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IL CODICE DOGANALE COMUNITARIO 1. Reg. CEE 12 ottobre 1992, n. 2913. Istituzione del codice doganale comunitario (Gazzetta Ufficiale C.E. n. L 302 del 19 ottobre 1992) ( 1 ). IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità econo- mica europea, in particolare gli articoli 28, 100 A e 113, vista la proposta della Commissione, in cooperazione con il Parlamento europeo, visto il parere del Comitato economico e sociale, considerando che la Comunità si fonda sull’unione doganale; che, nell’interesse sia degli operatori eco- nomici della Comunità sia delle amministrazioni delle dogane, occorre riunire in un codice le disposizioni del diritto doganale attualmente disperse in un gran numero di regolamenti e direttive comunitarie; che questo compito è particolarmente importante in vista del mercato interno; considerando che il codice doganale comunitario (di seguito denominato «il codice») deve recepire l’attuale normativa doganale; che occorre tuttavia apportare talune modifiche a questa normativa per renderla più coerente e semplificarla, colmando quelle lacune ancora esistenti, per adottare una normativa comunitaria completa; considerando che, partendo dal principio di un mercato interno esteso a tutta la Comunità, il codice deve contenere le norme e le procedure di carattere generale che garantiscono l’applicazione delle misu- re tariffarie e delle altre misure instaurate sul piano comunitario per gli scambi di merci tra la Comunità e i paesi terzi, comprese le misure di politica agricola e di politica commerciale comune, tenendo conto delle esigenze di queste politiche comuni; considerando che è opportuno precisare che il presente codice lascia le disposizioni particolari stabi- lite in altri settori; che tali norme particolari possono sussistere o essere istituite nel quadro della normativa agricola, statistica o di politica commerciale e delle risorse proprie; considerando che per garantire il giusto equilibrio tra il compito istituzionale dell’amministrazione doga- nale di provvedere all’ordinata applicazione della nor- mativa doganale e il diritto degli operatori economici ad un equo trattamento, devono essere in particolare previste ampie possibilità di controllo da parte di tali amministratori e la possibilità per gli operatori interes- sati di ricorrere contro le loro decisioni; che l’attuazione di un sistema di ricorsi doganali richiederà da parte del Regno Unito l’introduzione di nuove procedure amministrative le quali non potranno essere applicate anteriormente al 1° gennaio 1995; considerando che, tenuto conto della grande im- portanza che il commercio esterno ha per la Comunità, occorre sopprimere o per lo meno limitare, per quanto possibile, le formalità e i controlli doganali; considerando che occorre garantire l’uniforme ap- plicazione del codice e prevedere, a tal fine, una proce- dura comunitaria che permetta di stabilirne le moda- lità di applicazione in termini appropriati; che occorre istituire un comitato del codice doganale per garantire in tale settore una stretta ed efficace collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione; considerando che, in sede di adozione delle dispo- sizioni di applicazione del presente codice, conviene badare, per quanto possibile, a prevenire qualsiasi frode o irregolarità suscettibile di arrecare pregiudizio al bilancio generale delle Comunità europee, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Titolo I Disposizioni generali Capitolo I Campo d’applicazione e definizione di base 1. [La normativa doganale è costituita dal presente co- dice e dalle disposizioni di applicazione adottate a li- vello comunitario o nazionale. Il codice si applica, fatte salve, le disposizioni specifiche adottate in altri settori: — agli scambi tra la Comunità e i Paesi terzi; COM_610_DoganaleComunitario_1_2014.indb 39 4-12-2014 12:01:39

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IL CODICE DOGANALE COMUNITARIO

1.

Reg. CEE 12 ottobre 1992, n. 2913. Istituzione del codice doganale comunitario (Gazzetta Ufficiale C.E. n. L 302 del 19 ottobre 1992) (1).

IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità econo-mica europea, in particolare gli articoli 28, 100 A e 113,

vista la proposta della Commissione,in cooperazione con il Parlamento europeo,visto il parere del Comitato economico e sociale,considerando che la Comunità si fonda sull’unione

doganale; che, nell’interesse sia degli operatori eco-nomici della Comunità sia delle amministrazioni delle dogane, occorre riunire in un codice le disposizioni del diritto doganale attualmente disperse in un gran numero di regolamenti e direttive comunitarie; che questo compito è particolarmente importante in vista del mercato interno;

considerando che il codice doganale comunitario (di seguito denominato «il codice») deve recepire l’attuale normativa doganale; che occorre tuttavia apportare talune modifiche a questa normativa per renderla più coerente e semplificarla, colmando quelle lacune ancora esistenti, per adottare una normativa comunitaria completa;

considerando che, partendo dal principio di un mercato interno esteso a tutta la Comunità, il codice deve contenere le norme e le procedure di carattere generale che garantiscono l’applicazione delle misu-re tariffarie e delle altre misure instaurate sul piano comunitario per gli scambi di merci tra la Comunità e i paesi terzi, comprese le misure di politica agricola e di politica commerciale comune, tenendo conto delle esigenze di queste politiche comuni;

considerando che è opportuno precisare che il presente codice lascia le disposizioni particolari stabi-lite in altri settori; che tali norme particolari possono sussistere o essere istituite nel quadro della normativa agricola, statistica o di politica commerciale e delle risorse proprie;

considerando che per garantire il giusto equilibrio tra il compito istituzionale dell’amministrazione doga-nale di provvedere all’ordinata applicazione della nor-mativa doganale e il diritto degli operatori economici ad un equo trattamento, devono essere in particolare previste ampie possibilità di controllo da parte di tali amministratori e la possibilità per gli operatori interes-sati di ricorrere contro le loro decisioni; che l’attuazione di un sistema di ricorsi doganali richiederà da parte del Regno Unito l’introduzione di nuove procedure amministrative le quali non potranno essere applicate anteriormente al 1° gennaio 1995;

considerando che, tenuto conto della grande im-portanza che il commercio esterno ha per la Comunità, occorre sopprimere o per lo meno limitare, per quanto possibile, le formalità e i controlli doganali;

considerando che occorre garantire l’uniforme ap-plicazione del codice e prevedere, a tal fine, una proce-dura comunitaria che permetta di stabilirne le moda-lità di applicazione in termini appropriati; che occorre istituire un comitato del codice doganale per garantire in tale settore una stretta ed efficace collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione;

considerando che, in sede di adozione delle dispo-sizioni di applicazione del presente codice, conviene badare, per quanto possibile, a prevenire qualsiasi frode o irregolarità suscettibile di arrecare pregiudizio al bilancio generale delle Comunità europee,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Titolo IDisposizioni generali

Capitolo ICampo d’applicazione e definizione di base

1. [La normativa doganale è costituita dal presente co-dice e dalle disposizioni di applicazione adottate a li-vello comunitario o nazionale. Il codice si applica, fatte salve, le disposizioni specifiche adottate in altri settori:

— agli scambi tra la Comunità e i Paesi terzi;

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40il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 2

— alle merci contemplate da uno dei trattati che istutiscono, rispettivamente, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, la Comunità economica europea e la Comunità europea dell’energia atomica].

In base all’art. 28 TFUE, “l’Unione comprende un’unione doganale che si estende al complesso degli scambi di merci e comporta il divieto, fra gli Stati membri, dei dazi doganali all’importazione o all’esportazione e di qualsiasi tassa di effetto equivalente, come pure l’adozione di una tariffa doganale comune nei loro rapporti con gli Stati terzi”. Pertanto, a partire dal 1968, l’Unione do-ganale ha costituito uno dei pilastri fondamentali per il funzionamento del mercato unico europeo. Nel quadro della realizzazione di detto mercato unico, nel 1993 l’Unione ha dato sistemazione all’intera materia adottando il codice doganale comunitario (Reg.to (CEE) n. 2913/92, d’ora in avanti CDC, e le relative disposizioni di attuazio-ne – Reg.to (CEE) n. 2454/93 c.d. DAC). Accanto alle predette normative, vi sono disposizioni specifiche relative all’applicazione dei diritti di proprietà industriale (Reg.to (CE) n. 1383/03); ai precursori delle droghe, ai beni culturali (Reg.to (CE) n. 116/09; ai controlli sul denaro contante (Reg.to (CE) n.1189/05) la cui applicazione è demandata alle Autorità doganali nazionali. Nel 2003 è stato avviato un vasto processo di moder-nizzazione della legislazione e delle procedure doganali che ha previsto il rafforzamento del ruolo delle dogane nel garantire la sicurezza delle frontiere esterne, la razionalizzazione del qua-dro giuridico, una maggiore standardizzazione delle norme doganali e della loro attuazione, la semplificazione delle procedure doganali e l’informatizzazione di tutte le dichiarazioni e gli scambi di dati. Nell’ottica di una maggiore sem-plificazione e modernizzazione, nel 2008 è stato adottato il Codice doganale aggiornato (Reg.to (CE) 450/08) successivamente abrogato e refuso nel Reg.to (UE) n. 952/13. Sebbene quest’ultimo sia entrato già in vigore il 30-10-2013, non potrà essere applicato sino all’1-5-2016, data entro cui, si presume, dovranno essere adottate le relative disposizioni di attuazione. Pertanto sino al 30-4-2016 si applicherà il Reg.to (CEE) n. 2913/92 e il Reg.to (CEE) n. 2454/93 oggetto di questo commento. L’unione doganale è materia di com-petenza esclusiva dell’UE (art. 3 TFUE); inoltre, “l’applicazione delle pertinenti disposizioni del Trattato non è subordinata ad alcuna condizione: esse sono quindi direttamente efficaci negli Stati membri ed invocabili dagli interessati dinanzi alle

giurisdizioni nazionali” (Corte di Giustizia, 5 feb-braio 1963, Van Gend en Loos, causa 26/62, Racc. p. 3 ed in dottrina v. Adam, Tizzano, Manuale di diritto dell’Unione europea, Torino, 2014, p. 458).

2. [1. Salvo disposizioni contrarie stabilite da conven-zioni internazionali o da prassi consuetudinarie di por-tata geografica ed economica limitata o da provvedi-menti comunitari autonomi, la normativa doganale comunitaria si applica in modo uniforme in tutto il ter-ritorio doganale della Comunità.

2. Talune disposizioni della normativa doganale possono essere applicate anche al di fuori del territorio doganale della Comunità in forza di normative specifi-che o di convenzioni internazionali].

Si ripropongono in quest’articolo due caratte-ristiche fondamentali del diritto UE:

- L’efficacia diretta delle disposizioni dei Trat-tati e di alcune norme di diritto derivato. Intro-dotto dalla Corte di giustizia con la già richiamata sentenza Van Gend & Loos del 5 febbraio 1963, consente ai singoli di invocare direttamente il diritto dell’Unione europea dinanzi ai tribunali, eventualmente anche a prescindere dall’esistenza di atti normativi di diritto nazionale. Per quanto riguarda il diritto primario, ossia i testi fondanti dell’ordinamento giuridico europeo, la Corte di giustizia ha sancito il principio dell’efficacia diretta, subordinandolo tuttavia alla condizione che gli obblighi siano precisi, chiari e incondi-zionati e non richiedano misure complementari di carattere nazionale o europeo. Il principio del-l’efficacia diretta riguarda anche gli atti di diritto derivato, ossia adottati dalle istituzioni sulla base dei trattati istitutivi. Tuttavia, la portata dell’effi-cacia diretta varia secondo il tipo di atto:

a) I regolamenti possiedono efficacia diretta. L’articolo 288 TFUE precisa infatti che i regola-menti sono direttamente applicabili negli Stati membri e quindi, come tali, non necessitano, salvo eccezioni, di alcuna misura di recepimento o di applicazione nazionale;

b) La direttiva è un atto rivolto agli Stati mem-bri che deve essere trasposto dai medesimi nei ri-spettivi diritti nazionali. Ciononostante, in alcuni casi, la Corte di giustizia riconosce alla direttiva un’efficacia diretta al fine di tutelare i diritti dei singoli. La Corte ha quindi stabilito nella pro-pria giurisprudenza che una direttiva ha efficacia diretta quando le sue disposizioni sono incondi-zionate e sufficientemente chiare e precise (cfr. ad es. sentenza del 4 dicembre 1974, Van Duyn, causa 41/74, Racc., p. 1337). Tuttavia, l’efficacia

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41 Art. 2 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

diretta può avere carattere verticale ed essere ap-plicabile soltanto se gli Stati membri non hanno recepito la direttiva entro i termini previsti (v. ad es. sentenza del 5 aprile 1979, Ratti, causa 148/78, Racc., p.1629);

c) le decisioni possono avere efficacia diretta quando designano uno Stato membro come de-stinatario. La Corte di giustizia riconosce quindi un’efficacia diretta di tipo solo verticale (sentenza del 10 novembre 1972, Hansa Fleisch);

d) gli accordi internazionali: nella sentenza Demirel del 30 settembre 1987 la Corte di giustizia ha riconosciuto un’efficacia diretta a taluni accor-di conclusi dalla Comunità (ed ora dall’Unione) in base a criteri analoghi a quelli stabiliti dalla sentenza Van Gend en Loos;

e) i pareri e le raccomandazioni: i pareri e le raccomandazioni non sono giuridicamente vinco-lanti e sono quindi privi di efficacia diretta.

- Il primato del diritto dell’Unione europea rispetto al diritto interno degli Stati membri: in virtù del quale quest’ultimo prevale sulle norme nazionali con esso contrastanti, sia precedenti che successive. In pratica, la norma interna con-trastante con una norma comunitaria provvista di efficacia diretta non può essere applicata ovve-ro deve essere disapplicata, con la conseguenza che il rapporto resta disciplinato, per quanto di ragione, dalla sola norma comunitaria, mentre quella nazionale resta sospesa. Questo principio è stato sancito dalla Corte di giustizia nella sen-tenza Costa c. Enel del 15 luglio 1964, in cui ha dichiarato che il diritto scaturito dalle istituzioni europee si integra negli ordinamenti giuridici degli Stati membri, i quali sono tenuti a rispet-tarlo. Ne consegue che se una norma nazionale è contraria ad una norma europea, le autorità de-gli Stati membri sono tenute ad applicare la di-sposizione europea. Il diritto nazionale non è né annullato né abrogato, ma la sua forza vincolante viene sospesa.

- Per effetto dell’art. 117 Costituzione, inoltre, il legislatore italiano non può adottare norme in contrasto con il diritto UE, essendosi realizzata una limitazione di sovranità (meglio “cessione”) a favore dell’UE, in virtù della quale, lo Stato non soltanto non può più legiferare in maniera difforme ma addirittura non può più legiferare su determinate materie per le quali si è attribuita una competenza esclusiva all’UE.

- Un altro corollario del principio del primato è quello secondo il quale gli Stati membri non possono più, nei settori di competenza esclusiva UE, procedere a concludere trattati internaziona-

li salvo che non siano appositamente autorizzati (ad es. in materia di investimenti diretti esteri).

Il primo comma dell’articolo in commento, risolve gli eventuali contrasti tra il diritto doga-nale dell’UE ed il diritto internazionale sia esso di natura pattizia o consuetudinaria.

A tal proposito basti osservare che ai trattati internazionali stipulati dall’Unione Europea stessa o dai singoli Stati (nelle materie per le quali non è stata attribuita alcuna competenza esclusiva in capo alla UE), secondo la Corte di giustizia, occorre assegnare una posizione quasi subordinata al diritto comunitario. Sul punto la giurisprudenza della Corte di giustizia è stata as-sai costante nel tempo nel ritenere i trattati, even-tualmente in contrasto con il diritto comunitario, invalidi sul piano comunitario, ferma restando la loro validità ed efficacia sul piano del diritto in-ternazionale pubblico. Va poi ricordato l’art. 351 TFUE il quale, com’è noto, contiene una clausola di compatibilità o di subordinazione dei trattati internazionali e dispone che “le disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 10 gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, ante-riormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall’altra.

Nella misura in cui tali convenzioni sono incompatibili coi trattati, lo Stato o gli Stati membri interessati ricorrono a tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità constatate. Ove occorra, gli Stati membri si forniranno reciproca assistenza per raggiungere tale scopo, assumendo eventualmente una comune linea di condotta.

Nell’applicazione delle convenzioni di cui al primo comma, gli Stati membri tengono conto del fatto che i vantaggi consentiti nei trattati da ciascuno degli Stati membri costituiscono parte integrante dell’instaurazione dell’Unione e sono, per ciò stesso, indissolubilmente connessi alla creazione di istituzioni comuni, all’attribuzione di competenze a favore di queste ultime e alla concessione degli stessi vantaggi da parte di tutti gli altri Stati membri”.

La Corte di giustizia ritiene, tuttavia, che per poter stabilire se una norma dell’Unione possa es-sere resa inoperante da una convenzione interna-zionale anteriore è necessario esaminare se que-st’ultima imponga allo Stato interessato obblighi il cui adempimento può essere ancora preteso dagli Stati terzi che sono parti contraenti della conven-zione. Nell’ipotesi in cui ciò avvenga, ne consegue che lo Stato membro resta sempre vincolato dal trattato anteriormente concluso. (Per un esempio

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42il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 3

concreto di siffatte problematiche v. la sentenza della Corte di giustizia del 18 novembre 2003, Budjovický Budvar, causa C-216/01, Racc. 2003, p.I-13617, la cui massima dispone, inter alia, che “l’art. 307, primo comma, TCE [divenuto l’art. 351 TFUE n.d.r.] dev’essere interpretato nel senso che consente ad un giudice di uno Stato mem-bro, fatte salve le verifiche che quest’ultimo deve effettuare in particolare alla luce delle intenzioni manifestate dallo Stato membro e dallo Stato ter-zo in merito all’applicazione del principio della continuità dei trattati ai trattati bilaterali in que-stione, di applicare disposizioni di trattati bilate-rali stipulati fra il detto Stato e un Paese terzo, che prevedono la tutela di una denominazione di tale Paese terzo, anche qualora le dette disposizioni si rivelino incompatibili con le norme del Trattato, per il fatto che si tratta di un obbligo che deriva da convenzioni concluse anteriormente alla data di adesione all’Unione europea dello Stato mem-bro di cui trattasi. Nell’attesa che uno dei mezzi di cui all’art. 307, secondo comma, CE consenta di eliminare eventuali incompatibilità esistenti fra una convenzione anteriore alla detta adesio-ne e il Trattato, il primo comma di tale articolo autorizza il detto Stato a continuare ad applicare una tale convenzione laddove essa contenga ob-blighi cui quest’ultimo resta vincolato in forza del diritto internazionale”.

3. [1. Il territorio doganale della Comunità comprende: — il territorio del Regno del Belgio, — il territorio del Regno di Danimarca, ad eccezio-

ne delle isole Faerer e della Groenlandia, — il territorio della Repubblica federale di Germa-

nia ad eccezione dell’isola di Helgoland e del territo-rio di Büsingen (trattato del 23 novembre 1964 tra la Repubblica federale di Germania e la Confederazione elvetica),

— il territorio della Repubblica ellenica, — il territorio del Regno di Spagna, ad eccezione

di Ceuta e Melilla, — il territorio della Repubblica francese, fatta

eccezione per i territori d’oltremare e per Saint-Pierre e Miquelon [e per Mayotte] (1),

— il territorio dell’Irlanda, — il territorio della Repubblica italiana, ad ecce-

zione dei comuni di Livigno e di Campione d’Italia e delle acque nazionali del lago di Lugano racchiuse fra la sponda ed il confine politico della zona situata fra Ponte Tresa e Porto Ceresio,

— il territorio del Granducato del Lussemburgo, — il territorio del Regno dei Paesi Bassi in Europa,

— il territorio della Repubblica d’Austria, — il territorio della Repubblica portoghese, — il territorio della Repubblica di Finlandia, — il territorio del Regno di Svezia, — il territorio del Regno Unito di Gran Bretagna ed

Irlanda del Nord, le isole Normanne e l’isola di Man (4), — il territorio della Repubblica ceca, — il territorio della Repubblica di Estonia, — il territorio della Repubblica di Cipro, — il territorio della Repubblica di Lettonia, — il territorio della Repubblica di Lituania, — il territorio della Repubblica di Ungheria, — il territorio della Repubblica di Malta, — il territorio della Repubblica di Polonia, — il territorio della Repubblica di Slovenia, — il territorio della Repubblica slovacca; — il territorio della Repubblica di Bulgaria; — il territorio della Romania.2. I seguenti territori, situati fuori dal territorio de-

gli Stati membri, sono considerati parte del territorio doganale della Comunità, in ragione delle convenzioni e dei trattati che sono ad essi applicabili:

a) FRANCIAIl territorio del Principato di Monaco, quale è de-

finito nella Convenzione doganale conclusa a Parigi il 18 maggio 1963 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica francese del 27 settembre 1963, pag. 86-79).

b) CIPRO I territori delle zone di sovranità del Regno Unito di Akrotiri e Dhekelia, quali definiti nel trattato relativo all’istituzione della Repubblica di Ci-pro, firmato a Nicosia il 16 agosto 1960 (Regno Unito, trattati, serie n. 4 (1961) Cmnd. 1252).

