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Faculté de Droit et des Sciences sociales - Poitiers V ZENOZENCOVICH Professore Ordinario di Diritto comparato dell'Università degli Studi di Roma Tre Rettore dell'Università degli Studi Internazionali di Roma M C PAGLIETTI * Ricercatrice in Diritto comparato dell'Università degli Studi di Roma Tre IL DIRITTO PROCESSUALE DEI CONSUMATORI L'INFLUENZA DEL DIRITTO DEI CONSUMI SUL DIRITTO PROCESSUALE POSTILLA A CALAIS AULOY, 20 ANNI DOPO 1. Introduzione. Dal processo alle procedure. Dalle esigenze di giustizia al servizio di risoluzione delle controversie. 2. Linee di tendenza del processo del consumatore: asimmetria, residualità, effettività vs autonomia procedurale; 3. La procedura bifasica: il favor accordandum pre-processuale; 4. La fase giurisdizionale: judicial activism; 5. Poteri del giudice e nullità (deroghe al principio del contraddittorio); 6. Poteri del giudice e ricerca della prova; 7. Poteri del giudice e tempo (effettività vs celerità del processo); 8. Poteri del giudice e scelta della giurisdizione; 9. Modello accusatorio vs modello inquisitorio e paradigma di consumatore medio nel processo; 10. Aggregazione delle domande e funzioni regolatorie/deterrenti della responsabilità civile. . I. D . D . V ent’anni fa, con l’affacciarsi delle prime Direttive che disciplinavano i rapporti giuridico-economici fra imprese e consumatori, prese forma la figura dei “contratti con i consumatori” che ormai costituiscono una categoria autonoma del diritto privato, la cui tipologia, struttura e contenuto sono profondamente diversi dalla tradizionale figura di contratto, quale che fosse l’ordinamento – di civil law o di common law – cui si facesse riferimento 2 . Nella categoria dei “contratti dei consumatori” colpiva la sostanziale riduzione dell’ambito di azione dell’autonomia contrattuale e il dichiarato intento 1 * Il presente lavoro è frutto di una riflessione comune attorno ad un progetto di ricerca avviato da alcuni anni. Nella stesura, il par. 1 è di Vincenzo Zeno-Zencovich, i restanti di Maria Cecilia Paglietti. 2 C-A, L'influence du droit de la consommation sur le droit civil des contrats, in RTD Civ., 1994, 239 ; e, volendo, Z-Z, Il diritto europeo dei contratti (verso la distinzione tra "con- tratti commerciali" e "contratti dei consumatori" ), in Giur. it., 1993, IV, c. 57. Cfr. infra par. 2.

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Faculté de Droit et des Sciences sociales - Poitiers

V!"#$"%& ZENO'ZENCOVICH Professore Ordinario di Diritto comparato dell'Università degli Studi di Roma TreRettore dell'Università degli Studi Internazionali di Roma M()!( C$#!*!( PAGLIETTI+* Ricercatrice in Diritto comparato dell'Università degli Studi di Roma Tre

IL DIRITTO PROCESSUALE DEI CONSUMATORI L'INFLUENZA DEL DIRITTO DEI CONSUMI SUL DIRITTO PROCESSUALE ,POSTILLA A CALAIS'AULOY, 20 ANNI DOPO-

1. Introduzione. Dal processo alle procedure. Dalle esigenze di giustizia al servizio di risoluzione delle controversie. 2. Linee di tendenza del processo del consumatore: asimmetria, residualità, effettività vs autonomia procedurale; 3. La procedura bifasica: il favor accordandum pre-processuale; 4. La fase giurisdizionale: judicial activism; 5. Poteri del giudice e nullità (deroghe al principio del contraddittorio); 6. Poteri del giudice e ricerca della prova; 7. Poteri del giudice e tempo (effettività vs celerità del processo); 8. Poteri del giudice e scelta della giurisdizione; 9. Modello accusatorio vs modello inquisitorio e paradigma di consumatore medio nel processo; 10. Aggregazione delle domande e funzioni regolatorie/deterrenti della responsabilità civile.

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Vent’anni fa, con l’affacciarsi delle prime Direttive che disciplinavano i rapporti giuridico-economici fra imprese e consumatori, prese forma la figura dei

“contratti con i consumatori” che ormai costituiscono una categoria autonoma del diritto privato, la cui tipologia, struttura e contenuto sono profondamente diversi dalla tradizionale figura di contratto, quale che fosse l’ordinamento – di civil law o di common law – cui si facesse riferimento2.

Nella categoria dei “contratti dei consumatori” colpiva la sostanziale riduzione dell’ambito di azione dell’autonomia contrattuale e il dichiarato intento 1* Il presente lavoro è frutto di una rif lessione comune attorno ad un progetto di ricerca avviato da alcuni

anni. Nella stesura, il par. 1 è di Vincenzo Zeno-Zencovich, i restanti di Maria Cecilia Paglietti.2 Calais-Auloy, L' inf luence du droit de la consommation sur le droit civil des contrats, in RTD Civ.,

1994, 239 ; e, volendo, Zeno-Zencovich, Il diritto europeo dei contratti (verso la distinzione tra "con-tratti commerciali" e "contratti dei consumatori"), in Giur. it., 1993, IV, c. 57. Cfr. infra par. 2.

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riequilibratore delle disposizioni comunitarie, le quali dettavano il contenuto del contratto, i diritti e le facoltà delle parti, i rimedi esperibili3.

Dal punto di vista sistematico la categoria, da eccezionale, è diventata una parte consistente del diritto privato, crescendo via via che dalle istituzioni comunitarie sono pervenute nuove regole, le quali hanno occupato nuovi settori.

Allo stato non vi è praticamente area dell’attività economica nella quale i destinatari siano i consumatori la quale non sia normata. L’eccezione è diventata regola, portando ad una sostanziale dicotomia fra contratti con i consumatori e contratti fra imprese4. Residuali – nel loro rilievo economico – sono diventati ormai i contratti fra soggetti che non possono qualificarsi – con riguardo alla singola operazione – né imprenditori o professionisti, né consumatori. A ben vedere l’unico settore di un qualche rilievo è rappresentato dalla compravendita di immobili. Al di fuori di ciò solo attività marginali.

Ma i “contratti dei consumatori” non si sono limitati a passare da eccezione a disciplina generale, ed hanno avuto una portata espansiva anche al di là della qualifica soggettiva: de iure condito essa si applica a categorie indistinte con riguardo ai servizi di comunicazione elettronica, e a quelli di trasporto. Si allarga alle piccole imprese nel settore finanziario5. De iure condendo si auspica che artigiani e piccoli imprenditori godano delle medesime cautele.

Quindici anni più tardi ci si è resi conto che lo stesso movimento di autonomizzazione dei rapporti con i consumatori toccava non solo il diritto sostanziale ma tutto quello remediale6. Anche qui il punto di partenza è stata la normativa comunitaria la quale, sia negli atti riguardanti una specifica relazione economica fra imprese e consumatori, sia in altri provvedimenti di natura più generale, ha previsto non solo rimedi, ma soprattutto procedure e regole processuali volte a tutelare il consumatore.

Il passaggio dalla figura dei “contratti con i consumatori” a quella del “diritto processuale dei consumatori” non è privo di problematicità7 In primo luogo perché l’aggettivo ‘processuale’ è, in questo caso, solo parzialmente calzante, nella misura in cui con esso si voglia fare riferimento a quel che comunemente si intende un processo, e cioè un procedimento formalizzato avanti un giudice, qualificato quest’ultimo come espressione del potere giurisdizionale dello Stato. Come si vedrà, infatti, gran parte dei rimedi dei consumatori si estrinsecano al di fuori della tradizionale sede deputata a rendere giustizia, assumendo dunque caratteristiche loro proprie. E al tempo stesso si assiste non solo ad una frammentazione delle sedi e dei procedimenti, ma anche ad una ibridazione delle giurisdizioni per quei paesi dove è forte la distinzione fra giurisdizione ordinaria e giuridizione amministrativa.

Quel che si può dire ormai, con una ragionevole certezza, è che quando vi siano dei “contratti con i consumatori” (o dei contratti regolamentati in base al presupposto del diverso potere contrattuale fra le parti) le regole volte ad assicurare

3 Cfr. infra par. 2. 4 Cfr. infra par. 2.5 Cfr. infra par. 3.6 Cfr. infra par. 2. 7 Cfr. infra par. 2.

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tutela alla parte debole – dunque in principio una sola parte – sono diverse da quelle che ordinariamente si applicherebbero ai contratti fra imprese o fra privati che non rivestono altre qualifiche8.

La trasmigrazione della sede di risoluzione delle controversie verso procedure semplificate amministrate da soggetti la cui qualifica non è riconducibile all’esercizio della giurisdizione, non è priva di conseguenze sistematiche, nel senso che si assiste ad un progressivo – anche se non compiutamente realizzato – divorzio fra consumatori e processo9. Le ragioni sono intuibili e legate alla numerosità delle controversie e alla loro, in genere, modesta rilevanza economica. Ma gli effetti hanno una portata più ampia, mettendo in dubbio, nei fatti, la visione totemica che, almeno in Italia, è stata data alla tutela giurisdizionale e alla sua illimitata disponibilità.

Ma anche quando si rimanga nell’alveo del processo, questo è ben diverso da quello storicamente prefigurato: il luogo della parità e della simmetria delle armi, dell’assoluta terzietà – si potrebbe dire indifferenza – del giudice cui era in genere preclusa attività officiosa. Nelle procedure che riguardano il consumatore al giudice è affidato dalle norme sostanziali un compito riequilibratore, e ciò fa utilizzando disposizioni anche processuali squilibrate10.

Non si tratta certo di un fenomeno nuovo, essendo sperimentato da decenni nel campo dei rapporti di lavoro subordinato nei quali il favor per il lavoratore, sostanziale, procedurale e, sopratttuto giurisprudenziale, è evidente e noto. Con l’asimmetrica disciplina del “processo dei consumatori” non solo si allarga notevolmente il numero dei processi sottratti alla regola ordinaria, ma soprattutto si rafforza lo status meta-giuridico del consumatore quale titolare di una situazione privilegiata11.

Parlare dunque di “diritto processuale dei consumatori” o, forse più appropriatamente, di “tutela procedurale dei consumatori” consente tre diversi piani di lettura, fra di loro inevitabilmente collegati.

a) La natura delle regole e la loro specificità: nel costruire il sistema delle regole esse vengono colte nel loro fondamento normativo: il diritto dell’Unione Europea, la loro recezione nazionale, l’ormai ampio commento giurisprudenziale. Nel fare ciò per un verso viene utilizzata come pietra di paragone l’ordinaria disciplina del processo, così come la si ipostatizza nella concezione comune, misurando le molteplici deviazioni che lo rendono significativamente diverso12. Non si tratta di un esercizio meramente enigmistico, bensì – come sempre avviene con ogni comparazione - di un percorso che porta ad indagare e meglio comprendere il modello di riferimento, le sue ragioni e, trattandosi di procedura, le sue tecniche. Per altro verso la creazione di nuovi sistemi di risoluzione delle controversie implica necessariamente una valutazione sulla loro funzionalità ed efficienza, in termini sia teorici che statistici. Mette in guardia da approcci concettualistici, imponendo un sobrio realismo13.

8 Cfr. infra par. 2, 3, 4. 9 Cfr. infra par. 3.10 Cfr. Cfr. infra specialmente il par. 5.11 Cfr. Cfr. infra par. 6.12 Cfr., quale esempio paradigmatico, il par. 8 sul foro del consumatore. Cfr., quale esempio paradigmatico, il par. 8 sul foro del consumatore.13 Cfr. Cfr. infra par. 2.

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b) La connessione fra diritto sostanziale e diritto procedurale: La tutela dei consumatori è tutt’uno con le forme e le procedure attraverso le quali questa si esplica: preventiva ed amministrativa; sostanziale nella con-gurazione del contratto; successiva e remediale. Alla banale considerazione che sostanza e procedura costituiscono due facce della stessa medaglia, va aggiunta la postilla che, diversamente di quanto avviene in molti altri campi del diritto privato, i due aspetti sono costruiti assieme ed interagiscono -n dalla loro genesi normativa. La gran parte delle regole procedurali è infatti contenuta nelle direttive e nei regolamenti che disciplinano il rapporto sostanziale e dunque non possono che essere oggetto di una lettura funzionale e unitaria. Certamente la singola disposizione appare arida e o.re poco alla fantasia. Ma messe tutte assieme compongono un complesso – peraltro non del tutto omogeneo ed anzi variegato – che richiede al giurista teorico di cimentarsi nella sua storica vocazione: la ricerca dell’ordine. Anche in questo caso delineare un sistema delle regole procedurali di tutela del consumatore getta luce sull’intera disciplina consumeristica, che è composta da una montagna di disposizioni le quali toccano tutti i complicati meccanismi della produzione, della confezione, della presentazione, della promozione e si sostanziano nel contratto che lega una impresa ad un consumatore. La tutela procedurale del consumatore costituisce, ormai, una parte imprescindibile del diritto dei consumatori, in primo luogo della sua presentazione manualistica. Se ciò può essere considerato comune a tutti gli ordinamenti settoriali, in questo caso il “settore” (quello dei ‘consumatori’) è talmente vasto da non poter essere visto in isolamento, anche perchè, come s’è detto, è soggetto ad una costante pressione ad espandersi14.

c) Le procedure remediali in società complesse: Lo studio della tutela procedurale dei consumatori porta a prospettare alcune letture più ampie del sistema, che vanno oltre la particolarità del rapporto di consumo.

i. Sorta più di tre decenni fa come uno spin-off della diplomazia internazionale (per la classica presentazione teorico-divulgativa V. Fisher-Ury, Getting To a Yes, 1981), la Alternative Dispute Resolution (ADR) ormai si impone come sistema autonomo, retto da logiche compositive e di efficienza economica. Il modello si articola in varie forme – il processualista classico parlerebbe di ‘riti’ – dalle quali è possibile estrapolare le costanti le quali si ritrovano anche al di fuori delle esigenze consumeristiche. Sotto questo aspetto, proprio perchè la ADR consumeristica costituisce il fenomeno di maggiore diffusione, sia nel tempo che nello spazio, che nei numeri esso consente una rif lessione sistemica sulla risoluzione delle controversie al di fuori del processo. Prima ancora dei tanti aspetti tecnici, vi sono da fissare i presupposti apicali, e cioè, in termini etici, la ‘domanda di giustizia’, e in termini costituzionali, il ‘diritto di agire in giudizio’15.

ii. Ma la ADR costituisce soltanto una parte di un più generale e stellare sistema compositivo e risolutivo, con il quale è in costante connessione. Non solo perchè la nozione di ‘alternatività’ non implica quella di ‘esclusività’, e dunque la strada della giurisdizione ordinaria rimane sempre aperta, ma soprattutto perchè fra i diversi livelli vi è una costante osmosi: dalla incessante produzione regolamentare (prevalentemente dalle istituzioni comunitarie e dalle autorità amministrative indipendenti) la quale non si limita a fissare contenuti, ma anche

14 Cfr. Cfr. infra par. 2. 15 Cfr. Cfr. infra par. 3, 4.

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termini, procedimenti, procedure; alla giurisprudenza di merito e di legittimità che fornisce la interpretazione autoritativa delle norme; dalle regole sui procedimenti amministrativi (appannaggio del giudice amministrativo) alla introduzione e al riconoscimento di codici di condotta. In altri termini, mentre in passato ci si poteva limitare ad osservare e a padroneggiare le tecniche del processo civile, ora occorre una visione ben più ampia su un campo certamente disordinato ma non per questo meno effettivo.

iii. In tale contesto agli studiosi del processo civile viene lanciata una sfida – che in parte è stata già raccolta – e cioè quella di ricomprendere nella loro sistematica anche ciò che fino a non poco tempo fa poteva apparire marginale se non eccentrico. Le ADR non solo mutuano concetti propri di quella branca del sapere giuridico – contraddittorio, imparzialità, effettività, speditezza – ma prestano modelli semplificati che si muovono nella stessa direzione della giurisdizione ordinaria. Una avvertenza però si impone: come il giurista (e il privatista in particolare) si è reso conto che nel sistema dell’Unione Europea il diritto è manifestamente strumentale al perseguimento di obiettivi politico-economico-sociali, così il processualista dovrà arrendersi di fronte alla forza ordinante del sistema: le procedure non hanno una loro intrinseca ragion d’essere, ma sono funzionali – esclusivamente funzionali – a quegli obiettivi. Presentano dunque una natura transeunte e modificabile ad libitum senza che sia invocabile il rispetto di coerenze interiori. La moltiplicazione – o meglio la differenziazione – dei ‘riti’ dell’ADR risponde a circostanze contingenti ed il frutto della composizione delle istanze di diversi gruppi di pressione (imprese, consumatori, lavoratori) in base a esigenze prevalentemente politiche e non certo sistematiche16.

iv. Svincolate da visioni d’insieme e dipendenti da esigenze di semplificazione, le ADR conoscono una forte circolazione imitativa. Le peculiarità dei sistemi processuali, stratificate nei secoli e dipendenti da fattori estremamente complessi, quale la posizione del giudice, la formazione e l’abilitazione degli avvocati ed il controllo sull’accesso alle corti, non trovano spazio nelle procedure di ADR. D’altronde essendo unico – almeno nell’Unione Europea – il riferimento sostanziale ne è conseguenza l’omogeneità delle procedure remediali. Non vi sono ragioni storiche e stratificazioni giurisprudenziali, ma, soprattutto, la loro costituzione, modifica e sostituzione è rimessa a decisioni di natura regolamentare che si sottraggono alla visibilità propria delle leggi processuali. I modelli, dunque, sono – almeno sulla carta – facilmente riproducibili, pescando, a seconda delle esigenze, da questa o quella esperienza, come comunemente avviene con la normazione sub-primaria17.

v. La strumentalità e l’adattabilità delle procedure porta a ritenere che le ADR costituiscono una parte integrante dell’offerta del bene o del servizio, al pari del prezzo, delle condizioni, delle garanzie. Costuiscono uno dei vari fattori ricompresi nella struttura dei costi, al pari della facoltà di recesso ad nutum, del servizio di assistenza post-vendita, dell’ufficio reclami. La tutela procedurale del consumatore

16 Cfr. Cfr. infra par. 3.17 Cfr. Cfr. infra par. 3.

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costituisce un servizio ‘di consumo’ e come tale standardizzato nelle forme e predeterminato nei costi. Imposta dalla legge viene inserita nel ciclo produttivo e privatizzato. I risultati dei procedimenti vengono rilevati ed inseriti nella revisione periodica della organizzazione aziendale le cui regole appaiono essere più efficienti rispetto alla astratta – e lentissima – funzione general-preventiva della sentenza di condanna. D’altro canto, così le ADR vengono percepite dai consumatori, non come luogo di affermazione di principi di giustizia, ma semplicemente meccanismi di riequilibrio economico18.

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Lo svolgimento di un lavoro scientifico destinato ad indagare il rapporto tra consumatori e processo può svolgersi secondo un metodo che contempla almeno tre punti di osservazione:

1. di diritto positivo: tentando di identificare le molteplici norme dedicate alla tutela giurisdizionale dei diritti dei consumatori, generalmente collocate in modo sparso e occasionale nelle discipline di settore;

2. d’impostazione sistematica: elevando il piano dal lavoro dalla mera ricognizione al tentativo di ordinare sistematicamente il quadro composto dalle norme e dall’applicazione che di esse offre la Corte di giustizia, verificando la possibilità che, dall’affiancamento del formante legislativo e di quello giurisprudenziale, emerga l’esistenza di un diritto processuale europeo dei consumatori;

3. di lettura politica: nel duplice senso, da un lato, dell’inquadramento del fenomeno nel contesto della globalizzazione giuridica, dall’altro della governamentalità insita nel binomio regulation/litigation.

Il presente scritto (che dunque si comporrà di tre fasi -corrispondenti ai tre diversi tipi di approccio- ricognitiva, sistematica e di valutazione se le consonanze rilevate si fondino su princîpi comuni) muove dalla constatazione dell’esistenza di due nuove categorie concettuali, divenute parte del moderno vocabolario tanto dei sostanzialisti quanto dei processualisti: asimmetria e residualità. La prima sottende l’idea, ormai acquisita, che lo squilibrio strutturale tra le parti, che rende il rapporto ontologicamente asimmetrico, non riguardi più solamente il rapporto il sostanziale e che il consumatore sia parte debole del contratto e parte debole del processo, con la conseguenza che, in entrambi gli àmbiti, lo sbilanciamento di poteri viene ricomposto riconoscendo una normativa di favore in base alla qualifica soggettiva dei contraenti/parti19.

18 Cfr. Cfr. infra par. 3. 19 Sul rapporto tra debolezza e diritto e sulla moltitudine di livelli in cui si può svolgere v. il saggio di Sul rapporto tra debolezza e diritto e sulla moltitudine di livelli in cui si può svolgere v. il saggio di

Fiechter-Boulvard, La notion de la vulnérabilité et sa consécration par le droit, in Vulnérabilité et droit. Le développement de la vulnérabilité et ses enjeux en droit, a cura di Cohet e Cordey, Parigi, 2000, 19 e ss. con specifico riguardo ai consumatori v. già Bourgoignie e altri, L’aide juridique au consommateur, Bruxelles/Lovanio, 1981, passim.

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Superata la tradizionale concezione della natura ancillare delle regole processuali rispetto a quelle sostanziali20, e accolto il presupposto che «le controversie riguardanti i consumatori richiedono meccanismi appositi»21, la tutela giurisdizionale differenziata risulta una sorta d’inevitabile conseguenza logica della differenziazione di tutela sul piano sostanziale22. Viene così approntata una disciplina composita che presenta norme fortemente derogatorie rispetto ai princîpi generali volte a rimuovere lo squilibrio di poteri insito nel rapporto processuale23.

La seconda categoria concettuale utilizzata come criterio ordinante è quella della residualità, nel senso dell’esistenza di norme connotate da un grado di specificità così elevato da porre il problema del loro rapporto con le norme generali. Anche questa prospettiva è comune tanto al diritto sostanziale che a quello processuale: nel primo si pone nei termini del rapporto tra la disciplina del consumatore e le categorie che tali non sono24; nel secondo regola il rapporto tra soluzioni stragiudiziali e processo, delineando la tendenza a un doppio livello di soluzione, con la preferenza per l’ipotesi

20 Sulla circostanza che il diritto processuale costituisce la chiave di volta di un sistema giuridico cfr. Sulla circostanza che il diritto processuale costituisce la chiave di volta di un sistema giuridico cfr. Di Majo, La tutela civile dei diritti, 4° ed., Milano, 2003, 49 e ss. e 148; sulle interrelazioni tra diritto processuale e sostanziale v. già Rodotà, Presentazione, in Rodotà (a cura di), Il controllo sociale delle attività private, Il Mulino, 1977; da ultimo Patti, Diritto civile e diritto processuale: frammenti di un percorso, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, 1.

21 Decisione del Parlamento europeo e Consiglio del 18 dicembre 2006 n. 1926/2006/Ce, che ha istituito un programma d'azione comunitaria in materia di politica dei consumatori nel periodo 2007-2013.

22 Nel solco di una consolidata tradizione consumeristica, la dottrina francese è quella che maggior- Nel solco di una consolidata tradizione consumeristica, la dottrina francese è quella che maggior-mente mostra la presa di coscienza del problema: v. i contributi raccolti in Le droit des consomma-teurs et les procédures spécifiques en Europe, a cura di Rochfeld e Jeuland, Parigi, 2005; e soprattutto l’organizzazione delle Giornate colombiane dedicate a «Le consommateur et le procès : questionnaire et rapports », dall’Association Henri Capitant des Amis de la Culture Juridique Française, che si sono svolte a Bogota e Cartaghena, il 24-28 settembre 2007: tutti gli interventi sono consultabili on line: www.henricapitant.org/spip.php ?article77.

Del resto, in Italia, già a metà degli anni ‘80 (in occasione del convegno linceo svoltosi a Roma nell’aprile del 1986 sul tema La sistematica giuridica: storia, teoria e problemi attuali, i cui atti sono stati pubblicati nel 1991) si erano scorti i segnali di una fase sistematica alle spalle. Già all’epoca si riteneva che il diritto processuale avesse superato la stagione delle teorie generali in favore di una fase post-sistematica che Denti identifica con la formula del «passaggio da una cultura del sistema alla cultura del progetto». L’inadeguatezza dei processualisti sistematici sarebbe del resto sottolineata anche da Cappelletti quando contesta la sistematicità giuridica a partire dal common law. Con questo non si vuole intendere che l’approccio di fondo del presente scritto sia anti-unitarista, al contrario, perché tende al riordino sistematico, tuttavia non è necessariamente debitore al pensiero unitario e forte, nel riconoscere l’esistenza di un sistema plurale di giustizia, per dirla con il Prof. Cadiet, ricco di particolarismi.

23 V. già degli spunti in V. già degli spunti in Giussani, Il consumatore come parte debole nel processo tra esigenze di tutela e prospettive di riforma, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2005, 525 e in Consumatori e processo. La tutela degli interessi collettivi dei consumatori, a cura di Chiarloni e Fiorio, Torino, 2005.

24 Zeno-Zencovich e Mancaleoni, Una parte generale per i contratti con i consumatori?, in Macario e Miletti (a cura di), Tradizione civilistica e complessità del sistema. Valutazioni storiche e prospettive della parte generale del contratto, Milano, 2006, 581; Libertini, Alla ricerca del «diritto privato gene-rale» (appunti per una discussione), in Riv. dir. comm., 2006, I, 544; Portale, Il diritto commerciale italiano alle soglie del XXI secolo (Lectio doctoralis presso l’Università di Heidelberg), in Jus, 2008, 30; Rzepecki, Droit de la consommation et théorie générale du contrat, Parigi, 2002, passim; Sauphanor, L’inf luence du droit de la consommation sur le systéme juridique, Parigi, 2000, passim; Rochfeld, The place of the Consumer Code in French Contract Law / La place du code de la consommation en droit contractuel français, in The Architecture of European Codes and Contract Law. Comparative consi-Comparative consi-deration on existing national consumer code, a cura di Grundman e Schauer Alphen, Rijn, Sijthoff e Noordhoff, 2006,193 e ss.; Id., La “communautarisation” du droit contractuel interne : de l’ inf luence des notions forgées par le droit communautaire en général, et de celle de sanction en particulier in RDC, 2007, 223; Lagarde, Heurs et malheurs de la protection internationale du consommateur dans l'Union européenne, in Le contrat au début du XXIe siècle, Études offertes à J. Ghestin, Parigi, 2001, 511.

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che le parti pongano fine amichevolmente alla controversia, per considerare solo in via residuale d’incardinarla davanti al soggetto competente25.

Il tentativo di colmare lo scarto tra realtà sostanziale e processo trova il suo punto di saldatura nell’intento di garantire l’effettività della tutela del consumatore («effective judicial protection»26)27.

