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9. Il piano del traffico UN MOdeSTO cONTRibUTO Ove si discute di città reali e fantastiche, di connessioni stradali e reti di calcolatori, per giungere a una proposta parzialmente demenziale ma scientificamente fondata su come organizzare il traffico cittadino facendo muovere a caso gli automobilisti. È un modesto contributo che offriamo di buon cuore agli amministratori pubblici più coraggiosi. La città di Königsberg ha conosciuto uno splendore ormai lontano nel tempo. Residenza del Gran Maestro dell’Ordine dei Templari, sede dell’Università fondata nel cinquecento da Alberto di brandeburgo, vi si inco- ronarono per due secoli i re di Prussia in una cattedrale gotica rasa al suolo dai bombardamenti sovietici dell’ulti- ma guerra assieme al castello ducale e ai palazzi più anti- chi. Ora, con il nome russo di Kaliningrad, è dominata da insediamenti industriali che hanno trasformato il fa- scino antico in grigiore contemporaneo e il discreto roto- lio dei carri nel rombo dei veicoli a motore. Naturalmen- te la stessa trasformazione è avvenuta in moltissime città: ma a Königsberg dispiace più che altrove per il ruolo particolare che le ha assegnato la storia della matematica. La città sorge sul fiume Pregel, oggi Pregolja, e si svi- luppa lungo le sue rive in forme inusuali, come si può rilevare da una cartina schematica che ci è giunta attra- verso la più nobile documentazione matematica [fig. 1]. Sette ponti collegano i quartieri antichi un tempo cinti di mura, tra cui Kneiphof sull’isola omonima, cuore della vita cittadina; e qui passeggiando si discuteva un grazio- so problema di traffico locale che è doveroso ricordare 09 cap. 9_09 cap. 9 14/10/10 17.15 Pagina 123

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9.Il piano del trafficoUn modesto contribUto

Ove si discute di città reali e fantastiche, di connessioni stradalie reti di calcolatori, per giungere a una proposta parzialmentedemenziale ma scientificamente fondata su come organizzare iltraffico cittadino facendo muovere a caso gli automobilisti. È un

modesto contributo che offriamo di buon cuoreagli amministratori pubblici più coraggiosi.

La città di Königsberg ha conosciuto uno splendoreormai lontano nel tempo. residenza del Gran maestrodell’ordine dei templari, sede dell’Università fondatanel cinquecento da Alberto di brandeburgo, vi si inco-ronarono per due secoli i re di Prussia in una cattedralegotica rasa al suolo dai bombardamenti sovietici dell’ulti-ma guerra assieme al castello ducale e ai palazzi più anti-chi. ora, con il nome russo di Kaliningrad, è dominatada insediamenti industriali che hanno trasformato il fa-scino antico in grigiore contemporaneo e il discreto roto-lio dei carri nel rombo dei veicoli a motore. naturalmen-te la stessa trasformazione è avvenuta in moltissime città:ma a Königsberg dispiace più che altrove per il ruoloparticolare che le ha assegnato la storia della matematica.

La città sorge sul fiume Pregel, oggi Pregolja, e si svi-luppa lungo le sue rive in forme inusuali, come si puòrilevare da una cartina schematica che ci è giunta attra-verso la più nobile documentazione matematica [fig. 1].sette ponti collegano i quartieri antichi un tempo cinti dimura, tra cui Kneiphof sull’isola omonima, cuore dellavita cittadina; e qui passeggiando si discuteva un grazio-so problema di traffico locale che è doveroso ricordare

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1 riflettere passeggiando per la città è tipico dei popoli di cultura tede-sca come dimostra un piccolo gioiello, La passeggiata, di robert Walser,Adelphi, milano 1976. il lavoro originale di eulero si può leggere comoda-mente, tradotto in inglese, nel primo volume della raccolta, The World ofMathematics di J.r. newman, tempus books 1988. naturalmente l’interes-se per questo lavoro è solo storico, ma desta profonda ammirazione la sem-plicità con cui alcuni matematici del passato seppero sviluppare teorie fon-damentali.