3. Fanno parte del territorio doganale della Comu-nità le acque territoriali, le acque marittime interne e lo spazio aereo degli Stati membri e del territorio di cui al paragrafo 2, ad eccezione delle acque territoriali, delle acque marittime interne e dello spazio aereo ap-partenenti a territori che non sono parte del territorio doganale della Comunità].

(1) Questa frase è stata soppressa dall’art. 286, comma 4, del Reg. UE 9 ottobre 2013, n. 952, a decorrere dal 1° gennaio 2014.

4. Ai fini del presente codice, s’intende per:1) persona: — una persona fisica; — una persona giuridica; — un’associazione di persone sprovvista di perso-

nalità giuridica ma avente la capacità di agire, laddove sia ammessa dalla normativa vigente;

2) persona stabilita nella Comunità: — se si tratta di una persona fisica, qualsiasi per-

sona che vi abbia la residenza normale;

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43 Art. 4 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

— se si tratta di una persona giuridica o di un’as-sociazione di persone, qualsiasi persona che vi abbia la sede statutaria, l’amministrazione centrale o un ufficio stabile;

3) autorità doganale: l’autorità competente, tra l’al-tro, ad applicare la normativa doganale;

4) ufficio doganale: qualsiasi ufficio presso il quale possono essere espletate tutte le formalità previste dalla normativa doganale o alcune di esse;

4 bis) ufficio doganale di entrata: l’ufficio doganale designato dall’autorità doganale, conformemente alla legislazione doganale, dove devono essere portate senza indugio le merci introdotte nel territorio doga-nale della Comunità e presso il quale saranno sottopo-ste ad adeguati controlli dei rischi all’entrata;

4 ter) ufficio doganale di importazione: l’ufficio doganale designato dall’autorità doganale, conforme-mente alla legislazione doganale, dove devono essere espletate le formalità necessarie affinché le merci intro-dotte nel territorio doganale della Comunità ricevano una destinazione doganale, tra cui adeguati controlli dei rischi;

4 quater) ufficio doganale di esportazione: l’ufficio doganale designato dall’autorità doganale, conforme-mente alla legislazione doganale, dove devono essere espletate le formalità necessarie affinché le merci che lasciano il territorio doganale della Comunità ricevano una destinazione doganale, tra cui adeguati controlli dei rischi);

4 quinquies) ufficio doganale di uscita: l’ufficio doganale designato dall’autorità doganale, conforme-mente alla legislazione doganale, dove devono essere presentate le merci prima che lascino il territorio doga-nale della Comunità e presso il quale saranno sottopo-ste a controlli doganali inerenti all’applicazione delle formalità di uscita e ad adeguati controlli dei rischi;

5) decisione: qualsiasi atto amministrativo, relativo alla normativa doganale, che deliberi su un caso par-ticolare avente effetti giuridici per una o più persone determinate o determinabili; con questo termine si intende, tra l’altro, un’informazione vincolante a norma dell’articolo 12;

6) posizione doganale: la posizione di una merce come merce comunitaria o come merce non comuni-taria;

7) merci comunitarie: le merci: — interamente ottenute nel territorio doganale

della Comunità nelle condizioni di cui all’articolo 23, senza aggiunta di merci importate da paesi o territori che non fanno parte del territorio doganale della Co-munità. Le merci ottenute a partire da merci vincolate

ed un regime sospensivo non sono considerate come aventi carattere comunitario nei casi, determinati secondo la procedura del comitato, che rivestano una particolare importanza sotto il profilo economico;

— importate da paesi o territori che non fanno parte del territorio doganale della Comunità e immes-se in libera pratica;

— ottenute o prodotte nel territorio doganale della Comunità, sia esclusivamente da merci di cui al secondo trattino, sia da merci di cui al primo e al secon-do trattino;

8) merci non comunitarie: le merci diverse da quelle di cui al punto 7). Fatti salvi gli articoli 163 e 164, le merci comunitarie perdono tale posizione una volta realmente uscite dal territorio doganale della Comunità;

9) obbligazione doganale: l’obbligo di una persona di corrispondere l’importo dei dazi all’importazione (obbligazione doganale all’importazione) o l’importo dei dazi all’esportazione (obbligazione doganale all’esportazione) applicabili in virtù delle disposizioni comunitarie in vigore ad una determinata merce;

10) dazi all’importazione: — i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente

dovuti all’importazione delle merci; — [i prelievi agricoli e le altre] (1) imposizioni al-

l’importazione istituite nel quadro della politica agrico-la comune o in quello dei regimi specifici applicabili a talune merci derivanti dalla trasformazione di prodotti agricoli;

11) dazi all’esportazione: — i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente

dovuti all’esportazione delle merci; — [i prelievi agricoli e le altre] (1) imposizioni al-

l’esportazione istituite nel quadro della politica agrico-la comune o in quello dei regimi specifici applicabili a talune merci derivanti dalla trasformazione di prodotti agricoli;

12) debitore doganale: qualsiasi persona tenuta al pagamento dell’obbligazione doganale;

13) vigilanza dell’autorità doganale: ogni prov-vedimento adottato da questa autorità per garantire l’osservanza della normativa doganale e, ove occorra, delle altre disposizioni applicabili alle merci sotto vigi-lanza doganale;

14) controlli doganali: atti specifici espletati dal-l’autorità doganale ai fini della corretta applicazione della legislazione doganale e delle altre legislazioni che disciplinano l’entrata, l’uscita, il transito, il trasfe-rimento e l’utilizzazione finale di merci in circolazione tra il territorio doganale della Comunità e i paesi terzi e

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44il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 4

la presenza di merci non aventi posizione comunitaria; tali atti possono comprendere la verifica delle merci, il controllo della dichiarazione e l’esistenza e l’autenticità di documenti elettronici o cartacei, l’esame della con-tabilità delle imprese e di altre scritture, il controllo dei mezzi di trasporto, il controllo del bagaglio e di altra merce che le persone hanno con sé o su di sé e l’esecu-zione di inchieste amministrative o atti analoghi;

15) destinazione doganale di una merce: a) il vincolo della merce ad un regime doganale; b) la sua introduzione in zona franca o in deposito

franco; c) la sua riesportazione fuori del territorio dogana-

le della Comunità; d) la sua distruzione; e) il suo abbandono all’Erario;16) regime doganale: a) l’immissione in libera pratica; b) il transito; c) il deposito doganale; d) il perfezionamento attivo; e) la trasformazione sotto controllo doganale; f) l’ammissione temporanea; g) il perfezionamento passivo; h) l’esportazione;17) dichiarazione in dogana: atto con il quale una

persona manifesta, nelle forme e modalità prescritte, la volontà di vincolare una merce ad un determinato regime doganale;

18) dichiarante: la persona che fa la dichiarazione in dogana a nome proprio ovvero la persona in nome della quale è fatta una dichiarazione in dogana;

19) presentazione in dogana: comunicazione all’au-torità doganale, nelle forme prescritte, dell’avvenuto ar-rivo delle merci nell’ufficio doganale o in qualsiasi altro luogo designato o autorizzato dall’autorità doganale;

20) svincolo della merce: il provvedimento con il quale l’autorità doganale mette una merce a disposi-zione per i fini previsti dal regime doganale al quale è stata vincolata;

21) titolare del regime: la persona per conto della quale è stata fatta la dichiarazione in dogana o la persona alla quale sono stati trasferiti i diritti e gli ob-blighi della persona di cui sopra relativi ad un regime doganale;

22) titolare dell’autorizzazione: la persona alla qua-le è stata rilasciata l’autorizzazione;

23) disposizioni in vigore: le disposizioni comunita-rie o le disposizioni nazionali;

24) procedura del comitato: la procedura di cui agli articoli 247 e 247 bis o agli articoli 248 e 248 bis;

25) rischio: la probabilità che possa verificarsi un evento, per quanto riguarda l’entrata, l’uscita, il tran-sito, il trasferimento e l’utilizzazione finale di merci in circolazione tra il territorio doganale della Comunità e i paesi terzi e la presenza di merci non aventi posizione comunitaria, che

— impedisca la corretta applicazione di misure comunitarie o nazionali, o

— metta a repentaglio gli interessi finanziari della Comunità e dei suoi Stati membri, o

— costituisca una minaccia per la sicurezza della Comunità, per la salute pubblica, per l’ambiente o per i consumatori;

26) gestione del rischio: la sistematica identifica-zione del rischio e l’attuazione di tutte le misure ne-cessarie per limitare l’esposizione ai rischi. Ciò ricom-prende attività quali raccolta di dati e informazioni, analisi e valutazione dei rischi, prescrizione e adozione di misure e regolare monitoraggio ed esame del pro-cesso e dei suoi risultati, sulla base di fonti e strategie internazionali, comunitarie e nazionali].

(1) Le parole tra parentesi quadrate sono state eliminate dall’articolo 1 del Reg. (CE) n. 82/97.

(Definizioni - vedi anche art. 1 DAC)- p. 2) Il concetto di “persona” (sia essa fisica

o giuridica) assume un rilievo giuridico diverso a seconda che con essa si identifichi o meno un “operatore economico”. Infatti solo le persone che possono qualificarsi come operatori econo-mici sono tenute a dotarsi del numero EORI di cui all’art. 1 p.16 DAC. Il legislatore UE definisce operatori economici le persone che prendono parte ad attività disciplinate dalla regolamenta-zione doganale. Solo nei confronti di costoro gli Stati membri devono provvedere all’attribuzione di un codice identificativo, univoco su tutto il territorio comunitario. Tale codice va utilizzato nei rapporti tra i predetti soggetti e le Ammini-strazioni doganali e per lo scambio di informa-zioni tra le Amministrazioni doganali dei diversi Stati membri. Il codice EORI è composto da un codice alfanumerico univoco per lo Stato mem-bro che lo attribuisce, lungo al massimo 15 ca-ratteri, preceduto dal codice ISO alfa 2 di tale Stato (IT per l’Italia). In particolare, ogni Stato membro, attraverso l’Autorità doganale o l’auto-rità designata, provvede alla registrazione degli operatori economici in esso stabiliti, mentre gli operatori economici non stabiliti sul territorio doganale della Comunità e privi del codice EORI vengono registrati dallo Stato in cui effettuano

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45 Art. 4 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

per la prima volta una delle operazioni indicate dall’art. 4 terdecies del Regolamento (CEE) n. 2454/1993, come modificato dal Regolamento n. 312/2009. La procedura per il rilascio del nu-mero EORI è prevista agli artt. 4 duodecies - 4 univecies DAC.

- p. 10) Il dazio. Fa parte delle cd. risorse proprie dell’UE. In base all’art. 311 TFUE “L’Unione si dota dei mezzi necessari per conse-guire i suoi obiettivi e per portare a compimento le sue politiche”. Si tratta quindi delle dotazioni economiche che l’UE gestisce per finanziare il proprio bilancio. La Decisione del Consiglio n. 436/07 individua come risorse proprie: 1. Pre-lievi, premi, importi supplementari, dazi sulla tariffa doganale comune; 2. Aliquota I.V.A.; 3. Aliquota Prodotto Interno Lordo (PNL); 4. Altre entrate: imposte sulla retribuzione dei dipen-denti UE, sanzioni in tema di concorrenza, con-tributi versati dagli Stati terzi per partecipare a programmi UE. Costituiscono risorse proprie tradizionali i prelievi agricoli e i dazi. Sono detti tradizionali in quanto prelevate nell’ambito di politiche comunitarie e non oggetto di contributi da parte degli Stati membri. I dazi doganali sono infatti percepiti alle frontiere esterne dell’UE in base ad una tariffa doganale divenuta comune nel 1968; i prelievi agricoli sono stati istituiti nel 1962 e trasferiti all’UE con decisione del 21/4/70. Le risorse provenienti dall’IVA sono state intro-dotte per integrare le risorse proprie tradizionali insufficienti a finanziare il bilancio UE. Il dazio (dal latino datio, cationi: il dare) assolve ad una funzione calmieratrice del valore della merce: aggiungendosi al valore della merce terza, ne provoca un aumento dello stesso così da indurre il consumatore a preferire la merce domestica. Vi sono però merci che non sono disponibili all’in-terno di un territorio e per tale motivo devono es-sere importati per consentire la realizzazione di determinati prodotti. Il prelievo daziario assume diverse forme e funzioni: es. 1) Dazio specifico: si quantifica sulle unità fisiche della merce indi-pendentemente dal valore: es. sale per alimenta-zione umana: Dazio: € 2,6 x kg; gorgonzola: da-zio: € 140,9 x kg; 2) Dazio ad valorem: grava in proporzione al valore della merce. Es. Orchidee: dazio: 9,6% sul valore; Forni a microonde: 5% sul valore; 3) Dazio misto: si applica sia il dazio ad valorem sia il dazio specifico. Es. carni bovine congelate: dazio=12,8% + €.176x1000kg.; 4) Dazi preferenziali: dazio più basso rispetto a quello previsto dalla tariffa. Es. tessili: dazio: 12%; da-zio preferenziale: 0 (se proviene da un determi-

nato paese); 5) Dazio antidumping: colpiscono il dumping praticato negli Stati terzi. Si definisce come dumping il caso in cui un’impresa vende il proprio prodotto a prezzo più basso sul mercato estero rispetto al prezzo di vendita sul mercato nazionale: es. Mandarini: dazio 18,4%; se gli stes-si provengono dalla Cina e da alcuni esportatori si aggiunge un dazio antidumping: € 531x 1.000 kg; 6) Dazio antisovvenzione: colpiscono gli aiu-ti economici che vengono elargiti dagli Stati terzi ai loro produttori: Es. elettrodi in grafite: dazio: 2,7% + Dazio antisovvenzione: 7% se provenienti dall’India. I dazi antisovvenzione e quelli anti-dumping sono strumenti di difesa commerciali la cui previsione è regolamentata rispettivamente dai Reg.ti (UE) n. 597/09 e n. 1225/09. Possono essere anche provvisori: la decisione di applicare tali tipologie di dazi presuppone da parte della Commissione Europea l’avvio di specifiche in-dagini volte a verificare, appunto, l’esistenza di sovvenzioni o di pratiche di dumping nei Paesi di esportazione. Nelle more della conclusione della fase di indagine, la Commissione può deci-dere di applicare dazi provvisori. La durata della provvisorietà è diversa a seconda che si tratti di dazi antisovvenzione o antidumping: massimo 4 mesi nel primo caso; per un periodo di sei mesi salvo proroga di tre mesi oppure possono essere imposti per un periodo di nove mesi, nel secondo caso. La fine dell’indagine porterà alla determi-nazione del dazio definitivo o alla revoca delle misure provvisorie. I dazi all’importazione non includono l’imposta sul valore aggiunto da riscuotere per l’importazione di beni. Sul punto vedi anche Corte di giustizia, 29 luglio 2010, causa C-248/09, Pakora Plus in Racc. pag I-07701 (ECLI:EU:C:2010:457).

- p. 11) Dazio all’esportazione: la normativa UE in vigore non prevede per le operazioni di esportazione verso Paesi Terzi il pagamento di dazi o diritti doganali.

- p. 15) Il codice non fornisce una definizione di “destinazione doganale”. Generalmente si intende l’ utilizzo “economico” che il dichiarante vuole assegnare alla merce.

- p. 18) Il dichiarante è colui che dopo aver introdotto e presentato la merce all’Autorità do-ganale manifesta la sua volontà di vincolarla ad un determinato regime doganale.

- p. 20) Vedi commento art. 73 CDC.

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46il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 5

Capitolo IIDisposizioni generali diverse

riguardanti in particolare i diritti e gli obblighi delle persone ai sensi della normativa doganale

Sezione IDiritto di rappresentanza

5. [1. Alle condizioni previste all’art. 64, paragrafo 2 e fatte salve le disposizioni adottate nel quadro dell’art. 243, paragrafo 2, lett. b) chiunque può farsi rappresen-tare presso l’autorità doganale per l’espletamento di atti e formalità previsti dalla normativa doganale.

2. La rappresentanza può essere: — diretta, quando il rappresentante agisce a

nome e per conto di terzi, oppure — indiretta, quando il rappresentante agisce a

nome proprio ma per conto di terzi.Gli Stati membri possono riservare il diritto di fare

sul loro territorio dichiarazioni in dogana secondo: — la modalità della rappresentanza diretta, op-

pure — la modalità della rappresentanza indiretta, di modo che il rappresentante deve essere uno

spedizioniere doganale, che ivi eserciti la sua profes-sione.

3. Esclusi i casi di cui all’art. 64, paragrafo 2, lett. b) e paragrafo 3, il rappresentante deve essere stabilito nella Comunità.

4. Il rappresentante deve dichiarare di agire per la persona rappresentata, precisare se si tratta di una rap-presentanza diretta o indiretta e disporre del potere di rappresentanza.

La persona che non dichiari di agire a nome o per conto di un terzo o che dichiari di agire a nome o per conto di un terzo senza disporre del potere di rappre-sentanza è considerata agire a suo nome e per proprio conto.

5. L’autorità doganale può chiedere a chiunque di-chiari di agire in nome o per conto di un’altra persona di fornirle le prove del suo potere di rappresentanza].

Introduzione: in generale, tutte le persone (fisiche e/o giuridiche) che vogliono presentare una dichiarazione doganale possono farlo diret-tamente o per mezzo di un rappresentante. In base al Comma 2 dell’articolo in commento, il rappresentante doganale può essere diretto o indiretto. Ogni Stato membro può riservare la rappresentanza diretta o diretta agli spedizionieri doganali: l’Italia con l’art. 40 del D.P.R. n. 43/73

(T.U.L.D.) ha riservato la rappresentanza diretta agli spedizionieri doganali. Il rappresentante diretto agisce in nome e per conto del rappre-sentato e come tale non può essere considerato dichiarante (doganale), ma rappresentante del di-chiarante. Le norme sulla rappresentanza diretta richiamano quelle sul mandato nel codice civile: pertanto il rappresentante diretto (mandatario) deve disporre di una procura alla presentazione delle dichiarazioni doganali, rilasciatagli dal mandante. La specificità del meccanismo della rappresentanza diretta comporta che lo spedi-zioniere doganale non può essere considerato solidalmente responsabile con il suo mandante. Cfr. art. 201 CDC.

In base al successivo comma 4, la rappre-sentanza deve essere espressa e non presunta.

Sezione I bisOperatori economici autorizzati

5 bis. [1. Le autorità doganali, ove necessario previa consultazione con altre autorità competenti, accorda-no, in base ai criteri di cui al paragrafo 2, lo status di “operatore economico autorizzato” agli operatori eco-nomici stabiliti nel territorio doganale della Comunità.

Un “operatore economico autorizzato” beneficia di agevolazioni per quanto riguarda i controlli doganali in materia di sicurezza e/o di semplificazioni previste ai sensi della normativa doganale.

Lo status di “operatore economico autorizzato” è riconosciuto, in base alle norme e alle condizioni di cui al paragrafo 2, dalle autorità doganali in tutti gli Stati membri, senza pregiudicare i controlli doganali. Le autorità doganali, sulla base del riconoscimento dello status di “operatore economico autorizzato” e a condi-zione che siano soddisfatti i requisiti relativi ad un tipo specifico di semplificazione, contemplato nella legisla-zione doganale comunitaria, autorizzano l’operatore ad avvalersi di detta semplificazione.

2. I criteri per la concessione dello status di “opera-tore economico autorizzato” includono:

— un’adeguata comprovata osservanza degli ob-blighi doganali,

— un soddisfacente sistema di gestione delle scritture commerciali e, se del caso, relative ai trasporti che consenta adeguati controlli doganali,

— se del caso, una comprovata solvibilità finan-ziaria, e

— all’occorrenza, appropriate norme di sicurezza.Si applica la procedura di comitato per determinare: — le norme per la concessione dello status di

“operatore economico autorizzato”,

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47 Art. 6 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

— le norme per la concessione delle autorizzazio-ni ad avvalersi di semplificazioni,

— le norme che stabiliscono l’autorità doganale competente per la concessione di siffatto status e di siffatte autorizzazioni,

— le norme relative al tipo e alla portata delle agevolazioni che possono essere accordate riguardo ai controlli doganali in materia di sicurezza, tenuto conto delle norme relative alla gestione comune del rischio,

— le norme per la consultazione e la fornitura di informazioni ad altre autorità doganali, e le condizioni alle quali:

— un’autorizzazione può essere limitata ad uno o più Stati membri,

— lo status di “operatore economico autorizzato” può essere sospeso o revocato, e

— il requisito della sede in territorio comunitario può essere revocato per determinate categorie di ope-ratori economici autorizzati, tenendo conto in partico-lare degli accordi internazionali].

