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Anno 23 - nr. 4 - dicembre 2016 il p untas p illi Eccoci! Ci siamo ricascati! Come intrappolati in un labirinto infernale, dopo molto camminare, ci siamo ritrovati al punto di partenza, ancora in cerca di una via d’uscita. Questa nostra povera Italia proprio non ce la fa a darsi un po’ di pace. Impegnati in un gioco dell’oca un po’ logoro, siamo capitati sulla casella “torna al via”. Comunque si valuti il risultato di questo referendum, una cosa mi pare palese: siamo riprecipitati in una situazione di stallo e di paralisi. Siamo ormai da anni imprigionati in un “vorrei ma non posso”. La via d’uscita ovvia e più semplice è sempre quella meno percorribile, e così finiamo per ritrovarci nell’ennesima palude, in cui ciascuno può dare sfogo ai propri istinti più umorali, agli interessi meno nobili e ai sotterfugi più biechi. Mi chiedo se riusciremo prima o poi a terminare questa transizione istituzionale ormai cronica: ogni cambiamento è segno di crescita e di adattamento ai tempi, ma vivere il cambiamento come la condizione ordinaria della vita è qualcosa di patologico; denota una fissazione morbosa, che impedisce al corpo sociale di approdare ad un nuovo stato di convivenza civile. In fondo, questo stato di provviso- rietà istituzionale fa comodo a molti: permette a ciascuno di conservare il proprio piccolo spazio di influenza, di poter porre veti e ostacoli. Insomma, di continuare a contare qualcosa. In fondo è un vizio tutto italiano: rendere le cose instabili e precarie affinché a ciascuno sia garantita la possibilità di giocare la propria fiches, di tutelare i propri interes- si, di porre condizioni e richieste. La vecchia “anima consociativa” del Bel Paese emerge, come un riflesso incondizio- nato, nelle occasioni migliori. Ci spaventa sempre che qualcuno possa decidere e assumersi la responsabilità delle cose. Preferiamo che questa responsabilità venga condivisa tra molti, troppi, attori; così alla fine dei conti, nessuno ne porta realmente il peso. Marco Zanoncelli Con lo stile delle beatitudini L e assemblee che le Associazioni Territoriali presenti in diocesi hanno celebrato in questi ultimi due mesi rappresentano un passo importante del percorso assembleare diocesano e della vita del- l’associazione nel suo complesso. Pur con una variegata parteci- pazione e con approcci anche diversi tra le varie AT, questi incontri - proposti e vissuti in primis dal laicato associato di Azione Cattoli- ca, dentro le chiese locali e a partire dai diversi contesti comunitari - sono stati, in verità, momenti di verifica e di proposta per l’intera comunità locale. Incon- tri, quindi, non ad esclusivo vantaggio dell’esperienza associativa e delle per- sone intervenute, ma di ogni chiesa particolare, in quanto espressione condi- visa di una testimonianza forte di amore per la Chiesa, occasione offerta con spirito sinodale alla comunità cristiana per riflettere su se stessa; un’esplicita disponibilità alla corresponsabilità nella cura ecclesiale e pastorale, l’espres- sione di una passione educativa oggi sempre più alla ricerca di forme nuove e di nuovi processi da avviare, sia dentro l’associazione che nella comunità. Tra due giorni, vivremo un’altra tappa significativa del nostro cammino verso l’Assemblea diocesana del 19 febbraio 2017 e l’Assemblea nazionale del 29 Aprile (che prevede, alla sua apertura, l’incontro di tutto il popolo di Ac con Papa Francesco e idealmente con tutti i vescovi italiani per inaugurare i festeg- giamenti per i 150 anni dell’Associazione). Il 16 dicembre, infatti, il Vescovo Maurizio consegnerà ad una trentina di aderenti dell’Ac diocesana la nomina a presidente dell’associazione territoriale di appartenenza, e ad altrettanti sa- cerdoti l’incarico di Assistente delle diverse AT. La nomina vescovile a presidente dell’AT è sostanzialmente il riconoscimento a rappresentare l’associazione, con l’impegno ad aver cura della vita associati- va nelle sue diverse espressioni perché sappia sostenere, attraverso la propria azione e insieme ai Pastori, la missione apostolica della chiesa locale. Interpretiamo quindi la nomina che proviene dall’autorità episcopale come un vero e proprio mandato, che da una parte raccoglie gli esiti di una scelta democratica degli aderenti come anche di una disponibilità e storia personali, dall’altra parte dona autorevolezza a chi la riceve, a vantaggio di un responsa- bile servizio di cura formativa a favore delle persone affidate e di tutta la comu- nità, a sostegno del percorso di fede di ciascuno. Una nomina nella logica del servizio a Gesù Cristo, al Popolo di Dio, al mondo che chiede di incontrare il suo Signore. Ai presidenti e agli assistenti il sostegno fattivo e nella preghiera dell’associazione. E l’invito è ad interpretare il mandato con uno stile laicale e associativo im- prontato ad alcuni atteggiamenti espressivi di quanto ricevuto e accolto. Il primo tratto di questo stile è la gioia, che è condizione per dare freschezza e creatività all’azione, perché il “rallegratevi ed esultate” sia contagioso e im- pregni ogni momento e scelta con e per l’associazione. Una gioia sostenuta dalla gratitudine, che proviene dalla consapevolezza che la nomina è un’op- portunità donata per “gustare quanto è buono il Signore”, dentro relazioni che hanno il sapore della stima e della cura reciproca. Ai presidenti è chiesto, inol- tre, di cercare sempre e comunque la comunione, di costruire ponti e alleanze tra persone, gruppi, comunità, anziché muri e fossati. Essere perciò attenti a tutti e a ciascuno, con una grande capacità di ascolto. Attenzione e ascolto alle situazioni più ordinarie, alle persone semplici, alle attese anche non espli- citate. Essere - come ci ricorda M. Truffelli nell’introduzione al Testo personale di quest’anno - uomini e donne delle Beatitudini: “Le beatitudini non evocano cose straordinarie, ma vicende di tutti i giorni: il desiderio di felicità, una trama di situazioni comuni, fatiche, speranze, lacrime e sorrisi. In queste situazioni, Gesù indica la via della missione, capovolgendo i criteri umani: povertà, mitez- za, sopportazione, fedeltà, desiderio di giustizia e di pace. Questo stile, vissuto nella gioia interiore che viene dalla fede, è capace di rigenerare in modo radica- le la vita personale e il mondo”. Giuseppe Veluti Referendum: e poi? Spiritualità d’Avvento 2 Il Referendum e la sofferenza inascoltata Solo poche parole, per commentare l’esito del Referendum costituzionale, con la consapevolezza che, mentre scriviamo, il quadro politico istituzionale del prossimo futuro va delineandosi insieme al nuovo Governo Gentiloni. La situazione si è venuta a creare, ovviamente, a motivo della vittoria del no, da molti temuta come un punto senza ritorno. Ma non parleremo di questo; vogliamo piuttosto riflettere a partire dalle parole di un attento osservatore quale è Ferruccio de Bortoli, che il 7 dicembre aveva scritto: “La lista dei temi trascurati in una lunga e inutile campagna referendaria è assai corposa: lavoro che manca, specie per i più giovani, crescita ancora troppo debole, un debito che continua ad aumentare. Un elenco parziale che potrebbe continuare a lungo. Il Paese viene prima”. Certo, si potrebbe obiettare che il tema del Referendum era la riforma costituzionale, non l’azione complessiva del Governo. Ma di fronte ad un’affluenza così elevata (che costituisce di per sé un aspetto molto positivo) occorre tener conto che, al di là di un certo storytelling, ha prevalso l’appello al dato di realtà da parte di un Paese che ha senza dubbio bisogno delle riforme, ma non necessitava di essere portato all’esasperazione su di una riforma (ampiamente migliorabile) che sembrava dover essere accettata come ultima chance di rinascita. A com- mento del voto si sono lette tante sintesi (circa la vittoria dei gufi e la sconfitta dell’Italia) francamente ingenerose nei confronti della grande sofferenza inascoltata di molte fasce del Paese. Con questo voto va riconosciuto che, tra altri aspetti, la politica è stata invitata ad uscire da una superficiale narrazione di se stessa, per riprendere a camminare col passo degli ultimi. Gaber, nel simpatico brano “Salviamo ‘sto Paese”, nel 1978 diceva ironicamente: “Lasciamo perdere il pessimismo, l’insof- ferenza generale dei giovani, i posti di lavoro, l’instabilità, gente che non ne può più, la rabbia [...] non lasciamoci trarre in inganno... dalla realtà!”. Certamente, una strategia che non si è rivelata vincente. Simone Majocchi

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Page 1: il puntaspilli - aclodi.it · stiledelMsacèanchequesto!Lp stiledell’incontroedellacollabora zione,perarrivareinsiemearisulta tieriflessionipiùalte. DonMilani,nellibro‘Lettereaduna