Fig. 1 - La città di Köngsberg nel disegno di eulero.

con le parole che eulero pronunciò nel 1735 davanti agliAccademici di san Pietroburgo (la cartina è negli atti diquella presentazione)1:

nella città di Königsberg in Prussia vi è un’isola A, chiamataKneiphof, attorno a cui fluiscono due rami del fiume Pregel, come èmostrato nella figura 1. Vi sono sette ponti a, b, c, d, e, f, g che attra-versano i due rami. La questione è se una persona possa scegliereuna passeggiata che la porti a traversare ognuno dei ponti una voltama non più di una volta. mi è stato detto che alcuni negano questapossibilità e altri sono in dubbio, ma che nessuno sostiene che è cer-tamente possibile. su queste basi ho formulato per me stesso il se-guente problema molto generale: data una qualsiasi configurazionedel fiume e dei rami in cui si può dividere, e qualsiasi numero diponti, determinare se è possibile attraversare ciascun ponte esatta-mente una volta.

indicata la soluzione del problema generale eulero di-mostrò che nel caso dei ponti di Königsberg il percorso

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non esiste: questa presentazione segnò la nascita di unaimportantissima branca della matematica che avrebbepreso il nome di teoria dei grafi.

oggi i pedoni sono rari e le loro riflessioni, per lo piùmalevole, sono rivolte agli automobilisti che li sfioranocon noncuranza, li intossicano di gas e rumore, li imbrat-tano d’acqua sporca affondando le ruote nelle pozzan-ghere. né gli automobilisti sembrano più felici nellatrappola di code infinite che li rendono nervosissimi. Fi-gurarsi cosa accade sugli antichi ponti di Königsberg do-ve, per la ristrettezza della sede, le automobili devonotransitare una alla volta in un senso o nell’altro. La matti-na il traffico fluisce principalmente dalla periferia B, Cverso il centro A, D, e all’interno del centro tra A e D. Èfacile rendersi conto che se un giorno molti automobilistidevono spostarsi da C a D può essere conveniente cheparte di essi, anziché attraversare il ponte diretto g su cuisi formerà una lunga coda, seguano un percorso alterna-tivo attraverso uno dei ponti c, d che conducono ad A, edi qui attraversino il ponte e; questo è ancor più vantag-gioso se molti automobiisti sono diretti quel giorno da Da C rallentando ulteriormente il traffico sul ponte g, manon molti devono transitare all’interno del centro tra A eD impegnando il ponte e. si possono naturalmente co-struire esempi di ogni sorta che provino o contrastinoteorie sul traffico ideale, ma solo conoscendo a prioril’origine e la destinazione di tutti i veicoli si può determi-nare una soluzione ottima giorno per giorno. Per esem-pio le automobili numerate da 1 a 8 nella seguente tabel-la di origini e destinazioni possono completare il loropercorso in due passi complessivi partendo tutte contem-poraneamente: il lettore potrà scoprire la soluzione perproprio conto, notando che due dei quattro veicoli che si

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spostano tra A e D dovranno impegnare rotte alternativeal ponte e, pena ritardare l’ultimo passaggio fino al quar-to passo.

Automobile 1 2 3 4 5 6 7 8origine A A B B C C D D

destinazione D D A D A B A A

conoscendo le tendenze generali si possono prendereprovvedimenti di massima per migliorare il traffico: èquello che fanno molti amministratori comunali sulla ba-se di rilevazioni sui flussi di veicoli e sull’ubicazione delleabitazioni dei membri della giunta. Poiché però i fini de-gli automobilisti sono in gran parte imprevedibili sareb-bero necessari provvedimenti scientifici che nessuno haavuto finora la spregiudicatezza di adottare. Li proporre-mo qui, dopo una discussione sulla struttura viaria dellecittà reali e ideali, e un esame delle reti telematiche ovesono stati affrontati gli stessi problemi per la distribuzio-ne dei messaggi. ma occorrono alcune premesse.