L’elaborazione di un diritto-principio generale dell’effettività della tutela giurisdizionale (e la sua collocazione in una sorta di Bill of Rights gradualmente formulato dalla Corte di giustizia28) ha costituito la chiave di volta nell’edificazione di un sistema processuale europeo, consentendo alla Corte di giustizia, da un lato, d’ingerirsi nel diritto processuale degli Stati membri, e dall’altro, di munire i diritti di origine comunitaria di un adeguato apparato di rimedi29. Il processo di europeizzazione del diritto, inizialmente limitato al solo àmbito sostanziale30 (scandito a sua volta da varie fasi, da quella iniziale del necessario riconoscimento della

25 Camous, Règlements non-juridictionnels des litiges de la consommation, Parigi, 2002, passim.26 Prechal e Shelkoplyas, National Procedures, Public Policy and EC Law. From Van Schijdel to Eco

Swiss, in Eur. Bus. Law Rev. 2004, 591.27 L’e.ettività, termine polisenso e sfuggente per il giurista positivo, appartenente piuttosto alla sociologia

del diritto e composta principalmente di elementi di fatto, costituisce invece una delle garanzie che un sistema giurisdizionale di tutela dei diritti dovrebbe assicurare e la cui introduzione nell’ordinamento europeo si deve allo spirito pragmatico del common law (Matscher, La nuova Corte europea dei diritti dell’uomo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, 218). Essa, viene genericamente intesa come rimozione degli ostacoli all’accesso sia alla giustizia (Cappelletti e Garth, Access to Justice: "e Newest Wave in the Worldwide Movement to Make Rights E#ective, in 27 Bu#. Law Rev., 1978, 181 ; Cappelletti, Access to justice and the welfare state: an introduction, in Cappelletti e Garth, Access to Justice, Vol I: A World Survey, e Vol. III: Emerging Issues and Perspectives, Alphen, Rijn, Sijtho. ande Noordho., 1979; Francio-ni, Access to justice as a Human Right, Oxford, 2007, con particolare riferimento alla protezione del consu-matore v. Storskrubb, Ziller, Acces to Justice in European Comparative Law, spec. 189-191) che al diritto [Galanter, «La justice ne se trouve pas seulement dans les décisions des tribunaux », in Mauro Cappelletti (dir.), Accès à la justice et État-providence, Parigi, 1984, specialmente 152, 166-167. Gli studi comparatistici hanno evidenziato due diverse tipologie di ostacoli alla giustizia, alcuni di natura oggettiva (di accesso ai tribunali) altri soggettivi/psicologici (di presa di coscienza dei propri diritti): Lafond, Consommateur et procès- Rapport général, in Les cahiers du droit, 2008, 131; v. esemplarmente in quest’ottica: Groupe de tra-val sur L’accessibilité à La Justice (Québec), Jalons pour une plus grande accessibilité à la justice, Sainte-Foy, Ministère de la Justice, 1991, 7-11)]. In linea generale, sulle declinazioni e gli usi del termine v. Biavati, Europa e processo, Torino, 2003, 121.

28 La creazione di un ordinamento che aspira a porsi come originario necessita non solo di norme ma anche di princîpi intorno ai quali creare il consenso Trocker, La formazione del diritto processuale europeo, Torino, 2011, 19 e 277 e ss.

29 Harlow, A Common European Law of Remedies?, in "e Future of Remedies in Europe, a cura di Kil-patrick, e Skidmore, Oxford, 2000, 69; v. anche Mazzamuto e Plaia, I rimedi, in Manuale di diritto europeo, a cura di Castronovo e Mazzamuto, Milano, 2007, II, 739. Si individuano, infatti, non tanto nuovi diritti da proteggere quanto gli strumenti per reagire al mancato rispetto delle regole poste dal sistema: v. amplius Di Majo, Le tutele contrattuali, Torino, 2009, 3; v. anche, sul versante eminentemente proces-suale, Pagni, Tutela speci$ca e tutela per equivalente, Milano, 2004, passim; Cuffaro, La tutela dei diritti, in Trattato di diritto privato europeo, a cura di Lipari, 2° ed., Padova, 2003, 685 e ss.

30 Albors-Llorens, Consumer Law, Competition Law and the Europeanization of Private Law, in The Institutional Framework of European Private Law, a cura di Cafaggi, Oxford, 2006, spec. 260; Grund-mann, The Structure of European Contract Law, in 4 Eur. Rev. Priv. Law, 2001, 505 ; Alpa, La cultura delle regole. Storia del diritto civile in Italia, Roma-Bari, 2000, passim ; Hesselink, The european legal culture, 2001 (di cui è disponibile anche una versione italiana intitolata La nuova cultura giuri-dica europea, Napoli, 2005, 111); AA.VV., Nouveaux défis du droit des contrats en France et en Europe: actes du colloque “Journées francais du droit européen des contrats ”, tenutosi a Munster il 22 e 23 gennaio 2009, a cura di Masch, Mazeaud, Schulze, Monaco, 2009.

155Il Diritto processuale dei consumatori

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soggettività comunitaria31 a quella successiva di attenzione alle forme di tutela32) si è dunque esteso anche a quello processuale33 quando l’interesse (in particolare della Corte di giustizia, stante la natura principalmente giurisprudenziale) si è spostato dal piano dell’azionabilità dei diritti a quello dell’adeguatezza dei rimedi, fino all’individuazione delle forme e delle tecniche di tutela.

All’ordine tradizionale del rapporto tra diritti interni e diritto europeo sul piano processuale, notoriamente improntato al principio dell’autonomia procedurale degli Stati34, si è dunque progressivamente sovrapposto l’intento di rafforzare le garanzie giurisdizionali, affermando che se la normativa di uno Stato membro è meno 31 V. sentenze van Gend and Loos, 5 febbraio 1963, in Racc., 1963, I, 1 e Van Duyn, 4 dicembre 1974, in

Racc., 1974, 1337, 12 che hanno statuito il principio dell’efficacia diretta delle norme comunitarie nel senso della possibilità per i singoli di far valere davanti ai propri giudizi nazionali la violazione delle norme comunitarie.

32 Van Gerven, Bridging the Gap between Community and National Laws: Towards a Principle of Ho-mogenity of Legal Remedies?, in Common Market Law Rev., 1995, 679.

33 Kahn-Freund, On Uses of Comparative Law, 1 Mod. Law Rev. (1974), 10 a proposito della refrattierà della procedura civile ai cambiamenti.

34 Posto che il diritto processuale non è oggetto di armonizzazione (concetto da ultimo ribadito in CGCE 3 settembre 2009, C-2/08, Fallimento Olimpiclub (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24) il principio di autonomia procedurale [(richiamato in numerose sentenze, tra le quali si ricorda-no i casi Rewe (16 dicembre 1976, C-33/76, in Racc., 1976, 1989) e Comet (CGCE, 16 dicembre 1976, C-45/76, in Racc., 1976, 2043, punto 11), per il profilo che qui interessa del diritto dei consumatori, Mostaza Claro, 26 ottobre 2006, Case C-168/05 [2006] ECR I-10421, par. 24; e Asturcom, 6 ottobre 2009, Case C-40/08 par. 38] costituisce uno dei più discussi del diritto europeo: in argomento v. estesamente Kakouris, Do the Member States possess judicial procedural «authonomy»?, in Common Market Law Rev., 1997, 1389; Lindholm, State Procedure and Union Rights. A Comparison of the Eu ropean Union and the United States, Uppsala, 2007, 100 e ss.; Jacobs, Enforcing Community Rights and Obligations in National Courts: Striking the Balance, in Remedies for Beach of EC Law, a cura di Lonbay e Biondi, Chichester, 1997, 25; Prechal, Community Law in National Courts: the Lessons from van Schijndel, in 35 Common Market Law Rev., 1998, 681), non implica che i sistemi nazionali siano del tutto impermeabili al diritto europeo (Ebers, From Ocèano, cit., 825) tanto che, sin da una fase iniziale del dibattito, è stata proposta l’adozione della formula procedural competence, più pertinente rispetto a quella, eccessivamente ampia, di procedural autonomy (Van Gerven, Rights, Remedies and Procedures, in 37 Common Market Law Rev., 2000, 501 a 502, impostazione accolta da Biondi, How to go ahead as EU Law national judge in 14 European Public Law, 2009, 228).

Un’analisi corretta del principio dovrebbe muovere dall’inquadramento unitario dei concetti di rights, remedies e procedures: l’autonomia procedurale, infatti, rileva principalmente sotto il profilo dell’enforcement dei diritti (Tulibacka, Europeanization of civil procedure: In search of a coherent approach, 46 Common Market Law Rev., 2009, 1527; Engström, The Europeanisation of Remedies and Procedures through Judge-Made Law. Can a Trojan Horse Achieve Effectiveness? – Experiences of the Swedish Judiciary, Oxford, 2009, 11). In assenza di Corti europee locali che giudichino sulla viola-. In assenza di Corti europee locali che giudichino sulla viola-In assenza di Corti europee locali che giudichino sulla viola-zione di rights di origine europea è dunque necessario che provvedano le corti nazionali (Lenaerts, Arts, Maselis, Procedural Law of the European Union, 2006, passim) le quali, però, a loro volta, sono condizionate dal principio d’effettività (Prechal, Shelkoplyas, National Procedures, Public Policy and EC Law. From val Scijndel to Eco Swiss and Beyond, in ERPL, 2004, a 591). Quest’ultimo viene dunque ricostruito come un limite dell’autonomia procedurale: v. da ultimo le conclusioni dell’avv. gen. Kokott, del 19 novembre 2009, cause riunite C-317-320/08 Alassini la quale, con riguardo all’at-tuazione giurisdizionale del diritto comunitario specifica che il principio di effettività si presenta come espressione del principio generale di tutela giurisdizionale effettiva (par. 42).

Inquadrato in quest’ottica, allora, il principio di autonomia procedurale per un verso nega il diritto per gli Stati membri di preservare il diritto interno, per un altro deve essere interpretato nel senso che le norme interne, stante la loro natura ancillare rispetto a quelle europee, vengono applicate solo in assenza di queste ultime e dunque in via residuale (Kakouris, Do the Member States possess judicial procedural «authonomy»?, in Common Market Law Rev., 1997, 1389).

In argomento v. anche Biavati, La delocalizzazione della giurisdizione e garanzie della difesa, in I metodi della giustizia civile, a cura di Bessone, Silvestri e Taruffo, Padova, 2000, 32; v. Storskrubb, Civil Procedure and EU Law. A Policy Area Unrecovered, Oxford, 2008, passim; Weatherill, Why Object to the Armonization of Private Law by the EC?, in 5 Eur. Rev. Priv. Law, 2004, 633.

Mélanges Jean Beauchard156

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favorevole di quella che riguarda ricorsi analoghi di diritto europeo (principio di equivalenza)35 ovvero rende praticamente impossibile36 o eccessivamente difficile37 l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario38 (principio d’effettività39), questa va disapplicata40.

Il richiamo all’effettività ha costituito l’impulso per l’adozione di una serie di norme e sentenze di ampio respiro sulla tutela giurisdizionale, che hanno contribuito all’erosione del postulato su cui si fonda il principio stesso dell’autonomia procedurale, ossia l’assenza di regole procedurali europee41. Questo passaggio appare per certi versi inevitabile, non solo, dal punto di vista scientifico, per l’indissolubile legame tra rights e remedies (e, di rif lesso, procedures) ma, dal punto di vista politico e materiale, per la circostanza che trattamenti giudiziari differenziati produrrebbero un effetto discriminatorio proibito dal trattato di Maastricht42. 35 L’organo abilitato a procedere alla comparazione è il giudice nazionale (v. Palmisani (10 luglio 1997,

C-261/95, in Foro it., 1998, IV, c. 215, con nota di commento di Ricci) punto 33 e Levez (1° dicembre 1998, C-326/96, in Racc., I, 7835) punto 39) che deve determinare i criteri per quali-care due ricorsi come ana-loghi, e veri-care che i termini della procedura interna, nel contesto normativo di riferimento, non siano meno favorevoli di quelli applicabili ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto comunitario: v .per tutti Girerd, Les principes d’équivalence et d’e#ectivité: encadrement ou déscadrement de l’autonomie procédu-rale des Etats membres?, in Rev. trim. dr. eur., 2002, 78 ss.

36 C-33/76, cit., punto 5.37 Sentenza San Giorgio (9 novembre 1983, C-199/82, in Foro it., 1984, IV, c. 297, con nota di Daniele)

punti 14-15: l’e#ectiveness test, limitato dapprima al parametro dell’impossibilità o meno della tutela, è stato arricchito col riferimento all’eccessiva di=coltà di esercizio dei diritti, il quale riduce i margini discrezionali degli Stati membri e impone un’analisi del ruolo della norma, delle sue caratteristiche e delle finalità in riferimento al sistema giudiziario in cui è collocata (orientamento ribadito in Pe-terbroek, 14 dicembre 1995, C-312/93, in Giur. it., 1996, I, c. 1289, con nota di Caranta, punto 14).

38 La dottrina che studia il rapporto tra rights e remedies, in realtà, ravvisa un’operatività disgiunta dei due princîpi, laddove l’area dei rimedi sarebbe governata dal principio d’equivalenza, mentre quella dei rights dal principio d’e.ettività: Van Gerven, Rights, remedies and Procedures, in Common Mark. Law Rev., 2000, 504; Prechal, EC Requirements for an E#ective Remedy, in Remedies for Breach of EC Law, a cura di Lombay e Biondi, Chichester, 1997, 686. Essendo la letteratura in argomento sterminata, ci si limita a ri-Essendo la letteratura in argomento sterminata, ci si limita a ri-chiamare Girerd, op. cit., 82 ss.; per l’ampia e ragionata illustrazione del principio d’equivalenza v. Biondi, "e European Court of Justice and Certain National Procedural Limitations: not such a Tough Relationship, in Common Mark. Law Rev., 1999, 1274 ss.; in giurisprudenza da ultimo van der Weerd et a. (7 giugno 2007, cause riunite da C-222/05 a C-225/05, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2007, 1144 ss.) punti 28 e 29.

39 V. le sentenze Rewe-Zentralfinanz (29 marzo 2007, C-347/04, in Racc., 2007, I, 2647 ss.) punto 5; Co-met cit., punti 13-16; Peterbroeck, cit., punto 12; Unibet (13 marzo 2007, C-432/05, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2007, 823 ss.) punto 43, nonché la già citata van der Weerd et a., punto 28.

40 Il principio di preminenza del diritto europeo su quello interno fa sì che la Corte di giustizia sotto-Il principio di preminenza del diritto europeo su quello interno fa sì che la Corte di giustizia sotto-ponga le norme interne ad una valutazione di legittimità non dissimile da quelle effettuata dalle Corti costituzionali degli Stati membri, realizzando un «uso alternativo della competenza pregiudiziale»: Tizzano, Qualche rif lessione sul contributo della Corte di giustizia allo sviluppo del sistema comuni-tario, in Dir. Un. eur., 2009, 147 ss.

41 Marengo, Garanzie processuali e tutela del consumatore, Torino, 2007, 52-53; Delicostopoulos, Towards European Procedural Primacy in National Legal Systems, in European Law Journal, 2003, 599-613; Dougan National Remedies Before the Court of Justice, Issues of Harmonisation and Dif-ferentiation, Hart Publishing, 2004, 4-14.

42 L’applicazione uniforme del diritto comunitario è un’esigenza fondamentale (ribadita da ultimo da C-46/93 e C-48/93 -cause riunite- Brasserie du Pécheur, in Racc., 1996, 1029, par. 33) considerato che l’applicazione eccessivamente di.erenziata da Stato a Stato produrrebbe un e.etto discriminatorio proibito dal Trattato (C-6/64, sentenza del 15 luglio 1964, Costa-Enel); in dottrina sul piano processuale v. Andenas, National Paradigms of Civil Enforcement: Mutual Recognition or Harmonization in Europe?, in Enforcement Agency Practice in Europe, a cura di Andenas, Hess e Oberhammer, Londra, 2005, 7. Tuttavia, poiché l’applicazio-. Tuttavia, poiché l’applicazio-Tuttavia, poiché l’applicazio-ne uniforme non signi-ca abbattimento delle di.erenze, il punto si risolve nella necessità di stabilire i li-miti della uniform application nell’area della judicial protection: van Gerven, Right, Remedies…, cit., 505. L’analisi, dunque, non dovrebbe essere impostata tanto nei termini della contrapposizione tra autonomia e supremazia, quanto dell’e.ettività della protezione giudiziaria e uniformità nell’applicazione della legge europea (Prechal, Community Law in national Courts: the Lesson from Van Schijndel, in 35 Common Market Law Rev., 1998, 683).

157Il Diritto processuale dei consumatori

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Sul piano politico, l’elevazione dell’effettiva azionabilità processuale a componente qualificante della vita degli interessi43 coincide con l’adozione di un modello di tutela remediale (tipico della common law44) considerato più consono alla soluzione dei problemi posti dal diritto europeo, tanto in punto di effettività45

quanto d’integrazione46. La precedenza del rimedio rispetto al diritto da mera categoria concettuale diviene una metodologia47 accolta anche in civil law, col ribaltamento del principio generale ubi jus, ibi remedium in quello opposto dell’ubi remedium, ibi jus.

Nel diritto dei consumi, inoltre, dove l’intervento del giudice è volto alla realizzazione d’istanze politiche, le restrizioni al principio d’autonomia procedurale hanno perso il carattere dell’eccezionalità per divenire un orientamento consolidato.

Da questa impostazione discendono dunque due corollari: che il diritto processuale europeo costituisce ormai una realtà ordinamentale, composta di riferimenti positivi e di princîpi elaborati dalla Corte di giustizia (attraverso la tecniche delle sentenze-pilota)48; che tale realtà, risultato di un complesso gioco di scambi ed interferenze reciproche (tra i legislatori e tra le dottrine), ridimensiona il tradizionale ordine dei sistemi processuali, basati sulla distinzione tra common law e civil law49. Del resto, è noto che l’attenuazione

43 Trocker, La formazione…, cit., 284.44 Per l'assunto secondo cui i sistemi di common law sono fondati sull'attribuzione di remedies (intesi dalla

dottrina anglosassone come «cure for wrongs»: v. per tutti Lawson, Remedies of English Law², Butte-rworths, 1980, passim) piuttosto che sull'ascrizione di diritti e che, di conseguenza, il diritto esiste in quanto sia disponibile il rimedio v. Criscuoli, Il contratto nel diritto inglese, 1° ed., Padova, 2001, 449 ss. ; Di Majo, Le tutele contrattuali, Torino, 2009, passim ; Mazzamuto, La nozione di rimedio nel diritto continentale, in Remedies in contract, a cura di Vettori, Padova, 2008, 139 ss.; per un inquadramento in chiave storica del problema v. Mannino, Questioni di diritto, Milano, 2007, 346 ss.

45 Sul piano dell’e.ettività, infatti, l’esigenza che il metodo di produzione dei diritti debba sempre passare per l’iniziativa legislativa (ancorando la tutela alla necessaria creazione del diritto da parte della norma), può dare origine ad una a.annosa rincorsa ai diritti soggettivi e rischia di creare un divario tra bisogni di tutela emergenti nella realtà economico-sociale e strumenti di tutela (Di Majo, La tutela civile dei diritti, cit., 13).

46 L’introduzione della prospettiva remediale, sul piano dell’integrazione, appare lo strumento più idoneo alla creazione di un diritto che, nel rispetto delle diversità, sia in grado di rispecchiare le tradizioni giu-ridiche dei singoli Paesi (nel ri-uto dell’appiattimento verso un diritto apparentemente uni-cato: Co-mandè, Rimedi contrattuali e regole comuni per l’Europa: alcune ri%essioni, in Remedies in Contract. "e Common Rules for an European Law, a cura di Vettori, Padova, 2008, 59).

47 Tale approccio metodologico è improntato al ri-uto del formalismo in luogo della comprensione fattuale delle regole operazionali: Mattei, Diritto soggettivo, II, in Trattato di diritto civile, a cura di Sacco, Tori-no, 2001, 107 ss.; Pagni, Tutela speci$ca …, cit., 107.

48 L’attitudine della Corte di giustizia ad assolvere il ruolo di decisore politico, non solo giudiziario, è già stato colto da chi ha osservato il «transfer of decision-making rights from the legislature, the cabinet, or the civil service to the courts»: Rasmussen, On law and policy in the European Court of Justice : a comparative study in judicial policymaking, Dordrecht, Martinus Nijho., 1986, 9.

49 Trocker, op. cit., 307 ss; v. anche AA.VV., "e Reforms of Civil Procedure in a Comparative Perspective, a cura di Trocker e Varano, Torino, 2005; Merryman, On the Convergence (and Divergence) of the Civil Law and the Common Law, in "e Loneliness of the Comparative Lawyer and Other Essays in Foreign and Comparative Law, a cura di Merryman, Londra-Boston, 1999, 17 ss. Per contro, sulle resistenze opposte dalla «stubbornness» dei sistemi nazionali v. Legrand, European Legal Systems Are not Converging, in 45 Int’l Comp. Law Quart, 1996, 52.

Nell’ottica dell’attribuzione alla Corte di giustizia di un ruolo centrale nella costruzione di un ponte di dialogo tra common law e civil law v. Comandè, Gestire il dialogo tra civil law e common law nel diritto privato europeo, in Harmonisation involves history? Il diritto privato europeo al vaglio della comparazione e della storia, a cura di Miletti, Rizzelli e Troiano, Milano, 2004, 387.

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delle differenze tra sistemi giuridici costituisce il portato di quella tendenza al multiculturalismo che in campo processuale appare con particolare evidenza50.

Con riguardo alla ricadute concrete, l’edificazione di un sistema di tutela giurisdizionale del consumatore svolge la propria azione lungo due direttrici principali. Un primo livello, interno, si compone del recepimento, sul piano positivo, delle norme comunitarie variamente dislocate51, e dell’accoglimento giurisprudenziale degli enunciati della Corte di giustizia: in questo senso il problema si risolve nella valutazione dell’impatto dei princîpi di fonte comunitaria sui sistemi nazionali.

Un secondo, più articolato, livello si sviluppa in una dimensione interamente sovranazionale, dotata di un’autonoma effettività e costituita, da una parte, dalle norme dei Regolamenti comunitari volti alla creazione di uno spazio giudiziario europeo52 e, dall’altra, dalla stratificazione dei pronunciamenti della Corte53, che, unitariamente considerati, vengono indicati come il fenomeno della europeanization

50 Taruffo, Sui con$ni. Scritti sulla giustizia civile, Bologna, 2002, 13. 51 V. la Direttiva sui provvedimenti inibitori 2009/22/EC; gli artt. 6 e 7 Direttiva 93/13 sulle clausole abusive

nei contratti stipulati con i consumatori; Art. 11(2) Direttiva 97/7/EC sulle vendite a distanza; l’art. 13 Direttiva 2002/65/EC sulla vendita a distanza di servizi -nanziari; l’art. 18 Direttiva 2000/31 su taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico; gli artt. 11 e 12 Direttiva 2005/29/EC sulle pratiche commerciali scorrette; gli artt. 5 e 7 Direttiva 2006/114/EC sulla pubblicità comparativa ed ingannevole. Al di fuori della legislazione consumeristica, importanti regole procedurali si ritrovano anche nell’art. 5 Direttiva 2000/35/EC sui ritardi nei pagamenti; Art. 52(2) Direttiva Markets (MIFID) 2004/39/EC sugli strumenti -nanziari; Direttiva 2004/48/EC sull’enforce-ment dei diritti di propritetà intellettuale. V. inoltre, anche se in fase di elaborazione, il Green Paper on Consumer Collective Redress, COM(2008) 794 -nal; White Paper on Damages actions for breach of EC Antitrust Rules, COM(2008) 165 -nal; [l’art. 7 Direttiva 93/13 sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori; Art. 11(2) Direttiva 97/7/EC sulle vendite a distanza; l’art. 13 Direttiva 2002/65/EC sul-la vendita a distanza di servizi -nanziari; l’art. 18 Direttiva 2000/31 su taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico; gli artt. 11 e 12 Direttiva 2005/29/EC sulle pratiche commerciali scorrette; gli artt. 5 e 7 Direttiva 2006/114/EC sulla pubblicità comparativa ed ingannevole.

52 L’esplicita a.ermazione della volontà di costituire uno spazio giuridico comune viene fatta risalire al Consiglio europeo di Tampere del 15-16 ottobre 1999 in cui si auspicava l’adozione, da parte dell’Unione, di norme che garantissero «un livello adeguato di assistenza giudiziaria nelle cause transnazionali in tutta l’Unione e speci-che norme procedurali comuni per sempli-care e accelerare la composizione delle con-troversie transnazionali ». Sul piano positivo v. il Regolamento n. 861/2007 che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità; il Regolamento n. 1348/2000/CE, relativo alla noti-cazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile e com-merciale; il Regolamento n. 44/2001/CE, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, modi-cato dal Regolamento 1215/2012; il Regolamento n. 805/2004/CE che ha istituito il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati e ha de-nito norme minime a=nché le decisioni giudiziarie, le transazioni giudiziarie e gli atti pubblici relati-vi a crediti non contestati possano circolare liberamente; il Regolamento n. 1896/2006/CE che ha istituito un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento nelle controversie transfrontaliere in materia di crediti pecuniari non contestati e modi-cato dal successivo Reg. 936/2012.

In linea generale, si persegue l’adozione di procedimenti accelerati, con un rito leggero, sfrondato del superFuo, che non sopporta limitazioni di sostanza del diritto al contraddittorio (in particolare nessu-na decisione viene assunta senza) ma richiede che lo stesso venga esercitato in modo sobrio (Biavati, I procedimenti civili sempli$cati e accelerati: il quadro europeo e i ri%essi italiani, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 751, 755): l’esempio più signi-cativo è fornito dal Reg. n. 861/2007 sui cosiddetti small claims : Guinchard, L'Europe, la procédure civile et le créancier : l' injonction de payer européenne et la procédure européenne de règlement des petits litiges, in RTD Com. 2008, 465; Serverin, Des Procédures de traitement judiciaires des demandes de faible importance ou non contestées dans les droits des Etats-Membres de l'U-nion Européenne, Cachan, 2001, pag. 30; McEleavy, Fiorini, I. Facilitating Cross-Border Debt Recovery—"e European Payment Order And Small Claims Regulations, in 57 Int. Comp. Law Quart., 2008, 449 ss.; Haibach, "e Commission Proposal for a Regulation Establishing a European Small Claims Procedure: An Analysis, in Eur. Rev. Priv. Law, 2005, 13. In argomento v. il volume A European Space of Justice, a cura di Frosini, Lupoi e Marchesiello, Ravenna, 2006.

53 Sul ruolo della Corte sul «tasso di europeizzazione» dei giudici interni v. Roppo, Sul diritto europeo dei contratti: per una visione non irenica, e non apologetica, in Pol. dir., 2004, 41.

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of civil procedure54. Nell’osservare il progressivo affrancarsi del diritto dei consumatori dal contesto processuale degli ordini nazionali55, alcuni giungono a ipotizzare che l'armonizzazione nella protezione delle clausole abusive si sposti dal piano sostanziale a quello processuale56.

