il restauro dell'ala setten alla n - bollettino d'arte · tanti se li ha credito per...

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ultima parte della scena è notevolmente somigliante al cartone del Verona: anche qui i dannati sono sospinti dai diavoli verso l'enorme bocca del drago delle profondità. Nell'opera di Klotzas (Candia I562-I607) attivo a Candia, ove il trittico è stato ese- guito, sono evidenti le influenze della cultura manierista. Si conservano con questa anche altre s ue opere nel Museo dell'Isti- tuto Ellenico di Studi Bizantini e Postbizantini a Venezia (cfr. M. CHATZIDAKIS, Icones de Saint-Georges des Grecs et de la Col- lection de l'Institut Hellenique de Venise, ivi, I962, pp. 74-'79· Notizie di Klotzas in Thesaurismata, vol. Io, I973). I3) V. nota Io. I4) V. la descrizione del dragone nell'Apocalisse, I2, 7· I5) Sulla porta della crociera del dormitorio dell'antico con- vento di San Giorgio Maggiore, un tempo ricchissimo di opere d'arte (dipinti, sculture, libri ecc.), andate poi disperse agli mizi del secolo XIX per cause molteplici, vi era un dipinto di Maffeo Verona raffigurante San Michele vittorioso sui demoni, opera ser- vita da cartone per uno dei mosaici della Basilica di San Marco (cfr. A. M . ZANETTI, op. cit., p. 279) .. Pur nell'indicazione piut- tosto generica riportata anche da altri autori veneziani dell'epoca, il cartone, con ogni probabilità, coincide col primo partito figu- rale dell'Inferno. Il Verona, infatti, non ha eseguito alcun altro cartone con tale per la Basilica di San Marco. I6) Iacopo Pastermi visse a Venezia e vi morì poco prima del I655i si ignora la data di nascita. Eseguì numerose opere nella Basilica di San Marco dove, accettato come maestro di mosaico nel I6I4, lavorò per circa 39 anni. I cartoni per i suoi lavori furono eseguiti da Maffeo Verona, da Leandro Bassano, dal Padovanino, dal Tizianello, dal Palma, da Girolamo Pilotti, da Pietro Vecchia. È considerato l'ultimo artista veneziano della scuola marciana. I7) "I6I9, Agosto, II. Cassiere Chiesa, Registro XI. A Alvise Gaetan Maestro di Musaicho, ducati tresento e nove g. 9, p. tanti se li ha credito per l'amontar de Musaicho fatto in chiesa di S. Marco, nel volto grande, tra le doi porte Maggiori, parte dell'Historia dell'Inferno dove è bocca della furia infernale, fatto per mano del soprad.o ... et per il d.o. lavoro Piedi I3 longhezza ed piedi 8 I/2 per altezza, che sonno de piede quadro piedi Io I /2 come per Poliza di ultimo luglio passato (in P. SACCARDO, op. cit., p. 3I3)· I8) Attivo a Venezia, Pietro Muttoni ('?) detto Vecchia (r6o3- I678) fu scolaro del Padovanino. Non tutti gli storici sono con- cordt nel ritenerlo Muttoni e il soprannome gli venne "pel ta- lento di risarcire quadri vecchi , ; si dice infatti anche che co- piasse tutti i mosaici di San Marco. Prestò la sua opera di cartoni- sta, I64o al I657• per una decina di composizioni musive della decorazione marctana. Il cartone di "Giuda, per la corrispon- dente opera musiva è del I64o (cfr. P. SACCARDO, op . cit ., p. 265). I9) Cfr. La Basilica di S. Marco in Venezia- Urgenza di prov- vedimenti per la sua "Conservazione, Venezia I946, p. I5· La parte inferiore di Giuda è stata staccata in otto sezioni e riapp!icata nel I9I9· Modesti rattoppi al manto musivo, segnatamente in corrispondenza dei rami dell'albero, sono stati eseguiti nel I923 (cfr. Giornale di lavoro del Laboratorio del mosaico della Pro - curatoria di S. Marco, Venezia). 20) Alcuni cartoni su tela imitanti opere preesistenti sull'arco- ne, sono stati eseguiti, nella seconda metà del XIX secolo, dalla Compagnia Venezia-Murano per lavori di "restauro,. Essi sono custoditi nei depositi del Museo marciano. 