Anno 23 - nr. 4 - dicembre 2016

il puntaspilliEccoci! Ci siamo ricascati! Come intrappolati in un labirinto infernale, dopo molto camminare, ci siamo ritrovati alpunto di partenza, ancora in cerca di una via d’uscita. Questa nostra povera Italia proprio non ce la fa a darsi un po’di pace. Impegnati in un gioco dell’oca un po’ logoro, siamo capitati sulla casella “torna al via”. Comunque si valutiil risultato di questo referendum, una cosa mi pare palese: siamo riprecipitati in una situazione di stallo e di paralisi.Siamo ormai da anni imprigionati in un “vorrei ma non posso”. La via d’uscita ovvia e più semplice è sempre quellameno percorribile, e così finiamo per ritrovarci nell’ennesima palude, in cui ciascuno può dare sfogo ai propri istintipiùumorali, agli interessimenonobili eai sotterfugipiùbiechi.Michiedoseriusciremoprimaopoia terminarequestatransizione istituzionale ormai cronica: ogni cambiamento è segno di crescita e di adattamento ai tempi, ma vivereil cambiamento come la condizione ordinaria della vita è qualcosa di patologico; denota una fissazione morbosa,che impedisceal corposocialedi approdareadunnuovostatodiconvivenzacivile. In fondo,questostatodiprovviso­rietà istituzionale facomodoamolti: permetteaciascunodi conservare il propriopiccolospaziodi influenza,dipoterporre veti e ostacoli. Insomma, di continuare a contare qualcosa. In fondo è un vizio tutto italiano: rendere le coseinstabili eprecarieaffinchéaciascunosiagarantita lapossibilitàdigiocare lapropria fiches,di tutelare ipropri interes­si, diporrecondizioni e richieste.Lavecchia “animaconsociativa”delBelPaeseemerge,comeunriflesso incondizio­nato, nelle occasioni migliori. Ci spaventa sempre che qualcuno possa decidere e assumersi la responsabilità dellecose. Preferiamo che questa responsabilità venga condivisa tra molti, troppi, attori; così alla fine dei conti, nessunone porta realmente il peso.

Marco Zanoncelli

Con lo stile delle beatitudini

Le assemblee che le Associazioni Territoriali presenti in diocesihannocelebrato inquesti ultimiduemesi rappresentanounpassoimportante del percorso assembleare diocesano e della vita del­l’associazione nel suo complesso. Pur con una variegata parteci­pazioneeconapprocci anchediversi tra levarieAT,questi incontri­ proposti e vissuti inprimisdal laicatoassociatodiAzioneCattoli­

ca,dentro lechiese locali eapartiredaidiversi contesti comunitari ­ sonostati,in verità,momenti di verificaedipropostaper l’interacomunità locale. Incon­tri, quindi, non ad esclusivo vantaggio dell’esperienza associativa e delle per­sone intervenute, madi ogni chiesaparticolare, inquantoespressionecondi­visa di una testimonianza forte di amore per la Chiesa, occasione offerta conspirito sinodale alla comunità cristiana per riflettere su se stessa; un’esplicitadisponibilità alla corresponsabilità nella cura ecclesiale e pastorale, l’espres­sione di una passione educativa oggi sempre più alla ricerca di forme nuovee di nuovi processi da avviare, sia dentro l’associazione che nella comunità.Traduegiorni, vivremoun’altra tappa significativadelnostrocamminoversol’Assemblea diocesana del 19 febbraio 2017 e l’Assemblea nazionale del 29Aprile (che prevede, alla sua apertura, l’incontro di tutto il popolo di Ac conPapaFrancescoe idealmentecon tutti i vescovi italianiper inaugurare i festeg­giamenti per i 150 anni dell’Associazione). Il 16 dicembre, infatti, il VescovoMaurizio consegnerà ad una trentina di aderenti dell’Ac diocesana la nominaa presidente dell’associazione territoriale di appartenenza, e ad altrettanti sa­cerdoti l’incarico di Assistente delle diverse AT.Lanominavescovile apresidentedell’ATèsostanzialmente il riconoscimentoa rappresentare l’associazione, con l’impegnoadavercuradellavitaassociati­vanellesuediverseespressioniperchésappiasostenere, attraverso lapropriaazione e insieme ai Pastori, la missione apostolica della chiesa locale.Interpretiamo quindi la nomina che proviene dall’autorità episcopale comeun vero e proprio mandato, che da una parte raccoglie gli esiti di una sceltademocraticadegli aderenti comeanchediunadisponibilità estoriapersonali,dall’altra parte dona autorevolezza a chi la riceve, a vantaggio di un responsa­bile serviziodi cura formativaa favoredellepersoneaffidateedi tutta lacomu­nità, a sostegnodelpercorsodi fede di ciascuno. Unanominanella logicadelservizio a Gesù Cristo, al Popolo di Dio, al mondo che chiede di incontrare ilsuo Signore. Ai presidenti e agli assistenti il sostegno fattivo e nella preghieradell’associazione.E l’invito è ad interpretare il mandato con uno stile laicale e associativo im­prontato ad alcuni atteggiamenti espressivi di quanto ricevuto e accolto. Ilprimo tratto di questo stile è la gioia, che è condizione per dare freschezzae creatività all’azione, perché il “rallegratevi ed esultate” sia contagioso e im­pregni ogni momento e scelta con e per l’associazione. Una gioia sostenutadalla gratitudine, che proviene dalla consapevolezza che la nomina è un’op­portunitàdonataper “gustarequantoèbuono ilSignore”,dentro relazioni chehanno il saporedella stimaedella cura reciproca.Aipresidenti è chiesto, inol­tre, di cercaresempreecomunque lacomunione,di costruireponti e alleanzetra persone, gruppi, comunità, anziché muri e fossati. Essere perciò attentia tutti e a ciascuno, con una grande capacità di ascolto. Attenzione e ascoltoalle situazioni piùordinarie, alle personesemplici, alle atteseanchenonespli­citate.Essere ­ come ci ricorda M. Truffelli nell’introduzione al Testo personale diquest’anno ­ uomini e donne delle Beatitudini: “Le beatitudini non evocanocosestraordinarie,mavicendedi tutti i giorni: il desideriodi felicità, una tramadi situazioni comuni, fatiche, speranze, lacrime e sorrisi. In queste situazioni,Gesù indica laviadellamissione,capovolgendo icriteri umani:povertà,mitez­za, sopportazione, fedeltà,desideriodigiustizia edipace.Questostile, vissutonellagioia interiorechevienedalla fede, ècapacedi rigenerare inmodoradica­le la vita personale e il mondo” .

Giuseppe Veluti

Referendum: e poi?

Spiritualità d’Avvento 2

Il Referendum e la sofferenza inascoltataSolopocheparole,percommentare l’esitodelReferendumcostituzionale,con laconsapevolezzache,mentrescriviamo,il quadro politico istituzionale del prossimo futuro va delineandosi insieme al nuovo Governo Gentiloni. La situazione sièvenutaacreare,ovviamente,amotivodellavittoriadelno,damolti temutacomeunpuntosenzaritorno.Manonparleremodi questo; vogliamo piuttosto riflettere a partire dalle parole di un attento osservatore quale è Ferruccio de Bortoli, che il7dicembreavevascritto:“La listadei temi trascurati inuna lungae inutilecampagnareferendariaèassaicorposa: lavorochemanca,specieper ipiùgiovani,crescitaancoratroppodebole,undebitochecontinuaadaumentare.Unelencoparzialechepotrebbecontinuarealungo.IlPaesevieneprima”.Certo,sipotrebbeobiettarecheil temadelReferendumeralariformacostituzionale,non l’azionecomplessivadelGoverno.Madi fronteadun’affluenzacosìelevata (checostituiscediperséun aspetto molto positivo) occorre tener conto che, al di là di un certo storytelling, ha prevalso l’appello al dato di realtàdapartediunPaesechehasenzadubbiobisognodelle riforme,manonnecessitavadiessereportatoall’esasperazionesudiunariforma(ampiamentemigliorabile)chesembravadoveressereaccettatacomeultimachancedirinascita.Acom­mentodelvotosisonolettetantesintesi(circalavittoriadeigufie lasconfittadell’Italia) francamenteingeneroseneiconfrontidellagrandesofferenza inascoltatadimolte fascedelPaese.Conquestovotovariconosciutoche, traaltriaspetti, lapoliticaè stata invitata ad uscire da una superficiale narrazione di se stessa, per riprendere a camminare col passo degli ultimi.Gaber,nelsimpaticobrano“Salviamo‘stoPaese”,nel1978dicevaironicamente:“Lasciamoperdere ilpessimismo, l’insof­ferenzageneraledeigiovani, ipostidi lavoro, l’instabilità,gentechenonnepuòpiù, la rabbia [...]non lasciamoci trarre ininganno... dalla realtà!”. Certamente, una strategia che non si è rivelata vincente.