Tuttavia i due nuclei, pur nella loro differente articolazione, presentano un dato comune consistente nell’accoglimento della logica per cui il processo giusto è il processo differente57. La tensione fra discipline speciali e principio d’effettività determina l’adozione di schemi di tutela differenti, quando interni al processo (ampliamento dei poteri del giudice; aggregazione delle domande; comptenza giurisdizionale), quando «in fuga» da esso (riti alternativi)58. Con l’acquisista consapevolezza dell’esistenza di una parte processuale svantaggiata fa dunque ingresso il concetto di tutela giurisdizionale differenziata, tanto avversato e temuto da quella parte della dottrina che paventa un «infeudalesimo delle tutele»59 e il proliferare di microsistemi che rispondono a logiche particolari, quanto promosso da chi sostiene che il rispetto dell’uguaglianza sostanziale implichi il rifiuto di un approccio livellatore e parificatore60.

54 Anche se sull’uni-cazione delle regole processuali in ambito europeo v. Kerameus, Procedural Impli-cations…, cit., 145 che, esaminando le regole sostanziali delle Direttive, la Convenzione di Bruxelles, e la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, conclude come l’assenza di un approccio sistematico determini un ravvicinamento governato dal caso più che da consapevoli decisioni di politica del diritto. In argomento v. Tulibacka, op. cit., 1527; Andenas, op. cit., 12; Biavati, Europa e processo civile, Torino, 2003, passim; AA.VV., Creating a European Judicial Space, Prospects for Improvign Coope-ration in Civil Matters in the European Union, a cura di Batter, 2001, (spec. cfr. il contributo di Tenreiro, L’accès du consommateur à la justice, une perspective européenne, 111); Normand, Un droit judiciaire privé européen ?, in Le droit privé européen, diretto da De Vareilles Sommières, Parigi, 124-135; Uzelac, Esta-blishing Common European Standards of Enforcement: Recent Work of the Council of Europe as Regards Enforcement Procedures and Baili#s, in Rencontres européennes de procédures: Signi$cation, Noti$cation, Exécution, Parigi, 2002, 8-22; Delmas-Marty, L’espace judiciaire européen, laboratoire de la mondialisa-tion du droit : chances et risques, in Dalloz, 1999, 43-48; Rouhette, Sur l’harmonisation du procès civil au sein de l’Union européenne, in Justices, 1995, 365; Storme, Rapprochement du droit judiciaire de l’Union européenne, Dordrecht, 1994, 225.

55 Remy Corlay, L'in%uence du droit communautaire sur l'o&ce du juge, in RTD Civ., 2009, 684.56 Pavillon, in commento a Mostaza Claro in Eur. Rev. Priv. Law, 2007, 735; Mestre, Fages, Deux nouvelles

précisions inédites dans la lutte judiciaire contre les clauses abusives, in RTD Civ., 2007, 113. Sul fenomeno, ampiamente indagato in àmbito comunitario, vengono espresse tuttavia anche forti perplessità, osser-vando alcuni autori come l’imposizione di condotte processuali ai giudici nazionali non costituisca una scelta particolarmente e=ciente in assenza di uniformità di applicazione delle norme sostanziali (cfr. per tutti Basedow, "e Court of Justice and Private Law : Vacillation, General Principles and the Architecture of the European Judiciary, in Eur. Rev. Priv. Law, 2010, 443 a 458). Peraltro, se per un verso pare ormai un dato acquisito che la progressiva formazione di un diritto processuale europeo costituisca un dato di fatto (Biondi, Minimum, Adequate or Excessive Protection? "e impact of EC law on national procedural law, in "e Reforms of Civil Procedure in a Comparative Perspective, a cura di Trocker e Varano, Torino, 2005, 234), gravi dubbi permangono sull’eventuale passaggio successivo, cioè sulla sua codi-cabilità (il cui primo tentativo risale al c.d. Storme Report –su cui v. Storme, Rapprochement du droit judiciaire…, cit., passim): Lindblom, Harmony of the Legal Spheres, in 5 Eur. Rev. Priv. Law, 1997, 20.

57 Cappelletti, "e Judicial Process in Comparative Perspective, Oxford, 1989, 268 ss.58 Il concetto di fuga dal processo è acquisito nel dibattito dei processualisti, intendosi con esso la tendenza

su scala mondiale al ricorso a metodi alternativi, non solo per esigenze deFattive ma anche per il generale stato di crisi del processo giurisidzionale e la di.erente percezione dello stesso maturata in virtù delle teorie post-moderne: Chase, I metodi alternativi di soluzione delle controversie e la cultura del processo: il caso degli stati Uniti d’America, in L’altra giustizia, cit., 129 ss.

59 Sulla proliferazione di processi speciali a vantaggio di alcuni utenti della giustizia Picardi, La giurisdizione all’alba del terzo millennio, Milano, 2007, 4. Anche in Francia si paventa il rischio -curiosamente ricorrendo allo stesso termine- della reféodalisation dei rapporti sociali: Legendre, Remarques sur la re-féodalisation de la France, in Etudes en l’honneur de Georges Dupuis, Parigi, 1997, 201; Supiot, Les deux visages de la contrac-tualisation: déconstruction du droit et renaissance féodale, in Approche critique de la contractualisation, Librairie générale de droit et de jurisprudence, a cura di Chassagnard-Pinet-Hiez, Aix-Marsiglia, 2007, 19 ss.

60 Comoglio, Tutela di#erenziata e pari e#ettività nella giustizia civile, in Riv. dir. proc., 2008, 1509 e 1511.

Mélanges Jean Beauchard160

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A prescindere dalle posizioni ideologiche è ormai un dato della realtà ordinamentale la biforcazione della tutela giudiziale quando siano in discussione i diritti dei consumatori61.

Il sillogismo al quale ricorre la Corte di giustizia, infatti, è che in presenza di specifici trattamenti sostanziali l’effettività della tutela giurisdizionale può essere garantita solo con la differenziazione dei procedimenti62, così come, per converso, la pretesa di un procedimento unitario per situazioni distinte violerebbe il medesimo diritto alla tutela giurisdizionale effettiva63.

L’accoglimento delle premesse culturali e politiche che hanno minato il concetto di un unico, uniforme ed astratto soggetto di diritto64 (unitamente all’elevazione al rango di principio generale della necessità di protezione della parte debole) implica dunque una tendenza verso il particolarismo delle discipline, che si pone solo apparentemente in contrasto (ed anzi è intimamente connesso) con la globalizzazione65.

6. P$%.*&'$+ 7)5+/).+: ), #$!%& $''%&($)(*+ -$*--$%.*//'+,*

L’incoraggiamento verso le forme di giustizia alternativa, le cosiddette ADR (Alternative Disputes Resolutions), rappresenta una linea di policy ormai acquisita in seno all’Unione europea e accolta dalla maggior parte degli ordinamenti; è altresì un dato pacifico che le ADR non abbiano ricevuto in Europa il grado di recepimento auspicato, soprattutto quando dal piano delle mere proclamazioni si doveva passare a quello, più pratico, della loro attuazione.

61 In Italia v. con molta chiarezza Di Majo, La tutela civile dei diritti, cit., 45, per l’osservazione che «la tutela (...) dei consumatori assurge ormai a capitolo autonomo del discorso generale sulla tutela civile dei diritti».

62 Vocino, Intorno al nuovo verbo «tutela giurisdizionale di#erenziata», in Studi in onore di T. Carnacini, II, Milano, 1984, 761; Bonsignori, La tutela giurisdizionale dei diritti, Disposizioni generali, Bologna, 1999, 17. Della biforcazione di disciplina in campo processuale discorrono Taruffo, Il consumatore e il processo (Journées Colombiennes, 24-28 septembre 2007), in Rass. for., 2007, 539; Comoglio, Aspetti processuali della tutela del consumatore, in Riv. dir. proc., 2007, 307.

63 Marinoni, Il diritto alla tutela giurisdizionale e#ettiva nella prospettiva dei diritti fondamentali, in Studi di diritto processuale civile in onore di Giuseppe Tarzia, Milano, 2005, III, 112-3.

64 V. per tutti Irti, L’età della decodi$cazione, Milano, 1999, passim.65 Sulla politica della di.erenza v. Taylor, La politica del riconoscimento, in Multiculturalismo. Lotte per il

riconoscimento, a cura di Habermas e Taylor, trad. it. Milano, 1999, 24 ss.

161Il Diritto processuale dei consumatori

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Le ragioni sottese alla promozione delle ADR sono note (celerità66, riduzione dei costi67 e della conf littualità68; salvaguardia degli aspetti relazionali e mantenimento delle relazioni future69; rafforzamento della fiducia dei clienti) tanto quanto quelle che ne ostacolano il completo accoglimento70.

Il favor verso la giustizia negoziata in luogo di quella autoritativa71 ha notoriamente origini assai risalenti72, ma nel caso dei consumatori si arricchisce di elementi di modernità, sia perché ricollegato al movimento di contrattualizza-

66 Le ADR vengono principalmente viste come un’opportunità di deFazione del sistema giudiziario (nella letteratura sterminata v. Bok, A Flawed System, in Harv. Mag., 1983, 38 ss.; Cappelletti, Alternative Dispute Resolution Processes within the Framework of the World-wide Access-to-Justice Movement, in Mo-dern Law Rev., 1993, 283 ss.; Chiarloni, Nuovi modelli processuali, ne Il diritto dei nuovi mondi, a cura di Visintini, Padova, 1996, 401 ss.; Camous, Règlements non-juridictionnels des litiges de la consommation, Parigi, 2002, passim; Jeuland, Résolution des litiges, in Faut-il recodi$er le droit de la consommation?, a cura di Fenouillet e Labarthe, Parigi, 2002, 14 ss.; Racine, Pluralisme des modes alternatifs de résolution des con%its, pluralisme du droit, Lyon, 2002, passim; Alexander, Global Trends in Mediation: Riding the "ird Wave, in Global Trends in Mediation, a cura di Alexander, Colonia, 2005, 1 ss.; Cadiet, «Des modes alternatifs de règlement des con%its en général et de la médiation en particulier», in Société de législation comparée, La médiation, Parigi, 2009, 13-27; Fiss, Resnik, Adjudication and Its Alternatives, New York, 2003, spec. 495). E’ tuttavia riduttivo considerare le ADR solo come uno strumento deFativo giacché dovrebbero costituire alternative alla giurisdizione statale anche se questa funzionasse nel migliore dei modi. Non mancano tuttavia detrattori (si ricorda nel 1984 il primo attacco nei confronti della mediazio-ne ad opera di Fiss, Against Settlement, in Yale Law Journ., 1984, 1073 ss.) che considerano le ADR un mo-mento di ritiro dello Stato dalla giustizia, in quanto sottratte a qualsiasi controllo pubblico, con-gurando una Justice without Law (dal titolo del famoso libro di Auerbach, edito nel 1983 ad Oxford) e rischiando di perpetuare le diseguaglianze tra parti forti e deboli, andando in senso opposto al -ne che si intende-rebbe conseguire: v. Galanter, La justice ne se trouve pas seulement dans les décisions des tribunaux, in Accès à la justice et État-providence, a cura di Cappelletti, Parigi, 1984, 151, e 166-167. Permangono dun-que posizioni di estremo scetticismo (Resnik, For Owen M. Fiss: Some Re%ections on the Triumph and the Death of Adjudication, in Univ. Miami Law Rev., 2004, 174 ss.) anche nel campo speci-co dei consumatori, in cui le ADR sono da considerate antidemocratiche: Mattei-Nader, Plunder: When the Rule of Law is Illegal, London-New-York, 2008, passim.

67 Per un approccio di analisi economica v. i classici studi di Schelling, "e Strategy of the Con%ict (traduz. it., La strategia del con%itto, Milano, 2006), Cambridge, 1960, passim; Cooter-Rubinfeld, Economic Analysis of Legal Disputes and "eir Resolution, in Journ. Econ. Literat., 1989, 1067 ss.; e Shavell, Alter-native Disputes Resolution: an Economic Analysis, in Journ. Legal Stud., 1995, 1 ss.

68 Nell’ottica della giustizia «coesistenziale», che tende a non dividere i litiganti bensì a ravvicinarli, mante-nendo una paci-ca convivenza v. Cappelletti-Garth, Access to justice and the welfare state: an introduction, in Access to Justice. I: A World Survey, a cura di Cappelletti e Garth, Milano, 1978, 1 ss.; Cappelletti, Social and Political Aspects of Civil Procedure-Reforms and Trends in Western and Eastern Europe, in Mich. Law Rev., 1971, 847 ss.; e soprattutto v. dello stesso a. Alternative Disputes Resolution Processes within the Framework of the World-Wide Access-to-Justice Movement, in Modern Law Rev., 1993, 283 ss.

69 Mentre la via giudiziaria contrappone le parti e logora i rapporti, quella stragiudiziale permette d’in- Mentre la via giudiziaria contrappone le parti e logora i rapporti, quella stragiudiziale permette d’in-staurare un dialogo: § 9 del Libro Verde del 19 aprile 2002, COM(2002)196 relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale.

70 V. per tutti Taruffo, Cultura e processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, 63 ss.; Coulson, Will the Growth of Alternative Dispute Resolution (Adr) in America Be Replicated in Europe?, in Journ. Intern. Arbitr., 1992, 211 ss.

71 Sulle differenze tra giustizia collaborativa e quella antagonista (adversarial) v. Populizio, Una co-munità all’ombra del diritto. La mediazione sociale e la giustizia informale nel modelo statunitense e nell’esperienza italiana, Milano, 2005, 127 ss.

72 Cadiet, Les jeux du contrat et du procès, in Mélanges offerts à Gérard Farjat, Parigi, 1999, 23, spe-cialmente nt. 15; Chase, The Rise of ADR in Cultural Context, in Law, Culture and Ritual: Disputing Systems in Cross-Cultural Context, Nex York, 2005, 94 ss.

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zione dei rapporti sociali73, sia perché posto in relazione funzionale col principio d’effettività della tutela giurisdizionale74.

Successivamente all’iniziale inesistenza di un disegno europeo unitario nel modo di organizzare e concepire il sistema delle ADR, la sua promozione si è svolta dapprima sul piano delle pressioni culturali e dottrinali, per poi passare a quello legislativo (Dir. 52/2008) con un primo tentativo di delineare un modello tendenzialmente omogeneo75. Tuttavia la normativa, quasi integralmente dispositiva, non prevede l’introduzione obbligatoria di meccanismi di composizione amichevole ma si limita a raccomandarli76; questa estrema discrezionalità nella gestione dei modelli di justice plurielle ha immediatamente smentito la logica unificante sottesa alla Direttiva, dando origine ad una moltitudine d’interventi settoriali e differenti tra loro che hanno fatto incorrere il quadro generale in quella frammentarietà tanto temuta quanto dannosa per la concreta adozione del modello77.

Pur nel suo carattere eminentemente promozionale la Direttiva, che si pone come modello per i procedimenti di mediazione interni, fissa alcuni punti fermi78: in primo luogo, dal punto di vista politico, essa presenta una valorizzazione, all’interno dell’ampio genus delle ADR, della mediazione, cioè, di mezzi di composizione autonoma delle controversie (sia facilitativi che paritetici) cui, a contrario, fa eco

73 Cui fa da corollario l’emersione di un ordine giuridico negoziato in risposta alla crisi della giustizia: AA.VV., Approche critique de la contractualisation, Librairie générale de droit et de jurisprudence, a cura di Chassagnard-Pinet-Hiez, Aix-Marseille, 2007, passim; Cadiet, Les accords sur la juridiction dans le procès, in Le conventionnel et le juridictionnel dans le règlement des différents, a cura di Ancel e Rivier, Parigi, 2001, 34 ss.

74 Resnik, The Supreme Court 2010 Term Comment Fairness in Numbers a Comment on At&T v. Con-cepcion, Wal-Mart v. Dukes, and Turner v. Rogers, in 125 Harv. Law Rev. 78, 2011; sia consentito il rinvio a Paglietti, La protezione del consumatore tra diritto alla tutela giurisdizionale effettiva e tentativo obbligatorio di conciliazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2012, 987 e in www.judicium.it. L’esplicitazione del favor comunitario per le ADR fa il suo ingresso con la Direttiva 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole.

75 Il quadro normativo europeo è piuttosto composito: v. il Libro verde COM(2002) 196 sui modi al- Il quadro normativo europeo è piuttosto composito: v. il Libro verde COM(2002) 196 sui modi al-ternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, preceduto dal Libro verde COM(93)576 sull’accesso dei consumatori alla giustizia e la risoluzione delle controversie in materia di consumo nell’ambito del mercato unico. In materia cfr. anche le comunicazioni della Commissio-ne in materia di consumo: COM(96)13 (relativa ad un piano d’azione sull’accesso dei consumatori alla giustizia e sulla risoluzione delle controversie ); COM(1998)198 (sulla risoluzione extragiudiziale delle controversie) e COM(2001)161 (sull’ampliamento dell’accesso dei consumatori alla risoluzione alternativa delle controversie).

76 Il riferimento all’istituzione obbligatoria di un sistema di ADR (generalmente si tratta di reclami: il de- Il riferimento all’istituzione obbligatoria di un sistema di ADR (generalmente si tratta di reclami: il de-stinatario dell’obbligo è l’impresa e il contenuto è l’istituzione di un u=cio reclami) è contenuto nelle Direttive dedicate al settore bancario--nanziario e quello relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto: ferroviario (art. 27, reg. CE 23 ottobre 2007, n. 1371); con autobus (artt. 26 e 27, reg. UE 6 febbraio 2011, n. 181); via mare e vie navigabili (art. 24, reg. UE 24 novembre 2010, n. 1177); aereo (art. 11, comma 6, lett. b), dir. CE 11 marzo 2009, n. 12; art. 16 Reg. CE 261/2004 in materia di overbooking). Nel settore bancario--nanziario le previsioni si sono connotate, via via, da un crescente grado di prescrittività: v. art. 10, Dir. 97/5/CEE sui boni-ci transfrontalieri; art. 14, dir. CE 23 settembre 2002, n. 65 concernente la commercia-lizzazione a distanza di servizi -nanziari ai consumatori; artt. 80-83, dir. CE 13 novembre 2007, n. 64 re-lativa ai servizi di pagamento nel mercato interno; art. 24, dir. CE 23 aprile 2008, n. 48 relativa ai contratti di credito ai consumatori.

77 Vigoriti, Il ri$uto del processo civile, in Nuove leggi civ. comm., 1999, II, 241.78 Spunti in Biavati, L'avenir du droit judiciaire privé d'origine européenne - De l'harmonisation des

règles à l'harmonisation des effets, in Rev. trim. dr. eur., 2010, 563.

163Il Diritto processuale dei consumatori

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un depotenziamento dell’interesse verso l’arbitrato79. La preferenza verso strumenti consensuali in luogo di quelli aggiudicativi si riannoda non solo al movimento di promozione della giustizia coesistenziale (fondata su motivazioni di natura relazionale e psicologica) ma anche alla f lessibilità dei risultati (“su misura”) consentiti dalla mediazione (è un dato acquisito la superiorità tecnica dei contenuti della risoluzione consensuale rispetto a quella eteronoma)80. Ancòra, l’interesse manifestato è quello verso la mediazione extragiudiziale, preventiva81 -che funge da filtro al processo ed è volta ad evitarlo82- e transnazionale83 in quanto strumento idoneo a gestire i conf litti nell’ottica della globalizzazione84.

Alla dimensione globale dell’economia, infatti, fanno eco liti globali che, sul piano giuridico, si traducono nell’attenuazione del legame tra la persona e il territorio85 e nella parallela esigenza di un diritto f lessibile, d’origine in larga misura contrattuale86 o comunque non statale87. Questa deriva verso la delocalizzazione unitamente all’esigenza di celerità e rapidità della soluzione delle controversie (a sua volta determinata dalla natura degli interessi in gioco, che non sono diritti reali ma diritti obbligatori «volatili», di rapido consumo88) interferisce col discorso relativo alla risoluzione alternativa dei conf litti, concretizzandosi in una spinta verso le ADR che consentono soluzioni più conferenti con la dimensione ultranazionale del rapporto.

Secondo quest’angolo prospettico, dunque, l’Unione europea sembrerebbe ritenere che l’effettività della tutela dei diritti passi anche attraverso una risposta in tempi ragionevoli e modalità conferenti con la natura della lite.

Volendo individuare le linee di tendenza del fenomeno nei principali ordinamenti e in quello europeo, e nell’impossibilità (ed inutilità) di perdersi in una mole infinita di norme speciali, si tenterà di inquadrare la varietà delle esperienze procedendo, anziché per dettagli, tramite una generalizzazione di massima.

In primo luogo, si sta accreditando l’idea delle ADR come procedimento strutturato89, bifasico, composto cioè da una fase che precede il processo e tende

79 Sul rapporto di «sympathie teintée de reverse» delle istituzioni comunitarie nei confronti dell’arbitra-to v. van Gerven, L’arbitrage dans le droit européen, in Rev. de droit intern. et de droit comparé, 1995, 67. Sulla differente natura di arbitrato e conciliazione: Resta, Poteri e diritti, Torino, 1996, 330.

80 Dal punto di vista dell’atto che dirime la controversia la risoluzione consensuale è preferibile giacché il suo contenuto, potendo essere atipico, è più duttile rispetto a quello eteronomo, essenzialmente tipico.

81 Art. 3 Dir. 2008/52: si esclude dunque dall’àmbito applicativo la conciliazione giudiziale, nel quale il giudice assume la veste di conciliatore nel processo a lui stesso affidato.

82 Guinchard, L'évitement du juge civil, les transformations de la régulation juridique, Parigi, 2001.83 Tuttavia la Direttiva si pone come modello per i procedimenti di mediazione interni (nulla vieta di

applicarla completamente: considerando 8).84 Sul superamento del nomos della terra Cassese, La crisi dello Stato, Roma-Bari, 2002, 36; Id., Lo

spazio giuridico globale, Laterza, Roma-Bari, 2006; Ferrarese, Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società transnazionale, Bologna, 2000; Grossi, Globalizzazione pluralismo giu-ridico, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, XXIX, 2000, 551 ss.

85 Biavati, Giurisdizione civile, territorio e ordinamento aperto, Milano, 1997, passim.86 Amrani Mekki, La déjudiciarisation, in Gaz. Pal., 2008, doctr. 2.87 Taruffo, Note sulla dimensione transnazionale delle controversie civili, in Riv. trim. dir. proc. civ.,

2001, 1055 ss. e in Sui confini. Scritti sulla giustizia civile, Bologna, 2002, 110. 88 Biavati, op. cit., 166.89 Così definite anche nella Dir. 2008/52.

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ad evitarlo, e da una fase, considerata in via residuale, in cui si incardina la causa davanti al giudice o all’autorità competente90.

Assumendo quale criterio ordinante quello cronologico emerge che le stesse ADR, al loro interno, sono suddivise in fasi complesse.

Nel primo nucleo consumatore e professionista tentano di comporre la lite direttamente tra loro (c.d. reclamo, totalmente endo-contrattuale)91; nel secondo ricorrono alla mediazione di un soggetto terzo (conciliazione istituzionalizzata).

Reclamo Una moltitudine di direttive e Regolamenti sottolinea ripetutamente la necessità

(e raramente l’obbligo)92 che le imprese si dotino di un efficace sistema di reclamo; esso garantisce misure immediatamente satisfattive e la riduzione al minimo, oltre che dei tempi, delle esternalità negative della conciliazione93, del c.d. grudge factor94 e, in caso di fallimento, del lost opportunity cost95 tali da indurre numerose imprese ad istituire un ufficio reclami al proprio interno96 97. In un mercato globalizzato, dunque, la battaglia concorrenziale si gioca non solo sul prezzo ma anche sul terreno dei servizi accessori e, nell’orientare le preferenze del consumatore-cliente, un efficiente ufficio reclami assolve alla stessa funzione di un efficiente servizio assistenza, garantendo alle aziende un sicuro ritorno in termini reputazionali 98.

Se la procedura di reclamo non è giunta a buon fine oppure non è stata esperita, il consumatore ha un’altra possibilità di percorrere la via della composizione della lite.

90 La scelta, dunque, non deve riguardare mediazione/processo, dal momento che il processo giuri- La scelta, dunque, non deve riguardare mediazione/processo, dal momento che il processo giuri-sdizionale sopravvivrà ma come sistema alternativo di soluzione delle controversie e non viceversa: Menkel Meadow, Whose Disputes Is It anyway? A Philosphical and Democratic Defense of Settle-A Philosphical and Democratic Defense of Settle-ment (In Some Cases), in 83 Georgetown Law Journ., 1995, 2663.

91 Il reclamo, inserendosi nell’alveo delle forme di giustizia coesistenziale, è ascrivibile alle vie alter- Il reclamo, inserendosi nell’alveo delle forme di giustizia coesistenziale, è ascrivibile alle vie alter-native al processo Cappelletti, Alternative Disputes Resolution Process within the Framework of the World-Wide Access to Justice Movement, in 56 Modern Law Rev., 1993, 283 ; v. anche Passante, Modelli di tutela dei diritti, Padova, 2007, 357 ss.

92 Sulla legittimità della giurisdizione condizionata all’esperimento di un reclamo v. in Italia C. cost., 25.7.2008, n. 296, in Resp. civ., 2009, 293, con commento adesivo di Viola, Giurisdizione condiziona-ta e azione risarcitoria nei confronti dei gestori di servizi pubblici.

93 Costituiti dai costi di mobilità – in tutti casi in cui non si tratti di conciliazione online –, quelli del mediatore e l’eventuale assistenza legale.

94 Sull’argomento v. lo studio di Macey-Dare, Litigation Costs Strategies from Economic, in Legal Stra-tegies. How Corporations Use Law to Improve Performances, a cura di Masson e Shariff, Berlino-Heidelberg, 2010, 117 ss. e 134 ss.

95 Queste caratteristiche sono illustrate dagli studi che analizzano la litigiosità applicando i model- Queste caratteristiche sono illustrate dagli studi che analizzano la litigiosità applicando i model-li concettuali dell’analisi economica del diritto, per tentare di spiegare le ragioni economiche che orientano le parti nella selezione del processo ricorrendo anche all’applicazione del dilemma del prigioniero: Goldberg, Sander, Rogers, Cole, Dispute Resolution: Negotiation, Mediation, and Other Processes, Aspen, 5° ed., 2007, 53 ss.; Schelling, op. cit., 83 ss.

96 Vi sono, anzi, interi settori dell’ordinamento in cui il ruolo dell’autoregolazione degli operatori è preponderante: Camous, Règlements non-juridictionnels, cit.

97 Il reclamo, inoltre, presenta una valenza ulteriore: esso, essendo considerato una forma sofisticata di servizio alla clientela, assolve anche ad una funzione di marketing (Shapiro, Premiums for High-Quality Products as Returns to Reputation, in Quarterly Journal of Economics, 1998, 659).