La nostra società si sta organizzando attorno a com-plicati grovigli di canali per la trasmissione di informa-zione che prendono genericamente il nome di reti di cal-colatori o semplicemente reti. nella forma più generaleesse contengono calcolatori di qualsiasi tipo, connessi inmodo arbitrario e disposti in un’area geografica arbitra-riamente grande. Attualmente un’enorme rete detta in-ternet ha catturato, come una ragnatela fittissima, granparte dei calcolatori e delle reti esistenti al mondo permetterli in comunicazione gli uni con gli altri. Utilizza-tori assolutamente eterogenei discorrono attraverso uninsieme di collegamenti che si sviluppa su moltissimistrati e livelli con le modalità più varie, in un assetto

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2 ottavia è stata scoperta e descritta da i. cALVino, Le città invisibili,einaudi, torino 1972, p. 81.

strampalato e irregolare che accomuna internet alla cittàdi ottavia2:

ora vi dirò come è fatta ottavia, città-ragnatela. c’è un precipiziotra due montagne scoscese: la città è nel vuoto, legata alle due crestecon funi catene e passerelle. si cammina sulle traversine di legno, at-tenti a non mettere il piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle magliedi canapa. sotto non c’è niente per centinaia e centinaia di metri:qualche nuvola scorre; si intravede più in basso il fondo del burrone.

Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e dasostegno. tutto il resto, invece di elevarsi sopra, sta appeso sotto:scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi co-me navicelle, otri d’acqua, becchi del gas, girarrosti, cesti appesi aspaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferiche,lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo.

sospesa nell’abisso, la vita degli abitanti di ottavia è meno incer-ta che in altre città. sanno che più di tanto la rete non regge.

Legati gli uni agli altri i calcolatori di una rete comuni-cano tra loro scambiandosi testi, figure, musica, grazie aservizi appositi (come il World Wide Web, familiarmen-te www) che permettono agli utenti più sprovveduti diaccedere senza alcuno sforzo alle informazioni che altrihanno deciso di diffondere. ma dietro questa semplicitàd’impiego si cela un formidabile lavoro di gestione dellarete perché i messaggi ivi immessi devono essere avviati adestinazione disturbandosi tra loro il meno possibile. iltraffico è enorme e continuo e l’effettiva utilità del servi-zio dipende dal tempo di risposta che nelle ore di puntapuò aumentare paurosamente. il problema dell’instrada-mento dei messaggi è dunque di fondamentale importan-za: questi circolano nella rete come veicoli di una metro-poli popolata intensamente e sviluppata in modo selvag-

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3 Apocalisse, 21, 2. La versione italiana è quella de La Sacra Bibbia, edi-zioni Paoline, roma 1961.

gio, formando code e ingorghi. ma non tutte le città, enon tutte le reti, sono nate senza un piano preciso.

Le civiltà antiche tennero in gran conto i criteri di pia-nificazione urbana. A solidi concetti d’ingegneria si mi-schiavano necessità divine, ma non è improbabile chequeste fossero influenzate a loro volta dalla conformazio-ne del suolo. ninive fu costruita sulla forma dell’orsamaggiore; Assur sulla forma di Arturo; cusco sulla for-ma del puma (che era simbolo di potere religioso, ma inquel caso aveva la sua testa naturale sul colle di sac-sahuaman e il dorso lungo il fiume tullumayo). Gli in-diani costruirono le città dei re obbedendo a un modellomitico. Gli ebrei venerarono l’archetipo di città divinaannunciato da tutti i profeti e descritto da Giovanni nel-l’Apocalisse: la celeste Gerusalemme, circondata da unmuro quadrato su cui si aprivano dodici porte

e scendeva dal cielo, da presso dio, pronta come una sposa abbiglia-ta per il suo sposo3.

i romani, molto più pratici, costruirono città reticolaripercorse da un «cardo» e un «decumano» perpendicola-ri tra loro su cui si aprivano strade parallele: ecco cosìl’impianto romano del centro di Verona con la confluen-za dei due assi principali in Piazza delle erbe, ancoraperfettamente riconoscibile nelle fotografie aeree [fig. 2]:impianto che sarebbe stato ripreso da tanti edificatoricon molta fretta e poca fantasia, come in manhattan lacui simmetria è spezzata solo dal preesistente tracciatoindiano di broadway, o Washington il cui reticolo è ta-gliato da alcuni viali a 30 e 60 gradi.

