università di Bologna (Facoltà di lettere e Filosofia. Corso di laurea in Disciplina delle Arti, della Musica e dello Spettacolo). La dott.ssa Canova, che qui d1 nuovo co:rdJal­mente ringrazio, ha avuto la cortesia di conse.ntirmi di consultare il suo importante lavoro.

Dopo lo sfratto dalla sua sede storica nel Palazzo Ducale (188o) le collezioni estensi vennero affidate al Comune di Modena sotto la vigile e diretta tutela dello Stato. La Convenzione con il Mi­nistero, dJ cui si enunciano qui di seguito i termini principali, fu conclusa definitivamente nel 1889 (Canova 1974-'75 pp. 203-205): 1. Fermi nel Municipio gli impegni assunti con la conven­zione del 18 giugno 1880, ed il compiuto assetto delle collezioni nei locali dell'Albergo Arti, secondo preventivi tecnici. 2. Retroces­sione, per parte del Municipio, del fabbricato di S. Marghtrita, avuto in consegna col Verbale 18 agosto 1880. 3· (omissis). 4· Pa­l[amento, da parte del Ministero, della plusvalenza nei locali del Jabbn'cato Albergo Arti assegnati agli Istituti Governativi, compreso il piano terreno per il Museo Lapidario, in confronto dei locali che le raccolte occupavano nell'ex Palazzo Duca.le; .plusvalenza esci­mota dall'Ing. Poggi in L. 102624,00. 5· (omissìs). 6. Obbligo, da parte del Comune, di mantenere a I!erpetuità per gli Istituti pre­detti gli ambienti dell'Albergo Artr che ad essi destinati .sono. Cfr., Atti del Consiglio Comunale di Modena. Anno amministrativo 1888-89, Modena coi Tipi della Società Tipografica, 188g, p. 227.

2) G. CANOVAZZI, La scuola militare di Modena (1756-I914), Vol. II, Modena 1920, p. 158. Cfr. anche A. VENTURI, La Gal­leria Estense in Modena, Modena 1882, p. 466.

3) CANOVA 1974-'75 cit. pp. 18o, 183, 196. Si vedano in par­ticolare: Archivio dei Musei Civici di Modena, Anno (1871), al­legato al p. n. 20; C. BONI, Rapporto Biennale sull'andamento del Museo C!'vico Modenese per gli anni 1873-74, Tipografia Cappelli, Modena 1874, p~. 3-4.

4) S. BONBTTT, ll Patrrmonio storiccr-artistìco della congrega­zione di Carità in Modena, Edizione U. Orlandini, 1920, p. 14.

5) Di particolare interesse per la sistemazione degli istituti culturali modenesi nell'Albergo Arti è la relazione non firmata del maggio 1884, cfr. Modena, Archivio Storico Comunale, Anno 1884, Filza 945, III, posiz. 12, documento non protocollato, che la Canova, 1974-'7.5• p. 205, attribuisce a Carlo Boni e ad Alfonso Parenti. Le p13ntine éhe correda.no il ms. indJcano la collocazione proposta per i vari istituti scientifici contrassegnata nei grafici dalla tinta rossa che evidenzia le parti di proprietà e in uso esclusivo del Municipio. Alcune di tali proposte, oome risulta dalla Relazione sindacale del 24 ottobre 188I, citata nel manoscritto alla pagina terza, erano già state realizzate (frat ­tanto come si e fatto). Esse riguardavano la Biblioteca Poletti e l'Archivio Com. e di deposito, cioè l'Archivio Storico Comunale, sistemati ripettivamente a destra e a sinistra dell'androne di ac­cesso. Nel cortile aveva trovato posto fin dal 1828-30 per ini­ziativa dJ Francesco IV e sotto la direzione di Carlo Malmusi, Celestino Cavedani e Cesare Calvani l'imponente Museo La­pidario estense (cfr. C. MALMUSl, Museo Lapidario modenese, Modena 1830) in cui tra l'altro figurano talunt dei più impor­tanti e preziosi sarcofagi di età romana, per una migliore e più spaziosa sistemazione dei quali era prevista l'apertura delle ar­cate dell'ala di fondo del loggiato di fronte all'ingresso. Cosi, commenta la relazione del r884, nel giro completo del portico verrà ricollocato il Museo Lapidario, che potrà trovare, occorrendo, un sussidio di spazio nell'ampio androne: c:fr. relazione del 1884 cit., pagina quarta (non numerata). Al primo piano su una superficie di 2000 mq. aveva già reperito una degna sede la Biblioteca Estense. Quanto al Museo Civico, in via di formazione fin dal 1871, ad esso era stata assegnata una sede assolutamente inade­guata e insufficiente in due piccole stanze, per giunta non comu· nicantl, nella Residenza Municipale: cfr. Archivio dei Musei Civici di Modena, Anno r871, protocollo n. 5, In Canova 1974-7~, pp. 176-rn. Al medesimo accurato lavoro della Canova ed an particolare alle pp. 172-220 si rinvia per una canoscenza più