98 L’istituzione di un ufficio reclami rientra dunque tra le after sale activities (secondo una classifica-zione già proposta da Santini, Il commercio e i servizi, Bologna, 1990, 396).

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Nonostante i tentativi, dunque, le ADR non hanno raggiunto la diffusione auspicata e, in questa prospettiva, si atteggiano come un problema di divario tra pretese e realizzazione, causato dall’inadeguatezza degli strumenti tecnici utilizzati per il conseguimento del risultato. Una volta acquisita la consapevolezza, da un lato, della loro utilità e, dall’altro, dell’insufficienza della promozione ideologico-culturale, il dibattito si sposta sull’individuazione degli incentivi che consentano di passare dall’astratto incoraggiamento al concreto accoglimento del modello.

Attualmente, dunque, il tema cruciale è se il sistema della giustizia alternativa abbia o meno delle serie prospettive di successo. A questo scopo si fa strada l’ipotesi di obbligare le parti ad avvalersi preliminarmente di un meccanismo ADR (come condizione di procedibilità ante causam), invece di lasciarle libere nella scelta. L’opzione, tuttavia, solleva numerose perplessità. Per un verso si dubita della sua legittimità, ed in particolare se la coercizione a conciliare costituisca un ostacolo all’accesso alla giustizia; per altro verso della sua utilità, e cioè se l’obbligatorietà, incompatibile con la natura intimamente volontaristica della conciliazione, non finisca con l’incidere negativamente sulla conciliazione stessa.

Il dubbio sulla legittimità è stato sciolto dalla Corte di giustizia99, che riconoscendo la legittimità del tentativo obbligatorio di conciliazione sia rispetto ai diritti fondamentali che ai princîpi di autonomia procedurale e di protezione giurisdizionale effettiva, ha anche fornito, pro futuro, le linee guida agli Stati membri che intendano imporre la procedura di mediazione100.

99 CGUE, C-317/200 Alassini e altri; la decisione aveva per oggetto la questione pregiudiziale ri- CGUE, C-317/200 Alassini e altri; la decisione aveva per oggetto la questione pregiudiziale ri-guardante la conformità al diritto comunitario della scelta italiana di imporre, nelle controversie in materia di servizi di comunicazioni elettroniche, un tentativo obbligatorio di conciliazione ex-tragiudiziale come condizione di procedibilità dei ricorsi giurisdizionali; per i primi commenti v. Davies-Szyszczak, ADR: Effective Protection of Consumer Rights ?, in Eur. Law Rev., 2010, 695 ss.; Dundas, op. cit., 343; Michel, Modes alternatifs de règlement des différends, droit au juge er auto-nomie institutionelle et procédurale, in Europe, 2010, 36 ss.; Nourissat, Conciliation extrajudiciaire obligatoire et protection juridictionnelle effective, in Procédures, 2010, comm. 179 ; Paglietti, La protezione del consumatore tra diritto alla tutela giurisdizionale effettiva e tentativo obbligatorio di conciliazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2012, 987. Il pronunciamento, pur statuendo limitatamente ad un àmbito applicativo ridotto assume il valore di sentenza-pilota giacché indica i princîpi generali che regolano l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione nell’ottica del rispetto dei diritti fonda-mentali e fornisce, pro futuro, le linee guida agli Stati membri che intendano imporre la procedura di mediazione. Il principio è stato ribadito dalla sentenza C-602/2010 del 12 luglio 2012.

100 In Gran Bretagna si è statuito che l’obbligo di ricorrere alle ADR costituisce una violazione del dirit- In Gran Bretagna si è statuito che l’obbligo di ricorrere alle ADR costituisce una violazione del dirit-to di accesso alla giustizia (e segnatamente dell’art. 6 cedu: sentenza Halsey v. Milton Keynes [2004] 1 WLR 3002 su cui v. Fielding, in New Law Journ., 2004, 1394; e Pliener, ibidem, 879). La sentenza ha scatenato un dibattito fortemente critico, soprattutto perché essa, a supporto del proprio ragio-namento, ha richiamato una pronuncia della Corte dei diritti dell’Uomo (Deweer v Belguim (1980) 2 EHRR 439) la quale, ad un’attenta lettura, risulta invece molto lontana dal dichiarare la mediazione obbligatoria contraria all’art. 6, occupandosi in realtà di arbitrato (Sir Clarke, The Future of Civil Mediation, The Second Mediation Council Conference, Birmingham, 28 maggio 2008). La Corte, dun-que, avrebbe confuso tra arbitrato e mediazione, laddove quest’ultima non implica alcuna rinuncia al diritto al fair trial ma semplicemente pone un termine per consentire alle parti di accordarsi e, in caso negativo, di procedere al processo (Lightman, Mediation: Approximation to Justice, (28 giugno 2007) 8 dell’estratto). La decisione, inoltre, avrebbe anche trascurato di valutare gli estesi àmbiti in cui la mediazione è prescritta come obbligatoria in tutto il mondo (Wood, Mediation: The Next Ten Years, in Arb.: Journ. of the Inst. of Arb., 2007, 312-13) a tal punto che la sua statuizione finisce col venire tacciata di illogicità (Dundas, Court-compelled Mediation and the European Convention on Human Rights Article 6, in Arbitration, 2010, 346). Per un riassunto sui cambiamenti delle ADR nel panorama inglese: Partington, Alternative Disputes Resolution: Recent Developments, Future Challenges, in 23 Civil Justice Quarterly, 2004, 99; e già McPheeters, Leading Horses to Water: May Courts which have the Power to Order Attendance at Mediation also Requie Good-Faith Negotiation? Decker vs. Linsday, in J. Disp. Resol. 1992, 377 (a 385).

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Mentre, dunque, l’Europa legittima l’imposizione per contratto o per legge in capo alle parti dell’obbligo di esperire il tentativo di conciliazione, gli Stati membri, invece, valutano differentemente la validità di obblighi a seconda che siano autoimposti o eteroimposti.

L’Italia è stato il primo Paese in Europa ad introdurre il tentativo obbligatorio di conciliazione ante causam (nelle liti dei consumatori come in molte altre), riconoscendogli legittimità solo nelle ipotesi (tipiche ma numerose) in cui fosse contemplato ex lege (e negandola quando esso è previsto in via convenzionale)101, mentre in Francia accade l’esatto contrario, essendo ancòra allo studio l’ipotesi d’imposizioni legali, ma estendendo a dismisura il favor interpretativo delle clausole conciliative obbligatorie102.

Tuttavia il 24 ottobre 2012 la Corte costituzionale italiana (sentenza 179/2012), chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, ne ha dichiarato l’incostituzionalità nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione.

Allo stato attuale, dunque, il ricorso alla conciliazione è rimesso alla discrezionalità delle parti (a livello sia interno che comunitario), mentre la Corte di giustizia ha a più riprese e a chiare lettere espresso il proprio favor verso l’imposizione, sul piano legislativo, del tentativo di addivenire ad una soluzione negoziata.

Volendo dunque trarre delle conclusioni di massima: nell’ampia tematica dell’accesso alla giustizia del consumatore l’Europa si trova ad affrontare la terza ondata -volendo ricorrere alle categorie individuate da Cappelletti nel suo celeberrimo progetto culturale103-, ossia quella intesa a semplificare le procedure e creare alternative alla giustizia delle Corti. Di più. Questo atteggiamento di rinnovato interesse verso le ADR si concretizza a sua volta in una fuga dal processo104, il quale, 101 Orlandi, Pactum de non petendo e inesigibilità, Milano, 2000, passim; Curti, Profili processuali

delle clausole di conciliazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, 1039.102 In Francia, ferma restando la non obbligatorietà del tentativo per legge, nel 2003 la In Francia, ferma restando la non obbligatorietà del tentativo per legge, nel 2003 la Chambre mixte

della Cour de Cassation ha riconosciuto la legittimità di un tentativo obbligatorio imposto in via con-venzionale (in particolare stabilendo che il mancato rispetto di una clausola valida di conciliazione costituisce causa di irrecivibilità del ricorso: Cass. Ch. Mixte, 14 febbraio 2003, in Dalloz, 2003, 1386, con di note Ancel e Cottin; in Revue trim. dr. civ., 2003, 294 con osservazioni di Mestre e Fages; e ivi, 349 con osservazioni di Perrot; in RTD Civ., 2003, 182 ss., con osservazioni di Cadiet e Lagar-de; in Jur. class. pér. sem. jurid., Ed. gén., 2005, 1178, con nota di Sauphanor-Brouillaud; e ivi 1333 con nota di Fenouillet) e nel 2005, confermando -a contrario- questo indirizzo giurisprudenziale il legislatore ha introdotto la nullità delle clausole che sottomettano il litigio esclusivamente ad una ADR, con una rinuncia definitiva al processo (v. art. 6 l. 2005-67 del 28 gennaio 2005, che aggiunge alla lista indicativa dell’art. 132-1, c. consomm. una lett. q). La costruzione giurisprudenziale si è inoltre arricchita recentemente di un nuovo tassello, stabilendo la legittimità del tentativo extragiu-diziale di conciliazione che, previsto convenzionalmente, viene tuttavia esperito successivamente all 'inizio del procedimento. La Cour de Cassation (16 dicembre 2010, n. 09-71575) ha ritenuto che, non essendo decorso alcun termine di prescrizione, la clausola non può dirsi violata. Questa decisio-ne s’iscrive nell’attuale tendenza secondo la quale la prospettiva di un conciliazione deve prevalere su tutte le altre: Amrani Mekki, La clause de conciliation, in Société de législation comparée, La médiation, Parigi, 2009, 29; Deharo, L'efficacité économique de la clause de médiation, in Petites affiches, 2011, 3. Nonostante il marcato favor verso la conciliazione, fin’ora i pareri della dottrina francese sembrano orientati prevalentemente verso l’adozione di modelli di conciliazione facoltativa. Analogamente Gran Bretagna v. il caso Cable & Wireless v. IBM UK [2002] 2 All ER (Comm) 1041, Colman J., che, contrariamente all’indirizzo fino a quel momento seguìto, si è pronunciato nel senso della coercibilità della clausola di mediazione (in quel caso, multi-level ).

103 Cappelletti, Social and Political Aspects of Civil Procedure-Reforms and Trends in Western and Eastern Europe, in 69 Mich. Law Rev., 1971, 847 ; Id., Alternative Disputes Resolution Processes within the framework of the World-Wide Access-to-Justice Movement, in 56 Mod. Law Rev., 1993, 283.

104 Chase, I metodi alternativi di soluzione delle controversie... cit. , 129.

167Il Diritto processuale dei consumatori

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agli occhi di parti sempre più culturalmente inclini all’analisi costi-benefici105, rappresenta un rischio106 sia per i tempi, sia per la scarsa f lessibilità dei risultati, sia per la natura della controversia. All’interno di questa new wave si coglie, inoltre, una recente quanto significativa ascesa della mediazione e la tendenza verso un capovolgimento della visione tradizionale, per cui il processo giurisdizionale non sarebbe più il metodo eletto di risoluzione delle liti ma quello scelto in via residuale. L’interprete deve cioè rimeditare il rapporto tra ADR e droit au tribunal che, inizialmente di complementarietà, pare ora invece orientato al principio del previo esaurimento dei rimedi alternativi rispetto al processo. Muovendo da questa logica si può configurare, nel diritto consumatori, un triplice corollario: che anche nel campo delle ADR gli interventi legislativi e giurisprudenziali vengono giustificati col richiamo al principio d’effettività, il quale costituisce la base giuridica dell’espansione dell’area dell’autonomia privata in campo procedimentale107; che le scelte di vertice si muovono verso il passaggio da una legislazione promozionale ad una che incentivi all’adozione dei modelli alternativi, cui fa eco l’ampliamento dell’area della giurisdizione condizionata108; che, con l’introduzione del principio di sussidiarietà del processo rispetto alle ADR, il diritto dei consumatori costituisce un fattore d’evoluzione del diritto processuale109.

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Esaminata dunque la fase pre-processuale, va analizzato il profilo più strettamente giurisdizionale, nel senso di verificare quali siano gli àmbiti e gli strumenti su cui si lavora, nel segno dell’effettività della tutela, per conformare il processo del consumatore alle necessità del rapporto sostanziale, rimuovendo l’asimmetria di poteri.

In punto di governo dello svolgimento del processo, il principio d’effettività viene declinato nel senso dell’ampliamento dei poteri del giudice (anche sulla scorta della giurisprudenza comunitaria) nel segno di ciò che in Europa viene genericamente richiamato sotto il lemma di judicial activism110.

105 Aubert, Competition and Dissensus: two Types of Conf lict and of Conf lict Resolution, in Journal of Conf lict Resolution, VII, I, 1963, 26 ss.

106 Ferrari, Le parti e il rischio del processo, in Aa.Vv., Accordi di parte e processo, Milano, 2008, 39 ss. 107 V. in argomento il numero monografico dei Quaderni della Rivista trimestrale di diritto e procedura V. in argomento il numero monografico dei Quaderni della Rivista trimestrale di diritto e procedura

civile dedicato agli Accordi di parte e processo, cit., passim. L’introduzione di elementi contrattualisti-ci all’interno del processo è particolarmene evidente in Francia: v. per tutti Ferrand, The Respective Role of the Judge and the Parties in the preparation of the Case in France, in The Reforms of Civil Pro-cedure in comparative perspective, a cura di Trocker e Varano, Torino, 2005, 16 ss. e 21.

108 In generale In generale Cocchi, Tecniche alternative di risoluzione delle controversie: il ruolo delle Autorità amministrative indipendenti, in Pol. dir., 1997, 443.

109 In argomento v. già Calais-Auloy, L’inf luence du droit de la consommation sur le droit civil des contrats, in RTD Civ., 1994, 239 ss.

110 V. Damaska, Evidentiary Barriers to Conviction and Two Models of Criminal Procedure: a Com-parative Study, 121 U Penn LR, 1973, 524 e ss.; Rasmussen, Between Self-Restraint and Activism: a Judicial Policy for the European Court, in Eur. Law Review, 1988, 28; Tridimas, The Court of Justice and Judicial Activism, in Eur. Law Review, 1996, 199; Ebers, From Océano to Asturcom: Mandatory Consumer Law, Ex Officio Application of European Union Law and Re Judicata, in 4 Eur. Rev. Priv. Law, 2010, 823; Storskrubb, Civil Procedure and EU Law. A Policy Area Uncovered, Oxford, 2008. Sull’interventionnisme judiciaire in Francia v. per tutti Ghestin, L'annulation d'office d'un contrat, in Mélanges Drai, Le juge entre deux millénaires, Dalloz, 2000, 593. Sulla difficile caratterizzazione del ruolo del giudice, nell’ottica dell’evoluzione dei suoi rapporti con la legge e la (ri)emersione della «puissance de juger» v. l’approfondito studio di Remy, La part faite au juge, in Pouvoirs, Revue fran-çaise d’études constitutionnelles et politiques, n°107, 2003, 22.

Mélanges Jean Beauchard168

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L’innovativo ruolo affidato al giudice, del quale emerge una figura con prerogative “manageriali”111, si esplica, con riguardo ai consumatori, tramite il ricorso sul piano processuale all’accrescimento dell’attivismo giudiziale112. L’ingerenza nel rapporto processuale tra le parti risponde all’esigenza di ristabilire l’equilibrio tra posizioni disuguali e garantire l’effettività del diritto113.

Il presente lavoro, muovendo dalle pronunce della Corte di giustizia in materia di tutela giurisdizionale del consumatore, tenterà di dare conto della nuova morfologia del giudice emergente:

i. dal regime europeo del rilievo d’ufficio (che, principio bifronte, esplica i suoi effetti tanto sul piano sostanziale che su quello processuale114) e sui suoi rif lessi in àmbito interno;

ii. dal principio giurisprudenziale che consente al giudice di disapplicare le norme in tema di decadenza;

iii. dal principio giurisprudenziale che autorizza il giudice a condurre indagini personali che suppliscano alla scarsa attività difensiva delle parti;

iv. dal principio giurisprudenziale che consente al giudice di radicare la controversia nel foro più conveniente (e generalmente, ma non sempre, più prossimo) al consumatore.

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La Corte di giustizia ha compiuto un percorso interpretativo creativo: in poco più di dieci anni ha emesso delle sentenze di principio che modificano gradualmente ma radicalmente la figura del giudice, ridisegnandone ruolo e condotta nel processo, alla luce delle esigenze di riequilibrio della disparità tra le parti. L’apertura di canali d’azione del giudice motu proprio avviene, in un primo tempo, lavorando sul regime 111 Per utilizzare una fortunata espressione di Per utilizzare una fortunata espressione di Resnick, The Managerial Judges, 96 Harvard Law Rev.,

1982, 370.112 Per una ricostruzione storico-culturale del fenomeno v. Per una ricostruzione storico-culturale del fenomeno v. Cappelletti, Le grandi tendenze evoluti-

ve del processo civile nel diritto comparato, in Processo e ideologia, Bologna, 1969, 191; sulla svolta ideologica nella concezione pubblicistica del processo v. Taruffo, Cultura e processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, 63; e, nello stesso senso, Normand, Office du juge, in Dictionnaire de la justice, diretto da Cadiet, Parigi, 2010; Amrani-Mekki, Cadiet e Normand, Théorie générale du procès, Parigi, 2010. In altra prospettiva, che al mutato ruolo del giudice si accompagni un aumento della discrezionalità giudiziaria v. il classico saggio di Burbank, Ignorance and Procedural Law Reform: A Call for a Moratorium, in Brook. Law Rev., 844, 1993.

113 V. CGCE, 27 giugno 2000, C-240/ e 244/98, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, la sentenza enuncia per la prima volta il principio della rilevabilità ex officio dell’abusività di una clausola di deroga alla competenza giurisdizionale (punto 26: «…una tutela effettiva del consumatore può essere ottenuta solo se il giudice nazionale ha la facoltà di valutare d’ufficio tale clausola»): e il relativo commento di Stuyck, Annotation, in Common Market Law Rev., 719, 2001; Whittaker, Judicial In-terventionism and Consumer Contract, (2001) 117 LQR 215; per un commento italiano v. Orestano, Rilevabilità d'ufficio della vessatorietà delle clausole nei contratti del consumatore, in Eur. dir. priv., 2000, 1179; in Francia v. le con osservazioni di Luby, Pouvoir du juge d'examiner d'office le caractère abusif d'une clause attributive de juridiction, in RTD Com., 2001, 291; e di Raynard, Droit européen des contrats : le juge a le pouvoir de relever d'office le caractère abusif d'une clause du contrat, in RTD Civ., 2000, 939; di Mestre e Fages, Deux renforts d' importance dans la lutte contre les clauses abusi-ves, in RTD Civ., 2001, 878; e di Carballo Fidalgo e di Paisant, in JCP, 2001, 1281. Per un più am-pio svolgimento del tema cfr., seppure con approcci differenti, Howells e Weatherills, Consumer Law Protection 1995, 13; Atiyah, An Introduction to the Law of Contract, 5° ed., Oxford, 1995, 287.

114 Poichè da un lato determina la caducazione della clausola o del contratto che non si conformi ai Poichè da un lato determina la caducazione della clausola o del contratto che non si conformi ai parametri legislativi e dall’altro riconosce un potere eccezionale in capo al giudice.

169Il Diritto processuale dei consumatori

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del rilievo d’ufficio che, non espressamente previsto, trova la sua base giuridica nell’ampia formula dell’art. 6 Dir 93/13 (in base alla quale le clausole abusive «non sono vincolanti»). Le premesse logiche da cui la Corte muove il proprio ragionamento riposano sull’assunto che la protezione effettiva del consumatore può essere ottenuta solo se le corti nazionali possono rilevare d'ufficio l'abusività delle clausole contrattuali115, considerata la posizione d'inferiorità del consumatore e la necessità di bilanciare squilibrio di poteri tramite l'intervento di un terzo116, soprattutto alla luce del rischio che il consumatore ignori i propri diritti o sia dissuaso dal farli valere a cause delle spese che un'azione giudiziaria comporterebbe117. Il regime europeo del rilievo d'ufficio viene dapprima ricostruito come una facoltà118, ma successivamente qualificato come un obbligo119; esso viene tuttavia sottoposto al limite del preventivo interpello del consumatore, il quale deve essere prima informato della nullità della clausola. Quanto all’oggetto esso viene accordato relativamente al giudizio di abusività, limitato dapprima alle sole clausole derogatorie della giurisdizione120, ampliato successivamente a tutte le ipotesi di nullità121 e infine, per estensione, a tutte le direttive consumeristiche122. Il ruolo del giudice diviene ancora più attivo nella progressiva emancipazione dalla condotta delle parti, ed egli è autorizzato ad intervenire motu proprio non solo quando il consumatore è costituito (e, pur impugnando la decisione che gli dà torto ma non invochi la nullità della clausola123), ma anche se è contumace e la decisione passata in giudicato124. Ma il passaggio fondamentale avviene quando il rilievo ufficioso, inizialmente concepito come

115 Océano, punto 23. Océano, punto 23.116 Mostaza Claro, punto 25. Mostaza Claro, punto 25.117 Cofidis, punto 34; Mostaza Claro, punto 29; Pannon, punto 30. Cofidis, punto 34; Mostaza Claro, punto 29; Pannon, punto 30.118 Océano, punto 26. Océano, punto 26.119 Cofidis, punto 30. Cofidis, punto 30.120 Océano, punto 24. Océano, punto 24.121 CGCE 21 novembre 2002, Cofidis, C-473/00, in JCP E A, 2003, 279 con nota critica di Fadlallah e

Baude-Texidor, La réglementation française ne peut empêcher le juge de relever d'office le caractère abusif des clauses qui lui sont soumises à l'expiration du délai de forclusion; in Dalloz, 2002, 3339 con osservazioni di Avena-Robardet; ivi, 2003, 487 con nota fortemente critica di Nourissat, Droit communitaire et forclusion biennale: l’ étrange effet utile de l’esprit de la directive «clauses abusives», in JCP G, 2003, II, 10082, con nota adesiva di Paisant; in RTD Com., 2003, 410 con nota di Luby; in Contrats, conc. consom., 2003, comm. 31, con osservazioni di Raymond; Van Huffel, Michel, La condition procédurale des règles de protection des consommateurs: les enseignements des arrêts Océano, Heininger et Cofidis de la Cour de justice, in Rev. eur. dr. cons., 2003, 79. Nella decisione il giudice europeo aveva esteso il rilievo d’ufficio alle ipotesi di nullità di qualsiasi tipo di clausola, non solo quelle giurisdizionali.

122 Rampion, 4 ottobre 2007, C-429/05, Racc. 2007, 8017, punto 63. 123 Mostaza Claro (26 oct. 2006, C-168/05, in Dalloz, 2006, 2910, con nota di Avena-Robardet, ivi,

3026, con nota di Clay, ivi, 2007, 2562, con osservazioni di d'Avout e Bollée; in RTD Civ., 2007, 113 con nota di Mestre e Fages, e ivi, 633, con nota di Thery; Raschel, Pouvoir de relever d'office la violation des dispositions du Code de la Consommation, in Procédures, 2009, 84; v. anche il commento redazionale in 45 Common Market Law Rev., 2008, 545 ; Schebesta, Does the National Court Know European Law? A Note on Ex Officio Application after Asturcom, in Eur. Rev. Priv. Law., 2010, 847; Re-ich, More Clarity after “Claro”?, in ERCL, 2007, 41. Secondo alcuni la sentenza avrebbe avuto un’eco così ampia da inf luenzare i principi Acquis e quelli del DCFR: Howells e Schulze, Modernising and Harmonising Consumer Contract Law, Munich, 2009, 22.

124 CGCE 6 ottobre 2009, Case C-40/08 CGCE 6 ottobre 2009, Case C-40/08 Asturcom Telecomunicaciones SL c/ Cristina Rodríguez No-gueira, in Dalloz, 2009, 2548 e a 2959 con nota di Clay; RTD Civ., 2009, 684, nota di Remy-Corlay, L' inf luence du droit communautaire sur l'office du juge; Ebers, From Océano to Asturcom: Mandatory Consumer Law, Ex Officio Application of European Union Law and Re Judicata, in 4 Eur. Rev. of Priv. Law, 823 (2010); Schebesta, Does the National Court Know European Law? A Note on Ex Officio Ap-plication after Asturcom, in 4 Eur. Rev. Priv. Law., 2010, 847.

Mélanges Jean Beauchard170

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facoltà, viene espressamente qualificato come obbligo125, delineando dunque uno statuto generale del rilievo europeo d’ufficio, il quale copre non solo le eccezioni di rito ma anche quelle di merito; può avvenire in qualsiasi stato e grado del procedimento ed è sottoposto solo ai due limiti della possibilità del consumatore di opporsi e della necessità del giudice di disporre degli elementi di fatto e di diritto necessari (sulla persistenza di questo limite, v. infra). Nell’àmbito di una procedi-mentalizzazione dell'esercizio dei poteri d'ufficio del giudicante126, inoltre, si è fatta strada nell’ordinamento europeo la sussistenza di un vero e proprio obbligo (e non di una mera facoltà) per il giudice di sollevare il contraddittorio delle parti sulle questioni rilevabili d’ufficio127. Il passaggio è estremamente significativo e sintomatico della scelta politica della Corte di porsi in linea con la tendenza, nell’atteggiarsi tra poteri d’iniziativa officiosa e diritto di difesa, del ricorso al contraddittorio, principio fondamentalissimo e oggetto di una evoluzione volta ad enfatizzarne il carattere garantisco e cognitivo128. L’intervento del giudice viene dunque scomposto in due tempi: il primo (obbligatorio) della valutazione dell'abusività, il secondo (eventuale, previo consenso del consumatore) del rilievo d'ufficio, allo scopo di conformare i poteri giudiziali all’intento protettivo volto ad assicurare, da un lato, che il consumatore rimanga arbitro della propria vicenda processuale129 e, dall’altro, che si possa giovare del ruolo di supplenza attribuito al giudice130. Va inoltre sottolineato che, a latere del potenziamento dei poteri del giudice ed in funzione rafforzativa dei diritti dei consumatori, la giurisprudenza prevede anche una diversa distribuzione dell’onere della prova, ponendo una serie di presunzioni assolute favorevoli al consumatore131. La Corte, infatti, ricostruisce la presunzione d’inerzia del consumatore come assoluta (escludendo la possibilità 125 CJCE 4 giugno 2009, C-243/08, CJCE 4 giugno 2009, C-243/08, Pannon GSM. Zrt. c/ Erzsébet Sustikné Györ$, in Dalloz, 2009, 2312, con

nota di Poissonnier ; e ivi, 2010, 169, con osservazioni di Fricero; in RTD civ., 2009, 684 e nota Remy-Corlay; in RTD com., 2009, 794 con nota di Legeais; il commento redazionale in 47 Common Market Law Rev., 2010, 879; il commento di Ancery e Wissink, in 2 Eur. Bus. Law Rev., 2010, 307.