Simone Majocchi

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II GIOVANI

dicembre 2016

Pomeriggio di spiritualità: condividendo l’ascolto nell’attesa della Sua venuta

Nella preghiera comune la riscopertadi essere membra del Corpo di Cristo

Come è ormai tradizionedaalcuni anni, i giovani egiovanissimi di Ac si so­no ritrovati nel pomerig­gio della prima domeni­cadiAvventoperunmo­

mento di preparazione, diapprofondimento personale e di for­mazione spirituale in vista del Natale.Il tema che ha guidato la riflessionedel Pomeriggio di Spiritualità di que­st’annoèriassuntonel titolocheèsta­to dato all’incontro: “Nell’attesa dellaSua venuta”.Nellaprimaparte, dopounbrevemo­mentodi introduzioneguidatodadonVincenzo, è stato proiettato un brevevideo estratto dal film “Will Hunting ­GenioRibelle”.L’intentoèstatoquellodi lanciare una provocazione da cuipartire per avviare la riflessione.Successivamente, i giovani e i giova­nissimisi sonodivisi induegruppidi­stinti. Durante questa seconda parte,donMarioedonManuelhannoguida­tounmomentodi riflessioneeappro­fondimentousandocomepuntodi ri­ferimentodue branidellaSacraScrit­tura: Gv 6,22­33 e 1 Cor 12,12­27.Al termine di questa seconda parte, idue gruppi si sono riuniti per un mo­mento di silenzio e riflessione indivi­duale, di fronte al Santissimo Sacra­mentoespostoper l’adorazione.Alcu­ni ragazzi hanno anche coltol’occasione per accostarsi al Sacra­mentodellaRiconciliazionecon iPre­sbiteri presenti all’incontro. Durantel’Adorazione, tutti i presenti sonostatiinoltrechiamati acompiereunpiccolo

gesto. All’altare, accanto all’Eucare­stia, erapossibileprendereuncarton­cino con riportata una scritta (“Tu seiMano”, “Tu sei Piede”, “Tu sei Boc­ca”,TuseiOcchio”, “TuseiNaso”), sucui èstatochiestodi scrivereunabre­ve preghiera, introdotta dalle parole“Aiutami Signore...”, per significarel’appartenenzaalCorpoe lanecessitàdi stare dentro a questa sorgente diVita che nutre e ci comunica la suaforza. Dietro l’ostensorio era visibile

uno specchio nel quale si poteva ve­dere la propria immagine riflessa nelgesto di raccogliere il cartoncino.Il gesto dello specchiarsi ha volutoesprimere la percezione di stare den­tro, in Corpo, a quella che è la Chiesadi cui Cristo è il centro.Nello specchio eravamo presenti Noie gli altri che erano sullo sfondo, co­partecipi del Corpo che è la Chiesa, edel Corpo Eucaristico di Dio che ne èla sorgente.

Per concludere l’incontro, è stato ce­lebrato ilVesproedèstata impartita laBenedizione Eucaristica. Chi ha volu­to,si èpotuto fermarepercondividerein amicizia la cena.Come ogni anno, anche questo Po­meriggiodiSpiritualitàèstatounmo­mento importante per tutti i giovani ei giovanissimi presenti, per avviarecon il giusto slancio il percorso di Av­vento.

Stefano Milani

Il Msacsulle traccedi don MilaniL’8 dicembre l’AC ha festeggiato ilgiornodell’adesione,unagiornatain cui agli aderenti viene data lapossibilità di rinnovare l’impegnopersonaleperunachiesa inuscita.È anche il giorno in cui siamo piùportati a guardare l’anno appenapassato: incontri, campi e soprat­tuttotemitrattati.Si faconlosguar­doproiettato inavanti,giàcercandodi anticipare l’anno alle porte perpoter rilanciare leattivitàegli impe­gnichesi troverannosulcammino.Questa dinamica, naturalmente,coinvolgeanche ilMovimentoStu­denti di Ac, che insieme agli altrigiovani partecipa a questa impor­tante giornata. A maggior ragionequandoteniamoinconsiderazioneche l’annochevienesaràunannodi grandi cambiamenti interni. Il 5febbraio, infatti, si rinnoveranno lecarichenelmomentodel congres­sodiocesano incui verrannoelettii due nuovi segretari e la nuovaéquipe.Sarà ilmomentoincuinuo­vepersonescopriranno labellezzadimettersi ingioco inprimaperso­naediassumersiconsapevolmen­te laresponsabilitàdiportareavantilo stile e la proposta del Msac.Anchealivellonazionalesiaffronte­rà questo importante rito di pas­saggio e dunque mai come que­st’annosembratornare piùattualela figura cardine del nostro movi­mento,DonMilani.Nel2017ricor­re proprio il cinquantesimo anni­versariodellamortediquestostra­ordinario personaggio, ma noistudenti vogliamo riproporre e ri­portare all’attenzione l’attualità diquell’I CARE scritto sulla scuola diBarbiana.Perdare ilviaaquest’annoall’inse­gnadelprete toscanoci recheremopersonalmentenei luoghidellasuavita.Dal2al5gennaio, infatti, visi­teremo quella scuola di periferia efrontiera tanto importante per losviluppo di idee e nuovi metodieducativi. L’occasione è il campoinvernale, classico appuntamentodi inizio anno per gli studenti lodi­giani, chesi terrà inToscana traFi­renzeeBarbiana.Pernoi inpartico­lare,sarà ilmomentochedarà ilviaal percorso congressuale che cul­mineràconl’elezioni, ilmomentoincuidavverosaremochiamatiadireche “mi frega” “mi importa” delMsac.Ma sarà anche un’esperienza percerti aspetti totalmentenuova ,piùgrande. Non saremo solo noi ra­gazzidelladiocesidiLodi, infatti, amuoverciversoFirenze,masiuni­rannoanchePavia,BergamoeCo­mo e la diocesi stessa di Firenze.Nonpossiamodimenticarci che lostile del Msac è anche questo! Lpstiledell’incontroedellacollabora­zione,perarrivare insiemearisulta­ti e riflessioni più alte.DonMilani,nel libro ‘Lettereadunaprofessoressa’ dice: “Non è più iltempo delle elemosine, ma dellescelte”.Probabilmentenonc’èmi­gliore fraseper riassumerecosa lanostraassociazione,enelpiccolo ilnostroMovimento,sideveaspetta­redaquestoprossimoannoasso­ciativo.

Gabriele Veluti e Sofia Anni

La riflessione di un giovane al termine dell’anno santo

Manfredi, un riflesso della Misericordia nella Divina CommediaQuest’anno, all’interno del cammino della catechesi dei giovani, abbia­mo inserito alcune serate nelle quali ognuno di noi, a turno, ha la pos­sibilità di raccontare agli altri un’esperienza di incontro con la bellezza,vissuto nello studio, sul posto di lavoro, al cinema, in un museo, alconservatorio, in una passeggiata... La rilettura in vista di un esame,e un certo desiderio di mettermi alla prova, mi hanno spinto a parlaredel Purgatorio di Dante ed in particolare di una figura, Manfredi di Sve­via. Quando mi è stato chiesto di scrivere queste righe provando a direche cos’è la misericordia agli occhi di un giovane, ho cercato un’imma­gine altrettanto efficace e meno scolastica, ma non mi è venuto in men­te altro.Nel terzo canto, Dante e Virgilio incontrano Manfredi sulla spiaggiadel Purgatorio, poco dopo il loro arrivo. A differenza dell’Inferno, dovecompaiono anime sole ed immerse in un dolore che non può esserecondiviso (l’essere insieme di Paoloe Francesca è probabilmente il mezzoperché il loro lutto sia continuamenterinnovato), gli spiriti di quel lido e,più in generale, di tutto il Purgatoriostanno sempre in gruppo e sono soli­dali tra loro: Dante li paragona allepecorelle e, così facendo, si apprestaa riscrivere la parabola del Buon Pa­store, o meglio, a dirci che quella del­la pecorella smarrita è la storia di unuomo del suo tempo, Manfredi.Era morto scomunicato e tutti ritene­vano che fosse finito all’Inferno(Dante compreso, che non lo ricono­sce subito). Per questo, lo spirito ini­zia a raccontare e spiega il motivo percui si trova nel Purgatorio, destinatoa salire, dopo l’espiazione dei suoipeccati, al Paradiso.

“Orribil furon li peccati miei;ma la bontà infinita ha sì gran braccia,che prende ciò che si rivolge a lei.”

(Purg. III, 121­123)

Manfredi si riconosce colpevole e non tenta in alcun modo di sminuirela gravità delle sue colpe, le riconosce tutte. Eppure tutte spariscono

per quel semplice rivolgersi a Dio. Oltre alle colpe commesse controla Chiesa e all’accusa ricorrente di uomo lussurioso, le cronache del­l’epoca lo indicano anche come assassino del fratello Corrado e re­sponsabile di molti altri misfatti. Ferito a morte in battaglia, Manfredisi pente e si riconsegna al Padre, come era ritornato da suo padre ilFigliol prodigo, lasciando sconvolti quelli che lo conoscevano e cheerano con lui in quel momento. Dante incontra in Purgatorio un uomoche tutti, a maggior ragione dopo la scomunica, avevano dato per per­duto. E la figura del giovane gli si mostra addirittura così:

“biondo era e bello e di gentile aspetto,ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso.”

(Purg. III, 107­108)

Le parole del primo verso conferisconouna dignità immensa a Manfredi, e an­che se il secondo verso completa il suoritratto con una cicatrice all’altezza diuna delle sopracciglia, la sua bellezza ri­mane intatta, fermata per sempre dalverso che precede. La ferita sul volto eratipica del combattente valoroso. Man­fredi non si è risparmiato nella battagliae, come non esita a riconoscersi profon­damente colpevole, non nasconde lasua vulnerabilità (dal latino vulnus, feri­ta).La bellezza del giovane non ne risente,ne è quasi esaltata. Manfredi riporta leferite del male inferto e subito, ma tuttoè in perfetta armonia. Dio è passato perquella ferita, l’ha sanata. Quella piaga èstata l’occasione dell’incontro con lamisericordia assoluta, che l’ha perdona­to ed amato per quello che è.Al termine di questo Anno giubilare, por­to nel cuore questa immagine per la suapotente freschezza. Credo debba parte

della sua vivacità al fatto che Misericordia sia il nome di Dio che l’uomopiù fatica a pronunciare, perché sfugge totalmente alle nostre logiche, edinsieme quello con il suono migliore.