completa e approfondita dell'argomento, soprattutto per quanto riguarda le tormentate vicende della formazione del Museo Civico.

6) Il Palazzo venne costruito sopra un'area dove nel 1757 il Duca aveva fatto edìficare da un maestro Luenti la sede del­l' Arsenale, le strutture del quale vennero utilizzate con acconci adattamenti per il nuovo edìficio: cfr. VALERIA SrLVIA BARIOLA, L'edificio del Grande Albergo dei Poveri a Modena, in Deputa­zione di Storia Patria per le antiche Province Modenesi, Mo· dena Aedes Muratoriana 1970, p. 42.

7) Cfr. LuiGI AMORTH, Modena Capitale, Banca Popolare di Modena, 1967, pp. 23<>-231.

8) Cfr. Il PANARO, 4 giugno 1894; Il Diritto Cattolico, Cor­rr'ere dell'Emilia, 4 giugno I~i 11 Cittadino, Giornale Politico Quotidiano, 4 giugno 1894· Il Panaro del sabato 2 giugno 1894 dà un cenno fugace delle vicende delle collezioni estensi partico­larmente agitate dalla fine del '700 in poi. Si veda anche A. VENTURI, R. Galleria e Medagliere Estense in Modena, in Le Gal­lerie Nazionali Italiane, I , 1~, p. 45 ss.; dove il Venturi dà soprattutto conto dell'ordinamento che, da lui studiato e ideato, venne realizzato con la collaborazione di Giulio Cantalamessa direttore reg~ente della Galleria (1893-1924)·

g) A più raprese invano cercati all'Archivio Storico Comunale, all'Ufficio Tecnico del Comune, all'Archivio di Stato, all'Ac­cademia di Belle Arti, i disegni planimetrici e in sezione relativi alla prima sistemazione strutturale della Galleria Estense, 5 in tutto, sono ricomparsi fortunosamente durante lo scorso mese di gennaio nella cartella r9 dell'Archivio Storico del Co­mune, dove erano stati collocab dopoché, recentemente, l'Uf­ficio Tecnico li aveva scaricati dal proprio archivio. Ho motivo d.i ritenere di essere stata la prima persona ad identificarli, a rendersi conto della loro importanza storica e tecnica e ad otte­nere dalla cortesta della dott.ssa Zani, direttrice deii'Archlvio Sto­rico, di farne fotografare i tre che mi parvero l più significa­tivi ai fini della mia ricerca. Le riproduzioni mi dispensano dal compito di descrizioni e spiegazioni tecniche. Quello che è interessante notare è come l'impostazione generale della pianta della Galleria, ricavata da quelle che dovevano essere le soffitte del Palazzo (sostenute nel colmo del tetto da pilastri e pìlastrini e in qualche tratto tramezzate da paretine in foglio) corrisponda all'attuale planimetria con il gruppo dei quattro grandi saloni al centro e con il susseguirsi delle corsie periferiche a est a nord e a ovest. Questa planimetria può ritenersi vagamente ispirata a quella della sede delle raccolte in Palazzo ducale dove un grande salone centrale era circondato da sale minori. Una diffe­renza rilevante rispetto alla pianta attuale è costituita nei disegni di Alfonso Parenti dalla collocazione della stan~ del portiere nell'angolo nord-<>vest, dove oggi domina il busto del Bernini che originariamente doveva essere invece sistemato poco lontano nell'inçresso. La sistemazione della stanza del portiere comportò la erezrone di tramezzature che interrompevano il flusso continuo delle corsie periferiche. Il percorso doveva svolgersi prima nei grandi saloni e successivamente dopo le tre salette e il gabinetto del lato sud, attraverso le due gallerie laterali la minore a est e la maggiore a nord, per concludersi, mediante una duplice apertura di comunicazione angolare, nuovamente nell'ingresso. Come risulta da documenti citati dalla Canova, 1974-'75, p. 233, il progetto, in una sua stesura preliminare, fu esaminato dall'Ac­cademia dJ Belle Arti neHa seduta del 6 gennaio 1890 presieduta da Adeodato Malatesta. L 'Accademia approvò il progetto in linea di massima salvo alcune osservazioni marginalt. Cfr. Mu­nicipio dJ Modena, protocollo generale n. 203, 7 gennaio r8go. I lavo.ri per la nuova sede delle raccolte estensi dettere luogo ad una breve ma accesa polemica sulle tecniche adottate dal­l'ingegnere Parenti per la sopraelevazione. L'incidente si concluse con un'ispezione assolutoria da parte di un tecnico governativo. SI veda: Il Panaro, quotidiano modenese, anno XXXI, 4, 51 8, 20 marzo r8g2.