126 Monticelli, ult. op. cit., 1117.127 V. la sentenza CGUE 472/11 non ancora pubblicata. V. la sentenza CGUE 472/11 non ancora pubblicata. 128 Kagan, Adversarial Legalism: "e American Way of Law, Harvard, 2003, passim (soprattutto sulle de-

generazioni del contraddittorio nel sistema americano); in ottica comparata: Blomeyer, Types of Relief Available (Judicial Remedies), in International Encyclopedia of Comparative Law, XVI, Civil Procedure, Ch. 4, Boston, London, 1982, spec. 57 ss.  In Italia, lo studio del contraddittorio si era sviluppato in una sta-gione culturale (quella degli anni ‘70) volta alla rilettura degl’istituti tradizionali in un’ottica costituzio-nalmente orientata: Trocker, Processo civile e costituzione, Milano, 1974, 373; Varano, Organizzazione e garanzie della giustizia civile nell'Inghilterra moderna, Milano, 1973, 485 ss.; Jolowicz, Fundamental Guarantees, cit., 150-160; Vigoriti, Garanzie costituzionali del processo civile, Milano, 1970, 25 ss., 63 ss., e, a conclusione di quel percorso intellettuale: Luiso, Principio del contraddittorio ed e&cacia della sen-tenza verso terzi, Milano, 1981, passim; Ferrajoli, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Roma-Bari, 1989, spec. 27. Per l’impostazione attuale del principio del contraddittorio v. infra, par. 6.

129 Pagliantini, La nullità di protezione tra rilevabilità d’ufficio e convalida: lettere da Parigi e dalla Corte di giustizia, in Riv. dir. priv., 2009, spec. 155.

130 Legittimare il giudice a rilevare l’invalidità dell’atto ex abrupto, infatti, avrebbe rischiato para-dossalmente di danneggiare il consumatore, nell’ipotesi in cui questi, pur consapevole della nullità della pattuizione, non intendesse farla valere e preferisse mantenere il rapporto: v. già con ampie argomentazioni Monticelli, Nullità, legittimazione relativa e rilevabilità d'ufficio, in R. dir. priv., 2002, 685 ss.; Id., Fondamento e funzione della rilevabilità d' ufficio della nullità negoziale, in questa Rivista, 1990, 669 ss.

131 La scelta è in linea con l’attuale tendenza di considerare la ripartizione dell’onere della prova come uno La scelta è in linea con l’attuale tendenza di considerare la ripartizione dell’onere della prova come uno strumento di tutela in presenza di situazioni particolari. In assenza, cioè, di regole speci-che emanate dal legislatore e tuttavia nella necessità di ripartire l’onere probatorio di.erentemente dall’art. 2697 c.c., la giurisprudenza fa ricorso ad un processo logico presuntivo (ex art. 2799 c.c.) con-gurando una diversa regola di responsabilità adeguata al caso concreto, in questo caso favorevole al consumatore (cioè pren-dendo «in considerazione fatti diversi da quelli che costituiterebbero la fattispecie produttiva di e.etto giuridico»): sul tema, ampiamente, Patti, Le prove. Disposizioni generali, cit., 514-5.

171Il Diritto processuale dei consumatori

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per il professionista di fornire la prova contraria), involontaria e incolpevole132. Il giudice, dunque, non potrà valutare quale grado di negligenza si celi dietro alcune defaillances processuali (fossero anche grossolane) e dovrà intervenire d’ufficio in suo soccorso. Se si coniuga quest’ultimo rilievo con la circostanza che la legittimazione a rilevare la nullità è relativa (ricostruzione mai statuita apertis verbis, ma corollario logico delle impostazioni precedenti e necessaria per esigenze di coerenza interna) ne emerge che la Corte ha parallelamente costruito intorno al professionista un sistema che ne blocca ogni iniziativa processuale rivolta alla possibilità di sottrarsi al contratto avvalendosi della nullità che egli stesso ha provocato e di dare la prova contraria dell’involontarietà dell’inerzia. In termini essenziali, dunque, quando in un processo del consumatore si fa questione di nullità di una clausola il processo stesso vede attenuato il suo carattere trialogico e accentuato quello dialogico133.

Va tuttavia preso atto che il trend che queste pagine tentano di descrivere non nasce con le recenti pronunce della Corte di giustizia ma appartiene ad un imponente e risalente filone comparatistico orientato al superamento del dogma della passività del giudice e al potenziamento del suo ruolo, senza per questo snaturare il carattere dispositivo e liberale cui il processo civile si ispira134.

La particolarità qui evidenziata è che nel diritto dei consumi si assiste ad un’accelerazione ed accentuazione di questo fenomeno, rispondendo l’attivismo del giudice non tanto e non solo ad esigenze di celerità e giustizia135, ma anche di riequilibrio di posizioni asimmetriche136; esso costituisce inoltre la risposta tecnica e pratica alla diffusa impugnabilità, dovuta al dilagare delle invalidità per vincoli di forma e di contenuto137.

La costruzione di questo sistema non è tuttavia supportata da un preciso intento legislativo ma avviene tramite regole occasionali, riordinate in un disegno coerente dall’interprete, col rischio però (in realtà intrinseco ad ogni procedimento ermeneutico) di lasciare lacune di tutela.

Il regime del rilievo d’ufficio doveroso ma condizionato all’interesse del consumatore presenta tuttavia dei profili di criticità negli adattamenti agli ordinamenti interni: in Italia, ad esempio, in un primo tempo è stato recepito nell’art.

132 D’alessandro, La Corte di giustizia sancisce il dovere, per il giudice, di rilevare d’ufficio l’ invalidità della clausola compromissoria stipulata tra il professionista ed il consumatore rimasto contumace nel processo arbitrale, in Riv. Arb., 2009, 667.

133 Per questa distinzione v. Gentili, Contraddittorio e giustiza decisione nel processo civile, in Audiatur et altera pars. Il contraddittorio fra principio e regola, a cura di Manzin e Puppo, Milano, 2008, 255.

134 Sulle grandi tendenze evolutive del diritto processuale comparato si vedano gli studi, ormai classici, di Cappelletti, nel vol. Processo e ideologie, Bologna 1969, 169-251, spec. 203-218 e Comoglio, Etica e tecnica del «giusto processo», cit., 171-183, 327-377, spec. 347 ss. In realtà il tema è stato affrontato, sin da tempi risalenti, anche se in ottica meramente interna: Ascarelli, La funzione dei diritti spe-ciali e le trasformazioni del diritto commerciale, in Riv. dir. comm., 1934, I, 30.

135 In questa prospettiva v. Comoglio, Diritti fondamentali e garanzie comuni nella prospettiva euro-pea, in Studi in onore di C. Mandrioli, II, Milano, 1995, spec. 1053-1054.

136 Giussani, Il consumatore parte debole del contratto e parte debole del processo, cit. 137 Roppo, Parte generale, contratti del consumatore, cit., 305, che riprende la descrizione delle caratte-

ristiche del contratto dei consumatori già illustrata in Contratto di diritto comune, contratto del con-sumatore, contratto con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppo di un nuovo paradigma contrattuale, in Roppo, Il contratto del duemila, 2a ed., Torino, 2005, 51.

Mélanges Jean Beauchard172

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36 Cod. cons.138 norma che però ha incontrato difficoltà a raccordarsi con l’intero sistema139, emergendo il problema della sua concreta operatività140.

La questione ha richiesto di essere risolta in via legislativa con la modifica dell’art. 101 c.p.c. sul principio del contraddittorio (con quello che è stata definito «esempio eminente di dottrina che diventa “fonte del diritto”»141), che ora espressamente impone al giudice di attuare il contraddittorio sulle questioni da lui rilevate d’ufficio e poste a fondamento della decisione142.

In Francia, per converso, in tema di rilievo d’ufficio le soluzioni giurisprudenziali (soprattutto di legittimità) e quelle del legislatore si muovono su un piano di costante discontinuità rispetto a quelle dottrinarie ed europee143.

In effetti la prova francese del dialogo tra i formanti aveva, in argomento, prodotto risultati assai deludenti, traducendosi in una contrapposizione tra la Cassazione -che negava reiteratamente il potere di rilevare d’ufficio la violazione delle norme del Code de la Consommation144 in nome della neutralità del giudice- e la dottrina145 138 Per uno sguardo d’insieme De Cristofaro, Le invalidità negoziali «di protezione» nel diritto comu-

nitario dei contratti, in Studi in onore di Giorgio Cian, Padova, 2012, 669.139 Non tanto perchè sul piano sostanziale si è dovuta ammettere la frammentazione della figura della

nullità e l’esistenza di una pluralità di modelli (Iudica, Impugnative contrattuali e pluralità di in-teressi tutelati, Padova 1973, 91) dovuti alle diverse modalità con cui opera (Guarneri, L’azione di nullità, in Riv. dir. civ., I, 1993, 42, a 80-82; D’amico, Regole di validità e principio di correttezza, Na-poli, 1996) quanto perché ci si domanda come si possa giustificare una nullità “le cui caratteristiche siano al fondo decise dall’interprete”: Villa, Invalidità fra modelli tradizionali e nuove discipline, in Tradizione civilistica e complessità del sistema, a cura di Macario e Miletti, Milano, 2006, 427.

140 Si tratta del problema delle cc.dd. sentenza delle terzia via, assunte, cioè, senza dibattito: così, da ul-timo, Cass., 31 ottobre 2005, n. 21108, in Corr. giur., 2006, 507, con nota di Consolo; e in dottrina per tuti Luiso, Questione rilevata d’ufficio e contraddittorio: una sentenza rivoluzionaria?, in Giust. civ., 2002, 1016; Chiarloni, Questioni rilevabili d’ufficio, diritto di difesa e «formalismo delle garanzie», in Riv. trim. dir. proc. civ., 1987, 577.

141 Chiarloni, Efficienza della giustizia, formalismo delle garanzie …, cit. 142 Nonostante l’approfondito livello delle elaborazioni dottrinarie (e l’adeguamento ad esse, infine,

della giurisprudenza: Cass., sez. un., 30 settembre 2009, n. 20935, in Corriere giur., 2010, 355 ss., con nota di Consolo, Le sezioni unite sulla causalita del vizio nelle sentenze della terza via: a proposito della nullita , indubbia ma peculiare poiche´sanabile allorche´emerga l’assenza in concreto di scopo del contraddittorio eliso) il legislatore ha ritenuto di risolvere il problema in via legislativa, tramite la modifica dell’art. 101 c.p.c. (introdotto dalla legge 69/2009) in base al quale «se ritiene di porre a fon-damento della decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione» (v. per tutti Costantino, Questioni processuali tra poteri del giudice e facoltà delle parti, in Riv. dir. proc., 2010, 1012; e, criticamente, Chiarloni, Efficienza della giustizia, formalismo delle garanzie e sentenze del-la terza via, in Giur. it., 2011).

143 Lagarde, Office du juge et ordre public de protection, JCP 2001, I, 312.144 A partire dal 2000 con la giurisprudenza Grine (Cass., 15 febbraio 2000, n° 98-12.713, in Dalloz,

2000, 275, con nota di Rondey; e in JCP G, 2001, II, 10477, con nota di Gout) e confermata a più ri-prese (v. per tutte Cass., 16 marzo 2004, n° 91, in JCP G, 2004, II, 10129, con nota di Dagorne-Labbe; e in RTD com., 2004, 358, con nota di Legeais).

145 V. lo studio di Bazin, De l'office du juge en droit de la consommation, in Dr. et proc. 2008, 125; v., autorevolmente, Gout, nota a Cass. 10 juill. 2002, D. 2003, 549; Pizzio, Le droit de la consommation à l'aube du XXIe siècle, in Etudes de droit de la consommation, Liber amicorum J. Calais-Auloy, Dalloz, 2004, 877; Raymond, Actes du colloque organisé par l'ANJI à l'occasion de son XXVe anniversaire à la Cour de cassation le 23 sept. 2005, 134; Gautier, De l' impossibilité supposée pour le juge de soulever d'office un moyen de nullité ou de réparation favorable à la partie faible, in RDC, 2004. 1137 ; Paisant, Pour le pouvoir d'office du juge dans l'application des dispositions du code de la consommation, in JCP E, 2007, 66; Raymond, Saisine d'office du juge en droit de la consommation, ivi, 73 ; con toni molto critici Legeais, Pouvoir du juge de soulever d'office la nullité d'un crédit à la consommation, in RTD Com., 2004, 358.

173Il Diritto processuale dei consumatori

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appoggiata dalla giurisprudenza di merito (che ha finito coll’investire del problema la Corte di giustizia146) fino al necessario intervento del legislatore nel 2008 che, dopo lunga gestazione147, ha introdotto una norma generale (art. 141-4 c.d.c introdotto dalla legge Chantel 3 del gennaio 2008) per cui «le juge peut soulever d'office toutes les dispositions du présent code dans les litiges nés de son application»148. Tuttavia, l’allineamento della Cassazione alle indicazioni europee è stato solo temporaneo poiché, immediatamente dopo la prima sentenza francese di accoglimento del nuovo indirizzo149, la Corte di giustizia si è pronunciata nel senso dell’obbligatorietà per il giudice di rilevare d’ufficio eventuali infrazioni alle norme consumeristiche, ponendo automaticamente e nuovamente “fuori asse” il contesto francese150. Allo stato attuale, dunque, i rif lessi della sentenza Pannon sull’ordinamento francese -nel complesso accolti con favore151- si concretizzarebbero, per qualcuno, in un semplice adeguamento della giurisprudenza interna al nuovo principio utilizzando gli strumenti normativi già disponibili (e qui vale il e dunque il richiamo all’art. 12 del Code de procedure civil), mentre per altri si renderebbe necessaria una nuova riforma152.

Volendo trarre delle conclusioni di massima da quanto sopra riportato, si può in primo luogo osservare che è principalmente sul terreno della clausole abusive che il giudice comunitario costruisce i principi europei del rilievo d'ufficio153, il quale emerge in tutta la sua importanza proprio nel diritto dei consumatori, dove l’inuguaglianza strutturale tra le parti non può essere compensata che tramite 146 TI Vienne 15 dicembre 2000, in Contrats, conc., consom., 2001, n° 16, nota di Raymond; 17 ottobre

2001, Ibid. 2001, n° 181, con nota di Raymond; 5 luglio 2002, Ibid. 2002, n° 32, con nota di Raymond; TI Saintes 16 nov. 2005, Ibid. 2006, n° 37, nota di Raymond. Anteriormente v. tra le tante TI An-goulême 7 giugno 1998, Contrats, conc., consom. 1998, n° 51, nota di Raymond.

147 Poissonnier, Office du juge ed droit de la consomation : une clarification bienvenue, in Dalloz, 2008, 1285.

148 Journal Officiel 4 Janvier 2008, su cui v. Vilmart, La loi Chatel pour le développement de la concur-rence au service des consommateurs. Analyse des conséquences dans les relations producteurs distribu-teurs, in JCP E 2008, 1041; Testu e Herzelé, La formalisation contractuelle du résultat des négocia-tions commerciales entre fournisseurs et distributeurs, in JCP E 2008, 1113.

149 Cass., 22 gennaio 2009, n° 05-20.176, in JCP G 2009, II, 10037, con nota di Lagarde; in Dalloz, 2009, 908, con nota di Piedelièvre, Droit de la consommation et office du juge; in Dr. et proc., 2009, 159, nota di Bazin; in Procédures, 2009, comm. 84, nota di Raschel; Contrats, conc. consom., 2009, comm. 88, osservazioni di Raymond.

150 La configurazione di un obbligo anzichè di una facoltà, già sostenuta dalla dottrina francese (Gout, L'accès au droit des consommateurs : LPA 30 mai 2008, 20, n° 21; Cadiet, Droit judiciaire privé, Litec, 2000, 3e éd., n° 1133 che richiamava l’art. 12 del Code du procedure civile), richiederebbe ora una ri-forma dell’art. L 141-4 C.d.Consommation (Paisant, L’obligation de reveler d’office du juge national, in JCP E, 2009, 339). In Francia, dunque, si attende di verificare il comportamento della Cassazione se, cioè, continuerà ad oppore un netto rifiuto alle prospettazioni di dottrina e giurisprudenza ovvero si dimostrerà propensa ad instaurare un confronto dai toni meno conf littuali che non necessiti della consacrazione normativa per essere ricomposto: il problema non è nuovo v. per tutti Boudot, Le dogme de la solution unique. Contribution à une théorie de la doctrine en droit privé, thèse de doctorat, Faculté de droit et de science politique de l’Université d’Aix-Marseille, 1999, non pubblicata, n. 112 del dattiloscritto.

151 Poissonnier, La CJCE franchit une nouvelle étape vers une réelle protection du consommateur, in Dalloz, 2009, 2312; Gout, Un nouveau souff le en matière de soulevé d'office de la nullité par le juge, in JCP E Aff., 2009, 1166.

152 Il tema delle divergenze in questa materia tra dottrina e giurisprudenza è divenuto a suo volta ogget-to di dibattito: Gautier, L' inf luence de la doctrine sur la jurisprudence, in Dalloz, 2003, Chron. 2839.

153 Lupoi, Tutele e procedure giudiziarie europee. Principi fondamentali e applicazioni pratiche, Rimini, 2011; Rasia, Tutela giudiziale europea e arbitrato, Bologna, 2010.

Mélanges Jean Beauchard174

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l’intervento di un terzo estraneo al rapporto. La Corte giunge infatti ad affermare, in sostanza, che nel caso il consumatore imposti erroneamente la propria difesa, la garanzia di una tutela effettiva può essere assicurata solo riconoscendo al giudice un ruolo attivo e di supplenza, poiché attribuire completamente al consumatore l’onere di sollevare questioni di diritto che sorgano nel corso della controversia, rischierebbe di rendere puramente teorica la protezione legale di cui egli beneficia.

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Il concetto di modalità procedurali viene inteso dalla Corte in senso amplissimo, ricomprendendo, oltre alle regole sullo svolgimento del processo in senso stretto, anche quelle sulla giurisdizione154. A sèguito di un lungo percorso interpretativo e pur in assenza di norme dedicate all’individuazione dell’organo investito di decidere della controversia155, la Corte è giunta all’elaborazione del principio in virtù del quale anche le regole sulla competenza garantiscono l’effettività della tutela giurisdizionale156.

Il principio d’effettività viene qui coniugato con quello di due process giacchè la tematica della giurisdizione è concepita, in senso europeo, come un «servizio nella risoluzione della controversia»157. La logica, cioè, muove dall’asserito legame tra determinazione della giurisdizione e giustizia della decisione concreta, che nel diritto dei consumi si traduce nel favor interpretativo verso meccanismi (anche pattizi) che consentono di trasportare il luogo della lite nel domicilio del consumatore, essendo l’individuazione del foro competente funzionale alla giusta decisione della lite. Un’errata individuazione della competenza giurisdizionale o territoriale creerebbe, infatti, uno squilibrio tra le parti, avvantaggiandone ingiustificatamente una. L’equità delle regole sulla giurisdizione, infatti, esige il contemperamento tra

154 V. sentenza V. sentenza Impact, 15 aprile 2008, causa C-268/06, Racc., pag. I-2483, punti 47 e 48 e sopratttutto le relative conclusioni dell’avv. Generale Kokott che svolge un’ampia disamina della compatibilità della ripartizione delle norme giurisdizionali con i principi di effettività (punti 54-66) e di equivalen-za (punti 67-79); v. anche, apertis verbis, la sentenza Pontin (29 ottobre 2009, C-63/08 commentata, nell’ottica che qui interessa, da Picod, Non-conformité du droit applicable aux licenciements des fem-mes enceintes aux exigences de protection juridictionnelle et de non-discrimination, in Jur. class. pér. sem. jurid., Ed. gén., 2009, 42 ss.; e Baron, L'application des principes de protection juridictionnelle effective et d'égalité de traitement au bénéfice des travailleuses enceintes, in Revue affaires européen-nes, 2010, 613 ss.) al punto 44 e al punto 75 che precisa come le norme interne sulla designazione dei giudici competenti devono essere interpretate in modo da ricevere «un’applicazione che contribuisca [a] … garantire una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti … in forza del diritto comuni-tario»; v. in argomento Alpa-Vigoriti, voce Arbitrato (nuovi profili dell’), in Dig. disc. priv., sez. civ., Agg. VI, Milano, 2011, 93 ss.

155 Nella direttiva 93/13, infatti, non si rinviene alcun cenno al foro competente nell’elenco indicativo Nella direttiva 93/13, infatti, non si rinviene alcun cenno al foro competente nell’elenco indicativo e non esauriente delle clausole che possono essere dichiarate abusive (il punto è affrontato infra nel testo.

156 V. Pontin, punto 54. Il principio è il risultato dello stratificarsi di pronunciamenti in materia es- V. Pontin, punto 54. Il principio è il risultato dello stratificarsi di pronunciamenti in materia es-senzialmente lavoristica e consumeristica: posto l’obbligo di risultato gravante sugli Stati membri di introdurre nell’ordinamento giuridico interno le misure necessarie ad ottenere l’effetto utile della direttiva (Océano, punto 28), adottando tutti i provvedimenti necessari allo scopo, riguardanti gli organi dello Stato ivi compresi quelli giurisdizionali, le esigenze di equivalenza ed effettività valgono anche quanto alla designazione dei giudici competenti e quelli a conoscere delle azioni fondate sul diritto tutelato dalla direttiva (Pontin, punti 40 e 44). Il loro mancato rispetto lede il principio di tutela giurisdizionale effettiva (Impact, 48).

157 Biavati, Deroghe alla giurisdizione statuale e fungibilità dei sistemi giudiziari, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, 523.

175Il Diritto processuale dei consumatori

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la tutela del diritto difesa del convenuto (a non vedersi trascinato in un processo dinanzi ad un foro esorbitante) e quello d’azione dell’attore (alla pienezza ai rimedi giurisdizionali per l’attuazione dei propri diritti sostanziali)158. L’efficacia del rimedio giurisdizionale si esprime dunque anche sul piano della designazione del giudice competente a decidere159.

La Corte, statuendo compattamente la natura vessatoria della clausola attributiva della competenza al giudice del domicilio del professionista160, ha dunque elaborato un criterio regolatorio della distribuzione delle cause di matrice soggettiva, muovendo dall’assunto, coerente con le finalità protezionistiche, che la possibilità di allontanare la causa dalla sede del consumatore sarebbe incompatibile col principio d’effettività: l’istituzione del forum consumptoris si configura allora come una garanzia riequilibrio delle posizioni asimmetriche161.

Attribuendo rilievo decisivo al livello di giustizia ed efficienza della decisione, i giudici comunitari spostano il proprio punto di osservazione dall’autorità che emana il comando alla protezione del destinatario del provvedimento162. Il ruolo creativo del giudice giunge fino all’estrema conseguenza di poter disapplicare regole per creare spazi intepretativi che la regola non consente163, per cui nell’ipotesi di due precetti tra loro inconciliabili l’uno interno -sia pattizio che normativo-, che radica la lite davanti ad un organo vantaggioso per il professionista e l’altro europeo che invece prevede il principio della vicinanza della giurisdizione al consumatore, il giudice interno dovrebbe dichiararsi (d’ufficio) incompetente ed escludere

158 Sul rapporto fra criteri di giurisdizione e diritto di difesa Sul rapporto fra criteri di giurisdizione e diritto di difesa De Cristofaro, Il foro delle obbligazioni, Torino, 1999, 246 e 254-5.

159 V. Pontin, punto 44, e le relative conclusioni dell’avv. gen. Trstenyak, punto 63. L’unico riferimen- V. Pontin, punto 44, e le relative conclusioni dell’avv. gen. Trstenyak, punto 63. L’unico riferimen-L’unico riferimen-to positivo in tema del privilegio del foro, accordato a vantaggio della parte debole del rapporto contrattuale, è contenuto nel Reg. CE n. 44/2001 il quale, in deroga al principio generale per cui la competenza è quella del giudice dove il convenuto è domiciliato (art. 2, comma 1), prevede che il consumatore possa agire davanti ai giudici dello Stato in cui è domiciliato (art. 16): tale competenza speciale con l’indicazione di fori alternativi e facoltativi a scelta dell’attore ha la funzione di consen-tire al soggetto più debole di incardinare la causa nel luogo più collegato alle sue condizioni di vita (ed evitargli costose trasferte: obiettivo riconducibile all’art. 65 del Trattato, in particolare, lett. c, rivolto all’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili).

160 Océano, punto 24. Océano, punto 24.161 Océano, punto 27. Océano, punto 27.162 Quasi si trattasse, in chiave commerciale, di un consumatore di giustizia: Quasi si trattasse, in chiave commerciale, di un consumatore di giustizia: Hugon, Le consommateur

de justice, in Mélanges Calais-Auloy, Parigi, 2004, 517.163 Biavati, Europa e processo, cit., 167 e 171.

Mélanges Jean Beauchard176

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l’applicazione della regola nazionale difforme dall’intento protezionistico che permena la disciplina consumeristica anche in campo processuale164.

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Considerati, sul piano positivo, l’ampia formulazione dell’art. 6 Dir. 93/13 («le clausole…non sono vincolanti») e su quello politico, che il fondamento delle decisioni si trova più nelle finalità della direttiva che nella sua lettera (la lotta concreta alle clausole abusive), i giudici comunitari applicano estensivamente la norma e, allo scopo di rafforzare le garanzie giurisdizionali (giuridicamente legittimato dal richiamo al principio d’effettività)165, giungono a pronunciarsi su controversie che, avendo ad oggetto aspetti procedurali, si sarebbero dovute rimettere alla regolazione nazionale, rischiando però una ripartizione incompatibile con l’intento di tutela proclamato dalla Direttiva166. Proprio su quest’ultimo profilo si appuntano le critiche più severe agl’indirizzi in argomento, da una parte della letteratura reputati una violazione al principio d’autonomia procedurale, poiché il richiamo agli artt. 6 e 7 Dir. 93/13 non sarebbe sufficiente a giustificare l’ingerenza del diritto comunitario nelle procedure nazionali167. Il dibattito si è accesso soprattutto a seguito di pronunce che, statuendo oltre il regime del rilievo officioso, hanno ammesso la disapplicazione di norme di diritto processuale interno (del caso di specie, decadenza), ridimensionando il principio della res judicata nel caso essa si fondi su un contratto affetto da clausola abusiva e riconosciuto al giudice la possibilità di condurre indagini nel caso nutra un sospetto di abusività, la quale non emerga dagli atti allegati in modo inequivocabile.