2I) Il presente contributo è dovuto prima di tutto alla risco- perta, che ho avuto la fortuna di fare, di una parte del cartone originale di Maffeo Verona. Le ricerche e gli studi del cartone sono stati da me compiuti presso la Basilica di S. Marco e presso l'Archivio di Stato dt Venezia negli anni I970-'7I · La riscoperta costituisce anche l'occasione per ribadire ancora una volta l'op- portunità di affrontare l'insieme dei problemi della conserva- zione attuale di un'arte preziosa che, nella Basilica, trova l'esem- pio più vasto e completo del suo divenire. IL RESTAURO DELL'ALA SETTEN- TRIONALE DEL PALAZZO DEI PRIORI IN PERUGIA E L'AMPLIAMENTO DELLA GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA N EL 1953-54 fu realizzato quel riordinamento della Galleria Nazionale dell'Umbria che, malgrado siano passati vent'anni, resta tuttora in gran parte va- lido. ') Il lavoro consistette allora nell'adattamento della vecchia sede della Galleria, che si stende sulla parte centrale e meridionale del Palazzo dei Priori e che fu 218 portata da 20 a 25 sale, e nel <nuovo ordinamento delle collezioni di pittura, scultura ed arti cosidette minori dei secoli dal XIII a metà del XVI, cercando di dare, cioè, un quadro chiaro e completo delle arti figurative in U mbria sino all'esaurirsi della scuola perugina del Rinascimento, i cui termini potevano essere rappresen- tati dalle opere di Dono Doni e di Orazio Alfani, anche se, in effetti, i due pittori umbri già mostrano segni decisi di evoluzione manieristica. Fu anche, al- lora, promesso che le importanti collezioni del manie- risme maturo, del Seicento e del Settecento e la pic- cola raccolta storico-topografica avrebbero trovato sede nella parte settentrionale del Palazzo, in quel tempo occupata dalla Biblioteca Comunale, e dove sarebbe stato possibile collocare anche i depositi ed altri servizi della Galleria. 2 > La promessa ha dovuto attendere a lungo per essere mantenuta. Trasferita nel 1968 la Biblioteca nel Palazzo Conestabile della Staffa, a tal fine acquistato dal Comune di Perugia, quest'ultimo, con encomiabile comprensione, concedeva per l'am- pliamento della Galleria e per i suoi servizi quasi tutta l'ala nord del Palazzo, 3) settore dell'edificio che do- veva comunque essere consolidato e restaurato sulla fronte su Via della Gabbia (non ripristinata insieme alle altre facciate), e nei monumentali interni, grave- mente alterati negli ultimi secoli. I lavori, iniziati nel 1969, sono terminati nell'agosto del 1973 ed hanno importato una spesa - a totale carico dello Stato - di 149 milioni per il restauro monumentale é di 15 milioni per sistemazioni museografiche e dei servizi. 4) La fronte del Palazzo su Via della Gabbia è divisa in tre zone: la prima, che fa angolo sulla Piazza Gran- de, è prosecuzione dell'espressione delle altre facciate, anche se vi mancano le grandi trifore; la seconda è formata dai resti di un edificio preesistente al Palazzo, la casa-torre detta di Madonna Dialdana; la terza, comprendente l'angolata su Via dei Priori, riprende l'espressione architettonica delle altre fronti. La prima parte, malgrado sia di grande importanza nella veduta complessiva dell'edificio dalla Piazza Grande, era stata lasciata dai restauratori dell'ultimo quarto del seco- lo XIX nelle condizioni di profonda degradazione, nelle quali si era venuto riducendo il grande complesso monumentale dal tardo Cinquecento in poi. Il del Palazzo, che fa angolo fra Piazza Gran- de e VJ':i" della Gabbia, appartiene all'ampliamento ef- fettuato in più riprese, dal 1319 al 1339, sul luogo del- l'antica chiesa di S. Severo e di case-torri duecente- sche; 5) ampliamento che cercò di conferire continuità all'architettura esterna, ma che negli interni, come vedremo, si risolse in una strutturazione inorganica. Il restauro dell'esterno si è limitato alla prima zona della' facciata su Via della Gabbia; riprendendo le lacune della cortina in travertino, i tratti mancanti di cornici e due tratti del coronamento ad archetti ciechi, distrutti dalle aperture di due finestre; sotto l'imposta del vec- chio tetto sono state individuate le basi dei merli, che sono stati ricostruiti nelle forme di quelli delle altre facciate (fig. 3). Se il restauro dell'esterno dell'edificio lo ha reso alla originale veduta prospettica, il restauro degli interni ha permesso una lettura approfondita dei monumen- tali ambienti (figg. I, 2). Il grande salone (XXVI) sul- l'angolata a nord-est (m. 26,8o x 14, altezza m. 9,85), corrispondente all'area della sottostante Sala dei No- tari e quindi del nucleo più antico del Palazzo ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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Page 1: IL RESTAURO DELL'ALA SETTEN alla N - Bollettino d'Arte · tanti se li ha credito per l'amontar de Musaicho fatto in chiesa di S. Marco, nel volto grande, tra le doi porte Maggiori,