Davide Coluccino

“La bontà infinita ha sì gran braccia,che prende ciò che si rivolge a lei”

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SPIRITUALITÀ III

dicembre 2016

Proseguiamo la rilettura dell’Evangelii Gaudium nel corso del nostro itinerario assembleare

Guardare con occhi nuovi alla povertàL’invito evangelico concretizzato in un’esperienza di accoglienza

La povertà: Dalla nostrafede in Cristo fattosi po­vero, e sempre vicino aipoveri e agli esclusi, de­riva la preoccupazioneper lo sviluppo integrale

dei più abbandonati della società (EG186)... nessuno può sentirsi esone­rato dalla preoccupazione per i pove­ri e per la giustizia sociale: «La con­versione spirituale, l’intensità del­l’amore a Dio e al prossimo, lo zeloper la giustizia e la pace, il significatoevangelico dei poveri e della povertàsono richiesti a tutti». (EG 201)

Cristo nel suo prender carne e veniread abitare con noi il nostro stessocorpo, il nostro stesso mondo, si èfatto uomo, si è fatto povero.Non si è fatto povero in quanto indi­gente, ma si è fatto povero in quantouomo: credo che povero e uomo sia­no sinonimi.Perché ogni uomo è povero, mancadi qualcosa, anela a qualcosa. In­nanzitutto quella umana è una po­vertà d’essere, una mancanza d’es­sere che non può essere colmata du­rante la vita sulla terra se non nellapienezza che raggiungeremo dopo laResurrezione. È proprio questa po­vertà che ci lascia nel cuore il ricordodi quando eravamo nel seno di Dioprima della nascita e muove in noiuna ricerca continua e struggenteche non è mai conclusa, mai colma­ta.In secondo luogo ogni uomo è pove­ro d’avere, po­vero di cose.La povertà puòessere man­canza di cosemateriali omancanza direaltà spiritua­li. Ci sono po­vertà più mani­feste: situazionidi indigenza, malattia, disoccupazio­ne e povertà più celate: solitudine,disperazione, malattia psichica. Ogniuomo a modo suo ha delle povertà,e compito del cristiano non è soloandare alla ricerca del povero, quelloche porta l’etichetta di povero scrittain faccia (l’immigrato, il senza fissadimora), ma di scoprire il povero chesi nasconde in ogni persona.Il messaggio evangelico ci chiamaalle più alte responsabilità verso noistessi e nei confronti degli altri e

questo può spaventare e paralizzareperché ci si può sentire inadeguati,non all’altezza del compito. Certo èche si comincia con il primo passo:saper guardare attentamente, comefaceva Gesù. Infatti il povero si na­sconde nelle figure che incontriamo

tutti i giorni: lavicina di casa,il collega di la­voro. Gesù conil suo sguardosapeva coglie­re le povertàanche dove es­se si nascon­devano. Oltre

al paralitico, alcieco nato, ai lebbrosi, agli indemo­niati ha saputo cogliere la mancanzainvisibile del giovane ricco.Nel suo caso la mancanza del giova­ne ricco era mancanza di una man­canza: ricco, rispettoso della legge,devoto, caritatevole. Non aveva bi­sogno di nulla e di nessuno, non sisentiva chiamato a nulla: era solidoe indipendente. Ecco forse uno deirischi della società occidentale mo­derna: sentirsi appagati, saturi, sen­za bisogni da colmare. In questo fal­

so senso di sicurezza e di benessereci si dimentica di essere poveri,mancanti, e non si riescono neppurepiù a vedere le povertà degli altri: ciinfastidiscono, le teniamo a distanzaperché ci ricordano quella povertàche, col nostro stile di vita, stiamocercando di negare.

Con la nostra esperienza insieme airichiedenti asilo, questa povertàdel mondo occidentale viene fuoria gran voce nella quotidianità. Citroviamo davanti a uomini e donnepoveri di beni materiali, senza de­naro né mezzi di sussistenza, nudinel corpo e rivestiti materialmentedal nostro primo mondo. Una delleattenzioni che dobbiamo avere è dinon alimentare quello stigma chespesso caratterizza, nel senso co­mune, proprio i migranti: personepovere sia materialmente che inte­riormente, da assistere e “rivesti­re”.“Erano circa le sei di sera di una fred­da giornata di metà novembre e sta­vo aspettando una famiglia di richie­denti asilo assegnata in una delle no­stre accoglienze di CaritasLodigiana. Era già buio quando arri­

varono su di un pulmino della crocerossa. La vettura si fermò nella stra­dina di fronte a casa. Si aprì la portie­ra e spuntò una manina che si agita­va con gran forza per salutarmi. Sa­mira era sorridente anche se avevaindosso un vestito decisamentetroppo grandeper la sua ta­glia. Samiranon ha ancoracompiuto treanni eppure hagià dovuto af­frontare il ma­re. Lei e la suafamiglia sonoarrivati in Italiapochi giorni prima senza nulla. Sen­za documenti, né scarpe, né cittadi­nanza, né certezze, né beni di qualsi­asi genere”. E così si cerca di procu­rar loro ciò di cui hanno bisogno.Spesso non ci si accorge che nonsono “vasi vuoti” da riempire ma so­no portatori di una storia da raccon­tare. La loro storia. In quanto esseriumani noi operatori dobbiamo istau­rare una relazione, non solo di assi­stenza, ma di conoscenza. Si tratta diun esercizio continuo di equilibrio e

giusta distanza; senza calpestare néinglobare l’altro nei nostri schemi estili di vita, nei nostri modi di inter­pretare il mondo.Spesso ci accorgiamo, durante l’in­contro, di avere noi stessi povertà emancanze.Ci è capitato di accompagnare giova­ni donne nigeriane durante la gravi­danza, ed è stata una lezione conti­nua vedere come queste donne in­terpretino la maternità: procreare èil più fecondo dei gesti nella culturaafricana, segno di crescita personalee di confine tra l’adolescenza el’adultità. Il nascitura diventa dellacomunità, dono messo a disposizio­ne di tutti. Non vi è egoismo né pro­prietà. Una donna ci insegnò che ilbimbo è della madre solo per novemesi poi diventa dell’intera comuni­tà.Un altro esempio di ricchezza cheabbiamo avuto dai ragazzi dell’AfricaSubsahariana che incontriamo tuttii giorni è la capacità di essere solidalinel poco. Un fratello viene ospitato acasa propria fino a quando non trovauna sistemazione, nella condivisionedi ogni bene materiale che non di­venta mai proprietà del singolo.Davanti ad esperienze del genere cisembra inevitabile domandarsi seesista un qualche tipo di giustizia so­ciale che non tenga conto del piùgrande paradosso di questa moder­nità: un mondo che permette la libe­ra circolazione della ricchezza eco­nomica, ma non delle persone. In al­

tri termini, ècome se ci fos­se un liberali­smo economi­co e un prote­zionismoumano. Un talemondo generainevitabilmen­te una sorta di

periferia, diesclusione.

Ascoltare le storie di chi arriva a bus­sare alla porta dell’Italia e dell’Euro­pa, pensiamo sia un nostro dovere.Farci testimoni e portavoce di un in­contro, non solo possibile, ma arric­chente. Aprirsi all’altro: è questa lavera ricchezza. L’orizzonte del no­stro umanesimo.

Matteo, Giulia e ClaraOperatori della Caritas

Lodigiana

Lo zelo per la giustiziae la pace, il significato

evangelicodei poveri e della povertà

sono richiesti a tutti.

Una delle attenzioni che dobbiamoavere è di non alimentare quellostigma che spesso caratterizzai migranti: persone povere sia

materialmente che interiormente,da assistere e “rivestire”

Vicini per ricominciare: un’iniziativa dei ragazzi delle scuole diocesanePassano i mesi, e il rischio è quello che l’at­tenzione dei media e di tutti noi per le popo­lazioni colpite dal terremoto in centro Italiavada pian piano affievolendosi. Desideria­mo invece che non sia così. Per questo ri­prendiamo qui una bella iniziativa promos­sa dalle Scuole Diocesane, che ha coinvoltoi bambini della scuola primaria “San Vin­cenzo Grossi” nel mese di novembre. In oc­casione della settimana della solidarietà,nell’ambito delle varie iniziative, i bambinisono stati invitato a scrivere lettere e mes­saggi a chi sta vivendo questi mesi fuoridalle proprie abitazioni, in attesa di una ri­costruzione delle città e dei paesi che, losappiamo, sarà lunga e difficile. Si tratta dimessaggi semplici, ma che proprio per que­sto riscaldano il cuore: “Noi vi siamo vicino,vi portiamo nel cuore ricordandovi anchenelle nostre preghiere. Non arrendetevi. Al­cuni di noi vi hanno anche spedito dei gio­

chi, con la speranza che possiate trascorre­re dei momenti sereni con i vostri amici e lenostre famiglie”. Educando i più piccoli anon dimenticarsi di chi è nella sofferenza,mettiamo un mattone in più nella costruzio­ne di una società più giusta e attenta a chiè in difficoltà. Parole, disegni, qualche gio­cattolo, preghiera e amicizia (anche se a di­stanza): gli ingredienti ideali per vivere con­

cretamente all’insegna della solidarietà fra­terna. Nessuno di noi si dimentichi dellepopolazioni colpite dagli eventi sismici de­gli scorsi mesi. Teniamo alta l’attenzione.

