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IL CICLO IDRICO
Materiali di approfondimento
Capitolo 5 – L’impiantistica di Hera
Indice
La gestione dell’acqua in Italia 2
Chi è HERA? 3
Il servizio idrico integrato 3
Bacini di Bubano e Acquedotto industriale 4
NIP - Impianto di potabilizzazione di Ravenna 10
Impianti di depurazione: Cesena e S. Giustina di Rimini 18
Qualità nei servizi, qualità nei prodotti 23
Riferimenti bibliografici e web 26
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La gestione dell’acqua in Italia
A gestire i quasi 50.000 impianti (tra acquedotti, reti di acquedotto e fognarie, depuratori) che
costituiscono il sistema idrico italiano, per anni ci ha pensato una miriade di soggetti (in massima
parte Comuni e solo residualmente aziende municipalizzate e speciali, consorzi pubblici, società
per azioni) con un’elevatissima frammentazione gestionale. La loro caratteristica comune era
quella di gestire un numero ridotto di impianti. E’ proprio l’estrema frammentazione ad aver
ostacolato l’ammodernamento strutturale e gestionale del sistema idrico nazionale e ad averlo
condannato all’inefficienza.
La Legge Galli (L.36/94) intendeva porvi rimedio, attraverso un’azione di riordino volta
all’integrazione sia funzionale (concernente le diverse fasi del ciclo, dalla captazione allo
smaltimento) sia territoriale (relativa a bacini d’utenza minimi).
Il riordino del sistema idrico italiano avviene sulla base degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO),
bacini di utenza di più ampie dimensioni territoriali e demografiche, da delimitare, secondo la
legge Galli, nel “rispetto dell’unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici
contigui” (in realtà, lo sganciamento dalle unità amministrative locali non è avvenuto, e gli ambiti
individuati, piuttosto che rispettare i bacini idrografici, sono per lo più modellati sui territori
provinciali o regionali).
Oggi gli ATO sono 91. La nascita del Sistema Idrico Integrato (SII) avviene a passi lentissimi e,
ad oggi, ancora non ha prodotto i suoi frutti nei confronti degli utenti.
La legge Galli dettava, inoltre, il superamento della cosiddetta “gestione in economia”, quella cioè
effettuata direttamente dai Comuni. Pur non cancellando bruscamente tale modalità (l’art. 10
prevedeva che le gestioni esistenti, anche se in economia, continuassero a gestire i servizi il fino
all’attuazione del nuovo Sistema Idrico Integrato), la normativa si adeguava ai mutati indirizzi
amministrativi (introdotti dalla L. 142/90) e si orientava su strumenti “privatistici” quali la
concessione a terzi o l’affidamento diretto ad Aziende speciali e a Spa o Srl miste a capitale
prevalente pubblico. Ad oggi 67 ATO hanno affidato la gestione del servizio, nella maggior parte
dei casi a società pubbliche.
La riforma si completava con l’obbligo del raggiungimento del pareggio economico finanziario
della gestione, da ottenere attraverso una politica tariffaria che assicurasse la copertura integrale
dei costi di investimento e di esercizio. Si prevedevano comunque modulazioni nelle tariffe, per
agevolare i consumi domestici essenziali e le fasce sociali a reddito minore.
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Chi è HERA?
Hera è una Società per Azioni che nasce il 1° novembre 2002 dalla fusione di 12 aziende di
servizi pubblici dell’Emilia Romagna, con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi al cittadino
in settori fondamentali come l'energia, l'acqua e i servizi ambientali, e di realizzare le significative
sinergie ed efficienze rese possibili da tale operazione.
Inizialmente i soci fondatori furono 139 Comuni delle province di Bologna, Ravenna, Rimini e
Forlì-Cesena, dislocati da Bologna fino al mare Adriatico. Oggi sono 183 i Comuni azionisti di
Hera, dislocati nelle province di Bologna, Ferrara, Modena, Ravenna, Forlì, Cesena e Imola.
La struttura organizzativa è articolata in una capogruppo e in Società Operative Territoriali
(S.O.T.): Hera Bologna, Hera Ferrara, Hera Ravenna, Hera Rimini, Hera Modena, Hera Forlì-
Cesena e Hera Imola-Faenza, che dimostrano chiaramente come questa grande azienda ricopra
un ruolo primario nel settore della gestione dei servizi pubblici: Rifiuti (raccolta, smaltimento e
trattamento dei rifiuti urbani), Acqua (distribuzione e vendita di acqua, depurazione e trattamento
delle acque reflue), Gas (distribuzione e vendita) Elettricità (distribuzione e vendita) e Altri servizi
(Teleriscaldamento e Illuminazione pubblica).
Il servizio idrico integrato
L'attività principale di HERA nel campo idrico è connessa alla gestione del Servizio Idrico
Integrato intesa come:
� Progettazione, gestione e manutenzione degli impianti di captazione delle acque, sia
sotterranee che superficiali. Il prelievo idrico avviene tenendo in considerazione i
problemi legati alla subsidenza (abbassamento del terreno provocato da fenomeni
naturali o antropici), ai tempi di ricarica degli acquiferi, all’ingressione di acque saline in
zone costiere e al rispetto del Deflusso Minimo Vitale.
� Progettazione e gestione degli impianti di potabilizzazione delle acque; il risultato della
potabilizzazione mira a garantire la massima efficienza per assicurare la produzione di
acque dalle caratteristiche chimico - fisiche idonee agli usi potabili.
� Progettazione, gestione e manutenzione delle reti di acquedotto, che avviene ponendo
particolare attenzione alla gestione delle perdite di rete; gli acquedotti possono essere
di tipo civile, che trasportano acque dalle caratteristiche qualitative idonee agli utilizzi
potabili e, acquedotti di tipo industriale, quale quello di Bubano che analizzeremo di
seguito, in cui vengono messi a disposizione grandi volumi di acqua dalle
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caratteristiche merceologiche meno pregiate, ma comunque adatte a determinati
processi produttivi ed industriali;
� Progettazione gestione e manutenzione delle reti fognarie, che avviene attraverso la
realizzazione di condotte per il trasporto dei reflui agli impianti di trattamento.