(Gli Operatori economici autorizzati - c.d. A.E.O.)

Norme di riferimento: Art. 14 bis,14 quinvi-cies, DAC; allegato 1 quater, 1 quinquies, DAC. Prassi: Linee guida 2012 (cfr vedi nota n.15); cir-colare n. 36/D/07; n.41/D/07; n.10/D/12; n.5/D/13 tutte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Introduzione: una delle risposte che l’UE ha fornito alla sempre più crescente esigenza di assicurare la sicurezza delle proprie frontiere è stata l’introduzione di una serie di misure che si traducono in controlli più rapidi perché più correttamente calibrati. Il Reg.to (CE) n. 648/05 (cd. Emendamento sicurezza) e il Reg.to (CE) n. 1875/06 hanno introdotto tre modifiche impor-tanti al Codice doganale: l’obbligo per gli opera-tori di presentare una dichiarazione preliminare prima che la merce entri nel territorio doganale dell’UE o lo lasci; l’introduzione di criteri comuni di valutazione del rischio; la possibilità per gli operatori di beneficiare di alcune semplificazioni e di minori controlli perché ritenuti affidabili dall’autorità doganale. Il concetto di AEO è stato certamente uno dei principali elementi innovativi portati dall’emendamento sicurezza al codice doganale: il Reg.to (CE) 648/05 con l’introduzio-ne, nel CDC, dell’art. 5 bis, ha dato la possibilità agli Stati membri di testare l’affidabilità dei pro-pri operatori e, quindi, di concedere lo status di AEO a coloro in grado di assicurare: rispetto delle norme doganali, gestione corretta delle proprie scritture, solvibilità finanziaria e, a seconda dei

casi, anche il rispetto di norme in tema di safety e security. Gli artt. 14 bis e 14 quinvicies delle DAC (introdotti con il Reg.to (CE) n. 1875/06) contengono una disciplina dettagliata di tutte le fasi relative alla presentazione della domanda, istruttoria, rilascio del certificato AEO, agli effetti giuridici del certificato, sospensione della sua efficacia e revoca. La Commissione europea al fine di assicurare una interpretazione comune e un’applicazione uniforme di queste disposizioni ha elaborato una serie di orientamenti la cui ulti-ma versione è disponibile sul sito internet dell’UE (http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/customs/policy_issues/customs_secu-rity/aeo_guidelines2012_it.pdf). Diventare AEO è una scelta, non è un obbligo.

Il primo comma offre la nozione di operatore economico (cfr. art. 1, p. 12, DAC; Vedi anche commento art. 4, p. 2, CDC): si tratta di una persona (fisica o giuridica) che nel corso della sua attività commerciale prende parte ad attività disciplinate dalla regolamentazione doganale. Il programma AEO è quindi aperto a tutti gli operatori economici indipendentemente dalle di-mensioni dell’impresa e che sono coinvolti nella catena di approvvigionamento internazionale: fabbricanti, esportatori, spedizionieri, agenti do-ganali, titolari di deposito doganale, temporanea custodia o zona franca, vettori, terminalisti.

I requisiti oggettivi elencati nel 2° comma sono compiutamente descritti nelle norme DAC di riferimento e commentati dalla prassi sopra indicata. In particolare: un’adeguata comprovata osservanza degli obblighi doganali (art. 14 nonies DAC); solvibilità finanziaria (art. 14 undecies DAC); soddisfacente gestione delle scritture com-merciali (art. 14 decies DAC), rispetto delle norme di sicurezza (art. 14 duodecies DAC).

Sezione IIDecisioni sull’applicazione della normativa doganale

6. [1. Chiunque chieda all’autorità doganale di pren-dere una decisione sull’applicazione della normativa doganale fornisce tutti gli elementi e tutti i documenti necessari a detta autorità per poter decidere.

2. La decisione deve essere presa e comunicata al richiedente al più presto.

Quando la richiesta è fatta per iscritto, la decisione deve essere presa entro un termine fissato conforme-mente alle disposizioni vigenti a decorrere dalla data del ricevimento della richiesta da parte dell’autorità do-ganale ed essere comunicata per iscritto al richiedente.

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48il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 7

Il termine suddetto può, tuttavia, essere superato se l’autorità doganale si trova nell’impossibilità di ri-spettarlo. In tal caso essa ne informa il richiedente pri-ma della scadenza di cui sopra, indicando i motivi che giustificano il rinvio nonché il nuovo termine che essa ritiene necessario per decidere sulla richiesta.

3. L’autorità doganale motiva le decisioni scritte che non raccolgano le richieste presentate oppure che abbiano conseguenze sfavorevoli per i loro destinatari. In esse si deve fare riferimento alle possibilità di ricor-rere di cui all’art. 243.

4. Le disposizioni del paragrafo 3, prima frase pos-sono applicarsi anche ad altre decisioni].

(Vedi anche art. 4, p. 5, CDC)La decisione è un atto che attesta l’esercizio

di un giudizio o di un potere discrezionale. Si tratta di un atto adottato dopo aver sottoposto ad opportune valutazioni vari elementi: in particola-re, nel diritto comunitario (come anche in quello nazionale - L. 241/90), un tale atto deve indicare le ragioni o i motivi che hanno condotto a tale esercizio del potere discrezionale in modo da porre, eventualmente, il destinatario in grado di metterne effettivamente in discussione la validità. In base al 1° comma dell’articolo in commento, il richiedente è tenuto a dettagliare la sua istanza fornendo tutti gli elementi e i documenti neces-sari a consentire l’adozione di una decisione da parte dell’autorità doganale. Il corrispondente art. 2 DAC impone, di converso, alle Autorità doganali di fornire tutta la documentazione di cui essa è già in possesso.

2 °Comma. Vedi L. 241/90.

Al 3° Comma: (cfr. art. 3 L. 241/90), si enun-ciano le modalità per l’esercizio del diritto ad un equo procedimento. Il rispetto del diritto della difesa è un principio fondamentale del diritto comunitario in forza del quale, qualora i provve-dimenti della pubblica autorità ledano in maniera sensibile gli interessi dei destinatari, questi ultimi devono essere in grado di presentare efficacemen-te le loro difese. L’applicabilità dell’art. 6, comma 3, è soggetta a certe condizioni: deve essere stata adottata una decisione, deve essere stata resa in forma scritta e il contenuto deve essere sfavore-vole per il destinatario.

• Né l’art. 6, n. 3, del Regolamento n. 2913/92, che istituisce un Codice doganale comunitario, articolo che obbliga le autorità doganali a moti-

vare le decisioni sfavorevoli per i loro destinatari, né l’art. 53 del Regolamento, che obbliga espres-samente le autorità doganali a adottare senza indugio le misure necessarie per regolarizzare la situazione delle merci per le quali le formalità non siano state avviate nei termini previsti, né l’art. 243 dello stesso Regolamento, che prevede un diritto di ricorso contro le decisioni adottate dal-l’autorità doganale, ostano all’applicazione auto-matica, senza previa notifica, di una procedura, istituita da una normativa nazionale, la quale prevede la messa in vendita delle merci per le quali sono stati superati i termini legali fissati per la dichiarazione di immissione in libera pratica o per la richiesta di un’altra destinazione doganale, procedura che gli interessati possono far cessare mediante pagamento di tutte le tasse e imposte dovute, maggiorate di una certa percentuale del valore delle merci.

L’applicazione di una procedura che prevede la messa in vendita delle dette merci ovvero la riscos-sione di una maggiorazione ad valorem per la rego-larizzazione della situazione di tali merci non è di per sé in contrasto col principio di proporzionalità. Spetta al giudice nazionale valutare se rispetti tale principio la riscossione di un diritto pari al 5% del valore delle merci tardivamente sdoganate. (Corte di giustizia, 7 dicembre 2000, Andrade, causa C-213/99, in Racc. p. I-11083).

7. [Al di fuori delle ipotesi contemplate dall’art. 244, secondo comma, le decisioni adottate sono immedia-tamente applicabili da parte dell’autorità doganale].

Le decisioni dell’Autorità doganale sono im-mediatamente esecutive. Se l’Autorità doganale, in relazione alla sua decisione, nutre dubbi sulla sua conformità alle disposizioni doganali (fumus boni juris) o teme che l’esecuzione della stessa possa provocare danni irreparabili all’interessato (periculum in mora), può decidere di sospenderne l’esecuzione (cfr. art. 244 CDC).

8. [1. Una decisione favorevole all’interessato è annul-lata quando sia stata presa in base ad elementi inesatti o incompleti e

— il richiedente conosceva o avrebbe dovuto, secondo ragione, conoscerne l’inesattezza o l’incom-pletezza e

— non avrebbe potuto essere presa in base ad elementi esatti e completi.

2. L’annullamento della decisione è comunicato al destinatario della stessa.

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49 Art. 9 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

3. Gli effetti dell’annullamento decorrono dal gior-no in cui è stata presa la decisione annullata].

Disciplina l’annullamento della decisione. L’annullamento è frutto di un comportamento scorretto da parte del richiedente il quale in fase di istruttoria ha fornito dati inesatti che se cono-sciuti da parte dell’Autorità doganale, le avrebbe-ro impedito di adottare quella decisione. Consi-derato che quella decisione non sarebbe stata mai adottata se l’Autorità doganale avesse conosciuto ab origine tutti gli elementi necessari per una completa e corretta valutazione, ne consegue che l’annullamento travolge tutti gli effetti prodotti medio tempore dalla decisione decorrendo dalla data della sua adozione. Effetto ex tunc.

9. [1. Una decisione favorevole all’interessato è revoca-ta o modificata quando, in ipotesi diverse da quelle di cui all’art. 8, non ricorrevano e non ricorrono più uno o più presupposti per la sua adozione.

2. Una decisione favorevole all’interessato può es-sere revocata quando il suo destinatario non adempia un obbligo eventualmente impostogli dalla decisione stessa.

3. La revoca o la modifica della decisione è comuni-cata al destinatario della medesima.

4. Gli effetti della revoca o della modifica della de-cisione decorrono dal giorno della sua comunicazione al destinatario. Tuttavia, in casi eccezionali e quando gli interessi legittimi del destinatario della decisione lo ri-chiedano, l’autorità doganale può rinviare ad altra data la sua decorrenza].

È il regime della revoca dei provvedimenti dell’Autorità doganale con cui si ammette la re-visione degli atti sfavorevoli ma anche di quelli favorevoli al richiedente in seguito ad una di-versa valutazione (sia su istanza di parte che su iniziativa propria dell’Autorità doganale) delle circostanze di fatto e di diritto che hanno portato all’adozione di quella decisione. Considerato che l’adozione di una decisione avviene sulla base di un’interpretazione, da parte delle Autorità doga-nali, delle disposizioni giuridiche applicabili al caso sottoposto alla sua attenzione e che la sua validità è condizionata dalla fondatezza di tale in-terpretazione, ne consegue che se in seguito ad un esame più dettagliato, tale interpretazione risulta errata per un errore di valutazione o un’evoluzio-ne della normativa applicabile, l’Autorità doga-nale può intervenire per modificare o eliminare

la decisione iniziale (Corte di giustizia, causa C-133/02 Timmermans Transport, causa C-133/02, in Racc. 2004, p.I-1125, ECLI:EU:C:2004:43). Gli effetti giuridici della modifica o della revoca si producono a partire dall’avvenuta comunicazione della stessa all’interessato. Efficacia ex nunc.

10. [Gli artt. 8 e 9 non pregiudicano le norme nazionali ai sensi delle quali una decisione non ha effetto o per-de i suoi effetti per ragioni che non attengono specifi-camente alla normativa doganale].

È espressione del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri. In forza di tale principio, l’UE rinvia agli Stati membri la disci-plina di tali aspetti del procedimento. Essi devo-no tuttavia provvedere affinché tali disposizioni non siano meno favorevoli di quelle disciplinanti situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né rendano praticamente impos-sibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico del-l’Unione (principio di effettività) (v. in tal senso, in particolare, sentenza del 28 giugno 2007, Bonn Fleisch, causa C1/06 (ECLI:EU:C:2007:396) punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

Sezione IIIInformazioni

11. [1. Chiunque può ottenere dall’autorità doganale un’informazione sull’applicazione della normativa do-ganale.

È possibile non dare seguito a tale richiesta qualora quest’ultima non si riferisca ad un’operazione commer-ciale realmente prospettata.

2. L’informazione è fornita al richiedente a titolo gratuito. Qualora l’autorità doganale dovesse sostene-re spese per speciali misure, quali analisi o perizie sulle merci, o per il loro rinvio al richiedente, tali spese po-tranno essere addebitate a quest’ultimo].

Corrisponde al nostro diritto di interpello.

12. [1. L’autorità doganale fornisce, su richiesta scritta e in base a modalità determinate secondo la procedura del comitato, informazioni tariffarie vincolanti o infor-mazioni vincolanti in materia di origine.

2. L’informazione tariffaria vincolante o l’informa-zione vincolante in materia di origine obbliga l’autorità doganale nei confronti del titolare soltanto per quanto riguarda, rispettivamente, la classificazione tariffaria o la determinazione dell’origine di una merce.

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50il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 12

L’informazione tariffaria vincolante o l’informazio-ne vincolante in materia di origine è obbligatoria per l’autorità doganale soltanto in relazione alle merci per le quali le formalità doganali sono state espletate in data posteriore alla comunicazione dell’informazione da parte di detta autorità.

In materia di origine le formalità in questione sono quelle connesse con l’applicazione degli articoli 22 e 27.

3. Il titolare dell’informazione deve essere in grado di provare che vi è corrispondenza sotto tutti gli aspetti:

— in materia tariffaria: tra le merci dichiarate e quelle descritte nell’informazione;

— in materia d’origine: tra le merci in questione e le circostanze determinanti per l’acquisizione dell’ori-gine, da un lato, e le merci e le circostanze descritte nell’informazione, dall’altro.

4. Un’informazione vincolante è valida sei anni in materia tariffaria e tre anni in materia di origine a decorrere dalla data della sua comunicazione. In de-roga all’articolo 8, essa è ritirata se si basa su elementi inesatti o incompleti comunicati dal richiedente

5. Un’informazione vincolante cessa di essere valida:

a) in materia tariffaria: i) quando, in seguito all’adozione di un regola-

mento, non sia conforme al diritto che ne deriva; ii) quando non sia più compatibile con l’interpre-

tazione di una delle nomenclature di cui all’articolo 20, paragrafo 6,

— sul piano comunitario, in seguito ad una mo-difica delle note esplicative della nomenclatura com-binata ovvero in seguito a una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee;

— sul piano internazionale, in seguito a un parere di classificazione o a una modifica delle note esplicati-ve della nomenclatura del sistema armonizzato di desi-gnazione e codificazione delle merci adottati dall’Or-ganizzazione mondiale delle dogane, istituita nel 1952 con il nome di «consiglio di cooperazione doganale»;

iii) quando venga revocata o modificata a norma dell’articolo 9, a condizione che tale revoca o modifica sia notificata al titolare.

Per i casi di cui ai punti i) e ii), la data in cui l’infor-mazione vincolante cessa di essere valida è la data di pubblicazione delle misure suddette ovvero, per quanto riguarda le misure internazionali, la data di una comuni-cazione della Commissione nella serie C della Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee;b) in materia di origine:

i) quando, in seguito all’adozione di un regola-mento o di un accordo concluso dalla Comunità, non sia conforme al diritto che ne deriva;

ii) quando non sia più compatibile: — sul pianto comunitario, con le note esplicative

e i pareri adottati in previsione della interpretazione della normativa, oppure con una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee;

— sul piano internazionale, con l’accordo sulle norme relative all’origine elaborato nell’ambito del-l’OMC, oppure con le note esplicative o con pareri sul-l’origine adottati per l’interpretazione di tale accordo;

iii) quando venga revocata o modificata a norma dell’articolo 9 e a condizione che il titolare ne sia infor-mato anticipatamente.

La data in cui l’informazione vincolante cessa di es-sere valida per i casi di cui ai punti i) e ii) è la data indi-cata all’atto della pubblicazione delle misure suddette ovvero, per quanto riguarda le misure internazionali, la data che figura in una comunicazione della Commis-sione nella serie C della Gazzetta Ufficiale delle Comu-nità europee.

6. Un’informazione vincolante che cessi di essere valida a norma del paragrafo 5, lettera a), punti i) o ii) o lettera b), punti i) o ii) può essere utilizzata dal titolare ancora per sei mesi dalla data della sua pubblicazione o notifica se, sulla base dell’informazione e anterior-mente all’adozione delle misure tariffarie in questione, il titolare era obbligato da un contratto giuridicamente vincolante e definitivo di vendita o di acquisto delle merci considerate. Tuttavia, nel caso di prodotti per i quali, all’atto dell’espletamento delle formalità doga-nali, viene presentato un certificato di importazione, di esportazione o di prefissazione, il periodo di validità di detto certificato sostituisce il periodo di sei mesi.

Nell’ipotesi contemplata al paragrafo 5, lettera a), punto i) e lettera b), punto i), il regolamento o l’accordo possono stabilire un termine entro il quale si applica il primo comma.

7. L’applicazione, alle condizioni previste al para-grafo 6, della classificazione o della determinazione dell’origine figuranti nell’informazione vincolante ha effetto solo per quanto riguarda:

— la determinazione dei dazi all’importazione o all’esportazione,

— il calcolo delle restituzioni all’esportazione e di tutti gli altri importi concessi all’importazione o all’esportazione nel quadro della politica agricola comune,

— l’utilizzazione dei certificati d’importazione, di esportazione o di prefissazione presentati all’atto del-l’espletamento delle formalità ai fini dell’accertazione della dichiarazione doganale relativa alla merce in que-

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51 Art. 12 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

stione, purché tali certificati siano stati rilasciati sulla base di detta informazione.

Inoltre, in taluni casi eccezionali in cui il buon fun-zionamento dei regimi fissati nell’ambito della politica agricola comune rischi di essere compromesso, si può decidere, in base alla procedura di cui all’articolo 38 del regolamento n. 136/66/CEE del Consiglio, del 22 settembre 1966 relativo all’attuazione di un’organizza-zione comune dei mercati nel settore dei grassi ed agli articoli corrispondenti degli altri regolamenti concer-nenti l’organizzazione comune dei mercati, di derogare al paragrafo 6].

(Introduzione, base giuridica)Le norme generali di riferimento sia per le

ITV che per le IVO sono l’art. 12 CDC, gli artt. 5 - 14 delle DAC, l’allegato 1, 1 quater, DAC.

Le Informazioni Tariffarie Vincolanti (I.T.V.) e le Informazioni Vincolanti sull’Origine (I.V.O) costituiscono una tipologia particolare di infor-mazioni in quanto vengono assoggettate al me-desimo regime giuridico delle decisioni (art. 4, p. 5, CDC). Un’informazione tariffaria vincolante (ITV) o un’informazione in materia di origine (IVO) sono decisioni scritte relative alla classifi-cazione tariffaria o all’origine delle merci, emesse dalle autorità doganali di uno Stato membro su richiesta di un operatore economico. Tali decisio-ni sono giuridicamente vincolanti per tutte le au-torità doganali dell’Unione europea (UE) nei con-fronti del titolare dell’ITV per sei anni e dell’IVO per tre anni a decorrere dalla data di emissione. Trattandosi di una decisione, troveranno applica-zione le norme all’uopo previste dal CDC (artt.6 - 10 CDC). Pertanto un’ITV o IVO deve essere annullata quando risulti, successivamente, che è stata emessa sulla base di informazioni incom-plete o non corrette fornite dal richiedente (art. 8 CDC); devono, invece, essere invalidate quando l’UE adotti un nuovo provvedimento giuridico a cui l’ITV o IVO non siano conformi, quando l’ITV o IVO non siano più compatibili con l’inter-pretazione delle nomenclature doganali o note esplicative o quando l’ITV o IVO siano revocate o modificate (artt. 9 e 12, par. 5, CDC).