ultima parte della scena è notevolmente somigliante al cartone del Verona: anche qui i dannati sono sospinti dai diavoli verso l'enorme bocca del drago delle profondità. Nell'opera di Klotzas (Candia I562-I607) attivo a Candia, ove il trittico è stato ese­guito, sono evidenti le influenze della cultura manierista. Si conservano con questa anche altre sue opere nel Museo dell'Isti­tuto Ellenico di Studi Bizantini e Postbizantini a Venezia (cfr. M. CHATZIDAKIS, Icones de Saint-Georges des Grecs et de la Col­lection de l'Institut Hellenique de Venise, ivi, I962, pp. 74-'79· Notizie di Klotzas in Thesaurismata, vol. Io, I973).

I3) V. nota Io. I4) V. la descrizione del dragone nell'Apocalisse, I2, 7· I5) Sulla porta della crociera del dormitorio dell'antico con­

vento di San Giorgio Maggiore, un tempo ricchissimo di opere d 'arte (dipinti, sculture, libri ecc.), andate poi disperse agli mizi del secolo XIX per cause molteplici, vi era un dipinto di Maffeo Verona raffigurante San Michele vittorioso sui demoni, opera ser­vita da cartone per uno dei mosaici della Basilica di San Marco (cfr. A. M . ZANETTI, op. cit., p. 279) .. Pur nell'indicazione piut­tosto generica riportata anche da altri autori veneziani dell'epoca, il cartone, con ogni probabilità, coincide col primo partito figu­rale dell'Inferno. Il Verona, infatti, non ha eseguito alcun altro cartone con tale sog~etto per la Basilica di San Marco.

I6) Iacopo Pastermi visse a Venezia e vi morì poco prima del I655i si ignora la data di nascita. Eseguì numerose opere nella Basilica di San Marco dove, accettato come maestro di mosaico nel I6I4, lavorò per circa 39 anni. I cartoni per i suoi lavori furono eseguiti da Maffeo Verona, da Leandro Bassano, dal Padovanino, dal Tizianello, dal Palma, da Girolamo Pilotti, da Pietro Vecchia. È considerato l'ultimo artista veneziano della scuola marciana.

I7) "I6I9, Agosto, II. Cassiere Chiesa, Registro XI. A Alvise Gaetan Maestro di Musaicho, ducati tresento e nove g. 9, p. tanti se li ha credito per l'amontar de Musaicho fatto in chiesa di S. Marco, nel volto grande, tra le doi porte Maggiori, parte dell'Historia dell'Inferno dove è bocca della furia infernale, fatto per mano del soprad.o ... et per il d.o. lavoro Piedi I3 longhezza ed piedi 8 I/2 per altezza, che sonno de piede quadro piedi Io I /2 come per Poliza di ultimo luglio passato (in P. SACCARDO, op. cit., p. 3I3)·

I8) Attivo a Venezia, Pietro Muttoni ('?) detto Vecchia (r6o3-I678) fu scolaro del Padovanino. Non tutti gli storici sono con­cordt nel ritenerlo Muttoni e il soprannome gli venne "pel ta­lento di risarcire quadri vecchi , ; si dice infatti anche che co­piasse tutti i mosaici di San Marco. Prestò la sua opera di cartoni­sta, d~l I64o al I657• per una decina di composizioni musive della decorazione marctana. Il cartone di "Giuda, per la corrispon­dente opera musiva è del I64o (cfr. P. SACCARDO, op. cit., p. 265).

I9) Cfr. La Basilica di S. Marco in Venezia- Urgenza di prov­vedimenti per la sua "Conservazione, Venezia I946, p. I5· La parte inferiore di Giuda è stata staccata in otto sezioni e riapp!icata nel I9I9· Modesti rattoppi al manto musivo, segnatamente in corrispondenza dei rami dell'albero, sono stati eseguiti nel I923 (cfr. Giornale di lavoro del Laboratorio del mosaico della Pro­curatoria di S. Marco, Venezia).

20) Alcuni cartoni su tela imitanti opere preesistenti sull'arco­ne, sono stati eseguiti, nella seconda metà del XIX secolo, dalla Compagnia Venezia-Murano per lavori di "restauro,. Essi sono custoditi nei depositi del Museo marciano.

2I) Il presente contributo è dovuto prima di tutto alla risco­perta, che ho avuto la fortuna di fare, di una parte del cartone originale di Maffeo Verona. Le ricerche e gli studi del cartone sono stati da me compiuti presso la Basilica di S. Marco e presso l'Archivio di Stato dt Venezia negli anni I970-'7I · La riscoperta costituisce anche l'occasione per ribadire ancora una volta l'op­portunità di affrontare l'insieme dei problemi della conserva­zione attuale di un'arte preziosa che, nella Basilica, trova l'esem­pio più vasto e completo del suo divenire.

IL RESTAURO DELL'ALA SETTEN­TRIONALE DEL PALAZZO DEI PRIORI

IN PERUGIA E L'AMPLIAMENTO DELLA GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA

N EL 1953-54 fu realizzato quel riordinamento della Galleria Nazionale dell'Umbria che, malgrado

siano passati vent'anni, resta tuttora in gran parte va­lido. ') Il lavoro consistette allora nell'adattamento della vecchia sede della Galleria, che si stende sulla parte centrale e meridionale del Palazzo dei Priori e che fu