� Progettazione e manutenzione degli impianti di depurazione delle acque reflue, si deve
assicurare il rilascio di acque, nei bacini idrici, aventi le caratteristiche chimiche, fisiche
e microbiologiche richieste dalla normativa ed indispensabili per tutelare gli ecosistemi
acquatici da ulteriori forme di inquinamento.
Bacini di Bubano e Acquedotto industriale
L’impianto di raccolta e produzione di acqua industriale è ubicato a Bubano, frazione del comune
di Mordano, ed è attivo dal 1984; esso è costituito da due bacini di stoccaggio di acqua grezza,
dall’impianto di trattamento acqua ad uso industriale “Brunori” e dalla rete di distribuzione.
Questa grande opera, progettata da AMI nel 1979, ha permesso di raddoppiare la rete di
distribuzione dell’acqua utilizzando acque con caratteristiche di minore qualità per usi produttivi
ed industriali, consentendo di risparmiare acque più pregiate da destinare ad usi prettamente
civili.
Di proprietà del Con.Ami, attualmente l’impianto è gestito da Hera Imola Faenza. Con.Ami
(Consorzio Ami), comprende 23 Comuni che delimitano un preciso bacino idrografico che supera
i confini amministrativi disponendosi su tre province (Bologna, Ravenna e Firenze) e due regioni
(Emilia Romagna e Toscana).
Bacini di Stoccaggio
I due bacini di stoccaggio sono stati realizzati in tempi diversi; la costruzione del primo lotto risale
al 1981, il secondo bacino è stato inaugurato nel 2007 e ha aumentato considerevolmente la
capacità utile totale. Sia il primo bacino che il nuovo bacino sono stati costruiti su siti
precedentemente occupati da cave di argilla da cui venivano estratti laterizi da destinare alla
fornace di Bubano; il primo bacino ha una capacità utile di circa 750.000 metri cubi di acqua,
mentre il secondo, che deve essere ancora completamente riempito, raggiungerà una capacità
utile di circa 3.000.000 di metri cubi di acqua.
L’acqua che alimenta i due bacini di stoccaggio deriva dal Canale dei Molini (derivazione del
fiume Santerno) e dal Canale Emiliano Romagnolo (C.E.R.); i bacini sono in grado di accumulare
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un volume complessivo di più di 3.800.000 di metri cubi di acqua, rappresentanti la risorsa
necessaria per oltre 4 mesi, contribuendo in modo sostanziale all’approvvigionamento idrico del
territorio servito dall’impianto, senza intaccare altre risorse idriche più “pregiate”.
Vecchio bacino di stoccaggio
I due bacini hanno acquisito anche una valenza naturalistica, in quanto quali ambienti acquatici
favoriranno la creazione di micro-habitat, con presenza di diversi animali e piante. Per questo
sono state posizionate due torrette che permettono l’osservazione e l’avvistamento delle specie
presenti nell’area, soprattutto avifauna di cui si è osservata la presenza di aironi, folaghe,
germani e cormorani.
Stazione di pompaggio
L’acqua dei bacini, attraverso un sistema di pompaggio, viene inviata al ciclo di trattamento
chimico fisico.
Il sistema di pompaggio è costituito da quattro pompe di sollevamento, che prelevano l’acqua
grezza dal bacino e la inviano alle due linee di trattamento dell’acqua, caratterizzate da due
chiariflocculatori. Durante il pompaggio l’acqua viene sottoposta ad un processo di disinfezione e
di acidificazione. La disinfezione consiste nella somministrazione di biossido di cloro per
prevenire la formazione di alghe e batteri; una macchina produttrice dosa automaticamente il
biossido di cloro all’avvio delle pompe.
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L’acidificazione avviene attraverso il dosaggio, mediante apposite pompe, di acido cloridrico, con
l’obiettivo di abbassare il pH dell’acqua grezza a quello ideale di 7,5.
L’acido cloridrico viene aggiunto da un apposita strumentazione che misura il valore del pH
dell’acqua grezza in ingresso. Tale aggiunta viene fatta perché successivamente viene usato un
composto chimico che a valori di pH maggiori rimarrebbe disciolto nell’acqua, mentre è
necessario riuscire ad eliminarlo.
Poiché il biossido di cloro e l’acido cloridrico vengono somministrati da due sistemi a pompa
differenti, per favorire la miscelazione dei due componenti nell’acqua grezza in ingresso, le
tubazioni sono dotate di sistemi di miscelazione “statici”.
Sistema di pompaggio
I composti chimici utilizzati per la disinfezione e l’acidificazione sono immagazzinati in una
sezione adiacente il sistema di pompaggio. Il biossido di cloro viene preparato al momento,
mentre l’acido cloridrico è conservato in cisterne; le cisterne sono ubicate all’interno di una vasca
di contenimento, che funge da protezione in caso di fuoriuscita di acido o di rottura delle stesse,
al fine di evitare fenomeni di dispersione delle sostanze e di inquinamento dell’ambiente
circostante.
Sistema di dosaggio dell’Acido Cloridrico
Sistema di dosaggio del
Biossido di cloro
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Deposito dei composti chimici
Chiariflocculazione
La chiariflocculazione ha lo scopo di eliminare la torbidità delle acque, rappresentata da fango,
sabbia, particelle di limo e argilla; tali particelle presentano una carica elettrostatica che le
mantiene in continuo movimento evitando che esse si aggreghino e precipitino.
Ingresso dell’acqua grezza nei chiariflocculatori
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Il processo avviene in due tempi separati; nelle vasche di contatto a miscelazione rapida, dove
entra acqua grezza, tramite pompe dosatrici vengono immessi i due reagenti necessari per il
processo della chiariflocculazione; in tale fase viene somministrato un sale, il Solfato di alluminio,
che neutralizza le cariche elettrostatiche e favorisce i fenomeni di aggregazione e precipitazione
di “fiocchi”.