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4 Un ottimo testo per uno studio iniziale dell’impianto storico urbani-stico delle città italiane è Capire l’Italia. Le città, edito dal touring club ita-liano nel 1978; di lì sono tratte le fotografie aeree di Verona e chioggia. nu-merosi sono i trattati di urbanistica a carattere tecnico ma godibili anche dainon specialisti. citiamo per esempio la Storia dell’urbanistica di e. Guidoni,Laterza, bari 1979, da cui è tratta la mappa seicentesca di canton; e La pra-tica della progettazione urbana di r. Unwin, il saggiatore, milano 1971, perlo studio strutturale delle città moderne.

La storia riserva in questo campo moltissime sorpreseche sarebbe impossibile elencare4. esempi perfetti sitrovano in italia. chioggia, non toccata dalle invasionidei barbari, ha conservato una struttura medievale a spi-na di pesce, solcata da brevi strade parallele che si uni-scono lungo una costola centrale senza comunicare traloro [fig. 2]. Lucignano in Val di chiana è costruita lun-go una strada medievale che si eleva a spirale verso lasommità del colle, secondo uno schema che sarebbe sta-to riproposto verso la fine del Quattrocento da France-sco di Giorgio martini come ideale di città d’altura[fig. 3]: proposta che nasceva in un’epoca in cui Leonar-do, Filarete, scamozzi delineavano un’urbanistica nuovafondendo arte e scienza in progetti ideali e in realizza-zioni straordinarie. ecco così nascere Palmanova, pro-gettata in forma di ruota poligonale da Giulio savor-gnan [fig. 4].

se questi esempi costituiscono la perfezione, moltecittà hanno impianti urbani che si avvicinano agli sche-mi ideali o ne sono un miscuglio. Le cittadine disteselungo strade di grande comunicazione hanno forma pre-valente a spina di pesce. importanti centri di pianurahanno forma di stella: come milano, con le grandi straderadiali che confluiscono nella Piazza del duomo, chiusa

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Fig. 3 - città ideali d’altura(dal «trattato di Architettura» di Francesco di Giorgio martini)

Fig. 4 - Palmanova(com’è ancor oggi)

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5 La struttura appare già nel codice Atlantico di Leonardo, in unoschizzo di milano.

a ruota nelle cerchie concentriche dei viali che sorgonosui tracciati originali del naviglio e delle mura spa-gnole5. Parigi contiene molte stelle collegate tra loro,per esempio quelle che hanno i centri nell’Étoile, neltrocadéro e nella piazza Victor Hugo. canton è unacomposizione di spine [fig. 5]. Valparaiso combina unimpianto reticolare regolare nella striscia pianeggiantedel porto con un’anarchica miriade di stradine nei quar-tieri popolari che si inerpicano sulle colline alle spalle[fig. 6]; e mentre qui la struttura è imposta dalla confor-mazione del suolo, un contrasto simile è nato in cittàove diversi quartieri si sono sviluppati in epoche e confinalità diverse: così bari affianca la ruota della città vec-chia al perfetto reticolo della espansione ottocentesca;ma l’apice è probabilmente Lagos che contrappone l’in-fernale disordine urbanistico delle zone spontanee alpreciso reticolo di quelle pianificate. e, fuori da ognischema, brugge si distende con grazia tra i suoi canali[fig. 6].

ogni città, in sostanza, ha una sua logica e una suastruttura più o meno nascoste: l’importante è scoprirle. ela stessa cosa avviene per le reti cui è il momento di tor-nare.

Un esempio di grande ordine è fornito dal calcolo pa-rallelo di cui ci siamo occupati nel capitolo 6. in questoambito più calcolatori partecipano alla soluzione di unproblema comune e l’organizzazione del calcolo è moltosemplificata perché essi sono dello stesso tipo, sono col-legati in modo regolare e sono vicini tra loro: come limi-te, per altro comune, molti calcolatori elementari identici

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Fig. 6 - Valparaiso com’è oggi (in alto) e brugge nel cinquecento (in basso).

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costituiscono i componenti di una stessa grande macchi-na. ma qualunque struttura si scelga non è mai possibilecollegare direttamente un calcolatore a tutti gli altri sen-za introdurre un colossale groviglio di collegamenti: letrame, o reti, di connessione assumono così forme sem-plici e regolari come quelle mostrate nella figura 7. i no-mi assegnati alle diverse reti richiamano oggetti comuni,come avviene per le strutture cittadine: il parallelo tra re-ti e città è immediato. nella figura ogni calcolatore (nododella rete) è rappresentato da un pallino nero ed è unitotramite collegamenti (archi) a un piccolo numero di nodivicini; è facile immaginare come mutano le diverse confi-gurazioni all’aumentare del numero di nodi della rete.