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portata da 20 a 25 sale, e nel <nuovo ordinamento delle collezioni di pittura, scultura ed arti cosidette minori dei secoli dal XIII a metà del XVI, cercando di dare, cioè, un quadro chiaro e completo delle arti figurative in U mbria sino all'esaurirsi della scuola perugina del Rinascimento, i cui termini potevano essere rappresen­tati dalle opere di Dono Doni e di Orazio Alfani, anche se, in effetti, i due pittori umbri già mostrano segni decisi di evoluzione manieristica. Fu anche, al­lora, promesso che le importanti collezioni del manie­risme maturo, del Seicento e del Settecento e la pic­cola raccolta storico-topografica avrebbero trovato sede nella parte settentrionale del Palazzo, in quel tempo occupata dalla Biblioteca Comunale, e dove sarebbe stato possibile collocare anche i depositi ed altri servizi della Galleria. 2> La promessa ha dovuto attendere a lungo per essere mantenuta. Trasferita nel 1968 la Biblioteca nel Palazzo Conestabile della Staffa, a tal fine acquistato dal Comune di Perugia, quest'ultimo, con encomiabile comprensione, concedeva per l'am­pliamento della Galleria e per i suoi servizi quasi tutta l'ala nord del Palazzo, 3) settore dell'edificio che do­veva comunque essere consolidato e restaurato sulla fronte su Via della Gabbia (non ripristinata insieme alle altre facciate), e nei monumentali interni, grave­mente alterati negli ultimi secoli. I lavori, iniziati nel 1969, sono terminati nell'agosto del 1973 ed hanno importato una spesa - a totale carico dello Stato -di 149 milioni per il restauro monumentale é di 15 milioni per sistemazioni museografiche e dei servizi. 4)

La fronte del Palazzo su Via della Gabbia è divisa in tre zone: la prima, che fa angolo sulla Piazza Gran­de, è prosecuzione dell'espressione delle altre facciate, anche se vi mancano le grandi trifore; la seconda è formata dai resti di un edificio preesistente al Palazzo, la casa-torre detta di Madonna Dialdana; la terza, comprendente l'angolata su Via dei Priori, riprende l'espressione architettonica delle altre fronti. La prima parte, malgrado sia di grande importanza nella veduta complessiva dell'edificio dalla Piazza Grande, era stata lasciata dai restauratori dell'ultimo quarto del seco­lo XIX nelle condizioni di profonda degradazione, nelle quali si era venuto riducendo il grande complesso monumentale dal tardo Cinquecento in poi.

Il settor~ del Palazzo, che fa angolo fra Piazza Gran­de e VJ':i" della Gabbia, appartiene all'ampliamento ef­fettuato in più riprese, dal 1319 al 1339, sul luogo del­l'antica chiesa di S. Severo e di case-torri duecente­sche; 5) ampliamento che cercò di conferire continuità all'architettura esterna, ma che negli interni, come vedremo, si risolse in una strutturazione inorganica. Il restauro dell'esterno si è limitato alla prima zona della' facciata su Via della Gabbia; riprendendo le lacune della cortina in travertino, i tratti mancanti di cornici e due tratti del coronamento ad archetti ciechi, distrutti dalle aperture di due finestre; sotto l'imposta del vec­chio tetto sono state individuate le basi dei merli, che sono stati ricostruiti nelle forme di quelli delle altre facciate (fig. 3).

Se il restauro dell'esterno dell'edificio lo ha reso alla originale veduta prospettica, il restauro degli interni ha permesso una lettura approfondita dei monumen­tali ambienti (figg. I, 2). Il grande salone (XXVI) sul­l'angolata a nord-est (m. 26,8o x 14, altezza m. 9,85), corrispondente all'area della sottostante Sala dei No­tari e quindi del nucleo più antico del Palazzo (129~

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SALA XXV

SALA XXVI

1 - Perugia, Galleria Nazionale - Planimetria dell'ampliamento alla quota della Sala del Consiglio Generale

1298), era stato destinato nello scorso secolo a grande deposito librario della Biblioteca; questa destinazione era stata però preceduta dalla liberazione del grande vano da tramezzature e da divisioni in più piani ed ~i il grande soffitto in legno appartiene a questo ~tervento restaurativo ed è stato conservato perché ptenamente corrispondente alle esigenze di definizione ~ alto dello spazio interno e perché privo di arbitrari nchia!Di s~ilistici. Smontate le impalcature di abete, che n~op~tvano tutte le pareti, sono stati riscoperti, CO~lid.att e restaurati sulla parete a sud vasti fram­men~t dt una grande decorazione ad affresco (figg. 4· s), con .m al~o un grifo e sotto, in più strati, stemmi di ~lStratt; gli strati più profondi sono databili - sti- .

ticame~te, c~é. ~ frammenti di .iscrizioni sono prati­camente tlleggtbth - a metà ctrca del secolo XIV !lldftre il pi~ superficiale (e quindi il più recente) dt ~ un arttsta tardogotico dei primi del secolo XV, ril e In una fig~ra femminile emblematica (figg. 6, 7), di n uvante quahtà, mostra di appartenere alla cerchia

l,e esca se non allo stesso Ottaviano Nelli che nel-autunno d 1 d' · . ' ~ d . e. 1;400 tpmgeva stemmt appunto nel Pa-

et Prton a Perugia. 6) Questi documenti pitto-

rici sono, a parer nostro, di considerevolissimo inte­resse per la storia del Palazzo: essi testimoniano- sen­za alcun dubbio, data l'estensione e la posi tura degli affreschi - che l'attuale spazio interno è quello ori­ginale e che la sala era destinata - come la sottostante Sala dei Nòtari, che reca nella parete di fondo una decorazione del tutte simile - a solenne ambiente di rappresentanza. Purtroppo poche notizie emergono dalle fonti: probabilmente questa grande sala fu rea­lizzata con i lavori del 1317. 7) Si può pensare che, mentre la Sala dei Notari era destinata alle adunanze popolari ed alle udienze del Capitano del Popolo, que­sta ad essa soprastante fosse invece sede delle adunanze dei Priori delle Arti; sede poi spostata, con il terzo ampliamento del Palazzo, nell'attuale Sala del Consi­glio Generale (XXV).