Chiariflocculatore Uscita dell’acqua chiarificata
L’acqua chiarificata esce attraverso dei setti presenti sull’intero perimetro della vasca e viene
raccolta in un canale che la invia, dopo essere sottoposta ad un trattamento di post-disinfezione
con biossido di cloro, alla vasca di accumulo finale, mentre una minima parte viene inviata al
piccolo potabilizzatore di fronte.
Dalla vasca di accumulo, l’acqua viene pompata, dopo essere passata attraverso filtri autopulenti,
nella rete di distribuzione, che si estende per 108 chilometri , raggiungendo, a nord Conselice, a
est Lugo, S. Agata sul Santerno, Massa Lombarda, oltre a Bubano, Mordano e S. Prospero, che
è una frazione di Imola; a sud, raggiunge le zone industriali ed artigianali di Imola e più a ovest la
frazione di Ponte Santo, sempre di Imola, fino a raggiungere Toscanella, frazione del comune di
Dozza ed il comune di Castel Guelfo e verso i potabilizzatori di Conselice, S. Agata sul Santerno
e Castel San Pietro Terme. In percentuale, il 35% dell’acqua trattata in questo impianto concorre
a soddisfare le esigenze di acqua industriale, mentre il 65% viene inviata ai vari potabilizzatori,
dove verrà sottoposta ad ulteriori trattamenti per la produzione di acqua potabile.
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Potabilizzatore
Questo potabilizzatore di piccole dimensioni, produce una quantità massima di acqua di 35 litri al
secondo, che serve la rete dei Comuni di Mordano, Bagnara di Romagna e la parte bassa del
Comune di Imola.
L’impianto è costituito di:
• Filtro a sabbia: ha la funzione di trattenere i fiocchi di fango che possono essere, in
piccola parte, presenti dopo il trattamento dell’acqua nel chiariflocculatore;
• Ossidazione con ozono; ha la funzione di disinfezione e ossidazione dell’acqua.
L’ozono è un forte ossidante e disinfettante molto efficace verso i batteriofagi. In un
impianto di potabilizzazione di tali dimensioni, con portate d’acqua ridotte, tale metodo
di disinfezione risulta molto efficace, ma per portate maggiori si deve tenere conto
della volatilità del composto, che ha un tempo di “vita” in acqua di circa 10 minuti;
• Filtro a carbone attivo; l’acqua viene fatta passare attraverso questo filtro che ha la
funzione di trattenere l’ozono residuo, adsorbire eventuale materiale organico e gli
odori presente nell’acqua. I componenti si trasferiscono dalla fase liquida alla fase
solida avvicinandosi prima alla superficie esterna del solido, diffondono poi nella
porosità interna (che deve presentare una elevata superficie specifica a contatto con il
liquido) ed infine, migrano sulla superficie del solido.
• Disinfezione con biossido di cloro; tale trattamento ha la funzione di mantenere l’acqua
“disinfettata” lungo l’intera rete di distribuzione dell’acquedotto, fino all’utenza finale.
La realizzazione di questo impianto, è stata una scelta indirizzata verso la tutela delle preziose
risorse idriche sotterranee, a fronte dei fenomeni di subsidenza interessanti il territorio emiliano -
romagnolo e connessi all’eccessivo emungimento di acqua dal suolo. Da qualche decennio,
infatti, si è constatato un continuo abbassamento del terreno e dei livelli delle falde artesiane cui
attingono sia i pozzi degli acquedotti che i pozzi privati, evidenziando come l’acqua
immagazzinata nei bacini sotterranei venga sfruttata in misura superiore alla sua potenzialità,
soprattutto alla sua potenzialità di ricarica.
La realizzazione di un impianto di tali dimensioni, oltre a ragioni di risparmio di tale preziosa
risorsa e di tutela ambientale, è stata dettata anche da motivazioni di tipo economico.
L'acqua ad uso industriale, necessitando di minori trattamenti rispetto a quella potabile, costa di
meno e ciò ha ovviamente una notevole importanza per le imprese che la utilizzano nei propri
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processi industriali. Due ragioni, l'una economica, l'altra ambientale, si assommano così nel
rendere fondamentale quest'opera e questi impianti nella realtà del nostro territorio.
NIP - Impianto di potabilizzazione di Ravenna
Il ciclo di produzione dell’acqua potabile tramite l’impianto denominato NIP e sito nel comune di
Ravenna prevede il prelievo di acqua grezza dai fiumi Reno e Lamone (integrato, quando
necessario, dal Canale Emiliano Romagnolo), mediante la Canaletta a cielo aperto di proprietà di
Polimeri Europa.
La rete di distribuzione viene inoltre alimentata dall’acquedotto di Romagna Acque in
corrispondenza della località Mirabilandia.
Il NIP è situato in località Bassette in un’area di circa 40.000 m2 interamente recintata, in parte
occupata da impianti, in parte da pineta.
L’impianto è strutturato per un trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione in
quanto l’acqua grezza che vi giunge, provenendo da fiumi che ormai sono giunti al termine del
loro percorso, contiene un discreto carico inquinante che deve essere totalmente eliminato.
Veduta aerea del potabilizzatore di Ravenna - NIP
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Le fasi del processo
Paratoie
All’inizio dell’impianto di potabilizzazione sono presenti due paratoie, una manuale e una
motorizzata, che permettono di impedire che l’acqua entri nell’impianto se questa contiene elevati
carichi di inquinanti e nei periodi in cui si effettuano manutenzioni.
Opera di presa e grigliatura
L’opera di presa è costituita da una canaletta seminterrata a cielo aperto in cemento armato e a
sezione U.
L’impianto di grigliatura è munito di una griglia in acciaio inox a funzionamento automatico che
permette di eliminare i solidi grossolani come stracci, pezzi di legno, frammenti di piante, carta,
ecc.
Il materiale viene rimosso automaticamente per mezzo di un pettine, viene convogliato su un
nastro trasportatore che lo scarica in un cassone che periodicamente viene portato in discarica.
Griglia automatica per l’eliminazione del materiale grossolano
Aerazione
Avviene in una vasca rettangolare interrata a cielo aperto dove sono sistemati, a breve distanza
dal fondo, tubi per la diffusione dell’aria insufflata da un ventilatore.