ro) A. VENTURI, La galleria Estense in Modena, Modena 1882. n) Modena 18 dicembre 1891. l In seguito alla visit.a praticata

ai lavori di riduzione dei locali della Nuova Pinacoteca Estense dal/li Ecclmi Sri Cav. ing. V. Maestri Assessore com.e e Cav. P. Adolfo Venturi Direttore dei Musei del Regno si ~ convenuto per la miglior riuscita dei lavori medesimi quanto segu!. l 1°. Di avere per sufficienti all'illuminazione delle Sale, tanto pel numero, che per l'ampiezza, i lucernari progettati e per buona l'adozione delle tegole di cristallo per la copertura dei medesimi. f 20. di adottare per i pavimenti le piastrelle di terracotta, quando queste siano con: venientemente collocate in opera ed imbevute d'olio e ricoperte po1 di vernice copale. 1 JO. di approvare una scala di comunicazione interna fra il Museo Civico e la Pinacoteca, beninteso con chiusure tali da mantenere l'indipendenza dei due Istituti. l 4°. Di eseguir~ la zona (zoccolatura1) nelle sale in istucco con tinta che armonizz~ con quella delle pareti. l SO. Di proseguire nell'ottimo sistema 4' isolare i muri di perimetro e di divisoria con pareti di mattoni 111 coltello staccate, munendole di ventilatori con bocche interne e4

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altre protette all'esterno, affine di favorire la circolazione dell'aria nelle intercapedini fra le pareti. l 6°. Di chiudere alcune aperture nelle sale per guadagnare spazio nelle pareti e per regolar~ meglio la circolazione dei visitatori che non abbiamo a tornare sut propri po.ssi.,7°. Nella sala in pianta alla lettera D di conservare l'impa­sta de la volta centinata a M. 7,50, dovendosi in esta collocare i quadri del 600 che hanno le maggiori dimensioni. Nelle altre sale l'imposta potrà essere più bassa di un 50 C.tri l 8". Si desidera che sieno collocati tanto juor che dentro di una delle sale aventi diverso orientamento un termometro ed un igrometro, o meglio strumenti indicatori con trasmissione elettrica e in modo che il Direttore dal suo Gabinetto possa constatare le condizioni termiche ed igrometri­che delle sale contenenti dipinti. l 9°. Si desidera che ad imJ!edire i danni del freddo la Pinacoteca sia riscaldata con caloriferi a vapore a bassa pressione. L'Asses. (Assessore) qui osserva che questa spesa non è contemplata nel preventivo e non può prendere verun impegno a riguardo di essa; però durante la costruzione si jariJ.nno tutti quei ca~dotti eh~ non imJX!rlCUfO alterl}Zione .di ~pesa e che fa~ ciliteranno rn avvemre l'appl1caztone det colorifen quando stast in proposito convenuto col Ministero; e questo in relazione a quanto è stato accennato nella lettera ministeriale d'approvazione del progetto. 1 1(!". Si riconosc,e che il si!te"!a.proge~tatC? di ventilazione può servire finO che non ~1ano appliCali 1 calonfen! chè allora do~ vrassi cambiare affatto SIStema con bocche vert1cal1. f 11°. l vetn delle lanterne dovranno essere smerigliati ed incolori. l 1ZO. Nel piano della Pinacoteca sarà provveduto a tutte quelle bocche d'acqua che sarà dato di collocare in comunicazione coi serbatoi d'acqua per tutte le eventualità possibili. l JJO, Per le tinte delle pareti il Direttore Cav. Venturi manderà i ca~ioni. l Il presente verbale è stato redatto dall'Ing. Capo Com.e e rrmato dalle parti Vincenzo Maestri l Venturi Adolfo l V 0 Mena oglio (sindaco di Modena).