164 V. conclusioni dell’Avv. gen. Saggio, punto 29. Così in Italia é previsto, in luogo dell’applicazione dei V. conclusioni dell’Avv. gen. Saggio, punto 29. Così in Italia é previsto, in luogo dell’applicazione dei criteri generali di competenza territoriale un foro speciale del consumatore, derogabile su accordo delle parti; mentre in Francia si assiste al tramonto della concezione della giurisdizione statuale inde-rogabile a protezione del convenuto e si introduce il forum actoris: la legge n° 2009-526 ha introdotto nel Code de la Consommation l’art. L. 141-5 che, aggiungendosi senza sostituirsi ai criteri tradizionali (art. 46 Code de procédure civile), è volto a rafforzare la protezione del consumatore ampliando la scelta dei luoghi in cui egli può incardinare la causa. Raccordando le regole del Code du procedure civil e della consommation emergerebbe dunque una «nouvelle juridiction voulue plus proche du justi-ciable» : Brenner, nell’intervento Le consommateur et le procés, alle Journée Parisienne del 12 giugno 2007 dedicate al tema «Le consommateur», disponibile online sul sito dell’Association Henri Capitant. Astrattamente, infatti, la competenza per valore sarebbe ripartita fino a 4000 euro al juge de proxi-mité, dai 4000 ai 10000 euro al Tribunal d’Instance e oltre i 10000 al Tribunal di Grand Instance. Nei fatti, tuttavia, la grandissima parte delle controversie dei consumatori si svolge davanti al Tribunal d’Instance: quest’ultimo, dunque, nei fatti, come «le juge naturel des affaires de consommation»: Ca-lais-Auloy e Steinmetz, Droit de la consommation, Parigi, 2006, n° 503; Guinchard, Institutions judiciaires, Parigi, 8° ed., n. 215-5 che ne parla come del «juge des relations entre les consommateurs et les professionnels»

165 Marengo, op. cit., 52 ; Prechal, Judge-made harmonisation of procedural rules, in Principles of Proper Conduct for Supranational, State and Private Actors in the European Union: Towards a Ius Commune, a cura di Wouters e Stuyck, Antwerpen - Groningen - Oxford, 2001, 39; Girerd, op. cit., spec. 101.

166 Weatherhill, Harmonisation, How Much, How Little?, in Eur. Bus. Law Rev. 2005, 535-6.167 Fadlallah e Baude-Texidor, L’office du juge en matière du crédit à la consommation: éloge de la

neutralité judiciaire, in Dalloz, 2003, 750. Mentre in Italia la sentenza non ha avuto grossa eco, in Francia è stata oggetto di forti critiche da parte della dottrina (Nourissat, Droit communautaire et forclusion biennale: l’ étrange effet utile de l’esprit de la directive «clauses abusives», in Dalloz, 2003, 487).

177Il Diritto processuale dei consumatori

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Con riguardo al primo tema, si è ammessa la possibilità di rilevare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola anche oltre il termine di decadenza previsto dal diritto interno168. La Corte ha costruito la decisione come un logico corollario del filone interpretativo inaugurato agl’inizi del secolo: se, infatti, il rilievo d’ufficio accordato al giudice nella valutazione dell’abusività costituisce un mezzo per raggiungere il risultato espresso nell’art. 6 dir. 93/13 (la garanzia che le clausole abusive non vincolino il consumatore), sottoporlo ad un limite temporale sarebbe contrario alle finalità della direttiva finendo col compromettere l’effettività della tutela (punto 31). L’enunciato sconfessa il consolidato orientamento che -pur con alcune oscillazioni tra una tendenza maggiormente intrusiva ed una più rispettosa delle legislazioni interne169-, in nome del primato della certezza del diritto, rimette al giudice nazionale la competenza a pronunciarsi sulle preclusioni170 (in particolare impostando il problema dei time limits in correlazione con quello dell’autonomia procedurale171 e dell’effettività del diritto172).

Tuttavia la sentenza ha suscitato notevoli perplessità sia sotto il profilo della sua coerenza che sotto quello delle preoccupanti implicazioni che ne potrebbero discendere. È infatti principio acquisito -sia interno che comunitario- che la gestione dei limiti temporali all’interno del processo risponde -non già alla tutela del diritto di difesa ma- all’esigenza pubblicistica di garantirne la celerità, l’ordinato svolgimento e la concentrazione173. Tale impostazione riposa sull’assunto che la doverosa garanzia del diritto alla difesa non ne può giustificare l’esercizio oltre i limiti del ragionevole, attraverso l’espansione nel tempo del suo esercizio174.

168 CGCE 21 novembre 2002, Cofidis, C-473/00, in JCP E A, 2003, 279 con nota critica di Fadlallah e Baude-Texidor, La réglementation française ne peut empêcher le juge de relever d'office le caractère abusif des clauses qui lui sont soumises à l'expiration du délai de forclusion; in Dalloz, 2002, 3339 con osservazioni di Avena-Robardet; ivi, 2003, 487 con nota fortemente critica di Nourissat, Droit communautaire et forclusion biennale: l’ étrange effet utile de l’esprit de la directive «clauses abusives»; in JCP G, 2003, II, 10082, con nota adesiva di Paisant; in RTD Com., 2003, 410 con nota di Luby; in Contrats, conc. consom., 2003, comm. 31, con osservazioni di Raymond; v. anche Luby, Trop ne vaut rien ! (ou quand la CJCE ébranle le régime juridique des clauses abusives), in Contrats, concurrence, consommation, 2004, 6;  Van Huffel, La condition procédurale des règles de protection des consom-mateurs: les enseignements des arrêts Océano, Heininger et Cofidis de la Cour de justice, in Revue européenne de droit de la consommation, 2003, 79; Pallaro, Note a margine di alcune recenti sen-tenze della Corte di giustizia su tutela dei consumatori e applicabilità di direttive non (correttamente) trasposte in controversie tra privati, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2003, 35.

169 Biondi, The European Court of Justice and Certain National Procedural Limitations: not such a Tough Relationship, in Common Market Law Rev., 1999, 272.

170 Rewe CGCE 16 dicembre 1976, C-33/76 su cui v. il commento di Wyatt, National Periods of Limita-tion as a Bar to Community Rights, in Eur. Law Rev., 1977, 122-125 (conforme v. Comet (16 dicembre 1976, C-45/76, in Racc., 1976, I, 2043 ss.); in dottrina: Hoskins, Tilting the Balance: Supremacy and National Procedural Rules, 21 Eur. Law Rev., 1996, 365, 374; Prechal, Community Law in National Courts: the Lessons from van Schijndel, in 35 Common. Market Law Rev., 1998, 681.

171 Rewe. Rewe.172 Palmisani, 10 luglio 1997, C-261/95, in Foro it., 1998, IV, c. 215, con nota di commento di Ricci.173 Balena, Le preclusioni istruttorie tra concentrazione del processo e ricerca della verità, in Studi

in onore di Punzi, Milano, 2008, I, 61-2; Jacobs, Enforcing Community Rights and Obligations in National Courts: Striking the Balance, in Remedies for Breach of EC Law, a cura di Lonbay e Biondi, Chichester/New York, 1997, 25 ss.

174 Grasso, Interpretazione della preclusione e nuovo processo civile in primo grado, in Scritti in onore di Elio Fazzalari, Milano, 2003, III, 6.

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Nella valutazione degli interessi in gioco la corte sembra aver ritenuto che il rigoroso rispetto delle preclusioni avrebbe disatteso l’esigenza di giustizia basata sulla migliore decisione della lite. L’approccio, così fortemente guidato dalla valutazione del caso concreto, sacrifica il primato del rigore giuridico (decisione «rule-oriented») sulla contingenza delle valutazioni d’opportunità (decisione «situation oriented»). Collocato in questo contesto, il richiamo dell’Avv. gen. Tizzano alla decisione case by case, sembra tradire la consapevolezza della criticità della decisione e l’intenzione di volerne limitare l’applicazione al singolo caso. Altro, infatti, è ampliare l’intervento del giudice, affermando che possa e debba intervenire per riequilibrare che la diseguaglianza tra il consumatore e il professionista175, altro è attribuirgli poteri che destabilizzano un intero impianto di principi (autonomia procedurale, certezza del diritto) e rischiano di trasformare il soggetto giudicante in parte176.

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Alla tutela del consumatore è inoltre dedicato un ampio capitolo delle politiche europee in materia di prove, che qui rilevano nel senso dei poteri istruttori riconosciuti al giudice.

In una recente statuizione, infatti, i poteri del giudice sono stati estesi fino a lambire il principio dispositivo (il quale, regola tradizionale di tutti i sistemi, postula che le parti abbiano il potere di disporre dei propri diritti, sia procedurali che sostanziali177), riconoscendo (non la semplice facoltà ma) l’obbligo per il giudice di condurre motu proprio delle indagini in caso l’abusività della clausola sia sospetta ma manchino gli elementi di fatto e di diritto necessari per accertarla178.

L’asimmetria processuale tra le parti e il rischio che il consumatore ignori i propri diritti o sia dissuaso dal farli valere a causa delle spese che un’azione giudiziaria comporterebbe179, giustifica l’attribuzione al giudice, tutte le volte che si trovi in una impasse valutativa, del potere di condurre indagini che, se gli fossero precluse, lo obbligherebbero ad una decisione sfavorevole al consumatore180.

175 CGCE 27 giugno 2000, C-240/98, cit., 27. CGCE 27 giugno 2000, C-240/98, cit., 27.176 Fadlallah e Baude-Texidor, L’office du juge en matière, cit., 751; sulla necessità che la Corte ef-

fettui un bilanciamento tra principio della certezza del diritto e quello dell’accesso alla giustizia (nel caso di specie, dei lavoratori) v. Bubsy, Only a Matter of Time, in MLR, 2001, spec. 490 ss.

Chi ritiene condivisibile l’impostazione della corte fa leva essenzialmente sul risultato ottenuto (la preferenza di questa soluzione rispetto all’inversa, che avrebbe consentito al professionista di at-tendere lo spirare del termine e approfittare delle clausole abusive, viene sostenuta da Paisant, La réglementation française ne peut pas empêcher le juge de relever le caractère abusif des clauses qui lui sont soumises à l'expiration du délai de forclusion, in JCP G, 2003, II 10082).

177 Jolowicz, On Civil Procedure, Cambridge, 2000, 78; Patti, Prove. Disposizioni generali, in Comm. Scia-loja e Branca, Bologna-Roma, 1987; Chiarloni, La sempli$cazione dei procedimenti probatori, in Riv. dir. civ., 1989, 737.

178 Sentenza 9 novembre 2010, C-317/08 Lizing Zrt , in Dalloz, 2011, 974, con osservazioni di Aubry, Poillot e Sauphanor-Brouillaud; in RTD eur., 2011, 173, con osservazioni di Coutron; in RDC, 2011, 504, con nota di Aubert de Vincelles. In argomento va anche sottolineata l’ordinanza del 10 novembre 2010 Causa C-76/10.

Nello speci-co il quesito rivolto al giudice europeo riguardava il signi-cato da attribuire all’espressione della sentenza Pannon «a partire dal momento in cui dispone degli elementi di fatto e di diritto» (punto 35), se cioè il rilievo d’u=cio si debba svolgere solo sulla base di quanto emerge dagli atti ovvero obblighi anche a ricercare gli elementi di fatto e di diritto necessari ai -ni della decisione.

179 Cofidis, 34, Mostaza, 29, Pannon, 30. Cofidis, 34, Mostaza, 29, Pannon, 30.180 Sul potenziamento dei poteri istruttori officiosi (e il suo raccordo con l’esigenza di imparzialità):

cfr. E. Fabiani, I poteri istruttori del giudice civile. I. Contributo al chiarimento del dibattito, Napoli-Roma, 2008, spec. 394 ss.

179Il Diritto processuale dei consumatori

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La pronuncia imposta la tematica come un problema di limiti che il principio dispositivo pone all’ufficio del giudice. Delle due opposte soluzioni, quella per cui l’applicazione del principio d’effettività non postula l’abbandono del principio dispositivo in luogo di quello inquisitorio181, e l’altra per la quale l’ampliamento delle incombenze del giudice è giustificato da esigenze di giustizia sostanziale, la Corte aveva tradizionalmente aderito alla prima.

In base alla ricostruzione tradizionale, infatti, la judicial passivity costituiva un limite insuperabile al rilievo d’ufficio182, e l’inerzia del giudice era considerata garanzia d’imparzialità, la quale sarebbe stata compromessa nel caso il giudicante si fosse pronunciato su prove da lui stesso introdotte e idonee ad inf luire sul giudizio finale di merito183.

Tuttavia, le rif lessioni sull’ampliamento dei poteri del giudice hanno coinvolto anche l’àmbito istruttorio, ammettendo la possibilità che il giudice partecipi, se necessario, alla ricostruzione dei fatti184 non solo per opzioni di natura ideologica185 ma anche tecnica, essendo acquisita la convinzione che il libero scontro delle parti non sempre consenta al giudicante di ricevere la informazioni sufficienti per l’accertamento della verità186.

La Corte, statuendo l’obbligo del giudice di adottare misure istruttorie al fine di esercitare il rilievo d’ufficio187, inverte dunque il proprio orientamento e si pone, almeno astrattamente, in un’ottica condivisibile, soprattutto perchè, in presenza di rapporti di forza squilibrati, l’applicazione del principio dispositivo puro rischierebbe di tramutare il processo in uno strumento di conseguimento di vantaggi ingiusti «piuttosto che la sede dove la parte che ha ragione, soprattutto se

181 Conclusioni Avv. generale, punto 115. Conclusioni Avv. generale, punto 115. 182 La giurisprudenza comunitaria ha sancito il limite del principio dispositivo al rilievo d’ufficio: sen-

tenze 14 dicembre 1995, cause riunite C-430/93 e C-431/93, van Schijndel e van Veen (Racc. pag. I-4705); in dottrina Lamoureux, L 'aménagement des pouvoirs du juge par les contractants, I, Mar-siglia, 2006, 193 ss.

183 Si parla di incompatibilità psicologica tra ricerca e decisione: Liebman, Fondamento del principio di-spositivo, in Id., Problemi del processo civile, Napoli, 1962, 13, impostazione che a sua volta postula un modello di processo inteso come espressione dell’autonomia privata, che relega il giudice ad un’assoluta dipendenza circa i mezzi di prova; sulla stessa linea di pensiero: Montesano, Le prove disponibili d’u&cio e l’imparzialità del giudice civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1978, 195; Verde, Norme inderogabili, 2188; Monteleone, Limiti alla prova d’u&cio nel processo civile (cenni di diritto comparato e sul diritto com-parato), in Riv. dir. proc., 2007, 863; da ultimo Ficcarelli, Esibizione di documenti e discovery, Milano, 2004, passim; in argomento, per un’articolata illustrazione delle posizioni dottrinarie italiane: Taruffo e Carratta, Dei poteri del giudice, cit., 455.

184 Miguet, Immutabilité et évolution du litige, LGDJ, 1977, n° 241 ; Guinchard, Ferrand, Chainais, Procédure civile, n° 677.

185 Il tema, infatti, sconfina in discussioni di teoria politica riguardanti il presunto grado di autorita-rietà dei regimi che attribuiscono poteri istruttori, contrapposta al liberismo che sarebbe sotteso alla figura di un giudice passivo, dando tuttavia luogo a slogans polemici privi di valore scientifico: v. l’a-nalitica ricostruzione del dibattito in Taruffo, Poteri probatori delle parti e del giudice in Europa, in Le prove nel processo civile, Milano, 2007, 74.

186 Jolowicz, Adversarial and Inquisitorial Models of Civil Procedure, in Int. Comp. L.Q., 2003, 2 ss.187 La sentenza, peraltro, si pone in contrasto anche con le conclusioni dell’avv. gen.

Mélanges Jean Beauchard180

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debole, possa trovare tutela188». Posto dunque, che, il tema dell’accrescimento dei poteri istruttori è risolto in senso positivo nella maggior parte degli ordinamenti (pur con differenti ampiezze, distinguendosi facoltà più o meno generalizzate189), va sottolineato che l’enunciata derogabilità del principio dispositivo da parte della Corte, a dispetto della sua apparente chiarezza, costituisce una formula generica che necessita di essere specificata (soprattutto relativamente al tipo di indagini che devono essere svolte) ma che, volendo anticipare le conclusioni cui si perverrà, sembra difficilmente conciliabile con alcuni principi fondamentali dell’ordinamento italiano, tanto proponendone una lettura estensiva, quanto restrittiva.

In base ad una lettura estensiva della sentenza, il giudice è obbligato ad un’istruttoria personale (tanto da evocare la figura del giudice istruttore190), in considerazione della necessità che egli debba sempre191 dare la prova della trattativa privata. Volendo in questa sede soprassedere sul (pur problematico) diverso atteggiarsi del rapporto tra trattativa individuale e vessatorietà sul piano italiano e su quello  europeo192 (che si ripercuote nella differente ripartizione dell’onere

188 Patti S., La disponibilità delle prove, in Quaderni della Riv. trim. dir. proc. civ., 2010, 75. 189 Il punto di vista comune ai vari ordinamenti è costituito dal tramonto del principio per cui il pro-

cesso giusto è quello svolto alla presenza di un giudice passivo e nel monopolio di tutti i poteri pro-batori alle parti; distinguendosi tuttavia sistemi che prevedono l’attribuzione di un dovere (Russia), più spesso di facoltà, che a loro volta possono essere codificate, ampie e generalizzate (Francia); più limitate (Germania) ovvero episodiche (Italia) o semplicemente, pur non previste espressamente, consentite dalla law in action (Inghilterra).

190 Avv. Gen. Punto 57. Avv. Gen. Punto 57. 191 «In tutti i casi e a prescindere dalle norme di diritto interno»: punto 51 sentenza. «In tutti i casi e a prescindere dalle norme di diritto interno»: punto 51 sentenza.192 Nella disciplina della Direttiva e in quella italiana il rapporto tra trattativa individuale e vessatorietà

è risolto in termini esattamente rovesciati (Chessa, La trattativa individuale, Torino, 2002, 33 ss.) giacchè nella Direttiva (art. 3.1), l’assenza di trattativa costituisce presupposto applicativo della disci-plina consumeristica (ed elemento costitutivo della vessatorietà, al pari dello squilibrio, escludendo l’unilateralità del contratto: Roppo e Napolitano, voce Clausole abusive, in Enc. Giur. Treccani, VI, Roma, 1994, 2; Roppo, La nuova disciplina delle clausole abusive nei contratti fra imprese e consu-matori, in Riv. dir. civ., 1994, I, 281 ss.; Giampieri, L’attuazione della direttiva sulle clausole abusive negli Stati dell’Unione europea, in questa Rivista, 1995, II, 570 ss.) mentre nel Codice del consumo lo svolgimento del negoziato individuale è il presupposto di esclusione della disciplina (Scarano, sub Art. 1469 ter, in Clausole vessatorie nei contratti del consumatore, a cura di Alpa e Patti, Milano, 2003, 612 ss.) cioè elemento impeditivo della vessatorietà (Fici, Dei contratti del consumatore, in Dei contratti in generale. Commentario del Codice civile, a cura di Navarretta e Orestano, Torino, 2011, IV, 814 e 827 ss.), anche se il contratto presentasse un significativo squilibrio (Cass., 26 settembre 2008, n. 24262, in F. it., 2008, I, c. 352, con nota di Pardolesi e Palmieri, Clausole vessatorie, ne-goziazione individuale, onere probatorio: di terre promesse ed imperialismo del «consumer law»). Va peraltro rilevato che la nozione di clausola non negoziata individualmente è tutt’ora oggetto di de-finizione problematica (Hesselink, Common Frame of Reference & Social Justice, in Eur. Rev.Contr. Law, 2008, 248 ss.) tanto che in àmbito comunitario si è registrato un contrasto di opinioni tra il gruppo di studio sull’Acquis communitaire e i redattori del DCFR (nei Principles of Existing EC Con-tract Law il sesto capitolo è dedicato ai Non negotiated terms (v. spec. art. 6:101, commi 1 e 2), mentre nel Draft of Common Frame of Reference esistono due artcoli, con versioni differenti, una più ristretta (art. II-9:404) e l’altra più ampia (art. II-9:405): la difficoltà di giungere ad una soluzione condivisa viene illustrata da Pfiffer, Non-Negotiated Terms, in Common Frame of Reference and Existing EC Contract Law, a cura di Schulze, Monaco, 2008, 117 ss.) che riguarda tanto una definizione condivi-sa di non negotiated term quanto l’àmbito di applicazione della disciplina -ponendosi la questione negli stessi termini che agitano la dottrina e la giurisprudenza italiane: se il giudizio di vessatorietà possa riguardare solo i contratti non negoziati (come avviene in Italia e nella maggior parte dei Paesi membri) o si possa estendere anche alle clausole negoziate (come avviene in Francia, invero con una soluzione intermedia nel senso che le clausole appartenenti alla lista nera naturalmente non posso essere oggetto di ulteriore vaglio giudiziale); in argomento v. Ebers, Pfeiffer, Art. 6:101-6:306 (Non-Negotiated Terms), in Principles of the Existing EC Contract Law (Acquis Principles), I, Pre-contrac-tual Obligations, Conclusion of Contract, Unfair Terms, Monaco 2007, 213 ss.

181Il Diritto processuale dei consumatori

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della prova)193 ciò che ai fini della ricostruzione del decisum rileva è non tanto l’individuazione del soggetto che abbia (o non abbia) assolto all’onere d’allegazione, quanto se allegazione ci sia stata.

È un dato acquisito, infatti, che la pur riconosciuta ammissibilità di alcuni poteri istruttori, è limitata alle indagini volte ad integrare quanto allegato ma non dimostrato dalle parti (semiplena probatio) mentre al giudice è vietato fondare la decisione su fatti diversi da quelli allegati dalle parti194. La differente ammissibilità delle indagini sulle prove e quelle sui fatti, (ossia integrative o suppletive195) è un dato condiviso in tutti i Paesi membri (con la limitata eccezione della Francia, di cui si dirà)196. Posto che la trattativa privata è una quaestio facti, che nessun riferimento ad essa sembra contenuto né nella decisione né nelle conclusioni dell’avv. Generale

193 Il differente atteggiarsi della negoziazione rispetto al prodursi della fattispecie, rileva sulla ripar-tizione dell’onere della prova: il consumatore che si voglia avvalere delle norme di favore della Dir. 93/13 dovrà fornire la prova dell’assenza di trattativa (art. 3.2) e cioè provare che, in un contratto di adesione, gli è stata preclusa qualsiasi inf luenza sul contenuto del contratto (posto che non ci sono clausole presuntivamente considerate vessatorie); mentre al professionista è permesso fornire la prova contraria e dimostrare che il contratto è stato negoziato (art. 3.4). Va peraltro sottolineato che secondo questo schema il consumatore si trova a dover dare la prova di un fatto negativo, nella fattispecie una proposizione negativa indefinita (dal momento che non è dimostrabile con una pro-posizione positiva opposta): la dimostrazione, allora, avverrà ricorrendo al ragionamento presunti-vo, spostandosi la prova su un fatto diverso, positivo, che rendeno probabile il fatto negativo (Patti, Delle prove in generale, cit., 55 ss.; e v. anche , dello stesso Autore, La presunzione di vessatorietà e altri aspetti di diritto delle prove (a proposito di trib. roma 21 gennaio 2000), in Nuova giur. civ. comm., 2000, spec. 516). Per ovviare a questi inconvenienti tecnici e pratici sia l’Acquis che il DCFR hanno previsto che l’onere della prova incomba sul professionista (Maugeri, Clausole non oggetto di tratta-tiva individuale: ambito di applicazione del sesto capitolo dei principi Acquis, in I «Princìpi» del diritto comunitario dei contratti. Acquis communautaire e diritto privato europeo, a cura di De Cristofaro, Torino, 2009, spec. 447 ss.). Al contrario, ai sensi del Codice del consumo, il consumatore dovrà for-nire solo la prova dell’abusività della clausola (laddove questa non rientri nella lista nera o grigia) e della predisposizione unilaterale del contratto, incombendo sempre sul professionista la prova della trattativa individuale allo scopo di poter applicare le norme del diritto comune (art. 34, comma 5, Cod. Cons.) anche se su questo aspetto si riscontrano opinioni divergenti in dottrina.

194 Per esigenze d’imparzialità del giudice e il rispetto del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato: artt. 2907 c.c., 99 e 112 c.p.c.

195 In Italia sintetizzata con la teoria della sceverazione, che ha scisso il principio dispositivo in due distinti principi, in senso sostanziale e in senso processuale: v. Cappelletti, La testimonianza della pare nel sistema dell’oralità, Milano, 1962, I, 303 e spec. 312-3 (la cui terminologia in realtà parla di principio dispositivo in senso materiale o proprio o in senso processuale o improprio) i quali sono oggetto di trattamenti giuridici differenti, essendo il primo derogabile e il secondo inderogabile (v. anche Cavallone, I poteri di iniziativa istruttoria del giudice civile, Milano, 1968, 6 ss.). La distin-zione tra principio dispositivo processuale e sostanziale si traduce nella circostanza per cui al giudice è concesso, in presenza di dubbi, integrare le situazioni processuali rientranti nella cd. zona grigia, compresa tra la mancata e la totale prova di quanto asserito (Pagliantini, op. cit., 307-8), rima-nendo, naturalmente, entro i limiti delle allegazioni delle parti (così come ricordato espressamente dall’Avv. Gen., punto 109 conclusioni; in Italia Menchini, Osservazioni critiche sul c.d. onere di alle-gazione dei fatti giuridici nel processo civile, in AA.VV., Studi in onore di Elio Fazzalari, III, Milano, 1993, 26 ss.; Poissonnier, La CJCE franchit …, cit., 2314 ss.

196 Avv. Gen., punto 109/110. Altro, infatti, è riconoscere che il giudice, avendo la responsabilità della decisione, non possa ri-

manere alla mercé delle informazioni altrui (Damaska, Diritto delle prove alla deriva, 133) e possa integrare le lacune probatorie delle parti, altro è consentirgli di ricercare prove nuove, violando la judicial passivity (Cappelletti, Iniziative probatorie…, cit., 144) il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art.112 c.p.c.), e dando origine ad un fenomeno di deprivatizzazione del diritto sostanziale (Cappelletti, Iniziative probatorie…, cit., 144) dal momento che il principio di-spositivo in senso sostanziale costituisce una manifestazione nel processo della natura disponibile dei rapporto sostanziali oggetto del giudizio (Carratta, Dei poteri…, cit, 26).

Mélanges Jean Beauchard182

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(nemmeno come fatto avventizio197), e che essa avendo valore, a seconda del contesto, di fatto costitutivo (ai sensi della Direttiva) o impeditivo (ai sensi della legislazione italiana) non può che assumere la veste di fatto principale198 (sui quali le indagini suppletive sono escluse mentre sono ammesse sui fatti secondari199, purchè emergano dal contraddittorio200) se ne deve dedurre che l’obbligo gravante sul giudice sia di disporre l’assunzione di prove su fatti nuovi e non allegati.

Intesa in questo senso, e nonostante le ragioni di giustizia sostanziale, la statuizione, ampliando il thema decidedum, violando il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e finendo col consentire al giudice di agire sulla base di intuizioni soggettive e scelte autoreferenziali201- non sembra godere di sufficiente legittimità laddove frutto di una semplice elaborazione giurisprudenziale, ma richiederebbe una specifica legittimazione normativa202.

Adottando un angolo prospettico riduzionista, si potrebbe ricostruire l’obbligo come implicitamente limitato all’attività integrativa del giudice, escludendosi qualsiasi indagine in cui egli supplisca all’inerzia delle parti. E tuttavia, anche la testi “riduzionista”, offre il fianco ad una critica seria difficilmente superabile.