L’ossigeno introdotto nella vasca satura l’acqua presente e questo provoca l’allontanamento delle
sostanze volatili indesiderate presenti nell’acqua.
L’acqua satura di ossigeno inibisce i processi anaerobici che possono svilupparsi in seguito,
evitando che i batteri anaerobi possano produrre i solfuri, metaboliti dannosi alla potabilizzazione.
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Dosaggio di reagenti
All’acqua che esce dalla fase di aerazione si dosano in caso di necessità i seguenti reagenti:
- biossido di cloro che effettua una prima blanda sterilizzazione dell’acqua in presenza di elevati
quantitativi di inquinanti per limitare la proliferazione di alghe e flora batterica nelle fasi
successive.
- acido cloridrico che serve per diminuire il pH fino a valori ottimali per il trattamento con
polidrossiclorosolfato di alluminio, che serve per le fasi di chiariflocculazione, in maniera da
limitare il discioglimento dell’alluminio. La solubilità dell’alluminio in acqua dipende infatti
fortemente dal pH; se il pH esce dall’intervallo di 7.3 – 7.6, la solubilità cresce rapidamente.
Attualmente tale processo è sostituto dal dosaggio di anidride carbonica a monte della
chiariflocculazione.
Sedimentazione e omogeneizzazione
La sezione di sedimentazione è costituita da 4 vasche interrate, a cielo aperto, in cemento
armato. In queste vasche, grazie alla situazione di quiete creata avviene la sedimentazione delle
sabbie e delle argille presenti nell’acqua. L’operazione di omogeneizzazione permette il
mescolamento dell’acqua con i reagenti che possono essere dosati.
Chiariflocculazione
Avviene in 4 chiariflocculatori, a cielo aperto, tipo accelator realizzati con struttura in cemento
armato e opere accessorie in parte in acciaio inox e in parte in ferro verniciato.
La chiariflocculazione comprende le fasi di coagulazione, flocculazione e sedimentazione.
Chiariflocculatore
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Se i materiali in sospensione sono di tipo colloidale, la condizione di quiete dell’acqua non è
sufficiente a farli sedimentare, a causa delle piccole dimensioni delle particelle e della spontanea
agitazione delle stesse, connessa con la repulsione reciproca sotto l’influenza delle cariche
elettriche delle superfici. La sedimentazione dei colloidi può avvenire soltanto a seguito della
destabilizzazione delle cariche (coagulazione), cioè l’annullamento delle cariche superficiali che
determinano la repulsione, impedendo l’aggregazione (Passino, 1995). Questo effetto si ottiene
aggiungendo all’acqua polidrossiclorosolfato di alluminio ad alta basicità, un agente flocculante
che favorisce l’aggregazione delle particelle in fiocchi. La formazione di questi fiocchi è detta
flocculazione ed essa porta alla produzione di fango che deve essere scaricato e smaltito.
Il flocculante permette la precipitazione e la rimozione del fosforo presente nella corrente
acquosa; l’abbondanza di fosforo nelle acque superficiali è generalmente ritenuta la causa
principale del fenomeno di fioritura algale che caratterizza le estati di molti fiumi.
Scarico e smaltimento del fango prodotto nella flocculazione
Nei chiariflocculatori esistono dei concentratori dove si viene a concentrare il fango di
flocculazione. Tali concentratori sono muniti di condotte che permettono l’allontanamento del
fango creato tramite un sistema di scarico automatico in cui è possibile temporizzare la durata
dello scarico stesso.
Il fango allontanato dall’impianto viene accumulato in pozzettoni e sollevato da pompe che lo
inviano in due diverse direzioni utilizzate contemporaneamente o una in alternativa all’altra.
Il fango può essere inviato al depuratore delle acque reflue cittadine di Ravenna oppure
all’impianto di smaltimento dell’Azienda Ambiente presente nel compartimento di Polimeri
Europa.
Clorazione a break point
Questa parte dell’impianto è costituita da una vasca a cielo aperto a sezione ad “L” in cemento
armato sopraelevata dal piano di campagna. La clorazione a break point è un metodo di
sterilizzazione che permette la completa ossidazione dell’ammoniaca presente nell’acqua, che
per legge deve rientrare all’interno dei limiti massimi consentiti, a cloroammine per reazione con
una quantità controllata di ipoclorito di sodio. Questo permette anche il mantenimento di un
valore di cloro residuo libero sufficiente a garantire l’assoluta sterilizzazione dell’acqua.
In questa fase dell’impianto è possibile dosare come disinfettante anche biossido di cloro, sia per
l’elevato potere germicida, sia per la capacità di ossidare numerosi composti inorganici come
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ferro, manganese e cianuri, metaboliti algali e composti odorigeni e per la capacità di rimuovere
alcuni precursori di formazione di sottoprodotti organoclorurati.
L’impiego di tale ossidante rimane fortemente limitato dalla formazione di alcuni sottoprodotti di
ossidazione sia organici che inorganici, di cui i principali sono clorito e clorato.
Approssimativamente, circa il 50 – 70 % del biossido di cloro consumato dalle reazioni di
ossidazione viene convertito in clorito, che rimane piuttosto stabile.
Filtri a silice
Le apparecchiature di filtrazione vengono utilizzate per migliorare la qualità dell’acqua eliminando
tutti i solidi sospesi fini le cui caratteristiche e dimensioni ne hanno impedito la separazione nelle
fasi precedenti.
La sezione di filtrazione è costituita da due batterie rispettivamente di 10 e 8 vasche a cielo
aperto in cemento armato: la sezione di ciascuna vasca è di 40 mq; lo spessore del letto filtrante,
costituito da silice a granulometria costante, è di circa 80 cm; sul fondo delle singole vasche sono
presenti lastre in cemento armato munite di fori dove sono installati gli ugelli per la raccolta
dell’acqua filtrata.
Filtri a silice
L’acqua che deve essere filtrata viene immessa al di sopra del letto, passa attraverso questo e
fuoriesce dagli ugelli.