Cfr. Modena, Archivio Storico Comunale, Filza n. 210, Po­siz. 2, Anno 1891-92.

Il confronto con la situazione ambientale e strutturale della Galleria pr~a de.l recente in~ervento innovatore ci persu3:çl.e che i suggenmenu del Venturi vennero puntualmente segultl, con l'eccezione dell'altezza delle pareti delle sale, ovunque tenuta della stessa misura. Di particolare utilità, come si avrà modo di precisare meglio appresso, risultarono nei lavori di rinnovamento, le canalizzazioni predisposte nelle pareti per la ventilazione della Galleria (si veda il n. 5 del verbale), le qual!, sgombr3:1e dai detriti ~ muni~e cl;i accon.ci .rivestimenti, servtrono per il Busso dell'arta dell'tmpJanto dt rtscaldamento e di condizionamento invernale.

12) Cfr. Alla Pinacoteca Estense, in Il Panaro, 4 giugno 1894, Modena, Archivio Storico Comunale. Cfr. anche CANOVA r974-75, pp. 235-237· Si veda inoltre A. VENTURI, R. Galleria e MedagUere Estensi .in Modena, in Le Gall~ri!! Nazionali italia:~,~e, Notizie e documenti, anno I, a cura del Mimstero della Pubblica Istruzione, z894, p. 45 ss ..

Al compito-dell 'ordinamento delle raccolte estensi nella sede dell'Albergo Arti, il Venturi si era preparato da anni: e lo dimostra l'esistenza di u.na lettera del 15 febbraio 1887 diretta dal Venturi nella sua qualità di Adiutore della R. Galleria Estense al Sindaco di Modena sul tema dell'Ordinamento futuro della R. Galleria. Cfr. Modena, Archivio Storico Comunale, Filza 945, II, posiz. n. 6, p.n. 2162. Ta.Je lettera, che la Canova . .I974--'75• PP: 227-~33 riassume amptamente, deve essere constderata, a nuo avv1so, come l'espostziçne di una prima idea s~la disposizione d~le collezioni ducali nella sede, ancora da edificare, della Gallerta. La bozza di progetto doveva subire ,nella realizzazione e~ec~Jtiva, iniziata 4 ~nni dopç, al.quante ~odifiçhe. E ~embfiin~ lll:dtcarlo gli accenru ad ambtentt proporztonatt alle dtmenstoru di opere d'arte, quali le losanghe del Dosso, che il Venturi ritiene erro­neamente parti di un fregio in parete (mentre come è stato mo­dernamente dimostrato esse costituivano gli sfondati del soffitto della camera da letto di Alfonso I d'Este nell'edificio della via co~rta: cfr. A. MEZzrm, Il Dosso e Battista ferraresi, Cass~ di Risparmio di Ferrara, Ferrara 1965, pp. 28, 99, roo); o quali ~li affreschi delle Be~che~ie di Nicolò dell'At?ate. Non risul~ infatti che nella realizzaztone del progetto dt Alfonso Parentt venisse tenuto conto di siffatte esigenze dimensionali. Ma ecco il testo della lettera:

R. Galleria Estense in Modena. l N. di Prot. 3 l Oggetto Ordi­namento futuro de.lla R. Galleria/Ill.mo sig. Sindaco di Modena l M odena addi 15 Febbraio 1887

Mi pregio di presentarle i risultati del mio studio sull'ordinamento futuro della R. Galleria Estense, con la speranza che il costruttore de' nuovi locali vorrà tenerne debito conto.

Innanzi tutto si/.resenta necessaria una scelta rigorosa delle opere d'arte della . Galleria Estense, affinché non avvenga che torbide copie stiano accanto a capolavori e opere della Decaden­za appresso ad armonici dipinti del Rinascimento. Conviene am­mettere che la R. Galleria Estense mostrava allo studioso, come opere originali, molte pitture che tf!li non. S01JO! on4e .n~ ven,iva affaticata e confusa la mente, fuorviato il gtud1z1o de1 vzs1tator1.