Le ITV o ITO hanno lo scopo di rassicurare l’operatore sotto il profilo della certezza del diritto quando sussista un dubbio in ordine alla classificazione tariffaria della merce nella nomen-clatura o dell’origine della stessa. Entrambe le in-formazioni hanno lo scopo di facilitare gli scambi dell’operatore, consentendogli di pianificare le proprie operazioni in quanto tali certificazioni

assicurano un ampio margine di sicurezza e trasparenza. Sul punto la Corte di giustizia con sentenza C- 315/96 Lopex Export, (in Racc., 1998, p. I-317, ECLI:EU:C:1998:31) ha ritenuto che “è risultato necessario, sia ai fini di garantire una certa sicurezza giuridica agli operatori econo-mici nell’esercizio della loro attività, sia ai fini di agevolare il lavoro dei servizi doganali stessi e di ottenere maggiore uniformità nell’applicazione della legislazione doganale comunitaria, istituire una normativa che faccia obbligo alle Autorità doganali di rilasciare, a talune condizioni ben de-finite, informazioni aventi valore vincolante per l’amministrazione”. L’elevato numero in ambito comunitario di ITV ha indotto la Commissione Europea ad istituire un’apposita banca dati (art. 8 DAC), consultabile sul sito della Commissione e ad elaborare nel 2004, linee guida amministrative sul sistema delle informazioni tariffarie vincolan-ti europee e sul suo funzionamento.

In virtù del comma 2°, in genere, una infor-mazione vincolante crea diritti solo in capo al suo titolare. L’ art. 10, 1° comma, DAC, attraverso il riferimento agli artt. 5 e 64 CDC (che disciplinano il caso in cui la dichiarazione doganale è effet-tuata da una persona diversa dall’importatore) consente che l’informazione vincolante, possa essere chiesta e utilizzata da un rappresentante doganale per conto del suo rappresentato (che è in realtà il vero titolare della IT) . Sul punto, cfr. Corte di giustizia, causa C-153/10 Sony Supply Chain Solutions ECLI:EU:C:2011:224.

Il comma 4 rinvia al concetto di efficacia ex nunc, mentre il comma 5, distingue le ipotesi di cessazione di validità delle I.T. a seconda che vertano sulla tariffa o sull’origine. In particolare il punto iii) della lett. a) e la lett. b) richiamando l’art. 9 CDC, si riferiscono alla modifica o revoca di una ITV o ITO in seguito ad una successiva nonché diversa valutazione degli elementi po-sti a base dell’iniziale decisione. (Sul punto cfr. Corte di giustizia, causa C-133/02, Timmermans ECLI:EU:C:2004:43 ; C- 206/03, Smith Kline Ordinanza ECLI:EU:C:2005:31). Se un’autorità competente ha fornito un’erronea informazione tariffaria vincolante, il giudice nazionale è tenu-to, ai sensi dell’art. 10 del Trattato CE (oggi art. 4 TUE), ad adottare, nell’ambito delle sue com-petenze, tutte le misure necessarie affinché la detta informazione sia annullata e venga fornita una nuova informazione tariffaria vincolante, conforme al diritto comunitario. Sempre a proposito del 5° comma, lett. a), art. 12 CDC (nonché dell’art. 12, nn. 1 e 2, DAC), la Corte di giustizia con sentenza C- 288/09 - 289/09 British

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52il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 12

Sky (ECLI:EU:C:2011:248) ha stabilito che detti articoli devono essere interpretati nel senso che le Autorità doganali sono tenute a fornire infor-mazioni tariffarie vincolanti conformi alle note esplicative della nomenclatura combinata. Se emerge un disaccordo tra tali autorità e gli ope-ratori economici in merito alla conformità delle suddette note con la nomenclatura combinata ed alla classificazione delle merci, spetta a que-sti ultimi esperire un ricorso dinanzi all’autorità competente in applicazione dell’art. 243 del Rego-lamento n. 2913/92, come modificato. Il giudice adito statuisce sulla classificazione della merce, se necessario dopo aver sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale alle condizioni previste dall’art. 267 TFUE. Il comma 6 disciplina l’ipo-tesi in cui un’ITV o IVO pur essendo invalidate, possono essere ancora utilizzate dall’operatore economico usufruendo, su sua richiesta, di un «periodo di grazia» della durata massima di sei mesi e quindi utilizzare ancora l’ITV o IVO ai fini dell’importazione (e dell’esportazione). Per poter ottenere tale «periodo di grazia», tuttavia, è necessario che l’operatore economico abbia stipulato un contratto giuridicamente vincolante per la vendita o l’acquisto delle merci considerate, sulla base della propria ITV o IVO, anteriormente all’adozione delle misure che rendono l’ITV o IVO invalida.

• Il parere doganale vincolante ha lo scopo di rassicurare l’operatore economico quando sus-siste un dubbio sulla classificazione di una merce nella nomenclatura doganale vigente, tutelandolo così da qualsiasi modifica futura della voce, dispo-sta dalle autorità doganali e concernente la clas-sificazione delle merci. Viceversa, come confermato in modo chiaro e preciso dal disposto dell’art. 13, primo comma, primo trattino, del regolamento n. 1715/90, relativo alle informazioni fornite dalle autorità doganali degli Stati membri in materia di classificazione delle merci nella nomenclatura do-ganale, un’informazione del genere non ha lo scopo e non può avere l’effetto di garantire all’operatore che la voce doganale alla quale essa si riferisce non sia in seguito modificata da un atto adottato dal legislatore comunitario. Di conseguenza, questo articolo, nella parte in cui prevede che un parere doganale vincolante non è più valido a decorrere dalla data in cui, in seguito all’adozione di un re-golamento che modifica la nomenclatura doganale, non è più conforme alla legislazione comunitaria così stabilita, non solo rispetta il principio della certezza del diritto, ma esclude che un operatore economico possa nutrire, sul semplice fondamen-

to di un parere doganale vincolante, un legittimo affidamento sul fatto che la voce doganale di cui trattasi non sia modificata con atto del legislatore comunitario. Del resto, questo articolo non osta a che i principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto possano, all’atto di una modifica della nomenclatura doganale, imporre al legislatore comunitario l’obbligo di tutelare con provvedimenti adeguati gli operatori economici, destinatari o meno di un parere doganale vincolan-te, i quali potrebbero subire altrimenti un danno imprevedibile e irreparabile. Corte di giustizia, 29 gennaio 1998, causa C-315/96, Lopex export, in Racc. 1998, p. I- 317, e, nello stesso senso, vedi ord. 3 dicembre 2008, causa P-227/06, RSA Secu-rity Ireland c. Commissione.

• Dall’art. 12 del regolamento n. 2913/92, che istituisce il codice doganale comunitario, risulta che un’informazione tariffaria vincolante crea diritti solo in capo al suo titolare e nei confronti delle sole merci in essa descritte. Di conseguenza, nell’ambito di una controversia pendente dinanzi al giudice di uno Stato membro, le parti non di-spongono di alcun diritto personale di avvalersi di un’informazione tariffaria vincolante relativa ad una merce analoga rilasciata ad un terzo dalle autorità di un altro Stato membro. L’art. 234 CE deve essere interpretato nel senso che, qualora, nell’ambito di una controversia relativa alla clas-sificazione tariffaria di una determinata merce pendente dinanzi ad un giudice nazionale, venga prodotta un’interpretazione tariffaria vincolante relativa ad una merce analoga e rilasciata ad un terzo rispetto alla detta controversia dalle autorità doganali di un altro Stato membro, e il detto giudice ritenga erronea la classificazione tariffaria operata da tale informazione, queste due circostanze non possono avere la conseguenza, qualora si tratti di un giudice le cui decisioni possono essere oggetto di un ricorso giurisdizionale di diritto interno, di obbligare quest’ultimo a sottoporre questioni d’in-terpretazione alla Corte. Per quanto riguarda un giudice le cui decisioni non possono essere oggetto di un ricorso giurisdizionale di diritto interno, le dette circostanze non possono, di per sé, avere la conseguenza automatica di obbligare quest’ultimo a sottoporre questioni di interpretazione alla Corte. Tale giudice è tuttavia tenuto, qualora una que-stione di diritto comunitario si ponga dinanzi ad esso, ad adempiere il suo obbligo di rinvio, salvo che non abbia constatato che la questione non è pertinente, o che la disposizione comunitaria di cui è causa ha già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte, ovvero che la corretta appli-

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53 Art. 13 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

cazione del diritto comunitario si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi; la configurabilità di tale eventualità va valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto comunitario, delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze di giurisprudenza all’interno della Comunità. A tal riguardo, l’esistenza di un’informazione tariffaria vincolante, rilasciata dall’autorità di un altro Stato membro, deve indurre il detto giudice ad essere par-ticolarmente attento nella sua valutazione relativa ad un’eventuale assenza di ragionevole dubbio in merito alla corretta applicazione della nomencla-tura combinata, tenendo conto, segnatamente, dei tre elementi di valutazione sopra menzionati. Corte di giustizia, 15 settembre 2005, causa C-495/03, Intermodal transports, in Racc. 2005, p. I-8151.

Sezione IVAltre disposizioni

13. [1 L’autorità doganale può, alle condizioni stabilite dalle disposizioni in vigore, effettuare tutti i controlli ritenuti necessari per garantire la corretta applicazio-ne della legislazione doganale e di altre legislazioni che disciplinano l’entrata, l’uscita, il transito, il trasferi-mento e l’utilizzazione finale di merci in circolazione tra la Comunità e i paesi terzi e la presenza di merci non aventi posizione comunitaria. Controlli doganali ai fini della corretta applicazione della legislazione comuni-taria possono essere effettuati in un paese terzo qualo-ra un accordo internazionale lo preveda.

2. I controlli doganali, diversi dai controlli a cam-pione, si fondano sull’analisi dei rischi, utilizzando procedimenti informatici, al fine di identificare e quantificare i rischi e di sviluppare le misure necessarie per effettuare una valutazione degli stessi, sulla base di criteri elaborati a livello nazionale, comunitario e, se disponibili, internazionale.

Si ricorre alla procedura del comitato per definire un quadro comune in materia di gestione dei rischi e per stabilire criteri comuni e settori di controllo prio-ritari.

Gli Stati membri, in cooperazione con la Commis-sione, instaurano un sistema elettronico per l’attuazio-ne della gestione dei rischi.

3. Se espletati da autorità diverse dalle autorità doganali, i controlli sono effettuati in stretto coordina-mento con queste ultime, se possibile nel medesimo luogo e nel medesimo momento.

4. Nell’ambito dei controlli previsti dal presente articolo, le autorità doganali e le altre autorità compe-tenti, quali le autorità veterinarie e di polizia, possono

procedere allo scambio dei dati ricevuti nel contesto dell’entrata, dell’uscita, del transito, del trasferimento e dell’utilizzazione finale delle merci in circolazione tra il territorio doganale della Comunità e i paesi terzi e della presenza di merci non aventi posizione comunitaria, tra di loro, tra le autorità doganali degli Stati membri e la Commissione se ciò è necessario per ridurre quanto più possibile i rischi.

La trasmissione di dati riservati alle autorità doganali e agli altri enti (per esempio agenzie per la sicurezza) di paesi terzi è ammessa unicamente nel quadro di un accordo internazionale, a condizione che siano rispettate le disposizioni in materia di protezione dei dati, in particolare la direttiva 95/46/CE del Parla-mento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circo-lazione di tali dati, e il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati. ]

È una norma generale. Se l’obiettivo principa-le del Legislatore europeo è quello di proteggere efficacemente le risorse proprie, ne consegue che l’Autorità doganale deve essere dotata del potere di effettuare qualsivoglia tipo di controllo per assicurarsi l’applicazione corretta sia della legi-slazione doganale sia di qualsiasi altra normativa afferente lo scambio delle merci: es. Convenzione TIR, Convenzione ATA, NATO. Gli ambiti in cui vengono effettuati i controlli doganali sono per es.: i dati contenuti nella dichiarazione doganale (vedi art. 68 e art. 78 CDC) per es. relativi all’ammonta-re dei dazi applicabili in relazione all’origine e al valore delle merci); i controlli legati alla sicurezza e salute pubblica, all’ambiente, all’applicazione delle regole della Politica Agricola Comune (PAC), delle norme veterinarie, fitosanitarie.

Il comma 2 è dedicato all’analisi dei ri-schi. I controlli sono efficienti nella misura in cui consentono di ottenere il massimo risultato at-traverso la gestione corretta delle risorse disponi-bili ed evitando ritardi inaccettabili per il traffico lecito. Ciò si ottiene attraverso l’analisi dei rischi o gestione dei rischi (art. 4, p. 26, CDC; art. 4 sep-ties – undecies): cioè l’utilizzo di una tecnica di identificazione del rischio e l’adozione di tutte le misure volte ad impedire che quel rischio diventi realtà. Sulla gestione del rischio, la Commissione

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54il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 14

europea ha recentemente elaborato una Comuni-cazione (COM (2012) 793 del 8.01.2013).

In caso di controlli congiunti con altre auto-rità (es. veterinari, Cites), il comma 3 attribuisce alle autorità doganali il compito di coordinare i controlli al fine di concentrarli in un unico spazio e tempo. A tal proposito si richiamano le recenti disposizioni nazionali sullo Sportello Unico: DPCM del 4 novembre 2010 n. 242; circolare n. 36/D/08; nota n. 36377 del 26/3/12; nota n. 10202 del 23/3/13; nota n. 22592 del 22/2/13; nota n. 34677 del 18/3/13; nota n. 84219 del 10/7/13; nota n. 88384 del 19/7/13; nota n. 111152 del 30/9/13; nota n. 142192 del 5/12/13 tutte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e disponibili sul sito isti-tuzionale.

14. [Ai fini dell’applicazione della normativa doganale ogni persona direttamente o indirettamente interessa-ta alle operazioni effettuate nell’ambito degli scambi di merci, fornisce all’autorità doganale, su richiesta e nei termini da essa eventualmente stabiliti, tutta la docu-mentazione e le informazioni, indipendentemente dal loro supporto, nonché tutta l’assistenza necessaria].

La norma impone a qualsiasi persona (fisica o giuridica) indipendentemente dall’essere coinvol-ta direttamente o indirettamente nelle operazioni doganali di fornire qualsiasi informazione e/o documentazione, nonché assistenza alle autorità doganali al fine di consentirle l’applicazione delle norme doganali. Tale disposizione trova appli-cazione in tema di revisione dell’accertamento, indagini finanziarie, contenzioso.

15. [Tutte le informazioni di natura riservata o fornite in via riservata sono coperte dal segreto d’ufficio. Es-se non sono divulgate dalle autorità competenti, salvo espressa autorizzazione della persona o dell’autorità che le ha fornite. La trasmissione delle informazioni è tuttavia consentita se le autorità competenti sono te-nute a divulgarle in virtù delle norme vigenti, in parti-colare nell’ambito di procedimenti giudiziari. La divul-gazione o la trasmissione delle informazioni avviene nel pieno rispetto delle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati, in particolare la direttiva 95/46/CE e del Reg. CE n. 45/2001].

16. [Ai fini del controllo doganale gli interessati devono conservare, per il periodo stabilito dalle norme vigenti e per almeno tre anni civili i documenti di cui all’articolo 14, qualunque sia il loro supporto. Questo termine de-corre dalla fine dell’anno nel corso del quale:

a) sono state accettate le dichiarazioni di immis-sione in libera pratica o di esportazione, quando si tratti di merci immesse in libera pratica in casi diversi da quelli di cui alla lettera b) o di merci dichiarate per l’esportazione;

b) è cessato l’assoggettamento alla vigilanza doga-nale, quando si tratti di merci immesse in libera pratica fruendo di un dazio all’importazione ridotto o nullo a motivo della loro utilizzazione per fini particolari;

c) è stato appurato il regime doganale, quando si tratti di merci vincolate ad un altro regime;

d) le merci escono dall’impresa in questione, qualora si tratti di merci poste in zona franca o in un deposito franco.

Fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 221, paragrafo 3, seconda frase, quando, da un controllo doganale effettuato in merito ad un’obbligazione doganale, emerga la necessità di rettificare la relativa contabilizzazione, i documenti sono conservati, oltre il termine di cui al primo comma, per un periodo di tem-po che consenta di procedere alla rettifica e alla verifica di tale contabilizzazione].

17. [I termini prescritti ai sensi e per gli effetti della normativa doganale possono essere prorogati solo se e in quanto essa lo preveda espressamente].

Si tratta della proroga dei termini legali, cioè di quelli stabiliti dalla normativa doganale. La proroga può essere concessa solo se tale facoltà è espressamente prevista (cfr. art. 507 DAC; 521, 1° comma, DAC).

18. [1. Il controvalore dell’ecu nelle monete nazionali, da applicare ai fini della determinazione della classifi-cazione tariffaria delle merci e dei dazi all’importazio-ne, è stabilito una volta al mese. I tassi da applicare per questa conversione sono quelli pubblicati nella Gazzet-ta Ufficiale delle Comunità europee il penultimo giorno feriale del mese. Questi tassi sono applicati per tutto il mese successivo.

Tuttavia, se il tasso applicabile all’inizio del mese differisce di oltre il 5% del tasso pubblicato il penulti-mo giorno feriale che precede la data del 15 dello stes-so mese, il tasso in questione si applica a decorrere dal 15 e fino alla fine del mese in questione.

2. Il controvalore dell’ecu nelle monete nazionali, da applicare nel quadro della normativa doganale nei casi diversi da quelli di cui al paragrafo 1, è stabilito una volta all’anno. I tassi da utilizzare per questa conversione sono quelli pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee il primo giorno feriale del mese di ottobre, con

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55 Art. 19 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

effetto al 1° gennaio dell’anno successivo. Se, per una data moneta nazionale, questo tasso non è disponibile, il tasso di conversione da utilizzare per la moneta conside-rata è quello dell’ultimo giorno in cui è stato pubblicato un tasso nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.

3. Le autorità doganali possono arrotondare, per eccesso o per difetto, la somma risultante dalla conver-sione nella loro moneta nazionale di un importo fissato in ecu a fini diversi dalla determinazione della classifi-cazione tariffaria delle merci o dei dazi all’importazione o all’esportazione.

L’importo risultante dall’arrotondamento non può discostarsi da quello originario di oltre il 5%.

Le autorità doganali possono mantenere immutato il controvalore in moneta nazionale di un importo fis-sato in ecu quando, all’atto dell’adeguamento annuo di cui al paragrafo 2, la conversione di questo importo comporti, prima del succitato arrotondamento, una modifica del controvalore espresso in moneta nazionale inferiore al 5% o una riduzione di detto controvalore].

19. [I casi e le condizioni in cui può essere ammessa un’applicazione semplificata della normativa doganale vengono definiti in base alla procedura del comitato].

È il caso, ad esempio, delle procedure sempli-ficate previste per tutti i regimi con esclusione del transito e descritte all’art. 253 e segg. DAC; delle semplificazioni per il regime del transito (artt.372 - 450 DAC).

Titolo IIPrincipi in base ai quali

sono applicati i dazi all’importazione o all’esportazione

e le altre misure previste nel quadro degli scambi di merci

Principi generali applicabili alle merciI tre elementi necessari per individuare le

merci ai fini della loro circolazione da e per il ter-ritorio dell’UE sono: la classificazione doganale; l’origine e il valore.

Capitolo ITariffa doganale

delle comunità europee e classificazione tariffaria

delle merci

20. [1. I dazi doganali dovuti per legge quando sorge un’obbligazione doganale sono basati sulla tariffa do-ganale delle Comunità europee.

2. Le altre misure stabilite con disposizioni comu-nitarie specifiche nel quadro degli scambi di merci sono applicabili, se del caso, in base alla classificazione tariffaria delle merci di cui trattasi.

3. La tariffa doganale delle Comunità europee comprende:

a) la nomenclatura combinata delle merci;b) qualsiasi altra nomenclatura che ricalchi in tutto

o in parte la nomenclatura combinata o che vi ag-giunga altre suddivisioni e sia istituita da disposizioni comunitarie specifiche per l’applicazione delle misure tariffarie nel quadro degli scambi di merci;

c) le aliquote e gli altri elementi di tassazioni ap-plicabili di norma alle merci contemplate dalla nomen-clatura combinata per:

— i dazi doganali e — le imposizioni all’importazione istituite nel

quadro della politica agricola comune o in quello dei regimi specifici applicabili a talune merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli;

d) le misure tariffarie preferenziali contenute in accordi che la Comunità ha concluso con taluni Paesi o gruppi di Paesi e che prevedono la concessione di un trattamento tariffario preferenziale;

e) le misure tariffarie preferenziali adottate uni-lateralmente dalla Comunità a favore di taluni Paesi, gruppi di Paesi o territori;

f) le misure autonome di sospensione che preve-dono la riduzione o l’esonero dai dazi all’importazione applicabili a talune merci;

g) le altre misure tariffarie previste da altre norma-tive comunitarie.

4. Fatte salve le disposizioni relative alla tassazione forfettaria, quando le merci considerate soddisfano le condizioni stabilite dal paragrafo 3, lettere da d) a f), queste misure si applicano su richiesta del dichiarante in luogo e vece di quelle di cui alla lett. c). La domanda può essere introdotta a posteriori finché sussistono le condizioni richieste.