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IV AC, BELLA STORIA

dicembre 2016

Non solo un avvicendamento di cariche

Quest’anno assemblea­re rappresenta unabella occasione peruna riflessione sullaproposta e sull’espe­rienza dell’Azione Cat­

tolica, affinché sappia ancora oggirispondere alle domande e alle atte­se delle persone. L’Ac è quindi chia­mata a rileggere se stessa, le sueproposte e i suoi cammini per esse­re parte attiva della “Chiesa in usci­ta”, tanto cara a Papa Francesco.Occorre ripensare la storia dell’as­sociazione dentro la vicenda dellaChiesa e del Paese, affinché la suaproposta formativa, spirituale e diservizio alla Chiesa, congiuntamen­te al suo radicamento al territorio,abbiano ancora oggi un ruolo inso­stituibile nella comunità ecclesiale ecivile.È importante perciò che il camminoassembleare non sia vissuto sem­plicemente come un “avvicenda­mento di cariche”, ma come un’oc­casione di partecipazione, confron­to e democrazia, nella quale tutti sisentano parte attiva. Tutti gli ade­renti, delle varie fasce di età, sonougualmente chiamati a dare il pro­prio contributo di idee, progetti e di­sponibilità personale. L’Ac non vivesenza laici corresponsabili nella co­struzione e missione della Chiesa.L’associazione territoriale dei SS.Bartolomeo e Martino di Casalpu­sterlengo ha vissuto, domenica 20novembre, la propria Assembleaparrocchiale che ha visto protagoni­ste tutte le fasce d’età: ragazzi Acr,giovanissimi, giovani, adulti e adul­tissimi. È stato un bel momento dicondivisione, di appartenenza allaChiesa, vissuta attraverso la dimen­sione associativa, che richiama lacorresponsabilità dei laici per la co­struzione del Regno di Dio.In preparazione dell’assemblea lanostra associazione ha vissuto alcu­

ni momenti significativi che hannocoinvolto tutti gli aderenti e simpa­tizzanti per un proficuo discerni­mento. L’organizzazione di un Con­

siglio aperto ha dato avvio a questoperiodo preparatorio iniziando ilpercorso con la lettura del contesto,a partire dalle difficoltà e dalle do­

mande reali delle persone, dalle bel­lezze e dai limiti della vita associati­va e dalle questioni di ordine pasto­rale. Dopo un momento di analisi

della realtà è stato importante con­frontarsi su quali scelte assumere inquesto triennio associativo, attra­verso un discernimento comunita­rio autentico, fatto a partire dallapropria realtà e dal proprio contestospecifico. Lo abbiamo fatto in occa­sione della Festa del Ciao, coinvol­gendo alcuni giovani della comuni­tà, chiamati a dare il proprio contri­buto di idee e progetti.Questo cammino associativo è statoispirato dagli insegnamenti di PapaFrancesco, che ci chiede di attivareprocessi e di prendere sul serio ilprogetto di una Chiesa mossa dalloSpirito. Le tappe preparatorie e l’as­semblea stessa rappresentano au­tentici momenti di Chiesa, vissuta inmodo sinodale e nella comunione,come insegna il Convegno Ecclesia­le di Firenze dello scorso anno. L’as­sociazione è chiamata a fare le pro­prie scelte con un autentico stile diconfronto e dialogo, “Il modo mi­

gliore per dialogarenon è quello di parlaree discutere, ma quellodi fare qualcosa insie­me e costruire insie­me, e di fare progetti”(Papa Francesco).

Curare le relazionicon le persone che vi­vono nella nostra par­rocchia: questo è ilmodo migliore percostruire un tessutosempre più solido dicollaborazione e im­pegno.Le nostre comunità ele città in cui viviamoattendono dall’AzioneCattolica un’utenticatestimonianza cristia­

na e un rinnovato impegno missio­nario, alimentato dalla cura dellapropria spiritualità e formazione.

Massimo Sgariboldi

La nuova Associazione di Lodi città

Nasce l'esperienza di un'associa­zione cittadina di Azione Cattoli­ca a Lodi, in continuità conl'esperienza delle sette associa­zioni parrocchiali precedenti,ma anche con una certa dose di

novità e rinnovata attenzione. Cerchiamo dispiegarci. Nella città di Lodi erano attive le as­sociazioni parrocchiali che, con la loro pre­senza, hanno sempre garantito una corre­sponsabilità laicale viva nelle varie parroc­chie. In questi ultimi anni abbiamo semprelavorato insieme: un Consiglio Vicariale costi­tuito dall’assistente e dai presidenti parroc­chiali ha coordinato le iniziative ed è stato an­che un luogo di riflessione dove è maturataquesta scelta: ovvero dare all’Azione Cattolicanella città di Lodi una struttura ­ magari menoarticolata ­ ma senz'altro più efficace per me­glio interpretare e “fare Ac” all'interno dellecomunità e dalla città stessa. Per inciso, ungrazie sentito a Omar Fasani che in questi anniha fatto da responsabile vicariale.E così è stato: ogni realtà parrocchiale ha indi­viduato due consiglieri e domenica 20 no­vembre ci si è riuniti per costituire “il consi­glio di città”.In un successivo incontro abbiamo comincia­to a prendere le misure di questa nuova realtà.All'inizio dicevamo continuità, ma anche novi­tà. Continuità perché ne fanno parte quattropresidenti delle associazioni precedenti (frai quali il segretario ed il presidente della nuovarealtà); novità perché si è voluta costituire

una realtà con compiti non solo di coordina­mento o di realizzazione di iniziative vicarialima ­ almeno in questa prima fase ­ un luogodi ripensamento e di discernimento del donoche può ancora rappresentare l'Azione Catto­lica per una città e per le sue comunità.Nell'immaginario di chi scrive ciò ricordamolto l'esperienza di un'equipe che ­ nel cre­scere insieme ­ riflette, agisce e struttura unanuova presenza associativa.Speriamo: ne è garanzia non tanto la figura del

presidente cittadino, ma la personale presen­za, la dedizione e il servizio di ognuno deimembri del Consiglio. In ciò si riflette unadelle caratteristiche essenziali dell'associa­zione, ovvero l'intergenerazionalità che è unvalore non secondario della nostra esperienzasoggettiva. Siamo tanti adulti/adultissimi, ma­ credete a chi scrive ­ firmare il piccolo mal­loppo di tessere dell’Acr della Cabrini è stataun’emozione indescrivibile.Come si diceva, cercheremo prima di tutto di

esercitare quel discernimento per essere an­cora maggiormente a servizio della Chiesa diLodi e della città di Lodi. Nei primi incontri cifaremo illuminare dalle parole della EvangeliiGaudium, testo più volte ripreso dal nostroPresidente Nazionale Matteo Truffelli quandoè venuto a Lodi, lo scorso 5 ottobre, ed anchenel suo libro ”Credenti inquieti”. Daremo pa­rola in questa nuova realtà alle ansie e alle at­tese delle persone e dai cristiani che vivononella città. L'Azione Cattolica ha come scopostatutario il fatto “l'esperienza associativa el'attività apostolica dell'Azione Cattolica Italia­na hanno come primo impegno la presenza eil servizio nella Chiesa locale e si svolgono incostante solidarietà con le sue esigenze e conle sue scelte pastorali. A tal fine l'Ac offre ilsuo contributo agli organismi pastorali delladiocesi.” (Art. 6 dello Statuto).Ci faremo aiutare dalla figura dell'assistentecittadino e parleremo con tutti coloro che po­tranno aiutarci ad incarnare questa sceltamissionaria: i sacerdoti e i consigli pastoralidi città.È evidente che ci si aspetti da noi qualcosa dinuovo. Un nuovo che però non sarà diversoda quanto facevamo e abbiamo fatto finora,ma un nuovo che sarà una maggiore rispostacreativa alle sfide e alle esigenze che emergo­no dalla nostra comunità e che noi, in quantoChiesa, non possiamo ignorare. Ci proviamo.

A nome del Consiglio Cittadinodell’AC di Lodi,

Massimo Iovacchini

AC, BELLA STORIA: UNA PANORAMICA SUL PERCORSO ASSEMBLEAREDiamo uno sguardo panoramico, una veduta d’insieme, sul percorso assembleare che stiamocompiendo insieme a tutta l’Associazione. La giornata dell’Adesione è stato un momento fecondodi condivisione nell’ottica del rinnovo delle responsabilità e, per qualcuno, l’inizio di una nuova

fase di impegno. A tutti, anche a coloro che hanno concluso un itinerario fatto di incarichi e incom­benze, va il nostro ringraziamento. Raccogliamo qui tanti aspetti, che concorrono a fare davverodell’Ac una “bella storia”: il racconto delle esperienze, la testimonianza di un Assistente e le riflessio­