Dopo un determinato periodo di attività, il filtro deve essere lavato per rimuovere i solidi in esso
trattenuti; ciò viene realizzato per mezzo di un controlavaggio, insufflando aria al di sotto del letto
filtrante per 5 minuti e immettendo successivamente acqua. Il controlavaggio viene attivato da un
operatore e si svolge in automatico.
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Le caratteristiche principali dei mezzi filtranti sono le dimensioni dei granuli, (che vengono scelte
in funzione delle caratteristiche dei solidi contenuti nell’acqua da trattare e dall’efficienza di
rimozione che si vuole ottenere) e il loro coefficiente di uniformità. Nel caso delle sabbie silicee
utilizzate, la dimensione dei granuli è di circa 0.85 mm e il coefficiente di uniformità delle
particelle è circa 1.4.
Vasca di rilancio
In questa fase avviene un sollevamento della piezometria dell’acqua attraverso 3 pompe ad asse
verticale, 2 a giri fissi e 1 comandata da un motore elettrico a giri variabili. Tali pompe inviano
l’acqua accumulata in una vasca interrata attigua ai filtri a silice sui filtri a carbone e hanno una
energia sufficiente a far arrivare l’acqua sino alle vasche di stoccaggio.
Nella vasca di rilancio sono presenti altre pompe: 2 per il controlavaggio dei filtri a silice e 3 per
l’alimentazione del circuito acqua – servizi dell’impianto.
Filtri a carboni attivi granulari
La sezione di filtrazione a carbone attivo comprende 6 batterie, ognuna delle quali è costituita da
5 unità filtranti.
Alla base delle singole unità filtranti sono installate piastre dotate di ugelli in materiale plastico
termoresistente per la raccolta dell’acqua filtrata.
Sfruttando le proprietà adsorbenti del carbone attivo viene effettuata la rimozione della sostanza
organica solubile presente nell’acqua.
Il carbone attivo è infatti caratterizzato da una elevata area superficiale per unità di peso
(dell’ordine dei 1000 m2 ⋅ g-1); da ciò la sua notevole capacità di adsorbimento, in particolare nei
confronti di sostanze organiche ad elevato peso molecolare e di natura non polare (Passino,
1995) e nei confronti dei THM che si formano durante la clorazione per reazione della sostanza
organica con ipoclorito di sodio.
Per contro, sostanze organiche a catena corta, come gli zuccheri ed il metanolo, non sono
facilmente adsorbite.
La velocità di adsorbimento è strettamente legata alle dimensioni medie dei granuli di carbone ed
al pH; in generale essa cresce al diminuire della concentrazione idrogenionica.
La presenza di torbidità o di solidi in sospensione nell’acqua da potabilizzare riduce la capacità di
adsorbimento del carbone in quanto, provocando una parziale occlusione della struttura porosa,
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diminuisce la superficie disponibile per l’adsorbimento (Passino, 1995). E’ quindi necessario
inviare al trattamento su carbone un’acqua preventivamente chiariflocculata e filtrata.
I parametri operativi e di processo che devono essere individuati durante la normale conduzione
sono:
- ripartizione della portata d’acqua sulle varie batterie dei filtri;
- efficienza della filtrazione eseguendo controlli chimici sui principali parametri influenzati dal
processo di adsorbimento come sostanza organica e THM.
Rigenerazione dei carboni
Nelle particelle di carbone si accumulano sostanze inquinanti che non vengono estratte durante il
controlavaggio a vapore. Se il carbone diventa saturo di questi inquinanti esaurisce il suo effetto
filtrante e deve essere rigenerato con un opportuno trattamento termico.
La rigenerazione del carbone viene eseguita presso aziende specializzate che operano nel modo
seguente: il carbone viene inserito in forni che raggiungono una temperatura di circa 800° C e in
cui c’è assenza di ossigeno per evitare la combustione del carbone stesso; in queste condizioni si
decompongono tutte le molecole organiche, liberando i granuli di carbone. Questo viene riportato
sull’impianto e immesso nei filtri.
La rigenerazione viene effettuata ogni 12 – 24 mesi in funzione dell’acqua trattata e
dell’esaurimento della batteria; essa comporta una perdita di circa il 10 % del carbone che viene
ricostituito integrando il suo volume con carbone vergine.
Dosaggio di soda caustica e biossido di cloro
L’acqua all’uscita dei filtri a carbone deve essere mantenuta incrostante per evitare che corroda
al suo passaggio le tubature della rete di distribuzione, in parte realizzate in cemento amianto.
Bisogna quindi portarla sopra il pH di saturazione aggiungendo idrossido di sodio (nota anche
come soda caustica).
L’acqua, a questo punto dell’impianto, è già salubre perché è stata completamente liberata dagli
agenti inquinanti, però è priva di sterilizzante residuo; occorre quindi dosare biossido di cloro in
concentrazione di 0.12 – 0.20 ppm che evita lo sviluppo in rete di microrganismi patogeni.
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Stoccaggio dell’acqua
L’acqua prodotta dall’impianto viene accumulata in 3 vasche chiuse, alte 5 m, costruite in
cemento armato, 2 con volume di 6000 m3 e una di 10000 m3. Queste 3 vasche, che
contengono acqua con le stesse caratteristiche, vengono utilizzate in parallelo, riuscendo così a
compensare le escursioni di consumo che si verificano lungo la rete di distribuzione e garantendo
l’approvvigionamento di acqua potabile in caso di brevi interruzioni del funzionamento
dell’impianto.
Vasca di stoccaggio
L’impianto, inoltre, è strutturato in modo tale da suddividere la produzione di acqua in due linee:
- una linea che fornisce acqua potabile, come detto precedentemente;
- una linea destinata a produrre acqua di uso industriale;
questa seconda linea fa si che l’acqua, dopo i filtri a silice, si accumuli nella vasca di rilancio e da
qui venga inviata direttamente tramite pompe e valvole nella vasca di stoccaggio da 6000 m3,
senza subire il processo di filtrazione a carboni attivi.
Rete di distribuzione
La rete di distribuzione dell’acquedotto di Ravenna è stata realizzata per essere alimentata dal
NIP e dalla rete di Romagna Acque, ed è costituita da condotte che effettuano trasporto e la
contemporanea distribuzione dell’acqua potabile a tutti i residenti. La rete è chiusa a formare un
anello in modo da garantire l’erogazione dell’acqua a tutto il territorio del comune.