5. Quando è limitata ad un determinato volume d’importazione, l’applicazione delle misure di cui al paragrafo 3, lettere da d) ad f) cessa:

a) per i contingenti tariffari, non appena sia stato raggiunto il limite del volume d’importazione previsto;

b) per i massimali tariffari, per effetto di un regola-mento della Commissione.

6. La classificazione tariffaria di una merce consiste nel determinare, secondo le vigenti disposizioni:

a) la sottovoce della nomenclatura combinata o la sottovoce di un’altra nomenclatura di cui al paragrafo 3, lett. b), oppure

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56il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 20

b) la sottovoce di qualsiasi altra nomenclatura che ricalchi in tutto o in parte la nomenclatura combinata o che vi aggiunga eventualmente altre suddivisioni e sia istituita da disposizioni comunitarie specifiche per l’applicazione di misure diverse da quelle tariffarie nel quadro degli scambi di merci,

in cui la merce deve essere classificata].

Mentre l’ingresso (regolare o irregolare) della merce costituisce la causa della nascita dell’ob-bligazione doganale, la tariffa doganale dell’UE ne individua il metodo di calcolo. Il dazio varia a seconda del tipo di merce introdotta nel territorio doganale dell’UE; al fine di rendere gli scambi più veloci, è quindi indispensabile classificare le merci, cioè attribuire ad ogni tipo di merce, un codice. L’attuale classificazione doganale delle merci adottata dall’UE si basa sul Reg.to (CEE) n. 2658/87 che è il risultato della fusione delle nomenclature della tariffa doganale comune e della Nimexe. L’adozione di tale nomenclatura è stata determinata dalla necessità di salvaguarda-re e promuovere la concordanza tra questa e le altre nomenclature di merci (in particolare quella usata dalle Nazioni Unite), al fine di semplificare le formalità, facilitare il movimento delle merci e fornire agli Stati membri dell’UE uno strumento per l’attuazione di una politica commerciale co-mune. L’attuale classificazione di basa sul Sistema armonizzato (SA) – Harmonized System (HS). Il Sistema Armonizzato è una nomenclatura inter-nazionale elaborata dal WCO (World Customs Organization/Organizzazione mondiale delle do-gane) che codifica le merci scambiate nel mondo. L’intera classificazione è composta da 21 sezioni e 99 capitoli. Esempio: SEZIONE XI Materie tessili e loro manufatti: Capitolo 62 Indumenti e accessori di abbigliamento, diversi da quelli a ma-glia. Voce 6201 Cappotti, impermeabili, giacconi, mantelli e simili. Sottovoce 620112 di cotone. La Nomenclatura Combinata (NC) è una codifica ad 8 cifre: es. NC 62011210 Cappotti, impermeabili, giacconi, mantelli e simili di cotone, di un peso, per pezzo, uguale o inferiore a 1 kg. La Taric (Tariffa Integrata Comunitaria) è un codice a 10 cifre: si basa sulla nomenclatura e aggiunge l’indi-cazione del dettaglio del prodotto: es. : 62011210 10 Eskimo; 62011210 90 altri.

Agli Stati membri sono riservate l’11^ e 12 ̂ ci-fra per indicare altre misure come IVA e Accise. La nomenclatura combinata consente l’applicazione delle politiche comunitarie relative all’importa-zione ed esportazione di merce e risponde alle

esigenze di raccogliere, trasmettere e pubblicare dati relativi alle statistiche del commercio estero dell’Unione Europea. Essa è inoltre utilizzata per raccogliere e comunicare, mediante i riepiloghi Intrastat, le statistiche del commercio nell’ambito degli scambi intracomunitari. La corretta codifica delle merci è estremamente importante in quanto influenza l’applicazione dei dazi all’importazione. L’intera classificazione è consultabile nel sito in-ternet: www.agenziadogane.gov.it. Nel medesimo sito sono contenute le note esplicative, informa-zioni riguardanti divieti, licenze, l’indicazione delle certificazioni necessarie per l’applicazione delle tariffe preferenziali, il riferimento a norme comunitarie e numerose altre informazioni con-nesse con l’export e l’import di merci.

Classificazione delle merci applicata da uno Stato membro.

• Per costante giurisprudenza, il criterio decisi-vo per la classificazione doganale delle merci deve venire reperito in linea generale nelle loro caratteri-stiche e proprietà obiettive, come sono definite dal tenore delle voci della Tariffa doganale comune e dalle note delle sezioni o dei capitoli. La sottovoce 87.02 A, autoveicoli per il trasporto delle persone, compresi gli autoveicoli misti, della Tariffa dogana-le comune va interpretata nel senso che essa com-prende autoveicoli in cui lo spazio dietro il posto di guida è predisposto per il montaggio di sedili fissi, ribaltabili o amovibili, e che sono provvisti di vetri laterali, di una porta posteriore laterale o di un por-tellone nonché di finiture interne simili a quelle de-gli autoveicoli per il trasporto di persone. Qualora una merce proveniente da un paese terzo sia stata importata in uno Stato membro e messa in libera pratica dopo il versamento dei dazi corrispondenti alla classificazione doganale adottata dalle autorità di questo Stato membro, le autorità degli altri Stati membri non possono più riclassificarla sotto altre voci della Tariffa doganale comune o riscuotere dazi doganali suppletivi. Tuttavia, la classificazione doganale adottata dalle autorità di uno Stato mem-bro per un prodotto può essere modificata dalle autorità di un altro Stato membro, vuoi per la clas-sificazione di altri esemplari dello stesso prodotto, vuoi per l’ applicazione del loro diritto nazionale. Corte di giustizia, 24 gennaio 1991, Tomatis e Ful-chiron, causa C-384/89, in Racc. 1991, p. I-127.

• In mancanza di disposizioni comunitarie in materia, le note esplicative e i pareri sulla clas-sificazione, previsti dalla convenzione sulla no-menclatura per la classificazione delle merci nelle tariffe doganali, sono un mezzo idoneo per l’ inter-pretazione delle voci della tariffa doganale comune.

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57 Art. 20 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

Il regolamento CEE n. 241/70, in quanto precisa il contenuto della voce 21.07, ha natura costitu-tiva e non può avere effetto retroattivo. La clas-sificazione di una merce sotto la voce 21.04 della tariffa doganale comune va esclusa qualora l’uso di burro, burro fuso od olio di burro frazionato per la sua fabbricazione la renda inidonea ad essere usata, nello stato in cui si trova, per rendere più saporiti determinati cibi. Spetta al giudice nazio-nale stabilire se ciò avvenga in realtà. L’ entrata in vigore del regolamento del consiglio n. 950/68 non ha menomato l’ efficacia giuridica delle “verbindli-che zolltarifauskuenfte” (istruzioni vincolanti per l’amministrazione) fornite a norma del paragrafo 23 della legge doganale tedesca. Corte di giustizia, 24 novembre 1971, Siemers & Co., causa 30/71, in Racc. 1971, p. 919.

Note complementari alla tariffa doganale comune.

• Una nota complementare della tariffa doga-nale comune, scaturita dalla volontà del Consiglio, e parte integrante della voce cui essa si riferisce ed ha pari forza vincolante, vuoi che ne costituisca un’interpretazione autentica, vuoi che ne completi il contenuto. A decorrere dal 1° luglio 1968, la tarif-fa doganale comune ha sostituito le tariffe doganali nazionali degli stati membri. La competenza per interpretarla e determinare gli effetti giuridici delle voci che la compongono spetta esclusivamente alle autorità comunitarie, sotto il controllo dei giudici incaricati di applicare ed interpretare il diritto co-munitario. Di conseguenza, l’interpretazione, rela-tiva ad una voce d’una tariffa doganale nazionale o comune soltanto a determinati Stati membri, data dalla competente autorità di uno Stato membro anteriormente al 1° luglio 1968 non può, in quanto tale, prevalere nell’ordinamento giuridico comuni-tario, neppure nell’ipotesi in cui la corrispondente descrizione delle merci fosse rimasta invariata nella tariffa doganale comune . Essendosi la Comunità sostituitasi agli Stati membri per quanto riguar-da l’adempimento degli impegni contemplati dal GATT, l’efficacia giuridica cogente di tali impegni va valutata in relazione alle afferenti disposizioni dell’ordinamento giuridico comunitario, non già in relazione a quelle che li rendevano precedentemente efficaci negli ordinamenti giuridici nazionali. La Comunità si è sostituita agli Stati membri relati-vamente agli impegni assunti con la Convenzione 15 dicembre 1950 sulla nomenclatura per la clas-sificazione delle merci nelle tariffe doganali e con la Convenzione, di pari data, relativa all’istituzione di un consiglio di cooperazione doganale. I pareri di classificazione emessi dal consiglio di cooperazione

doganale non vincolano le parti contraenti, ma co-stituiscono elementi interpretativi tanto più deter-minanti per il fatto ch’essi emanano da un’Autorità incaricata dalle parti contraenti di garantire l’uni-formità nell’interpretazione e nell’applicazione della nomenclatura. Siffatta interpretazione, qualora corrisponda, inoltre, alla prassi generalmente se-guita dagli stati contraenti, potrebbe venire esclusa solo nell’ipotesi in cui risultasse inconciliabile con i termini della voce di cui trattasi, ovvero qualora essa eccedesse palesemente il potere discrezionale attribuito al consiglio di cooperazione doganale. Corte di giustizia, 19 novembre 1975, Ouaneagent Der N.V. Nederlandse Spoorwegen contro Inspec-teur Der Invoerrechten En Accijnzen, causa 38/75, in Racc. 1975, p. 1439.

Note esplicative della tariffa doganale co-mune.

• Le note esplicative elaborate dal consiglio di cooperazione doganale costituiscono, in assenza di specifiche disposizioni comunitarie, un valido strumento per l’interpretazione delle voci della tariffa doganale comune. L’avvertenza che precede le note esplicative della tariffa doganale delle Co-munità europee precisa che queste sono destinate, non a sostituire, ma semplicemente ad integrare le note esplicative del consiglio di cooperazione doganale. Di conseguenza, le prime vanno inter-pretate alla luce delle seconde. Tanto dalle note esplicative elaborate dal Consiglio di cooperazione doganale, quanto dalle note esplicative della tarif-fa doganale comune delle Comunità europee si de-sume che la voce 84.12 di detta tariffa contempla unicamente gli apparecchi comprendenti elementi che siano destinati a modificare la temperatura in un determinato ambiente e, contemporaneamente, a regolare il grado igrometrico dell’aria nello stesso ambiente, ovvero che siano destinati a, e quanto meno consentano di, correggere il grado d’umidità che costituisca semplicemente la conseguenza automatica della temperatura prescelta. Essa non comprende gli apparecchi costruiti unicamente allo scopo di modificare la temperatura di un determinato ambiente, qualora le variazioni del grado igrometrico di tale ambiente costituiscano semplicemente la conseguenza automatica, non regolabile ne rettificabile, della temperatura. In quanto la nozione di umidità relativa corrisponda a quella di grado igrometrico, l’espressione ‘per modificare la temperatura e l’umidità’ di cui alla voce 84.12 della tariffa doganale comune si rife-risce alla modifica dell’umidità relativa. Corte di giustizia, 4 ottobre 1979, Cleton, causa 11/79, in Racc. 1979, p. 3069.

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58il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 21

Pareri di classificazione interpretativi.• Il criterio determinante per la classificazione

doganale delle merci va reperito, in linea di mas-sima, nelle loro caratteristiche e proprietà oggettive, come definite nel testo della nomenclatura combi-nata. Esistono inoltre note esplicative elaborate, per quanto riguarda la nomenclatura, dalla Commis-sione e, per quanto riguarda il sistema armonizzato di designazione e codificazione delle merci, dal Consiglio di cooperazione doganale, le quali forni-scono un rilevante contributo all’interpretazione della portata delle varie voci doganali, senza però essere giuridicamente vincolanti. Corte di giustizia dell’Unione europea, Mövenpick Deutschland GmbH für das Gastgewerbe c. Hauptzollamt Bre-men, causa C-405/97, in Racc. 1999, p. I-2397.

• Dato che non è possibile trarre la definizio-ne di ‘orzo perlato’, ai fini dell’attribuzione della restituzione all’esportazione, nè dalla normativa agricola afferente, nè dalla voce 11.02 della tariffa doganale comune (tdc), alla quale detta normativa espressamente si richiama, nè dalle note esplicative della tdc, occorre rifarsi alle note esplicative della nomenclatura del consiglio di cooperazione doga-nale, in considerazione del fatto che la voce 11.02 della tdc riproduce esattamente una voce di detta nomenclatura. Di conseguenza, ai sensi dell’allega-to del Regolamento n . 19/62, dell’art. 5, n. 1, d, del Regolamento n. 141/64 e del Regolamento n. 11/66, per “orzo perlato” devono intendersi i chicchi di orzo che soddisfano quanto meno le condizioni poste dalle note esplicative della voce 11.02 della nomenclatura del consiglio di cooperazione doga-nale. Corte di Giustizia, 17 giugno 1982, Wuen-sche, causa 3/81, in Racc. 1982, p.2319.

• I pareri di classificazione interpretativi espres-si dal Comitato del codice doganale nonché quelli espressi dall’Organizzazione mondiale delle dogane in relazione alla classificazione dei prodotti, rispet-tivamente, nella nomenclatura combinata e nel si-stema armonizzato di designazione e codificazione delle merci, pareri che non si sono tradotti in un regolamento, possono essere validamente utilizzati nei rapporti giuridici nati e costituiti prima che detti pareri venissero emessi. Corte di giustizia, 16 giugno 2011, Unomedica, causa C-152/10, in Racc. 2011, p. I-5433.

Classificazione.• La destinazione di una merce, che non è una

qualità inerente alla stessa, non può servire come criterio obiettivo per la sua classificazione dogana-le all’atto dell’importazione, giacché è impossibile

determinare, in quel momento, l’uso effettivo che ne sarà fatto. Di conseguenza, l’uso effettivo della merce non può essere preso in considerazione onde determinarne la classificazione doganale. Corte di giustizia, 10 giugno 1986, Hauptzollamt Osna-brueck, causa C-222/85, in Racc. 1986, p. 2449.

• Qualora, per la classificazione doganale di prodotti misti, di lavori composti di materie diffe-renti o costituiti dall’insieme di oggetti differenti, nonché di merci presentate in assortimenti, si debba applicare la regola generale 3 b) per l’inter-pretazione della nomenclatura della tariffa dogana-le comune, a norma della quale la classificazione dev’essere effettuata secondo la materia o l’oggetto che conferisce al prodotto il carattere essenziale, l’identificazione di detta materia può essere effet-tuata chiedendosi se la merce, privata di questa o di quella componente, conserverebbe o no le pro-prietà che la caratterizzano. Corte di giustizia, 21 giugno 1988, Sportex, causa 253/87, in Racc. 1988, p. 3351.

21. [1. Il trattamento tariffario favorevole di cui talune merci possono beneficiare a motivo della loro natura o della loro destinazione particolare è subordinato a condizioni stabilite secondo la procedura del comita-to. Quando è richiesta l’autorizzazione si applicano gli artt. 86 e 87.

2. Ai sensi del paragrafo 1, per «trattamento tariffa-rio favorevole» si intende qualsiasi riduzione o sospen-sione, anche nel quadro di un contingente tariffario, di un dazio all’importazione ai sensi dell’art. 4, punto 10].

L’articolo in commento rinvia all’immissione in libera pratica con destinazione particolare di-sciplinato all’art. 82 CDC.

OrigineNel commercio internazionale identifica

l’origine economica delle merci: può essere non preferenziale o preferenziale.

Origine non preferenzialeIndividua il luogo di produzione della merce

(non il luogo in cui viene caricata) allo scopo di applicare misure di politica commerciale: es. dazio antidumping; restrizioni quantitative, em-barghi, misure di salvaguardia e ritorsione). Le restituzioni all’esportazione dall’UE sono spesso legate all’origine non preferenziale. Le norme di riferimento sono gli artt. 23 - 26 CDC; artt. 35 - 65 DAC; allegati 9 - 11 DAC.

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59 Art. 22 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

L’origine non preferenziale si basa su due nozioni fondamentali: prodotti “interamente ottenuti” e prodotti che hanno subito una “tra-sformazione sostanziale” a seconda che entri in gioco un solo Paese o più di uno.

Capitolo IIOrigine delle merci

Sezione IOrigine non preferenziale

delle merci

22. [Gli articoli da 23 a 26 definiscono l’origine non preferenziale delle merci per:

a) l’applicazione della tariffa doganale delle Comu-nità europee, escluse le misure di cui all’art. 20, para-grafo 3, lett. d) ed e);

b) l’applicazione delle misure diverse da quelle ta-riffarie stabilite da disposizioni comunitarie specifiche nel quadro degli scambi di merci;

c) la compilazione e il rilascio dei certificati d’origi-ne].

23. [1. Sono originarie di un Paese le merci interamen-te ottenute in tale Paese.

2. Per merci interamente ottenute in un Paese s’intendono:

a) i prodotti minerali estratti in tale Paese;b) i prodotti del regno vegetale ivi raccolti;c) gli animali vivi, ivi nati ed allevati;d) i prodotti che provengono da animali vivi, ivi

allevati;e) i prodotti della caccia e della pesca ivi praticate;f) i prodotti della pesca marittima e gli altri prodotti

estratti dal mare, al di fuori delle acque territoriali di un Paese, da navi immatricolate o registrate in tale Paese e battenti bandiera del medesimo;

g) le merci ottenute a bordo di navi-officina utiliz-zando prodotti di cui alla lett. f), originari di tale Paese, sempreché tali navi-officina siano immatricolate o regi-strate in detto Paese e ne battano la bandiera;

h) i prodotti estratti dal suolo o dal sottosuolo mari-no situato al di fuori delle acque territoriali, sempreché tale Paese eserciti diritti esclusivi per lo sfruttamento di tale suolo o sottosuolo;

i) i rottami e i residui risultanti da operazioni mani-fatturiere e gli articoli fuori uso, sempreché siano stati ivi raccolti e possono servire unicamente al recupero di materie prime;

j) le merci ivi ottenute esclusivamente dalle merci di cui alle lettere da a) ad i) o dai loro derivati, in qual-siasi stadio essi si trovino.

3. Per l’applicazione del paragrafo 2, la nozione di Paese comprende anche il rispettivo mare territoriale].

Individua i criteri per poter qualificare una merce come “interamente ottenuta” in un deter-minato Paese.

• Nell’applicare l’art. 4, n. 2, lett. f) del Regola-mento n. 802/68, relativo alla definizione comune della nozione di origine delle merci, in caso di ope-razione congiunta di pesca da parte di navi battenti diverse bandiere o immatricolate in paesi diversi, l’origine del pesce deve essere determinata tenendo conto, non già della bandiera del battello che proce-de unicamente a sollevare le reti, bensì della bandie-ra della nave che procede alla parte essenziale della cattura, cioè in particolare la localizzazione del pe-sce e la presa nelle reti, di guisa che il pesce non si sposti più liberamente nel mezzo marino. Corte di giustizia, 28 marzo 1985, causa 100-84, Commis-sione c. Regno Unito, in Racc. I- 1169.

24. [Una merce alla cui produzione hanno contribuito due o più Paesi è originaria del Paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, eco-nomicamente giustificata ed effettuata in un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbri-cazione di un prodotto nuovo od abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione].

A differenza dell’articolo precedente, quello in commento, si riferisce all’ipotesi in cui alla realiz-zazione/produzione della merce contribuiscono più Paesi. A tal proposito risulta fondamentale la nozione di “trasformazione sostanziale”: l’ultima trasformazione o lavorazione è «sostanziale», ai sensi del presente articolo, solo qualora il prodot-to che ne risulta abbia composizione e proprietà specifiche che non possedeva prima di essere sot-toposto a tale trasformazione o lavorazione. Le operazioni che modificano l’aspetto esteriore del prodotto ai fini della sua successiva utilizzazione, lasciandone sostanzialmente inalterate, sotto il profilo qualitativo, le caratteristiche essenziali, non possono determinare l’origine del prodotto stesso. Cfr. C-26/88; Brother International, Racc. pag. 4253, punto 20 ECLI:EU:C:1989:637; cause riunite C447/05 e C448/05, Thomson e Vestel Fran-ce, ECLI:EU:C:2007:151 punto 27; causa C372/06, Asda Stores, ECLI:EU:C:2007:787 punto 37 ; C- 260/08 Heko ECLI:EU:C:2009:768; C-370/08, Data I/O ECLI:EU:C:2010:284). L’art. 38 delle DAC in-dividua le lavorazioni che non producono una tra-

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60il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 25

sformazione sostanziale delle merci. Una trasfor-mazione o una lavorazione può avere carattere sostanziale anche in mancanza di un cambiamen-to di classificazione tariffaria. La determinazione dell’origine delle merci deve essere effettuata in base ad una distinzione oggettiva e concreta fra prodotto base e prodotto trasformato, tenendo conto in sostanza delle caratteristiche materiali specifiche di ciascuno dei suddetti prodotti.