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AC, BELLA STORIA V

dicembre 2016

Parroco assistente di Ac, perché...... Perché più imparo a essere parro­co,esi imparaognigiorno,epiùcapi­sco che le nostre comunità hanno bi­sogno di vivere quello slancio,quell'uscitamissionaria chenonsolopapa Francesco, ma il Vangelo e ilmondocheattraversiamoci richiedo­no. E l'Azione Cattolica è una realtàpienamente capace di formare e so­stenere laici per una Chiesa in uscitamissionaria.Nellenostrecomunità, enella Chiesa italiana, ci sono tanteesperienzebelle,preziose, ricchedivi­vacità, ma l'Azione Cattolica ha nelDNA di rendere i laici protagonisti diunaChiesa inuscita.E l'AzioneCattoli­caè “popolare”, cioèaportatadi tutteleparrocchie,piccoleegrandi,dicam­pagnaedi città, quellepienedigruppie quelle in cui c'è poco e nulla...... Perché da parroco sento ognigiorno di più il bisogno di laici chesappiano insieme condividere tuttoe insieme essere autonomi cammi­nando sulle loro gambe. In una Chie­sa sempre meno clericale (e non so­lo perché cala il numero di preti) ab­biamo due rischi per le nostrecomunità: laici (e spesso anche sa­cerdoti) leaders (in senso negativo!)che cerchino di stare al centrodell'attenzione in “stile Vodafone”(tutto intorno a te) costruendosi ilproprio orticello esclusivo, e gruppie comunità in cui tutto, dal disegnostrategico al piccolo dettaglio,dall'Eucaristia alla carta igienica,dall'avvertire tutti senza dimenticarenessuno allo spegnere la luce alla fi­ne dell'incontro, tutto, sia ancorasulle spalle del “don”. E l'Ac in par­rocchia è una realtà che forma e so­stiene laici che condividono tutto,perché abituati a lavorare sempre in­sieme, e che pensano e operano sen­

za dipendenze immature.... Perché capisco che come parrocoposso servire l'Ac in modo che sia sestessa, e sento che l'Ac mi sta accan­

to perché io possa essere quello cheil Signore mi chiama ad essere. Daparroco, con uno sguardo (si spera)generale, vedopersonechepotrebbe­

ro essere coinvolte, che potrebbero“stare bene” in Ac per fare un cammi­nodi scopertaecrescitadella lorovo­cazione, e posso suggerire all'asso­

ciazione di contattarle. E perché l'Acmi riporta l'esperienza dei laici sem­plici, porta la tuta da lavoro dentro lacomunità (e l'abito battesimale negliambienti quotidiani), e così aiuta mea capire, a discernere, a mettermi inascolto della realtà per essere servo esegno di Cristo pastore.... Perché l'Ac è popolare e intergene­razionale, e quindi la sua dimensioneè la mia di parroco, che non sono néspecializzato su una categoria di per­sone o gruppi né dedicato a una solofascia d'età, ma impegnato verso tut­ti.Percui ilmioessereassistenteèundialogo tra chi ha proprio le stesse di­mensioni di orizzonte e attività: la co­munità, il suo territorio, la diocesi. Eil Regno dei cieli...... Perché il rapporto tra sacerdote eaderenti all'Ac è modulato sull'amici­zia fraterna, sulla condivisione since­ra, sulla consistenza umana e cristia­na della relazione. E sono convintoche alle nostre comunità, ancoratroppo investite sugli spazi da occu­pare piuttosto che sui processi da av­viare, servano relazioni serene, nétroppo sbilanciate sul carisma indivi­duale né troppo ingessate dalla for­malità e dalla funzione (“io sono ilparroco!”).... Perché l'Ac fa crescere e invia nelmondo laici che si prendono a cuorela fede propria e quella degli altri an­che se il parroco non chiede loro diessere catechisti o educatori oquant'altro; e stare con persone cheda se stesse maturano la responsabi­litàdella fedepropriaedaltruimiaiutaa non sentirmi né onnipotente né uni­co salvatore né padrone del vapore,ma fratello nella fede e servo del Van­gelo per tutti, nessuno escluso.

don Angelo Manfredi

PRESIDENTI E ASSISTENTI - triennio 2017-2020 associazione presidente assistente

VICARIATO LODI

LODI CITTA' IOVACCHINI MASSIMO don Renato Fiazza

VICARIATO CASALPUSTERLENGO assistente vicariale don GIANCARLO BARONI

CASALPUSTERLENGO - SS. BARTOLOMEO E MARTINO DANELLI ERNESTO don Pierluigi Leva

CASALPUSTERLENGO - MARIA M. DEL SALVATORE BASSANINI ANGELO P. Vitale Maninetti

BERTONICO - MELEGNANELLO - TURANO MAFFI ANGELO don Giancarlo Baroni

CASTIGLIONE D'ADDA - ASSUNZIONE MARIA V. CIGOGNINI FELICITA ANNA don Gabriele Bernardelli

SOMAGLIA - ASSUNZIONE B.V.MARIA BRUSCHI GIANLUIGI don Alfredo Sangalli

VICARIATO CODOGNO assistente vicariale don PIERLUIGI BOLZONI

CODOGNO - S. FRANCESCA CABRNI BOFFELLI GIOVANNA don Giorgio Croce

CODOGNO - S. BIAGIO E B.V.IMM. LACCHINI PAOLO don Iginio Passerini

GUARDAMIGLIO - S. GIOVANNI BATTISTA PEROTTI MARGHERITA don Pierluigi Bolzoni

MALEO - SS. GERVASIO E PROTASIO ZIBBRA EMANUELA don Enzo Raimondi

S. ROCCO AL PORTO - S. ROCCO DELFINI MICHELE don Luca Campia

VICARIATO LODI VECCHIO assistente vicariale don LUCA ANELLI

LODIVECCHIO - S. PIETRO APOSTOLO NEGRI ADA don Diego Furiosi

TAVAZZANO CON VILLAVESCO - S. GIOVANNI BATTISTA MASCHERPA LUIGI Don Mario Zacchi

VICARIATO PAULLO

PAULLO - SS. QUIRICO E GIULITTA CASERINI CESARE don Giuseppe Ponzoni

CASALMAIOCCO - S. MARTINO VESCOVO MARCHESINI SERGIO don Alfonso Rossetti

ZELO BUON PERSICO BRUGNETTI ROSA don Gianfranco Rossi

VICARIATO SANT'ANGELO LODIGIANO assistente vicariale: don ANGELO MANFREDI

SANT'ANGELO LODIGIANO - SANt'ANTONIO ABATE CAPRA ELISABETTA don Angelo Manfredi

CASELLE LURANI - S. CATERINA V. E M. BRAGUTTI ROBERTO don Gianfranco Pizzamiglio

CASONI - S. GIUSEPPE CHIESA FRANCESCA don Fiorenzo Spoldi

CASTIRAGA VIDARDO - S. MICHELE ARCANGELO MARNINI CORNELIA don Stefano Concardi

MARUDO - SS. GERVASIO E PROTASIO FOLETTI GABRIELLA don Carlo Granata

MIRADOLO TERME - S. MICHELE ARCANGELO PINNA PAOLO don Maurizio Anelli

VICARIATO S.MARTINO IN STRADA assistente vicariale don GIANPIERO MARCHESINI

BASIASCO - S. GIORGIO MARTIRE GESI GIUSEPPE don Bassiano Uggè

CAVENAGO D'ADDA - S. PIETRO APOSTOLO CRISPINI GIANCARLA don Giampiero Marchesini

MASSALENGO - S. ANDREA APOSTOLO LIVRAGHI ANDREA don Giovanni Zanaboni

VICARIATO SPINO D'ADDA assistente vicariale don ANDREA LEGRANZINI

BOFFALORA D'ADDA - NATIVITITA' MARIA SS. MALVICINI MARIA TERESA don Andrea Legranzini

DOVERA-POSTINO-RONCADELLO INGARGIOLA ANTONIETTA don Marcello Tarenzi

AC, BELLA STORIA: UNA PANORAMICA SUL PERCORSO ASSEMBLEAREni che hanno sostenuto una fase importante per l’Ac della città di Lodi, ovvero la nascita di un’unicarealtà associativa. Ma dietro alle iniziative, alle decisioni, alle scelte e agli incarichi… ci sono le perso­ne, le loro storie. Questa è la ricchezza dell’esperienza associativa, alla luce del comune impegno

a crescere ­ nella nostra Chiesa di Lodi, nelle nostre parrocchie, nelle nostre associazioni e nellenostre famiglie ­ come laici capaci di essere fermento buono per il tessuto delle nostre comunità,come membra dell’unico Corpo, che è Cristo. A tutti e a ciascuno, buon cammino!

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VI ASSOCIAMOCI

dicembre 2016

Invito alla lettura 4. Riflettere sull’esperienza di sostegno a chi è nel dolore

Sto al tuo fianco, di Anselm GrünL’accompagnamento dei morenti e delle persone in lutto“Il morire e il lutto sono temi deiquali in genere non è molto piace­vole occuparsi”. Ad affermarlo èl’autore stesso di questo volume,il monaco benedettino AnselmGrün, nelle riflessioni conclusivedel libro Sto al tuo fianco. L’ac­compagnamento dei morenti edelle persone in lutto. L’itinerarioattraverso cui il lettore è guidato sigioca continuamente su due bina­ri, diversi e paralleli. Da un lato lariflessione offerta a chi decide o sitrova a dover accompagnare unpersona alla fine della vita o nel­l’esperienza di un lutto, dall’altro leconsiderazioni che invitano il letto­re a riflettere sulla propria morte esui propri vissuti legati alla perditadi una persona cara. Il tutto, ri­compreso entro un quadro voltoad armonizzare le cognizioni di ca­rattere psicologico con il patrimo­nio della tradizione e della fede cri­stiana. Sarebbe un errore dire chequesto testo parla di morte soltan­to, perché ogni pagina trasuda eprofuma di vita. L’autore offre unapersonale rilettura su alcuni granditemi, riportando contributi e rifles­sioni di psicologi, teologi e filosofi,

e integrando il tutto in un equili­brato confronto con la Parola diDio, alla luce della consapevolezzache “la tradizione spirituale hasempre considerato la cura deimorenti come un aiuto alla vita.Nel ciclo liturgico della Chiesa cisono tempi espressamente desti­nati alla riflessione sulla morte.Così è nel periodo di Avvento,quando si meditasulla venuta delCristo non solo al­la fine del mondo,ma anche al termi­ne della vita”. L’iti­nerario offerto allettore è di per sestesso un accom­pagnamento attra­verso alcuni gran­di temi: il conside­rare le ultime fasidella vita come itinerario spiritua­le, lo stile di presenza al fianco deimorenti, il supporto al lutto per gliadulti e per i più piccoli. Sono que­stioni con le quali le nostre esi­stenze si sono confrontate o pur­troppo si confronteranno, con di­verse gradazioni. In filigrana, c’è

l’importanza di essere in grado diriflettere sul proprio vivere e sulproprio morire, non soltanto per­ché questo è un passaggio obbli­gato per chi si pone al fianco di chisoffre un dolore estremo, ma per­ché è necessario per portare acompimento un’esistenza piena­mente riconciliata con Dio, coi fra­telli e con se stessi.