Lungo la rete vi sono centrali per l’accumulo e il risollevamento dell’acqua potabile e centrali per il
dosaggio di biossido di cloro come sterilizzante.
La rete è collegata a nord con le centrali acquedottistiche di Alfonsine, Fusignano, Russi e
Bagnacavallo, che ricevono acqua in diverse misure.
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Inoltre tramite la condotta di Torre Pedrera è possibile alimentare la centrale presente a Cervia e
la rete di distribuzione di Cesenatico, anche se solo molto parzialmente.
Il sistema di telecontrollo
Il sistema di telecontrollo è situato al NIP dove sono presenti turnisti che hanno il compito di
controllare in continuo le varie fasi di funzionamento dell’impianto e in qualche caso di eseguire
manovre di conduzione.
Il telecontrollo permette inoltre di monitorare lo stato delle principali centrali dedicate alla
produzione e distribuzione di acqua e gas, dei depuratori delle acque reflue, dei sollevamenti di
acque nere e gestione delle idrovore che sollevano l’acqua di pioggia.
Impianti di depurazione: Cesena e S. Giustina di Rimini
Gli impianti di depurazione di Cesena e di S. Giustina di Rimini si occupano del trattamento delle
acque reflue sia civili che industriali, del territorio cesenate il primo, dell’intera area settentrionale
della Provincia di Rimini il secondo.
Nei due impianti, oltre ai tradizionali trattamenti biologici, vengono applicati trattamenti aggiuntivi
quali nitrificazione, denitrificazione e defosfatazione, filtri a sabbia e disinfezione con biossido di
cloro.
Veduta aerea del depuratore di S. Giustina di Rimini
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Le fasi del processo
Grigliatura
Il primo passaggio è attraverso un sistema di griglie metalliche che permette l’eliminazione di
tutto quello che i batteri non possono digerire: stracci, bastoncini, pezzi di legno e di plastica che
finiscono, purtroppo, negli scarichi. I corpi una volta raschiati dalle griglie, vengono raccolti in un
contenitore e inviati in discarica.
Desabbiatura
Superata la griglia, il liquame viene sottoposto al processo di desabbiatura e disoleatura. La
prima serve ad eliminare la sabbia, ma anche polvere, pietrisco, ceneri ed altre sostanze
inorganiche pesanti, per proteggere le apparecchiature meccaniche dall’abrasione e per evitare
l’accumulo di dette sabbie, con riduzione del volume utile nelle vasche dell’impianto; la seconda
rimuove i grassi, gli oli e i tensioattivi con getti d’aria che li spingono in superficie.
Sedimentazione primaria
Il liquame così “filtrato” fluisce in una vasca di decantazione primaria, il “sedimentatore”. In un
liquame sono presenti diversi tipi di particelle in sospensione: quelle che hanno un peso specifico
maggiore a quello del liquame stesso, e quelle che hanno un peso specifico minore o uguale.
Tutte e due, se la turbolenza è elevata, vengono trascinate dal flusso. Se la velocità del flusso
diminuisce, le particelle con peso specifico maggiore rispetto al liquido che le contiene cadono
per gravità sul fondo; le altre rimangono in sospensione (cioè fluttuano senza precipitare). Si
definisce materiale sedimentabile l’insieme dei solidi, sia di natura granulosa che flocculosa che
sedimentano in un tempo ragionevole (di norma viene fissato un limite di tempo pari a 1 ora). I
solidi non sedimentabili presentano delle dimensioni talmente piccole da non poter essere
eliminati per questa via.
Il tipo più comune di sedimentatore ha forma circolare e prevede l’immissione del liquame dal
basso verso l'alto con movimento radiale dal centro verso l’esterno. Il materiale sedimentato,
chiamato fango primario, viene raccolto sul fondo e verrà trattato anch'esso prima di venire
smaltito. Una sedimentazione primaria è buona se si ha l’eliminazione del 50-80% delle sostanze
sospese.
Nitrificazione e denitrificazione
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Il liquame viene immesso in una vasca di aerazione e nitrificazione. Scopo è quello di ossidare i
composti azotati presenti sotto forma ammoniacale, a NO2 e NO3 (nitrificazione). Il processo
avviene in due fasi distinte, sotto descritte, ad opera di batteri autotrofi del genere Nitrosomonas
e Nitrobacter, presenti comunemente nelle acque domestiche.
2 NH4+ + 3O2 NITROSOMONAS 2NO2- + 4H+ +2H2O (nitriti)
2NO2 + O2 NITROBACTER 2NO3- (nitrati)
La velocità di nitrificazione, che dipende dalla velocità di trasformazione dell’ammoniaca a nitriti,
è influenzata da una serie di parametri come il pH, la concentrazione di ossigeno disciolto e la
temperatura.
Nitrati e nitriti, in quanto nutrienti, non possono venire rilasciati nell'effluente. Occorre far seguire
una fase di denitrificazione finalizzato all’eliminazione della sostanza azotata presente sottoforma
di nitrati attraverso la riduzione ad azoto molecolare gassoso che si allontana come gas dalla
fase liquida. In altre parole, una volta prodotto, il nitrato deve venire ridotto (da batteri anaerobi) in
N2 (gassoso).
Per avvenire la denitrificazione ha bisogno di:
• substrato batterico
• azoto ossidato nella forma di nitrati
• carbonio organico
• assenza di ossigeno disciolto
Il substrato batterico è garantito dal flusso di fango di ricircolo proveniente dal sedimentatore
secondario ed eliminato dall’ossidazione. I nitrati vengono immessi ricircolando il liquame che
viene prelevato dall’uscita dell’ossidazione/nitrificazione. L’assenza di ossigeno viene mantenuta
non eccedendo nella fornitura di ossigeno libero in fase di ossidazione/nitrificazione.