Fig. 7 - diverse forme di reti di connessione.

Altre due strutture hanno grande importanza nel colle-gamento tra calcolatori ma non hanno equivalenti urbani:dobbiamo descriverle perché lo sviluppo degli algoritmi

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6 Questa famosa immagine di sviluppo del Coprinus Sterquilinus è trat-ta dal lavoro di A.H.r. buller: Researches on Fungi, vol. 4, Longmans GreenLondon 1931. A parte il nome la colonia ha sorprendenti affinità strutturalicon alcune reti informatiche.

di rete è passato crucialmente attraverso di esse. L’alberobinario realizza il concetto di ramificazione sviluppandosiper successive divisioni in due parti [fig. 8]. il nodo dipartenza (la radice, R nella figura) ha due vicini; i nodisuccessivi (interni) ne hanno tre; i nodi terminali (foglie)ne hanno uno. Per qualunque coppia di nodi vi è un per-corso (e uno solo) che li connette. È difficile immaginareche una comunità umana accetti di collegarsi in tal modo,risalendo sempre per vie gerarchiche senza stabilire colle-gamenti trasversali: l’albero binario appare invece nellecolonie di funghi i cui problemi di traffico, probabilmenteinteressantissimi, esulano dalla nostra discussione6 [fig. 8]

Fig. 8 - strutture ramificate: albero binario (a sinistra)e colonia di funghi (a destra).

e veniamo ora a una struttura fondamentale per cui visarà bisogno di qualche spiegazione [fig. 9]. L’ipercubo,o semplicemente cubo, cresce con una regola sua. La fi-gura lo rappresenta in quattro dimensioni, con 24 = 16nodi (i «vertici») e quattro archi partenti da ogni nodo(gli «spigoli»); il ruolo dei «nomi» scritti in codice bina-

R

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rio all’interno di ogni nodo sarà chiaro tra breve. Questo ipercubo può essere considerato l’unione di due ipercubiin tre dimensioni, cioè due usuali cubi posti a sinistra e adestra nel disegno; ciascuno di questi contiene 23 = 8 no-di e tre archi per nodo, e ogni nodo è collegato con unocorrispondente nell’altro cubo. i nomi dei nodi identifi-cano i due cubi: in uno di essi iniziano con la cifra 0,nell’altro con la cifra 1. ogni cubo in tre dimensioni è asua volta l’unione di due cubi in due dimensioni, cioèdue quadrati di 22 = 4 nodi collegati tra loro, che si di-stinguono per il valore della seconda cifra dei nomi; eogni quadrato è l’unione di due cubi in una dimensione,cioè due segmenti, distinti dalla terza cifra dei nomi.

Fig. 9 - L’ipercubo in quattro dimensioni.

individuata la regola possiamo far crescere la strutturaverso dimensioni arbitrariamente grandi: un ipercubo incinque dimensioni è l’unione di due ipercubi come quel-lo della figura, con ogni nodo dell’uno connesso a uncorrispondente nodo dell’altro: i nodi divengono com-

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7 La distanza tra due nodi dell’ipercubo è dunque al più k = log2n,contro il valore √n della maglia o n/2 dell’anello.

plessivamente 25 = 32 e ciascuno ha cinque vicini. Larappresentazione grafica si complica parecchio. Ai nomidei nodi si premette una nuova cifra: 0 in un ipercubocomponente, 1 nell’altro. in conclusione un ipercubo ink dimensioni contiene n = 2k nodi con k vicini ciascuno,ma lo svantaggio di un vicinato che cresce con k è limita-to perché tale valore è molto piccolo rispetto a n. cia-scun nodo ha un nome di k cifre binarie che indicano or-dinatamente la scomposizione della struttura in cubi viavia più piccoli.