Molto pregnante il capitolo che so­stiene la riflessione attraverso lameditazione delle sette ultime pa­role di Cristo sulla croce, intese co­me veri “messaggi di salvezza ingrado di operare una trasformazio­ne nel modo di morire”, e nel mododi vivere.

Non si tratta certamente di una let­tura facile, o in grado di cancellarecon un colpo di spugna dubbi e pa­ure. Questo libro non è un manualeche offre strategie o tecniche persconfiggere il dolore in sé e neglialtri; sarebbe quanto meno ingenuoconsiderarlo così. Si tratta invece diun invito alla riflessione; l’autoresembra animato dal desidero di co­

municarci che nonsolo è possibile ad­dentrarsi in questoambito, ma è dove­roso. Se infatti è inun certo senso veroche a questo tipo diletture si avvicinachi ha una predi­sposizione a trattarequesti temi o perambito professiona­le o per motivi legati

alla propria storia personale, dal­l’altro è vero anche che ciascuno èchiamato a confrontarsi, nella vita,con la morte; in modo equilibrato e,alla luce della fede, rasserenato.Certo, è una delle esperienze piùdifficili e, potenzialmente, laceranti.“Io spero e ho fiducia che anche tu

­ mia lettrice, mio lettore ­ dopoaver scorso queste pagine, nonsenta più il gravame soffocante del­l’oppressione, ma possa ricono­scere in te il preannuncio di unanuova certezza di vita”. Così con­clude Anselm Grün, prima di la­sciare la parola ad alcune belle pre­ghiere, semi di fede, speranza econsolazione.

Simone Majocchi

Anselm GrünSto al tuo fianco. L’accompagna­mento dei morenti e delle personein luttoEdizioni San Paolo, 2011132 pagineeuro 12,00

“Gesù accoglie e unifica in sé tutto ciò che in noi tendealla contrapposizione: forza e fragilità,

salute e malattia, speranza e delusione, fiduciae paura. Possiamo dunque confidare che

nel nostro morire tutto quello che durante la vitapuò averci interiormente disuniti, si ricomporrà

in serena armonia”.

Giornata dell’AcTerza EtàLa giornata che l’Ac Terza Etàaveva programmato per il gior­no 10 novembre scorso preve­deva una meditazione sul tema“Beati i poveri in spirito... di es­si è il Regno dei Cieli”.Relatore il signor GianmarioGobbi, da decenni militantenell’Ac.Chi sono i poveri in spirito?Sono coloro la cui povertà nontocca la sfera dell’avere, maquella dell’essere. Cristo havissuto questa beatitudine na­scendo come uomo e spo­gliandosi di tutto ciò che la suanatura divina avrebbe potutooffrirgli in fatto di gloria, di ric­chezza, di prestigio. In Lui lapovertà ha assunto la sua for­ma più sublime in quanto “havoluto” farsi prossimo peramore, perché noi diventassi­mo ricchi spiritualmente. Soloil Vangelo ci parla di un Dio chesceglie per sé la povertà e ladebolezza le quali considerateun male da evitare, assumonocosì l’aspetto di un ideale daperseguire. Dice San Giacomo:“Dio ha scelto i poveri nel mon­do per farli ricchi mediante lafede”. Questa beatitudineevangelica, infatti, va letta allaluce del binomio grazia ­ fede.Il relatore ha dato la sua testi­monianza di una fede profondache permette di accettare il do­lore perché vissuto alla luce diuna “speranza che non delude”e che ci porta “ai beni eterni”.La fragilità della natura umananon costituisce un impedimen­to al raggiungimento di questabeatitudine. Diceva infatti SanPaolo: “Quando sono debole, èallora che sono forte”.È indispensabile, però, rivolge­re al Padre preghiere fiduciosee perseveranti perché Egli ciaiuti a diventare quei poveri dispirito meritevoli di entrare nelRegno dei Cieli.

Enrica Lomi

Il nuovo piano pastorale diocesano: laici di comunionenella comunità eucaristica con rinnovato dinamismo

Trovo particolarmentesignificativo richia­mare all’attenzione ealla cura premurosa diogni esperienza eccle­siale in cui molti con­

dividono la fede e il servizio, unapassaggio intenso della letterapastorale 2016/17 del vescovoMaurizio alla diocesi . Nella Lette­ra ritroviamo il dinamismo concui L’azione Cattolica si sente po­sitivamente parte attiva di una sa­na inquietudine pastorale e vo­lontà di bene per la vita della no­stra chiesa locale. “Dio fin d’oravisita il suo popolo in ogni Euca­ristia e parla al cuore di ogni fede­le. Tuttavia, non riterremo maiadeguati la forma e lo stile del no­stro operare nella storia. L’Euca­ristia ci educa alla lettura cristia­na dei segni dei tempi per sapercogliere l’instancabile novità del­lo Spirito... La Valenza missiona­ria che l’Eucaristia sprigiona è,tuttavia commisurata alla capaci­tà di renderci partecipi della mis­sione di Gesù, narrando l’amoreche armonizza le differenze e dif­fonde stima reciproca…”In forza del dono che ogni dome­nica ci rigenera nell’unica sor­gente di vita, siamo costante­mente interpellati per un cambiodi mentalità, di stile e di operativi­tà con e nella Chiesa a cui appar­teniamo. Non possiamo disatten­dere di mettere a frutto ciò checelebriamo, dentro la quotidianitàdei luoghi e delle relazioni, nonmeno di quanto possiamo miglio­rare la nostra personale relazionecon il Signore. L’Associazione in­tercetta queste consegne congrande sintonia anche rispetto al­la singolare esperienza dell’annoassembleare e della ricorrenzadei 150 dell’Ac, sapendo che lamemoria, quanto il discernimen­to e la progettualità, non posso­

no ridursi a formale riorganizza­zione o aggiornamento delle pro­prie esperienze, ma sono unasempre nuova ri­centratura nelmistero di Cristo. Nell’orizzontedella fede, ridire l’attualità e labellezza di una scelta ecclesiale èintraprendere un vero e propriocammino di conversione, diascolto e di affidamento a Coluiche è il vero protagonista dellastoria. Ogni relazione interperso­nale, comunitaria, deve tempera­re la propria autenticità davanti alSignore; ogni scelta d’impegnonella corresponsabilità deve qua­lificarsi come sequela generosa aLui che, nello Spirito, ci partecipala sua stessa vita donata nel sa­crificio dell’Altare.I Segni dei tempi s’impongono allaico cristiano come appelli esi­genti e inderogabili alla respon­sabilità di declinare sul pianodella storia concreta il patrimo­nio della sapienza evangelica in­

carnata, capace di sovvertire e ri­scattare proprio ciò che umana­mente non avrebbe alcunaplausibile prospettiva. È bellopensare e credere che le nostrecomunità, se sono sempre piùEucaristiche, diventano luoghigenerativi di comunione, d’inclu­sione e di promozione del benesuperiore all’utilitarismo, allaconvenienza, al successo, allagaranzia dei propri bisogni a fa­vore di una fraternità piena di pa­ce, di libertà, di misericordia, diequità e giustizia.Nella Chiesa locale, laici e pastoriinsieme, nella comunità che cele­bra, devono essere un segno e uninvestimento per dire lo strettorapporto che intercorre fra le sin­gole vocazioni per il bene di tuttoil “Corpo” e il primato della vita diciascuno in cammino incontro alSignore. Una Chiesa di popolo,nella circolarità della Grazia chesantifica e salva, ha bisogno di un

principio unificante e vivificantedella ricchezza dei doni e dei cari­smi che diventano insieme un ve­ro rendimento di grazie.Senz’altro anche le forme concre­te di accoglienza e incontro nellaliturgia e nella mediazione pasto­rale possono esprimere efficace­mente la passione educativa pro­tesa alla santità di ciascuno, cheanima le nostre esperienze eccle­siali, ma tale sforzo è efficace everamente missionario se generae incarna una spiritualità di co­munione capace di arrivare alcuore di tutti là dove sono, e co­municare al cuore di ciascuno lapredilezione e la tangibile prossi­mità di Dio in cui nessuno è per­duto.