La scelta rigorosa deve essere seguita da una classificazione ba­sata sugli ultimi risultati della critica storica. La R. Galleria Estense ne/1854 (il Venturi allude all'ordinamento deHe raccolte, curato in quell'anno per volere del duca Francesco V da Ferdinan­do CasteJlani Tarabllli: cfr. FERDINANDO CASTELLANI TARABINI, Cenni storici e descrittivi intorno alla pittura della Reale Galleria Estense, Modena 1854) fu disposta in modo veramentefantastico, e quindi la disposizione antica non può servir di base in alcun modo alla nuova disposizione che ci onoriamo di qui abbozzare.

Distribuzione generale. Nelle prime sale converrebbe raccogliere tutto quanto dì più eletto conserva la R. Galleria Estense, di più importante sotto l'aspetto artistico e storico; e in seguito tutto quan­to può avere qualche attrattiva pel curioso e per chi non guardi esclusivamente all'arte felice del Rinascimento. Due sale, le prime, dovrebbero essere dedicate l'una all'arte ferrarese, l'altra alle sue diramazioni.

Prima Sala. L'Arte ferrarese, come madre alla modenese e alla bolognese e come prodotto d'una scuola tra le più vitali d'Italia, va dalle altre distinta. L'esposizione delle numerose opere dei Duosi (sic, per Dossi), del Garofalo e dei loro seguaci sarebbe per­ci6 un'introduzione avente una ragione storica a base, e veramente degna alla R. Galleria Estense, formatasi dapprima con un nucleo d'opere trasportate da Duchi d'Este da Ferrara a M odena. Alcune di quelle opere rimangono ancora e, insieme raccolte, darebbero qualche idea delle collezioni ferraresi di cui furono parte. Fra esse sono notevoli otto pezzi di losanga di Dosso Dossi, frammenti di un fregio del castello di Ferrara, i quali, ridotti alla loro forma antica, dovrebbero ricevere nella sala dedicata all'arte ferrarese una dispo­sizione analoga all'originaria. Il costruttore della nuova galleria dovrebbe quindi tener conto di un fregio che girasse tutt'attorno alla prima sala alto m. 1.02, e nel quale sarebbero ad~!ftati gli otto rOf11· boidi dosseschi. (A questo punto mette conto chtarire che sfuggtva al Venturi la reale funzione decorativa delle losanghe dossesche che, anziché ornare un fregio in parete, costituivano originaria­mente gli • sfondati» del soffitto della camera da letto di Alfonso I d'Este). A due canti della stanza si potrebbero mettere, ricomposti nei loro piedistalli, i due busti marmorei d'Ercole li e di Albonso l d'Este; dagli altri due alcune raritd d'arte trasportate dall'antica capitale estense, quali l'arpa miniata da un seguace di Garofalo, e la sella d'osso d'Ercole I d'Este ecc. Converrebbe quindi tener conto dello spazio occupato da questi accessorii che pure toglie­ranno monotonia alla sala, e cioè di dodici metri circa di larghezza di parete da quelli occupati. l quadri appesi alla prima stanza e in modo da lasciar seguire il progresso evolutivo dell'arte ferrarese occuperebbero circa m.i 1344 (sic.) (comprese le comici).

Seconda sala. La sala dedicata alle diramazioni dell'arte ferrarese, ossia all'arte modenese e bolognese, dovrebbe raccogliere in due parti i saggi dell'arte modenese dei secoli XIV e XV e del principio del secolo XVI; nella terza i resti dei freschi di Nicol6 dell'Abbate provenienti dal castello dei Baiardo a Scandiano; nella quarta i saggi dell'arte antica bolognese. Sulle prime due pareti o in una di esse, potrebbero opportunamente disporsi a fregio le pitture allegoriche di Niccolò dell'Abbate, che adornavano il fabbricato modenese detto delle Beccherie; e il costrottore a questo uopo do­vrebbe tener conto dell'altezza di quello, cioè di m. 1,40 (stc.). A due canti della stanza potreb~rsi collocare due busti del Begarelli e gli altri due nicchietti dello stesso artista con sacre figure, alte, .r ,56 larghe o,87. Fra i quadri che andranno collocati in questa stanza, due di essi dovrebbero essere visti di sotto in su, e sono il Gaminede attribuito al Correggio (ottangolo avente il lato del perimetro = m. o,63) col fregio dintorno assegnato a Lelio Orsi, e un altro ottangolo rappresentante IaJamiglia Baiardo tolto dal so !fitto di un gabinetto di Scandiano. quadri appesi alla stanza, secondo criterii cronologici e storici, misurano m.i 3640 (sic.).