Una volta denitrificato, il materiale organico presente nel liquame deve venire depurato. Il
trattamento prevede l'impiego del cosiddetto “fango attivo” e consiste nel mantenere in un bacino
ben aerato una nutrita coltura di particolari specie batteriche già presenti in numero ridotto nel
liquame da trattare. La comunità di batteri presente nei fanghi attivi è principalmente costituita da
batteri aerobici che richiedono sostanza organica per rifornirsi di carbonio ed energia (batteri
eterotrofi). In questo modo, viene eliminata la frazione organica.
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Sedimentazione secondaria
Successivamente la miscela di fanghi attivi e liquidi passa alla vasca di sedimentazione
secondaria, dove avvengono due processi fondamentali: produzione di materiale cellulare per
ossidazione microbica della sostanza organica e adsorbimento su questo materiale, che si
aggrega in fiocchi, delle sostanze da rimuovere. È pertanto necessario che i fiocchi vengano
mantenuti in sospensione tramite un appropriato grado di agitazione. L'aggregarsi delle particelle
provoca un innalzamento del peso specifico dei fiocchi che quindi possono precipitare sul fondo
sotto forma di fango "secondario". Una parte di questo fango attivo sedimentato, denominato
“fango di ricircolo”, viene ripompata a monte della vasca di aerazione per facilitare il trattamento
di altro liquame.
Poiché la quantità di fango attivo aumenta considerevolmente è necessario allontanare la
quantità di fango in eccesso (fango “di supero”) che, o viene reimmesso nel circuito, oppure viene
inviato alla linea di depurazione dei fanghi. L'acqua in uscita dai sedimentatori secondari, viene
immessa nelle vasche per i trattamenti terziari.
Disinfezione
È un’operazione mediante la quale si eliminano gli organismi patogeni tipo batteri o virus,
impiegando soprattutto sostanze a base di cloro. L'aggiunta di queste sostanze avviene in una
vasca a percorso sinuoso, a labirinto, in modo da mantenere un tempo di contatto acqua-cloro
abbastanza elevato.
Chiariflocculazione
Questa è una operazione combinata di coagulazione, flocculazione e sedimentazione. Se i
materiali in sospensione sono di tipo colloidale non sedimentano a causa sia delle piccole
dimensioni delle particelle, sia per la repulsione elettrica reciproca .
La sedimentazione può avvenire solo a seguito della destabilizzazione delle cariche. Questo
effetto è ottenibile attraverso l’aggiunta all’acqua di elettroliti, cioè composti chimici come il solfato
di alluminio o di ferro, il cloruro di ferro o di alluminio, il cui scopo è quello di formare degli ioni
metallici idrolizzabili. La destabilizzazione delle cariche è nota con il nome di COAGULAZIONE.
Poiché normalmente i colloidi sono caricati negativamente, vengono impiegati coagulanti di tipo
cationico che in acqua si caricano positivamente.
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Gli idrossidi metallici ed i polimeri organici oltre a funzionare come coagulanti favoriscono anche
l’aggregazione delle particelle che così possono decantare. Tali aggregati, che possono
raggiungere le dimensioni di qualche mm, sono detti fiocchi e il meccanismo della loro
formazione è detto FLOCCULAZIONE. In una fase successiva i fiocchi devono essere
sedimentati.
La linea fanghi
Con il termine di fango si intendono i solidi eliminati dai liquami con il processo di
sedimentazione. A seconda della loro provenienza possono venire classificati come fanghi
primari, secondari, di supero, o chimici. In base alle loro condizioni o ai processi subiti, possono
distinguersi in grezzi, freschi, digeriti, lavati, disidratati, essiccati.
Con il termine “trattamento dei fanghi” si intendono tutti quei metodi che intercorrono tra la
rimozione del fango dai sedimentatori fino al loro smaltimento finale.
Pre-ispessimento
La prima operazione che un fango subisce nel suo processo di depurazione è un pre-
ispessimento, cioè una diminuzione del suo contenuto in acqua. A tal fine si utilizzano vasche di
ulteriore sedimentazione e addensamento dei fanghi dotate di dispositivi che favoriscono la
separazione dell’acqua dal fango. L’acqua estratta viene rimessa in circolo nell'impianto,
seguendo cioè la linea acqua.
Linea fanghi – pre-ispessimento
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Digestione anaerobica
Il processo di digestione del fango è condotto in assenza di ossigeno libero da organismi
anaerobici. Avviene in tre fasi principali:
- fermentazione acida: i microrganismi (batteri o altri) aggrediscono i solidi disciolti, quali gli
zuccheri, fino a formare acidi organici, idrogeno solforato, carbonati e anidride carbonica;
- l’ambiente acido sviluppa la crescita di microrganismi che abbattono, anche se lentamente,
proprio le sostanze acide. In questa fase si hanno processi di stabilizzazione e gasificazione dei
fanghi (viene prodotto biogas, cioè metano e anidride carbonica);
- vengono attaccati i composti azotati quali proteine e aminoacidi. Il pH si stabilizza intorno ai 6,8
e 7,4. Si ha una abbondante formazione di metano. I solidi rimasti nel fango sono relativamente
stabili.
Post-ispessimento e disidratazione meccanica
Al processo di digestione seguono un post-ispessimento, mediante il quale viene tolta l’acqua
interstiziale, una disidratazione spinta, eseguita mediante un nastro a pressa, e lo smaltimento
finale.
Nella disidratazione spinta il fango viene inviato in mezzo a due nastri in modo da lavorare sotto
pressione. In questo modo si raggiunge un secco del 20-25%. Il filtrato viene riportato in testa al
trattamento. Il fango, diventato di consistenza palabile, deve essere smaltito. Così trattato il fango
è stabilizzato ed è ridotto a terriccio marrone scuro. Il prodotto finale è un soffice terriccio che
viene utilizzato per fare compost per agricoltura e floricoltura.