Don Vincenzo Giavazzi

Direttore ResponsabileFerruccio Pallavera

DirettoreGiuseppe Veluti

RedazioneRaffaella Bianchi, Maria Cigognini,

Ernesto Danelli, Nicola Frontori,Simone Majocchi,

Daniele Perotti, Stefano Veluti

Disegni diSimona Martegani

[email protected]

Sito webhttp://ac.diocesi.lodi.it

Design: PMP ­ Lodi

StampaCSQ Spa ­ Erbusco (Bs)

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ASSOCIAMOCI VII

dicembre 2016

Riflessione dopo l’ultimo convegno nazionale del Meic svoltosi a Caserta: per un’Europa aperta

Dal Sud al Nord: attivare processiper favorire l’inclusione sociale

Dal Sud al Nord. Per te­nere insieme il Paese,per ripartire da unaquestione tanto anticaquanto irrinviabile co­me quella meridiona­

le, per ricostruire un'Italia "casa co­mune" e un'Europa aperta e solidalea partire dal Mezzogiorno, che delcontinente è la porta sul Mediterra­neo. Una porta oggi tragicamenteattraversata da migliaia di donne edi uomini in cerca di sopravvivenzae dignità. E' da qui che riparte il Meiccon il suo convegno nazionale che siè tenuto a Caserta dall'11 al 13 no­vembre e al quale abbiamo parteci­pato anche noi lodigiani con una de­legazione composta dal presidentee dall'assistente diocesani.Il convegno si è inserito nel percor­so di rinnovamento della propostadel Meic. I due giorni molto ricchi edimpegnativi sono stati l'occasioneper ribadire la necessità che ognigruppo Meic individui un suo mododi essere presente nel proprio terri­torio secondo le proprie attitudini econ attenzione alle esigenze che lì si

manifestano. Il presidente nazionaleBeppe Elia ci ha spronati a vivere so­prattutto i problemi "di frontiera" chele comunità ecclesiali (e il laicato inprimis) hanno difficoltà a compren­dere e che quindi pongono rara­mente fra i loro obiettivi. Ci ha anchesollecitati ad essere più determinatie creativi per aiutare la Chiesa italia­na a cambiare passo sulle orme diPapa Francesco.

Tanti sono stati gli spunti interes­santi emersi dal convegno. Ha col­pito soprattutto sentir dire da uomi­ni del Sud che si deve smetterla diguardare al Mezzogiorno con la ca­tegoria dello spazio, come luogo dastimolare e incentivare con aiuti fi­nanziari, e passare a una prospetti­va incentrata sul tempo, ovverosull'attivazione di processi e politi­che generative e redistributive di

poteri tra gli abitanti del Sud. Peravviare questo processo è necessa­rio che lo Stato faccia la sua parte esi assuma la responsabilità di "de­stabilizzare" gli equilibri che blocca­no i centri di potere favorendo con­temporaneamente la formazione diuna nuova classe dirigente per im­pedire che i soliti faccendieri si im­possessino della gestione delle ri­sorse. Compito naturalmente diffi­

cilissimo, ma il solo fatto che se neparli a Caserta, nella "Terra dei fuo­chi", e che a farlo siano soprattuttouomini del Sud è un bel segno disperanza.Molto belle infine le testimonianzedell'associazione anticamorra "DonGiuseppe Diana"; quella di VincenzoLa Monica, responsabile immigra­zione e povertà della Caritas di Ra­gusa e quella di suor Rita Giarettaresponsabile di Casa Rut, che pro­prio a Caserta ha la sua sede, diven­tata famosa per l'attività di acco­glienza, riscatto e restituzione delladignità a giovani donne vittime deltraffico di esseri umani.La conclusione è toccata al presi­dente nazionale che ci ha chiesto di"elaborare cose nuove, persino sco­mode. Servono scelte di forte inno­vazione, questa è la vera sfida delMeic. Serve il coraggio, come hadetto il Papa nel suo discorso ai mo­vimenti popolari del 5 novembre, disporcarsi le mani con i problemi veridella società".Giuseppe Migliorini ­ Presidente

diocesano del Meic

A.A.A. cercasi spiritual coach

Così s’intitolava l’incontropensato per le equipeACR di tutta la Lombar­dia, un momento di con­fronto e di spiritualità didue giorni per focalizzar­

ci sulla figura dell’Educatore, cui Mat­teo ed io abbiamo partecipato. È sta­ta, senza dubbio, un’occasione perfare conoscenza e per ritrovare voltiincontrati nella meravigliosa espe­rienza della festa regionale ACR delloscorso maggio. Questa due giorni re­gionale, tenutasi il 12 e il 13 novem­bre,hapreso l’avvioconunmomentodi lectio divina attorno ad un branodegli Atti degli apostoli (At 8, 26­40),in cui si racconta dell’incontro di Filip­po e di un Etiope eunuco, che si stavadirigendo a Gerusalemme per il culto.Filippo, accostandosi a lui, gli spiegail passo della Scrittura che l’eunuconon riusciva a capire e poi, dopo aver­lo battezzato, lascia andare l’Etiope

sulla sua strada pieno di gioia e lui ri­prende il cammino. Don Flavio, l’assi­stente regionale ACR, ci ha guidatonella lectio con una semplice medita­zione. Infatti, questo brano delinea itratti della figura dell’Educatore, chesicuramente è un personaggio sem­pre in movimento, mai seduto, per­ché il suo servizio si nutre dell’andareverso l’altro. Proprio questo è il noc­ciolo della questione: chi accompa­gna crea un rapporto solido con cia­scuna delle persone di cui si sta pren­dendo cura, consapevole che tuttoquesto parte da Dio. Non è un casoche il verbo accompagnare derivi dallatino “cum” (con) e “panis” (pane).Infatti, il compagno è la persona conla quale facciamo strada e con cuispezziamo e mangiamo lo stesso pa­ne, che per noi cristiani assume un si­gnificato straordinario e centrale nellanostra esperienza di vita e di servizio.Per questo nella sua esperienza l’edu­

catore sa che ogni persona incontrataè preziosa, sorprendente, perché inricerca, come l’eunuco, di una bellez­za che gli riempia il cuore. Così chi ac­compagna, come Filippo, non deveassolutamente etichettare i ragazzicon cui fa strada, ma deve scoprirnela vera essenza, senza imporre normerigide, ma essere strumento per il Ve­ro Incontro. Inoltre Filippo, dopo averbattezzato l’Etiope, lo lascia andare;allo stesso modo l’educatore accom­pagna i ragazzi, che compiono untratto di strada con lui, ma questi nongli appartengono, proprio perché glisono stati “affidati”. Dopo una rifles­sione personale sul brano della Scrit­tura, ciascuno di noi la domenica hacondiviso idee e pensieri nei lavori digruppo. In quest’occasione abbiamoavuto l’opportunità di confrontarcisull’accompagnare le famiglie, gli al­tri educatori e i ragazzi preadolescentidurante il cammino dell’anno. Oltre a

questo, abbiamo avuto l’opportunitàe la fortuna di conoscerci meglio tradi noi nella serata del sabato con al­cuni giochi insieme, inseriti nella“cornice del circo”, il tema dell’annoAcr. Infine, l’esperienza si è chiusacon la Santa Messa, momento che haracchiuso tutti i pensieri e le riflessio­ni fatte nei due giorni insieme, e slan­

cio per il triennio associativo che è al­le porte. Senza dubbio è stataun’esperienza importante e utile:mettersi in ascolto e in confronto conquanti condividono con noi lo stessoservizio è motivo di gioia e di arricchi­mento personale. Grazie a tutti e allaprossima!

Laura Torresani

bachecaVenerdì 16 novembre, alle ore 21,presso la Casa della Gioventù a Lodi, i presidentie gli assistenti delle Associazioni Territoriali riceve-ranno la nomina da parte del Vescovo, mons.Maurizio Malvestiti. Interverrà la dott.ssa ValentinaSoncini, delegata regionale della Lombardia.

Nomina Presidentie Assistenti

Il Centro diocesano organizza la partecipazio-ne alla 49a Marcia Nazionale

per la Pace, che si terrà a Bologna,sabato 31 dicembre, con un momento asso-

ciativo in mattinata.

Marcia della pace

Firenze e dintorni

Dal 2 al 5 gennaio, gli studenti del MSAC di Lodi,

con i circoli di Como, Pavia e Bergamo, vivranno

il Campo invernale a Firenze e dintorni, sulle

orme di don Lorenzo Milani.

Campo invernale Msac

Mercoledì 4 gennaio, alle ore 18.30,presso la Casa della Gioventù,

Celebrazione Eucaristica;a seguire cena in condivisione.

La dimora

programmaOre 09.00 Partenza dai vari punti della Diocesi con auto propria.

Ore 11.15 Ritrovo presso la parrocchia di S. Andrea della Barca(Indirizzo: Piazza Papa Giovanni XXIII, 1, Bologna )

Ore 11.30 Incontro con la comunità locale.Ore 13.00 Pranzo presso la trattoria Osteria Buca Manzoni

(Costo indicativo ca. 20/25 €)

Pomeriggio : Visita al centro storico di BolognaOre 18.00 Congiungimento con Marcia della pace

Basilica di San Petronio: Tedeum e Testimonianze.Ore 20,30 Paladozza: Tavola rotonda

Ore 22,30 Basilica di San Francesco Celebrazione Eucaristica

presieduta da Mons. Matteo Maria Zuppi.

Complimenti a Silvia Zavaglia e a Sil-via Malacarne, che nei giorni scorsi sisono laureate, rispettivamente, inScienzedella formazionee in inScien-zepolitiche, conseguendo ilmassimodei voti.Congratulazioniper l’impor-tante traguardo raggiunto, e buoncammino!

Congratulazionialle nostre Dottoresse!

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VIII ACR

dicembre 2016