notiamo ora che due nodi vicini hanno nomi che diffe-riscono esattamente in una cifra; quindi se due nodi han-no nomi che differiscono in d cifre essi si possono colle-gare con un percorso di d archi transitando attraversouna sequenza di altri nodi i cui nomi differiscono via viain una cifra. così dal nodo 0001 si può spedire un mes-saggio al nodo 1111 attraverso vari percorsi di tre archi,uno dei quali attraversa ordinatamente i nodi 0001-1001-1101-1111: questo percorso è costruito con la regolastandard che prevede di operare sulle cifre che devonoessere cambiate scandendo il nome da sinistra a destra.si occupano dell’istradamento i nodi (calcolatori) rag-giunti a ogni passo esaminando il nome della destinazio-ne che è incluso nel messaggio. in conclusione da cia-scun nodo se ne può raggiungere ogni altro percorrendoal più k archi, poiché questo è il massimo numero di ci-fre per cui due nomi possono differire. Quindi i percorsisono sempre brevi, caratteristica questa molto importan-te in una rete7. tuttavia il tempo di percorrenza di unmessaggio può essere grande a causa degli ingorghi che

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8 Uno studio di qualche serietà in questo campo richiede conoscenzenon banali di informatica, tecnica delle trasmissioni e calcolo delle probabi-lità. sarebbe fuori luogo indicare qui le numerosissime fonti di riferimento.

si verificano sui nodi e sugli archi quando più messaggitransitano nella rete, anche se le origini e le destinazionidi essi sono tutte distinte.

supponiamo che vengano inviati contemporaneamentedue messaggi, uno da 0000 a 1010, l’altro da 1100 a 1011.La regola standard genera i percorsi indicati rispettiva-mente con linee punteggiata e tratteggiata nella figura 9:

0000 1000 10101100 1000 1010 1011

che interferiscono nel nodo 1000 e nell’arco (1000-1010). naturalmente se si adottasse una regola di istra-damento diversa dalla standard questi ingorghi potreb-bero essere evitati, ma ne nascerebbero altri per messag-gi diversi: l’esempio può essere esteso a altre regole, amolti messaggi e a code assai più lunghe. Lo studio ma-tematico del traffico in queste condizioni è molto com-plesso, e solo alcuni brillanti risultati dell’inizio degli an-ni ottanta hanno permesso alle reti di raggiungere l’effi-cienza di oggi: li ricorderemo nel modo più semplice einformale possibile8.

tutto cominciò con l’ipercubo in k dimensioni cheper le sue proprietà ben si prestava al calcolo parallelo diimportanti funzioni matematiche. erano bensì noti alcu-ni casi sfavorevolissimi in cui la lunghezza delle code cre-sce in modo esponenziale con k pur se tutte le destina-zioni dei messaggi sono diverse tra loro; ma uno studioprobabilistico dimostrava che, scegliendo le destinazioni

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a caso e inviando i messaggi con l’algoritmo standard, siformano code non più lunghe di k. e questo si pensavadovesse accadere nella normalità dei casi, quando si pre-sentò un probema inaspettato che ci invita a riflettere an-che sul traffico urbano.

il motivo principale per cui si formano code inutili èche molti viaggiatori seguono gli stessi percorsi pur diri-gendosi verso destinazioni differenti (ché se la destina-zione fosse la stessa per tutti la coda sarebbe ivi inevita-bile). Gli automobilisti tendono a agglomerarsi per certeloro necessità o gusti o ragionamenti comuni che li por-tano a prediligere sempre alcune strade, salvo maledire iloro simili che hanno scelto le stesse strade nello stessotempo. inaspettatamente il calcolo parallelo invita allostesso comportamento: i progettisti di algoritmi hanno laradicata tendenza a far eseguire operazioni simili da tuttii calcolatori che partecipano al gioco, e a fargli inviaremessaggi sugli stessi percorsi. così gli algoritmi esistenticreano in genere ingorghi di traffico ben superiori aquelli che nascerebbero se i messaggi viaggiassero a caso:ciò avviene in particolare nell’ipercubo.

nacque allora un’idea che avrebbe inciso profonda-mente sul modo di utilizzare le reti di interconnessione:la si accredita giustamente a Valiant, brillante professoredi Harvard, anche se era ormai maturata nell’intera co-munità sientifica. se nell’esecuzione di un calcolo unmessaggio deve spostarsi da un nodo a un’altro dell’iper-cubo, lo si invii prima a una destinazione scelta a caso edi qui alla destinazione reale. Pur impiegando l’algorit-mo standard l’istradamento del messaggio avrà caratteredi casualità in entrambe le fasi, poiché nella prima ècasuale la destinazione e nella seconda l’origine: dunquedovrebbero formarsi code di lunghezza massima k.