• La separazione, la frantumazione e la puli-tura dei blocchi di silicio, nonché la vagliatura, la cernita e l’imballaggio finali dei granuli di silicio ottenuti dalla frantumazione, non costituiscono una trasformazione o una lavorazione che confe-risce il carattere originario ai sensi dell’art. 24 del Regolamento n. 2913/92, che istituisce un codice doganale comunitario, in quanto non modificano le proprietà o la composizione del prodotto. Esiste un’oggettiva differenza tra il procedimento di in-chiesta iniziale diretto a determinare l’esistenza di una pratica di dumping e il procedimento di rie-same di una misura antidumping destinata a ces-sare. Infatti, mentre le importazioni soggette alla procedura di riesame sono quelle che sono state già assoggettate a misure antidumping definitive e nei confronti delle quali sono stati raccolti, in linea di principio, elementi probatori sufficienti ad accerta-re che l’eliminazione di tali misure implica proba-bilmente il rischio del persistere o della reiterazione del dumping e del pregiudizio, per contro, qualora importazioni vengano assoggettate ad un’inchiesta iniziale, anche se il suo avvio presuppone l’esi-stenza di elementi di prova sufficienti a giustificare l’apertura di un siffatto procedimento, il suo oggetto consiste appunto nell’accertare l’esistenza, il grado e l’effetto di qualsiasi asserito dumping.

Nell’ambito del riesame delle misure antidum-ping destinate a cessare, effettuato ai sensi dell’art. 11, n. 2, del Regolamento n. 384/96, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità eu-ropea, modificato dal Regolamento n. 461/2004, le autorità comunitarie devono solo accertare se la scadenza di tali misure implichi il rischio del persi-stere o della reiterazione del dumping e del pregiu-dizio o, in caso contrario, abrogarle. Per contro, un riesame delle misure destinate a cessare effettuato in forza di tale disposizione non può comportare la loro modifica. Ne consegue che, avendo le autorità comunitarie, all’esito di questo riesame, concluso che la scadenza delle misure antidumping compor-terebbe probabilmente la reiterazione del pregiudi-zio, il Regolamento n. 398/2004, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni

di silicio originario della Repubblica popolare ci-nese, è valido nella parte in cui mantiene il dazio antidumping. Corte di giustizia, 11 febbraio 2010, Hoesch metals, causa C-373/08, in Racc. 2010, p. I-951.

25. [Una trasformazione o lavorazione per la quale è accertato o per la quale i fatti contestati giustificano la presunzione che sia stata effettuata per eludere le di-sposizioni applicabili nella Comunità alle merci di de-terminati Paesi, non può in alcun modo essere consi-derata come conferente, ai sensi dell’art. 24, alle merci così ottenute l’origine del Paese in cui è effettuata].

È una norma antielusiva: si applica quando la lavorazione/trasformazione di un prodotto è ef-fettuata solo allo scopo di eludere le disposizioni che sarebbero applicate se le merci provenissero da un determinato Paese.

26. [1. La normativa doganale o altre normative co-munitarie specifiche possono prevedere che l’origine delle merci debba essere comprovata mediante pre-sentazione di un documento.

2. Nonostante la presentazione di detto documen-to l’autorità doganale può richiedere, in caso di seri dubbi, qualsiasi altra prova complementare per accer-tarsi che l’origine indicata risponda alle regole stabilite dalla normativa comunitaria].

Le prove dell’origine all’importazione sono: 1. Certificati di origine di diritto comune (artt. 47 DAC); 2. Certificati per determinati prodotti agrico-li (artt. 55 - 62 DAC; allegato 13 DAC); all’esporta-zione: certificati di origine (vedi artt. 48 - 54 DAC – allegato 12 DAC). Il comma 2 prevede la possibilità per l’autorità doganale di richiedere oltre ai docu-menti sopra citati, ulteriori prove addizionali.

Origine preferenzialeConferisce a certe merci provenienti da

determinati Paesi, vantaggi economici come la riduzione dei dazi o addirittura l’esenzione dal dazio. L’UE intrattiene rapporti commerciali con tutti i Paesi terzi, siglando trattati internazionali (o accordi). Questi accordi possono prevedere il riconoscimento di vantaggi economici senza con-dizione di reciprocità nei confronti di determinati Paesi (cd. S.P.G. Sistema delle Preferenze Genera-lizzate) oppure con il riconoscimento della reci-procità (cd. accordi preferenziali). Nell’ambito degli accordi preferenziali l’UE si presenta come un unico territorio non rilevando, pertanto quali

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61 Art. 27 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

siano gli Stati membri che partecipano alla fab-bricazione del prodotto.

Sezione IIOrigine preferenziale delle merci

27. [Le regole relative all’origine preferenziale deter-minano le condizioni di acquisizione dell’origine che le merci devono soddisfare per beneficiare delle misure di cui all’art. 20, paragrafo 3, lett. d) o e).

Tali regole sono stabilite:a) per le merci figuranti negli accordi di cui all’art.

20, paragrafo 3, lett. d), nell’ambito di tali accordi;b) per le merci che beneficiano delle misure tarif-

farie preferenziali di cui all’art. 20, paragrafo 3, lett. e), secondo la procedura del comitato].

Individua la base giuridica di questi accordi. Attraverso il rinvio al precedente art. 20, l’articolo in commento stabilisce che per gli accordi pre-ferenziali, le regole sull’origine sono contenute all’interno dei singoli accordi (art. 20, 3° comma, lett. d), CDC), mentre le misure tariffarie (S.P.G.) che l’UE concede unilateralmente a favore di al-cuni Paesi o gruppi di Paesi (art. 20, 3° comma, lett. e), CDC) sono regolate dalle norme delle DAC (artt. 66 - 97 quinvicies DAC).

S.P.G.: si tratta di una facilitazione conces-sa ai Paesi in via di sviluppo (il cui elenco figura nel Reg.to (UE) n. 978/12) al fine di consentire ai loro esportatori di pagare meno diritti doganali sui prodotti che vengono introdotti nell’UE. Il Reg. to (UE) n. 1063/10 ha introdotto una serie di modifiche all’originaria impostazione delle regole sul S.P.G., provvedendo ad un ridimensionamento e ad una semplificazione delle stesse, in modo da renderle di più facile comprensione e quindi più semplici da rispettare. In particolare, a partire dal 2017, l’attuale sistema di certificazione dell’origine sarà sostituito da autocertificazioni rilasciate diret-tamente dagli esportatori che si saranno registrati in una apposita banca dati. Il S.P.G. dell’UE (Reg.to (UE) n. 978/12) si compone di tre elementi: il regime generale del S.P.G. indirizzato a tutti i Pae-si beneficiari; il S.P.G.+ : che accorda preferenze tariffarie aggiuntive ai Paesi elencati nell’Allegato III, a condizione che soddisfino criteri di selezio-ne particolari come il criterio della vulnerabilità economica e la ratifica di 27 convenzioni interna-zionali, elencate nell’allegato VIII; il regime “tutto tranne le armi” (cd. EBA) che offre ai Paesi elencati nell’Allegato IV un regime in virtù del quale i dazi della tariffa doganale sono totalmente sospesi per tutti i prodotti dei capitoli da 1 a 97.

I principi su cui si basa il concetto di origi-ne dell’S.P.G. sono: 1. la tolleranza; 2. il cumulo (bilaterale; regionale; ampliato, cumulo con la Norvegia, Svizzera o Turchia – art.67, 1° comma, lett. f ed i delle DAC); 3. Il principio del traspor-to diretto è stato sostituito da quello della “non manipolazione” (art. 74 DAC); 4. le lavorazioni minime: cioè quale grado di lavorazione devono subire le merci per poter essere ammesse al S.P.G. (art. 76 DAC; allegato 13 bis DAC). La prova del-l’origine preferenziale della merce è il certificato FORM A.

Gli accordi preferenziali, (la cui lista è di-sponibile sul sito della Commissione Europa) che prevedono l’applicazione della clausola della reciprocità, sono veri e propri Trattati internazio-nali, contenenti tutte le disposizioni relative allo scambio delle merci tra le due parti firmatarie. Le merci, quindi, sono assoggettate alle regole indi-cate nel Trattato. Di norma, costituiscono parte integrante di questi accordi, i vari protocolli; tra questi assurge a particolare importanza quello sull’origine preferenziale. Per ottenere l’origine preferenziale, le merci scambiate tra le due parti firmatarie, dovranno rispettare le regole indicate nel protocollo di origine. Anche se lo scopo di tutti i regimi preferenziali è lo stesso e quindi la maggior parte delle norme siano comuni, vi possono essere differenze sostanziali. Di regola le disposizioni comuni a tutti gli accordi sono quelle relative al cumulo; al carattere originario, al concetto di tolleranza, al principio di territo-rialità, alle operazioni di lavorazioni insufficienti; all’esportatore autorizzato. La prova dell’origine preferenziale è il certificato EUR1 o EURMED.

Capitolo IIIValore in dogana delle merci

Il Dazio e l’I.V.A. sono di norma calcolati sul valore della merce, rappresentandone una percen-tuale diversa in ragione del tipo di merce (clas-sificazione). L’Unione Europea ha fatto propria la nozione internazionale di valore in dogana (vedi anche Accordo sul valore in dogana delle merci re-datto dall’O.M.D. Organizzazione Mondiale delle Dogane) riproponendola negli artt. 28 - 36 CDC e negli artt.141-181 bis delle DAC e negli allegati da 23 a 29 DAD. Tutte le questioni che afferiscono al valore come interpretazioni diverse tra Stati mem-bri; modifiche delle regole sul valore, orientamenti sulle regole sul valore, preparazione della posizio-ne UE all’interno del comitato tecnico dell’OMD, sono esaminate dal Comitato del codice doganale – sezione valore in dogana. Sul sito istituzionale

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62il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 28

dell’UE sono disponibili le raccolte dei testi sul va-lore in dogana e una sintesi delle sentenze in ma-teria pronunciate dalla Corte di giustizia dell’UE. Ai fini della determinazione del valore concorrono tutte le voci di costo della merce. Il valore della merce, come la sua origine, deve essere dichiarato attraverso l’utilizzo della dichiarazione doganale redatta sul modello DAU (dichiarazione ammini-strativa unica) e compilando i riquadri ad esso dedicati: casella 12, 22, 42, 43, 45, 47. A giustifi-cazione del valore, a seconda del tipo di regime doganale cui si intende vincolare la merce, verrà richiesto un documento giustificativo: es. per l’immissione in libera pratica, l’art. 218 DAC pre-scrive la presentazione della fattura (art.181 DAC) e del D.V.1 (art. 178 DAC; allegato 28 DAC). Il va-lore dichiarato in dogana costituisce un elemento fondamentale per assicurare il gettito delle risorse proprie all’erario europeo; ne consegue che una procedura inesatta di determinazione e quindi di riscossione delle risorse proprie, determina un danno agli interessi finanziari dell’UE e anche una responsabilità dello Stato membro. Va rilevato in proposito che tutte le disposizioni relative al valore in dogana delle merci, partono dall’ipotesi che i prodotti importati possano essere messi in commercio e introdotti nel circuito economico; da ciò ne consegue che non può essere determi-nato per merci, (come gli stupefacenti e sostanze psicotrope a condizione che non siano destinate ad uso medico e scientifico) di natura tale da non poter essere messe in circolazione in alcuno degli Stati membri e da dover, per contro, essere seque-strate e messe fuori circolazione dalle competenti autorità non appena scoperte .

28. [Le disposizioni del presente capitolo disciplinano il valore in dogana per l’applicazione della tariffa do-ganale delle Comunità europee e di altre misure non tariffarie stabilite da norme comunitarie specifiche nel quadro degli scambi di merci].

29. [1. Il valore in dogana delle merci importate è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente pa-gato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio dogana-le della Comunità, previa eventuale rettifica effettuata conformemente agli artt. 32 e 33, sempre che:

a) non esistano restrizioni per la cessione o per l’utilizzazione delle merci da parte del compratore, oltre le restrizioni che:

— sono imposte o richieste dalla legge o dalle autorità pubbliche nella Comunità,

— limitano l’area geografica nella quale le merci possono essere rivendute, oppure

— non intaccano sostanzialmente il valore delle merci;

b) la vendita o il prezzo non sia subordinato a condizioni o prestazioni il cui valore non possa essere determinato in relazione alle merci da valutare;

c) nessuna parte del prodotto di qualsiasi rivendita, cessione o utilizzazione successiva delle merci da parte del compratore ritorni, direttamente o indirettamente, al venditore, a meno che non possa essere operata un’adeguata rettifica ai sensi dell’art. 32, e

d) il compratore ed il venditore non siano legati o, se lo sono, il valore di transazione sia accettabile a fini doganali, ai sensi del paragrafo 2.

2. a) Per stabilire se il valore di transazione sia accettabile ai fini dell’applicazione del paragrafo 1, il fatto che il compratore e il venditore siano legati non costituisce di per sé motivo sufficiente per considerare inaccettabile detto valore. Se necessario, le circostanze proprie della vendita sono esaminate e il valore di transazione ammesso, purché tali legami non abbiano influito sul prezzo. Se, tenuto conto delle informazioni fornite dal dichiarante o ottenute da altre fonti, l’ammi-nistrazione doganale ha motivo di ritenere che detti le-gami abbiano influito sul prezzo, essa comunica queste motivazioni al dichiarante fornendogli una ragionevole possibilità di risposta. Qualora il dichiarante lo richieda, le motivazioni gli sono comunicate per iscritto.

b) In una vendita tra persone legate, il valore di transazione è accettato e le merci sono valutate confor-memente al paragrafo 1 quando il dichiarante dimostri che detto valore è molto vicino ad uno dei valori qui di seguito indicati, stabiliti allo stesso momento o pres-sappoco allo stesso momento;

i) il valore di transazione in occasione di vendita, tra compratori e venditori che non sono legati, di merci identiche o similari per l’esportazione a destinazione della Comunità;

ii) il valore in dogana di merci identiche o similari, quale è determinato ai sensi dell’art. 30, paragrafo 2, lett. c);

iii) il valore in dogana di merci identiche o similari, quale è determinato ai sensi dell’art. 30, paragrafo 2, lett. d).

Nell’applicare i predetti criteri si tiene debitamente conto delle differenze accertate tra i livelli commerciali, le quantità, gli elementi enumerati all’art. 32 ed i costi sostenuti dal venditore in occasione di vendite nelle quali il compratore e il venditore non sono legati e i

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63 Art. 29 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

costi che questi non sostiene in occasione di vendite nelle quali il compratore ed il venditore sono legati.

c) I criteri di cui alla lett. b) devono essere applicati su iniziativa del dichiarante e soltanto a fini comparati-vi. Non possono essere stabiliti valori sostitutivi ai sensi della predetta lett. b).

3. a) Il prezzo effettivamente pagato o da pagare è il pagamento totale effettuato o da effettuare da parte del compratore al venditore, o a beneficio di quest’ulti-mo, per le merci importate e comprende la totalità dei pagamenti eseguiti o da eseguire, come condizione della vendita delle merci importate, dal compratore al venditore, o dal compratore a un terza persona, per soddisfare un obbligo del venditore. Il pagamento nondeve necessariamente essere fatto in denaro. Esso può essere fatto, per via diretta o indiretta, anche me-diante lettere di credito e titoli negoziabili.

b) Le attività, comprese quelle riguardanti la com-mercializzazione, avviate dal compratore per proprio conto, diverse da quelle per le quali è prevista una ret-tifica all’art. 32, non sono considerate un pagamento indiretto al venditore, anche se si può ritenere che il venditore ne sia il beneficiario e che esse siano state avviate con l’accordo di quest’ultimo; il loro costo non è aggiunto al prezzo effettivamente pagato o da pa-gare per la determinazione del valore in dogane delle merci importate].

1° comma: vi si trova la definizione di valore delle merci: è il valore di transazione cioè il prez-zo pagato. Ciò presuppone che la merce sia stata oggetto di vendita prima dell’immissione in libera pratica nell’UE (art. 67 e art. 201 c.d.c.) e che sia destinata ad essere importata in UE (sul punto cfr. art. 147 DAC). Il valore deve riflettere il valore economico reale di una merce importata e tener conto di tutti gli elementi di tale merce che rap-presentano un valore economico (cfr C. 306/04 Compaq ECLI:EU:C:2006:716). Pertanto il prezzo pagato deve, eventualmente, essere “aggiustato” utilizzando alcuni elementi indicati agli artt. 32 e 33 CDC. Il prezzo di vendita deve essere accet-tabile. L’accettabilità del valore dipende dall’as-senza di alcune condizioni, riportate alle seguenti lettere del comma in commento:

- Lett. a): limiti alla cessione o utilizzo delle merci: es. quando un utensile è venduto ad un prezzo simbolico a condizione che il compratore lo usi a scopi benefici;

- Lett. b): cfr. Allegato 23 DAC;

- Lett. c): riguarda gli accordi tra compratore e venditore per la condivisione dei benefici della vendita;

- Lett. d): esistenza di accordi tra compratore e venditore che presuppongono esistenza di legami.

2 ° comma, lett. a), è dedicato alla valuta-zione dei legami tra venditore e compratore. Di norma l’esistenza di legami tra venditore e compratore non comporta che tra di loro siano intervenuti accordi volti a modificare artatamente il valore della merce tanto da indurre la dogana a rifiutare il valore indicato nella dichiarazione doganale. Al fine di armonizzare il concetto di legami, l’art. 143 DAC fornisce un elenco delle tipologie di rapporti che possono essere qualifi-cati come tali. Di norma, l’Autorità doganale non effettua sistematicamente controlli sui legami; in caso in cui nutra dubbi sull’accettabilità del prez-zo avvia un procedimento volto ad ottenere da parte del dichiarante informazioni sulle modalità di determinazione del valore.

La successiva lett. b) è dedicata al caso in cui l’importatore prima che la dogana chieda giustificazioni sull’assenza di situazioni che pos-sano aver influenzato il valore, fornisce a questa la prova che il valore di transazione è accettabile ricorrendo ai criteri di valore.

Il 3° comma, lett. a), definisce prezzo effet-tivamente pagato o da pagare come la contropar-tita finanziaria della merce. Come conseguenza di quanto indicato nel presente articolo, si ha che: la fatturazione deve essere effettuata sia dal venditore nei confronti dell’acquirente sia da una terza persona al compratore per soddisfare un obbligo del venditore; il pagamento deve essere effettuato sia dal compratore al venditore sia dal compratore ad una terza persona per soddisfare un obbligo del venditore; il prezzo effettivamente pagato o da pagare comprende tutti i pagamenti effettuati o da effettuare (pertanto non ha alcuna influenza sul prezzo: 1. il momento in cui avviene il pagamento: es. nel caso in cui sia stato versato un acconto prima della consegna della merce e il saldo dopo la consegna, come valore della stessa si intende il totale (art. 144 DAC); 2. Le modalità di pagamento: es.: lettere di credito, titoli nego-ziabili; 3. Modalità diretta o indiretta dell’effet-tuazione del pagamento). L’art. 145 DAC, pur non definendo il concetto di merce difettosa, stabili-sce il trattamento che deve essere applicato alle merci che siano risultate successivamente all’im-portazione difettose o danneggiate, consentendo

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64il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 30

l’adeguamento del prezzo pagato a condizione che avvenga entro 1 anno dall’accettazione della dichiarazione doganale.

Lett. b): vedi art. 149 DAC in cui è contenuta la definizione della nozione di ”attività riguardan-ti la commercializzazione”.

• Gli artt. 29, 32 e 33 del Regolamento n. 2913/92, che istituisce un codice doganale comu-nitario, devono essere interpretati nel senso che una commissione d’acquisto inclusa nel valore dichia-rato in dogana e non distinta dal prezzo di vendita delle merci nella dichiarazione d’importazione va considerata parte integrante del valore di transa-zione ai sensi dell’art. 29 del Codice doganale ed è, pertanto, assoggettabile a dazio. Quando hanno accettato di rivedere una dichiarazione d’importa-zione ed hanno adottato una decisione diretta a «re-golarizzare la situazione» ai sensi dell’art. 78, n. 3, del Regolamento n.2913/92, che istituisce un codice doganale comunitario, tenendo conto del fatto che la dichiarazione era incompleta a causa di un invo-lontario errore del dichiarante, le Autorità doganali non possono più ritornare su tale decisione. Corte di giustizia, 5 dicembre 2002, Overland Footwear Ltd., causa C-379/00, in Racc. 2002, p. I-1133.