Per quanto limitata a ridotte ipotesi pratiche203, la soluzione di questo dubbio, va inquadrata nella prospettiva più ampia del regime dei poteri officiosi riconosciuti al giudice in presenza di clausole abusive.

Se l’obbligo d’investigazione viene accordato per dotare il giudice dei mezzi necessari a svolgere il rilievo d'ufficio ed è dunque funzionale al rilievo d’ufficio stesso, dovrà essere assoggettato alla medesima disciplina: così come il rilievo officioso della nullità incontra il limite dell’interesse del consumatore, altrettanto anche le indagini officiose potranno essere svolte solo a vantaggio del consumatore ed essere inserite nel fascicolo solo previo placet di quest’ultimo (ossia in assenza

197 Buoncristiani, L’allegazione dei fatti nel processo civile: profili sistematici, Torino, 2001, 120 ss.198 Fatti, cioè, dotati di un grado di decisorietà che intesa come attitudine del fatto a produrre gli ef-

fetti giuridici di cui si chiede l’accertamento in giudizio (Taruffo, Studi sulla rilevanza della prova, cit., 25).

199 Ad esempio gli indizi o i fatti comportamentali: v. Comoglio Le prove civili, 4° ed., 2010, 106 nt. 340 ivi bibliografia; tali fatti, strumentali alla conoscenza dei fatti principali, sono estranei dunque al regime dell’art. 112 c.p.c (Carratta, Dei poteri del giudice, cit., 34 e 158 ss.).

200 Chizzini, Legitimation durch Verfahren. Il nuovo secondo comma dell’art. 101 c.p.c., in Giusto proc. civ., 2011, spec. 50 ss.

201 Marafioti, L’art. 507 c.p.p. al vaglio delle sezioni unite: un addio al processo accusatorio e all’ impar-zialità del giudice dibattimentale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1993, 829.

202 Avv. Gen. Avv. Gen. 203 Posto che nell’ordinamento italiano, vigendo la presunzione di vessatorietà (assoluta o relativa), le

ipotesi in cui le indagini officiose si rendono necessarie saranno residuali; che, nello specifico, della clausola attributiva della competenza il dubbio d’abusività verrà risolto dal giudice già in sede di verifica d’ufficio della propria competenza -emergendo che il foro in cui è incardinata la causa non è quello del domicilio del consumatore-, mentre per tutti gli altri tipi di clausole l’abusività verrà valutata alla luce della copia del contratto che, verosimilmente allegata, fornisce tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari (dato che, come avverte l’Avv. Gen., il contratto è la prova principale: punto 113 delle conclusioni); poste tutte queste premesse, si diceva, è possibile che vengano in rilievo degli «obblighi contrattuali di carattere sostanziale» (Avv. Gen., 113).

183Il Diritto processuale dei consumatori

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della sua opposizione), escludendo la possibilità di un’integrazione probatoria a favore del professionista.

Applicando il regime sopra descritto alla fattispecie concreta, bisognerebbe distinguere tra indagini a vantaggio dell’impresa204 e quelle a vantaggio del consumatore205, escludendo, per questioni di coerenza, l’ammissibilità delle prime e ammettendola per le seconde.

Questa ricostruzione, che presenta il pregio della coerenza interna e sistematica, si espone tuttavia ad una obiezione critica. Posto che in quasi tutti gli ordinamenti al giudice viene riconosciuto un certo margine di ricerca della prova, con altrettanta compattezza ad esso viene posto il limite della sua necessaria esplicazione nei confronti di entrambe le parti. Il potere d’ufficio, infatti, deve porsi come un’alternativa imparziale all’attività delle parti206, se pure una di esse sia svantaggiata. Esempio ne sia che anche nel sistema che più di altri potenzia i poteri istruttori207 consentendo al giudice di andare anche oltre le deduzioni delle parti208, l’attività può essere svolta solo nei confronti di entrambe le parti, ivi comprese le ipotesi di riti alternativi209.

La possibilità di un potere istruttorio relativo incontrerebbe, allora, il limite obbligato della terzietà del giudice210: se egli dovesse andare in soccorso di una parte (anziché dell’accertamento della verità211) comprometterebbe la parità di chances 204 Paradossalmente, saranno proprio le indagini volte provare la trattativa privata -finalizzate ad

escludere l’abusività della clausola e dunque a vantaggio dell’impresa- ad essere precluse al giudice. In questo passaggio (che si basa sul differente rapporto tra negoziazione privata e vessatorietà nel diritto italiano e in quello europeo) sembra racchiudersi uno lo snodo cruciale della sentenza. Come ricordato, nel diritto europeo la trattativa privata costituisce presupposto applicativo della direttiva, mentre offre profili di criticità in quello italiano.

205 L’intervento officioso volto a confermare l’abusività -finalizzato ad espungere la clausola e dunque a vantaggio del consumatore- sarebbe ammesso per evitare l’effetto paradossale di portare in giudizio una clausola (o, peggio, un’intera pattuizione) nulla della quale però, a causa della disponibilità delle prove, non si può far valere la nullità.

206 Comoglio, Le prove civili, cit., 145.207 La conferma più evidente che il principio dispositivo può subire compressioni è racchiusa nell’art.

10 c.p.c. francese per il quale «le juge a le pouvoir d'ordonner d'office toutes les mesures d' instruction légalement admissibles» (collocato significativamente tra i principes directeurs du proces: Cornu, Les principes directeurs du procès civil par eux-mêmes (Fragment d’un état des questions), in Mélanges Bellet, Paris, 1991, 83 ss.; Bolard, Les principes directeurs du procès civil: le droit positif depuis Mo-tulsky, in JCP, 1993, I, 3093 ss.), il giudice non deve essere sollecitato ma può ordinare una misura istruttoria di propria iniziativa (peraltro, i giudici francesi a conferma dell’inesistenza di un a rischio di deriva inquisitoria mostrano di ricorrere a quest’ipotesi raramente: Ferrand, The Respective Role of the Judge and the Parties in the Preparation of the Case in France, in The Reforms of Civil Procedure in Comparative Perspective, a cura di Trocker e Varano, Torino, 2005, 27 ss.; Cadiet-Jeuland, Droit judiciaire privé, Paris, 2004, 437 ss.

208 Pur col limite dell’approvazione della parte che intende avvantaggiarsi della prova introdotta in giudizio: Héron et Le Bars, Droit judiciaire privé, n° 261.

209 Ad esempio in Italia il problema è risolto aderendo a quelle elaborazioni le quali contestualizzano il Ad esempio in Italia il problema è risolto aderendo a quelle elaborazioni le quali contestualizzano il principio dispositivo nell’àmbito di un modello processuale che, governato dal principio della domanda di parte e delle relative allegazioni probatorie, consentono al giudice di a=ancarsi alle parti nella ricerca della prova, ma limitatamente alle circostanze che esse hanno allegato (dotandolo dunque di poteri in-tegrativi e mai sostitutivi nei confronti di entrambe le parti): M. Fabiani, Imparzialità del giudice civile, e&cienza del processo e prove o&ciose, in Corr. giur., 2010, 1096 ss.

Il tema, se svolto per esteso, scon-nerebbe in discussioni di teoria politica riguardanti il presunto gra-do di autoritarietà dei regimi che attribuiscono poteri istruttori, contrapposta al liberismo che sarebbe sotteso alla -gura di un giudice passivo, dando tuttavia luogo a slogans polemici privi di valore scienti-co: v. l’analitica ricostruzione del dibattito in Taruffo, Poteri probatori delle parti…

210 Comoglio, Le prove civili, Torino, 3°ed., 2010, 98.211 Fabiani, op. cit. , 1101.

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dei litiganti, favorendo l’uno in danno dell’altro212 ed incorrerebbe nella violazione dei principi del giusto processo, garantiti, sul piano europeo, dall’art. 6 Convenzione dei diritti dell’uomo e dall’art. 47 Carta europea213.

La prima lettura, dunque, pone un problema di deriva inquisitoria della Corte di giustizia che giunge ad intaccare il thema probandum214 mentre l’altra pone il problema di quanto lontano si possa spingere l’attivismo giudiziario consumer oriented senza conf liggere con la funzione di giudicante imparziale.

L’obbligo d’indagine officiosa non parrebbe dunque un principio che possa trovare facile accoglimento nel nostro, come in altri, ordinamenti e, come sottolineato dalla Commissione, avrebbe richiesto una specifica previsione normativa che ne sancisse la legittimità215.

Una volta appurata la difficoltà di individuare in concreto l’esatta linea di confine tra fisiologia e patologia dell’iniziativa ex officio, e nella verosimile consapevolezza della problematica ampiezza del decisum di Lizing, è la stessa Corte, in una sentenza immediatamente successiva, ad apportare un correttivo alla sua portata, ricollegandosi alla recente tendenza che enfatizza il ruolo garantistico del contraddittorio, riconoscendogli valenza di strumento di tutela non solo dalle difese avverse (garanzia del diritto di difesa) ma anche dalle valutazioni del giudicante (garanzia d’imparzialità del giudice)216. Una volta, dunque, che il giudice abbia raccolto gli elementi di fatto o di diritto che gli sono stati comunicati a seguito dell’istruttoria che ha adottato d’ufficio, esso «deve… informarne le parti… e invitarle a discuterne in contraddittorio»217. Calata nel contesto italiano, la decisione viene problematicamente compresa tra gli artt. 101 c.p.c., 2697 c.p.c. e 115 c.p.c.218. Posta l’inammissibilità d’indagini officiose, il giudice ben può indicare219 alle parti e suscitare un confronto dialettico su una questione rilevata d’ufficio che 212 Comoglio, Riforme processuali, cit., 60 ss. 213 Nel tentativo di restringere l’ambito di applicazione della decisione, alcuni hanno proposto di limitarne

l’impatto alle sole clausole giurisdizionali (quelle derogatorie della competenza e, per estensione, quelle compromissorie: questa è la ricostruzione proposta da F. Patti, Oltre il caso “Pannon”: poteri istruttori de giudice e tutela del consumatore, in I contratti, 2012, 120-1) in ragione della loro attinenza all’accesso alla giustizia e, in ultima istanza, al diritto di difesa (Tizzano, conclusioni Mostaza Claro, punti 47 e 55).

214 Contra Aubry, Poillot, Sauphanor-Brouillaud, Droit de la consommation, in Dalloz, 2011, 974 ss.215 Ancorché la decisione sia stata assunta dalla Grand Chambre, avrebbe portata limitata come solu-

zione del caso specifico: sull’incongruenza sistematica col contesto ordinamentale nel quale una de-cisione deve essere accettata e dunque sul concetto di integrity dell’interpretazione v., con ampiezza di vedute, Taruffo, Sui confini, cit., 208 ss.

216 La sentenza sembra proprio uno sviluppo logico della 368/10. Essa, muovendo dall’assunto che l’e.etti-vità della tutela giurisdizionale e il rispetto dell’art. 47 vengono garantiti dal rispetto del contraddittorio, soprattutto laddove il giudice debba decidere una controversie su un motivo rilevato d’u=cio (punto 29), sottolinea come il principio del contraddittorio costituisca infatti una delle condizioni connesse ad un processo equo, avendo la duplice valenza, cognitiva (prendere conoscenza dei documenti e delle osser-vazioni presentate dalla controparte) e dialettica (discutere i motivi rilevati dal giudice, sui quali intenda fondare la propria decisione (punto 30).

217 Punto 31 della sentenza.218 Pagliantini, L’interpretazione più favorevole per il consumatore…, cit., 303.219 Consiglio di Stato, Ad. Plen., 24 gennaio 2000, n. 1, in F. it., 2000, III, 307 ss. che equipara il rilievo

d’ufficio di cui discute l’art. 101, c2° comma all’indicazione d’ufficio alle parti.

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potrebbe porre a fondamento della propria decisione220. In questo angolo di visuale, il contraddittorio viene concepito come un metodo attraverso il quale il processo può approdare a decisioni, oltre che formalmente corrette, anche sostanzialmente condivisibili, poichè basate su quanto effettivamente dibattuto dai partecipanti221.

La centralità del contraddittorio si riannoda, in questo contesto, al judicial activism,   inteso come necessità di un giudice tutt'altro che inerte ma che solleciti le parti all'esercizio del loro potere di difesa, in funzione di garanzia della sua imparzialità e della qualità della decisione222 Una volta sollecitato il contraddittorio, le parti potranno, nelle proprie strategie difensive, avvalersi di elementi di diritto ma anche di fatto, laddove questo posto dinamicamente in rapporto con l’effetto giuridico richiesto223. Nel caso di specie, dunque, esse potranno anche allegare la prova della trattativa privata.

All’esito di questa rapida panoramica di indirizzi in materia allocazione dei poteri del giudice e prove, si possono svolgere due ordini di osservazioni: in primo luogo emerge con chiarezza l’assenza di un’unitaria politica europea nel diritto delle prove, il quale risulta piegato alla strategia delle singole politiche attuative del disegno d’integrazione224, dall’altro confermerebbe l’adesione della Corte di giustizia ad un approccio di situated decisionmaking, che, nel decidere sulla base delle caratteristiche del caso concreto (tramite l’adozione di decisioni situated, cioè che tengano conto del contesto) enfatizza sempre di più la convergenza tra caratteristiche di civil law (quanto al ruolo attivo del giudice) e di common law (quanto al parametro dell’effettività e all’approccio remediale) nel processo.

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In questo quadro in cui i poteri del giudice si ampliano o si restringono a seconda del rapporto negoziale cui su cui egli è chiamato a pronunciarsi, il richiamo al principio d’effettività, considerato sufficiente a giustificare la disapplicazione di norme interne 220 Il principio è cristallizzato in dottrina: pur con varietà di posizioni v. Denti, Questioni rilevabili

d'ufficio e contraddittorio, in R. dir. proc, 1968, 217 ss.; Cavallone, Oralità e disciplina delle prove nella riforma del processo civile, in R. dir. proc., 1984, 686 ss.; Chiarloni, Questioni rilevabili d'uf-ficio, diritto di difesa e «formalismo delle garanzie», in R. trim. d. proc. civ., 1987, 569 ss.; Buoncri-stiani, Il nuovo art. 101, comma 2°, c.p.c. Sul contraddittorio e sui rapporti tra parti e giudice, in R. dir. proc., 2010, 399 ss., spec. 400; Gamba, L’integrazione dell’art. 101 c.p.c., il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio e la «scommessa aperta» dell’ordinamento processuale, in Il processo civile riformato, diretto da Taruffo, Bologna, 2011, 65-179, spec. 65-69, 160-170; Mocci, Principio del con-traddittorio e non contestazione, in R. dir. proc., 2011, 316 ss.; Proto Pisani, Appunti su questioni rilevabili d’ufficio e principio del contraddittorio, in F. it., 2010, V, c. 301 ss.; Liuzzi, L’evoluzione del diritto processuale penale attraverso la progressiva affermazione del principio del contraddittorio - Eccezioni e resistenze della giurisprudenza alla (piena) attuazione del modello adversary, in R. pen., 2007, 193 ss.

221 Sommagio, Il contraddittorio come criterio di razionalità del processo, in Auditur et altera pars. Il contraddittorio fra principio e regola, a cura di Manzin e Puppo, Milano, 2008, 159.

222 Impostazione già proposta da Denti, Sistemi e riforme. Studi sulla giustizia civile, Bologna, 1999, spec. 178-180; per la dottrina odierna cfr. Taruffo, L’istruzione probatoria, in La prova nel proces-so civile, a cura di Taruffo, in Tratt. Cicu, Messineo, Mengoni, continuato da Schlesinger, Milano, 2012, 90 ss. 

223 Buoncristiani, ult. op. cit., 406. 224 Biavati, Il diritto delle prove nel quadro normativo dell’Unione europea, in Le prove nel processo

civile, cit, 117.

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fondamentali e affiancato dall’elaborazione di un sistema di presunzioni assolute sull’inettitudine processuale del consumatore (e segnatamente sulla scelta di clausole giurisdizionali -indifferente che sia costituito o contumace)225, consentirebbe al giudice di andare in soccorso del consumatore ben oltre le prerogative proprie di un organo giudicante, e ben oltre lo spirito che pure animerebbe il concetto di judicial activism. Parallelamente, inoltre, prenderebbe corpo una figura “ipertrofica” di consumatore, con un’enfatizzazione a dismisura della sua tutela.

A questo proposito un’ipotesi ricostruttiva suggerirebbe che la figura di consumatore medio, oggetto di approfondite rif lessioni in sede dottrinale226 e giurisprudenziale227 e ora recepita legislativamente228, trovasse accoglimento anche in campo processuale. Se si condivide, infatti, il postulato della reciproca complementarietà tra piano negoziale e processo, nel senso che le norme poste a presidio tanto del primo quanto del secondo sono volte a riequilibrare rapporti diseguali, sarà logica conseguenza che le due discipline lavorino sullo stesso modello soggettivo di riferimento. In linea con le tendenze in campo sostanziale, anche la dimensione giudiziale dovrebbe, con approccio liberale e non paternalista229, rifiutare scelte normative che consentano al consumatore di addossare al potere pubblico l’intera cura dei suoi interessi230, considerandolo «una persona dotata di un buon livello di istruzione e di capacità critica nelle decisioni».

L’adozione di un modello responsabilizzato di consumatore consentirebbe di: i) superare i limiti sistematici di una figura di parte debole frammentata e divaricata a seconda del contesto in cui viene collocata; ii) contenere eccessi di judicial activism ad opera della giurisprudenza e continuare a garantirne la neutralità231; iii) limitare una deriva eccessivamente garantista che produrrebbe un paradossale effetto boomerang finendo col danneggiare il soggetto che si intendeva proteggere. Le imprese, infatti, percependo la figura del giudice come un avversario, potrebbero essere dissuase dall’immissione sul mercato di nuovi prodotti per il rischio-processo cui nel caso andrebbero incontro232.

225 D’Alessandro, La Corte di giustizia sancisce il dovere, per il giudice, di rilevare d’ufficio l’ invalidità della clausola compromissoria stipulata tra il professionista ed il consumatore rimasto contumace nel processo arbitrale, in Riv. arb., 2009, 675.

226 Davis, Locating the Average Consumer: his Judicial Origins, Intellectual Inf luences and Current Role in European Trade Mark Law, in I.P.Q., 2005, 183 ss.; Anagnostaras, The Unfair Commercial Pratices Directive in Context: fro Legal Disparity to Legal Complexity?, in Common Market Law Rev., 2010, 147 ss.; Mak, Standards of Protection: in Search of the “Average Consumer” of EU Law in the Proposal for a Consumer Rights Directive, in Eur. Rev. Priv. Law, 2011, 25 ss. In Italia v., con ampiezza d’analisi: Zorzi Galgano, Il contratto di consumo e la libertà del consumatore, in Trattato di diritto commerciale e diritto pubblico dell’economia, dir. Galgano, Padova, 2012, vol 62, 1 ss.; v. inoltre , Luby, Commercialisation d'un produit cosmétique assorti de la dénomination « lifting ». Consomma-teur de référence. Notion, in RTD Com., 2000, 772 ss.

227 Cfr. Corte giust. Ce, 10 novembre 1982, C-261/81, Walter Rau Lebenmittelwerke; Corte giust. Ce, 18 Cfr. Corte giust. Ce, 10 novembre 1982, C-261/81, Walter Rau Lebenmittelwerke; Corte giust. Ce, 18 Corte giust. Ce, 18 maggio 1993, C-126/91, Yves Rocher; Corte giust. Ce, 6 luglio 1995, C-470/93, Mars; Corte giust. Ce, 16 luglio 1998, C-210/96, Gut Springenheide.

228 Direttiva n. 2005/29 relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno, che agli artt. Articoli 5(2)(b), 6(1), 7(1) e 8 delinea alcuni criteri per riconoscere il «consuma-tore medio» in relazione alle singole fattispecie.

229 Libertini, Clausole generale e disposizioni particolari nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette, in Contr. impr., 2009, spec. 103.

230 Libertini, op. cit., 110.231 Bolard, L’office du juge et le rôle des parties: entre arbitrage et laxisme, in JCP G, 2008, 156. 232 Fadlallah, Baude-Texidor, L’office du juge, cit.,

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Altre rif lessioni vanno poi svolte sul piano politico con riguardo al necessario bilanciamento tra il principio di effettività e la prevenzione della litigiosità233.

L’eccesso di garantismo, infatti, porta con sé lo spettro dell’abuso del processo, problema altrove già noto, dove le robuste tutele processuali del consumatore hanno esposto le imprese a legalized blackmail, tipici delle class actions ma non limitati solo ad esse234.

Essendo l’intervento comunitario nei rapporti interprivati e nel processo volto -non a ragioni di partenalismo né di amministrazione degli interessi di una parte ma- alla costituzione di un mercato unico, le rif lessioni devono tener conto della possibilità che anche i consumatori attuino comportamenti opportunistici, rischiosi tanto quanto quelli delle imprese235.

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L’effettività va inoltre collocata in un àmbito prospettico e culturale che tenga conto della dimensione collettiva dei conf litti. Una delle più vistose forme di adeguamento processuale alla specificità del rapporto sostanziale, infatti, è l’estensione della legittimazione ad agire e la conseguente ammissibilità di azioni collettive, che rif lettono un inedito passaggio dalla tradizionale titolarità individuale dell’azione ad una titolarità riconosciuta in capo ad enti che agiscono a tutela di interessi collettivi. Di conseguenza il prius logico prima ancora che giuridico è stato quello di sciogliere il nodo, tutt’altro che scontato, della legittimazione per gli enti collettivi.

Il tema della rilevanza degli interessi diffusi non è nuovo, ma lo è il suo recepimento normativo come regola generale di un intero settore di contrattazioni; in ogni caso lo schema di controllo delineato mantiene distinti i rimedi di tipo general-preventivo (che riguardano l’attività) e individual-successivo (che riguardano l’atto)236. 233 Duggan, Consumer Access to Justice in Commom Law Countries: a Survey of the Issues from a Law

and Economics Perspective, in International Perspectives on Consumers' Access to Justice, a cura di Rickett e Telfer, Cambridge, 2003, 46-67. Negli Stati uniti il problema della litigiosità dei consumatori e la relativa necessità di scoraggiarne comportamenti opportunistici costituisce oggetto di dibattito sin dagli anni ottanta; per un’inquadramento generale del problema v. Roach, Sossin, Law, Econo-mics And Public Policy: Essays In Honour Of Michael Trebilcock: V Social And Public Policy: Access To Justice And Beyond, in 60 Univ. of Toronto Law Journ., 2010, 373 che ripercorrono l’opera di Trebil-cock in tema di accesso alla giustizia dei consumatori, dal problemi delle barriere (anni ‘70) alla ri-cerca di strumenti giurisdizionali che migliorino l’effettività e l’efficienza del sistema legale (attuale).

234 Si vedano in argomento i classici saggi di Rosenberg, Class Actions for Mass Torts: Doing Individual Justice by Collective Means, in 62 Ind. Law Journ., 1987, 561 ; e Miller, Of Frankenstein Monsters and Shining Knights: Myth, Reality, and the «Class Action Problem», in 92 Harv. Law Rev., 1979, 664.

235 Va tuttavia dato atto di un orientamento dottrinale volto ad inquadrare i diritti dei consumatori nell’àm-bito della teoria dei diritto della personalità: Deutch, Are consumer rights human rights? in 32 Osgoode Hall Law Journ., 1994, 538 ss. In Italia, invece, la dottrina (soprattutto costituzionalistica) si interroga se la quali-cazione dei diritti dei consumatori come fondamentali ex art. 2 Cod. cons. implichi la loro ascrivi-bilità al ragno di diritti costituzionali ex art. 2 Cost. In letteratura, con varietà di posizioni, cfr. Modugno, I diritti dei consumatori: nuova “generazione” di diritti?, in Diritti dell’individuo e diritti dei consumatori, Atti del convegno svoltosi a Milano il 14 dicembre 2007, Milano, 2010, spec. 10 ss., che quali-ca i diritti dei consumatori come diritti di terza generazione (dopo i diritti politici e civili e i diritti sociali); Caretti, I diritti fondamentali, Torino, 2011, 546 ss.; mentre Pace, I diritti dei consumatori: nuova generazione di diritti?, in Dir. soc., 2010, 138 esclude che la prospettazione di diritti di nuova generazione possa rivestire una qualche utilità sistematica o classi-catoria.

236 Roppo, Contratti standard. Autonomia e controlli nella disciplina delle attività negoziali d’impresa, Mi-lano, 1975, spec. 128 e ss.

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Le scelte di policy si concentrano sul duplice versante della tipicità dell’azione esperita e dello standing dell’attore. Sul versante soggettivo si assiste ad una progressiva caratterizzazione della tutela in senso rigido e predefinito con il coinvolgimento quasi esclusivo del consumatore.

Sul piano collettivo gli strumenti per garantire l’effettività della tutela si sono tradotti in azioni che consentano a quanti più soggetti possibile di agire per conto di un gruppo. È noto, infatti, che nella fase iniziale di costituzione dell’Unione europea, le azioni inibitorie si sono accreditate come modello di governo delle controversie di massa237, facendo incentrare le rif lessioni sui rimedi preventivi, le modalità operative, l’ampiezza e la natura (speciale o generale) dell’azione inibitoria238. L’azione inibitoria, tuttavia, rivolta al futuro e incidente sul contratto, non sempre è idonea a tutelare adeguatamente i consumatori mentre la necessità di un risarcimento collettivo per una pluralità di danneggiati costituisce un assunto ormai pacifico nella letteratura, sia in punto di economia processuale e uniformità del giudicato239, sia di riduzione dei costi (di accesso alla e gestione della giustizia)240 che di better level of deterrence241. L’inidoneità dell’impianto tradizionale a garantire la piena effettività della tutela e la parallela necessità dell’aggregazione delle domande come rimedio all’inazione degli interessanti hanno fatto emergere l’opportunità che principio della

237 La dimensione collettiva dei conFitti viene parallelamente promossa anche dalla Comunità Europea, che, sin dalle prime Direttive (v. la Dir. 84/450, art. 4 in materia di pubblicità ingannevole; e la Dir. 93/13, art. 7 in materia di clausole abusive), prevedeva l’obbligo per gli Stati membri di introdurre forme di legittima-zione collettiva: Pagni, Tutela speci$ca e tutela per equivalente, Milano, 2004, passim.

238 Docekal, Kolba, Micklitz, Rott, The implementation of Directive 98/27/EC in the member states, Bamberg/Vienna, 2005.

239 Il rischio che una pluralità di inde-nita di pretese risarcitorie ingol- il sistema giudiziario si con-gu-ra soprattutto là dove l’entità individuale del danno è signi-cativa (nel caso inverso, ovvero di lesione contenuta, la giustizia individuale è estremamente disincentivata dai costi che si dovrebbero sostenere): Ferrarini, Giudici, Financial scandals and the role of private enfocerment: "e Parmalat case, in A'er Enron, a cura di Armour e McCahery, Oxford-Portland, 2006, 159.