Nell'esplorare la lunga parete ad ovest, nella zona fra il salone e la sala con basse volte gotiche (XXVII), demolite fatiscenti e tarde tamponature, è venuto alla luce un enorme arcone, aperto nello spesso muro di spi­na del Palazzo; arcone, che per la forma "ribassata,, denuncia un'origine secentesca, confermata dal fatto che il muro in questione era il muro esterno del nucleo

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SALA X XVIII

SALA XXIX

SALA XXX

VANO DELLA SALA XXVI

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2 - Perugia, Galleria Naz~onale - Planimetria dell'ampliamento al piano superiore

originale dell'edificio (1293-g8), che non doveva re­care grandi aperture (non si sono infatti trovate tracce di finestre). Per ricreare quindi l'originale spazio in­terno si sarebbero dovute ricostruire le tamponature; si è invece creduto opportuno lasciare completamente libera la grande apertura, sia perché essa è testimo­nianza di un importante intervento del secolo XVII, sia per permettere la splendida veduta dal piano supe­riore sulla grande sala e - attraverso la sene di grandi trifore - sul centro della città: ' scopo che crediamo sia stato lo stesso dell'intervento secentesco, poco prima che il grande salone fosse manomesso con suddivtsioni.

La definizione con due basse volte a crociere goti­che della sala adiacente rappresenta un problema: perché, nell'ampliamento del 1319-39, conseguente alla demolizione dell'antica chiesa di S. Severo, sia in questo ambiente, sia, soprattutto, nella vicina sala d'an­golo (ora ospitante la Deputazione di Storia Patria) definita con vòlte dello stesso tipo, ci si attenne ad una quota così bassa delle coperture a volta da tagliare a circa metà le due grandi trifore della seconda sala ? Questa disorganicità crediamo possa essere spiegata

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pi~:che con la necessità di adattare strutture preesi­sténti - le volte a crociera sono infatti trecentesche -con la discontinuità dei lavori e della loro direzione -1319, Paoluccio di Martino de' Barzi; 1326, Ambrogio Maitani; 1339, Mattiolo di Golino e Pietro di France­sco - almeno per quanto le fonti, assai frammentarie, permettono di intravedere; sempre che non si tratti di successivi maldestri interventi, sempre entro il se­colo XIV. Il muro che chiudeva verso un ' chiostrino questa sala a crociera, era stato, attraverso i secoli, forato e riforato da finestre e porticine (nel chiostrino erano stati costruiti 2 cessi pensili), in modo tale che nulla era rimasto del tessuto originale: per non doverlo ricostruire in forme arbitrarie, si è preferito sostituirlo _interamente con una grande vetrata, che oltre che maggior luce, la pittoresca visione chiostrino. La stessa soluzione - ·e per le uu'u~ . ., ...... ragioni - è stata adottata per la parete prospiciente, della sala destinata a bar, ed alla quale si accede dalla nuova biglietteria della Galleria.

Dalla sala a basse volte a-crociera si passa in scala elicoidale in pietra, la cui costruzione deve tut·

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8 - Perugia, Galleria Nazionale - Sala XXVI, del manierismo tardo e del primo Seicento

9 - Perugia, Galleria Na zionale - Sala XXVIII , dell 'ultimo Seicento e del primo Settecento

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ro - Perugia, Galleria Nazionale - Sala XXIX, pittori del Settecento

I I - Perugia, Galleria Nazionale - Sala XXX, pittori del Settecento

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12 - Perugia, Galleria Nazionale - Sala XXXI, dipinti di interesse storico-topografico

13 - Perugia, Galleria Na zionale - Sala XXXII, arte del legname e arte tessile

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tavia essere ~uccessiva a guella della sala,, perché una volticina gotiCa ad essa ad1acente mostra d1 essere stata tagliata dalla muraglia della scala stessa; su questa ultima si aprono le porticine di tre piccole celle carce­rarie, ricava~e nella ~orre -:-di Madonna Dialdana. Si sale così al p1ano supenore, m tre sale (XXVIII, XXIX, :XXX), che non debbono mai essere state coperte a volta (sono state ora plafonate in cemento armato, nel più semplice dei ~odi) e che !?rendono luce da una serie di finestre centmate, probabllmente del secolo XV. Nella prima di queste tre sale (XXVIIIf gran parte della parete meridionale, e cioè quella sul chiostrino di cui s'è detto, presenta un grande arco a mattoni, che era stato tamponato con mattoni "a foglio, ; quest'arco si tende dalla Torre di Dialdana al muro di spina del Palazzo, in?ic~ndo ~hiar~mente di ess~re preesistente alla scala elic01dale, 11 cu1 muro sul chlo­strino si inserisce normalmente ad un terzo circa di esso. Anche per questa parete si è preferito non rea­lizzare una chiusura in muratura, ma una grande ve-: trata uguale a quella della sala sottostante. Da questo gruppo di sale si passa, attraverso un piccolo ambiente a volta, che un tempo doveva essere un quarto carce­rino, alle ultime tre sale (XXXI-XXXII-XXXIII), che non hanno offerto particolari problemi: esse si devono alla ristrutturazione della fine del Quattrocento della parte del Palazzo, la cui fronte è quella interme­dia su 'Via della Gabbia. Dall'ultima di queste salette, si riesce sullo scalone principale.