• Poiché l’isola di Jersey è parte integrante del territorio doganale comunitario, ma costituisce un territorio terzo per quanto riguarda le norme stabilite dalla sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati mem-bri relative alle imposte sulla cifra di affari, la ces-sione di un bene da parte di una società stabilità a Jersey ad un cliente che abita nel Regno Unito costituisce un’importazione ai sensi dell’art. 2, n. 2, della sesta direttiva. La base imponibile è definita dall’art. 11, parte B, n. 1, della detta direttiva come «il valore definito come valore in dogana» confor-memente all’art. 29 del Regolamento n. 2913/92, che istituisce un codice doganale comunitario. Nel caso di un’operazione composta da più elementi, i principi elaborati dalla giurisprudenza in merito alla portata di un’operazione del genere, assoggetta-ta all’imposta sul valore aggiunto all’interno di uno Stato membro, non possono essere utilizzati per de-terminare gli elementi della transazione da prendere in considerazione ai fini di un’applicazione dell’art. 29 del Codice doganale. L’art. 29 del Regolamento n. 2913/92, che istituisce un Codice doganale co-munitario, deve essere interpretato nel senso che il pagamento di una prestazione di servizi, quali l’esame, la consulenza o la richiesta di trattamento successivo relativi alle lenti a contatto, e di merci

costituite dalle dette lenti, dalle soluzioni detergenti e dai contenitori porta lenti con apposito liquido, costituisce, nel suo insieme, il «valore di transazio-ne» ai sensi dell’art. 29 del Codice doganale, ed è, pertanto, assoggettabile ad imposta nei limiti in cui l’offerta è globale per un unico prezzo pagato. Corte di giustizia, 23 febbraio 2003, Dollond and Aitchi-son, causa 491/04, in Racc. 2003, p. I-2129.

30. [1. Quando il valore in dogana non può essere deter-minato ai sensi dell’art. 29 si ha riguardo, nell’ordine, alle lett. a), b), c) e d) del paragrafo 2, fino alla prima di queste lettere che consenta di determinarlo, salvo il caso in cui l’ordine delle lett. c) e d) debba essere invertito su richie-sta del dichiarante; soltanto quando tale valore in doga-na non possa essere determinato a norma di una data lettera è consentito applicare la lettera immediatamente successiva nell’ordine stabilito dal presente paragrafo.

2. I valori in dogana determinati ai sensi del presen-te articolo sono i seguenti:

a) valore di transazione di merci identiche, vendu-te per l’esportazione a destinazione della Comunità ed esportate nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da valutare;

b) valore di transazione di merci similari, vendute per l’esportazione a destinazione della Comunità ed esportate nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da valutare;

c) valore fondato sul prezzo unitario corrisponden-te alle vendite nella Comunità delle merci importate o di merci identiche o similari importate nel quantitativo complessivo maggiore, effettuate a persone non lega-te ai venditori;

d) valore calcolato, eguale alla somma: — del costo o del valore delle materie e delle ope-

razioni di fabbricazione o altre, utilizzate per produrre le merci importate;

— di un ammontare rappresentante gli utili e le spese generali, uguale a quello che comportano generalmente le vendite di merci della stessa qualità o della stessa specie delle merci da valutare, fatte da produttori del Paese di esportazione per l’esportazione a destinazione della Comunità;

— del costo o del valore degli elementi enumerati all’art. 32, paragrafo 1, lett. e).

3. Le condizioni supplementari e le modalità di ap-plicazione del suddetto paragrafo 2 sono determinate secondo la procedura del comitato].

PremessaLa regola generale per la determinazione

del valore è quella indicata all’art. 29: e cioè il

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65 Art. 31 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

valore di transazione, corretto con il ricorso agli elementi indicati dagli artt. 32 e 33 CDC Quando ciò non risulta possibile, il legislatore europeo, ha previsto il ricorso al cd. metodo comparativo (art. 30 CDC) o a quello cd. dell’ultimo ricorso (art. 31). Entrambi i metodi sono utilizzabili solo a condizione che il valore di transazione non sia disponibile o che sia stato rifiutato dalla dogana. Il ricorso all’uno o all’altro metodo non è discre-zionale, ma segue un ordine preciso. Quando è necessario differire la determinazione del valore ad un momento successivo all’importazione in quanto non tutti gli elementi sono disponibili in quel momento, è necessario attivare una procedu-ra ad hoc per determinare il valore provvisorio.

- 1° comma: stabilisce l’ordine di utilizzo dei metodi alternativi.

- 2° comma: si descrivono due metodi alter-nativi a quello generale per la determinazione del valore: il metodo comparativo (lett. a) e b) e quello deduttivo ( lett. c) e d). Il ricorso all’uno o all’altro non è discrezionale, ma segue l’ordine indicato. Al metodo comparativo fanno capo: il valore di transazione di merci identiche (2°comma lett. a) e il valore di transazione di merci simili (2° comma lett. b). Il concetto di merci identiche e quello di merci simili lo offre l’art. 142 lett. c) e d) delle DAC L’utilizzo del metodo delle merci identiche è spiegato all’art.150 DAC e dall’allegato 23 delle DAC, mentre quello delle merci simili è spiegato dall’art. 151 DAC e sempre dall’allegato 23 DAC.

- Quando questi metodi non aiutano a calcola-re il valore, si passa a quello successivo: il metodo deduttivo cui fanno capo due modalità diverse. L’ordine di utilizzo delle due modalità (che fanno capo alle lett. c) e d) dell’articolo in commento) possono essere invertite solo su richiesta del di-chiarante. L’utilizzo del metodo deduttivo di cui alla lett. c) è spiegato all’art. 152 delle DAC. Di solito il ricorso a questo metodo necessita della elaborazione di una procedura per la determina-zione provvisoria del valore così da differire quel-la definitiva successivamente all’importazione. Questa consiste nello stabilire il valore in dogana prendendo come base di calcolo il prezzo unitario corrispondente al prezzo di vendita nell’UE delle merci importate o delle merci identiche o simili, da cui poi dedurre le voci ivi indicate. La lett. c) individua il metodo c.d. del valore calcolato: que-sto metodo, il cui utilizzo è spiegato all’art. 153 DAC consiste nello stabilire il valore da dichiarare a partire dagli elementi costitutivi del prezzo, cioè i costi di produzione comunicati dal produttore della merce. Ovviamente questo metodo può es-

sere utilizzato solo nella misura in cui il produt-tore è disposto a fornire certe informazioni e a permettere tutta una serie di successive verifiche. Quest’ultime possono essere effettuate nel paese di produzione solo se intervengono accordi con le relative autorità. Se la dogana non si convince della veridicità o esattezza delle conclusioni trat-te, questo metodo non potrà essere utilizzato.

31. [1. Se il valore in dogana delle merci non può es-sere determinato ai sensi degli artt. 29 e 30, esso viene stabilito, sulla base dei dati disponibili nella Comunità, ricorrendo a mezzi ragionevoli compatibili con i princi-pi e con le disposizioni generali:

— dell’accordo relativo all’attuazione dell’art. VII dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul com-mercio del 1994 (1);

— dell’art. VII dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994;

— delle disposizioni del presente capitolo.2. Il valore in dogana ai sensi del paragrafo 1 non

si basa:a) sul prezzo di vendita, nella Comunità, di merci

prodotte nella Comunità,b) sul sistema che prevede l’accettazione, ai fini

doganali, del più elevato dei due valori possibili,c) sul prezzo di merci sul mercato interno del Paese

di esportazione,d) sul costo di produzione, diverso dai valori cal-

colati che sono stati determinati per merci identiche o similari conformemente all’art. 30, paragrafo 2, lett. d),

e) su prezzi per l’esportazione a destinazione di un Paese non compreso nel territorio doganale della Comunità,

f) su valori in dogana minimi, oppureg) su valori arbitrari o fittizi].

Metodo dell’ultimo ricorso: è l’ultima risorsa cui attingere nel caso in cui tutti gli altri metodi sono risultati inapplicabili. In questi casi, il valore sarà calcolato tenendo presente i principi genera-li dell’accordo di attuazione dell’articolo VII del GATT e sul commercio e le disposizioni di cui agli artt. da 28 a 36 CDC. In pratica, questo metodo consiste nell’utilizzare i metodi precedenti, ma con una certa flessibilità.

32. [1. Per determinare il valore in dogana ai sensi del-l’art. 29 si addizionano al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate:

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66il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 32

a) i seguenti elementi, nella misura in cui sono a ca-rico del compratore ma non sono stati inclusi nel prez-zo effettivamente pagato o da pagare per le merci:

i) commissioni e spese di mediazione, escluse le commissioni di acquisto;

ii) costo dei contenitori considerati, ai fini dogana-li, come formanti un tutto unico con la merce;

iii) costo dell’imballaggio, comprendente sia la manodopera che i materiali;

b) il valore, attribuito in misura adeguata, dei pro-dotti e servizi qui di seguito elencati, qualora questi siano forniti direttamente o indirettamente dal com-pratore, senza spese o a costo ridotto e siano utilizzati nel corso della produzione e della vendita per l’espor-tazione delle merci importate, nella misura in cui detto valore non sia stato incluso nel prezzo effettivamente pagato o da pagare:

i) materie, componenti, parti e elementi similari incorporati nelle merci importate,

ii) utensili, matrici, stampi ed oggetti similari utiliz-zati per la produzione delle merci importate,

iii) materie consumate durante la produzione delle merci importate,

iv) lavori d’ingegneria, di studio, d’arte e di design, piani e schizzi, eseguiti in un Paese non membro della Comunità e necessari per produrre le merci importate;

c) i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita delle merci da valutare, nella misura in cui detti corrispettivi e diritti di licenza non sono stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare;

d) il valore di ogni parte del prodotto di qualsiasi ulteriore rivendita, cessione o utilizzazione delle merci importate spettante direttamente o indirettamente al venditore;

e) i) le spese di trasporto e di assicurazione delle merci importate e

ii) le spese di carico e movimentazione connesse col trasporto delle merci importate,

fino al luogo d’introduzione delle merci nel territo-rio doganale della Comunità.

2. Ogni elemento che venga aggiunto ai sensi del presente articolo al prezzo effettivamente pagato o da pagare è basato esclusivamente su dati oggettivi e quantificabili.

3. Per la determinazione del valore in dogana, nes-sun elemento è aggiunto al prezzo effettivamente pa-gato o da pagare, fatti salvi quelli previsti dal presente articolo.

4. Ai fini del presente capitolo, per «commissioni d’acquisto» si intendono le somme versate da un im-portatore al suo agente per il servizio da questi fornito nel rappresentarlo al momento dell’acquisto delle merci da valutare.

5. Nonostante il paragrafo 1, lett. c),a) al momento della determinazione del valore in

dogana, le spese relative al diritto di riproduzione delle merci importate nella Comunità non sono aggiunte al prezzo effettivamente pagato o da pagare per tali merci

eb) i pagamenti effettuati dal compratore come

contropartita del diritto di distribuzione o di rivendita delle merci importate non sono aggiunti al prezzo ef-fettivamente pagato o da pagare per le merci importa-te se tali pagamenti non costituiscono una condizione della vendita, per l’esportazione, a destinazione della Comunità, delle merci qui importate].

- Comma 1. Sono i cd. “aggiustamenti”. Il valore può subire variazioni in ragione di alcuni eventi che rilevano ai fini doganali a condizione che si verifichino prima che la merce arrivi nel territorio dell’ UE. Gli elementi da aggiungere per correggere l’entità del valore possono di-stinguersi tra: 1. Spese sostenute dal compratore ma non incluse nel prezzo: es. spese di commis-sione; 2. Prodotti e servizi forniti direttamente o direttamente dal compratore senza spese o a co-sto ridotto e utilizzate per la produzione e nella vendita delle merci esportate: si tratta di apporti. Possono essere costituiti da materie prime o parti finite come cavi, componenti elettrici, utensili es. trapani, energia elettrica gas utilizzati per la realizzazione dei prodotti; da lavori d’intelletto, a condizione che siano resi in un Paese terzo, siano indispensabili per la realizzazione del prodotto e non rientrino tra le spese di cui all’art. 33 CDC. Non rientrano in questa categoria per es. gli studi delle condizioni economiche e sociali del luogo in cui saranno lavorate le merci; le attività di ricerca, gli schizzi preliminari del design (art. 155 DAC); 3. corrispettivi e diritti di licenza (Vedi anche circolare 21/D/2012 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli): per la nozione vedi art. 157, par.1, DAC; allegato 23 DAC. Queste voci vengono incluse nel prezzo quando è dimostrato che il venditore è disposto a vendere la merce solo se sono pagati un corrispettivo o un diritto di licenza (art.160 DAC). Sul punto vedi anche artt. 143, par. 1, lett. e), DAC, art. 160 e allegato 23 DAC; commento n. 11 del Comitato del codice doganale in TAXUD /800/2002. Sentenze Corte di

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67 Art. 33 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

giustizia: C-354/09 ECLI:EU:C:2010:439 in Racc. 2010 I-07449; C-306/04 ECLI:EU:C:2006:716 Racc. 2006 I-10991. La condizione può essere esplicita (p. es. quando è espressamente indicata nel contratto di vendita) o implicita (es. le merci sono acquistate da una persona e il corrispettivo è pagato ad un’altra). 4. È speculare all’art. 29, 1° comma, lett. c); 5. spese di trasporto: sono con-siderate solo le spese sostenute sino al luogo di introduzione nella Comunità (art. 163 DAC) Vedi anche conclusione n. 6 del Comitato del codice doganale in TAXUD /800/2002. La determinazio-ne del valore si effettua franco frontiera UE. Le spese di assicurazione sono incluse solo in caso siano state effettivamente prestate.

- Comma 2. Gli aggiustamenti non possono essere presunti, ma fondarsi su elementi certi: es. le spese di assicurazione delle merci possono es-sere aggiunte solo se l’operatore dichiara di averle pagate o se risulta da documentazione.

- Comma 3. Specifica che la tassatività del-l’elenco fornito nel comma 2.

33. [Sempre che essi siano distinti dal prezzo effetti-vamente pagato o da pagare per le merci importate, il valore in dogana non comprende i seguenti elementi:

a) le spese di trasporto delle merci dopo il loro arrivo nel luogo d’introduzione nel territorio doganale della Comunità;

b) le spese relative a lavori di costruzione, d’instal-lazione, di montaggio, di manutenzione o di assistenza tecnica iniziati dopo l’importazione, sulle merci im-portate, ad esempio impianti, macchinari o materiale industriale;

c) gli interessi conseguenti ad un accordo di finanziamento concluso dal compratore e relativo all’acquisto di merci importate, indipendentemente dalla circostanza che il finanziamento sia garantito dal venditore o da un’altra persona, sempre che l’accordo di finanziamento considerato sia stato fatto per iscritto e, su richiesta, il compratore possa dimostrare che:

— le merci sono realmente vendute al prezzo dichiarato come prezzo effettivamente pagato o da pagare,

e — il tasso dell’interesse richiesto non è superiore

al livello al momento comunemente praticato per tran-sazioni del genere nel Paese dove è stato garantito il finanziamento;

d) le spese relative al diritto di riproduzione nella Comunità delle merci importate;

e) le commissioni d’acquisto;

f) i dazi all’importazione e le altre imposizioni da pagare nella Comunità a motivo dell’importazione o della vendita delle merci].

L’articolo fornisce un elenco tassativo delle voci che non devono essere incluse per la deter-minazione del valore perché riferibili a momenti successivi all’arrivo delle merci nel territorio dell’UE, a condizione che esse siano tenute di-stinte dal prezzo pagato o da pagare. Al fine di soddisfare questa condizione è necessario che tali elementi siano indicati nella dichiarazione DV1 o in qualsiasi altro documento commerciale che si riferisca alle merci oggetto di valutazione.

- 1° comma: lett. a) spese di trasporto: vedi art. 164, lett. a), DAC; lett. c) si riferisce al caso in cui il pagamento delle merci importate inter-venga successivamente all’importazione e su questa dilazione il compratore è tenuto a versa-re interessi. Questa voce non influenza il valore a condizione che il finanziamento sia fatto per iscritto, sia tenuta distinta dal prezzo pagato o da pagare; che il valore delle merci senza tener conto degli interessi, sia quello effettivamente pagato o da pagare e che il tasso di interesse pra-ticato non ecceda quello normalmente applicato per transazioni dello stesso genere e nel Paese in cui è stato concesso il finanziamento; lett. e) le commissioni d’acquisto. Per la nozione vedi art. 32, 4° comma, CDC: si riferiscono ai soggetti che agiscono per conto dei compratori al fine (per es.) di procurargli le vendite successive, fornire assistenza, trasporto, stoccaggio della merce; per quanto riguarda la lett. d) vedi sentenza Corte di giustizia n. C-354/09 ECLI:EU:C:2010:439 in Racc. 2010 I-07449.

34. [Secondo la procedura del comitato possono es-sere stabilite norme particolari per determinare il va-lore in dogana di supporti informatici destinati ad at-trezzature per il trattamento dei dati e contenenti dati od istruzioni].

35. [Quando alcuni elementi che servono a determi-nare il valore in dogana di una merce sono espressi in una moneta diversa da quella dello Stato membro in cui si effettua la valutazione, il tasso di cambio da ap-plicare è quello debitamente pubblicato dalle autorità competenti in materia.

Tale tasso di cambio riflette, quanto più possibile, il valore corrente di detta moneta nelle transazioni com-merciali, espresso nella moneta dello Stato membro

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68il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 36

considerato, e si applica durante un periodo determi-nato secondo la procedura del comitato.

In mancanza del corso di cambio, il tasso da ap-plicare è determinato secondo la procedura del comi-tato].

Le regole relative al tasso di cambio da ap-plicare per la conversione in euro degli elementi relativi alla determinazione del valore sono spie-gate agli artt.168 - 172 DAC (Vedi Commento n. 4 del Comitato del codice doganale in TAXUD /800/2002). Dal combinato disposto di queste norme deriva che i tassi di cambio da applicare: riflettono effettivamente il valore corrente delle monete nelle transazioni commerciali; sono pub-blicati dalle autorità competenti degli Stati mem-bri e si applicano per un periodo determinato. In particolare l’art. 171 DAC introduce una clausola di salvaguardia che garantisce che i tassi utilizza-ti per la determinazione del valore in dogana si mantengano in una fascia ragionevole (5% al di sopra o al di sotto) dei tassi normalmente regi-strati sui mercati di cambi. L’applicazione della clausola è obbligatoria e automatica.

36. [1. Le disposizioni del presente capitolo non pregiu-dicano le disposizioni specifiche relative alla determina-zione del valore in dogana delle merci immesse in libera pratica in seguito ad altra destinazione doganale.

2. In deroga agli articolo 29, 30 e 31, la determina-zione del valore in dogana di merci deperibili normal-mente consegnate a fronte del regime della vendita in conto consegna può essere effettuata, su richiesta del dichiarante, avvalendosi di norme semplificate stabilite per l’intera Comunità secondo la procedura del comitato].

Titolo IIIDisposizioni applicabili

alle merci introdotte nel territorio doganale

della comunità finchè non abbiano ricevuto una destinazione doganale

Il titolo III scandisce i passaggi che la merce terza affronta a partire dal suo arrivo nel terri-torio doganale dell’Unione sino all’assegnazione alla stessa di una destinazione doganale.

Se per merci comunitarie si intendono quelle interamente ottenute nel territorio doganale del-l’UE da merci comunitarie (unionali) o da merci diventate comunitarie (unionali) a seguito della

loro importazione (art. 4, p. 7, CDC), e se tutte le merci che si trovano nel territorio doganale dell’Ue sono considerate come merci comunitarie (cfr. art. 313 DAC), ne consegue che, fatte alcune eccezioni, tutte le merci che arrivano da Paesi ter-zi proprio perché tali devono essere assoggettate alle formalità doganali e al pagamento dei dazi e degli altri diritti doganali. La merce non comu-nitaria (unionale), quindi, dopo essere stata in-trodotta nel territorio doganale dell’Unione, deve essere presentata alle Autorità doganali al fine di ricevere una destinazione doganale.

Il legislatore UE ha dedicato ai 3 passaggi: in-troduzione; presentazione; dichiarazione, apposi-ti capitoli e norme.