240 Il rapporto tra la class action e la garanzia di accesso alla giustizia si esplica attraverso la riduzione delle asimmetrie degli investimenti tra le parti. La teoria che più compiutamente si è occupata dell’argomen-to (Galanter, Why the ‘Haves’ Come Out Ahead: Speculations on the Limits of Legal Change, in Law & Society, 1974, 95) divide i litiganti in parti abituali e parti occasionali: queste ultime sono coinvolte in un processo solo occasionalmente (e dispongono tendenzialmente di scarse risorse), mentre le pri-me reiteratamente (e hanno ingenti disponibilità -nanziarie). Le ragioni per cui le parti abituali hanno un notevole vantaggio processuale su quelle occasionali sono molteplici, sintetizzabili nelle circostanza che esse, in ragione delle dimensioni delle risorse, sono in grado di difendere adeguatamente i propri interessi, avvantaggiandosi delle economie di scala, godendo di «low start-up costs for any case» (pag. 98), nonché di «helpful informal relationships with institutional insiders»; ma soprattutto le parti abituali «adopt strategies calculated to maximize gain over a long series of cases, even where this involves the risk of maximum loss in some cases» (pag. 100). È dunque evidente che la parte abituale è disposta ad investire risorse superiori al valore della causa, al duplice scopo di assumere atteggiamenti processuali intimidatori nei confronti dei potenziali avversari, e evitare il formarsi di un giudicato contrario che costituirebbe un pericoloso precedente. L’aggregazione delle domande costituirebbe dunque un rimedio alla condizione della parte occasionale (sul punto si vedano Rosenberg, Mass Tort Class Actions: What Defendants Have and Plaiti#s Don’t, in 37 Harv. J. Legis., 2000, spec. 397 ; Kahan, "e Logic of Reciprocity: Trust, Collective Action, and Law, in Michigan Law Rev., 2003, 71.

241 Craswell, Deterrence and Damages: The Multiplier Principle and Its Alternatives, in 97 Michigan Law Rev., 1999, 2185.

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tutela individuale e successiva venisse ulteriormente disatteso, con l’introduzione dell’azione di classe242.

Sciolto il nodo della tutela collettiva sul piano dell’attività, rimaneva cioè scoperto il sindacato sull’atto243.

Attualmente, in una seconda fase, più matura, i legislatori hanno acquisito la consapevolezza che collocare la tutela ex ante al verificarsi del danno non avrebbe garantito appieno il consumatore.

La naturale evoluzione della tutela collettiva si sposta dunque sulla necessità del ristoro dei danni, non solo come dato ricollegabile alla contrattazione di massa e alla plurioffensività del danno, ma anche, ad indagare la questione in un’ottica più tecnica, in ragione della nuova funzione riconosciuta alla responsabilità civile244. La nuova frontiera della tutela collettiva, cioè, risente del dibattito intorno ai modelli e al ruolo del risarcimento, al quale viene ora assegnata, oltre alla funzione compensatoria che gli è propria, anche una funzione sanzionatoria e deterrente245. Allo stato attuale, infatti, gli sforzi dei sistemi più evoluti (nonché il portato, sul piano giuridico, della globalizzazione economica) sono incentrati sul garantire i vantaggi dell’economia di scala impedendo tuttavia le degenerazioni cui essa può dar luogo, sia in termini di danni ai consumatori che di pratiche abusive.

242 L’introduzione della class action obbedisce a ragioni giuridiche, sociologiche ed economiche: per un’analisi anche di efficienza del modello si veda Giussani, Mass torts e tutela giurisdizionale: mo-delli di azione giudiziaria collettiva a confronto sotto il profilo della efficienza economica, in Resp civ. e prev., 2002, 315. In letteratura v. Donzelli, L’azione di classe a tutela dei consumatori, Napoli, 2011; Cintioli, Galletto, Gitti, Giussani, Conte, Vigoriti, Futuro, giustizia, azione collettiva, mediazione, Torino, 2010.

243 La necessità di un controllo successivo e collettivo (già individuata da tempo: Vigoriti, Legittima-zione ad agire ed intervento nelle azioni collettive: proposte per una discussione, in Giust. civ., 1982, II, 421) è amplificata dalla scarsa diffusione delle azioni inibitorie, riconosciuta anche dai più strenui epigoni delle azioni inibitorie.

244 Van Boom e Loos, Effective Enforcement of Consumer Law in Europe: Synchronizing Private, Public, and Collective Mechanisms, in www.ssrn.com, gennaio 2008; Cafaggi e Micklitz, Administrative and Judicial Enforcement in Consumer Protection: The Way Forward, EUI WP LAW, 2009 e inserito anche nel volume Cafaggi e Micklitz (a cura di), New Frontiers of Consumer Protection: the Inter-play Between Private and Public Enforcement, Intersentia, 2009.

245 Al concetto della responsabilità civile come strumento idoneo a ridurre il tasso degli illeciti (già sviluppa-to da Olson Overdeterrence and the Problem of the Comparative Risk, in New Directions in Liability Law, New York, 42-53 (1988)) si è dedicata anche, oltre alle trattazioni ex professo (si vedano per tutti Monate-ri, La responsabilità civile, in Tratttato di diritto civile, diretto da Sacco, Utet, 1999), una massiccia lette-ratura in materia di private enforcement (Giudici, La responsabilità civile nel diritto dei mercati $nanziari, Milano, 2008, spec. 96 e 150; Cafaggi e Micklitz, Administrative and Judicial Enforcement in Consumer Protection: "e Way Forward, cit.; Maugeri, Violazione della disciplina antitrust e rimedi civilistici, Ed. It., 2006, 12 e ss.) che, nella parte espressamente focalizzata sull’e.etto di deterrenza è a sua volta debitrice alla dottrina dell’analisi economica del diritto: si veda in questo senso il discorso del Commissario Monti, Private litigation as a key complement to public enforcement of competition rules and the $rst conclusions on the implementation of the new merger regulation, che si può leggere al link: www.europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=SPEECH/04/403&format=DOC&aged=1&language=EN&guiLanguage=en; e anche Denozza e Toffoletti, Compensation function and deterrence e#ects of private actions for damages. "e case of antitrust damage suits, disponibile sul sito www.ssrn.com, marzo 2008. In argomen-In argomen-to si veda anche Poddighe, I «mass torts» nel sistema della responsabilità civile, Milano, 2008, spec. 113.

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L’aggregazione delle domande246, dunque, svolge i suoi effetti su un duplice piano, quello del risarcimento (riferito al consumatore), e quello della deterrenza (riferito al professionista)247 e tale duplice funzione costituisce la ragione dell’interesse comunitario per gli schemi di azione collettiva e dei numerosi e trasversali interventi tanto nel diritto dei contratti che in quello antitrust248.

In ordine al primo aspetto, la legittimità giuspolitica delle iniziative comunitarie viene riconosciuta nell’art. 10 Tr. CE e si ricollega alla seconda ondata del già menzionato movimento individuato da Cappelletti dell’access to justice249.

Sul piano, invece, della deterrenza, gli osservatori più problematici riconoscono nella legittimazione collettiva uno strumento di regolazione del mercato che «modifica gli incentivi e i comportamenti sia degli attori privati che di quelli istituzionali»250. L’attribuzione all’enforcement collettivo di una connotazione regolatoria non può prescindere inoltre da un consapevole approccio di analisi economica del diritto, particolarmente incentrato sulla sua componente behavioural251, sia per fornire una

246 Gli autori più accorti sottolineano che l’unica azione collettiva sia quella inibitoria: essa infatti, tendendo ad eliminare la stessa attività illecita produce inevitabilmente i suoi effetti anche verso chi è estraneo al processo: Nagareda, The Preexistence Principle and the Structure of the Class Action, in Columbia Law. Rev., , 2003, 149). La class action, invece, non è ascrivible all’ente che agisce per un diritto superindividuale ma, derivando dalla sommatoria dei singoli diritti dei consumatori, si occupa del piano di ristoro individuale (Pagni, Azione inibitoria delle associazioni e azione di classe risarcitoria: le forme di tutela del Codice del consumo tra illecito e danno, in An. giur. ec., 2008, 127).

247 I due aspetti sono rispettivamente diretti al consumatore e al professionista: Kahan, The discret ambition of deterrence, 113 Harvard Law Rev., 1999, 413-500.

248 In generale sul bisogno di collective redress: Van Boom e Loos, Effective Enforcement of Consumer Law in Europe…, cit.

Gli interventi comunitari sono tuttavia accompagnati da cautele e da un rifiuto di fondo per il mo-dello di class action all’americana, considerato foriero di rischiose degenerazioni: si veda il discorso «Healthy markets need effective redress» che il Commissario Kuneva ha tenuto a Lisbona il 10 no-vembre 2007 in occasione della Conference on Collective redress. Nel discorso (in cui il Commissario esordiva precisando «To those who have come all the way to Lisbon to hear the words «class action», let me be clear from the start: there will not be any. Not in Europe, not under my watch») venivano anche illustrati i benchmarks che dovrebbero informare il collective redress.

Lo scetticismo verso il fenomeno delle class actions deriva dalle degenerazioni della prassi cui si è ampiamente assistito negli Stati Uniti: si vedano in argomento i classici saggi di Rosenberg, Class Actions for Mass Torts: Doing Individual Justice by Collective Means, in Ind. Law Journ., 1987, 561 ; e Miller, Of Frankenstein Monsters and Shining Knights: Myth, Reality, and the «Class Action Pro-blem», in Harv. L. Rev., 1979, 664.

Tuttavia, l’idea che le azioni di classe introducano nell’ordinamento una sorta di legalized black-mail non è da tutti condivisa (Hay e Rosenberg, “Sweetheart” and “Blackmail” Settlements in Class Actions: Reality and Remedy, in Notre Dame L. Rev., 2000, 1377).

249 Cappelletti e Garth, Access to Justice: The Newest Wave in the Worldwide Movement to Make Rights Effective, in Buffalo L. Rev., 1978, 181. In generale sul tema delle tutele giurisdizionali si veda la raccolta degli atti del convegno svoltosi a Palermo nel 1987 su Processo e tecniche di attuazione dei diritti, a cura di Mazzamuto, Napoli, 1989 (ove, inoltre, una sezione significativamente dedicata a «Sistemi di enforcement e principio di effettività»).

250 Zoppini, Il diritto privato quale tecnica di regolazione del mercato, in Maugeri e Zoppini (a cura di), Funzioni del diritto privato e tecniche di regolazione del mercato, Atti del convegno svoltosi a Roma e a Catania, Bologna, 2011, 9.

Poiché, da una parte, il livello ottimale di deterrence si raggiunge quando l’impresa di espone al rischio di dover risarcire somme uguali o superiori a quelle risparmiate con la propria condotta negligente (Rosenberg, Decoupling deterrence and compensation functions in mass tort class actions for future loss, in Virginia L. Rev, 1988, 1871) e, dall’altra, l’esiguità del danno sofferto costituisce un disincentivo per il singolo a proporre l’azione i sistemi prevedono come correttivo l’innalzamento della sanzione imposta al danneggiante. È in questa prospettiva che i punitive damages diventano una parte irrinunciabile del sistema della class action (Cooter, Punitive damages for deterrence: when and how much?, 40 U. Alabama L. Rev, 1989, 1143 ; Polinsky e Shavell, Punitive damages: an eco-nomic analysis, in 111 Harward L. Rev., 1998, 869) ; Polinsky e Che, Decoupling Liability : Optimal Incentives for Care and Litigation, in RAND Journal of Economics, 1991, 562.

251 Wright, Behavioral Law and Economics, Paternalism, and Consumer Contracts: an Empirical Per-spective su ssrn.com, 2007; Bar-Gill e Epstein, Consumer Contracts: Behavioral Economics vs. Neo-classical Economics su ssrn.com, 2007.

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risposta al collective action problem252 sia per individuare gli strumenti giuridici idonei ad incidere, rafforzandola, sulla confidence del consumatore253.

Allo stato attuale la legislazione in materia di tutela collettiva254 consta di una Direttiva inibitorie (Dir. 2009/22/CE), un Libro bianco sulle azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie255 e un Libro verde sui mezzi di ricorso collettivi dei consumatori256.

Il materiale elencato suggerisce da sùbito una rif lessione preliminare sull’estensione dell’intervento comunitario all’ambito della procedura civile e dell’accesso alla giustizia; in secondo luogo consente di isolare i principi comuni che animano le varie iniziative comunitarie.

Premesso che il Libro bianco e quello verde hanno ambiti oggettivi e soggettivi differenti (e dunque non pongono problemi di coordinamento tra le discipline257), essi condividono (e sono attuazione di) un indirizzo di politica del diritto basato su due principi comuni: in primo luogo la maggiore estensione possibile della cerchia dei legittimati (nel tentativo di adattare in chiave collettiva il principio enunciato, per il piano individuale, dalla sentenza Courage258).

In seconda battuta, cioè nel merito della realizzazione delle istanze, esse testimoniano la rinuncia all’introduzione di una class action all’americana in favore

252 Il collective action problem è rappresentato dai comportamenti opportunistici degli appartenenti alla classe che sono inclini a rifiutare il ruolo di first mover in attesa che un altro soggetto intenti la causa, rischiando dunque una situazione di possibile stallo (si veda in argomento Kahan, The Logic Of Reciprocity: Trust, Collective Action And Law, in 43 Michigan Law Rev., 2003, 71.

253 Si ricordi infatti che le iniziative comunitarie non mancano di menzionare tra i propri obiettivi di rafforzare la fiducia dei consumatori: Poncibò, Some Thoughts on the Methodological Approach to Ec Consumer Law Reform, in Loy. Consumer Law Rev., 2009, 353 e ivi bibliografia.

254 A questo proposito va effettuata una preliminare distinzione tra i rimedi ex ante, oggetto di Diret-tive che creano obblighi in capo agli Stati membri, e i rimedi ex post che fin’ora non sono imposti da alcuna fonte comunitaria: Biavati, Le prospettive dell’azione civile risarcitoria nel diritto dell’Unione europea, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2008, 1373.

255 Del 2 aprile 2008, in materia di «azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme anti-trust comunitarie», COM(2008)0165.

256 Del 27 novembre 2008, COM(2008) 794, su cui si vedano Mattil e Desoutter, Le recours collectif européen. État de situation – Le recours collectif européen sous la perspective des droits communautaire et comparé, in Revue de Droit bancaire et financier, 2008, dossier 26; Vigoriti, A proposito del Libro Verde sulla tutela collettiva risarcitoria in Europa. Le prospettive italiane, in www.judicium.it.

257 Considerato che i due Libri regolano ambiti differenti, non sembrano verificarsi sovrapposizioni né relativamente alle attività né ai soggetti. Mentre il libro Verde, infatti, è indirizzato esclusivamente ai consumatori, le azioni collettive del Libro Bianco riguardano tanto i consumatori quanto le impre-se. Differente è anche la natura delle azioni previste: il Libro bianco propone misure estremamente precise (risarcimento del danno dell’intesa e azioni strutturate secondo un sistema opt-in; in merito alla tipologia di azioni si propone l’adozione di due meccanismi che si completino reciprocamente: le representative actions, azionabili solo da soggetti predefiniti, e le group litigation in cui chiunque è abilitato a ad agire a seguito dell’illecito) mentre il Libro verde, essendo ad uno stadio di rif lessione anteriore, illustra diverse soluzioni di lavoro su cui dibattere, dall’ipotesi estrema di rinunciare a qualsiasi azione, a quella di una cooperazione tra gli Stati membri volta ad introdurre meccanismi di ricorso collettivi di cui certi consumatori possano disporre; ad una combinazione di strumenti volti a rinforzare i mezzi di ricorso dei consumatori fino all’istituzione di un meccanismo giudiziario di ricorso collettivo comune in tutti gli Stati membri.

258 Il Libro bianco ricollega la legittimazione direttamente al «diritto delle vittime al risarcimento del danno è garantito dal diritto comunitario».

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di un modello europeo, di modo che in UE non si discute più di azioni di gruppo ma di ricorso collettivo riguardante l’azione dei consumatori259.

Le considerazioni svolte non trascurano la circostanza che il Libro bianco si trovi, in quanto tale, ad uno stadio di elaborazione più maturo rispetto a quello verde, che necessita per la sua definizione di ulteriori consultazioni. Tuttavia, non si può far a meno di notare che la doverosa considerazione del richiamo agli artt. 81 e 82 Tr. CE e della necessità di un criterio minimo di uniformità con le scelte del Libro bianco, deporrebbero per l’adozione di un modello di standing esteso. Va anche sottolineato che se la duplicità dell’intervento dovesse dare origine a due azioni diversamente articolate, si porrebbero problemi non solo di ulteriore frammentazione dei riti (laddove i suggerimenti della più accorta dottrina processualistica raccomandano di evitare la molteplicità di azioni settoriali in favore di un modello unitario ma f lessibile di processo) ma anche di coordinamento tra differenti meccanismi di enforcement riguardanti il consumatore260.

Quest’ultima rif lessione introduce un altro tema circa il beneficiario della tutela. Tanto a livello comunitario che interno il legislatore ha optato per un modello ad applicazione settoriale, delineando l’ambito della tutela non tanto in ragione della struttura plurioffensiva del danno (che di per sé avrebbe caratteristiche tali da giustificare un trattamento speciale) quanto del soggetto leso261. La scelta non è banale, considerato che i mass torts262 non colpiscono solo i consumatori e al contrario si producono con intensità e gravità anche in numerosi altri settori. È del tutto superf luo sottolineare che tale tipo di approccio non riposa su ragioni politiche di stampo paternalista, ma piuttosto sul conseguimento di obiettivi di politica del diritto e di strutturazione del mercato 263. Considerato, cioè, lo stretto legame tra concorrenza e contratto, le iniziative sulle azioni collettive sono ascrivibili alla politica europea della concorrenza. Una lettura unitaria del materiale menzionato porta ad individuare alcuni principi o tendenze condivisi:

si configura una “legittimazione europea”, con l’estensione della cerchia dei legittimati.

259 The Yearbook of Consumer Law, 2008, 462; Eilmansberger, The green paper on damages actions for breach of the EC antitrust rules and beyond: Ref lections on the utility and feasibility of stimulat-ing private enforcement through legislative action, in Common Market Law Rev., 2007, 431; Hodges, Competition enforcement, regulation and civil justice: What is the case? in Common Market Law Rev., 2006, 138; Hodges, Reform class and representative actions in Europe: A new approach to collective redress, Oxford, 2008; Micklitz e Stadler, The development of collective legal actions in Europe, especially in German civil procedure, in Eur. Bus. Law Rev., 2006, 1473; Reich, Horizontal liability in EC law: Hybridisation of remedies for compensation in case of breaches of EC rights, in Common Market Law Review, 2007, 705; Stuyck, Commission study on alternative means of consumer redress other than redress through ordinary judicial proceeding, Leuven, 2007.

Il Libro verde specifica di occuparsi solo di cause transfrontaliere. L’autolimitazione costituisce tut-tavia di una sorta di atto dovuto, poiché formalmente la Commissione non si può occupare del diritto interno degli Stati membri ma è di tutta evidenza che l’intento da essa perseguito è di sollecitare gli Stati membri all’adozione al proprio interno di azioni collettive (Vigoriti, op. cit., § I).

260 Biavati, Is Flexibility a Way to the Harmonization of Civil Procedural Law in Europe ?, in Carpi e M.A. Lupoi (a cura di), Essays on Transnational and Comparative Civil Procedure, Torino, 2001, 85 e ss.

261 Va sottolineato che, mentre nel Libro bianco la specificità della normativa antitrust richiede neces-sariamente l’estensione delle legittimazione anche alle imprese, il Libro verde sottolinea l’esclusione dal proprio ambito applicativo anche delle piccole e medie imprese (pag. 4).

262 Vi è anzi un’ampia varietà di tipologie: Taruffo, La tutela collettiva: interessi in gioco ed esperienze a confronto, in Belli (a cura di), Le azioni collettive in Italia. Profili teorici e applicativi, Padova, 2007, spec. 14, e in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2007, 529.

263 Sulla dicotomia tra ruolo dello Stato e funzione del processo Damaška, The Faces of Justice and State Authority, Yale University Press, 1986, spec. 127 e ss.

193Il Diritto processuale dei consumatori

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preferenza per un sistema di opt-in: l’appartenenza di un soggetto alla classe si basa sull’ingresso volontario264;la circostanza che rimanga sempre salvo il diritto di azione individuale;

Dei tre punti elencati, il primo richiede alcune precisazioni. È un’osservazione frequentemente ripetuta che il modello fin’ora invalso (sia nei singoli Stati membri che nell’Unione) sia per l’autorizzazione solo ad associazioni riconosciute in via amministrativa (Verbandsklange265)266. Le ragioni alla base di tale preferenza vengono comunemente indicate nella garanzia di maggior professionalità di associazioni che abbiano superato un vaglio preventivo, nella maggiore affidabilità finanziaria (con riguardo alle notevoli spese processuali) e nel contenimento dell’attività manageriale degli avvocati267. È stato tuttavia dimostrato che la validità di questi assunti si arresta al piano del mero proclama, mentre nell’applicazione concreta i loro risultati sono ben lontani da quelli del modello astratto.

Va, inoltre, segnalato il probabile avvio di un orientamento di segno inverso: Spagna, Italia e anche, in modo più prudente, il Libro bianco propongono un sistema di legittimazione aperto a chiunque. Quando, infatti, il Libro bianco suggerisce di combinare due meccanismi complementari dei quali uno (group litigation) legittima ad agire anche il singolo, implicitamente richiede che i singoli sistemi nazionali si aprano a forme di legittimazione sganciate da vagli amministrativi.

Questo passaggio (che, come accennato, costituisce un’evoluzione in chiave collettiva dell’orientamento comunitario espresso nella sentenza Courage268) segna, per quanto riguarda l’Italia, il superamento dell’impostazione tradizionale secondo cui i centri di imputazione degli interessi collettivi devono essere individuati dalla legge (direttamente o indirettamente). La nuova linea di politica legislativa si fonda sull’acquisita consapevolezza dell’indissolubile legame tra efficacia dell’enforcement 264 Si veda subito Stuyck, Class Actions in Europe? To Opt-in or to Opt-out, in Eur. Bus. Law Rev., 2009,

483. È noto, infatti, che l’adesione alla classe possa avvenire tramite due meccanismi opposti, quello dell’autoinclusione (c.d. opt-in) - previsto nel nostro ordinamento- o quello dell’autoesclusione, in base al quale il giudicato copre tutti, ad eccezione di chi comunica di volersene sottrarre (c.d. op-out).

La scelta dell’opt-out, accolta dall’ordinamento americano, si giustifica in genere col passivismo del consumatore ed è funzionale a coinvolgere il maggior numero di danneggiati. L’apatia razionale del singolo, peraltro, sarebbe giustificata anche dalle dinamiche parte abituale/parte occasionale (Gius-sani, Studi sulle «class actions»,..., cit., 167 e v. infra nt. 86) tali da scoraggiare le iniziative individuali anche quando manifestamente fondate.

265 Si veda Giussani, The «Verbandsklage» and the class action: two models for collective litigation, in Storme (a cura di), Procedural laws in Europe towards harmonization, Maklu, 2003, 389-402; Giu-dici, op. cit., 146 e ss.

266 Cafaggi e Micklitz, in Collective Enforcement of Consumer Law: A Framework for Comparative Assessment, in Eur. Priv. Law Rev., 2008, 417 ; Harbour e Shelley, The Emerging European Class Action: Expanding Multi-Party Litigation to a Shrinking World, 18 Prac. Litigator 23, (July 2007); sul fronte italiano Carratta, L’abilitazione all’esercizio dell’azione collettiva, in Riv. dir. proc., 2009, 315 e ss.

267 Issacharoff e Miller, Will Aggregate Litigation Come to Europe?, in Vand.L. Rev. 2009, 179. 268 Sentenza CGCE 20 settembre 2001, causa C-453/99 (pubblicata tra le altre riviste anche in Foro it.,

2002, IV, 75, con note di Palmieri e Pardolesi, Intesa illecita e risarcimento a favore di una parte: «chi è causa del suo mal... si lagni e chieda i danni») recentemente confermata dalla sentenza Man-fredi (13 luglio 2006, C-295-04, in Danno e resp., 2007, 19, con note di Afferni, Il risarcimento del danno per violazione del diritto antitrust comunitario: competenza, danno risarcibile e prescrizione e di Carpagnano, Prove tecniche di private enforcement del diritto comunitario della concorrenza).

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e ampiezza della legittimazione, tale per cui l’esiguità dei soggetti legittimati costituisce un ostacolo all’effettività della tutela269.

La naturale evoluzione della tutela collettiva si è inoltre spostata sulla necessità del ristoro dei danni, non solo come dato ricollegabile alla contrattazione di massa e alla plurioffensività del danno, ma anche, ad indagare la questione in un’ottica più tecnica, in ragione della nuova funzione riconosciuta alla responsabilità civile270.

La nuova frontiera della tutela collettiva, cioè, risente del dibattito intorno ai modelli e al ruolo del risarcimento, al quale viene ora assegnata, oltre alla funzione compensatoria che gli è propria, anche una funzione sanzionatoria e deterrente. Allo stato attuale, infatti, gli sforzi dei sistemi più evoluti (nonché il portato, sul piano giuridico, della globalizzazione economica) sono incentrati sul garantire i vantaggi dell’economia di scala impedendo tuttavia le degenerazioni cui essa può dar luogo, sia in termini di danni ai consumatori che di pratiche abusive. L’aggregazione delle domande, dunque, svolge i suoi effetti su un duplice piano, quello del risarcimento (riferito al consumatore) e quello della deterrenza.

Sul piano della dimensione collettiva, comparando il Libro verde sull’accesso dei consumatori alla giustizia del 1993 con il Libro bianco sul private enforcement (passando per un significativo contributo giurisprudenziale quale la sentenza Courage) assistiamo ad una traiettoria evolutiva che, nel segno del principio dell’effettività, tende ad un’ampliamento della schiera dei legittimati (dapprima a livello individuale: v. Courage) e a favorire l’aggregazione della domande giudiziali. In questo àmbito, la maturità delle rif lessioni sembra maggiore in Europa e in Italia, mentre in Francia la tematica del private enforcement viene indagata con minor interesse ed escludendone la prospettiva consumeristica, quando invece l’inf luenza tra i due àmbiti è reciproca e profonda, assistendosi da un lato alla privatizzazione del diritto antitrust e, dall’altra, al ruolo di questo come fattore d’evoluzione del diritto dei consumi.

269 Coffee, Understanding the Plaintiff ’s Attorney: the Implication of Economic Theory for Private En-forcement of Law through Class and Derivative Actions, in Columbia Law Rev., 1986, 682. In assenza di una pre-attribuzione legale ad associazioni «istituzionali» il problema si posta sui parametri con i quali valutare la sussistenza di un interesse legittimante.

270 Cafaggi e Micklitz, Collective Enforcement of Consumer Law: A Framework for Comparative As-sessment, in Eur. Rev. Private Law, 2008, 391.