A tutti gli ambienti è stato conferito un aspetto di estrema semplicità; i pavimenti - ad eccezione del salone XXVI, pavimentato in pietra rossa del Prodo, e delle sale XXXI-XXXIII, che, per aumentarne la luminosità, sono state pavimentate in pietra bianca -sono tutti in cotto, come del resto nell'altra parte della Galleria; gli intonaci sono tutti in color bianco-neve. Le finestre hanno infissi in ferro nero.

L'impianto di illuminazione è stato studiato atten­tamente: dai soffitti scendono aste in ferro nero, che

· recano proiettori speciali orientabili con lampade a jodio a fascio regolabile; nelle 2 sale con volte sono istallati semplici riflettori per luce riflessa sulle volte stesse.

Quando in un museo, per le esigenze planimetriche d.ella sua intangibile sede antica, come nel caso nostro, SI deve decidere in qual punto effettuare una soluzione del!a continuità espos.itiva, si è sempre presi dai più sen dubbi sulla liceità di tale cesura. S'è già sopra detto che le collezioni riordinate nel I953-54 termina­vano con gli umbri già fondamentalmente mariieristi: doverli lasciare, attraversare il corridoio del Tesoro, la Cappella dei Priori, la loggia di Agostino di Duccio, la Sala del Maggior Consiglio e riprendere poi il di­scorso con altri manieristi, può sembrare operazione museograficamente e didatticamente non molto ele­gante. Ma tant'è, qualsiasi altra strutturazione museale ~ essere pensata - e chi scrive ha molto riflettuto

r:ftuardo-:- sempre ci si trova di fronte a quel grup­po 'b~l4 ~mb1enti, che rappresentano un largo ed inin­sen. t e .mtermezzo.

~~ .è così deciso di riprendere il discorso storico­~ttco c~:m la grande pala, che Cristoforo Gherardi d 1 ttanzto ~agani dipinsero nel I549 per S. Maria / ~opolo d1 Perugia e che per le sue enormi dimen-1001• oltre tutto, non può essere decentemente esposta

se non sulle altissime pareti della sala XXVI. Vicino

a questa pala sono esposte altre opere di mamenstt maturi - fra le quali la grande tavola del '64 di Arrigo Fiammingo, che è forse il suo capolavoro e che è stata qui spostata, anche per ragioni di spazio, dalla sala XXII - e fra i barocceschi, i perugini V. Pellegrini e S. Ciburri; e certi loro precorrimenti quasi barocchi, ci consolano alquanto di averli distanziati dal miche­langelesco Doni e dall'incerto Orazio Alfani ; precorri­menti ancora più vicini al barocco sono in una grande tela, quasi certamente attribuibile all' umbro Ippolito Borghesi. Ma certo, i punti focali di questa grande sala XXVI sono la celebr~ Nascita della Vergine di Pietro da Cortona, la preziosa Presentazione della Ver­gine di Andrea Sacchi, e due recenti, splendidi acqui­sti, il Noli me tangere e la Samaritana del Valentin; fanno modesto contorno un armonico Amadei ed una gustosa tela forse del Malombra. Tutte queste opere sono di proporzioni materiali considerevoli e sono state collocate sulle pareti secondo un ritmo compositivo, in accordo con quello della solenne architettura (fig. 8). Solo le due non grandi tele del Valentin sono state esposte su strutture in acciaio per evidenziarle e per farle · godere di giusta luce.

Più pacato e raccolto anche per le minori dimensioni delle opere è il tono della sala XXVII dove sono espo­sti pittori umbri del secolo XVII, fra i quali emerge Giandomenico Cerrini, detto il Cavalier Perugino, ed Agostino T assi, di cui è esposto un piccolo e prezioso Paesaggio. Salendo per la scala elicoidale quattrocen­tesca si riesce nella sala XXVIII, che in un lato si apre interamente sul grande salone XXVI ; qui sono esposte tele della seconda metà del Seicento e del pri­mo Settecento (fig. g). La più importante è una Pre­sentazione della Vergine di Luigi Scaram'uccia, che te­stimonia come il celebre autore de Le finezze de' pen­nelli italiani sia anche un considerevole pittore ; intorno a lui opere del quasi ignoto Fra Umile da Foligno, del Giorgetti, del Giaquinto, del Luti, del Trevisani.