Qualità nei servizi, qualità nei prodotti
Il Gruppo HERA effettua controlli sulla qualità delle acque relativamente a tutte le fasi del servizio
idrico integrato: acquedotto, fognatura e depurazione. L'attività di controllo delle caratteristiche
igienico-sanitarie dell'acqua destinata al consumo umano è strettamente legata al concetto di
acquedotto, inteso come insieme di infrastrutture connesse a determinati impianti di produzione
idrica. I requisiti di qualità dell'acqua sono garantiti attraverso un alto grado di sorveglianza
esercitato sulle fonti d'approvvigionamento, l'uso di tecnologie e prodotti di alto livello per la
potabilizzazione, la verifica costante del livello di prestazione degli impianti (controllo di processo)
e un'adeguata vigilanza sullo stato delle reti di distribuzione. I controlli sulla qualità delle acque
destinate alla produzione di acqua potabile e al consumo umano sono regolati dal decreto
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legislativo 152/2006 e dal 31/2001. Vengono distinti in controlli interni, effettuati dal gestore del
servizio idrico, e controlli esterni svolti dalle AUSL e da altri enti di controllo. Tali controlli vengono
effettuati presso i punti di prelievo delle acque superficiali e sotterranee da destinare al consumo
umano, presso gli impianti di adduzione, di accumulo e di potabilizzazione e presso le reti di
distribuzione.
Hera ha consolidato un piano di controllo di Gruppo che descrive le diverse tipologie di punti di
campionamento, i parametri analitici ricercati e le relative frequenze. Lo sviluppo del piano tiene
conto di linee di principio comuni per tutte le Società Operative Territoriali: la caratterizzazione
chimico fisica e batteriologica dell'acqua, il rispetto dei requisiti cogenti, la garanzia di fornire un
prodotto di qualità ottimale. I controlli e le verifiche di idoneità effettuati alla captazione
consentono di intervenire tempestivamente sospendendo, se necessario, il prelievo nel caso in
cui le caratteristiche chimico-fisiche non rispondano ai requisiti di qualità attesi. Tra le iniziative
intraprese ai fini del miglioramento della qualità dell'acqua possiamo citare: l'ottimizzazione dei
processi di chiariflocculazione, l'attivazione di nuovi impianti di disinfezione negli acquedotti di
alcuni comuni pedecollinari e collinari, la messa a punto di sistemi di miscelazione statica del
disinfettante immesso, la manutenzione straordinaria di alcuni impianti di produzione di biossido
di cloro con l'installazione di sistemi di telecontrollo.
Per quanto riguarda le acque reflue, il Gruppo Hera effettua su tutto il territorio in cui opera
controlli mirati sugli scarichi industriali in rete fognaria e su tutta la filiera del trattamento
depurativo, dall'ingresso dei reflui nell'impianto fino allo scarico finale nel corpo idrico recettore
(fiume, mare). Tale attività consente la restituzione all'ambiente di un effluente che non altera le
caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche dell'ambiente naturale. Tutto ciò anche a vantaggio
di un continuo miglioramento delle fonti superficiali e di protezione delle fonti sotterranee (falde)
utilizzate a scopo idropotabile.
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I parametri analitici - chimici, chimico-fisici, microbiologici e biologici - normalmente monitorati
sono quelli previsti dalla normativa vigente (D.Lgs. 31/2001 e s.m.i. per le acque destinate al
consumo umano e D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. per le acque reflue). Oltre a tali tipologie di parametri,
il Gruppo Hera effettua la ricerca di parametri non convenzionali in relazione a particolari verifiche
periodiche. Sono inoltre impostati protocolli di ricerca specifici per la sperimentazione di
tecnologie di trattamento innovative.
Il controllo analitico ha lo scopo fondamentale di tutelare la salute pubblica. La pianificazione dei
controlli rappresenta uno strumento di governo delle risorse e di prevenzione del rischio che
investe tutte le fasi del ciclo idrico. Per questo motivo le analisi vengono eseguite con adeguata
frequenza nel rispetto di programmi di campionamento definiti nel Piano di controllo annuale, che
definisce i criteri di impostazione, i punti di campionamento sottoposti a controllo, il numero, la
frequenza e la tipologia delle analisi.
Pur prevedendo una base di controllo omogenea per tutto il territorio servito, nella redazione del
Piano si tiene conto di particolari esigenze di controllo connesse a specifiche situazioni
impiantistiche, ovvero a necessità di monitoraggi specifici sulla base delle serie storiche dei dati.
L'attento studio degli esiti dei rilievi eseguiti è alla base delle programmazioni future.
Al fine di ottimizzare il rapporto costi/benefici, si privilegia - per quanto possibile e nel rispetto di
quanto previsto dalla normativa vigente - il numero e la densità dei punti di controllo rispetto
all'estensione del set di parametri, includendo quelli maggiormente significativi.
Allo stesso scopo si è sviluppata l'implementazione di semplici ma affidabili monitoraggi in campo
eseguibili da personale tecnico esperto.
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Gli esiti più rappresentativi dell'attività di controllo sono divulgati, in un'ottica di massima
trasparenza, attraverso l'utilizzo di canali di comunicazione consolidati quali le Carte del Servizio
ed il sito internet.
Riferimenti bibliografici
Calori A., Realizzazione e gestione impianti a carbone attivo granulare, atti del convegno “La
gestione degli impianti di potabilizzazione: osmosi inversa, carboni attivi, ossidazione e
filtrazione”, Milano 9-10 ottobre 2003.
Cristoforetti C., Teoria dell’adsorbimento dei carboni attivi, atto del convegno “La gestione degli
impianti di potabilizzazione: osmosi inversa, carboni attivi, ossidazione e filtrazione”, Milano 9-10
ottobre 2003.
Melchiorre I., Fortuna U., Igiene e disinfezione dell’acqua, Editrice Il Campo, 1980.
Moruzzi L., La potabilizzazione delle acque con elevata concentrazione di sostanze inquinanti,
atti del seminario sulla potabilizzazione igienica dell’acqua, Editrice E. A. fiere di Padova, 1979.
Passino R., Manuale di conduzione degli impianti di depurazione delle acque, Zanichelli, Esac
1995.
Hera S.p.A., "Bilancio di sostenibilità 2004"
Riferimenti Web
� www.gruppohera.it
� http://www.amispa.com (Ami Spa)
� http://www.amir.it (Amir S.p.A.)
� http://www.coviri.it/
� www.minambiente.it