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Valiant dimostrò che in effetti ciò avviene con altissimaprobabilità, affermazione che va presa nel senso già di-scusso nel capitolo 7: operando sui parametri della retela probabilità che si formino code più lunghe di k puòessere resa arbitrariamente inferiore a quella che l’interosistema si guasti per qualsiasi altra causa. in breve questatecnica fu estesa a reti di tutte le forme, ciascuna dellequali ammette un istradamento efficiente se in una primafase si dirigono i messaggi verso destinazioni intermediescelte a caso: l’ostinata tendenza dei progettisti di algorit-mi paralleli (ma forse potremmo dire degli stessi proble-mi da risolvere) a creare ingorghi nel traffico viene cosìsconfitta da un’allegra anarchia di percorsi casuali.

e allora perché non applicare la stessa tecnica al traffi-co automobilistico? ogni città richiederebbe un suo al-goritmo che dipende dalla forma del tessuto urbano, main tutte si dovrebbe osservare la stessa regola fondamen-tale: ogni automobilista inizi il suo viaggio dirigendosiverso una destinazione a caso e di lì proceda verso la de-stinazione finale. Le due fasi verrebbero eseguite conl’algoritmo più adatto alla città o con qualunque strategiail guidatore abbia in mente, e la casualità introdotta nelpercorso renderebbe questo diverso da tutti gli altri. Lostudio delle reti indica anche la lunghezza che deve avereil tratto casuale di percorso in relazione alla forma deicollegamenti: nell’ipercubo si devono percorrere k archi,risultato di scarsa utilità per gli automobilisti poiché nonsi conoscono città organizzate in questo modo; ma per lereti somiglianti a tessuti urbani i risultati divengono inte-ressanti. non vogliamo entrare in dettagli matematici chesaranno approfonditi quando la nuova tecnica sarà adot-tata da qualche amministrazione comunale: chiariremoperò come sia possibile metterla in pratica.

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9 conoscere la destinazione casuale prima di iniziare a muoversi, o sce-gliere mosse casuali in successione, conduce in alcune reti a risultati proba-bilistici diversi ma comunque paragonabili.

il problema principale è quello di dotare l’automobili-sta di un mezzo attraente e pratico per procedere a caso.Valiant lo risolse sull’ipercubo impiegando un program-ma noto come «generatore di numeri casuali» che co-struisce per ogni messaggio un pacchetto di k cifre bina-rie da utilizzare come indirizzo intermedio: il messaggioprendeva questa direzione, accompagnato dal nome delnodo finale verso cui completare il percorso. mentre nel-la rete l’istradamento del messaggio è curato dai nodi viavia raggiunti, l’automobilista dovrà dirigersi personal-mente lungo il percorso che gli è imposto dal caso. Èprevedibile che le ditte giapponesi istallino un computerdi bordo collegato alla messa in moto, che indichi la de-stinazione casuale da raggiungere su una mappa dellacittà proiettata sul cruscotto. A noi sembra più attraenteassaporare la sorpresa poco a poco seguendo a ogni in-crocio una direzione sconosciuta9.

La soluzione naturale di inserire nei semafori un indi-catore casuale che dirotti a caso i veicoli in direzionisempre mutevoli è francamente sconsigliabile, perchéobbligherebbe i guidatori a rallentare per recepire il se-gnale imprevedibile fino all’ultimo istante e causerebbeun certo malumore per l’imposizione arbitraria. È dun-que preferibile che la scelta parta dall’interno del veicolocon sufficiente anticipo. A tale scopo tutte le auto do-vranno essere dotate di «casualizzatore», dispositivo ingrado di indicare a caso una delle possibili direzioni daintraprendere in corrispondenza di incroci, rotatorie esnodi. La realizzazione del casualizzatore potrebbe in-