Nella sala XXIX (fig. ro)- insieme alla preziosa tela di G. M. Crespi La Vergine e S. Rosa da Lima -sono rappresentati pittori umbri del secolo XVIII: Giacinto Boccanera in primo luogo, poi Francesco Mancini, il Busti, il Laudati. Nella seguente sala XXX (fig. II) insieme agli umbri Lodovico Mazzanti e Fran­cesco Appiani, è un gruppo di opere di maggiori artisti settecenteschi : tre tele del Conca- due, con deliziosi episodi della Gér..usalemme Liberata, sono recenti acqui­sti- una dell'Odazzi, una di Lodovico Stern ed infine la grande tela di Pierre Subleyras, S . Ambrogio assolve l'Imperatore Teodosio, che è uno dei capolavori del maestro francese, che vi mostra già chiari segni della riforma neoclassica, chiude veramente " in bellezza , le collezioni di età barocca della Galleria. ·

Collezioni che non pretendono certo di dare un quadro completo delle attività figurative in Umbria nei secoli XVII e XVIII : del tardo Cinquecento sa­rebbe necessario testimoniare con un'opera autografa la presenza a Perugia del Barocci; in specie del Sei­cento sono assenti importanti artisti, come A. Camassei, A. Polinori, P. Montanini, G. C. Angeli, B. Gagliardi, G. F. Bassotti, G. U. Abbatini, lacune che potranno in futuro essere colmate; per il Settecento la documen­tazione è invece più completa, anche se limitati inse­rimenti non saranno, col tempo, da escludere.

Un primo ed importante incremento si è avuto con il prestito da parte dell'Accademia di Belle Arti di Perugia della preziosa tavoletta di Pietro da Cortona

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Page 10: IL RESTAURO DELL'ALA SETTEN alla N - Bollettino d'Arte · tanti se li ha credito per l'amontar de Musaicho fatto in chiesa di S. Marco, nel volto grande, tra le doi porte Maggiori,

con La Vergine e S. Martina, che è esposta presso la grande tela nella Sala XXVI, e dei due deliziosi boz­zetti del Subleyras per le due tele della Chiesa dell'Uni­versità, delle quali una è rimasta a Perugia - ed è quella della Sala XXX, vicino alla quale sono ora esposti i due bozzetti - mentre l'altra fu trasportata nel sec. XIX in S. Francesca Romana a Roma.

Le tre ultime salette- XXXI, XXXII, XXXIII­raccolgono materiale storico-topografico. Nella prima (fig. 12), alcuni documenti pittorici testimoniano inte­ressanti fatti urbanistici perugini, fra i quali un affre­sco - probabilmente di un .settentrionale operante a Roma nel secolo XVI - rappresenta il Borgo Papale (ora Corso Cavour) prima delle trasformazioni del secolo XVII e della distruzione dello splendido rina­scimentale Palazzo Pontani; nella seconda (fig. 13) sono finalmente esposte alcune testimonianze di arti " minori , fra cui le più significative " tovaglie , um­bre del '400 e del '5oo, e documenti dell'arte del legna­me; nella terza, fra l'altro, sono esposti i dipinti del perugino G. Rossi, che a metà circa dell'Ottocento ci ha lasciato una vasta documentazione della città prima delle trasformazioni seguite all'unità italiana, soprat­tutto della Rocca Paolina. La Galleria si chiude con due raffinati dipinti del francese G. B. Wicar, i ritratti di Pio VII e del Cardinal Consalvi della serie di quadri riferentisi al trattato di Tolentino, qui posti a ricordare la prima spoliazione di opere d'arte, delle quali fu vittima Peru~ia e l'Umbria. Infine, a proposito di do­cumenti stonco-topografici, è da ricordare che in tutta la Galleria, da Meo da Siena al Bonfigli, da alcuni dipinti del Quattrocento e del Cinquecento ad alcune tele del Seicento, i documenti storico-topografici sono numerosi ed importanti. 8>

Oltre queste nuove otto sale, la Galleria, con l'attuale ampliamento; ha avuto finalmente una biglietteria a sé stante (precedentemente, tale servizio era male ospi­tato nella sala XXV), una sala d'aspetto-bar ed una comoda stanza per i custodi. In tre sale al piano ultimo del Palazzo sono stati realizzati dei moderni magazzini, in corso di riordinamento. _9)

FRANCESCO SANTI

I) Per la bibliografia su quel riordinamento - effettuato da Gisberto Martelli e da chi scrive - v. F. SANTI, Galleria Na­zionale dell' Umbria - Dipinti, sculture e oggetti d'arte di età ro­manica e gotica (Catalogo), Roma Ig6g, p. 14.

2) Il materiale non sistemato nel 1954 è stato conservato in gran parte per vent'anni nel deposito di fortuna del Convento dei Francescani di Monteripido, alla periferia di Perugia; anche sotto l'aspetto della sicurezza ed accessibilità dei depositi l'am­pliamento era quindi improcrastinabile.

3) Soltanto il complesso dei locali posti a quota inferiore a quella della Galleria - fra i quali la vecchia sala di lettura della Biblioteca, che non è che l'antica e solenne sala da pranzo dei Priori - è stato adibito a sede dell'Ufficio Urbanistica del Co­mune. Un'altra sala monumentale, sull'angolo a nord-ovest, ospita la Deputazione di Storia Patria per l'Umbria.