Terza sala. La terza sala dovrebbe essere dedicata all'arte veneta del Rinascimento. n costruttore dovrebbe poter disporre quattordici ottangolì della bottega del Tintoretto, rappresentanti le metamorfosi d'Ovidio, in modo che potessero essere vedute di sotto in su (ottan­golo con lato di perimetro m. 0,58). Comprati da Francesco 1 d'E­ste a Venezia nel 1658 essi vennero ridotti in parte a forma elittica e incassati nel muro e parte appesi al muro nel palazzo estense. Eseguiti all'infuriata, e con arditi scorci da esser visti dal basso, essi perderebbero ogni valore se appesi alle pareti. Gli altri quadri che verrebbero ad ornare la sala comprenderebbero quelli di scuola padovana dello Squarcione, l'arte veneziana dei secoli XV e XVI e la scuota veronese, e misurano complessivamente m.i 1968 (sic.).

Quarta sala. La qttarta sala dovrebbe essere dedicata alle scuole italiane diverse del Rinascimento, cioè alla scuola toscana, cremo­nese, milanese ecc. Nei canti della stanza potrebbero opportun.a­mente essere congegnati bronzi, marmi, curiosità del Rinascimento. l quadri occuperebbero circa m. I 122 (sic.).

Quinta sala. Una parete sola, o meglio un gabinetto,,potr~ accogliere i saggi dell'arte di scuole ultramontane, consulenti 1n gran parte in piccoli quadretti. In questo gabinetto potrebbero es­sere disposti intarsi tedeschi, intagli inglesi, smalti lìmosini ed altre

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preziose cose dell'arte straniera. l quadri occuperebbero circa m. 575 (sic.)

Sesto salone. A seguito del gabinetto, un salone dovrebbe acco­gliere le opere più i mportanti della Decadenza che si conservano nella R. Gal/erra Estense. Fra esse dovrebbero essere viste di sotto in su quattro elissi dei Carracci e della loro scuola (m.i = I,og x 1,30) ed altri e/issi od ottango/i provenienti dal palazzo dei Diamanti in Ferrara ed eseguiti dallo Scarse/lino e dal Venturino principal­mente. Se al costruttore de' nuovi locali riuscisse di Jficìle di costruire un ampio salone di m. r716o, (sìc.) che tale e la mLSura complessiva dei quadri, potrebbesi d1videre in due il salone e in uno esporre l'arte della Decadenza bolognese, nell'altro quella veneta, ferra­rese, modenese, romana, napoletana ecc.

Settima sala. Al salone potrebbe far seguito una salo. dì ritratti, ove fossero raccolti quadri che, se anche dì poco interesse dal lato dell'arte, ne avessero invece dal lato del costume e del personaggio rappresentato. Misura complessiva m. 4320 (sic.).

Ottava sala. Un'ultima sala andrebbe dedicata a raccogliere le pitture moderne e con esse le altre cose di minor importanza della Galleria. Essa dovrebbe essere ampia, ma qui non si discute la dimensione, perché è sempre possibile di esporre in essa ad arbitrio un numero maggiore o minore di quadri.

Nona sala. O meglio gabinetto per l'esposizione delle piccole raritd della collezione che non avessero trovato posto nelle diverse sale, come ceramiche, vetri ecc.