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10 Per esempio i guidatori della sierra peruviana non accetterebbero maidi prendere una direzione a caso in un incrocio di tre vie ove giacesse ab-bandonato un mazzetto di foglie di coca. spiega infatti Jorge Lira in un sag-gio di antropologia (El cambio de la suerte, edizioni del centro bartoloméde Las casas, cusco 1995) che questo è un segno del destino lasciato dauno sconosciuto e foriero di gravissime conseguenze se non si affronta in

contrare qualche difficoltà perché le direzioni variano innumero e angolazione da incrocio a incrocio richiedendoall’apparenza costosi apparati di tipo elettronico-compu-terizzato; ma in realtà il dispositivo può essere costruitoin modo semplicissimo adeguandosi sia alla conforma-zione stradale che alle preferenze dei conducenti. ecco lanostra proposta.

il casualizzatore sarà costruito a mo’ di banderuola eistallato sul cruscotto della vettura. in prossimità di un in-crocio sarà posto manualmente in rotazione da una spintapiù o meno decisa secondo l’estro momentaneo del con-ducente, che seguirà poi la direzione più vicina a quella as-sunta dall’indicatore. ci saranno casualizzatori di serie conbanderuole ispirate al simbolo della casa automobilistica ecasualizzatori personalizzati in accordo alle inclinazionidei proprietari (la banderuola potrebbe assumere le sem-bianze del calciatore del cuore nell’atto di tirare il rigorerisolutivo, o del santo protettore che dispensa la benedi-zione mostrando la via, o di una «pin-up girl» in posa pla-stica nel modello per camion). risolte le questioni tecni-che si porrano alcuni problemi comportamentali. Per rea-lizzare il piano è necessario che ogni automobilista seguale istruzioni con disciplina abbandonando la via preferitaper prendere alcune decisioni apparentemente assurde.confidiamo che nel tempo ciò possa avvenire, pur senzapretendere che siano del tutto abbandonate certe convin-zioni personali10; le quali d’altra parte non danneggeranno

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modo corretto: «se ci si imbatte in tale ritrovamento conviene girare tre vol-te a sinistra, retrocedere e proseguire in altra direzione. così si contrasta lasfortuna nascosta nella coca. si deve inoltre recitare un credo».

11 il moto dei batteri è stato studiato molto attentamente sia dal puntodi vista biologico che da quello matematico. con le parole di Giovanni Pro-di, che ha promosso con passione irriducibile l’incontro tra studiosi di disci-pline diverse: «il batterio come calcolatore deve preferire le soluzioni proba-bilistiche alle soluzioni esatte».

il piano complessivo purché siano distribuite a caso.ma è mai possibile che nessuno abbia pensato una so-

luzione tanto semplice? ebbene, se non l’hanno fatto gliamministratori del traffico l’idea è in uso da tempo im-memorabie presso alcune colonie di viventi che potreb-bero a buon diritto rivendicare interessenze economichesulla gestione delle reti di calcolatori. si tratta di interefamiglie di batteri che si incontrano di solito nel putridu-me e sono pertanto pochissimo considerati sul piano so-ciale. essi si muovono in un ambiente liquido seguendotratti rettilinei alternati a giravolte casuali, per dirigersi inmedia verso zone in cui si concentrano sostanze nutrien-ti; non diversamente da un turista in una città sconosciu-ta che prende direzioni casuali agli incroci, insistendo inuna direzione se la zona raggiunta è gradevole11.

Avremmo dovuto cercare un insegnamento nella natu-ra che ha avuto molto più tempo di noi per risolvere isuoi problemi.

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Indice

PrefazioneLA scienzA ALGoritmicA 9

1. La crescita esponenzialeLA VoLPe e iL GAtto 13

2. L’intrattabilitàLe briGAte mULticoLori 25

3. La numerazioneLA bibLiotecA di bAbeLe 39

4. L’autoriferimentoeco e nArciso 51

5. L’indecidibilitàmArtin 61

6. il calcolo paralleloiL Presidente 75

7. La casualitàiL Processo 89

8. La divinazioneLA bAttAGLiA nAVALe 105

9. il piano del trafficoUn modesto contribUto 123

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edizioni etsPiazza carrara, 16-19, i-56126 Pisa

[email protected] - www.edizioniets.comFinito di stampare nel mese di ottobre 2010

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