4) I lavori - diretti da chi scrive con l'ausilio dell'arch. Do­menico Antonio Valentino della Soprintendenza- hanno però compreso sia il rinnovamento delle coperture (tutti i tetti, ri­strutturati in c. a., ad eccezione di quello soprastante la grande sala), sia il consolidamento dei "maschi murari, alla base della facciata del Palazzo sul Corso Vannucci; intervento resosi urgente per eliminare i gravi segni di sofferenza di queste strutture due­centesche e che è consistito in " cuciture, trasversali e longitu­dinali con spinottature in acciaio applicate in profondità con fori a meno di trapani; metodo suggerito dall'ing. dr. SistoMastrodicasa.

5) Sui problemi storici e relative fonti documentarie, assai complessi, di questa fase costruttiva del Palazzo, v. C. MARTINI, Il Palazzo dei Priori a Perugia, in Palladio, I-IV, I970, p. 39 ss.; con ulteriori precisazioni di F. SANTI, Nota sul Palazzo dei Priori a Perugia, in Boll. Deputazione St. Patria per l'U., LXIX,

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I, 1972, p. 49 ss. (ov'è pubblicata la fotog(afia dello stato della facczata su Via della Gabbia prima del restauro del Ig69-?3)·

6) Sono state naturalmente esplorate tutte le pareti, ma non sono venuti alla luce altri frammenti di affreschi; è comunque da tener presente che questa grande sala è stata oggetto, attra­verso i secoli, di innumerevoli interventi, che potrebbero aver distrutto completamente altre zone affrescate. Il consolidamento e la pulitura dei frammenti venuti alla luce è stato effettuato dai restauratori G. Bartoloni e G. Sozi. Per la presenza nel Palazzo dei Priori del Nelli, v. F. Rossi, Ottaviano Nelli: note per la biografia di un pittore di corte, in L'Arte, giugnCH>ettembre I967,

P· 4· · 6 8 Il M .. 7) V. C. MARTINI, op. czt. a nota 5, pp. 5 e 5 . artmt pensa che precedentemente ai lavori del I3I7, resi necessari da un incendio del 'I3I5, nel piano sovrastante la Sala dei Notari fossero le abitazioni dei Pnori.

8) È inoltre da ricordare che i documenti grafici di carattere storico-topografico - stampe e disegni, ma anche antiche foto­grafie -nonché le collezioni numismatiche e le raccolte del Ri­sorgimento, materiali tutti relativi non solo a Perugia ma alla intera Umbria, è indispensabile che siano raccolti in un "Ga­binetto , a sé stante, prima che essi vengano dispersi. Per quanto riguarda poi l'arte contemporanea, sarebbe opportuno che anche per tale settore si reperisca una sede a sé stante - ad esempio, l'Accademia di Belle Arti in Perugia - ad iniziativa locale; a tale sede potrebbe essere conferita la assai modesta raccolta di opere contemporanee, ora conservate nei depositi della Galleria Nazionale deli'Umbria. Infine, il vasto settore delle tradizioni popolari umbre aspetta ancora studi scientifici approfonditi e il reperimento ed il salvataggio di gran parte del mate_riale.

g) Le opere ora nuovamente esposte sono state m parte re­staurate da G. Bartoloni, G. Sozi, G. Mancini, P. Nottiani, G. Raponi. In alcuni vasti locali adiacenti agli Uffici della So­printendenza ai Monumenti e Gallerie deli'Umbria si spera possa essere allestito quanto prima un moderno Gabinetto di restauro.

UN ANONIMO PRECURSORE DEL TRASPORTO DEI DIPINTI

N EGLI ANNI 173g-4o Charles de Brosses, allora tren­tenne, fece con un gruppo di compatrioti un viag­

gio in Italia, durante il quale scrisse agli amici una serie di lettere che nei secoli seguenti assicurarono al loro autore, magistrato illustre per dottrina e integrità, una fama ben maggiore di quella procuratagli ai suoi tempi da numerose e dotte pubblicazioni su argomenti diversissimi.

Nessuno forse legge più la Histoire des navigations aux terres australes, o il Traité de la formation mécha­nique de; langues, o la Histoire de la republique romaine (basa~. specialmente sullo studio di Sallustio, per il qualé l'autore profittò del viaggio in Italia per esami­nare e collazionare varie fonti), né le altre numerose opere di soggetto archeologico o giuridico, ma moltis­Slmi gustano ancora le Lettres familières ècrites d' Italie, pubblicate per la prima volta nel 1799, ventidue anni dopo la morte dell'autore.

Questi era divenuto nel 1775 primo presidente al Parlamento di Borgogna, nel quale era entrato come consigliere all'età di ventun anni; fu sotto il nome di Président de Brosses che fu ormai conosciuto e di­venne, soprattutto per le sue lettere dall'Italia, uno degli scrittori più ammirati del Settecento francese.

Quest'opera, nata dal desiderio di far partecipare gli amici lontani ai piaceri e alle scoperte, ma spesso anche alle peripezie e alle contrarietà, del suo viaggio, rappresentano nello stesso tempo un·o dei testi più spontanei e brillanti della letteratura francese, non solo di quel periodo, e uno degli esempi più interes­santi, per l'acutezza dei giudizi e la varietà degli inte­ressi dell'autore, di resoconto di viaggio.

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