Aumento della collezione. Noi dobbiamo considerare ora quali saranno i futuri bisogni della collezione, per quanto Il possibile preveder/i, ed invitare l'architetto a voler/i tenere presenti. Le due prime sale sono più d'osni altra suscettibili d'aumento: la ferrarese, merce nuovi acquisti fatti con le annue dotazioni della galleria; l'altra raccogliendosi col tempo quel po' che sopravanza d'arte an­tica a Modena e nella Provincia. È probabile anche che un giorno nella galleria entro bacheche possano essere esposti libri miniati della Biblioteca, che non hanno un valore come codici, ma solo artistico, e converrebbe quindi disporre una sala per l'esposizione loro. La Galleria Estense, secondo i criteri del Ministero e secondo lo spirito de' nuovi Regolamenti, dovrà avere ag~regati a sé molti oggetti d'arte e d'antichità e il medagliere della Biblioteca; e quindi la 9" sala dovrebbe ricevere un' am~iezza tale da contenere anche quegli oggetti che attestano l'artìst1ca attività degli Estensi e che hanno con la Galleria una storia comune.

Della S. V. 11/.ma

(P.G. N. 2162)

Per il Direttore f. Venturi Adolfo

Adiutore della R. Galleria Estense

13) Cfr. S. RICCI, Lo. Galleria Estense di Modena, Parte 1: Lo. Pinacoteca, Modena 1925; R. SALVINI, Lo. Galleria Estense di Modena, Itinerari dei Musei e Monumenti d'Italia, Roma 1955; A. GHIDIGLIA QUINTAVALLE, Lo. Galleria Estense di Modena, Itinerari dei Musei e Monumenti d'Italia, Roma 1959; ID., ID., Roma, Nuova Ed~ione 1967.

14) Gli impianti igienici previsti nella tavola 2 " del progetto Parenti del 18go, alla lettera T, tuttora esistenti nella zona degli uffici, non potevano servire alla Galleria, data la loro ubicazione eccentrica.

1 5) Oltre alla Galleria e al Museo Estense sono ospitati nel Palazzo dei Musei, al piano terreno il Lapidario Estense, disposto nel loggiato del cortile e la sala di lettura della Bibli.oteca Estense, allogata in un ambiente a destra dell'ingresso; al piano rialzato la Bibli.oteca Poi etti· all'ammez.tato l'Archivio Storico Comu­nale e il Museo del Risorgimento; al/rimo piano la Biblioteca Estense, all'ammezzato, tra il primo e iL secondo piano, il Mu­seo Civico con il suo importante settore archeologico.

t6) Nel Palazzo Coccapani in Corso Vittorio Emanuele a Mo­dena, demaniale fin dall'epoca del Fascismo, vennero sistemati i depositi della Galleria per iniziativa del Soprintendente prof. Roberto Salvini.

17) Da un recentissimo controllo è risultato che i dipinti espo­sti nella Galleria sono ogçi 242; 107 sono gli ogçett& delle arti minori e le sculture. l dipmti conservati nei depostti assommano a 86g; ad essi occorre aggiungere alcune sculture e gli oggetti delle collezioni minori, cert<' molte centinaia.

r8) Dove alle piastrelle in cotto previste dal Venturi (cfr. alla nota 11 il verbale del 18 dicembre 18g1, al n. 2), ma ridotte in conctizioni indecorose, fessurate, rotte, sconnesse, si avvicen­davano del tutto casualmente lo~ori teli di linoleum nei corridoi ed assi di abete greggio nel vesttbolo.

19) Fornita da tubi al neo11 e da fari elettrici collocati nel sot­totetto.

20) L'impianto di riscaldamento e di condizionamento inver­nale, esegu1to secondo lo stesso sistema da tempo funzionante con ottimi risultati presso la Pinacoteca Nazionoile di Bologna, è stato costruito dalla ditta Serenari di Zola Predosa, Bologna: cfr. G. GNUDt, Vent'anni di lavoro per la Pin.acoteca Nazionale di Bologna, Bologna, 1973, p. 197· Tale sistema detto a circola­zione d'aria, appare particolarmente idoneo a sedi museali, perché il flusso dell'ana condizionata penetrante dall'alto attra­verso tutta la lunghezza dei diffusori lineari grigliati distribuiti in ogni ambiente, non determina alcun impatto con le opere; non crea le correnti ascensionali che si lamentano con i radiatori e, in misura minore, con i termoconvettori, e non provoca il fe­nomeno della levita:~;ione della polvere che si verifica con ì pan­nelli radianti inseriti nei pavimenti.