Capitolo IIntroduzione delle merci nel territorio doganale

della comunità

Introduzione della merce nel Territorio doganale dell’UE - Artt. 36 bis – 42 CDC

La Commissione Europea ha elaborato una serie di misure al fine di rispondere in maniera efficace alle preoccupazioni in tema di sicurezza negli scambi internazionali delle merci. Il Reg.to (CE) n. 648/05 e successivamente il Reg.to (CE) n. 1875/06 hanno modificato il Reg.to (CEE) n. 2913/92, introducendo alcune misure destinate da un lato a rinforzare la sicurezza delle merci che at-traversano le frontiere internazionali e dall’altro a soddisfare gli impegni che l’UE ha assunto con gli USA in seguito alla sottoscrizione di un Accordo (G.U.C.E. L. 304/04) per garantire la sicurezza dei contenitori . Tra queste, oltre alla figura dell’AEO di cui si è commentato nei paragrafi precedenti e l’introduzione di criteri comunitari uniformi per la selezione dei rischi ai fini del controllo, assume particolare importanza l’obbligo per gli operatori di fornire all’autorità doganale una serie di infor-mazioni sulla merce prima che questa arrivi nel territorio doganale dell’UE (anticipandole sino al momento della loro partenza dal Paese di espor-tazione). Lo stesso obbligo è previsto per le merci in partenza dal territorio doganale dell’UE.

36 bis. [Le merci che entrano nel territorio doganale della Comunità sono accompagnate da una dichiara-zione sommaria, salvo se introdotte con mezzi di tra-sporto che si limitano ad attraversare le acque territo-riali o lo spazio aereo del territorio doganale senza fare scalo all’interno di tale territorio.

2. La dichiarazione sommaria è presentata all’uffi-cio doganale di entrata.

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69 Art. 36 ter reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

Le autorità doganali possono consentire di presen-tare la dichiarazione sommaria a un altro ufficio doga-nale, a condizione che quest’ultimo comunichi imme-diatamente, o renda disponibili per via elettronica, le necessarie indicazioni all’ufficio doganale di entrata.

Le autorità doganali possono consentire che la presentazione di una dichiarazione sommaria sia sosti-tuita dalla presentazione di una notifica e dall’accesso ai dati della dichiarazione sommaria nel sistema elet-tronico dell’operatore economico.

3. La dichiarazione sommaria è presentata prima che le merci siano introdotte nel territorio doganale della Comunità.

4. Si ricorre alla procedura del comitato per deter-minare:

— il termine entro il quale la dichiarazione som-maria deve essere presentata prima che le merci siano introdotte nel territorio doganale della Comunità,

— le norme per le deroghe e le variazioni relative al termine di cui al primo trattino, e

— le condizioni alle quali si può derogare all’ob-bligo della dichiarazione sommaria o si può adattare tale obbligo, in funzione di circostanze particolari e relativamente a taluni tipi di traffico di merci, di modi di trasporto o di operatori economici, o allorché accordi internazionali prevedono speciali disposizioni in mate-ria di sicurezza].

(Art. 181 ter-184 octies DAC)1° comma. L’introduzione della merce nel ter-

ritorio dell’UE corrisponde all’arrivo fisico della merce sul territorio doganale dell’UE, consiste, cioè, nel superamento della frontiera della merce. A partire dal 1° gennaio 2011 l’introduzione di tutte le merci, ad eccezione dell’energia elettrica, merci trasportate per condutture, lettere, carto-line, merci contenute nei bagagli dei viaggiatori, merci scortate da carnet ATA (cfr. art.181 quater DAC) devono essere anticipate dalla trasmissione della dichiarazione sommaria di arrivo (ENS: Entry Summary Declaration). I contenuti della dichiarazione sommaria sono descritti nell’alle-gato 30 bis delle DAC. Le ENS sono sottoposte ad un’analisi di rischi in base a criteri di rischio co-muni a tutti gli Stati membri, in modo da stabilire se le merci debbano essere sottoposte a controllo al primo ufficio di ingresso nell’UE o all’ufficio di effettivo sbarco della merce. L’art. 184 octies DAC contempla l’obbligo dell’invio di una noti-fica elettronica di arrivo del mezzo di trasporto attivo in entrata nel territorio doganale dell’UE. In Italia, il Manifesto Merci in Arrivo (è il docu-

mento (non doganale) che descrive in contenuto del carico della nave sia in arrivo –MMA– che in partenza –MMP (Manifesto Merci in Partenza) – completato con i dati identificativi del mezzo di trasporto (cd. entry key) e con i riferimenti delle dichiarazioni sommarie di entrata (una per ogni partita di merce che è destinata a sbarcare), una volta che viene convalidato, assolve la funzione di notifica elettronica di arrivo del mezzo di tra-sporto. Ulteriori dettagli sono disponibili sul sito dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: www.agenziadoganemonopoli.gov.it.

2° comma. Secondo le specifiche comuni-tarie, la ENS può essere presentata all’ufficio di primo ingresso nel territorio della Comunità o a un Ufficio di trasmissione (cosiddetto Office of Lodgement). Relativamente a questa seconda pos-sibilità, essendo la sua implementazione opziona-le da parte degli Stati Membri, l’Italia accetterà esclusivamente le ENS, nel quale è indicato come ufficio doganale di 1° ingresso nella comunità un ufficio italiano.

3° comma. L’arrivo della merce deve essere preceduto dalla trasmissione di alcuni dati conte-nuti nella cd. “dichiarazione sommaria di arrivo” – ENS”.

4° comma. Per i termini entro cui inviare la ENS ed eventuale deroghe e variazioni, vedi: art. 184 bis e art. 184 quater DAC. La ENS non è richie-sta nei casi previsti negli accordi internazionali conclusi dall’UE con un Paese terzo in tema di sicurezza. Gli accordi attualmente esistenti sono quelli con la Norvegia e la Svizzera compreso il Liechtenstein e prevedono che le parti contraenti rinunciano all’applicazione delle misure doganali di sicurezza nel caso di merci trasferite tra i ri-spettivi territori doganali.

36 ter. [1. Si ricorre alla procedura del comitato per stabilire una serie di dati e un formato comuni per la dichiarazione sommaria, contenenti le indicazioni ne-cessarie per l’analisi del rischio e la corretta applicazio-ne dei controlli doganali, essenzialmente per motivi di sicurezza, utilizzando, laddove opportuno, standard internazionali e prassi commerciali.

2. La dichiarazione sommaria è presentata utiliz-zando un procedimento informatico. Possono essere usate informazioni commerciali e portuali o relative al trasporto, purché contengano le indicazioni neces-sarie. L’autorità doganale può accettare dichiarazioni sommarie in forma cartacea in circostanze eccezionali,

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70il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 36 quater

a condizione che siano soggette al medesimo livello di gestione del rischio applicato alle dichiarazioni sommarie presentate utilizzando un procedimento informatico.

3. La dichiarazione sommaria è presentata dalla persona che introduce le merci o assume la respon-sabilità del loro trasporto nel territorio doganale della Comunità.

4. Nonostante gli obblighi della persona di cui al paragrafo 3, la dichiarazione sommaria può essere invece presentata:

a) dalla persona per conto della quale agisce la persona di cui al paragrafo 3; o

b) da qualsiasi persona in grado di presentare le merci in questione o di provvedere alla loro presenta-zione presso l’autorità doganale competente; o

c) da un rappresentante di una delle persone di cui al paragrafo 3 o alle lettere a) o b).

5. A sua richiesta, la persona di cui ai paragrafi 3 e 4 è autorizzata a modificare una o più indicazioni della dichiarazione sommaria dopo la presentazione della stessa. Non è tuttavia possibile alcuna modifica dopo che l’autorità doganale:

a) abbia informato la persona che ha presentato la dichiarazione sommaria che intende esaminare le merci; o

b) abbia stabilito che le indicazioni in questione non sono corrette; o

c) abbia autorizzato lo svincolo delle merci].

- 1° comma. I contenuti della ENS sono de-scritti nell’allegato 30 Bis delle DAC (vedi anche Linee guida relativamente ai termini accettabili e inaccettabili per la descrizione di merci nelle dichiarazioni sommarie di entrata e di uscita – Taxud/1402/2007, disponibile sul sito web della Direzione Generale delle Dogane dell’UE) e sono sottoposti ad analisi solo per motivi di sicurezza (art.184 quinquies – 184 sexies DAC).

- 2° comma. L’uso di tecnologie moderne che consentono lo scambio elettronico dei dati e l’eli-minazione del supporto cartaceo, impongono che la dichiarazione sommaria sia resa per via elet-tronica (art. 183 DAC).

In base all’art. 183 DAC, l’ENS deve essere sot-toscritta da chi la redige e, come per la dichiara-zione doganale, anche per la ENS valgono le regole della responsabilità giuridica del dichiarante in or-dine alla esattezza delle indicazioni ivi contenute, autenticità dei documenti presentati e osservanza degli obblighi inerenti il vincolo delle merci.

L’operatore economico trasmette la ENS, in base alla tempistica prevista, e riceve il relativo MRN (È il numero identificativo della ENS, diver-so da quello che identifica l’operazione doganale. Un MRN di una Dichiarazione Sommaria di En-trata è composto da: Anno (2 caratteri); Codice Paese (2 caratteri) – “IT”; Codice Ufficio di Primo Ingresso (3 caratteri); Registro (2 caratteri) – “EN”; Codice progressivo del MRN (7 caratteri); Identificativo di ICS (1 carattere) - “N”; CIN (1 carattere).

La dichiarazione contiene i dati identificativi del mezzo di trasporto (codice IMO/ENI o ID volo).

La dogana effettua l’analisi dei rischi Safety & Security individuando le partite a rischio (art. 184 quinquies).

- 3° e 4° comma. Identificano i soggetti tenuti alla presentazione della ENS: il trasportatore. L’art. 181 ter DAC offre la definizione di trasporta-tore. Le note esplicative dell’Allegato 30 bis delle DAC racchiudono una dettagliata descrizione dei contenuti di ogni singola casella.

Es. n. 1: è necessario presentare una ENS nel caso di merce terza imbarcata in Nigeria e desti-nata in UE con primo porto di ingresso: Venezia. Il vettore (o un suo rappresentante, per. es. agente marittimo, trasmetterà almeno 24h prima dell’ini-zio dell’imbarco la ENS per tutta la merce a bordo compresa quella destinata ad essere scaricata nei porti successivi. L’Ufficio delle Dogane di Venezia registra la ENS e notifica al dichiarante il relativo MRN. Immediatamente dopo l’arrivo della nave a Venezia dovrà essere presentata la notifica di arrivo MMA che deve contenere le informazioni necessarie (Entry Key) ad identificare tutte le ENS relative a quella nave. Es. n.2. Venezuela – Spagna – Algeria – Italia.

Il vettore 24 ore prima del carico in Venezuela invierà la ENS in Spagna indicando tutta la merce a bordo (anche quella per Algeri e Cagliari). 2. In Spagna saranno espletati tutti i controlli del caso. L’operatore sbarca e imbarca dei container. 3. In Algeria l’operatore potrebbe sbarcare e imbarcare dei container ma comunque invierà una nuova ENS in Italia con tutte le merci a bordo in quel mo-mento almeno 2 ore prima dell’arrivo a Cagliari.

36 quater. [1. L’ufficio doganale di entrata può di-spensare dalla presentazione di una dichiarazione sommaria qualora si tratti di merci per cui è stata pre-sentata una dichiarazione in dogana prima della sca-denza del termine di cui all’articolo 36 bis, paragrafi 3 o 4. In questo caso, la dichiarazione in dogana contiene

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71 Art. 37 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913

almeno i dati necessari per una dichiarazione somma-ria e, fino al momento della sua accettazione confor-memente all’articolo 63, ha lo status di dichiarazione sommaria.

Le autorità doganali possono consentire di presen-tare la dichiarazione in dogana a un ufficio doganale di importazione che non sia l’ufficio doganale di entrata, a condizione che quest’ultimo comunichi immediata-mente, o renda disponibili per via elettronica, le neces-sarie indicazioni all’ufficio doganale di entrata.

2. Se la dichiarazione in dogana è presentata senza utilizzare procedimenti informatici, l’autorità doganale sottopone i dati al medesimo livello di gestione del rischio utilizzato per le dichiarazioni in dogana elet-troniche].

È il caso della presentazione di una dichia-razione doganale che non è stata preceduta da una dichiarazione sommaria. In questo caso la dichiarazione doganale sarà considerata come di-chiarazione sommaria e assoggettata ai controlli di sicurezza.

37. [1. Le merci introdotte nel territorio doganale del-la Comunità sono sottoposte, fin dalla loro introduzio-ne, a vigilanza doganale. Esse possono essere soggette a controlli doganali conformemente alle disposizioni vigenti.

2. Esse restano soggette a tale vigilanza per tutto il tempo eventualmente necessario per determinare la loro posizione doganale e, nel caso di merci non co-munitarie e fatto salvo l’articolo 82, paragrafo 1, finché esse non cambino posizione doganale o non siano introdotte in una zona franca o in un deposito franco oppure non vengano riesportate o distrutte ai sensi dell’articolo 182].

1° comma. L’introduzione di una merce nel territorio doganale della Comunità costituisce un mero facere, un atto materiale, che può essere regolare o irregolare, ma che comporta, comun-que, il sorgere dell’obbligazione doganale (o la sua sospensione): cioè il pagamento del dazio. La regolarità dell’introduzione implica il rispetto di tutte le norme previste dagli articoli da 38 a 41 e dall’art. 177, 1° comma, CDC e dagli artt. 181 ter e 184 quater DAC. Il mancato rispetto di una di esse comporta l’insorgere non solo dell’obbligazione doganale ma anche l’applicazione di eventuali sanzioni e di altri provvedimenti repressivi. Il concetto di vigilanza doganale è definito all’art. 4, p. 13, del CDC, come ogni provvedimento adottato

da queste autorità per garantire l’osservanza della normativa doganale. Ne consegue, quindi, che le merci che arrivano nel territorio dell’UE sono soggette alla vigilanza doganale fin dalla loro in-troduzione in questo territorio, sia che siano state introdotte regolarmente sia che tale introduzione sia avvenuta in violazione degli artt. 38 - 41 e 177, primo comma, secondo trattino, del codice doga-nale (cfr. art. 202, 1° comma CDC), cosa che le autorità di vigilanza devono accertare con il loro controllo. Ne va, quindi, che l’assoggettamento delle merci a una tale vigilanza non è collegato alla regolarità dell’introduzione di queste ultime nel detto territorio.

2° comma. Le merci non comunitarie as-soggettate p. es. al regime del deposito doganale restano soggette alla vigilanza doganale finché, in particolare, esse non cambino posizione doganale diventando merci comunitarie/unionali. Le merci non comunitarie (non unionali), assoggettate, come in questo esempio, al regime di deposito doganale, sono generalmente immagazzinate sul territorio doganale dell’UE, nell’attesa di una destinazione finale, che non è necessariamente nota al momento dell’immagazzinamento. Al contrario, le merci non comunitarie/non unionali immesse in libera pratica, avendo assolto l’obbli-gazione doganale, diventano merci comunitarie/unionali. Esse accedono al vantaggio della libera circolazione delle merci in forza dell’art. 28, n. 2, TFUE. Ai sensi degli artt. 29 TFUE e 79, secondo comma, del Codice doganale, tali merci devono essere assoggettate alle formalità previste per l’importazione, alla riscossione dei dazi doganali, nonché, se del caso, all’applicazione delle misure di politica commerciale.

38. [1. Le merci introdotte nel territorio doganale della Comunità devono essere condotte senza indugio dalla persona che ha proceduto a tale introduzione, seguen-do, se del caso, la via permessa dall’autorità doganale e conformemente alle modalità da questa stabilite:

a) all’ufficio doganale designato dall’autorità doganale o in altro luogo designato o autorizzato da detta autorità;

b) in una zona franca, se l’introduzione delle merci in tale zona deve essere effettuata direttamente:

— per via marittima od aerea, oppure — su strada, senza che venga attraversata un’altra

parte del territorio doganale della Comunità, quando trattasi di zona franca contigua alla frontiera terrestre tra uno Stato membro ed un paese terzo.

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72il CoDiCe Doganale CoMunitarioArt. 39

2. Chiunque provveda al trasporto delle merci dopo che queste sono state introdotte nel territorio doganale della Comunità, in particolare dopo il loro trasbordo, diventa responsabile dell’esecuzione del-l’obbligo di cui al paragrafo 1.

3. Sono assimilate alle merci introdotte nel ter-ritorio doganale della Comunità le merci che, pur trovandosi fuori di tale territorio, possono essere sot-toposte a controlli doganali di uno Stato membro in virtù delle disposizioni in vigore, in particolare in virtù di un accordo concluso tra questo Stato membro ed un paese terzo.

4. Il paragrafo 1, lettera a), non osta all’applicazione delle disposizioni in vigore in materia di traffico turisti-co, di traffico frontaliero, di traffico postale o di traffico di importanza economica trascurabile, sempreché la vigilanza doganale e le possibilità di controllo dogana-le non risultino compromesse.

5. I paragrafi da 1 a 4, gli articoli 36 bis, 36 ter e 36 quater e gli articoli da 39 a 53 non si applicano alle mer-ci che hanno temporaneamente lasciato il territorio doganale della Comunità circolando tra due punti del medesimo per via marittima o aerea, a condizione che il trasporto sia stato effettuato in linea diretta mediante servizi aerei o navali di linea senza fare scalo al di fuori del territorio doganale della Comunità.

6. Il paragrafo 1 non si applica alle merci che si tro-vano a bordo di navi od aeromobili che attraversano il mare territoriale o lo spazio aereo degli Stati membri senza essere diretti in un porto o in un aeroporto di tali Stati].

La merce introdotta deve essere condotta al-l’ufficio delle dogane. Introduzione e conduzione della merce innanzi all’autorità delle dogane sono obblighi diversi che incombono sulla persona che intende portare la merce all’interno del territorio dell’UE. A carico della persona fisica che ha in-trodotto la merce vi è quindi l’obbligo di condurre tutta la merce trasportata all’autorità doganale. Tale obbligo riguarda tutte le merci, comprese quelle occultate in un nascondiglio creato a tale scopo: A tal proposito, la Corte di giustizia ha ritenuto che l’obbligo di presentazione di cui al-l’art. 38 del CDC grava, come risulta dall’art. 40 dello stesso, sia sul conducente principale sia sul secondo conducente di un autotreno che abbiano introdotto i detti prodotti, anche qualora que-sti ultimi siano stati occultati nel veicolo a loro insaputa (C-238/02 -246/02 Viluckas e Jonusas ECLI:EU:C:2004:126 Racc. 2004 I-02141).

39. [1. Qualora, per caso fortuito o per forza maggiore, non si possa adempiere l’obbligo di cui all’art. 38, para-grafo 1, la persona tenuta al suo adempimento o chiun-que agisca in sua vece informa senza indugio l’autorità doganale di questa situazione. Quando il caso fortuito o la forza maggiore non abbiano provocato la perdita totale delle merci, l’autorità doganale deve essere in-formata del luogo preciso in cui esse si trovano.

2. Quando una nave o un aeromobile di cui all’art. 38, paragrafo 6 sia costretta(o), per un caso fortuito o di forza maggiore, a fare scalo o a sostare temporanea-mente nel territorio doganale della Comunità senza poter rispettare l’obbligo di cui all’art. 38, paragrafo 1, la persona che ha introdotto la nave o l’aeromobile nel predetto territorio doganale o chiunque agisca in sua vece, informa senza indugio l’autorità doganale della situazione sopravvenuta.

3. L’autorità doganale stabilisce le misure da osser-vare per permettere la vigilanza doganale delle merci di cui al paragrafo 1 nonché di quelle che si trovano a bordo della nave o dell’aeromobile conformemente al paragrafo 2 e per garantire, all’occorrenza, che esse vengano avviate ad un ufficio doganale o ad altro luo-go da essa designato o autorizzato].

È l’ipotesi in cui la merce sia andata di-strutta totalmente. La distruzione comporta l’impossibilità di utilizzo anche parziale della merce. La causa deve essere il caso fortuito o la forza maggiore. La nozione di forza maggio-re deve, in linea di principio, essere intesa nel senso di circostanze estranee al soggetto che l’invoca, anormali e imprevedibili, le cui con-seguenze non avrebbero potuto evitarsi nono-stante ogni diligenza impiegata (Commissione/Italia, C-334/08, Racc. pag. I-6865, punto 46 e giurisprudenza ivi citata). La nozione di forza maggiore comporta un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e un elemento soggettivo, costi-tuito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi (sentenza Société Pipeline Méditerranée et Rhône, cit., punto 24 e giuri-sprudenza ivi citata; (sentenza C-533/10 - CIVAD ECLI:EU:C:2012:347). Non rientra tra questi il furto della merce (cfr. C-186-187/82 Magazzini Generali ECLI:EU:C:1983:262).

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