Occorre mettere in evidenza che gli interventi strutturali re­lativi al coperto (rifacimento dei lucernari e delle volte, risana­mento del sottotetto, collocazione degli impianti di illuminazione e di condizionamento invernale) sono stati realizzati in modo del tutto indipendente dal sistema statico del vecchio edificio, as­solutamente inadeguato a sopportare nuovi carichi. All'uopo, al sommo delle mura portanti e sotto il tetto settecentesco, il quale è stato sottoposto ad una normale operazione di bonifica, sono state collocate grandi putrelle d'acciaio in funzione di strut­ture di sostegno.

Motivo di particolare preoccupazione è stata la necessità inde­rogabile di eseguire i lavori - quei lavori l -in presen-ta delle opere d'arte, stante l'impossibilità di sgombrare altrove il mate­n!lle: Per~ n t?, d?po. a":er .~b~aro ~. chiuso in casse. gli oggetti dt dtmens1oru mmon, 1 dtpmtt d1 J'IU vaste superfiCI sono stati sovrapposti verticalmente e appoggtati alle pareti dei saloni sotto ripan di tavole !ignee e di veli di plastica, avendo cura di lasCiare in basso orifizi ~er l'aereazione. n procedere dei lavori ha costret­to ~ s_postare ptù volte questi .apJ?arati di protezione. Le delica­cattssune e complesse operaz1on1 sono state condotte sotto la diretta costante sorveglianza di chi scrive e la collaborazione di restauratori e dì operatori tecnici.

21) Il numero IV d'ordine che lo conttasse~ava si riferiva alla successione degli ambienti nell'itinerario SalVtni- Quintavalle.

22) Cfr. AMALIA MBnllTTI, in Bollettino d'Arte 1974, pp. 194, 195, fig. 20 (Nuove acquisizioni dei Musei e Gallerie dello Stato. Modena, Galleria Estense).

23) Sul restauro degli affreschi di Nicolò dell'Abate a Modena, Reggio Emilia e netta provincia, sulla loro provenienza e sulla ricostruzione mentale dei complessi di cui facevano parte, si veda (A. Mezzetti), Per Nicolò dell'Abate. Affreschi restaurati. XIII settimana dei Musei Italiani. Catalogo éfella Mostra, Mo­dena 30 maggio-?O giugno 1970· Faceva parte del complesso delle opere restaurate m quell'occasione il vasto affresco (cm. 389 X 337) di Anonimo Cinquecentesco, già attribuito a Nicolò deU'Aoate, rappresentante il Convito degli dei per le nozze di Amore e Psi­che, proveniente, come la maggior parte degli altri, dalla Rocca dei Boiardo a Scandiano. Già collocato sulla parete dello scalone monumentale del Palazzo dei Musei, di fronte all'ingresso della Galleria, l'affresco è stato provvisoriamente sistemato, per gentile concessione della Direttrice prof.ssa Enrichetta Cecchi Gàttolin, sulla parete di fondo della vastissima sala di rappresentanza della Biblioteca Poletti, dove gode di conctizioni ambientali perfette che ne consentono finalmente la piena le~gibilità.

24) Nello spazio dell'ambiente già dedicato alle arti minori, basso di soffitto e strutturalmente estran.eo al corpo del Palazzo, SOI}O .~tati sist~ti $1\ impianti igienici della Galleria, forniti de1 ptu moderru serVIZI.

25) Già nella cappella del Castello di Soliera (Modena) acquistato nel 1626 dal Cardinale Campori. Un discendente di quest'ultimo, il marchese Giuseppe Campori, nel 1894 la donò alla Galleria Estense, donde la denominazione con cui è conosciuta. Cfr. R. PALLUCCHINI, l dipinti della Galleria Estense, Roma 1945, p. to6.

26) L a Madonna di S. Francesco, del 1515 circa, già nella chiesa di S. Francesco di Modena; la Madonna di S. Sebastiano, attribuita al 1525 circa, dipinta per la Confraternita di S. Se­bastiano di Modena; la Notte o Adorazione dei pastori, compiuta probabilmente nel 1:?30, già in S. Prospero di Reggio Briùlia; la .Madonna di S. Gtorgio (la Vergine con il Bambino in trono e t SS. Battista, Gimignano, Pietro Martire, Giorgio) assegnata al 153o-3a, già nell'Oratorio di S. Pietro Martire in Modena. Cf~. A. C. Quintavalle, L'opera completa del Correggio, Rizzoli edttore, 1970.

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